Salute curarsi
Con la consulenza
del dott.
MARCO SALVUCCI,
medico chirurgo,
specialista
in Medicina dello
Sport, Responsabile
Medico Spezia calcio
e Ozonoterapeuta
presso lo studio
medico e fisioterapico
Centro Onze di Milano.
marco.salvucci.doc
@gmail.com
www.centroonze.it
E con la consulenza
del dott.
ENRICO AIMAR,
Patologie discali
Ernie “al bivio”
Si tratta di una malattia molto invalidante, che colpisce
in prevalenza donne e uomini in piena età lavorativa.
Ma è anche di semplice risoluzione, vediamo come di Claudio Buono
L
e patologie discali sono più diffuse di quanto
si potrebbe immaginare,
specialmente nei paesi industrializzati. In Italia si calcola
che ne soffrano almeno 15 milioni di persone e sono più di 50 mila
gli interventi chirurgici che vengono effettuati ogni anno per tentare
di risolvere problemi legati all’ernia del disco. In effetti, si tratta di
una malattia molto dolorosa e invalidante, che colpisce prevalentemente donne e uomini in piena
età lavorativa (tra i 20 e i 50 anni),
con serie ripercussioni sul piano
sociosanitario ed economico.
L’ernia al disco, conosciuta anche come prolasso discale, è la
conseguenza di una dislocazione,
cioè di uno spostamento, dei dischi interposti tra una vertebra e
specialista in
Neurochirurgia presso
l’Istituto Ortopedico
Galeazzi di Milano.
www.enricoaimar.it
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La sintomatologia
L
a forma più frequente
di ernia del disco lombare
inizia in genere con una
lombalgia acuta associata
a sciatalgia. Quest’ultima
è caratterizzata da un dolore
intenso che, partendo
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dal gluteo, s’irradia lungo
la schiena o il lato
di una gamba, ed è talvolta
accompagnato da formicolio
e intorpidimento in queste
aree, oltre che da un senso
di rigidità di tutta la colonna
vertebrale. Può capitare che
il mal di schiena o il dolore
alla gamba peggiorino quando
si è in posizione seduta
da troppo tempo, oppure
a seguito di un forte colpo
di tosse o di uno starnuto.
l’altra, e perciò definiti intervertebrali. Questi cuscinetti di cartilagine elastica - formati da uno strato duro esterno (anello) e da uno
morbido interno (nucleo) - fungono da veri e propri ammortizzatori naturali, capaci di attenuare
le pressioni sviluppate durante i
movimenti (per esempio mentre
si salta o si corre) e di conferire
alle vertebre una certa motilità,
per cui la colonna può, entro certi limiti, curvarsi in tutti i sensi ed
eseguire movimenti di rotazione.
“Quando, a seguito di questa dislocazione, il rivestimento esterno
di un disco si rompe, una piccola
porzione del nucleo polposo fuoriesce dalla propria sede (erniazione del disco) e va a comprimere
i fasci nervosi della colonna (per
esempio il nervo sciatico), provocando dolore, intorpidimento
o debolezza della schiena, oppure della gamba o del braccio, a
seconda che il problema sia a livello lombare o cervicale” spiega
Salvucci. Che aggiunge: “Assai di
frequente l’ernia è associata a una
pregressa degenerazione dei dischi intervertebrali. Con il passare
degli anni, infatti, questi perdono
flessibilità ed elasticità, diventano
fragili e rischiano di lacerarsi più
facilmente.
Ma l’affezione può manifestarsi anche in età giovanile, spesso a
causa di un’eccessiva attività fisica o di una lesione della colonna
conseguente a un trauma”.
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Salute curarsi
Come si scopre
N
ella maggior parte dei casi,
l’esame fisico è già sufficiente
per fare una diagnosi di ernia
del disco. Lo specialista (ortopedico,
fisiatra o neurochirurgo), oltre
a testare i riflessi, la forza muscolare
e la capacità deambulatoria, osserva
anche la flessibilità e l’ampiezza
di movimento della colonna
vertebrale, ed effettua prove
di flessione di entrambe le gambe.
Eventuali campanelli d’allarme,
primo fra tutti il dolore a una gamba
o alla schiena, fanno sospettare
un danneggiamento delle radici
nervose o del midollo spinale
a causa di un’ernia discale.
In tal caso, potrebbe essere necessario
ricorrere a ulteriori e più approfonditi
accertamenti diagnostico-strumentali
(come radiografia, TAC o risonanza
magnetica), sia per confermare
la pressione sul midollo spinale
da parte del disco erniato e accertare
quali sono i nervi interessati
sia per escludere altre cause di dolore
alla schiena (come un’infiammazione
o una microfrattura vertebrale).
