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Clinica & Ricerca
Anno IV n. 4 - Novembre 2010
Italian Edition
Envelope technique nel trattamento
delle recessioni gengivali
Anna Simonelli, Roberto Farina, Leonardo Trombelli
Centro di Ricerca e Servizi per lo Studio delle Malattie Parodontali e Peri-Implantari, Università di Ferrara
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Risultati: I casi clinici illustrati mostrano come la ET sia una
valida opzione per il trattamento
di recessioni gengivali di classe I
e II di Miller, grazie all’ottimizzazione del risultato estetico e a
un limitato disagio post-operatorio per il paziente. I dati derivanti dalla letteratura attualmente
disponibile, inoltre, indicano che
la ET è caratterizzata da una predicibilità di risultato clinico, in
termini di copertura radicolare,
simile a quella di altre tecniche
Clinica Odontoiatrica
IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi
Dipartimento di Tecnologie per la Salute
Università degli Studi di Milano
Centro di Ricerca per la Salute Orale
Direttore: Prof. Roberto L. Weinstein
Ricerca Traslazionale e Pratica Clinica
Dal laboratorio alla clinica:
quali biotecnologie l’odontoiatra può realmente utilizzare nella pratica quotidiana?
Relatori: Elena Cattaneo, Juan Carlos Izpisua, Eduardo Anitua, Marc L. Nevins,
Francesco Carinci, Hendrik Terheyden, Enrico Gherlone, Raffaele Vinci
Total Face Approach (T.F.A.).
Un moderno approccio diagnostico/terapeutico in implantologia ed ortognatodonzia
Relatori: Giulio Preti, Roberto Brusati, Tiziano Testori, Aldo Bruno Giannì, Giovanna Perrotti,
Mirko Raffaini, Renato Cocconi, Gaetano Calesini
Presidente del Congresso: Prof. Roberto L. Weinstein
Coordinatori Scientifici: Dott. Tiziano Testori - Prof. Massimo Del Fabbro
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Integrazione fra anatomia clinica e diagnostica per immagini
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bilaminari convenzionali.
Conclusioni: Quando vi sono
le indicazioni all’utilizzo di una
tecnica bilaminare per il trattamento di recessioni singole o
multiple di classe I e II di Miller,
la ET dovrebbe essere considerata come la opzione chirurgica di
prima scelta, provvisto che siano
verificate le condizioni locali per
la sua applicazione.
Introduzione
Con il termine “recessione
gengivale” si identifica la dislocazione del margine gengivale
apicalmente alla giunzione amelo-cementizia (CEJ)(1). La presenza di recessioni gengivali si
associa a una ridotta efficacia del
controllo di placca domiciliare(2),
un aumento della suscettibilità
alla carie radicolare(3), un’aumentata sensibilità dentinale(4) e
una insoddisfazione estetica del
paziente(5). Inoltre, una ridotta
dimensione apico-coronale del
tessuto cheratinizzato, spesso
associata alla recessione gengivale, influenza negativamente
la prognosi dell’elemento dentario(6). La copertura della quota di
radice esposta e il ripristino di
una adeguata quantità di tessuto cheratinizzato sono, pertanto,
gli obiettivi primari delle diverse
tecniche di chirurgia mucogengivale utilizzate nel trattamento
delle recessioni gengivali(7-10). Tra
gli approcci terapeutici ad oggi
disponibili, la tecnica bilaminare descritta da Langer & Langer
prevede il posizionamento di un
innesto connettivale libero tra
un lembo peduncolato avanzato
coronalmente e un letto ricevente costituito dal periostio(11).
La lamina propria, compresa
nell’innesto, è in grado di indurre la cheratinizzazione del lembo peduncolato sovrastante(12,13).
Diversi studi clinici hanno
riportato dati relativi all’efficacia della tecnica bilaminare. In
particolare, un incremento della
quantità di tessuto cheratinizzato variabile da 0.6 mm a 3.6 mm
è stato riportato da Jahnke et al.
a distanza di 6 mesi dalla chirurgia(14), mentre un incremento da
2.1 mm a 3.2 mm è stato riportato da Müller et al.(15) a 12 mesi
dalla chirurgia; un aumento della copertura radicolare variabile
tra 2 mm e 6 mm è stato, infine,
registrato a un follow-up di 4
anni da Langer & Langer(11).
