La devianza ed il
controllo sociale
A cura della prof.ssa
Maria Elena Auxilia
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il comportamento deviante
Il termine devianza
I
sociologi
parlano
di
comportamento deviante, in
linea di massima, quando
intendono
descrivere
un
comportamento
che
si
discosta dalle aspettative di
normalità collaudate da una
data società
desviaciòn social, deviancy, déviance
sociale, soziale Abweichung o Devianz
Gli elementi minimi e costitutivi di
questa definizione :
a) un attore individuale o un
gruppo;
b) un comportamento che si
qualifica per la sua relativa
eccezionalità nei confronti del
quadro normativo generalmente
accettato da una società
Il comportamento deviante è relativo all'azione di
alcuni ed è storicizzato, cioè non risulta sempre
identico nelle varie epoche e nei vari luoghi
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Reazione all’atto deviante
il deviante adotta un comportamento
che tradisce, le aspettative che
usualmente definiscono il senso della
realtà quotidiana di un ambiente
sociale con il quale interagisce..
Per effetto dell'azione
deviante una norma
istituzionalizzata perde
la sua efficacia, o in
parole più povere non fa
più presa su quel
soggetto particolare
L'atto deviante produce una reazione dalla
forma diversificata che testimonia del bisogno
insopprimibile di controllo sociale che qualsiasi
organizzazione sociale in ogni tempo ed in ogni
luogo deve manifestare se vuole esistere.
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La norma sociale
La norma agisce socialmente
attraverso due canali:
l'azione degli apparati
di
controllo
che
funzionano erogando
sanzioni al fine di
ripristinare lo stato di
conformità
antecedente
all'atto
deviante
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la legittimazione, vale a dire
l'adesione "normale" alle
aspettative
di
comportamento anche per
merito di un processo di
socializzazione ben riuscito
oppure
Differenza con la criminologia
la devianza è espressione di
un comportamento che si
collega a determinati ruoli
sociali
La
criminologia
studia
le
infrazioni commesse nei confronti
delle leggi;
la sociologia della devianza ha un
oggetto
assai
più
ampio
includendo nei suoi interessi ogni
atto che si allontana dal
comportamento
socialmente
accettato come comportamento
normale
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E. A. Ross
Social Control: A Survey of the Foundations of Order (1901)
Il concetto di controllo sociale
si affaccia con nitore per la
prima volta nel 1896 per
merito di E. A. Ross
propone il termine con un significato
preciso riferendosi al meccanismo che
intenzionalmente viene esercitato dalla
collettività sull'individuo per indurlo alla
conformità rispetto all'insieme di valori che
compongono l'ordine sociale in una società
non tradizionale.
Il mutamento sociale veniva concepito
da
Ross
come
il
passaggio
(necessario) da un ordine naturale
costituito dal concorso di personalità
non corrotte ad un ordine basato su
istituzioni concepite ad hoc.
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Ross individuò ventitré tipi di controllo
sociale classificabili in due grandi
gruppi a seconda che venisse
esercitato un controllo esterno oppure
un controllo in termini di influsso
sociale (persuasion). Nel primo tipo
troviamo, come istituzioni-chiave, le
Chiese ed il diritto; nel secondo tipo
l'opinione pubblica, l'educazione.
Talcott Parsons
Parsons vede il controllo sociale
come risposta alla devianza nella
cornice
della
sua
speciale
concezione dell'ordine sociale
devianza e controllo sociale
sono
due
concetti
interdipendenti la cui trattazione
viene sviluppata nell'ambito più
ampio dell'intera concezione
dell'azione sociale
Lo studio della devianza viene proposto nei
termini di uno studio dei processi che
incoraggiano la resistenza alla conformità (o
meglio alle aspettative di conformità prescritte
dal modello normativo); lo studio del controllo
sociale corrisponde allo studio dei meccanismi
mediante i quali le tendenze devianti vengono
“neutralizzate nei vari sistemi sociali”
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Talcott Parsons e il problema del
comportamento deviante
Secondo Parsons lo studio del
controllo sociale corrisponde allo studio
dei meccanismi mediante i quali le
tendenze devianti vengono
“neutralizzate nei vari sistemi sociali”.
Nella genesi della deviazione
il conflitto di ruolo può
risultare
un
fattore
determinante.
L‘individuo
può essere
esposto
a
contrastanti
aspettative legittimate di
ruolo con la conseguenza
che non è possibile un loro
adempimento integrale.
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due soggetti agenti - ego e alter - che alimentano delle
ambivalenze complementari all'interno dei rispettivi
sistemi motivazionali L'effetto della deviazione è quello di
mettere in crisi il sistema interattivo medesimo e di
mettere in crisi la conformità alle aspettative reciproche di
comportamento
La soluzione sta nel compromesso oppure nella scelta di
un'alternativa a scapito dell'altra.
Effetti probabili: l‘individuo si
espone a delle sanzioni ed
alle
inevitabili
tensioni
prodotte da un conflitto
interno
dovuto
all'interiorizzazione di gruppi
di valori non apparentabili.
