Magistratura Onoraria
La
Magistratura
Organo
della
Associazione
Nazionale
Magistrati
▼▼
Paolo Valerio
Avvocato, Presidente
di Federmot
Un grazie particolare al consigliere Braccialini per questo invito
che giunge quanto mai gradito ai
magistrati onorari di tribunale; e
grazie anche al consigliere Marini
per le garbate parole pronunciate
poc’anzi nei confronti della categoria e della Federazione magistrati
onorari di tribunale, con la quale il
Csm ha intrattenuto rapporti
improntati a un proficuo scambio di
opinioni, spero forieri di ulteriori
sviluppi e - perché no? - di un progressivo superamento delle pur
legittime divergenze che avevano in
passato ingessato il dialogo tra l’organo di governo della magistratura
e la Federmot.
Sono anche contento della presenza del presidente Edmondo
Bruti Liberati, con il quale da oltre
due anni non riuscivo ad avere una
nuova occasione di confronto dopo
una ormai lontana nel tempo audizione a Roma in seno alla Giunta
Anm, ed esprimo apprezzamento
per la franchezza con cui ha enunciato i punti fermi dell’Associazione magistrati sul tema della magistratura onoraria. Prima del suo
intervento, aleggiava infatti un
clima di buonismo che, pur propiziando un dialogo sereno, rischiava
di occultare e insabbiare quelli che
possono essere gli aspetti conflittuali che si pongono all’attenzione
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di un osservatore obiettivo.
Attenzione: quando parlo di
conflittualità non penso ad una contrapposizione tra magistrati onorari
e magistrati togati, ma alle contraddizioni dell’ordinamento nel suo
complesso: a quegli attriti conseguenti al fatto che a fronte di una
categoria di magistrati, quale quella
che rappresento, alla ricerca di una
propria collocazione ordinamentale, vi sono dei magistrati professionali con uno status giuridico ed
economico che ormai è determinato e consolidato anche per effetto di
lunghe lotte sindacali che l’Anm ha
meritevolmente portato avanti - e
bene - nei decenni precedenti.
Apprendo dai racconti dei magistrati più anziani che, quando c’era
ancora il concorso per aggiunto o il
distinguo tra magistrato pretorile e
magistrato di tribunale, si viveva in
un clima di difficoltà in cui spesso
la progressione di carriera non era
legata al merito, alla capacità del
magistrato, ma a elementi di giudizio non sempre trasparenti e giusti.
Oggi abbiamo una magistratura
che funziona anche grazie a quelle
battaglie meritevoli di lode che
l’Associazione nazionale magistrati ha portato avanti negli anni. Noi
vorremmo poter condividere queste
battaglie e le altre che si presenteranno in futuro, ma non sempre
possiamo farlo perché non sempre
ci riguardano. Non può riguardarci
una battaglia sulla separazione
delle funzioni e delle carriere, per il
semplice fatto che noi non abbiamo
carriere: noi siamo magistrati temporanei. E giustamente il presidente Bruti Liberati ricordava che la
tipica connotazione del magistrato
onorario è che sia un magistrato
temporaneo. Io sono perfettamente
d’accordo e aggiungo che non ho
simpatia per il magistrato onorario:
non ho simpatia per me stesso. Non
ovviamente per una sorta di schizofrenia da sdoppiamento della persona, ma perché, assunte le vesti di
comune cittadino, sono spaventato
dall’esistenza del magistrato onorario. Chi è il magistrato onorario? Io
posso sapere che cos’era il magistrato onorario negli anni Quaranta,
negli anni Venti, nell’Ottocento. Il
vicepretore era “una persona per
bene”, era il nobiluomo del piccolo
o del grande comune, che era
rispettato, che era riconosciuto, dal
quale si andava ad avere consiglio a
prescindere dalla sua qualifica di
magistrato onorario. Oggi il magistrato onorario è una meteora la cui
esistenza nel nostro ordinamento
giudiziario è legittimata dall’art.
106 della Costituzione, scritta
ormai oltre mezzo secolo fa. Ma la
legittimazione, quando si parla di
Costituzione materiale, non può
essere legata al dato testuale, al
fatto che un comma 2 dell’art. 106
mi dice che può essere prefigurato
un giudice onorario; tanto più se
quella disposizione costituzionale
null’altro dice su chi sia questo
magistrato onorario. Ma quella
laconica previsione sembrò bastare
a quei canuti padri costituenti che,
forse nell’esuberanza del momento
postbellico, cercarono di sanare
quel che si poteva del vecchio ordinamento giudiziario. Esistevano già
allora il vicepretore e il giudice
conciliatore. Oggi il magistrato
onorario è stato caricato di competenze nuove: penso soprattutto al
giudice di pace che ha una propria
porzione esclusiva di contenzioso.