La percentuale di copertura
radicolare riportata in letteratura per la tecnica bilaminare
presenta un range variabile tra il
52% e il 97,4%(4,11,16-18). Tali risultati sono sovrapponibili o superiori a quelli riportati per altre
tecniche chirurgiche, inclusi
l’innesto gengivale libero, il lembo avanzato coronalmente e la
Rigenerazione Guidata dei Tessuti (GTR)(19). Inoltre, rispetto al
convenzionale innesto gengivale libero, la tecnica bilaminare
è caratterizzata da una minore
invasività del prelievo, che consente di limitare il disagio postoperatorio per il paziente(4,20), e
da una migliore integrazione
dell’innesto con i tessuti del sito
ricevente, che riduce l’incidenza
di inestetismi dovuti a differenze di colorazione e spessore con i
tessuti circostanti(20-25). Alle luce
di queste considerazioni, la tecnica bilaminare rappresenta ad
oggi uno degli approcci più efficaci e versatili della chirurgia
plastica ricostruttiva.
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Negli ultimi anni sono state proposte numerose varianti
della tecnica bilaminare originalmente descritta da Langer &
Langer(11), differenti per disegno
di lembo e modalità di prelievo
connettivale(26). Alcune varianti che caratterizzano ciascuna
procedura chirurgica, tuttavia,
possono influenzare in modo
determinante il risultato dell’intervento.
L’estensione
mesio-distale
dell’incisione può causare una
perdita di attacco clinico nelle
aree adiacenti a quella di interesse. Le incisioni di rilascio,
quando utilizzate, possono guarire con cheloidi o antiestetiche
cicatrici di colore bianco(22).
La dissezione a spessore parziale del lembo peduncolato,
eseguita per consentirne la mobilizzazione, provoca la temporanea
interruzione della vascolarizzazione sopraperiostale, interferendo con la rivascolarizzazione
dell’innesto e influenzando negativamente l’entità della copertura radicolare ottenuta(8,27).
Nell’esecuzione di una tecnica
bilaminare, pertanto, l’utilizzo di
lembi peduncolati di dimensioni
mesio-distali ridotte, la minimizzazione della dissezione a
spessore parziale del lembo ed il
ridotto utilizzo di incisioni verticali di rilascio appaiono elementi
determinanti per ottimizzare
il risultato finale dell’intervento(4,28,29).
Il lembo a busta associato a
innesto sovra periostale (o “envelope technique”, ET) rivede i
passaggi operativi della tecnica
bilaminare alla luce dei moderni
principi della chirurgia minimamente invasiva, essendo caratterizzato dall’assenza di incisioni
di rilascio e da una ridotta estensione del lembo peduncolato
sia in senso mesio-distale che
apico-coronale. La tecnica è stata descritta da Raetzke(4) per il
trattamento di recessioni singole e successivamente rivisitata
da Allen per il trattamento di
recessioni multiple(20). Il presente
lavoro si propone di descriverne
in dettaglio le indicazioni e i passaggi operativi con il supporto di
due casi clinici paradigmatici.
Materiali e Metodi
Definizione
La ET prevede l’esecuzione
di un lembo a busta a spessore parziale privo di incisioni di
rilascio verticali. L’innesto di
tessuto connettivo, generalmente ottenuto dallo spessore della
fibromucosa palatina, viene posizionato tra un sottostante letto
periostale e il sovrastante lembo a busta e immobilizzato con
un numero limitato di suture.
Indicazioni e controindicazioni
La ET è indicata per il trattamento di recessioni singole o
multiple adiacenti di classe I o II
di Miller(30), in particolare localizzate in aree completamente
prive di gengiva cheratinizzata e
ad elevata valenza estetica.