Gli effetti perversi del
conflitto di ruolo si possono
superare
ridefinendo
la
situazione
oppure
fuggendola, adottando la
segretezza e distinguendo
rigorosamente le situazioni
nelle quali l'eterogeneità dei
valori può occasionare il
conflitto di ruolo medesimo.
Meccanismi preposti alla funzione
del controllo sociale
i meccanismi fondamentali di controllo sociale sono da ritrovare nei
normali processi di interazione così come si svolgono in un sistema
sociale integrato istituzionalmente.
Il primo meccanismo da considerare,
allora, è l'istituzionalizzazione svolge
funzioni integrative a diversi livelli: in
particolare essa mette ordine nel
complesso intreccio di relazioni in modo
che l'attore può gestire il suo sistema
interattivo contenendone la dimensione
conflittuale.
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I meccanismi informali di
controllo, solo in apparenza
da considerare “minori”. Si
tratta di un insieme di
sanzioni interpersonali che
esprimono chiaramente il
dissenso rispetto al deviante
e che ricorrono a forme di
comunicazione sociale anche
gestuale od indiretta, con
una finalità evidente di
ricondurre garbatamente chi
è andato al di là del limite
nello
spazio
comportamentale corretto.
Il terzo meccanismo da
valutare è la ritualizzazione.
I modelli rituali servono per
riorganizzare la reazione al
dato critico in un modo
positivo e a prevenire,
controllandole, le tendenze
alla rottura.
Un esempio classico è
offerto
dall'elaborazione
sociale del lutto. I modelli
rituali hanno, in genere, una
connotazione permissiva che
agisce da sfogo (comunque
sempre
controllato
culturalmente)
della
tensione che potrebbe avere
effetti perniciosi
Meccanismi di controllo
Un altro tipo di meccanismo di
controllo sociale dalla significatività più
tenue è l'istituzione secondaria. Si
tratta di una sorta di valvola di
sicurezza che genera effetti di
controllo su elementi motivazionali
potenzialmente devianti. L'istituzione
secondaria funziona da zona franca
cioè come uno spazio dove alcuni
comportamenti ritenuti devianti sono
invece
legittimati.
L'esempio
parsonsiano è quello della cultura
della gioventù americana che presenta,
a suo dire, una dimensione permissiva
piuttosto spinta, al limite della
deviazione esplicita.
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Un quarto tipo di meccanismo di
controllo sociale è rappresentato dai
meccanismi di isolamento che si
prefiggono sia di prevenire la
formazione di strutture di gruppo
caratterizzate da una maggiore
deviazione sia di prevenire una
pretesa di legittimità. Il deviante viene
spinto in una certa posizione con
interessanti effetti deterrenti. Infine, la
categoria più vasta e più comune dei
meccanismi di controllo sociale è data
dall'apparato punitivo composto da
polizia e da magistratura con la
funzione eminente di imporre i modelli
normativi e di collegare alla violazione
della norma l'erogazione di specifiche
sanzioni negative
David Matza
David Matza nel suo studio classico Come si diventa devianti (1969)
propone tre coppie concettuali come chiavi di lettura tendenzialmente
unificanti:
a) correzionecomprensione (la
devianza viene studiata
perché va rimossa; la
devianza va compresa
a n c h e i n u n a
dimensione di empatia);
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b) patologia-diversità (la
normalità va preservata
dalla devianza che ne è
una sua variante non
tollerabile; la devianza è
una variante tollerabile
della normalità);
c) semplicitàcomplessità (la devianza
è un fenomeno ovvio
della vita in società; la
devianza è un
fenomeno non facile da
definire rispetto alla
normalità con la quale
spesso si intreccia) .
La Scuola ecologica di Chicago
La Scuola ecologica di
Chicago,
nelle
sue
diverse generazioni di
ricercatori impegnati tra
il 1916 ed il 1939,
annovera accanto agli
“urbanologi” in senso
stretto come E. Burgess,
R.McKenzie, E.Zorbaugh
e L.Wirth altri studiosi
come
G.H.
Mead,
W.Ogburn,
F.Merrill,
R.Redfield,
S.Stouffer,
H.Lasswell e E.Bogardus
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partendo da un interesse comune per
l'interpretazione degli effetti sociali
dell'urbanizzazione
avviano
delle
ricerche che rappresentano l'inizio di
diverse specializzazioni della sociologia
contemporanea: oltre alla sociologia
della città si possono ricordare la
sociologia della famiglia, la sociologia
dell'opinione pubblica e dei massmedia, la sociologia delle professioni, lo
studio del social change e, non ultima,
la sociologia del comportamento
deviante.
La Scuola di Chicago: la grande
città e la devianza
Il comportamento umano viene concettualizzato
come 'relativo' in quanto prodotto dagli scambi
simbolici fra individui. La definizione di sé stessi
e degli altri da parte dei soggetti avviene
attraverso il processo comunicativo, o di
simbolizzazione. L'identità individuale è costruita
sulla base del riferimento all'altro generalizzato
(Mead 1934).
Thomas, mettendo in relazione la
costruzione dell'identità con la
situazione, ovvero con il contesto
in cui si trova il soggetto, teorizza
la pluralità delle identità e fa
discendere la legittimità del
comportamento dalla definizione
corretta della situazione da parte
del soggetto.
