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La chirurgia orale come ausilio
della terapia ortognatodontica.
Prima parte
INTRODUZIONE
L
a chirurgia orale a scopo ortodontico
è una terapia chirurgica che si occupa della correzione delle alterazioni
dento-alveolari e fibro-mucose, che interessa strutture orali facilmente accessibili e delimitate, prevede nella maggior parte dei casi
un intervento di tipo ambulatoriale e viene
per questo definita “minor”. Invece le metodiche che provvedono alla correzione delle
malformazioni scheletriche del distretto oromaxillo-facciale e che richiedono tecniche
operatorie più sofisticate ed invasive vengono definite di chirurgia ortognatodontica
“maior” (1). Ha come finalità la correzione
di alcune condizioni, patologiche o meno,
che possono interferire con il buon esito del
trattamento ortognatodontico e/o con la stabilità dei risultati ottenuti.
Scopo del seguente contributo è quello di
analizzare tutte le varie tecniche chirurgiche
“minor” che prevedono una stretta collaborazione tra chirurgo orale e ortodontista; si
sottolinea quindi l’importanza di collabora-
Paolo Negri
Valentina Pegiati*
Andrea Abazari
Massimo Lotito
Università degli Studi
di Perugia
Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Biomediche
Cattedra di
Patologia Speciale
Odontostomatologica,
Titolare per affidamento:
dottor P. Negri
Cattedra di
Ortognatodonzia,
Titolare: professor M. Lotito
*Odontoiatra Specialista
in Ortognatodonzia
334
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re in team, proprio per l’approccio multidisciplinare che le varie problematiche spesso
richiedono, allo scopo di ottenere un risultato adeguato, garantito dalle conoscenze
specialistiche reciproche.
Considerando l’irreversibilità delle operazioni chirurgiche di ausilio ortodontico, è indispensabile sviluppare una diagnosi corretta, a partire dall’esame clinico, fotografico,
dall’analisi dell’ortopantomografia (OPT) e
dell’esame cefalometrico eseguito sul telecranio in proiezione latero-laterale.
Le fotografie intra ed extra orali, insieme ad
un completo tracciato cefalometrico, sono
ausili diagnostici fondamentali che ci servono per valutare se i rapporti dei tessuti molli,
dei tessuti duri e dei tessuti dentari siano in
armonia tra loro e se il loro sviluppo e direzione di crescita siano corretti.
A completamento di un accurato esame clinico, l’OPT risulta indispensabile per valutare se la serie permanente o decidua presenta
o meno anomalie di varia natura (numero,
forma, volume, posizione...) o patologie (cisti, odontomi…) tali da richiedere un inter-
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fig. 2 Indice di
Pont valutato
con software
computerizzato.
fig. 1 Lee way space.
Somma dei diametri
mesio-distali dei
4 incisivi inferiori
Mn
30
29
28
27
26
25
24
23
22
21
20
19
18
17
16
15
Somma dei diametri
dei 3 denti non erotti
ANALISI COMPLESSIVA DI BOLTON
Mn
25
24
23
22
21
La somma dei diametri
mesio-distali dei denti
inferiori da primo molare
a primo molare deve
essere il 91,3% della
somma dei corrispondenti
denti superiori
91,3
20
19
18
17
fig. 3 Indice di Ballard-Wylie.
fig. 4 Indice di Bolton totale.
vento mirato.
Lo studio dei modelli in gesso, valutati unitamente alle radiografie,
diventa inoltre categorico per prevedere le dimensioni degli elementi che
devono erompere, e quindi lo spazio
loro occorrente, o stabilire le dimensioni trasversali e sagittali ideali.
In linea generale quando l’affollamento presente in arcata supera i
4 mm esistono già le indicazioni
per una terapia ortodontica di tipo
estrattivo, quindi è molto importante seguire i pazienti in età evolutiva
durante tutte le varie fasi della permuta dentaria allo scopo di intercettare e correggere tutte le condizioni
che possono alterare il corretto svi-
luppo funzionale ed estetico.
Durante l’analisi dei modelli in gesso dobbiamo valutare attentamente
la presenza o meno di affollamento
in arcata nonché l’eventuale esistenza di discrepanze dento-dentali e/o
dento-basali, tramite la valutazione
di parametri ed indici dentali.
Il Lee Way Space (differenza tra la
somma dei diametri mesio-distali
dei due molari e del canino deciduo
e quella dei due premolari e del canino permanenti) permette di capire
quanto spazio sarà possibile recuperare in arcata, come misura per risolvere un eventuale affollamento, o
se debbano essere attuate procedure
espansive e/o estrattive o se vi sarà
335
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100
spazio in eccesso (2) (fig. 1).
