Desidera ma desidera senza limiti! Se altri sono diventati santi
perché non tu? Io voglio essere santo, un grande santo, il più
grande possibile!
San Massimiliano Maria Kolbe è figlio
del suo tempo e della sua terra: egli nacque
l’8 gennaio del 1894 in un piccolo paesino
della Polonia, Zdunska Wola, da ferventi
genitori cristiani, Giulio e Maria, che
avevano un umile laboratorio di tessitura. Il
suo nome di battesimo è Raimondo e aveva
due fratelli, Francesco e Giuseppe. Come si
racconta in Polonia i bambini polacchi non
diventano mariani ma lo nascono… e
Raimondo ne è un esempio. Un aneddoto
della sua infanzia, narrato da lui stesso
molti anni dopo, chiarisce il suo profondo
rapporto con Maria fin da piccolissimo. Si
narra che Raimondo era un bambino molto
buono, ma nello stesso tempo molto vivace
e che un giorno avesse speso tutti i suoi
soldi, che dovevano servire alla sua
mamma, per comprarsi un uovo; il piccolo
lo aveva fatto perché da quell’uovo voleva
che nascessero tanti pulcini. Questa
marachella fu presa in malo modo dalla madre, considerando i tempi di gravissime ristrettezze
economiche in cui versava la famiglia con la guerra ormai alle porte. Allora Raimondo, dispiaciuto
per quell’episodio, si recò in chiesa e fece un’esperienza mistica bellissima. Lui stesso racconta:
«Chiesi alla Madonna che cosa sarebbe germogliato da me; allora Ella mi è apparsa tenendo
nelle mani due corone, una bianca e l’altra rossa. Mi guardava con affetto e mi chiese se avessi
voluto quelle due corone. La bianca significava che avrei perseverato nella purezza e la rossa che
sarei stato un martire. Risposi che le accettavo… allora la Madonna mi guardò dolcemente e
scomparve».
A causa delle scarse risorse finanziarie, Raimondo non potè frequentare la scuola, ma si racconta
che cercò di apprendere qualcosa dal farmacista del paese e da un prete; tutto ciò fin quando non si
stabilirono a Leopoli i Francescani, i quali conosciuti i Kolbe proposero di accogliere nel loro
collegio Raimondo. Egli passò dal collegio al seminario dei francescani conventuali e a sedici anni
divenne novizio, cambiando il suo nome in fra Massimiliano Maria. Date le sue brillanti capacità,
fu inviato a Roma, dove si laureò prima in Filosofia e dopo soli 4 anni in Teologia. Si interessava di
fisica, di matematica, tanto che con gli anni progettò nuovi tipi di aerei e molte apparecchiature.
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Nel 1917 accade qualcosa nella sua vita, che caratterizzerà tutto il suo apostolato. Egli assiste una
sera a Roma, in piazza San Pietro, ad una processione di anticlericali massoni che celebravano
Giordano Bruno, inalberando uno stendardo nero su cui satana schiacciava San Michele Arcangelo
e distribuivano volantini, in cui c’era scritto che satana deve regnare in Vaticano e il Papa fargli da
servo. Tutto ciò lo scuote fortemente ed egli si interroga: «è possibile che i nemici di Dio devono
tanto adoperarsi e noi rimanere oziosi, al più pregare, senza però agire? Che cosa possiamo fare
noi? Non abbiamo noi una potenza più grande? Sì, l’Immacolata. Dobbiamo metterci come
strumenti docili nelle mani dell’Immacolata, adoperandoci con tutti i mezzi leciti». Così la sera
del 16 ottobre del 1917 insieme ad altri 7 confratelli dinanzi ad una piccola immagine
dell’Immacolata fonda la Milizia dell’Immacolata, sottoscrivendo su un piccolo pezzo di carta di
voler impegnarsi ad annunciare il Vangelo nel mondo con ogni mezzo, consegnandosi totalmente
nelle mani dell’Immacolata. Le due frasi poste all'inizio del programma della M. I.: "Ella ti
schiaccerà il capo" (Gen 3, 15) e "Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero" (ufficio
della B. V. M.) indicano lo scopo della Milizia. San Massimiliano Kolbe voleva che i cristiani
diventassero i cavalieri dell'Immacolata e che si trovassero dappertutto, ma specialmente nei posti
più
importanti,
come:
1) l'educazione della gioventù (professori di istituti scientifici, maestri, società sportive);
2) la direzione di riviste, quotidiani, biblioteche pubbliche, conferenze, proiezioni e cinematografi.
