Panorama
antropologico e
geografie umane del
cyberspazio
Prof. Dario E. Viganò
Pontificia Università Lateranense
Macerata, 20 settembre 2009
Loreto
1985
Nuova fase della Chiesa italiana nel solco
dell’evangelizzazione
in evidenza il rapporto con la cultura e la società
Anche e particolarmente in una società pluralistica e
parzialmente scristianizzata, la Chiesa è chiamata a
operare, con umile coraggio e piena fiducia nel Signore,
affinché la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruologuida e un’efficacia trainante, nel cammino verso il
futuro. (Giovanni Paolo II a Loreto, n. 7)
L’impulso ad una nuova
forma di presenza
caduta della
cortina di
ferro
fine dell’unità
politica dei
cattolici
Un bilancio onesto e veritiero degli anni dal
dopoguerra ad oggi non può dimenticare,
però, tutto ciò che i cattolici, insieme ad altre
forze democratiche, hanno fatto per il bene
dell' Italia. […] I laici cristiani non possono
dunque, proprio in questo decisivo momento
storico, sottrarsi alle loro responsabilità.
Devono piuttosto testimoniare con coraggio
la loro fiducia in Dio, Signore della storia,
[…] attraverso una presenza unita e coerente
e un servizio onesto e disinteressato nel
campo sociale e politico, sempre aperti a una
sincera collaborazione con tutte le forze sane
della nazione (Giovanni Paolo II, Lettera ai
vescovi Italiani, 1994, n. 6)
Scoprire un nuovo approccio nella realizzazione di
obiettivi di incidenza storica della fede cristiana.
Intuizione del progetto culturale orientato in senso
cristiano (Montecassino, 1994)
Risposta
della Chiesa italiana
Progetto
culturale
orientato in
senso cristiano
La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con
alcuna scelta di schieramento politico o di partito,
come del resto non esprime preferenze per l’una o per
l’altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia
rispettosa dell’autentica democrazia (cf. Centesimus
Annus, 47). Ma ciò nulla ha a che fare con una
“diaspora” culturale dei cattolici, con un loro ritenere
ogni idea o visione del mondo compatibile con la
fede, o anche con una loro facile adesione a forze
politiche e sociali che si oppongano, o non prestino
sufficiente attenzione, ai principi della dottrina
sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della
vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la
solidarietà, la promozione della giustizia e della pace.
(Giovanni Paolo II a Palermo, n. 10)
Anno Giubilare del 2000.
La Chiesa è oggetto di particolare
attenzione da parte dei media.
La GMG come momento
culminante
Il passaggio al Terzo Millennio
Attentato dell’11 Settembre
Risveglio della nostra identità
religiosa e culturale cristiana
Questione antropologica
Interpella la valenza culturale e
sociale del cristianesimo
La comunicazione della
fede al centro dell’azione
pastorale
Consapevolezza dei
processi di cambiamento/
scristianizzazione
Comunicare il
Vangelo in un
mondo che cambia
Decisa scelta per un
rinnovato slancio
missionario
“La Chiesa tutta intera deve mettersi
all’ascolto dell’uomo moderno, per
capirlo e per inventare un nuovo tipo di
dialogo, che permetta di portare
l’originalità del messaggio evangelico nel
cuore delle mentalità attuali” (Giovanni
Paolo II, Discorso al Pontificio Consiglio per
la Cultura, 18 gennaio 1983).
“L’attenzione a ciò che
emerge nella ricerca
dell’uomo non significa
rinuncia alla differenza
cristiana, alla
trascendenza del
Vangelo, per
acquiescenza alle attese
più immediate di
un’epoca o di una
cultura” (CVMC, n. 35)
Si sono affievoliti i tradizionali
canali di stramissione della fede
(famiglia, scuola) e si deve fare i
conti con un sistema mediatico
invasivo e pervasivo.
Fattori
sociali
Fattori
ecclesiali
Superare la tentazione della
nostalgia, del pessimismo e
dell’adattamento. La Chiesa, ricorda
Giovanni Paolo II, “sta prendendo
più chiara coscienza che il nostro
non è il tempo della semplice
conservazione dell’esistente ma della
missione” (Discorso al Convegno di
Palermo, n. 2.)
E’ necessaria una progettazione nuova, dove
progettazione significa carattere distintivo
dell’agire umano personale e sociale. In altre
parole progettare pastoralmente non significa
tanto assumere una tecnica ma acquisire una
mentalità. E’ una questione di stile!