Gli amici giudici di pace spesso
e volentieri mi dicono: «Tu sei un
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giudice onorario di tribunale, quindi sei un giudice vicario perché non
sei titolare di una competenza
esclusiva; noi invece siamo giudici
ordinari perché siamo titolari di una
competenza esclusiva». E, in effetti, al di là dell’equivoco semantico,
premesso che tutti noi magistrati
onorari, di tribunale o dell’ufficio
del giudice di pace, non siamo
magistrati amministrativi e quindi,
avuto riguardo alla natura del contenzioso che amministriamo, siamo
tutti magistrati ordinari, devo convenire che, nel momento in cui si
assegna una porzione di giurisdizione al giudice di pace, quel giudice di pace deve essere considerato
al pari degli altri giudici ordinari in
servizio nella Repubblica, essendo
irrilevante la qualificazione giuridica del suo rapporto di servizio.
Più controversa, perché ibrida, è
la qualificazione del magistrato
onorario di tribunale; perché sulla
sua duplice natura, sulla conseguente incertezza relativa alla sua
corretta qualificazione e collocazione, si apre una serie di problemi,
anche lavoristici, che vanno ben
oltre l’aspetto formale dell’inquadramento dogmatico. Quale può
essere la soluzione ai problemi sollevati, finanche con piglio sindacale, dai magistrati onorari? Io non
credo possa essere quella di ancorarsi, come ad una specie di coperta di Linus, a quella temporaneità
che, in effetti, è l’unico elemento
distintivo di un magistrato che
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“ordinario” - dove per ordinario
stavolta intendo “di ruolo” - non è.
La temporaneità credo sia infatti la
negazione principale di quell’indipendenza ed autonomia che in più
occasioni, anche oggi, l’Associazione nazionale magistrati ha rivendicato, non solo per i magistrati
“togati”, ma anche per lo stesso
magistrato onorario: penso alle
nuove competenze in materia di
immigrazione. E bene fa la magistratura togata a porsi finalmente
questo problema, perché un magistrato non autonomo, non indipendente è un magistrato sottoposto
alle più varie intemperie e interferenze.
Sempre in tema di rapporti tra le
due categorie, proprio qui da Genova è giunta alcuni mesi fa una censura all’operato della Federmot;
l’ho apprezzata per la schiettezza,
in quanto formulata da colleghi
magistrati onorari di tribunale i
quali mi hanno scritto di non riconoscersi nella decisione della
Federmot di dissociarsi dallo sciopero indetto dall’Anm. Ebbene
anche quella presa di posizione
polemica, assunta dalla Federmot
non certo volentieri, è l’effetto di
una discontinuità tra le due categorie. Nessuno ci aveva chiesto di
partecipare all’agitazione dell’Anm; quindi a chi mi chiedeva
quale fosse la posizione del nostro
Consiglio direttivo ho dovuto dire
che la Federmot, non essendo stata
richiesta di aderirvi, non partecipa-
va all’astensione indetta dall’Anm.
Se ci fosse stato all’ordine del giorno una richiesta dell’Anm di partecipare alla propria astensione,
ovviamente, il discorso sarebbe
stato impostato in maniera diversa
e, forse, con esiti diversi. La separazione delle carriere non era una
questione che riguardava il nostro
status giuridico per il semplice
fatto che di status giuridico non ne
abbiamo alcuno. Evidentemente si
può poi strumentalizzare un’indicazione di non adesione alle iniziative
assunte da un’altra categoria, perché se un magistrato è temporaneo,
e quindi soggetto alle più variegate
condizioni climatiche e politiche
del momento, si potrà sempre dubitare che abbia avuto la tentazione di
non essere corretto, sia come singolo, sia tramite gli organismi di categoria che lo rappresentano, assumendo posizioni di comodo. Ma io
non credo che sia stato questo il
caso dell’episodio ora evocato. Dissociandoci dallo sciopero dell’Anm
volevamo piuttosto creare il problema, dimostrare cioè la necessità di
aprire a priori un dialogo. Invece
abbiamo dovuto cercare la via della
provocazione, provocazione che è
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stata realizzata con la deliberata
previsione di quale poteva essere
l’effetto. E l’effetto è stato positivo,
perché ne stiamo parlando, perché
io ho potuto ottenere quell’attenzione dal presidente Bruti Liberati
che non ho avuto per due anni;
attenzione di cui mi onoro, perché
sono certo che vi sia nella magistratura togata italiana di oggi l’intelligenza, la lungimiranza, la professionalità necessarie per comprendere che il problema di cui
stiamo parlando è un problema
soprattutto della magistratura togata, non della magistratura onoraria.