Le controindicazioni sistemiche all’utilizzo della ET sono
condivise con quelle della chirurgia parodontale genericamente intesa. A livello locale,
l’ET è controindicato nel trattamento di recessioni di III o IV
classe di Miller(30), nelle aree che
presentano tasche parodontali,
o nei casi in cui il sito donatore
non garantisca altezza e/o spes-
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sore adeguato di tessuto connettivo. La presenza di un frenulo
aberrante con inserzione coronale in gengiva cheratinizzata,
inoltre, richiede una correzione
chirurgica che deve essere eseguita almeno 4-6 settimane prima dell’intervento di chirurgia
plastica ricostruttiva(28). Infine,
laddove vi siano le condizioni
cliniche che consentano di non
ricorrere all’utilizzo aggiuntivo
di un innesto (ad esempio in aree
che dispongono, in corrispondenza della recessione o dei siti
adiacenti, di un quantitativo di
gengiva cheratinizzata sufficien-
te al ricoprimento della recessione)(31-34), il solo lembo peduncolato
deve rappresentare il trattamento di elezione. Rispetto alla ET,
infatti, esso associa una minore
morbidità post-operatoria (grazie
all’ utilizzo di un solo sito chirurgico) a risultati clinici sovrapponibili in termini di copertura
radicolare(22).
Tecnica chirurgica
Si riportano di seguito le fasi
operative per l’ esecuzione della
ET.
Indagini pre-operatorie
Al fine di verificare le con-
dizioni anatomiche locali che
consentono l’ applicazione della
ET, devono essere effettuate le
seguenti indagini pre-operatorie:
- rilevazione dei parametri
biometrici parodontali (profondità di sondaggio, livello
di attacco clinico, profondità
e ampiezza delle recessioni
gengivali, quantità di tessuto cheratinizzato, presenza di
lesioni interradicolari, mobilità ecc.) al fine di valutare la
condizione parodontale del
paziente, in genere, e degli
elementi dentari inclusi nel
lembo e di quelli adiacenti al
sito donatore, nello specifico;
- valutazione delle caratteristiche anatomiche del sito
donatore, al fine di stabilire
l’altezza e la larghezza di tessuto connettivo prelevabile.
Inoltre è consigliabile effettuare, previa somministrazione di anestetico locale,
il bone sounding (sondaggio trans-gengivale) del
sito donatore con una sonda
parodontale per determinare lo spessore di tessuto connettivo prelevabile.
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Procedure pre-operatorie
Per ottimizzare l’esito della
chirurgia attraverso la preparazione iniziale, (i) il paziente
deve essere motivato al fine di
raggiungere un livello di controllo di placca domiciliare elevato, che deve essere mantenuto
durante tutta la fase di maturazione del tessuto successiva
alla rimozione delle suture; (ii)
la fase chirurgica deve essere
subordinata al raggiungimento mediante strumentazione
non-chirurgica di un eccellente
tono del tessuto e una minima
infiammazione dei tessuti molli.
Idealmente dovrebbero trascorrere almeno 3-4 settimane dalla
strumentazione non-chirurgica
prima di intervenire chirurgicamente.
Procedure intra-operatorie
L’esecuzione
dell’anestesia deve essere minimamente
traumatica e rispettosa dei tessuti molli dell’area interessata
dalla/e recessione/i: è opportuno pertanto evitare l’anestesia
transpapillare con infiltrazione
locale di anestetico per prevenire il trauma fisico (penetrazione
dell’ago) e/o chimico (vasocostrizione locale prolungata) a
livello dei tessuti gengivali.
L’esecuzione dell’ET prevede
un campo operativo di dimensioni ridotte e con visibilità
limitata. È opportuno, quindi,
l’utilizzo di una strumentazione adeguata che garantisca un
rendimento ottimale in tali
condizioni di lavoro. Si consiglia
pertanto:
- esecuzione della tecnica
chirurgica sotto il controllo
di un sistema di ingrandimento (loop ingranditori o
microscopio chirurgico);
- utilizzo di strumenti (lame,
scollaperiostio, suture) di
dimensione adeguate al sito
chirurgico.
In corrispondenza del sito
ricevente viene eseguita un’incisione intrasulculare che include, nella sua estensione, tutte
le recessioni per le quali è stato programmato un innesto di
tessuto connettivo. I primi 2-3
mm di gengiva aderente in area
vestibolare vengono elevati con
uno scollaperiostio, lasciando
intatte le papille interprossimali. Mantenendo gentilmente
il tessuto gengivale in trazione,
viene eseguita una dissezione
a spessore parziale del lembo,
estendendosi per almeno 6-8
mm lateralmente e apicalmente
il margine gengivale e sottominando le papille interprossimali.