Egli voleva che i membri della M. I. divenissero i pionieri e le guide nella scienza (scienze naturali,
storia, letteratura, medicina, diritto, ecc.) e addirittura ipotizzava che sotto l’influsso e l'assistenza
della M.I. dovessero sorgere e svilupparsi i complessi industriali e le banche. L'essenza della M.I. è
costituita dall'offerta totale di noi stessi, senza limiti né condizioni, all'Immacolata come sua
proprietà , affinché Ella voglia fare di noi ciò che le piace e così poter agire, per mezzo nostro, negli
altri. Il segno esteriore di questa offerta di sé all'Immacolata è la Medaglia Miracolosa, che i
membri della M.I. portano sul petto. Si tratta della medaglia che l’Immacolata stessa mostrò a Santa
Caterina Laboure'. La medaglia miracolosa, diceva san Massimiliano, è la pallottola della Milizia
dell’Immacolata. In quegli anni a Roma San Massimiliano cominciò a soffrire di tubercolosi,
malattia che lo accompagnerà tra alti e bassi per tutta la vita. Il 28 aprile del 1918 venne ordinato
sacerdote nella Basilica di Sant’ Andrea della Valle. Nel frattempo, entrambi i genitori in Polonia
erano entrati tra i Terziari francescani. L’anno dopo egli ritornò a Cracovia. Qui comincia a
realizzare il suo sogno: "la felicità di tutta l'umanità in Dio attraverso l'Immacolata”. Egli vuole
portare ogni uomo al cuore sacratissimo di Gesù attraverso Lei, e come lui stesso afferma: " Questa
è una missione per la quale torna conto di vivere, lavorare, soffrire e anche morire, Dio volesse
da martire". San Massimiliano è profondamente innamorato dell’Immacolata, ha una devozione
totale verso Maria, tanto che la chiama con i nomi più teneri e familiari, come solo i polacchi sanno
fare. La Madonna a Lourdes si è definita l’Immacolata Concezione e questo è un privilegio che
appartiene solo a Lei. L'Immacolata è scelta a modello e ispiratrice del suo impegno cristiano e
apostolico perché, in quanto libera da ogni ombra di peccato, rappresenta il simbolo umano del
mondo di Dio, a cui egli vuol portare gli uomini. Egli amava ripetere: « Chi ha Maria per madre,
ha Cristo per fratello ». Nel Natale del 1921 esce un giornale di poche pagine “Il Cavaliere
dell’Immacolata”, per alimentare lo spirito e la diffusione della “Milizia dell’Immacolata”. Non
potendo spesso predicare per i suoi problemi di salute lo faceva attraverso “la penna” e gli
scritti….padre Kolbe diceva: “Dobbiamo fasciare il mondo di stampa cristiana e mariana con
parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere”. Si narra che per la stampa del primo numero
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de «Il Cavaliere» padre Kolbe aveva contratto con la tipografia un grosso debito. Come saldarlo?.
Egli scrive: «Entrai in una cartoleria per chiedere l'offerta per Il Cavaliere ma, confuso per la
vergogna, finii invece con l'acquistare io stesso una matita ed uscirmene . Tirai avanti,
rimproverandomi di debolezza per non essere riuscito, per amore della Madonna, a reprimere
l'istintivo senso di vergogna. Ma tornato in Chiesa dopo aver lungamente pregato, notai sopra
l'altare una busta. Con sorpresa vi lessi sopra a nitidi caratteri: «Per Te, Madre Immacolata».
L'aprii e passando di meraviglia in meraviglia, vi trovai dentro proprio la somma del debito con
la tipografia. Compresi tutto e, pieno di lacrime, m'inginocchiai riconoscente e adorante».