La devianza è definita, quindi, come il risultato della
percezione che le persone hanno le une delle altre. Ciò fa sì
che il comportamento ritenuto normale dagli appartenenti ad
un gruppo possa essere definito deviante dall'esterno.
L'attribuzione della devianza avviene non nel contesto
specifico dell'azione ma con riferimento all'assetto sociale
complessivo. La devianza può sorgere, inoltre, dal
fraintendimento della situazione da parte degli individui. A
partire dal contributo offerto dalla Scuola di Chicago, si
svilupperà, negli anni Sessanta, la teoria dell' etichettamento.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il funzionalismo e la teoria
mertoniana dell'anomia
il funzionalismo affronta lo studio della società concependola come
una totalità di strutture interdipendenti, ognuna delle quali svolge
una funzione orientata al mantenimento del sistema sociale
complessivo e della sua riproduzione
Emile Durkheim è senza dubbio uno dei
principali precursori del funzionalismo; la
sua metodologia adotta come principio
fondamentale la separazione tra la causa
efficiente di un fenomeno e la funzione
che lo stesso fenomeno assolve. «Ciò che
dobbiamo determinare è se sussiste una
corrispondenza fra il fatto considerato e i
bisogni generali dell'organismo sociale ed
in
che
cosa
consista
questa
corrispondenza».
prof.ssa MariaElena Auxilia
Durkheim (il quale comunque non
ha mai adottato il termine di
devianza) considera che il crimine
abbia una sua funzionalità e che
non
si
possa
concepire
esclusivamente
come
una
manifestazione patologica della
vita in società. La devianza, in
questa
prospettiva
macrosociologica adempie un ruolo
positivo
nella
conservazione
dell'ordine sociale ed anzi rafforza
la normalità.
Regole del metodo sociologico
(1895)
Nelle Regole del metodo sociologico
(1895) Durkheim scrive con grande
chiarezza che: «Classificare il reato tra i
fenomeni della sociologia normale non
significa soltanto dire che esso è un
fenomeno inevitabile, benché increscioso,
dovuto
all'incorreggibile cattiveria degli uomini,
ma significa anche affermare che esso è
un fattore della salute pubblica, una
parte integrante di ogni società sana».
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Non
solo
è
inconcepibile
un
organizzazione della vita collettiva senza
la presenza di manifestazioni devianti,
ma v'è di più: la devianza svolge delle
funzioni positive perché rafforza la
struttura normativa nella coscienza
collettiva; il criminale collega e mantiene
più unite tra di loro le persone normali
che si ritrovano concordi nel condannare
il reo e che confermano così il loro senso
della
realtà
comunitaria
come
orientamento giusto.
Sociologismo durkheimiano
Iil sociologismo durkheimiano perviene a conclusioni
permeate da un funzionalismo esasperato che possono
suscitare più di una perplessità quando scrive:
«Contrariamente alle idee correnti, il criminale non appare
più come un essere radicalmente nonsocievole, una
specie di elemento parassita, di corpo estraneo e non
assimilabile introdotto in seno alla società; egli è invece
un agente regolare della vita sociale. Il reato, da parte
sua, non deve più venir concepito come un male che è
impossibile contenere in limiti troppo angusti; ma quando
accade che esso scenda sensibilmente al di sotto del suo
livello ordinario, questo fatto non deve essere per noi un
motivo di soddisfazione, perché questo apparente
progresso è certamente contemporaneo e solidale a
qualche turbamento sociale» (p.77).
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Quindi la pena, per Durkheim,
non ha come scopo primario
la riabilitazione del criminale
bensì
la
riconferma
dell'autorità
morale
della
società; Durkheim suggerisce
un approccio di studio della
devianza
in
termini
di
funzionamento della società,
prescindendo dallo studio
delle
motivazioni
individuali che spingono
all'atto deviante.
Robert K. Merton
Social Structure and Anomia
Robert K. Merton nel 1938
Per Merton la struttura sociale
esercita su alcuni individui una
pressione a deviare, innescando un
meccanismo dove le mete
culturalmente condivise e i mezzi
socialmente accettati per
raggiungerle sono sfasati.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il comportamento deviante
insorge più frequentemente
quando le norme che
governano la condotta in un
dato quadro societario
appaiono contraddittorie .
Le mete culturali
Le mete culturali sono quegli obiettivi generali
che danno senso all'esperienza della vita: ad
esempio nella società d'oggi, la conquista della
ricchezza e il successo
La società propone anche gli strumenti
istituzionali idonei (e legittimi) per
conquistare dette mete. La società del
nostro
tempo
sovradimensiona
l'importanza di alcune mete, mentre non
sottolinea - con altrettanta importanzale procedure istituzionali che devono
essere adottate per il perseguimento
dello scopo condiviso
prof.ssa MariaElena Auxilia
Tutti, o quasi tutti i membri di
una società, in una data epoca
adottano le mete che la cultura
propone in una forma quasi
categorica.
Molti individui sottoposti ad una
particolare
tensione
per
il
raggiungimento della meta si
chiedono quale dei procedimenti
disponibili sia più efficace e meno
costoso. Ne consegue che «il
procedimento che si mostra più
efficace
tecnicamente,
non
importa se sia più o meno
legittimo culturalmente, viene
preferito alla condotta prescritta
culturalmente.