Avrebbe potuto scegliere la città di
Tiberiade compiacendo al potere
L’incarnazione di Gesù è
criterio normativo per la
nostra azione pastorale della
Chiesa oggi.
Avrebbe potuto scegliere Gamla
optando così per il trionfo violento
La scelta per l’avvio del suo ministero
Gesù la compie in riferimento a
Cafarnao. Si immerge nel mondo non
alla cieca e neppure a qualsiasi costo
Gesù a Cafarnao va ad abitare in una casa che
per la verità non è la sua e neppure del discepolo
che pare averlo invitato.
Domicilio
incerto
A Cafarnao si fermano le lancette della bussola
di Gesù stabilmente al nord. Superata Cafarnao
si incontrano le città della Decapoli, la
Tetrarchia di Filippo, la terra dei pagani.
Zona di
confine
A Cafarnao si creano le condizioni della
fraternità e della relazione amicale.
Rapporti
fraterni
“Per essere fedeli al Vangelo in questo nuovo contesto, un semplice
processo di adattamento o la ricerca di modalità aggiornate di
comunicazione non bastano. Occorre individuare forme credibili per
una comunicazione della fede in un contesto socioculturale, nel quale
il Vangelo deve incarnarsi senza però disperdersi e annullarsi.
[…] Tale processo di incarnazione e di custodia della trascendenza
consente di non identificare l’annuncio e la testimonianza in sé con le
sue forme contingenti. Occorre stare dentro la contemporaneità, ma
andando oltre, con un’attenta opera di discernimento da parte della
comunità ecclesiale”.
Per stare dentro la contemporaneità:
- attenzione al mondo dei media
- alla loro capacità di rimediare la
realtà
In
particolare
attenzione
al
rapporto tecnologia e antropologia
Ogni tecnologia che si affaccia nel pubblico mercato della
società, domanda un prezzo in termini di «umanità».
Gli studiosi della comunicazione hanno rilevato con
precisione l’esistenza di un particolare rapporto tra le
strutture antropologiche dominanti in una determinata
epoca e le strategie comunicative più diffuse, definendo
una sorta di «storia comunicativa» dell’umanità.
Non si tratta soltanto di un approfondimento degli studi
sulla storia sociale delle tecnologie, quanto di una
prospettiva inedita capace di ridefinire tout court il ruolo delle
tecnologie stesse nel percorso socio-culturale dell’uomo.
Più che un modello di lettura storica, è una proposta interpretativa di
analisi antropologica, come emersione della comunicazione come chiave
interpretativa della storia.
... Nel corso degli anni Ottanta il peso economico e la rilevanza [degli
strumenti della comunicazione] sono cresciuti a tal punto che i media si
sono imposti al senso comune delle società industrializzate come tema
centrale di dibattito e riflessione.
(PEPPINO ORTOLEVA, nella Premessa al suo volume Mediastoria. Mezzi di comunicazione
e cambiamento sociale nel mondo contemporaneo,Il Saggiatore, Milano 2002. Nell’epoca della
“società dell’informazione”, l’idea di comunicazione... si è proposta come chiave
interpretativa non solo dell’oggi, ma anche del passato»).
L’apparizione di una
nuova tecnologia della
comunicazione non ha
l’effetto immediato di
sostituire quelle già
esistenti
ma di ridisegnare le
modalità di presenza dei
media già esistenti.
(CANTONI L., DI BLAS N.,
Teorie e pratiche della
comunicazione,
Apogeo, Milano, 2002).
E’ dunque necessario sfatare l’idea che un nuovo medium «elimini
semplicemente ciò che esisteva prima. […]. Il nuovo medium non
elimina quello vecchio, d’altra parte quest’ultimo non è più lo stesso di
prima» (ONG W., Conversazione sul linguaggio, Armando, Roma, 1993).
I media hanno grande capacità di sopravvivenza, grazie a processi di
ibridazione e trasformazione. «Tutti i media funzionano come
rimediatori, in particolare, i media digitali che rimediano i propri
predecessori. Ma quella che proponiamo è una genealogia di affiliazioni,
non una storia che procede linearmente; e in questa genealogia, i mezzi
di comunicazione più vecchi possono anche rimediare quelli nuovi» (D.
J., GRUSIN R., Remediation. Understanding New Media, MIT Press,
London, 1999).