Questo particolare ci fa comprendere che era grande, sognava in grande, ma nello stesso tempo era
molto timido. Nel 1927 a pochi chilometri da Varsavia comincia a realizzarsi il grande sogno di
padre Kolbe: grazie alla donazione di un terreno da parte del conte Lubecki egli fonda
Niepokalanow, che letteralmente significa “ Proprietà dell’Immacolata”, la “Città di Maria”. Egli
dal nulla comincia a creare una grande basilica per l’Immacolata, una biblioteca, le tipografie, i vari
reparti della legatoria, dei depositi e delle spedizioni, le officine dei fabbri e dei meccanici, i
laboratori per i falegnami, per i sarti, per i dentisti, per i calzolai, le rimesse per i muratori, il corpo
dei pompieri, i fabbricati per i postulanti, per i novizi, per i sacerdoti, una grande centrale elettrica,
un grande parco macchine, una piccola stazione ferroviaria; era persino previsto un aeroporto con
quattro velivoli e un progetto di stazione radio trasmittente. A Niepokalanow un solo ambiente
doveva essere piccolo: il cimitero, perché diceva padre Kolbe: "Prevedo che le ossa dei miei frati
saranno disperse in tutto il mondo". Padre Kolbe era tenace, ostinato, implacabile... Era un
calcolatore nato: calcolava e raffrontava senza posa, valutava, combinava bilanci e preventivi. Se ne
intendeva di tutto: di motori, di biciclette, di radio; conosceva quello che costava poco e quello che
costava molto; sapeva dove, come e quando era opportuno comprare… Non c'era sistema di
comunicazione troppo veloce per lui, “il veicolo del missionario, diceva spesso, dovrebbe essere
l'aereo ultimissimo modello ".
Da matematico e fisico diceva: “Ogni volta che fai il segno della Santa Croce, ricordati del
“coraggio dell’umiltà”:
1) consegna la tua capacità di valutare, ragionare, la tua intelligenza;
2) la tua capacità di Amare, il cuore e di desiderare quello che stai facendo;
3) e 4) le tue spalle, la tua capacità di sostenere il peso di quello che Dio ti sta per chiedere per
amore suo e perchè molti conoscano il suo Amore;
5) amen = desidero che avvenga proprio così”.
E ancora padre Kolbe sosteneva che la formula della felicItà è : v = V; ovvero consiste nel far
coincidere la volontà dell’uomo con la volontà di Dio. Padre Kolbe sosteneva che noi, tutti
dell’Immacolata, dobbiamo essere come un pennello nelle mani di Dio e ci dobbiamo fare dirigere
da Lui, che lo può fare nel modo più perfetto possibile. In ciò dobbiamo guardare a MARIA, che è
stata lo strumento più perfetto nelle mani di Dio. Egli scriveva:
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« Immaginiamo di essere un pennello nella
nella mano di un pittore infinitamente perfetto. Che cosa deve essere
il pennello perché il quadro riesca il più perfetto possibile? Deve lasciarsi dirigere nel modo più perfetto.
Un pennello potrebbe ancora vantare delle pretese di miglioramento
da parte di
di un pittore terreno, limitato, fallibile.
Ma quando Dio, la Sapienza Eterna, si serve di noi quali strumenti,
allora faremo il massimo, nel modo più perfetto,
purché ci lasciamo guidare in modo perfettissimo e totale.
Con l’atto di consacrazione noi ci siamo
siamo offerti all’Immacolata in proprietà assoluta.
Senza dubbio Ella è lo strumento più perfetto nelle mani di Dio,
mentre noi, da parte nostra, dobbiamo essere degli strumenti
nelle Sue mani immacolate.
Quando perciò debelleremo nel modo più rapido e più perfetto
il male del mondo intero?
maniera
iera più perfetta.
Ciò avverrà allorché ci lasceremo guidare da Lei nella man
È questa è la cosa più importante ed unica ».
Ai giovani diceva: «I cancelli della città dell'Immacolata sono sempre aperti! Entrate in questi
cancelli, voi che desiderate ardentemente mettervi al servizio di Maria… ma non fate tanti
calcoli! Perché è nel lavoro dove non viene ricercato un guadagno materiale, nell'abbandono di
se stessi e nella penitenza che troverete la strada che conduce alla pace, quella pace che il mondo
non può darvi…….. Non preoccuparti di portare con te molti bagagli. Tu sei molto più
importante di quello che possiedi purchè il tuo desiderio sia quello di servire Dio attraverso
Maria Immacolata: questo basterà».