Modalità di adattamento
La meta del successo, valutata in termini della quantità di denaro guadagnato e
dell'acquisizione di beni materiali, viene condivisa da tutti, indipendentemente
dall'appartenenza sociale di ciascuno, ed assume un valore preminente
si possono verificare cinque modalità di adattamento
articolate in una tipologia che fa parte, ormai, del
discorso sociologico classico. modi di mete mezzi
adattamento culturali istituzionali
1.conformità + +
2.innovazione + 3.ritualismo - +
4.rinuncia - 5.ribellione + + - prof.ssa MariaElena Auxilia
Conformità e
innovazione:adattamento
La conformità rappresenta la modalità
di adattamento più comune; senza di
essa non ci sarebbe la possibilità di
vivere in una società. In questo caso
vengono pienamente accettati sia i
valori propagandati dalla cultura sia i
mezzi indicati per ottenere lo status
congruo con lo stile di vita che viene ad
essi associato.
Questa soluzione è, naturalmente,
diffusa un po' in tutti gli strati sociali,
anche se alcuni strati sembrano più
inclini di altri ad optare per questa
forma di adattamento
prof.ssa MariaElena Auxilia
L'innovazione
comporta
l'accettazione
delle
mete
culturali e, dunque, dei valori
socialmente approvati, ma
una presa di distanza nei
confronti
dei
mezzi
istituzionali. L'innovatore opta
per
l'uso
di
mezzi
tecnicamente
idonei
a
perseguire la meta anche se è
ben consapevole che si tratta
di mezzi socialmente non
approvati. Secondo Merton i
white collar crimes studiati da
Sutherland
rientrano
in
questa categoria.
Le classi inferiori
coloro che appartengono alle classi
inferiori nei cui confronti opera, la
maggiore pressione ad un comportamento
deviante.
Anche se, di fatto, le possibilità
effettive a loro disposizione per
agire istituzionalmente al fine di
procacciarsi delle grandi ricchezze
praticamente sono inesistenti;
questi ceti non sono indotti a
criticare la struttura sociale e
politica che li colloca in una
condizione di palese svantaggio
rispetto agli strati superiori
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il sistema della stratificazione
mette in evidenza che gli strati
inferiori accettano, come tutti gli
altri, il mito della ricchezza
L'intreccio fra queste condizioni non
compatibili reciprocamente produce
devianza.
Altre forme di adattamento: rituale
e/o rinuncia
L'opzione rituale riguarda, coloro
che respingono le mete ma accettano
i mezzi.
Il burocrate iperattivo o l'impiegato
forzatamente innamorato della sua
routine esprimono le frustrazioni
proprie di chi non ha la possibilità
concreta di raggiungere la meta del
successo ma necessita di un conforto
psicologico compensatorio.
prof.ssa MariaElena Auxilia
La rinuncia, impropriamente, si
configura come un tipo di
adattamento: rinuncia, infatti,
colui che non accetta né le mete
né i mezzi istituzionalmente
previsti per raggiungerle. Chi
rinuncia abbandona il gioco
definito dalla struttura socioculturale in termini di esasperata
competitività e si mette ai
margini della società.
La ribellione
La ribellione, comporta una doppia
scelta
Il ribelle combatte per una struttura socioculturale alternativa a quella da cui ha preso la
distanza. Il rifiuto dei valori dominanti e dei
mezzi prescritti per realizzarli si accompagna
con l'impegno per sostituirli con altri valori in
vista di una rifondazione radicale del sistema
sociale.
prof.ssa MariaElena Auxilia
prima il rifiuto delle
mete e dei mezzi
codificati,
poi l'assunzione di
nuove mete e di
nuovi mezzi
L’analisi di Merton
Il principio sociologico generale che emerge dall'analisi mertoniana
è che non tutti dispongono delle medesime chances per
raggiungere legittimamente gli obiettivi di status definiti con forza
dallo stesso processo di socializzazione.
Età, sesso, classe sociale di appartenenza possono costituire
un'agevolazione oppure un ostacolo per il successo.
Le differenti classi sociali sono soggette in maniera differenziale
all'influenza anomica. La tipologia definita da Merton va letta per
l'appunto come serie di modalità di adattamento ad una
condizione sociale anomica.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Albert K.Cohen
un contributo importante
sulla subcultura della
d e v i a n z a
Cohen sottolinea
che il
giovane quando devia adotta un
orientamento
irrational,
malicious and unaccountable;
evidenzia cioè alcuni aspetti
generali e tipici della psicologia
giovanile che si riflettono
sull'atto deviante
Altro aspetto rilevante della sua
analisi sui Ragazzi delinquenti
(1955) è dato dall'ipotesi che la
devianza, anzi più precisamente
la delinquenza giovanile sia
un'espressione caratteristica delle
classi socialmente inferiori.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Analogia con Merton
I giovani, indifferentemente
rispetto alla loro appartenenza
sociale, vengono valutati sulla
base di un complesso di valori
che caratterizza l'american way
of life tipico della classe media.
prof.ssa MariaElena Auxilia
In funzione di questo apparato valoriale e
normativo ci si trova di fronte ad «un sistema
di qualificazione sociale in cui i giovani di livelli
sociali diversi possono essere e sono posti
direttamente a confronto in base allo stesso
complesso di criteri basati sull'acquisività.
