Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Avellino
Commissione Enti Commerciali
Il ruolo del Dottore Commercialista nella
redazione del modello organizzativo ex D. Lgs.
N. 231/01 e nella attività dell’Organismo di
vigilanza
MARTEDI 11 FEBBRAIO 2014
Camera di Commercio di Avellino, Piazza Duomo n. 5 - Avellino
Il D. Lgs. n. 231/01: aspetti sostanziali e
processuali
Prof. Avv. Alessio Di Amato
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La disciplina introdotta con il D. Lgs. N. 231/01 risponde alla insoddisfacente tutela apprestata dalla
tradizionale sanzione penale, rivolta alle persone fisiche che commettono un reato, nell’ambito del
settore del diritto penale della impresa
La illimitata sostituibilità degli amministratori e degli organi di controllo degli enti, difatti, se colpisce il
soggetto che ha posto in essere una condotta criminale, lascia del tutto indifferente la struttura in seno
alla quale quella condotta è stata posta in essere, con la conseguenza che, sostituito il soggetto, la
struttura potrà nuovamente essere luogo per il compimento di nuovi reati.
Dalla consapevolezza della inadeguatezza del principio della irresponsabilità penale degli enti, dunque, il
legislatore ha svilupatto l’esigenza di colpire anche il contesto in seno al quale determinati reati vengono
compiuti, creare una responsabilità “parapenale” degli enti laddove taluni reati vengano commessi
nell’esercizio della attività di impresa: tale disciplina è stata introdotta con D. Lgs. n. 231/01
Il D. Lgs. n. 231/01 si compone di tre parti, aventi ad
oggetto:
-
La definizione dei principi generali in materia di
responsabilità degli enti;
-
La individuazione dei reati da cui discende la
responsabilità degli enti;
-
La disciplina del procedimento per la applicazione delle
sanzioni e delle misure cautelari.
Soggetti:
La disciplina della responsabilità penale degli enti colpisce le persone giuridiche, le
società, le associazioni anche prive di personalità giuridica.
Sono espressamente esclusi lo Stato, gli enti locali, gli enti pubblici non economici, gli
enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
Gli enti debbono avere sede nel territorio italiano, ma è possibile perseguire condotte
commesse all’estero.
In presenza di gruppi, composti anche da imprese aventi sedi all’estero, la controllante
può essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità amministrativa dell’ente
laddove si sia ingerita stabilmente nelle condotte della controllate
Il ricorso alla espressione “ente” ha fatto propendere la dottrina per escludere la
applicabilità della disciplina in commento anche alle imprese individuali.
Tuttavia, la questione è dibattuta in giurisprudenza.
Secondo Cass. Pen., 20 aprile 2011, n. 15657, anche una impresa individuale può essere
munita di una organizzazione complessa al cui interno soggetti diversi
dall’imprenditore possono compiere reati.
Secondo, invece, Cass. Pen. 6 luglio 2012, n. 30085, l’impianto della disciplina della
responsabilità amministrativa degli enti è, comunque, destinato a colpire solo quelle
strutture in grado di dare vita ad una soggettività distinta rispetto a quella
dell’imprenditore individuale: ciò, dunque, non consente di ritenere applicabile la
responsabilità in commento anche alle imprese individuali.
I presupposti della responsabilità amministrativa
dell’ente sono:
- Il compimento di uno dei reati selezionati dal
legislatore;
- La qualità, in capo al soggetto agente, di
soggetto apicale o subordinato dell’ente;
- Il perseguimento di un interesse o di un
vantaggio da parte dell’ente.
I reati presupposto
Non ogni reato può suscitare responsabilità dell’ente ex D. Lgs.n. 231/01
Il legislatore, in un percorso di progressivo incremento, seleziona espressamente i
reati che possono dare luogo a responsabilità dell’ente
Accanto ai tradizionali reati contro la Pubblica Amministrazione, i reati societari, si
segnala, di recente, la contemplazione anche di reati colposi, quali, l’omicidio
colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione
delle norme antinfortunistiche e della tutela dell’igiene e della salute
sul lavoro, i reati ambientali
I soggetti che possono commettere un reato presupposto in seno alla struttura
aziendale sono individuati all’art.5 del Decreto in:
•
soggetti apicali, ovvero “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di
amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di
autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto,
la gestione e il controllo degli stessi”, e;
•
soggetti subordinati, ovvero “persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza”
soggetti apicali.