L’area sovraperiostale delimitata da tale dissezione a spessore
parziale accoglierà l’innesto e,
pertanto, deve corrispondere
alle dimensioni dell’innesto che
verrà prelevato.
Una garza imbibita di soluzione fisiologica viene, infine,
utilizzata per esercitare compressione sul lembo al fine di
ottenere una adeguata emostasi
durante il prelievo e il posizionamento dell’ innesto.
Il prelievo di tessuto connettivo viene generalmente
effettuato nello spessore della
mucosa masticatoria palatina.
L’incisione viene eseguita nella
regione compresa tra il versante
distale del canino e il versante
mesiale del primo molare, circa
4 mm apicalmente al margine
gengivale (se le profondità di
Fig. 1a - Recessioni gengivali di classe I di Miller
a carico del primo (#4.4) e del secondo premolare
mandibolare di destra (#4.5). La profondità della
recessione e la quantità di tessuto cheratinizzato
residuo sono 4 mm e 1 mm, rispettivamente,
in corrispondenza di #4.4, e 3 mm e 2 mm,
rispettivamente, in corrispondenza di #4.5.
Fig. 1b - Utilizzo di un bisturi oftalmico angolato
per l’esecuzione dell’incisione intrasulculare dalla
superficie mesio-vestibolare di #4.4 alla superficie
disto-vestibolare di #4.5.
Fig. 1c - Prelievo di tessuto connettivale dalla
fibromucosa del palato di destra con tecnica delle
incisioni parallele.
Fig. 1d - Alloggiamento dell’innesto connettivale in
corrispondenza del sito ricevente.
Fig. 1e - Immobilizzazione dell’innesto mediante
suture (Vicryl 6/0; Johnson & Johnson, Neuchatel,
Switzerland) a bretella ancorate al periostio e
sospese ai premolari.
Fig. 1f - Controllo a distanza di due mesi dalla
chirurgia.
sondaggio dell’ area di interesse
sono uguali o inferiori a 3 mm);
il tessuto connettivale viene,
quindi, prelevato grazie ad un
approfondimento delle incisione
verso il rafe mediano del palato.
Le dimensioni in senso mesiodistale dell’innesto devono superare di 6 mm circa quelle della
recessione, misurata all’altezza
della CEJ(35). In letteratura sono
state descritte diverse tecniche
di prelievo palatino(4,11,16,18,36).
Il prelievo dovrebbe contenere
nei suoi 3-5 mm più coronali una densa lamina propria: a
tale scopo, il prelievo deve essere eseguito nell’intero spessore
della mucosa palatina e limitatamente ai suoi millimetri più
coronali, in cui tessuto adiposo
e ghiandolare sono scarsamente rappresentati. In alternativa,
il tessuto connettivo può essere
prelevato da altri siti donatori
come, ad esempio, le selle edentule(4).
Quando necessario, il tessuto
prelevato può essere manipolato con una lama da bisturi al
fine di ottenere caratteristiche, in termini di dimensioni
e spessore, omogenee e congrue
alle dimensioni del difetto da
trattare e al letto periostale
ricevente. L’epitelio cheratinizzato presente sul prelievo deve
essere rimosso con una lama da
bisturi o con una fresa a grana
fine montata su turbina in corrispondenza delle zone del prelievo che verranno sommerse
dal lembo peduncolato, mentre
può essere mantenuto nelle zone
che rimarranno esposte dopo
il posizionamento dell’ innesto(4,28). L’innesto viene, infine,
posizionato tra il letto periostale
e il lembo a busta, orientato in
modo da avere la lamina propria
a diretto contatto con il periostio e la porzione con lo spessore
di lamina propria più rappre-
sentato in direzione coronale.
La fase di sutura viene eseguita
al fine di fissare l’innesto connettivale al letto ricevente. La
tecnica descritta da Raetzke
non prevedeva, in realtà, questo passaggio: nella descrizione
della tecnica originale, infatti,
le dimensioni del lembo a busta,
perfettamente corrispondenti al
prelievo connettivale, e l’azione compressiva dell’impacco
chirurgico, venivano ritenute
sufficienti a garantire la stabilità dell’innesto durante la
fase di guarigione(4). Secondo
quanto descritto da Allen, invece, l’innesto connettivale deve
essere assicurato nella sua sede
definitiva mediante due punti
a materassaio interno: un primo posizionato a un’estremità
del sito ricevente, in grado di
consentire l’alloggiamento del
prelievo all’interno della busta
precedentemente creata e fissarlo al lembo primario; un
secondo, posizionato all’estremità opposta, in grado di stabilizzare ulteriormente l’innesto
all’interno del sito ricevente(20).
