STRUMENTI E CONTENUTI
DELLA PIANIFICAZIONE DI
TRADIZIONE IN PUGLIA
• Quadro istituzionale della pianificazione di
tradizione in Italia
• Limiti progettuali del PRG di tradizione
QUADRO ISTITUZIONALE DELLA
PIANIFICAZIONE DI TRADIZIONE IN
ITALIA
•
PRINCIPALI ISTITUZIONI E RELATIVE COMPETENZE
TERRITORIALI IN ITALIA
•
ORGANI ISTITUZIONALI REGIONALI E COMUNALI IN PUGLIA
•
MODELLO GERARCHICO DELLA STRUMENTAZIONE
URBANISTICA TRADIZIONALE
•
GLI STRUMENTI URBANISTICI DELLA PIANIFICAZIONE
REGIONALE IN PUGLIA (LR 56/1980)
•
MODELLO STANDARD PROCEDURALE DI APPROVAZIONE DEGLI
STRUMENTI URBANISTICI IN PUGLIA (LR 56/1980)
ISTITUZIONI ELETTIVE E COMPETENZE
TERRITORIALI (1)
•
STATO
– Sino al 1972. Funzioni di controllo, di indirizzo e coordinamento
della pianificazione territoriale degli enti locali e centrali sul
territorio nazionale
•
REGIONI
– A partire dal 1972. Competenze nella pianificazione territoriale
(attribuite dallo Stato con DPR n.8 del 15.1.1972). Funzioni di
controllo, di indirizzo e coordinamento della pianificazione
territoriale degli enti locali e centrali sul territorio regionale
•
STATO - REGIONI
– A partire dal 2001: Le regioni hanno potestà legislativa nel governo
del territorio, con il solo vincolo del rispetto della Costituzione,
dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali, mentre
per l’esercizio della potestà concorrente spetta allo Stato la sola
determinazione dei principi fondamentali (legge n.3 del 18.10.2001
di modifica del titolo V della costituzione, art. 117).
ISTITUZIONI ELETTIVE E COMPETENZE
TERRITORIALI (2)
•
AREE METROPOLITANE
– A partire dal 1990. Competenze nella pianificazione territoriale
(attribuite dallo Stato con legge n.142 dell’8.6.1990, salvo
recepimento nella legislazione regionale)
•
PROVINCE
– A partire dal 1990. Competenze nella pianificazione territoriale
(attribuite dallo Stato con legge n.142 dell’8.6.1990, salvo
recepimento nella legislazione regionale)
•
COMUNI
– Competenze nella pianificazione del territorio comunale (salvo
approvazione degli organi superiori: lo Stato sino al 1972, le Regioni
dal 1972) e sub-comunale
ISTITUZIONI NON ELETTIVE E
COMPETENZE TERRITORIALI (1)
•
CONSORZI ASI (Aree di Sviluppo Industriale) SISRI (Sviluppo
Industriale e Servizi Reali alle Imprese)
– A partire dal 1967. Competenze nella pianificazione territoriale nelle
aree di sviluppo industriale (attribuite dallo Stato con DPR n.1523
del 30.6.1967). Finalità orientate alla promozione dello sviluppo
industriale
•
COMUNITA’ MONTANE
– A partire dal 1971. Competenze nella pianificazione territoriale e
nella programmazione economica nei territori delle comunità
montane (attribuite dallo Stato con legge n.1102 del 3.12.1971).