Niepokalanow riuscirà a contare fino a 700 religiosi, diventando il convento più grande del mondo.
In questa nuova " città " sì stampano otto riviste per parecchie centinaia di migliaia di copie. La
maggiore tra esse, " Il cavaliere dell'Immacolata " tocca in quegli anni il milione di copie. Padre
Massimiliano prevede traduzioni in italiano, inglese, francese, spagnolo e latino. Padre Kolbe usava
i termini “milizia, cavaliere”, come se fosse in guerra, come se stesse conducendo una battaglia,
perché, come emerge dai suoi scritti, egli voleva “conquistare all'Immacolata un’anima dopo
l'altra, un avamposto dopo l'altro, inalberare il Suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani,
sulla stampa periodica e non, sulle antenne radiofoniche, sugli istituti artistici e letterari, sui
teatri, sulle sale cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, in una parola dappertutto sulla
terra; inoltre vigilare affinché nessuno mai riesca a rimuovere quei vessilli”.
San Massimiliano abiterà pochissimi anni a Niepokalanow; già nel 1930 è in Giappone con altri
quattro frati, a fondare dal nulla una città analoga a Niepokalanow, che chiamerà “ Il Giardino
dell’Immacolata”. Si narra che questa “città” alla periferia di Nagasaki rimarrà intatta quando nel
1945 esploderà la bomba atomica che colpirà Nagasaki. Un autore, che è critico verso l'opera di
Kolbe, scrive: " Mirava né più nè meno che a conquistare il mondo. Per questo andò a convertire i
'pagani' in Giappone. Tutte le sue opere, concepite su scala gigantesca, le creò quasi dal nulla:
senza un soldo in tasca, questuando incessantemente col proverbiale saio rappezzato.
Intraprendeva ogni iniziativa letteralmente con le proprie mani. Mescolava la calce e portava i
mattoni nel cantiere, lavorava alla cassa di composizione in tipografia. A Nagasaki intraprese
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l'edizione della versione locale de 'Il Cavaliere dell’Immacolata' senza sapere una parola di
giapponese...e durante questo periodo dormiva in una soffitta coprendosi col cappotto ".
Nel 1932 si recò in India, dove voleva fondare una nuova città dell’Immacolata e far conoscere la
Milizia dell’Immacolata anche lì, ma dopo i primi accordi, con lo scoppio improvviso della seconda
guerra mondiale, dovette interrompere le trattative. Lasciò definitivamente il Giappone nel 1936,
anche per i suoi problemi di salute, e l’anno dopo si recò in Italia, ad Assisi (come francescano
amava tanto San Francesco), a Roma, a Padova per partecipare ai festeggiamenti del movimento
mariano. Nel 1938 conseguì la licenza di radioamatore e fu attivo per alcuni anni con il nominativo
SP3RN; ancora oggi è ricordato quale patrono dei radioamatori italiani e ci sono tuttora alcune
radio intitolate a suo nome. Partì quindi alla volta della Lettonia, dove voleva costruire una nuova
città di Maria, ma gli eventi in Europa precipitarono: scoppiò la seconda guerra mondiale, la
Polonia venne occupata dai nazisti, i quali bombardarono e saccheggiarono Niepokalanow il 19
settembre del 1939, arrestando Padre Kolbe, insieme ad altri 37 confratelli. Il grande santo
confortava i suoi frati dicendo: " Coraggio, andiamo in missione ". Dopo quasi tre mesi di
prigionia, San Massimiliano fu liberato inaspettatamente l’8 dicembre. Tornato alla “Città
dell'Immacolata” la adibì ad ospedale con un ufficio della Croce Rossa. Pian piano venivano
accolti qui rifugiati e scampati: oltre 2000 espulsi dalla Polonia e alcune centinaia di ebrei. Padre
Kolbe riorganizzò la città per la sopravvivenza di tutti i rifugiati, organizzando infermeria, farmacia,
ospedale, cucine, panetteria, orto e altri laboratori. Il 17 febbraio 1941 il grande santo viene
arrestato per la seconda volta dalle truppe tedesche. La Gestapo gli fece sapere che avrebbe gradito
una sua opzione per la cittadinanza germanica se si fosse iscritto nella lista degli oriundi tedeschi,
dato il suo cognome e le sue origini (nonostante che il cognome della madre fosse
evidentissimamente polacco), ma egli non accettò. Così fu trasferito ad Auschwitz. Egli, al
riguardo, consolava i suoi frati dicendo: " Vado a servire l’Immacolata in un altro campo di lavoro
" e ancora «Pensate se avessimo deciso noi di venire qui a svolgere la nostra missione di
speranza: quanti documenti ci sarebbero stati richiesti e senza poter aver la certezza di ottenere i
permessi necessari! Ora, invece, è l’Immacolata stessa che ci conduce in questo nuovo campo di
lavoro, in questa nuova missione!».