La capacità generale di successo, connessa con la
classe di appartenenza, relegheranno sul fondo
della piramide sociale i giovani appartenenti alle
classi sociali più svantaggiate, non direttamente a
causa della loro posizione di classe in quanto tale,
ma perché a causa degli handicap connessi con la
classe che agiscono da remora per loro, essi
mancano delle qualifiche personali richieste.
Scontento sociale
Dove le opportunità di successo sono
connesse con la classe, si produrrà
lo scontento sociale nella misura in
cui il sistema di qualificazione è
democratico
prof.ssa MariaElena Auxilia
Ii giovani di classe inferiore
hanno dei problemi di
adattamento
dovuti
al
confronto con gli standard di
comportamento definiti dalla
classe media; la subcultura
delinquente è una delle
risposte possibili a questi
problemi.
Soluzioni rispetto allo svantaggio
sociale
I ragazzi che appartengono originariamente alla classe inferiore possono
adottare rispetto allo svantaggio della condizione di partenza una di
queste tre soluzioni che va letta - in una chiave mertoniana - come una
soluzione ad un problema di adattamento:
a) una certa quota di ragazzi della
classe operaia si impegna in una
forma straordinaria in un percorso
di vita che ricopia lo schema
tradizionale dei giovani di classe
media (è la soluzione da college
boys): in questo caso il successo
scolastico rappresenta la porta di
ingresso verso il successo in
generale e l'adesione piena ai
valori dominanti;
prof.ssa MariaElena Auxilia
b) per molti la “prova”
dell'esperienza
scolastica
fallisce; ci si trova allora un
lavoro tipico da membro della
classe inferiore, senza uno
sbocco stimolante in termini
di carriera e ci si adatta ad
una condizione di vita che
respinge in parte i valori della
classe media senza però
entrare in una condizione di
aperto
conflitto
(è
la
soluzione da corner boys);
c) alcuni, infine, adottano la
soluzione
delinquente:
respingono energicamente gli
standard di vita della classe
media
(
sia
pure
con
l'ambivalenza
dovuta
alla
socializzazione
primaria),
ricercano l’unione tra ribelli e
riattivano
il
processo
di
autostima intraprendendo delle
attività di banda. La gang
rappresenta
un
medium
sociologico imprescindibile per
motivarsi
reciprocamente
nell'attività tipica dei delinquenti.
La subcultura delinquente ha,
principalmente, la funzione di
legittimare l'aggressività.
Matza
Per Matza (1964) la definizione
sociale della devianza discende dal
conflitto fra il senso attribuito
all'atto deviante dai devianti e il
senso dato allo stesso atto dagli
altri soggetti.
vede nel deviante un individuo che
partecipa al sistema dei valori legittimo
e si pone il problema di spiegare
perché il deviante è tale, pur
conoscendo e condividendo le regole di
comportamento degli altri membri della
società
Sykes e Matza (1957) sostengono che, in un contesto in cui i
valori e le norme rappresentano delle guide per l'azione di
carattere flessibile, il deviante può elaborare delle
giustificazioni della propria azione, adducendo motivazioni che
legittimano dal suo punto di vista la sospensione di una norma
morale o legale e gli consentono di sentirsi autorizzato a
trasgredire.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Tecniche di neutralizzazione
Le tecniche di neutralizzazione
individuate sono cinque:
1. la
negazione
responsabilità
della
2. la negazione del danno
3. la negazione della vittima,
4. la
condanna
condanna
di
chi
5. il richiamo a lealtà di ordine
più elevato.
prof.ssa MariaElena Auxilia
L'ingresso nella devianza non implica
l'interiorizzazione dei valori di una
sottocultura
contrapposta
all'ordine
sociale dominante, ma l'apprendimento
delle “tecniche di neutralizzazione”
che
consentono
all'individuo
di
continuare a considerare legittime le
regole che sta violando.
La
neutralizzazione
spiegherebbe
l'inclinazione di un individuo a compiere atti
devianti in quanto la sospensione della
fedeltà ai valori sociali libera l'individuo e lo
pone alla deriva. La condizione di deriva è
aperta sia al reingresso nella conformità sia
al proseguimento sulla strada della devianza.
la teoria del legame sociale di
Hirschi (1969).
Hirschi
pone
i
comportamenti su di una
scala
che
va
dalla
conformità alla devianza
Il comportamento convenzionale è il
frutto dell'influenza delle norme
interiorizzate, della coscienza e del
desiderio di approvazione. L'individuo
è libero di accedere alla devianza
Hirschi chiama in causa la natura dei
legami sociali e associa la devianza al loro
indebolimento o alla rottura.
prof.ssa MariaElena Auxilia
I legami sociali
Un individuo compie un
reato quando i vincoli che
lo legano alla società
perdono di forza e di
efficacia nel trattenerlo dal
seguire
le
proprie
inclinazioni e i propri
interessi.
I legami sociali sono costituiti da quattro elementi:
l'attaccamento, il coinvolgimento, l'impegno e la
convinzione.
