-AIM MAGAZINEPolymers and Life
Guerra ai sacchetti, sì, ma senza demagogia
e con molta organizzazione
Mauro Aglietto
Mauro Aglietto, Spin-PET srl, azienda spinoff dell’Università di Pisa, viale R. Piaggio n. 32.
56025 Pontedera (PI) Fax: 0587274882; Tel: 3389930017; E-mail: aglaim@ dcci.unipi.it
“Se consideriamo la plastica un nemico, sbagliamo. Farne a meno non si può!”
Ho deciso di prendere come incipit queste parole perché non si poteva centrare meglio la
questione plastica. Sono parole pronunciate da David De Rothschild, che ha attraversato il Pacifico a
bordo di un catamarano, denominato Plastiki,1 costruito con 12.500 bottiglie di plastica.
De Rothschild non si ferma qui e prosegue: “allora, ricicliamola
in modo pulito: così la possiamo trasformare in una risorsa,
funzionale a migliorare le nostre abitudini e a cambiare la
nostra mentalità. Ciò che è veramente frustrante è che, a
tutt’oggi, non ci sia ancora un sistema di riciclaggio globale dei
rifiuti.”
Sacrosante verità che purtroppo restano inascoltate da troppo
tempo: prenderle in considerazione oggi è già... un po’ tardi!
Noi in Italia, grazie anche al supporto del Ministero dell’Ambiente, abbiamo deciso di considerare
la plastica un nemico di cui si può fare anche a meno. Siamo partiti dalla guerra al sacchetto (shopper)
in polietilene. Proprio nei giorni scorsi, a cura del Ministero dell'Ambiente, è comparso quanto segue
sui maggiori quotidiani.
Sfondo di ciliegie, quindi più rosso di così non si può, su cui è appoggiato uno shopper bianco con
scritto in maiuscolo: BASTA PLASTICA.
Nel riquadro a fianco, in trasparenza sopra le ciliegie, troviamo scritto: “Un grande risultato lo
abbiamo ottenuto: siamo il primo Paese europeo senza sacchetti di plastica inquinanti. Nei negozi e
nei supermercati chiedi sacchetti biodegradabili o in materiale riutilizzabile. Se usi borse biodegradabili
l'ambiente non ne fa le spese.”
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Non si può continuare a parlare di sacchetti di plastica inquinanti e presentarli come usa e getta per
inquinare e basta: basti notare che non viene nemmeno lontanamente preso in considerazione il fatto
che i sacchetti possono essere materiale riutilizzabile o termovalorizzabile. Si combatte la merce
perché non si è capaci di riutilizzarla a dovere utilizzando logistiche adeguate. Ci si dimentica che cosa
sarebbe il mondo oggi senza la plastica e quanto il progresso tecnologico degli ultimi dodici lustri sia
ad essa legato.
Sono informazioni non corrette e assolutamente diseducative. Mi auguro che il nostro paese sia
costretto a ritornare sulle proprie decisioni. Sicuramente si può fare qualcosa di meglio, ma non è con
la proscrizione che si risolvono i problemi, bensì con l’organizzazione.
Anche gli altri paesi europei devono fronteggiare la stessa situazione, ma non ci rincorrono nelle
misure che puzzano troppo di demagogia a buon mercato; al contrario, s’informano e sentono il
parere di tutti gli interessati. È infatti in atto una consultazione per sapere cosa ne pensano i cittadini
europei: la consultazione di Stakeholder.
STAKEHOLDER CONSULTATION
on options to reduce the use of plastic carrier bags and options to improve the requirements
of biodegradability in the Directive 94/62/EC on packaging and packaging waste and the
visibility of biodegradable packaging products to consumers
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-AIM MAGAZINEL'Unione Europea vuole appunto sapere se i cittadini dell'Europa a 27 considerano adeguate le norme
antispreco nel packaging anche per ridurre o abolire i sacchetti di plastica, i cosiddetti shopper, già
vietati in Italia da inizio anno e sostituiti con i bio-shoppers. Per partecipare è sufficiente rispondere ad
un questionario online, in lingua inglese, entro il prossimo 9 agosto, al sito
http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?form=PLASTICBAGS
indicando il proprio parere, se cioè continuare ad utilizzarli o vietarne l'uso. Tutto ciò per capire se i
cittadini dell'Europa a 27 ritengono adeguate le misure previste dalla Direttiva 94/62/EC. Forse
sarebbe sufficiente indicare nelle risposte aperte che il problema dell'impatto degli shoppers in plastica
non è il loro uso primario, ma quello che succede dopo, considerando anche la forma più semplice di
soluzione, cioè il riciclo degli shoppers anziché, il loro abbandono.