Noi magistrati onorari veniamo
dalla società civile e forse alla
società civile torneremo, per naturale decorso dei termini legali che
scandiscono i nostri mandati temporanei. Ma il problema è cercare
di capire a chi saranno assegnate le
nostre cause. Il problema non si
pone a Milano, perché abbiamo
sentito che c’è una produttività del
4,5%. Signor presidente Tarantola,
rinunci a quei magistrati onorari,
perché creano confusione nel cittadino. Farete il 4,5% di sentenze in
meno? Che sarà mai nel marasma
generale dell’arretrato che affligge
i nostri tribunali... Certo se invece
mi si dicesse che quei magistrati, ad
esempio, redigono sentenze che poi
vengono firmate da altri magistrati,
allora suggerirei di tenerli; perché
può essere utile che una velina di
una sentenza, seppure emendata dal
togato, venga predisposta da un
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magistrato onorario. Non dico che
sia il caso di Milano; ma è il caso di
altri uffici.
A Sassari, come ci diceva il
magistrato che ha parlato poco fa,
dopo sei mesi di formazione preliminare (seppure somministrata, ci
si è fatto capire garbatamente tra le
righe, a massicce dosi) si mette in
piedi una sezione di esecuzioni
mobiliari che funziona e funziona
per tutti, per il cittadino ma anche
per il magistrato togato che può
dedicarsi a un contenzioso più delicato, dove vengono in rilievo quei
diritti della persona che giustamente richiedono una particolare attenzione. Certo, quando poi sento
affermare con entusiasmo che in
materia di libertà personale è finalmente venuta meno la presenza del
got, rimango perplesso, perché di
fatto i collegi penali continuano a
costituirsi - anche per reati puniti
con 24 anni di reclusione - anche
con la presenza dei got. Per non
parlare di Perugia, dove, fino a
pochissimi mesi fa, il tribunale
della libertà era composto da got
parimenti che da magistrati ordinari, prassi sradicata grazie alle provvidenziali circolari del Consiglio
superiore, prassi che però ha consentito di rispondere tempestivamente a una domanda di un soggetto particolare che non è più il
comune cittadino, ma il cittadino
detenuto che avanzava una pretesa
di senso contrario al provvedimento restrittivo della propria libertà
personale. Chi avrebbe dovuto evadere quella domanda di giustizia?
Comunque quel got ha consentito
di dare una risposta, forse perfettibile, forse inadeguata, ma, io oso
confidare, oculatamente orientata
dall’esperienza e dalla professionalità del magistrato presidente di
quel tribunale della libertà che era
un magistrato togato. Comunque
quel got perugino ha risolto un problema di giustizia indifferibile,
operando in tempi ragionevoli.
Ovviamente in materia di libertà
personale, specie quando parliamo
di provvedimenti restrittivi della
libertà personale in via cautelare, è
scontato che il tempo sia importante; ma io sono certo, sono convinto
- non solo come avvocato, ma come
cittadino - che il tempo sia importante anche nel processo comune,
anche nella causa tra confinanti,
anche nella causa civile scaturita
per il fatto che, in piena Caserta,
all’improvviso, un signore mi edifica un muro davanti alle finestre di
casa. È importante anche in quel
caso che il processo sia rapido; e,
pur condividendo l’affermazione
che è stata formulata anche nell’ambito dell’Anm che il giudice di
primo grado deve essere un giudice
esperto, spesso anziano, professionale, perché è in primo grado che
viene resa la prima sentenza, condivido altresì il ragionamento secondo il quale la prima sentenza debba
arrivare celermente e che debba
esservi la possibilità di rivalutarla
in sede di appello in tempi parimenti ragionevoli. Oggi siamo lontanissimi da tutto questo: abbiamo
sentenze lunghe in primo e in
secondo grado e il cittadino, spesso, attende anni per avere la sentenza di primo grado di un got e poi
attende anni per avere una sentenza
di appello.
Allora dobbiamo ripensare al
meccanismo complessivo perché,
tornando all’esempio sopra citato, a
me cittadino non interessa che un
muro eretto di fronte alle finestre
della mia abitazione in violazione
del piano regolatore venga abbattuto dopo vent’anni; anche perché vi
saranno stati tre condoni, quindi
non sarà abbattuto, forse sarò risarcito o forse sarà morta la controparte e gli eredi tenuti a risarcirmi
saranno dispersi, o, come in un
caso di cui mi sono occupato,
saranno falliti.