Se necessario, possono essere
eseguite delle suture a bretella
per stabilizzare ulteriormente
l’innesto. Al termine della fase
di sutura, il posizionamento di
un impacco chirurgico e una
leggera compressione del sito
ricevente possono contribuire
ad ottenere l’ emostasi locale e
favorire l’intimo contatto tra
l’innesto ed il sottostante sito
ricevente (4,28).
Il sito donatore viene infine
suturato con punti staccati ed
eventualmente protetto con un
impacco chirurgico(4,20).
Procedure post-operatorie
Al fine di ottimizzare la fase
di guarigione sono consigliate le
seguenti procedure:
- astensione dalle manovre di
igiene orale domiciliare: il
paziente deve essere invitato
ad astenersi dalle procedure
di igiene orale nell’area chirurgica per 4 settimane, per
evitare qualsiasi interferenza meccanica che possa
dislocare l’innesto durante
la sua fase di integrazione;
- controllo chimico di placca,
basato sull’ utilizzo domiciliare di un collutorio a base
di clorexidina 0,12 % (2 volte
al giorno per 4-6 settimane);
- controllo professionale di
placca: il paziente deve essere inserito in un programma di terapia parodontale di
supporto, basato su richiami
mensili di polishing sopragengivale fino a 6 mesi di
distanza dalla chirurgia.
Dopo 6 mesi, è consigliabile effettuare sedute di strumentazione professionale
sopra e sotto-gengivale con
frequenza personalizzata.
Caso clinico paradigmatico:
paziente 1.
Indagini pre-operatorie: G.M.,
paziente di sesso femminile, 35
anni, sistematicamente sana
si è presentata con recessioni
gengivali di classe I di Miller
a carico degli elementi 4.4 - 4.5
(Fig. 1a). All’esame obiettivo i
tessuti gengivali apparivano
rosei e tonici. Il rilevamento dei
parametri biometrici evidenziava recessioni di 4 mm e 3 mm
a carico di 4.4 e 4.5 rispettivamente, e l’assenza di profondità
di sondaggio uguali o superiori
a 5 mm nell’intera dentizione. Il
quantitativo di gengiva cheratinizzata ammontava ad 1 mm e
2 mm in corrispondenza di 4.4
e 4.5, rispettivamente. Un intervento di ET è stato programmato, pertanto, per incrementare
il tessuto cheratinizzato di 4.4 e
4.5 e ricoprire la quota di radice
esposta dalle due recessioni.
Procedure
intraoperatorie:
L’incisione intrasulculare è
stata estesa dal vestante mesiale di 4.4 al versante distale di
4.5 (Fig. 1b). La preparazione
di un letto ricevente, eseguita
con bisturi oftalmici angolati,
ha previsto la creazione di un
lembo a spessore parziale esteso fino a 5 mm mesialmente a
4.4 e distalmente a 4.5, e 10 mm
in direzione apicale al margine gengivale. In corrispondenza dell’area interprossimale la
papilla è stata lasciata intatta
e sottominata con la successiva
creazione di un tunnel. Il prelievo dell’innesto connettivale
è stato effettuato nello spessore
della mucosa palatina del primo
quadrante, utilizzando la tecnica delle incisioni parallele(18).
Una prima incisione, condotta
3 mm apicalmente al margine
gengivale è stata estesa dalla
superficie mesiale di 1.3 alla
superficie mesiale di 1.6 con un
orientamento perpendicolare al
tavolato osseo sottostante. Una
seconda incisione, parallela alla
prima, bisellata rispetto al tavolato osseo sottostante, è stata
eseguita a delimitare un quantitativo di tessuto sufficiente a
ricoprire il difetto (Fig. 1c).