L'attaccamento è dato dalla
forza dei legami verso altri
significativi (i genitori, gli amici,
i modelli di ruolo) o verso le
istituzioni
(la
scuola,
l'associazione);
l'impegno
è
costituito
dall'investimento sotto forma
di istruzione, reputazione,
posizione economica;
prof.ssa MariaElena Auxilia
il coinvolgimento è espresso
dal tempo e dalle risorse
dedicate alla partecipazione
ad attività convenzionali
(tanto più tempo è dedicato
allo studio, allo svago, ecc.
tanto meno ne resta per
compiere atti devianti);
la convinzione,
consiste
riconoscimento
validità
delle
vigenti.
infine,
nel
della
norme
L'indebolimento della coesione
sociale
La libertà di adottare comportamenti
devianti si riduce o si estende a
seconda
della
presenza
e
dell'intensità degli elementi costitutivi
dei legami sociali.
Gli individui agiscono spinti dalla
ricerca dell'autoconservazione e della
gratificazione; il vivere sociale è reso
possibile dall'ordine morale formato
dalle regole, che gli individui
interiorizzano
nel
corso
della
socializzazione; il legame con l'ordine
sociale,
imperniato
sui
quattro
elementi individuati, è la condizione
per il mantenimento della conformità
prof.ssa MariaElena Auxilia
La teoria del controllo sociale
pone, in relazione l'aumento dei
comportamenti
devianti
con
l'indebolimento della coesione
sociale. La devianza è assunta
come un dato naturale in una
società.
In quest'approccio, che si fonda su di
una concezione pessimistica della
natura umana, ritenuta moralmente
fragile e bisognosa di freni e di
controlli, è proprio la conformità a
dover essere spiegata, piuttosto che la
devianza.
teoria generale della criminalità o
teoria del basso autocontrollo
Secondo Gottfredson e Hirschi (1990)
l'atto deviante, da un lato,
è compiuto dal soggetto
sulla base di un'aspettativa
di
gratificazione e del
calcolo dei costi e dei
benefici
che
ne
scaturiscono,
che
configurano
una
disposizione razionale da
parte del deviante, e,
dall'altro, presuppone delle
condizioni favorevoli
esterne e interne al
soggetto.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il crimine non nasce da motivazioni o bisogni
specifici ma dalle pulsioni di tipo egoistico
quando vi è un basso grado di autocontrollo. I
tratti della personalità individuale – come
l'impulsività, l'insensibilità, l'egocentrismo e le
capacità intellettive - assunti in età precoce
durante il processo di socializzazione
influenzano la capacità di autocontrollo degli
individui. Se le caratteristiche potenzialmente
criminali sono parte costitutiva della natura
umana, la possibilità di intraprendere una
carriera deviante viene a dipendere dal
successo o dal fallimento del processo di
socializzazione.
La labelling theory
lo studio della devianza deve spostare il suo fuoco dall'attore e dall'atto
verso l'opinione pubblica
La devianza non è
un'azione qualificata
intrinsecamente
come
tale,
ma
piuttosto
l'effetto
dell'applicazione
di
certe regole e delle
sanzioni correlate da
parte di alcuni (gli
etichettatori) a danno
di altri (i trasgressori).
prof.ssa MariaElena Auxilia
Il nuovo orientamento
mette radici prima nella
sociologia statunitense e
poi in quella europea,
dominando la scena per
oltre vent'anni. Viene
individuato con nomi
diversi:
teoria
interazionista,transazion
ale,
della
reazione
sociale ma il più delle
volte con l'espressione
fortunata di labelling
theory
L'innovazione sta proprio in
uno spostamento di attenzione
dal
comportamento
alla
reazione sociale
Interessati ai meccanismi di
etichettamento
che
rappresentano
la
reazione
sociale alla devianza. L'ottica è
innovativa perché si sostiene che
non è la devianza che genera il
controllo sociale ma all'opposto è
il controllo sociale che porta alla
devianza.
Edwin M. Lemert
devianza primaria e devianza secondaria rappresenta uno dei
concetti fondanti della teoria dell'etichettamento.
La devianza primaria ha delle implicazioni marginali
anche per la struttura psichica del soggetto che non si
vede costretto a riorganizzare il suo progetto di vita
complessivo. La devianza secondaria, invece, vede una
stabilizzazione del comportamento deviante, la ripetitività
lo rende abitudinario con la conseguenza, in certo modo,
di professionalizzarlo e di contagiare anche gli altri ruoli
che non avrebbero una connessione diretta con l'atto
deviante medesimo.