Ora comincia un periodo di grande sofferenza per Padre Kolbe, che già era fisicamente fragilissimo,
in quanto malato di tisi e con un solo polmone. Poiché sacerdote per odio e maltrattamenti è
accomunato agli ebrei e dopo poco tempo egli dovette indossare un abito civile, in quanto il saio
francescano adirava moltissimo i carcerieri. Diventa il n. 16670. Nel campo di concentramento egli
comincia tirando carri di ghiaia e di sassi per la costruzione di un muro del crematorio: un carro che
doveva essere tirato sempre correndo; poi è addetto a tagliare e trasportare tronchi d'albero. A lui,
perché prete, toccava un peso due o tre volte superiore agli altri. Quando i suoi compagni lo vedono
sanguinare e barcollare egli non vuole che alcuno si esponga per lui, infatti diceva:« "Non vi
esponete a ricevere colpi per me. L'Immacolata mi aiuterà, farò da solo».
Quando alcuni compagni lo vogliono portare all'ospedale del campo egli indica sempre qualcun
altro che, a suo parere, ha più bisogno di lui:« Io posso aspettare. Piuttosto quello lì... ». Quando
viene assegnato a trasportare cadaveri, spesso orrendamente mutilati, e ad accatastarli per
l'incenerimento, lo sentono mormorare pian piano: " Santa Maria prega per noi " e poi: " Il Verbo
si è fatto carne”. Nelle baracche quando qualcuno di notte striscia verso di lui in preda all'orrore si
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sente dire lentamente, pacatamente, come un balsamo: " l'odio non è forza creativa; solo l'amore
crea", oppure “L’Immacolata è la vera consolatrice degli afflitti. Ascolta tutti, ascolta tutti! ".
Un prigioniero di Auschwitz racconta che Padre Kolbe divideva con gli altri prigionieri le sue
razioni di cibo, “ io stesso ho ricevuto da lui un quarto di pane [...] Una volta uno dei prigionieri fu
bastonato dal capo perché lavava male la sua gavetta. Padre Kolbe ebbe cura di quel prigioniero e
lavò a fondo per lui la gavetta giacché il compagno di prigionia aveva ricevuto forte percosse sulle
mani. Padre Kolbe trattava come un proprio fratello ognuno dei prigionieri”.
Padre Massimiliano Kolbe celebrò nel più grande segreto due volte la santa Messa tra i blocchi con
circa 30 prigionieri, i quali tutti ricevettero la santa Comunione dalle sue mani"; il prigioniero
Dziuba racconta: "Alle volte, dopo la confessione dal Padre Massimiliano, desideravamo ricevere
la santa Comunione, ma ciò non era possibile, giacché a quel tempo non si poteva celebrare la
santa Messa nel lager e consacrare. Allora, volendo simboleggiare per noi questa santa
Comunione in qualche modo, prendeva il proprio pane, lo benediceva e ne dava un pezzo ad
ognuno di noi, poi non voleva accettare nulla dalle nostre razioni”.
Alla fine di luglio del 1941 Padre Kolbe fu trasferito al Blocco14. Dopo soli pochi giorni un
detenuto di quel blocco riuscì a fuggire: per un prigioniero fuggito dieci prigionieri dovevano essere
condannati a morte nel bunker della fame. Il Blocco 14 dovette stare allineato immobile per un
giorno intero: percossi, digiuni, sotto il sole di luglio, distrutti dalla fame, dall'immobilità, dall'attesa
terribile. Alla fine della giornata il Lagerfuehrer Fritsch decide chi sono i dieci condannati.