Lo scollamento a spessore
totale del tessuto connettivo e
una terza incisione semilunare eseguita nella porzione più
mediana del sito donatore hanno consentito di isolare l’innesto. L’innesto, di dimensioni
pari a 15 mm in lunghezza e 7
mm in altezza, è stato posizionato a livello del sito ricevente
(Fig. 1d) e fissato con due suture
a bretella ancorate al periostio
e sospese, poi, ai due premolari (Fig. 1e). Punti staccati sono
stati utilizzati per garantire una
chiusura per prima intenzione
del sito donatore.
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Per la fase di sutura è stato
utilizzato un polifilamento riassorbibile di diametro 6/0 (Vicryl® 6/0, Johnson & Johnson,
Neuchatel, Switzerland.). Una
leggera compressione è stata, da
ultimo, effettuata per garantire
l’emostasi. Alla rimozione delle
suture la paziente ha riferito un
utilizzo limitato della terapia
analgesica prescritta (2 compresse di Synflex Forte 550mg
nelle prime quarantotto ore
post chirurgia) e nessun evento avverso. La paziente è stata,
poi, motivata all’utilizzo di adeguate metodiche di igiene orale
domiciliare (tecnica di spazzolamento a rullo) e arruolata
in un programma di richiami
mensili per il controllo di placca sopragengivale. La valutazione clinica eseguita a 6 mesi
dall’intervento ha evidenziato
una copertura radicolare completa di entrambe le recessioni
trattate, con una quantitativi di
gengiva cheratinizzata pari a 3
mm e 4 mm in corrispondenza di 4.4 e 4.5, rispettivamente
(Fig. 1f). Un ottimo blending
estetico dell’innesto con i tessuti circostanti è apparso, inoltre,
evidente.
Anno IV n. 4 - Novembre 2010
stata eseguita con l’utilizzo di un
filo riassorbibile di calibro 6/0
(Vicryl® 6/0, Johnson & Johnson,
Neuchatel, Switzerland).
La tecnica di prelievo utilizzata ha consentito di ottenere la
chiusura per prima intenzione
del sito donatore mediante suture interrotte. L’innesto connettivale è stato, infine, posizionato
sulla superficie radicolare e fissato tramite due suture a bretella verticali ancorate al lembo
peduncolato e sospese agli incisivi (Fig. 2e). Al termine dell’intervento è stata eseguita una leggera
compressione del sito ricevente
con una garza imbibita di soluzione fisiologica. Alla rimozione
dei punti di sutura a distanza di
15 giorni dalla chirurgia, nessuna complicanza post-operatoria è
stata riferita dalla paziente; una
copertura analgesica con Sinflex
Forte 550 mg limitata alle prime
quarantotto ore post operatorie è
risultata sufficiente al controllo
del dolore.
Sono stati eseguiti follow-up
mensili associati a un controllo
di placca sopragengivale professionale e, a distanza di 6 mesi
dall’intervento, è stato possibile
osservare la ricopertura com-
pleta della superficie radicolare precedentemente esposta in
corrispondenza di 3.1 e 4.1. Un
incremento di 4 mm circa di
gengiva cheratinizzata è stato,
inoltre, riscontrato in corrispondenza di 3.1 (Fig. 2f). Al controllo
a 6 mesi, tuttavia, la maturazione dei tessuti è sembrata ancora
incompleta a causa del suo aspetto in parte cheloideo e in parte
ancora granuleggiante.
Discussione
Il presente lavoro illustra il
razionale biologico e clinico,
nonché la sequenza operativa
per l’esecuzione della ET nel
trattamento di recessioni gengivali singole o multiple.
La tecnica chirurgica, indicata per il trattamento di recessioni di classe I e II di Miller,
prevede la preparazione di un
sito ricevente mediante l’esecuzione di un lembo peduncolato
a busta di dimensioni mesiodistali e apico-coronali limitate
e il posizionamento di un innesto di tessuto connettivale nello
spazio delimitato dal lembo e il
sottostante periostio.
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Caso clinico paradigmatico:
paziente 2.
Indagini pre-operatorie: M.S.,
paziente di sesso femminile, 16 anni, si è presentata con
recessioni gengivali di classe
II e I di Miller a carico di 3.1
e 4.1, rispettivamente (Fig. 2a).