L’Indice di Pont, che misura il rapporto fra la somma mesio-distale dei
quattro frontali superiori e la misura
trasversale, è utile per valutare l’eventuale necessità di espansione e
l’ammontare della stessa (3) (fig. 2).
L’Indice di Ballard-Wylie, che si utilizza in dentatura mista, permette di
prevedere la dimensione che avranno il canino e i due premolari non
ancora erotti, che si leggono sul lato
destro della scala, a partire dalla
somma dei diametri mesio-distali
dei quattro incisivi inferiori, riportati sul lato sinistro (fig. 3).
L’Indice di Bolton indica le corrette
proporzioni che devono sussiste-
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re tra gli elementi dentali delle due
arcate nel loro complesso o nei soli
segmenti anteriori. L’indice di Bolton totale è il rapporto tra la somma
dei diametri mesio-distali dei denti
dell’arcata superiore da sesto a sesto
e la somma dei diametri mesio-distali dei corrispondenti denti dell’arcata inferiore. Si considera normale
quando la somma dei diametri mesio-distali dei dodici elementi inferiori è pari al 91,3% della somma
dei corrispettivi dodici dell’arcata
superiore, con variazioni comprese
fra 87 e 94% (fig. 4).
TRATTAMENTO DEI DENTI
NON EROTTI
Ogni singolo momento evolutivo
della dentizione di un individuo ha
un’importanza essenziale sia per
l’armonico accrescimento delle ossa
mascellari sia per il mantenimento
di corretti rapporti occlusali tra le
arcate dentarie (4).
L’inclusione dentaria rappresenta
quindi un evento che condiziona negativamente lo sviluppo dento-scheletrico e comporta ripercussioni non
solo sul piano funzionale, ma anche
su quello estetico.
I denti che risultano più facilmente
inclusi sono i terzi molari, inferiori
e superiori, seguiti dai canini mascellari, dai premolari e dagli incisivi superiori; anche i primi e i secondi molari permanenti, seppur in
misura minore, possono rimanere
inclusi, con un incidenza pari allo
0,01% per i sesti e allo 0,06% per
i settimi (1).
Il trattamento dei denti non erotti
ha come obiettivo principale il loro
recupero in considerazione dell’importanza che una formula dentaria completa e una giusta sequenza
eruttiva rivestono nel corretto assetto del sistema stomatognatico.
EZIOPATOGENESI
La mancata eruzione di un elemento
dentario nel cavo orale entro i limiti di tempo fisiologici rappresenta
un’anomalia della fase terminale
dello sviluppo, la quale riconosce
fattori eziologici generali, strutturali
e locali.
I fattori generali sono condizioni
sistemiche predisponenti rappresentate dall’ereditarietà (presenza di inclusioni dentarie in più membri della
stessa famiglia), dalle disendocrinie
(ipo o iper produzione di ormoni
che regolano la crescita delle strutture scheletriche e dentali), dalle
malattie metaboliche (ipovitaminosi
e rachitismo) e da quelle infettive (sifilide congenita, rosolia materna in
gravidanza, scarlattina).
I fattori locali costituiscono le cause più numerose e frequenti e sono
considerati determinanti nella patogenesi dell’inclusione poiché, agendo sul germe, sul follicolo, sul dente,
sul tessuto osseo o sulla struttura
parodontale, influenzano direttamente la formazione o l’eruzione
dell’elemento dentario.
Essi possono essere correlati alla
dentizione decidua, a quella permanente, o rappresentare un ostacolo
meccanico all’eruzione.
I fattori correlati alla dentizione decidua sono costituiti dalla persistenza o dalla perdita precoce.
La persistenza dei denti decidui può
essere conseguente ad anchilosi radicolare, a pregressi trattamenti endodontici o a flogosi croniche periapicale; queste situazioni, impedendo
o alterando il processo di rizalisi,
causano la permanenza in arcata di
questi elementi dentari oltre la fisiologica epoca di permuta.
La perdita prematura dei decidui
può essere parziale o totale e avvenire per estrazione, carie o trauma;
essa può causare anomalie di eru-
336
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zione per perdita di spazio in arcata, conseguente alla migrazione o
all’inclinazione degli elementi contigui, oppure per ostacolo meccanico costituito dalla formazione di un
tessuto osseo molto spesso o di una
cicatrice fibro-mucosa iperplastica,
esiti di una estrazione particolarmente precoce o di un’avulsione da
trauma.