La distinzione ha, per lo più, rilevanza per aspetti di carattere processuale, e concerne
l’onere della prova della assenza di un adeguato sistema organizzativo idoneo a
prevenire il compimento di quel reato, ovvero la inidoneità della vigilanza verso il
rispetto delle procedure previste.
Ulteriore requisito che deve ricorrere per potere fondare la responsabilità
dell’ente è rappresentato dalla ricorrenza di un interesse o un vantaggio da
parte dell’ente dell’agente.
Pertanto, l’ente non risponde del reato commesso laddove questo sia stato
commesso dall’agente nell’interesse esclusivo proprio o di terzi
L’espressione impiegata impone di valutare lo scopo in concreto perseguito,
anche se , poi, non vi sia stato un effettivo risultato utile per l’ente.
Con riferimento all’interesse o al vantaggio, occorre assumere una portata
particolarmente ampia, idonea a includere anche interessi o vantaggi non
economici
L’essenza della disciplina di cui al D. Lgs. n. 231/01 risiede nella
considerazione per la quale i reati commessi nell’ambito del
contesto imprenditoriale non nascono dalla determinazione
della singola persona fisica ma attengono, in realtà, alla
espressione della politica aziendale o, diversamente, ad una
carente organizzazione della struttura.
Di conseguenza, è riconosciuta all’ente la possibilità di andare
esente da responsabilità laddove emerga la sussistenza di
una struttura organizzativa idonea a prevenire la
commissione dello specifico reato
La redazione del modello organizzativo: la
mappatura dei rischi penali e la redazione
dei protocolli
Avv. Giovanni Agrusti
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MODELLO ORGANIZZATIVO
•
•
•
•
•
•
•
L’art. 6 del Decreto prevede che, in presenza di presupposti per invocare la responsabilità da reato, l’ente possa
sottrarsi all’applicazione delle sanzioni prescritte ove:
abbia adottato efficacemente un Modello organizzativo idoneo a prevenire il reato che si è verificato;
abbia affidato ad un Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, il
compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del modello, e di curare l’aggiornamento delle relative
procedure interne;
il reato sia stato commesso eludendo fraudolentemente il Modello di organizzazione. A tale ultimo fine, è
necessario:
impedire che l’agente possa giustificare la propria condotta adducendo l’ignoranza delle direttive aziendali;
evitare che il reato possa essere compiuto per negligenza o imperizia rispetto alla valutazione delle direttive
aziendali;
-che vi sia stata una efficiente e concreta attività da parte dell’Organo di Vigilanza.
N. B. La adozione di un modello organizzativo, dunque, non rappresenta un obbligo per l’ente, ma, in ragione dello
specifico contesto, la sua mancata adozione può integrare una condotta negligente da parte dell’organo amministrativo,
suscettibile di dare luogo a responsabilità nei confronti dell’ente.
MODELLO ORGANIZZATIVO
Il Modello Organizzativo può essere inteso quale
l’insieme delle procedure e dei presidi che l’ente
è tenuto ad adottare nell’esercizio della propria
attività, al fine di prevenire in modo efficace il
compimento di uno dei reati presupposto da
parte dei propri soggetti apicali o subordinati.
Modello Organizzativo
La legge non individua nel dettaglio né il contenuto né le parti di cui si compone un
modello organizzativo. Tuttavia, la best practice emersa tra gli operatori suole fare
ricorso alla seguente composizione:
- Parte Generale;
- Parti speciali;
- Protocolli;
- Codice Etico.
-
Un ulteriore ausilio nella redazione di un corretto modello organizzativo è
rappresentato dalle Linee Guida predisposte dalle associazioni di categoria e
approvate dal Ministero della Giustizia. Il Modello redatto in conformità alle Linee
Guida approvate dal Ministero consente di beneficiare della esimente in caso di
commissione di un reato presupposto
La Parte Generale rappresenta un
documento nel quale sono contenute le
principali previsioni del D. Lgs. n. 231/01, con
indicazione dei reati presupposto e dei
meccanismi di imputazione dell’ente.
Le parti speciali sono dedicate, ciascuna, ad una determinata
categoria di reati presupposto, individuandone i profili
giuridici e le caratteristiche che possono rivelarsi peculiari
in riferimento alla attività esercitata dall’ente e alle sue
particolari formule organizzative.