Finalità orientate alla eliminazione degli squilibri socio-economici,
alla difesa del suolo e alla protezione della natura
ISTITUZIONI NON ELETTIVE E
COMPETENZE TERRITORIALI (2)
•
AUTORITA’ DI BACINO
– A partire dal 1989. Competenze nella programmazione e nella
pianificazione territoriale nei bacini idrografici (attribuite dallo Stato
con legge n.183 del 18.5.1989). Finalità orientate alla difesa del
suolo mediante interventi di risanamento idrogeologico
•
ENTI PARCO
– A partire dal 1991. Competenze nella pianificazione territoriale nei
parchi (attribuite dallo Stato – per i parchi nazionali – con legge
n.394 del 6.12.1991). Finalità orientate alla salvaguardia e alla
valorizzazione dell’ambiente
ORGANI ISTITUZIONALI REGIONALI
•
SETTORE URBANISTICO REGIONALE
– costituito da tecnici ed esperti, funzionari pubblici
•
COMITATO URBANISTICO REGIONALE (in Puglia L.R. n.8/1980 e
n.56/1980)
– formato da esperti e politici, rappresentanti dei comuni, delle
province, delle organizzazioni professionali
•
GIUNTA REGIONALE
– Costituita da rappresentanti della maggioranza di governo
•
CONSIGLIO REGIONALE
– Costituito dai rappresentanti eletti dall’intera comunità
ORGANI ISTITUZIONALI COMUNALI
•
SETTORE TECNICO COMUNALE
– costituito da tecnici ed esperti, funzionari pubblici
•
COMMISSIONE/I TECNICA/HE
– formata/e da esperti e rappresentanti della maggioranza e delle
minoranze politiche
•
COMMISSIONE CONSULTIVA (delibera di G.R. n.6320/1989, ormai
abolita)
– formata da esperti ed un rappresentante per ogni componente
politica presente nel consiglio comunale, nominati ad hoc
dall’amministrazione comunale con delibera di consiglio comunale
•
GIUNTA COMUNALE
– costituita da rappresentanti della maggioranza di governo
•
CONSIGLIO COMUNALE
– costituito dai rappresentanti eletti dall’intera comunità
MODELLO GERARCHICO DELLA
STRUMENTAZIONE URBANISTICA
TRADIZIONALE (1)
•
SCHEMA
– Livello 1: Piano relativo ad un territorio più ampio (ad.es. il territorio
regionale) di carattere generale e schematico
– Livello 2: A tale piano segue, e vi è formalmente subordinato, un
piano applicato ad un territorio più limitato (ad.es. il territorio
comunale), e quindi più di dettaglio, anche se pure esso alla scala
di strumento generale e non attuativo
– Livello 3: Segue, infine, sempre gerarchicamente subordinato ai
precedenti, il piano di dettaglio vero e proprio, nonché attuativo
(esteso, ad esempio, ad una porzione del territorio comunale).
MODELLO GERARCHICO DELLA
STRUMENTAZIONE URBANISTICA
TRADIZIONALE (2)
•
PROBLEMATICHE
– Mancanza di approccio strategico
– Mancanza di partecipazione democratica
– Eccessiva rigidità e burocraticità del processo
– Lentezza della procedura di formazione e approvazione
– Sfasamento di contenuti e di tempi tra le azioni condotte a differenti
livelli gerarchici
– Conflitti di competenze tra enti preposti al controllo di stessi ambiti
territoriali.
STRUMENTI URBANISTICI IN PUGLIA (1)
(LR 56/1980)
•
STRUMENTI URBANISTICI DI AREA VASTA
– P.U.T.R. (Piano Urbanistico Territoriale Regionale)
• Recepisce
gli
indirizzi
economici
e
sociali
della
programmazione nazionale e regionale e indica il modo e le
procedure per la loro coordinata realizzazione sul territorio
regionale.
• Individua le zone da destinare alla localizzazione dei servizi
pubblici di interesse nazionale e regionale.
• Indica le aree e/o gli ambienti da sottoporre a specifica
disciplina
di
tutela,
potendo
disporre
prescrizioni
immediatamente operative.
• Stabilisce, articolandoli per ambiti territoriali omogenei, i
principali parametri da osservare nella formazione degli
strumenti urbanistici di livello inferiore.
STRUMENTI URBANISTICI IN PUGLIA (2)
(LR 56/1980)
•
STRUMENTI URBANISTICI DI AREA VASTA
– P.U.T.T. (Piano Urbanistico Territoriale Tematico)
Strumento di pianificazione territoriale regionale di tipo
settoriale.
