Lezione V: Monopolio e
Regolamentazione
• Ci sono tante “Forme di mercato”, dalla “concorrenza perfetta” al “monopolio puro”:
• Monopolio puro / Impresa dominante / Oligopolio
in senso stretto / Oligopolio in senso lato /Concorrenza monopolistica / Concorrenza perfetta.
• Monopolio: una sola impresa (ex: servizi di pubblica utilità).
• Impresa dominante: più del 50% del mercato e
nessun concorrente di dimensione paragonabile
(Gillette, Kodak, ENEL).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
1
Monopolio
• Su di un mercato “ben definito” opera una
sola impresa (il cosiddetto mercato rilevante
è a volte difficile da definire e oggetto di dispute legali).
• I cosiddetti “fondamentali” del mercato sono
rappresentati da una curva di domanda D(p)
(o P(q)) e da una funzione di costo C(q),
supposti noti all’impresa.
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2
La regola dell’elasticità.
Come sappiamo, i profitti del monopolista si possono scrivere come segue:
(q) = R(q) - C(q),
dove:
R(q) = P(q)q
è il ricavo totale.
Il ricavo marginale risulta invece dato da:
R’(q) = P’(q)q + P(q) = P(q)(1 – 1/(q)),
dove (q)) è l’elasticità della domanda.
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3
La condizione del primo ordine per la massimizzazione
dei profitti richiede che, per la quantità ottima per il
monopolista, qm, il ricavo marginale sia uguale al costo
marginale, C’(q). Ovvero:
• P(qm)(1 – 1/(qm)) = C’(qm),
cioè
Lm = (P(qm) - C’(qm))/P(qm) = 1/(qm),
dove L, cosiddetto “Indice di Lerner”, è una misura percentuale del potere di mercato esercitato
dal monopolista.
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La “regola” Lm = 1/m
mostra come l’esercizio del potere di mercato
dipenda dall’elasticità della domanda. Implica che:
•
•
pm = P(qm) > C’(qm),
m = (qm) > 1.
Si può scrivere anche:
pm = (1 + m) C’(qm),
dove
m = 1/(m - 1) > 0
è detto mark-up monopolistico.
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5
Ex: il caso lineare
• Supponiamo che sia la funzione di domanda che la
funzione di costo siano lineari (affini). Ovvero:
• P(q) = a – bq,
• C(q) = cq,
• con a, b, c > 0, e a = P(0) > c = C’(0) (altrimenti
nessuno scambio socialmente efficiente sarebbe
possibile).
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6
Il caso lineare: continuazione
• Ne segue che:
• R(q) = (a – bq)q,
• R’(q) = a – 2bq,
• C’ = c = CU.
• Ovvero, anche il ricavo marginale è lineare (con
coefficiente angolare doppio rispetto alla curva di
domanda) e ci sono rendimenti costanti di scala.
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7
Il caso lineare: continuazione
• Si ottiene facilmente che:
• qm = (a – c)/2b,
• pm = (a + c)/2,
• m = (a + c)/(a - c).
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Il caso lineare: continuazione
• La quantità efficiente (che eguaglia prezzo e
costo marginale), è pari a:
• qe = (a – c)/b = 2qm,
perciò il corrispondente (massimo) welfare
risulta:
• We = (a – c)2/2b.
• Si possono poi calcolare facilmente anche il
benessere collettivo e la perdita di efficienza dovuta al potere monopolistico.
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9
Graficamente:
p
CSm = qm(a – pm)/2 = (a - c)2/(8b)
PSm = qm(pm - c) = (a - c)2/(4b)
a
CSm
P(q)
pm
PSm
ELm
c
0
qm
Wm = CSm + PSm = qm[a - c +pm - c]/2
= 3(a - c)2/(8b)
ELm = (pm - c)(qe - qm)/2
= We – Wm = (a - c)2/(8b)
C’
qe
a/b
q
R’(q)
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Un’implicazione (discriminazione di prezzo del III
ordine): supponiamo che il medesimo prodotto sia
venduto su due mercati separati, 1 e 2:
p
p
p1 m
p2m
P1(q)
q1
q
m
R1’(q)
P2(q)
q2m
C’(q)
q
R2’(q)
2m > 1m <——> p2m < p1m
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I casi di monopolio sono rari (al di fuori dei
settori di pubblica utilità). Più comuni sono
quelli di impresa dominante (ID).
Ex1: 1960-1980: IBM (hardware)
Ex2: AT&T (chiamate di lunga distanza)
-1984: monopolio
1984-1996: impresa dominante
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In generale le ID hanno qualche vantaggio
competitivo: costi inferiori, migliore qualità,
reputazione, etc.