Le recessioni erano già state
trattate precedentemente dall’
Odontoiatra curante mediante
il posizionamento di un innesto gengivale libero. Alla prima visita, la profondità della
recessione ammontava a 5 mm
in corrispondenza di 3.1 e 2 mm
in corrispondenza di 4.1. Il tessuto gengivale circostante il
primo elemento si presentava
infiammato e caratterizzato da
uno scarso quantitativo di gengiva cheratinizzata (1 mm circa). Nessuna controindicazione
sistemica o locale al trattamento
chirurgico delle recessioni gengivali è stata rilevata durante la
raccolta dell’anamnesi e l’esame
obiettivo. Al fine di ricoprire
la quota di radice esposta dalle
recessioni e incrementare, consensualmente, il quantitativo di
gengiva cheratinizzata, è stato
programmato un intervento di
ET nell’area 3.1 - 4.1.
Procedure intraoperatorie: La
fase chirurgica è stata preceduta
dalla detersione del difetto effettuata unicamente con l’utilizzo
di strumenti meccanici (Fig.
2b). Un’incisione intrasulculare è stata eseguita estendendosi
dalla superficie distale di 3.1 alla
superficie distale di 4.1 (Fig. 2c).
La dissezione a spessore parziale del lembo, eseguita con un
bisturi oftalmico, è stata estesa
di circa 7-8 mm in senso apicale
e di 6 mm in senso mesio-distale
avendo cura, in sede interprossimale, di creare un tunnel al di
sotto della papilla (Fig. 2d). Il
letto ricevente è stato ricoperto
con una garza imbibita di soluzione fisiologica per il tempo
necessario al prelievo dell’innesto. Mediante l’applicazione della
tecnica a incisioni parallele(18), è
stato prelevato dal versante palatino sinistro un innesto connettivale di 15 mm di lunghezza e 6
mm di altezza circa. La sutura è
Dental Implant Specialty Company
Via Mazzini, 43/b - 22030 Pusiano CO - Tel 031 2281057
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I casi clinici paradigmatici descritti nel presente lavoro
illustrano l’applicazione della
tecnica chirurgica per l’ottenimento di un aumento di tessuto
cheratinizzato e della copertura
radicolare in due casi di recessioni multiple adiacenti.
Differenti studi condotti
hanno valutato il processo di
guarigione, in generale, e la
rivascolarizzazione, in particolare, di un innesto connettivale posizionato a copertura di
una o più superfici radicolari
esposte(37-39). Durante le prime
giornate post-chirurgia non
risultano evidenti anastomosi
vascolari all’interno dell’innesto
che è, pertanto, isolato all’interno dell’essudato postoperatorio(37). Nuove strutture vascolari
provenienti dal legamento parodontale, dal periostio e dalla
superficie interna del lembo
peduncolato si possono osservare a distanza di circa quattro giorni dalla chirurgia per
diventare, poi, estremamente
più dense alla fine della prima
settimana(37). Al completamento della seconda settimana, il
plesso vascolare che alimenta
l’innesto subisce un decremento, assumendo così una conformazione caratterizzata da un
plesso vascolare sottoepiteliale
con numerose digitazioni rivolte a papille connettivali e creste
epiteliali. Oltre tale periodo,
il network vascolare subisce
variazioni morfologiche piuttosto limitate(37).
Diversi aspetti tecnici della ET sono determinanti nel
favorire un’ottimale processo
di rivascolarizzazione dell’innesto connettivale. Generalmente, un intervento di chirurgia
mucogengivale effettuato con
un approccio microchirurgico
consente di eseguire una manipolazione “gentile” dei tessuti,
rispettando le strutture vascolari implicate nella rivascolarizzazione dell’innesto e garantendo
così un riscontro positivo in
termini di risultati clinici. Studi recenti hanno dimostrato
chiaramente come un approccio
microchirurgico, confrontato
con un approccio convenzionale,
sia in grado di migliorare la percentuale di copertura radicolare
ottenibile dall’utilizzo di procedure bilaminari(40). Nella ET la
minimizzazione delle dimensioni del letto ricevente e l’azione compressiva garantita dalle
suture consentono di ottenere,
già dall’immediato post-operatorio, un intimo adattamento
dell’innesto ai tessuti del sito
ricevente. La ridotta dimensione delle interfacce lembo-innesto e innesto-letto periostale e
la conseguente duplice fonte di
apporto ematico, sono i responsabili dell’ottima guarigione
dell’innesto e dell’elevata predicibilità di risultato anche in
difetti con elevata profondità
di recessione(4,11,16). L’assenza di
incisioni di rilascio verticali,
infine, consente di preservare
l’apporto ematico proveniente
dalle papille e dai tessuti limitrofi e quindi di garantire, con
maggiori probabilità, la sopravvivenza dell’innesto stesso(20,27).