I fattori locali correlati alla dentizione permanente sono costituiti
dall’anchilosi radicolare, dalle anomalie di forma e di volume, da quelle di posizione e da quelle di decorso, meccanismo e sequenza eruttivi.
L’alterazione del meccanismo eruttivo è responsabile del rallentamento
o dell’arresto del regolare progredire
dell’elemento dentario verso la sua
posizione abituale in cresta.
Questo può comportare l’inclinazione dei denti contigui già erotti, con
la conseguente perdita di spazio necessario all’eruzione.
Le anomalie della sequenza eruttiva
sono causa di inclusione quando l’elemento erotto in epoca prematura
occupa la sede destinata a un altro
dente permanente, come più spesso
avviene nei settori latero-posteriori
del mascellare per l’eruzione precoce
dei premolari o del secondo molare
che impedisce l’eruzione del canino.
I fattori locali che agiscono come
ostacolo meccanico interposto lungo il normale tragitto eruttivo sono
costituiti dalla disarmonia dento-alveolare (sproporzione tra lunghezza
dei processi alveolari e somma dei
diametri mesio-distali delle corone
dei permanenti), dai soprannumerari, dalle neoformazioni odontogene
(soprattutto odontomi), dalle cisti e
dai frenuli (5).
L’inclusione del canino superiore
ha dei fattori predisponenti specifici rappresentati da: sede di formazione della gemma, tragitto eruttivo, epoca di eruzione, dimensioni
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della corona.
L’abbozzo del germe del canino permanente superiore si forma a livello
della fossa canina, al di sotto delle
cavità nasali e dell’orbita e in corrispondenza della parete anteriore del
seno mascellare, lontano dalla sua
sede definitiva in arcata.
Rispetto agli altri elementi dentari
deve quindi compiere un percorso più lungo che presenta maggiori
probabilità di essere bloccato o deviato.
È inoltre uno degli ultimi denti di sostituzione a trovare posto in arcata
e questo lungo periodo migratorio
maggiormente lo espone al rischio
di essere ostacolato.
Un altro fattore predisponente è
rappresentato dal diametro mesiodistale della corona del canino permanente che, essendo nettamente
superiore a quello del deciduo omologo, può determinare una mancanza di spazio in arcata per un corretto
allineamento.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Clinicamente l’inclusione è molto
spesso asintomatica e viene sospettata in sede di visita specialistica e
messa in evidenza da un esame radiografico.
Meno frequentemente questa patologia si presenta con segni e sintomi
dovuti al presentarsi di complicanze
a carico del dente incluso (anomalie
radicolari, lesioni cariose, pericoroniti e cisti follicolari) o a carico dei
denti contigui (carie, rizalisi, riassorbimenti radicolari, necrosi pulpare,
dislocazioni).
DIAGNOSI
Una corretta anamnesi deve mettere
in luce tutte quelle situazioni pre-
gresse (ereditarietà, disendocrinie,
malattie dismetaboliche e infettive,
patologie congenite) che possono
configurarsi come cause predisponenti.
L’esame clinico sottolineerà l’assenza del permanente in arcata e l’eventuale persistenza del deciduo.
Gli accertamenti radiografici, indispensabili ai fini di una corretta programmazione terapeutica, debbono
consentire di rilevare le caratteristiche morfologiche e spaziali dell’incluso, i suoi rapporti con le strutture
anatomiche contigue (seno mascellare, fosse nasali, canale mandibolare, foro mentoniero), la presenza di
condizioni patologiche associate (cisti, odontomi, soprannumerari), lo
spazio disponibile od ottenibile per
il corretto allineamento in arcata.
Possiamo avvalerci di una radiografia ortopanoramica, di radiografia
occlusale, teleradiografia in proiezione latero-laterale, o di una radiografia endorale, magari con doppio
fotogramma realizzato con tecnica
“tube-shift” per verificare la localizzazione orale o vestibolare dell’incluso.
Quando, in presenza di casi clinici
complessi, le indagini radiografiche
convenzionali non fossero sufficienti
per stabilire una corretta programmazione terapeutica, è indispensabile ricorrere ad un TC Dentascan o
ad una TC Cone-Beam.
MODALITA’ TERAPEUTICHE
La scelta delle modalità terapeutiche
da adottare scaturisce dalla valutazione dei fattori eziologici, dall’eventuale presenza di condizioni patologiche associate, dalla posizione,
dalla morfologia corono-radicolare
dell’elemento non erotto, dall’esame dei suoi rapporti con le strutture
anatomiche contigue e con i denti
337
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adiacenti e soprattutto dall’esistenza
o meno di potenziale eruttivo, correlato alla presenza di un apice beante e di un legamento troficamente
attivo.