L’attenzione al risvolto antropologico delle innovazioni comunicative,
quindi, si fa sempre più importante proprio nell’epoca contemporanea, in
cui la velocità con cui si susseguono le novità tecnologiche mediali ci
pone in una situazione di “rivoluzione permanente”. Mentre sono stati
necessari circa cinquemila anni tra l’invenzione della scrittura e quella del
torchio di Gutemberg, tra quest’ultimo e l’innovazione tecnologica dei
media elettronici sono trascorsi solamente circa quattro secoli e l’attuale
epoca è caratterizzata da una sollecitazione continua, praticamente
giornaliera, proveniente dal mercato delle tecnologie. Questo stato di
incessante evoluzione pone la questione antropologica non solo come
primaria ma anche come in continuo divenire.
Scivono a questo riguardo Giaccardi e Magatti:
«Più approfondiamo lo studio dei media e più ci rendiamo conto che il
tema centrale non è quello dei contenuti che i media passano, ma
piuttosto il fatto che è attorno ad essi che noi organizziamo gran parte
della nostra esperienza individuale e collettiva» (C. GIACCARDI, M.
MAGATTI, L’io globale, Laterza, Roma-Bari, 2003).
Di fronte ad una tale quantità di contenuti messi in condivisione gli
utenti della rete si trovano nella condizione dì avere bisogno di
un’educazione all’analisi critica superiore a quella delle generazioni
precedenti.
Queste nuove strategie informative danno luogo a comunità di
apprendimento informali foriere di contenuti, linguaggi, metodologie e
gerarchie differenti rispetto a quelle delle tradizionali agenzie formative
della civiltà alfabetizzata.
È proprio attraverso queste nuove comunità che, probabilmente, si
articolerà e trasmetterà quello che si potrebbe definire il nuovo sapere.
LA PROSPETTIVA ANTROPOLOGICA
Nello scenario comunicativo che va sempre più velocemente
diffondendosi e definendosi, ciò che è sempre più a rischio è il concetto
stesso di persona, la sua privacy e la sua libertà.
Il mondo così come lo conosciamo, basato sull’’incontro tra persone,
coscienze che si scambiano reciprocamente sensazioni e sguardi
(riconoscenti/riconosciuti), rischia di scomparire, sostituito da una
comunità di corpi sintetici;
«la progettazione di software sempre più raffinati e l’utilizzo delle reti
neurali, sta consentendo al computer di interagire con l’operatore in
linguaggio naturale, rendendo impossibile distinguere a quest’ultimo se
colui con cui sta interagendo sia una macchina oppure un uomo»
(RIVOLTELLA P. C., Elementi di teoria della comunicazione, I.S.U.
Università Cattolica, Milano, 1995)
DAL PUNTO DI VISTA ONTOLOGICO
Ovvero della ricerca di un “senso possibile”, la domanda è se davvero
l’applicazione del virtuale per simulare esperienze reali, prevedendone in
anticipo le caratteristiche, possa contribuire a migliorare la qualità di vita
dell’uomo, o se, invece, quella che chiamiamo simulazione sostitutiva, cioè
l’applicazione del virtuale all’area del ludico, finisca per creare uno spazio
alternativo, trasformando il simulacro in realtà. Il reale si dissolve, in
quest’ottica, in un reduplicare continuamente un referente inesistente,
perché appunto immagine sintetica. Conseguenza di tutto ciò è il crearsi di
un pericolosissimo processo di derealizzazione, al limite della patologia,
in cui non sarebbe neppure possibile procedere al riconoscimento di cosa,
nel mondo sinteticamente costruito, sia vero e cosa non lo sia.
DA ULTIMO IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO
Ossia quello relativo a quale conoscenza sia possibile realizzare attraverso
i new media. La questione è decisamente collegata al problema che
abbiamo chiamato ontologico. Infatti proprio per il rarefatto (inesistente)
legame con il vero, tale neorealtà può facilmente divenire luogo
dell’inganno, simulazione, imbroglio e violazione.Non sappiamo ancora
come sì concluderà la rivoluzione segnata dall’avvento di Internet.
(DERTOUZOS M., La rivoluzione incompiuta. Manifesto per una tecnologia
antropocentrica, Apogeo, Milano, 2001; BARMAN E., Internet nuovo
Leviatano, Verso il futuro paradigma di pensiero e di business, Etas, Firenze,
2002).
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Relazione prof. Viganò