il deviante non rimane sempre passivo ma
organizza una risposta a chi lo etichetta. Il
quadro normativo difeso con l'azione del
labelling diventa oggetto di conflitto e si
colloca, non di rado, al centro della dinamica
prof.ssa MariaElena
Auxilia di una data società
politica
La reazione della
società trasforma un
fatto episodico; la
disapprovazione,
l'isolamento sociale
la degradazione che
ne consegue
stabilizzano la
devianza. Il
comportamento
deviante diventa uno
strumento di difesa
da usare per
fronteggiare i
problemi posti dalla
Goffman
il tema della devianza in relazione ai processi di
costruzione dell’identità sociale. Nella sua analisi del
rapporto fra ruolo e identità, Goffman (1956)
individua tre componenti del ruolo: l’aspetto
normativo, l’aspetto tipico, costituito dagli attributi
associati alla persona che adotta il ruolo, l’aspetto
dell’interpretazione, che fa riferimento al contesto di
interazione nel quale il ruolo viene assunto
prof.ssa MariaElena Auxilia
Stigma, Goffman (1963
Nell’opera
Stigma,
Goffman (1963)
afferma
Lo stigma è quell’attributo personale (una qualità fisica o
culturale, come il colore della pelle, la deformità,
l'handicap, l'omosessualità, la religione) la cui
osservazione suscita negli altri un dubbio sull’identità
sociale del soggetto, in quanto pone il problema
dell’adeguatezza fra identità virtuale e identità reale.
Un atto deviante è tale quando trasgredisce una
norma; per Goffman la trasgressione ha per oggetto
un tipo specifico di norme, che regolano l’identità.
Ogni individuo è dotato di un’identità sociale: un
complesso di segni esteriori definisce il suo status
sociale e stabilisce le modalità di rapporto che gli altri
possono intrattenere con lui. L’identità personale che
si va così a costruire è composta di due dimensioni:
una virtuale, che è attribuita all’individuo sulla base
della sua apparenza, e l’altra reale.
prof.ssa MariaElena Auxilia
l’individuo portatore di stigma cerca di
gestire lo scarto tra le due dimensioni
della sua identità, attraverso delle
strategie di controllo dell’informazione
sociale, che sono volte a far
dimenticare o a servirsi dello stigma
stesso quando lo stigma è riconoscibile
e palese, oppure a evitarne lo
svelamento quando lo stigma è
nascosto.
Si pone, dunque, per Goffman il problema di spiegare
quando un attributo si trasforma ed è riconosciuto dagli altri
come stigma. In teoria qualsiasi attributo può divenire uno
stigma; poiché il passaggio da attributo a stereotipo avviene
nel corso dell’interazione faccia a faccia, l’autore sottolinea
che non è il possesso dello stigma in sé ma il tipo di
rapporto sociale in cui il soggetto è coinvolto a determinare
il sorgere della devianza. Il deviante è, perciò, il soggetto
che è portatore di uno stigma, che ha scarse possibilità di
controllare l’informazione per lui discreditante, e che, infine,
è posto in contesti poco favorevoli alla gestione di
un’identità segnata dallo stigma.
Le teorie radicali: devianza,
controllo sociale e capitalismo
teorie
conflittuali
La
versione
pluralista
(o
liberale,
alla
Dahrendorf)
sottolinea
la
rilevanza delle
dinamiche
fra
gruppi sociali in
competizione
per l'autorità.
prof.ssa MariaElena Auxilia
una versione
pluralista ed una
versione marxista
La
soluzione
dei
problemi emersi per
effetto del conflitto,
d'altronde,
viene
coerentemente
affidata
alla
mediazione politica ed
al suo potere di
riformare il quadro
normativo.
Karl Marx non si era mai occupato in
forma sistematica né di devianza né di
crimine eppure il suo pensiero ed il suo
metodo vengono ripresi all'inizio degli
anni Settanta da un gruppo di autori
accomunati da un orientamento più
radicale di quello della labelling theory,
che viene denominato da alcuni Radical
Criminology.
La
teoria
dell'etichettamento viene politicizzata
nel senso che la reazione sociale viene
riferita quasi unicamente all'intervento
repressivo dello Stato e nel senso che la
devianza viene apprezzata in quanto
azione
politica
contestatrice.
La
devianza viene considerata come
"un'azione cripto-politica primitiva".
Teorie marxiste
Il marxismo classico in primis, l'influenza critica di
Marcuse e della Nuova Sinistra formano un
paradigma eterogeneo che collega devianza e
controllo sociale alle caratteristiche strutturali del
capitalismo. Gli elementi tipici dell'approccio dei
radicals comprendono una visione conflittualista
dell'ordine sociale basata sul principio della
diseguaglianza e della divisione in classi sociali di
matrice nettamente marxiana.
Questa
“nuova”
teoria
della
devianza e della criminalità, più
specificatamente, vuol riportare le
cause dell'azione deviante alle
trasformazioni
della
società
industriale avanzata e prospetta
un'economia politica del crimine
che rappresenterà, poi, al tempo
stesso il suo limite
prof.ssa MariaElena Auxilia
La differenza tra le classi comporta lo
sfruttamento della classe lavoratrice da
parte di una classe dominante che controlla
i mezzi di produzione e lo Stato. La
devianza di conseguenza non si può
concepire genericamente, così come non ha
senso definire il crimine in termini
meramente giuridici. La devianza è
devianza di classe. E' crimine ciò che la
classe dominante ha l'interesse a definire
tale; ma il crimine è anche la reazione alle
condizioni di vita proprie della classe sociale
di appartenenza. La classe lavoratrice
delinque perché attraverso il crimine trova
una via di sopravvivenza a fronte delle sue
misere condizioni di vita.