Ne segue che eserciteranno una leadership
nella fissazione dei prezzi.
Questo caso è nitidamente illustrato dai dati
(riportati in Tabella 5.1) sugli adeguamenti
tariffari nel periodo 1987-95 operati da
AT&T e dai suoi due concorrenti MCI e
Sprint.
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Tab. 5.1, p. 94 (MacAvoy, 1996)
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Il modello comportamentale è il seguente:
•
•
•
L’ID fissa il prezzo.
Le sue concorrenti fissano un prezzo marginalmente inferiore e vendono tutto quello che possono (data la loro limitata capacità produttiva) a
quel prezzo, che supponiamo per loro “profittevole” [in sostanza, si comportano come una
“frangia concorrenziale” che vende al prezzo
fissato dall’ID in modo tale che p = C’].
L’ID agisce di fatto come un monopolista sulla
sua curva di domanda residuale, ovvero quella
di mercato al netto dell’offerta proveniente dalle
altre imprese (che si assume nota all’ID).
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15
Domanda residuale: sia k l’ammontare della capacità
produttiva della “frangia competitiva”. P(q) = P(q + k)
è la domanda residuale dell’ID, dato k. Ex:
p
P(q) = a – bq, a = a – bk,
a
P(q) = a – b(q + k) = a – bq
a
P(q)
P(q)
k
0
k
a/b
a/b
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q
16
Com’è intuitivo, se k è piccolo il risultato è vicino
a (ma per i consumatori migliore di) quello del
monopolio (curve tratteggiate). Graficamente:
qd e pd indicano le scelte ottime
per l’impresa dominante, dato k.
p
a
a
R’(q) = a – 2bq, qt = qd + k
pm
pd
C’(q)
P(q)
0
qd qm
R’(q)
q
a/b
qt quantità complessiva
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Ex (lineare) : P(q) = a – bq, C(q) = cq,
• Sia k la capacità produttiva complessiva
delle imprese minori (followers), assunta
nota all’ID
• La funzione di profitto dell’ID risulta:
• (q) = P(q + k)q – cq
• = P(q )q – cq
• = R(q ) – cq
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Ex: continuazione. La condizione del
primo ordine ci dice che:
• ’(q) = P’(q )q + P(q ) – c
• = R’(q ) – c = a – 2bq – c = 0

• qd = (a – c)/2b = (a – bk – c)/2b < qm
• qt = k + qd = (a + bk – c)/2b > qm
• pd = P(qd ) = a – bqd = (a + c)/2
• = (a - bk + c)/2 = P(qt ) < pm
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Si notino i seguenti risultati di “statica
comparata”:
• dqd/dk, dpd/dk < 0, dqt/dk >0
• limk0 pd = pm, limk0 qd = qm = limk0 qt,
• Ovvero, tanto maggiore è k (= offerta della frangia
competitiva) tanto peggiore è il risultato per l’impresa dominante (e migliore per i consumatori).
L’equilibrio del mercato con impresa dominante
converge a quello di monopolio se la dimensione
della frangia competitiva si annulla.
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Il problema del “mercato rilevante”
• Esistono i monopoli?
• Per esempio, la Apple è ovviamente il monopolista nel “mercato dei computer MacIntosh”, ma
certamente non nel più generale “mercato dei
personal computer”.
• Analogamente, nel “mercato televisivo italiano”
Rai e Mediaset sono praticamente due duopolisti,
ma non sarebbe così se si considerasse il più vasto
“mercato integrato delle (tele)comunicazioni”
(come vorrebbe la legge cosiddetta “Gasparri”).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
21
Inoltre:
• È evidente che una cosa è la quota di mercato,
un’altra l’esercizio di potere di mercato: al limite,
un’impresa col 100% del mercato potrebbe non
avere alcun potere di influenzare i prezzi se la
domanda di mercato fosse perfettamente elastica.
• Ex: La Microsoft vendeva attorno all’80% dei
sistemi operativi, ma i suoi avvocati facevano
notare che essa competeva con diverse compagnie
rivali, con potenziali entranti, pirati informatici e
persino con le precedenti versioni dei suoi stessi
prodotti!
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22
Caso Microsoft - continuazione
• In effetti, sembra che non esercitasse un grande
potere di mercato (cioè che avesse un indice di
Lerner relativamente basso (R. Schmalensee)).
• Di fatto, le sue condanne derivano dal fatto che
sono stati provati suoi comportamenti anti-competitivi (bundling di Windows e Explorer; email di
minacce a clienti e fornitori se avessero installato
altri browser; diniego di rendere noti ad altri
produttori i codici che avrebbero permesso di
creare programmi compatibili col loro sistema
operativo).