Un condannato, Francesco Gajowniczek, al pensiero di perdere la moglie e i figli gridò e si disperò.
Ad un tratto Padre Massimiliano uscì dalla fila e si diresse diritto, " a passo svelto” verso il
Lagerfuehrer Fritsch, (allibito per il fatto che un prigioniero osasse tanto), e si offrì in cambio di
quell'uomo che nemmeno conosceva. Il Lagerfuehrer Fritsch disse : “Che cosa vuole questo sporco
polacco? ", ed egli " Sono un sacerdote cattolico. Sono anziano (aveva solo 47 anni) e voglio
prendere il suo posto perché lui ha moglie e figli ".
La cosa più incredibile, il primo miracolo di Kolbe e attraverso Kolbe fu il fatto che il sacrificio, lo
scambio venne accettato. Il campo di concentramento per i nazisti doveva essere la dimostrazione
che " l'etica della fratellanza umana " era solo vigliaccheria; il principio umanitario secondo
l'ideologia nazista era una menzogna giudeo-cristiana. Da quel giorno, da quella accettazione, il
campo possedette un luogo sacro. Nel blocco della morte i condannati vennero gettati nudi, al buio,
in attesa di morire per fame. Non venne dato loro più nulla, nemmeno una goccia d'acqua. La lunga
agonia era scandita dalle preghiere e dagli inni sacri che Padre Kolbe recitava ad alta voce e dalle
celle vicine gli altri condannati gli rispondevano. L'eco di quel pregare penetrava attraverso i muri,
di giorno in giorno sempre più debole, trasformandosi in sussurro, spegnendosi insieme al respiro
umano. Il campo tendeva l'orecchio a quelle preghiere. Ogni giorno la notizia che pregavano ancora
faceva il giro delle baracche. Ogni mattina il bunker della fame veniva ispezionato. Quando le celle
si aprivano i condannati piangevano e chiedevano del pane; Padre Kolbe non chiedeva nulla, non si
lamentava, restava in fondo seduto, appoggiato alla parete. Gli stessi soldati lo guardavano con
rispetto. Poi, col passare dei giorni, i condannati cominciarono a morire; dopo due settimane erano
vivi solamente in quattro con Padre Kolbe. Per costringerli a morire, il 14 agosto del 1941, venne
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fatta loro una iniezione di acido fenico. Era la vigilia di una delle feste mariane che San
Massimiliano amava di più: l'Assunta.
" Quando aprii la porta di ferro, racconta il suo carceriere, non viveva più; ma mi si presentava
come se fosse vivo. Ancora appoggiato al muro. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi
largamente aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Non lo dimenticherò
mai ". All’ufficiale medico nazista che gli fece l’iniezione mortale, Padre Kolbe disse: «Lei non ha
capito nulla della vita…..l’odio non serve a niente…..solo l’amore crea» e porgendo il braccio
sinistro le sue ultime parole furono: «AVE MARIA». Il giorno dopo il suo corpo fu cremato e le sue
ceneri disperse.
Francesco Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva,
ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995. Padre
Kolbe è stato beatificato il 17 ottobre 1971 da papa Paolo VI, il quale amava particolarmente la
frase Kolbiana “ SOLO L’AMORE CREA” ed è stato canonizzato il 10 ottobre 1982 da Papa
Giovanni Paolo II, suo conterraneo. Il giorno della canonizzazione, il Papa definì San Massimiliano
“patrono del nostro difficile secolo” e “martire della carità” (espressione quest’ultima usata per la
prima volta). Giovanni Paolo Il, predicando ad Auschwitz, ha detto: " In questo luogo che fu
costruito per la negazione della fede in Dio e della fede nell'uomo e per calpestare radicalmente
non soltanto l'amore, ma tutti i segni della dignità umana e dell'umanità, Padre Kolbe ha riportato
la vittoria mediante l'amore e la fede ".
Il mio augurio, cari fratellini, è che tutti noi possiamo essere, sull’esempio di SAN
MASSIMILIANO KOLBE, i pennelli nelle mani di DIO, completamente consacrati ed affidati a
MARIA.
LUISA D.
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San Massimiliano Kolbe - Fuoco dello Spirito Santo