Assunto della razionalità
Le principali teorie che hanno adottato uno dei due schemi di
analisi della devianza basato sull'assunto della razionalità
dell'individuo sono
la teoria degli stili di vita,
la teoria delle attività di routine
la teoria cognitiva.
La teoria degli stili di
vita utilizza il concetto
di rischio per spiegare
la vittimizzazione.
prof.ssa MariaElena Auxilia
La teoria delle attività
di routine (Cohen e
Felson
1979)
si
propone di individuare i
fattori che influiscono
sulla
decisione
di
commettere un atto
deviante.
Le teorie razionali recuperano
la prospettiva teorica della
scuola classica, che analizza la
devianza a livello micro e fa
discendere il comportamento
deviante dalla decisione libera
e autonoma dell'individuo.
Teoria della attività di routine
Sono le attività di routine a
mettere in contatto aggressori
e vittime. Perché si compia
l'atto criminale sono necessari
più elementi: aggressori
motivati, obiettivi o vittime
designati
(un
bene
da
prendere, una persona da
assalire)
e
assenza
di
guardiani (i poliziotti, ma
anche tutti coloro, parenti,
amici
passanti,
la
cui
presenza
agisce
come
deterrente).
prof.ssa MariaElena Auxilia
L'incontro fra questi elementi avviene
durante lo svolgimento e grazie alle attività
di routine. Le differenze e i cambiamenti
delle routine determinano le diverse
probabilità rispettivamente di compiere e di
essere vittime di atti criminali. Certi soggetti
o certi luoghi sono più esposti alla criminalità
rispetto ad altri a causa delle modalità di
interazione sociale e degli schemi di routine.
Per la comprensione del comportamento
deviante occorre, dunque, considerare non
solo la prospettiva del deviante - le sue
caratteristiche così come le sue motivazioni -,
ma anche gli altri elementi del contesto in
cui l'atto avviene: la presenza di qualcosa o
di qualcuno cui l'atto deviante si indirizza e
l'assenza di controlli o di fattori di contesto
inibenti la devianza. Se manca uno solo dei
tre elementi indicati il reato non può
avvenire.
La teoria degli stili di vita
La teoria degli stili di vita utilizza
il concetto di rischio per spiegare
la vittimizzazione.
prof.ssa MariaElena Auxilia
L'attenzione si appunta non sugli
autori dei reati ma sulle vittime degli
atti criminali. La probabilità di
rimanere vittima di un reato è legata
allo
stile
di
vita
adottato
dall'individuo. Ma lo stile di vita, che
comprende sia le attività di lavoro
che quelle del tempo libero, dipende
dal ruolo sociale, dalla posizione
nella struttura sociale e dalla
componente razionale delle scelte di
comportamento. Le esperienze di
vittimizzazione
sono,
dunque,
prevedibili,
sulla
base
delle
variazioni degli stili di vita indotti
dalla collocazione sociale degli
individui.
Le teorie razionali
Le teorie razionali recuperano la prospettiva teorica
della scuola classica, che analizza la devianza a livello
micro e fa discendere il comportamento deviante dalla
decisione libera e autonoma dell'individuo.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Genere e devianza
Le teorie della
criminalità femminile
elaborate negli anni
Settanta leggono i
mutamenti nella
propensione delle
donne alla devianza
all'interno del
processo generale di
cambiamento della
condizione femminile.
prof.ssa MariaElena Auxilia
Secondo un primo approccio l'inserimento della
donna nella società ne comporta la
maschilizzazione, che, tra l'altro, si traduce nel più
frequente coinvolgimento in attività criminali. Una
variante di quest'approccio fa riferimento alle
opportunità di commettere un atto deviante: la
partecipazione alla vita sociale e al mondo del
lavoro, favorendo le occasioni di devianza,
dovrebbe portare ad una crescita del tasso di
criminalità femminile.
Riferimento al genere
Rispetto alle teorie sulla criminalità
femminile, gli approcci alla devianza
che fanno uso del concetto di
genere si propongono di spiegare
sia il comportamento maschile che
quello femminile.
All'interno
della
produzione
scientifica sulla devianza nella
prospettiva di genere un ampio
spazio non possono non occupare le
teorie femministe, che si sono
diversificate seguendo vari indirizzi
analoghi a quelli della criminologia
tradizionale (femminismo liberale,
radicale, marxista e socialista).
prof.ssa MariaElena Auxilia
Hagan (1989) sostiene che per spiegare il
fenomeno della delinquenza occorre guardare
al modo in cui la struttura di classe della
famiglia modella la riproduzione sociale delle
relazioni di genere, che a sua volta condiziona
la distribuzione sociale della delinquenza
(teoria del controllo del potere). Le modalità
attraverso le quali i genitori assolvono i
compiti di assistenza, di protezione e di
socializzazione dei bambini ai ruoli della vita
adulta, producendo differenze di genere
relative all'accesso a determinati tipi di attività
con margini di libertà o contenuti di rischio
elevati, si traducono in una più forte
esposizione degli uomini alla devianza e in
una maggiore protezione delle donne dalla
stessa. Il divario di genere nel comportamento
deviante si allarga in presenza di strutture
familiari patriarcali e si restringe quando si
diffonde il modello egualitario di famiglia.
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La devianza ed il controllo sociale