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In effetti, molte legislazioni non condannano
la posizione dominante di per sé, ma il suo
abuso (cioè, forse, l’effettivo esercizio di
potere di mercato).
• E’ questo il caso, per esempio, della legislazione di tutela della competizione contenuta nel Trattato di Roma (e successive
modificazioni) istitutivo della Comunità
Europea (poi Unione) (art. 86).
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Le cause a tutela della concorrenza
Di fatto, molti casi antitrust nei tribunali, di
fronte alla Commissione Europea o la
Federal Trade Commission (FTC)
statunitense sono dibattuti con riferimento a
dati empirici (mercato rilevante, quote di
mercato, indice di Lerner), e persino alle
stime econometriche della sensibilità dei
prezzi.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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Per esempio:
Nel caso Staples (1996), la FTC ha bloccato una
proposta di fusione argomentando che il mercato
rilevante non era quello del materiale per ufficio,
ma quello dei superstore che vendevano anche
materiale per l’ufficio, e che la fusione avrebbe
eccessivamente aumentato i prezzi.
In una più recente causa in Belgio, riguardante il
settore della distribuzione, il mercato geograficamente rilevante di una catena è stato stabilito determinando la sensibilità della domanda nel supermercato A ai prezzi praticati nel supermercato B
(cosiddetta domanda incrociata).
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La Regolamentazione
•
•
•
La competizione tra imprese è un mezzo potenzialmente utile per migliorare l’efficienza di funzionamento di un mercato (misurata dal livello
del benessere collettivo).
Tuttavia questa può non poter funzionare se ci
sono Economie di scala: in particolare, questo
accade se il mercato è un monopolio naturale
(cioè se i costi industriali complessivi sono
minimizzati quando il produttore è unico).
In tal caso la diretta Regolamentazione del
mercato è un’opzione interessante.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
27
Ex: Regolamentazione del Monopolio
p
C(q) = F + cq, F, c > 0 (F = CF, c = C’)
vm = (pm - c)qm
P(q)
pm
vm
ELm
C’=CUV
pR = c
R’(q)
0
qm
qR
q
Il prezzo regolamentato ideale (di “first best”) è pR = c
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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Naturalmente, un problema sorge quando l’adozione di tale prezzo, come nel caso in esame,
implica un profitto negativo:
• R = (pR - c)qR – F = - F
(ciò si verifica sempre, in presenza di eco-nomie
di scala, se il prezzo viene posto uguale al C’,
poiché in tal caso CU > C’ = p).
Una possibile soluzione è naturalmente immaginare un sussidio pubblico per l’impresa pari a
F (stiamo assumendo che We > F, altrimenti la
produzione non sarebbe socialmente conveniente).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
29
Tuttavia, questa soluzione è problematica:
1) Come finanziare tale sussidio senza rischiare
che il relativo “costo della raccolta dei fondi pubblici” (F) sia superiore al guadagno di efficienza
(We – F): fiscalità generale?
2) Come impedire che l’impresa regolamentata
cerchi di corrompere il regolatore per farsi assegnare un sussidio più elevato di quanto necessario (regulatory capture)?
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
30
Si noti che, in generale:
a) Vi sarebbero “sprechi”
dal punto di vista collettivo (costi di influenza) anche se il regolatore non si facesse
corrompere (e infatti
spesso i regolatori
NON hanno il potere
di assegnare sussidi)
b) ottenere informazioni
affidabili sui costi dell’impresa regolamentata
è problematico per il
regolatore (asimmetrie
informative)
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
31
Un’alternativa regolamentativa è quella di adottare
un prezzo uguale al CU, pratica che non richiede
(almeno teoricamente) l’utilizzo di alcun sussidio:
p
P(q)
pm
pA
c
0
• Come si vede nel grafico, il prezzo pA (di
vA = (pA - c)qA = F
second best) assicura
una perdita di efficienza
molto contenuta rispetto
A
EL
al monopolio non regolamentato. Comunque, i
CU
C’
problemi informativi
permangono (occorrono
q
potenzialmente dati
qA
anche sulla domanda).
pA = CU(qA)
vA
qm
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
32
Nella pratica, le soluzioni regolamentative sono molteplici.
• Esse dipendono anche dal tipo di tariffe (eventualmente
“non lineari”) utilizzabili dall’impresa.