Come si cura
N
ella maggioranza dei casi,
l’ernia del disco non richiede
cure impegnative. Secondo i dati
più recenti, nove persone su dieci
riscontrano un miglioramento
dei sintomi (spesso con riduzione
spontanea della protrusione
discale) già dopo uno o due mesi
di trattamento conservativo:
4 riposo a letto;
4 limitazione delle attività a rischio
che aggravano i sintomi
(come distensioni, piegamenti
e torsioni della colonna,
sollevamento di pesi…);
4 assunzione di farmaci
antidolorifici, antinfiammatori
(anche cortisonici se necessario)
e miorilassanti;
4 cicli di fisioterapia (che possono
includere applicazioni di ultrasuoni
e stimolazione elettrica per alleviare
il dolore, oltre a manipolazioni
vertebrali);
4 esercizi posturali di stretching
riabilitativo (per riportare
la colonna in equilibrio e ridurre
la compressione).
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Le terapie “incruente”
Ossigeno-ozono
terapia
Tra le metodiche miniinvasive, il trattamento
dell’ernia del disco
attraverso un composto
di ossigeno-ozono si
è dimostrato efficace in una
buona percentuale di casi
(70-80% c.a.). L’infiltrazione
si effettua utilizzando una
siringa che inietta la miscela
gassosa in corrispondenza
dello spazio discale
interessato. Questa riesce
a espandersi, venendo
direttamente a contatto
sia con la radice nervosa sia
con il disco protruso.
Si ritiene che tale procedura
possa provocare una
riduzione delle dimensioni
del disco erniato e che
riesca a svolgere un’azione
antinfiammatoria sulla
radice nervosa irritata dalla
compressione radicolare.
Mesoterapia
Questa metodica
prevede microiniezioni
intradermiche
o sottocutanee di
farmaci antiinfiammatori,
decontratturante
e antidolorifica, nelle zone
lese o dolenti.
Osteopatia
Il trattamento con questa
metodica include manovre,
manipolazioni
e mobilizzazioni volte
a ricreare lo spazio
intra-articolare e a ridurre
la pressione sulla radice
del nervo a livello lombare
e cervicale.
Chiropratica
Le terapie manuali adottate
possono comprendere
manipolazioni o
mobilizzazioni specifiche
delle articolazioni che
mirano a sbloccare le
vertebre ripristinandone il
corretto movimento,
e a eliminare la pressione
dai dischi vertebrali. In
certi casi, la manipolazione
permette di rimuovere
il materiale erniato dalla
radice del nervo, riducendo
l’infiammazione dei tessuti.
Ginnastica posturale
Ideale per migliorare
la mobilità articolare
e l’elasticità muscolare,
questo tipo di ginnastica
favorisce l’allineamento
e l’allungamento della
colonna vertebrale e della
muscolatura posteriore
del corpo .
Chirurgia, si o no?
Oggi la tecnica ha fatto passi da gigante
Q
uando le diverse strategie adottate non
riescono a migliorare i sintomi, come ultima chance non resta che ricorrere al bisturi. Ma quando la chirurgia è imperativa?
“Fondamentalmente se sopraggiungono complicazioni neurologiche invalidanti, cioè se a seguito di un’ernia espulsa, il dolore è così forte e
paralizzante e l’ernia talmente ostruente, da alterare la sensibilità e la forza muscolare a livello
del piede e della gamba, con conseguente difficoltà di movimento degli arti inferiori, chiarisce
il dottor Aimar.
L’intervento principe è la cosiddetta “microdiscectomia”, che il più delle volte si effettua in
anestesia generale e di solito prevede almeno
una notte di degenza in ospedale.
Come avviene l’intervento
Aiutandosi con il microscopio operatorio, il neurochirurgo (o il chirurgo ortopedico) effettua una
piccola incisione per rendere visibile l’area d’intervento. Dopodiché provvede a rimuovere una
piccola porzione di osso (lamina) della vertebra
superiore e di quella inferiore in modo da avere
accesso all’ernia che poi eliminerà, dividendola in frammenti, insieme a parte del disco intervertebrale, alleviando così la pressione sul
nervo. Il vantaggio di questa tecnica è dato dal
fatto che traumi di minor entità ai tessuti circostanti significano meno dolori nella zona lombare
dopo l’operazione, con una riduzione dei tempi
di recupero (attorno alle 2-6 settimane). Il rischio
recidive è molto basso (circa il 5-7% dei casi).
La riabilitazione
D
opo un mese circa
dall’operazione
è necessario sottoporsi
a un ciclo completo
di fisioterapia (almeno
15 sedute) mirato
al recupero di eventuali
deficit neurologici
e al potenziamento
dei muscoli addominali
e paravertebrali,
per favorire la stabilità
e alleggerire il carico
sulle vertebre operate.
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