Ogni parte speciale, inoltre, individua i presidi generali da
adottare nei confronti del rischio di commissione della
categoria di reati di riferimento, e i principali flussi
informativi verso l’Organismo di Vigilanza
I protocolli rappresentano le procedure in concreto da
seguire nello svolgimento delle attività che presentano un
rilevante rischio di commissione di un reato presupposto
(protocollo per la redazione del bilancio di esercizio;
protocollo per la conduzione della trattative relative alla
stipula di un contratto con cliente privato; protocollo
relativo ai rapporti con la P. A.).
I protocolli, dunque, debbono consentire l’esercizio della
specifica attività di riferimento nel rispetto delle garanzie
necessarie per impedire il compimento del reato
presupposto
Il Codice Etico
Il codice etico rappresenta il manifesto dei
principi applicati dall’ente nell’esercizio della
propria attività, cui tutti i soggetti coinvolti
(lavoratori, clienti, fornitori) debbono
uniformarsi nei rapporti con l’ente
•
Perché operi l’esimente prevista dal Decreto non è
sufficiente per l’ente limitarsi alla formale adozione del
Modello organizzativo, essendo anche necessario che il
Modello sia efficacemente ed efficientemente applicato.
•
Il Decreto richiede, quindi, una condotta non statica ma
dinamica nei confronti delle procedure adottate in seno
all’ente e funzionali alla prevenzione dei reati
presupposto.
Di conseguenza, al fine di garantire la efficace attuazione
del Modello, è opportuno:
- verificare periodicamente la attuazione del Modello e,
laddove necessario, provvedere all’aggiornamento del
medesimo in caso di mutamenti nella organizzazione
della attività ovvero in casi di violazioni delle
prescrizioni;
- introdurre un sistema di sanzioni disciplinari per il
mancato rispetto delle procedure indicate dal Modello.
Una corretta redazione del Modello
Organizzativo ed una efficace attività di
aggiornamento dipendono da una valida attività
di risk monitoring e risk assessment
La funzione dell’Organismo di Vigilanza
Avv. Giovanni Agrusti
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L’ORGANISMO DI VIGILANZA
Funzione
L’Organismo di Vigilanza assolve principalmente
a due funzioni:
Informativa e prudenziale;
Ispettiva.
L’OdV non ha poteri di intervento sostitutivi di
quelli tipici degli organi sociali
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L’Organismo di Vigilanza
Autonomia e Indipendenza
Autonomia= poteri di vigilanza; potere di acquisizione di informazioni;
adeguato budget di spesa;
Indipendenza= assenza di soggezione rispetto ad altre funzioni aziendali
La composizione dell’OdV deve garantire, attraverso le competenze dei singoli
membri, la ricorrenza di tali caratteristiche
A tal fine, pur distinguendosi caso per caso, è opportuno evitare una
composizione caratterizzata esclusivamente da soggetti esterni alla
struttura aziendale o esclusivamente da soggetti interni ad essa.
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L’Organismo di Vigilanza
Organismo di Vigilanza e Collegio Sindacale
Le competenze sono distinte (art. 2403 cod. civ. - Doveri del collegio sindacale –
«[1] Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto
organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società sul suo concreto
funzionamento. [2] Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo
2409-bis, terzo comma»).
Rapporto tra cariche: ex art. 6 D. Lgs. n. 231/01 (introdotto dalla Legge Stabilità per
il 2012) – «Nelle società di capitali il Collegio Sindacale, il Consiglio di Sorveglianza e il
Comitato di controllo e della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di
vigilanza di cui al comma 1, lett. b».
-
Cumulo soggettivo di cariche o cumulo oggettivo di funzioni?
-
Il collegio sindacale attribuisce sempre i connotati di autonomia e indipendenza
all’Odv?