• Per esempio, se si utilizzaro “tariffe a due parti” i consumatori pagano la somma T(q) = A + pq per l’acquisto della
quantità q (ciò richiede che la rivendita del prodotto possa
essere impedita, visto gli sconti di quantità cui dà luogo se
A > 0).
• In tal caso la componente p può essere regolata al costo
marginale e la parte fissa A utilizzata per coprire i costi fissi, realizzando il first best. Per esempio, con n consumatori
identici (e nessun “effetto reddito”):
• T(q) = F/n + cq
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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Regolamentazione del tasso di rendimento
(del capitale)
• L’idea di fissare il prezzo sulla base dei
costi è il fondamento della cosiddetta “Regolamentazione del tasso di rendimento”
(Rate-of-Return Regulation, R-o-RR), spesso utilizzata in passato negli USA, che fissa
il prezzo ad intervalli regolari (detti
regulatory lags) in modo da coprire i costi
contabili e remunerare il capitale investito.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
34
La sua principale controindicazione è che non
incentiva la riduzione dei costi, e cioè non previene
l’insorgere di inefficienza produttiva (di tipo X).
Infatti, ad ogni scadenza regolamentativa, le
eventuali riduzioni di costo ottenute dall’impresa
sarebbero “espropriate” (sotto forma di riduzione del
prezzo) dal regolatore a favore dei consumatori.
Perciò l’incentivo a ridurre i costi (ed aumentare così
i profitti) è limitato alla durata del periodo regolamentativo: si parla di un “sistema a bassi incentivi”
(low-power incentive mechanism).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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Price-Cap Regulation
La R-o-RR si contrappone al caso della cosiddetta
“Price-Cap Regulation” (o “Regolamentazione dei
ricavi”, PC), nel quale il prezzo (massimo) è fissato (tendenzialmente per un lungo periodo) e non
dipende (ex post) dai costi: in tal caso gli incentivi
all’efficienza produttiva sono forti, perché l’impresa si appropria (sotto forma di profitti) di ogni
diminuzione dei costi che è capace di realizzare
(high-power incentive mechanism).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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Comunque, la regolamentazione al PC
richiede per funzionare che il regolatore
possa impegnarsi credibilmente a non
rivedere il prezzo sulla base dei risultati
ottenuti dall’impresa regolata, pena il
manifestarsi di effetti perversi (ratchet
effect).
Ed è molto dubbio che, nella pratica operativa, i regolatori dispongano della necessaria capacità d’impegno (ex: OFFER,
1995; liberalizzazione assicurazioni RC
auto in Italia, all’inizio degli anni duemila).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
37
Probabilmente, il metodo del PC finisce per
funzionare nella pratica come la R-o-RR con
un regulatory lag particolarmente lungo.
Due ulteriori problemi “informativi” con il PC:
1)
Come fissare in pratica il Cap (in teoria si dovrebbero
prevedere i vantaggi di efficienza produttiva realizzabili)? C’è un potenziale trade-off tra la penalizzazione
dell’impresa o la realizzazione di un’eccessiva inefficienza allocativa;
2)
Come garantire che la compressione dei profitti non si
scarichi (per risparmiare sui costi) sulla qualità del prodotto? Occorrerebbe regolare la qualità a parte (cosa che
in effetti talora accade).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
38
Le risorse essenziali e la regolamentazione dei prezzi di accesso
• Quando si è in presenza di un monopolio
naturale?
• La classificazione dei settori da questo
punto di vista dipende dalla tecnologia
disponibile (oltre che dalla teoria economica), ed è cambiata nel corso del tempo
(specie negli ultimi trent’anni).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
39
Monopolio naturale - continuazione
Esempi classici sono le reti di distribuzione
dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua,
le ferrovie e anche le reti locali di telefonia
fissa (il doppino telefonico).
L’idea è che duplicare tali reti sia troppo
costo (e non necessario) e che dunque ve ne
debba essere una sola versione.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
40
Si noti che gli altri comparti delle industrie citate (per
esempio la produzione di energia elettrica) potrebbero,
almeno in teoria, essere organizzati competitivamente.
Tuttavia, molto spesso tali comparti hanno
bisogno per funzionare dello stadio della filiera
produttiva che costituisce un monopolio naturale
(per esempio la rete di distribuzione).
Si dice che in questi casi che l’impresa attiva sul
mercato di monopolio naturale possiede una risorsa essenziale (essential facility) che fa da “collo di
bottiglia” per i comparti “competitivi”.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
41
I casi di “risorse essenziali” sono piuttosto
comuni (ai casi già citati si aggiungono, per
esempio, gli aereoporti).