In base a questo parametro è possibile distinguere tra un dente ritenuto, in cui è presente ancora vis a tergo, e un dente incluso, che ha perso
la sua capacità eruttiva.
Le tecniche adottabili sono ortodontiche, chirurgico-ortodontiche, chirurgiche conservative e chirurgiche
radicali.
Metodo ortodontico
Il metodo ortodontico consiste nel
recupero del dente non erotto conseguito esclusivamente con la correzione dell’anomalia dento-alveolare
responsabile della ritenzione (figg.
5-10).
La sua applicazione è subordinata
all’esistenza di alcune condizioni
essenziali relative all’elemento dentario, che deve essere ritenuto, cioè
dotato di vis eruttiva, e presentare
una sede, una posizione e un’inclinazione tali da consentirgli un regolare
decorso eruttivo; deve inoltre essere
in prossimità della cresta alveolare
e non avere anomalie morfologiche
corono- radicolari.
Un altro metodo per riportare il canino dalla sede palatale alla sua posizione corretta è tramite l’utilizzo
di un cantilever che viene attivato e
collegato tramite una molla in Ni-Ti
o una legatura metallica al bottone
bondato sul canino da trazionare
(figg. 11 e 12).
Metodo chirurgico-ortodontico
Il metodo chirurgico-ortodontico è
una procedura che ha lo scopo di
applicare sul dente incluso un mezzo
che consenta di esercitare una trazione ortodontica.
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fig. 5 Paziente PF sesso M anni 25; canino cariato in
sede palatale e persistenza del corrispondente deciduo,
anch’esso cariato. Ancoraggio con barra palatale e
bandaggio superiore.
fig. 6 Estrazione del 63 e bottone sul 23 trazionato
dall’arco.
fig. 7 Estrazione del 63 e bottone sul 23 trazionato
dall’arco.
fig. 8 23 in posizione corretta.
È quindi indifferente che si tratti di
un elemento ritenuto o incluso, mentre è indispensabile che le anomalie
di sede, inclinazione e posizione siano tali da consentire l’esposizione
chirurgica della corona, l’applicazione di un bracket o di un altro tipo
di ancoraggio e soprattutto che sia
possibile ottenere, mediante l’impiego di forze ortodontiche, l’egressione dell’incluso.
La terapia ortodontica consta di due
fasi: la prima, se necessaria, è finalizzata alla creazione ed al mantenimento in arcata di una quantità di
spazio sufficiente a permettere il corretto allineamento dell’elemento incluso; la seconda, postoperatoria, ha
il compito di ripristinare l’integrità
morfo-funzionale ed estetica mediante la trazione ed il riposizionamento
del dente nella sua sede naturale.
Il trattamento chirurgico, invece,
consente di esporre la corona den-
338
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taria in modo da potervi applicare
il mezzo di ancoraggio necessario e
prevede tecniche operatorie diverse
in funzione della sede.
In presenza di un’inclusione vestibolare superficiale, le procedure
chirurgiche sono condizionate essenzialmente dalla necessità di ottenere, intorno al colletto del dente
riposizionato in arcata, un’adeguata banda di gengive aderente che
garantisca una maggiore resistenza
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figg. 9 e 10 Caso ultimato: visione laterale ed occlusale dopo riabilitazione implanto-protesica; 23 curato e ricostruito.
figg. 11 e 12 Recupero ortodontico con cantilever.
fig. 13 Lembo trapezoidale.
all’infiammazione, agli stress funzionali e alla tensione dei muscoli
mimici e masticatori, evitando così
la perdita di osso alveolare e l’in-
fig. 14 Lembo suturato apicalmente e bottone su 23.
staurarsi di tasche patologiche e recessioni gengivali.
Nel caso in cui la corona dell’incluso
sia localizzata coronalmente alla linea
339
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muco-gengivale è preferibile adottare
un lembo riposizionato apicalmente
a spessore misto, totale in corrispondenza della corona da esporre e par-
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fig. 15 23 trazionato dall’arco.
fig. 16 Elementi in inclusione vestibolare profonda:
opercolo fibro-mucoso ed ancoraggio in sede.
fig. 17 Inclusione
vestibolare
profonda.
fig. 18 Lembo
trapezoidale.
ziale per la restante parte.
Il tracciato di incisione è trapezoidale, con la base in corrispondenza
della zona edentula e i due tagli di
rilasciamento leggermente divergenti in senso corono-apicale (fig. 13).