La semplificazione dei passaggi
operativi rispetto alle tecniche
bilaminari tradizionali, inoltre,
consente di ridurre il tempo di
esecuzione, che è strettamente correlato all’ incidenza e
Fig. 2a - Aspetto pre-operatorio delle recessioni gengivali a carico dell’incisivo
centrale mandibolare di sinistra (#3.1) e di destra (#4.1). #3.1 presenta una
recessione di classe II di Miller caratterizzata da una profondità di 5 mm e 1
mm di tessuto cheratinizzato residuo, mentre #4.1 presenta una recessione di
classe I di Miller caratterizzata da una profondità di 2 mm e 3 mm di tessuto
cheratinizzato residuo.
Fig. 2b - Debridement sopra-gengivale pre-operatorio eseguito con strumenti
meccanici.
Fig. 2c - Incisione intrasulculare estesa dalla superficie disto-vestibolare di #3.1
alla superficie disto-vestibolare di #4.1.
Fig. 2d - Dissezione a spessore parziale del lembo, mantenendo l’integrità della
papilla interprossimale # 3.1- 4.1. Tale tipo di preparazione del sito ricevente
consente di creare un tunnel attraverso il quale verrà fatto scivolare l’innesto
durante il suo posizionamento, contribuendo alla sua immobilizzazione
durante e dopo la fase di sutura.
Fig. 2e - Immobilizzazione dell’innesto con suture a bretella eseguite con
polifilamento sintetico riassorbibile (Vicryl 6/0; Johnson & Johnson, Neuchatel,
Switzerland).
Fig. 2f - Valutazione a distanza di sei mesi dalla chirurgia.
alla severità delle complicanze
post-operatorie(41). Al vantaggio
sopra menzionato va aggiunta
la ridotta invasività chirurgica
in corrispondenza del sito ricevente, tale da non necessitare,
a volte, alcuna forma di sutura,
nonché un buon blending estetico dell’innesto con i tessuti circostanti.
Alla luce dei dati riportati in
letteratura, l’ET risulta essere
una delle procedure maggiormente predicibili in termini di
copertura radicolare. Una valutazione eseguita da Allen et
al. a un tempo di osservazione
compreso tra 6 mesi e 4 anni
post-chirurgia ha riportato una
copertura radicolare completa
nel 61% dei siti sottoposti a trattamento con ET per difetti di
recessione di classe I e II di Miller(30). I siti con copertura radicolare incompleta presentavano
una copertura variabile tra il
20% e il 75%, con una copertura
media finale di 84%(20,28). Altri
Autori(4,8,14,16,18,42) hanno riportato una percentuale di copertura
radicolare media variabile dal
42%(4) al 90%(8). Come sottoli-
neato da diversi Autori, inoltre,
l’ET consente di ottenere un
incremento del quantitativo di
tessuto cheratinizzato significativamente maggiore rispetto
alle altre procedure di chirurgia
muco gengivale(43-45) quali GTR
e lembi peduncolati.
Un importante incremento
dello spessore del tessuto gengivale dopo ET risulta essere,
altresì, apprezzabile: un maggiore spessore dei tessuti gengivali si traduce in una maggiore
resistenza a insulti meccanici e
quindi in una minore probabi-
lità di incorrere in recidive del
difetto(41,46).
In conclusione, qualora recessioni gengivali singole o multiple di Classe I e II di Miller in
aree con elevata valenza estetica presentino le indicazioni
al trattamento con una tecnica bilaminare, la ET dovrebbe
essere considerata la procedura
di prima scelta, provvisto che le
condizioni anatomiche locali ne
consentano l’applicazione.
La bibliografia è disponibile
presso l’Editore.
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Envelope technique nel trattamento delle recessioni gengivali