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L’Organismo di Vigilanza
Natura dell’Odv: Organo o Ufficio
Nomina: Organo amministrativo (Amministratore Unico; Consiglio di Amministrazione)
Durata: non vi sono previsioni di legge
Compenso: congruo e non parametrato alle performance della impresa
Revoca: rimessa all’organo preposto alla nomina (giusta causa)
Problemi di coordinamento di discipline per la nomina e revoca dell’OdV in caso di
attribuzione delle relative funzioni al Collegio Sindacale
Funzionamento (Regolamento Interno)
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L’Organismo di Vigilanza
I COMPITI
A) Vigilanza
-
Rispetto dei protocolli;
-
Esame delle informazioni provenienti dai responsabili di funzione
-
Ispezioni per la valutazione delle carenze
B) Analisi della adeguatezza
-
Per l’aggiornamento del modello (nuova mappatura del rischio)
Compiti specifici
-
Segnalazioni a autorità esterne per la violazione in materia di antiriciclaggio
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L’Organismo di Vigilanza
Modalità operative
- Piano annuale di verifiche;
- Variazione dell’assetto organizzativo;
- Determinazione del budget
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Aggiornamento del Modello Organizzativo
Verifica della adeguatezza del modello;
- Ricezione dei flussi informativi dalle unità
operative per la individuazione di nuovi rischi;
- Promozione delle attività di aggiornamento;
- Acquisizione e trasmissione di informazioni con
l’Organo amministrativo;
-
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L’Organismo di Vigilanza
Organismo di Vigilanza nel gruppo di società
- Molteplici assetti (Unico ODV; Pluralità di ODV con
connessioni interne (soggettive e di informazione);
Pluralità di ODV in assenza di connessioni interne
(soggettive e di informazione)
Organismo di Vigilanza nelle imprese di minori dimensioni
- compatibilità con l’organo amministrativo;
- necessità di una articolazione complessa in presenza di
una articolazione complessa della struttura
organizzativa.
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Organismo di Vigilanza
Flussi informativi
Il modello Organizzativo deve garantire un
sistema informativo efficiente che consenta di
conoscere i rischi e impostare una attività di
difesa e di controllo
Flussi Informativi periodici/flussi informativi ad
hoc
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L’Organismo di Vigilanza
Nell’esercizio delle proprie funzioni,
l’OdV può incorrere in responsabilità
penali e civili
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L’Organismo di Vigilanza
Responsabilità penale
Non ricorre responsabilità penale in caso di
commissione di un reato presupposto
nell’ambito della organizzazione aziendale
Ricorre responsabilità penale in caso di
partecipazione da parte dei membri dell’OdV al
reato presupposto (concorso)
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L’Organismo di Vigilanza
Responsabilità civile
L’OdV è responsabile civilmente per i
danni riportati dalla organizzazione
aziendale a causa della negligenza
nell’esercizio del proprio incarico
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Il ruolo del Dottore Commercialista
Prof. Avv. Alessio Di Amato
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IL Ruolo del Dottore
Commercialista
La disciplina introdotta dal D. Lgs. N.
231/01offre al Dottore Commercialista
una serie di opportunità professionali
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La conoscenza privilegiata degli assetti organizzativi della impresa,
attribuisce al Commercialista il ruolo di principale consulente
dell’ente nella predisposizione del Modello Organizzativo.
Tale consulenza può svilupparsi principalmente nella
predisposizione del modello (Parti speciali; Protocolli) ma anche
nella assistenza di secondo grado a favore dell’esperto in
Responsabilità Amministrativa dell’Ente, per una migliore
composizione delle esigenze del sistema normativo con le esigenze
della impresa
Il Commercialista riveste normalmente il ruolo di Perito del
Pubblico Ministero nei procedimenti penali avviati contro gli enti, ex
D. Lgs. N. 231/01
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Le specifiche competenze del Commercialista
attribuiscono al medesimo una naturale
vocazione a rivestire il ruolo di membro
dell’Organismo di Vigilanza.
Al riguardo, la conoscenza delle dinamiche
aziendali, in uno alla competenza in materia di
revisione, consentono al Commercialista di
essere membro dell’OdV, normalmente in
qualità di soggetto indipendente
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La normale presenza del Commercialista in seno agli organi sociali
(Consigli di Amministrazione, Collegio Sindacale, Revisore) nonché in seno
alle funzioni di assistenza dell’Organo amministrativo (Anticiclaggio, Audit,
Compliance) attribuisce al Commercialista il ruolo di interlocutore
privilegiato nell’ambito delle relazione tra organi sociali e Organismo di
Vigilanza, funzionali alle verifiche del Modello Organizzativo
Da un lato, la comprensione delle esigenze aziendalistiche, dall’altro, le sue
specifiche competenze professionali, consentono al Commercialista, tra i
diversi profili presenti nel contesto della impresa, caratterizzati
normalmente da competenze specifiche e settorializzate, di rivestire un
ruolo cardine nelle relazioni intercorrenti tra i soggetti che partecipano al
sistema introdotto dal modello organizzativo.
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Il ruolo del Dottore Commercialista nella redazione del modello