Parlo di cose quindi che toccano
chiunque, ciascuno di noi; e io non
auguro a nessuno di noi di capitare
nelle mani di un magistrato onorario, non perché operi la presunzione che non sia qualificato - perché
conosco magistrati onorari bravissimi, portati in palmo di mano dai
loro presidenti di sezione, ai quali
questi ultimi si rivolgono per chiedere delucidazioni - ma perché è
pur sempre un magistrato onorario
e, pertanto, prima di sottopormi al
suo giudizio, io lo devo conoscere
per nome e per cognome, devo
conoscere la sua storia personale, il
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suo curriculum, quanto vengono
appellate le sue sentenze, devo
sapere se è Enrico Dal Fiume, giudice delle sezioni civili del Tribunale di Roma che ha emanato 350
sentenze nel 2002 di cui 2 appellate e una pendente in Cassazione, o
se stiamo parlando di uno di quei
colleghi che hanno, come a Milano,
in una squadra così numerosa di 45
persone, prodotto il 4,5% delle sentenze, secondo i dati forniti dal presidente Tarantola. Evidentemente
c’è qualche cosa che non va e che
va rivisto. Ma l’anello debole della
catena non è la magistratura onoraria: è la magistratura togata. Magistratura togata che oggi rivendica
attraverso le proprie componenti
associative, l’Anm (l’unica vera
associazione di categoria, anche se
noi ogni tanto cerchiamo di fare un
po’ di controcanto, cerchiamo di
farci notare...), l’immediata istituzione di concorsi rapidi e l’immissione in ruolo di nuovi magistrati.
Però si deve chiarire ufficialmente,
presidente Bruti Liberati, quanti
nuovi magistrati volete; se pensiamo di arrivare a un organico togato
complessivo di appena 10.000 unità
per risolvere il problema dell’arretrato, siamo lontani dalla soluzione
dei problemi, tanto più se contestualmente pensiamo di eliminare il
giudice di pace piuttosto che il giudice ordinario di tribunale. Certamente, da un certo punto di vista,
dovendo sacrificare una delle due
figura onorarie, sarebbe meglio eli54
minare prima di tutto il giudice
onorario di tribunale e il viceprocuratore onorario, perché mi creano
più ansia, perché decidono sulla
libertà personale. Ma non è neppure corretto affermare che il giudice
di pace non decida anch’egli in
materia di libertà personale. Ci si è
scandalizzati dell’assegnazione al
giudice di pace del contenzioso sull’immigrazione, materia che peraltro nei tribunali veniva regolarmente affidata ai got. Ebbene, il giudice
di pace nel momento in cui restringe una persona alla permanenza
domiciliare nel fine settimana,
infligge una pena di cui qualcuno
suole sorridere con sufficienza, ma
che è invece una pena detentiva a
tutti gli effetti. Neghiamo a un cittadino, in forza di un provvedimento emesso dal giudice di pace e non
soggetto a sospensione condizionale, la libertà personale per 48 maledetti week-end. È libertà personale
o no costringere una persona a stare
con i propri coniugi, affini e parenti piuttosto che uscire di casa e circolare liberamente?
Cerchiamo di ragionare sulla
riforma della magistratura togata! E
noi magistrati onorari, a quel punto,
saremo con voi e per voi in quella
funzione strumentale alla vostra
che sempre abbiamo assolto e che
vogliamo continuare ad assolvere.
Certo questa legge sul ruolo di
complemento, di cui sono il materiale autore, sarà una legge per
molti versi penosa. Ma è stata fir-
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mata da sette capigruppo in Commissione giustizia perché evidentemente è stata l’unica proposta avanzata negli ultimi anni. È una risposta del tutto inadeguata, che non
piace neppure me, ma che almeno
opera una prima bonifica di questa
palude viscida e sconosciuta che è
la magistratura onoraria.
Solo realizzando prima un serio
inquadramento giuridico della
magistratura onoraria possiamo
affrontare con successo le altre problematiche, prima fra tutte quella
della formazione, con riferimento
alla quale ho già lodato la rinnovata attenzione rivolta alla magistratura onoraria.
Formiamo dei magistrati e
potremo discutere del loro status
giuridico ed economico, ma con
una precisazione finale: che se la
loro autonomia ed indipendenza è
affidata a un trattamento economico occasionale che non tutela
maternità, previdenza ed altri diritti
costituzionali, se quel magistrato
dopo sei anni deve trovare un altro
lavoro, allora quello non è un magistrato indipendente o autonomo.
Presidente Bruti Liberati, lei deve
scegliere: o l’indipendenza o la
temporaneità.
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