Essi pongono tutti i problemi tipici dei mercati monopolistici, più quelli che sorgono se
il monopolista “a monte” opera anche “a valle” tra gli altri competitori (ex: la Telecom
Italia possiede la rete telefonica locale e compete nella fornitura di servizi telefonici con
Infostrada, Tele2, etc.).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
42
In effetti, è abbastanza naturale che l’impresa monopolista a monte cerchi di estendere il suo potere di
mercato a valle attraverso la creazione di un’impresa
downstream (tra l’altro, in molti casi il mercato a
valle è stato creato proprio smembrando un monopolista (magari ex pubblico) in precedenza verticalmente integrato).
• In questo caso sorge il problema di impedire
che il monopolista a monte discrimini tra le
imprese a valle a favore della sua “associata” ostacolando l’accesso delle altre alla
risorsa essenziale.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
43
Per evitare questa particolare forma di abuso
della posizione dominante “a valle” si può:
• 1) impedire l’integrazione verticale dell’impresa a
valle (eventualmente “disintegrandola”, cioè separandola dalla proprietà della rete, com’è accaduto
nel 1984 alla AT&T, con la nascita delle “baby
bells” come molteplicità di monopolisti locali).
• Bisogna tener presente che spesso la rete è stata a
suo tempo installata a spese dei contribuenti.
• Il principale problema di questa decisione è comunque l’eventuale costo in termini di sinergie.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
44
2) cercare di impedire le pratiche discriminatorie contro i concorrenti a valle, in particolare attraverso la regolamentazione del
prezzo di accesso alla risorsa essenziale a
monte (soluzione adottata in molti paesi europei).
Ma quale dovrebbe essere questo prezzo?
Occorre tener presente che il monopolista a
monte si occupa della manutenzione della rete,
sostenendo un costo fisso comune!
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
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La Regola del prezzo efficiente delle
componenti (ECPR)
(Deutsche Telekom, New Zeland Telecom)
Secondo la ECPR, il prezzo di accesso richiesto
alle concorrenti non può essere superiore alla
differenza tra il prezzo praticato dal monopolista
integrato ed il suo costo marginale nel comparto a
valle (si noti che manca ogni riferimento al costo
di fornire l’accesso).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
46
Un esempio nel campo delle telecomunicazioni:
M1
C
T
C: consumatori
T: monopolista
M1, M2: compagnie
di telefonia mobile
M2
Rete locale (essential facility)
• Sia ci il costo marginale di Mi, e siano T&M1
integrati verticalmente e M2 un “entrante”.
• Siano infine p1 e p2 i prezzi al pubblico praticati da
M1 e M2.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
47
ECPR – continuazione dell’esempio
•
•
Secondo la ECPR, il massimo prezzo w2
che T&M1 possono chiedere a M2 per
l’accesso alla rete è dato da:
• w2 = p1 – c1.
Ciò implica che il profitto unitario di M2
risulti:
• p2 – c2 – w2 = (p2 – p1) – (c2 – c1).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
48
ECPR – continuazione dell’esempio
• Perciò:
• p2  p1  c1 c2 .
• Ovvero:
• 1) solo se M2 è più efficiente di M1 può
effettivamente entrare sul mercato e usare la
rete (si evita così di incoraggiare l’entrata
inefficiente che potrebbe avere luogo se il
prezzo fosse inferiore).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
49
ECPR – continuazione dell’esempio
• 2) Anche se il monopolista integrato perdesse quote di mercato a favore dell’”entrante”
M2, riceverebbe comunque il suo profitto
variabile unitario w2 = (p1 – c1) su ogni unità venduta dal concorrente.

Il profitto del monopolista non dipende
dall’attività del competitore.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
50
ECPR – continuazione dell’esempio
• Questo secondo aspetto implica che il monopolista
dovrebbe ancora essere in grado di pagare la manutenzione della rete (se lo era prima della “liberalizzazione” del mercato).
• Tuttavia implica anche che i consumatori potrebbero continuare a pagare il prezzo di monopolio p1
= pm  p2 anche dopo l’entrata di M2, a meno che
p1 non sia a sua volta oggetto di regolamentazione.
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
51
Pur con i suoi difetti, la ECPR:
• A) evita il potenziale problema di incoraggiare entrata inefficiente (cosa che certamente accadrebbe
se si imponesse w2 = 0 o comunque un prezzo all’accesso troppo basso);
• B) risolve il problema di come pagare per la manutenzione della rete (la principale alternativa essendo quella della contrattazione diretta tra operatori in presenza di forti asimmetrie informative e
patente conflitti di interessi (caso italiano)).
IO: V Lezione (P. Bertoletti)
52
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