– P.U.I. (Piano Urbanistico Intermedio)
Strumento di pianificazione territoriale dell’ente intermedio,
quest’ultimo oggi identificabile nell’ente provincia
•
STRUMENTO PRINCIPALE DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE
– P.R.G. (Piano Regolatore Generale)
MODELLO STANDARD PROCEDURALE DI
APPROVAZIONE (LR 56/1980)
•
FORMAZIONE:
Redazione del piano, solitamente, mediante
affidamento di incarico a progettisti esterni all’ente promotore
•
ADOZIONE:
Recepimento del piano da parte dell’ente
promotore, in seno all’organo istituzionale rappresentativo dell’intera
comunità
•
PUBBLICAZIONE:
Deposito del piano per la pubblica visione e per
un arco di tempo prestabilito, al fine di consentirne la consultazione e la
presentazione di eventuali osservazioni tese a conseguire
miglioramenti nell’interesse della collettività
•
RIADOZIONE:
Nuova adozione del piano da parte dell’ente
promotore in seno all’organo rappresentativo dell’intera comunità, con
le controdeduzioni relative alle osservazioni proposte.
•
APPROVAZIONE:
Approvazione del piano da parte dell’ente,
competente in pianificazione del territorio, istituzionalmente preposto a
quello promotore
LIMITI PROGETTUALI DEL PRG DI
TRADIZIONE
•
DIVERSO REGIME IMMOBILIARE DERIVANTE DALLA PRATICA
DELLA ZONIZZAZIONE
•
FRAMMENTARIETA’ DEGLI INTERVENTI ATTUATIVI
•
TOTALE ASSENZA DI STANDARDS PRESTAZIONALI
DIVERSO REGIME IMMOBILIARE
DERIVANTE DALLA PRATICA DELLA
ZONIZZAZIONE
•
Le procedure di esproprio delle aree per servizi penalizzavano
fortemente le proprietà interessate a vantaggio di quelle per le quali se
ne prevedeva la possibilità di edificare.
•
Ciò accadeva sia nel caso di aree a servizi già reperite nel Piano
generale, che nel caso di aree da reperire nel Piano attuativo (in questo
secondo caso comunque rimanevano sempre escluse le aree per
attrezzature e servizi di interesse generale).
•
Anche le stesse aree destinate a residenza registravano differenti valori
immobiliari in funzione della maggiore o minore densità edilizia
prevista.
L’individuazione di tutte le aree a
servizi nella zonizzazione del PRG
(1977) di Monopoli
L’individuazione delle aree a servizi nella zonizzazione del PRG (1977) di Bari
FRAMMENTARIETA’ DEGLI INTERVENTI
ATTUATIVI
La fase attuativa, affidata a piani esecutivi (soprattutto di iniziativa
privata), si è tradotta quasi ovunque in interventi frammentari, discontinui,
non relazionati alla città esistente, spesso decontestualizzati:
•
per l’estrema segmentazione delle maglie urbanistiche cui riferire
l’organizzazione insediativa (al cui interno i lotti di proprietà sono stati
considerati spesso come criterio prioritario nella distribuzione dei volumi)
•
per l’uso standardizzato e omologante delle tipologie insediative
•
per la totale disattenzione attribuita alla progettazione delle aree a servizi
e alle infrastrutture (spazi pubblici residuali, strade sottodimensionate,
percorsi pedonali inesistenti, incroci non a norma)
•
per la rigida separazione funzionale nelle destinazioni d’uso (si pensi in
particolare alla stessa separazione netta fra residenza pubblica e
residenza privata)
•
per l’inadeguato impiego del PPA (fino a che vigente) come strumento di
programmazione
TOTALE ASSENZA DI STANDARDS
PRESTAZIONALI
Le norme e i parametri urbanistici sono stati quasi sempre definiti solo
in termini quantitativi:
•
quantità di superfici per gli standards senza alcun riferimento a
necessità prestazionali, anche quando queste venivano determinate da
leggi ad hoc (come ad esempio nel caso dell’edilizia scolastica)
•
quantità volumetriche pro-capite definite in maniera generalizzata e
indipendentemente dal contesto (a nord come a sud del Paese, per
l’edilizia residenziale libera e per quella residenziale pubblica pur, di
nuovo, a fronte di norme specifiche che ne disciplinavano le modalità
costruttive)
•
densità abitative definite attraverso indici volumetrici, che inducevano a
ridurre oltre misura le altezze utili pur di aumentare la superficie
abitativa o, al contrario, non consentivano interventi di ricucitura col
tessuto urbano esistente, quando il rispetto degli allineamenti obbligava
a mantenere inalterate le maggiori altezze ivi esistenti rispetto a quelle
minime previste.
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