Stranamente noi italiani sempre buoni ultimi a recepire Norme Europee – e molto spesso multati dalla
UE per i ritardi – questa volta abbiamo voluto fare i primi della classe. Si sente un forte “odore di
demagogia”!
Bottiglie in acido polilattico (PLA)
Come si poteva facilmente ipotizzare il sacchetto è solo l’inizio: leggiamo infatti
sull’etichetta di una bottiglia di acqua minerale Sant’Anna2:
L’unica al mondo che sparisce in soli 80 giorni (e l’ambiente ringrazia).
Dai vegetali arriva la prima bottiglia eco-sostenibile, la prima e unica al mondo nel formato 1,5l.
Sant'Anna Bio Bottle è compostabile: mentre si conserva come le bottiglie di plastica tradizionale, si
biodegrada completamente in 80 giorni negli appositi siti di compostaggio.
650 milioni di bottiglie Sant'Anna Bio Bottle permettono un risparmio di 176.800 barili di petrolio
con cui riscaldare per un mese una città di 520.000 abitanti e riducono le emissioni di CO2 pari a
un'auto che compia il giro del mondo per 30.082 volte in un anno.
Per questo, oltre a scegliere un'acqua minerale naturale dalla
riconosciuta, eccezionale leggerezza, con Sant'Anna Bio Bottle fai una
scelta decisa in favore della sostenibilità dell'ambiente.
Sant'Anna Bio Bottle. Plastica vegetale Ingeo™ al posto del petrolio.
Può essere conferita nella raccolta differenziata dell'organico. Per
maggiori chiarimenti rivolgiti al locale gestore della raccolta rifiuti.
Il tappo è in PE e deve essere conferito nella raccolta differenziata
della plastica.
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-AIM MAGAZINEHo condotto un’indagine presso le strutture opportune dell’ATO del litorale toscano ed ho avuto le
seguenti risposte:
(1) le bottiglie non subiscono degradazioni visibili durante il trattamento nell’impianto di
compostaggio e alla prima vagliatura vengono eliminate;
(2) la ditta che controlla la raccolta differenziata delle materie plastiche ha deciso di accettare queste
bottiglie fintanto che non sono molte, in quanto riesce a separarle da quelle in PET grazie alla diversa
densità; possiamo dire che “si può fare”, ma aumenta il costo della separazione dei materiali ottenuti
tramite raccolta differenziata;
(3) problemi non da poco possono sorgere con il plasmix, la miscela di materie plastiche eterogenee
(circa il 40%) che si cerca di riutilizzare in balle da inviare al Corepla, dopo aver separato e preparato
il PET e le poliolefine (PE e PP). Infatti le bottiglie in PLA, così come i sacchetti in biopolimero
utilizzati dai consumatori per raccoglierle e conferirle nei contenitori, vengono separate da quelle in
PET, ma non vengono riconosciute dai visori ottici nei processi di separazione del multimateriale,
inquinando così la frazione eterogenea di rifiuti plastici che varie aziende hanno iniziato a riciclare su
larga scala. Secondo l'azienda toscana Revet: "La presenza sempre più massiccia di bio-polimeri
potrebbe determinare un cambiamento chimico - fisico delle miscele di plastiche riciclate".3
Conclusioni
Impegnati a fare la guerra al sacchetto in polietilene, anche a livello di Ministero dell’Ambiente, ci
stiamo dimenticando di una scadenza molto importante: dal primo gennaio 2012 entrerà in vigore un
regolamento UE che impedirà il conferimento in discarica di rifiuti dotati di un determinato valore
calorico. Le materie plastiche hanno un elevato potere calorico e, quando non è possibile a fine vita
recuperare materiali da inviare a processi di riciclo, diventeranno preziose per il recupero energetico.
Domanda oziosa: ”in Italia siamo pronti per questa importante scadenza?”
Bibliografia
1. Elena Martelli, Il miliardario riciclato, Venerdì di Repubblica del 15 aprile 2011, pag. 139
2. www.santanna.it
3. www.polimerica.it
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