Si procede poi alla rimozione della limitata quantità di osso e periostio per
poter esporre l’elemento incluso fino
alla giunzione amelo-cementizia. Una
volta applicato l’ancoraggio, il lembo viene riposizionato apicalmente e
mantenuto con punti di sutura (fig.
14); si procede poi con la trazione
dell’elemento in arcata (fig. 15).
Nelle inclusioni vestibolari in mucosa alveolare, dove non è possibile
suturare il lembo al periostio per la
presenza delle inserzioni muscolari,
l’esposizione della porzione coronale avviene mediante l’escissione di
un opercolo fibro-mucoso e del sottile strato di tessuto osseo eventualmente presente (fig. 16).
Una volta che l’elemento dentario
sia stato portato mediante trazione
ortodontica al di sotto della linea di
giunzione tra gengiva e mucosa alveolare, se il tessuto cheratinizzato
non sarà sufficiente potrà rendersi
necessario un innesto gengivale libero prelevato dalla sottostante sella
edentula o dal palato.
A differenza delle inclusioni vestibolari superficiali, quelle profonde
(fig. 17) richiedono una tecnica di
trazione a cielo coperto, che porti
l’incluso ad erompere al centro della
sella edentula e che faccia percorrere
all’elemento incluso il suo fisiologico iter intraosseo (6).
Il lembo muco-periosteo necessario
340
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è un lembo trapezoidale con incisione orizzontale sulla sella edentula
e due incisioni di scarico oblique e
divergenti (fig. 18). Scollato il lembo si procede all’esposizione della
corona dentaria, che va eseguita con
un manipolo a bassa velocità e sotto
abbondante irrigazione.
Si utilizza dapprima una fresa a rosetta, per asportare tessuto osseo
fino al raggiungimento della superficie smaltea, e poi una fresa a fessura
conica per esporre la superficie coronale per delimitare un vallo pericoronale di circa 2 mm e posizionare
l’ancoraggio ortodontico (fig. 19).
Si realizza poi un tragitto endosseo,
un tunnel che collega la zona dell’inclusione con la sella edentula o con la
cavità alveolare del deciduo estratto
(fig. 20). Il lembo viene poi suturato
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fig. 19 Vallo pericoronale.
fig. 20 Ancoraggio bondato e tunnel.
fig. 21 Lembo
suturato.
fig. 22 Opercolo
fibro-mucoso.
fig. 23 Opercolo fibro-mucoso.
nella sua posizione originaria (fig. 21).
Nelle inclusioni palatali o linguali,
la tecnica chirurgica è condizionata
dalla profondità della corona da agganciare.
fig. 24 Ancoraggio e trazione con cantilever.
Quando l’elemento dentario è incluso in posizione superficiale, e
dall’esame clinico è apprezzabile la
tumefazione corrispondente alla sua
porzione coronale, è sufficiente inci-
341
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dere e asportare un opercolo fibromucoso (figg. 22 e 23), eliminare
la superficie ossea dal rivestimento
smalteo e posizionare l’ancoraggio
prescelto (fig. 24).
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figg. 25 e 26 Lembo a busta palatale, estrazione del deciduo ed esposizione della corona degli elementi inclusi.
fig. 27 Ancoraggio e trazione in situ.
fig. 28 Sutura ultimata, trazione a cielo coperto.
Nelle inclusioni profonde è opportuno incidere un lembo a busta intrasulculare a tutto spessore, esteso
in modo da esporre ampiamente la
superficie ossea sede dell’inclusione.
Dopo aver elevato con lo scollaperiostio un lembo a spessore totale,
si esegue, se necessaria, l’estrazione
dell’elemento deciduo corrispondente. Si espone cautamente la superficie coronale rimuovendo l’osso
con una fresa a bassa velocità ed il
tessuto molle (follicolo) sovrastante
mediante una curette chirurgica, ponendo attenzione a non creare danni
nella zona cervicale dell’elemento
incluso (6) (figg. 25 e 26).
In un secondo momento si perfora la
corticale apicale dell’alveolo del deciduo estratto, fino a raggiungere la
corona dell’elemento incluso.
In questo modo la perforazione cre-
ata e l’alveolo formeranno un tunnel, nel quale verrà fatta passare la
legatura o la catenella che indirizzeranno così la forza di trazione verso
il centro della cresta (tunnel tecnique) (7).
Il lembo viene così riposizionato nella sua sede originaria (figg. 27 e 28).
Le tipologie di ancoraggio alla corona del dente incluso si dividono in
intracoronali (pernino parapulpare,
cavità di ritenzione…) ed extracoronali (attacco ortodontico diretto,
bracket o bottoni).
Molto importante è considerare direzione e forza della trazione.
Secondo Bishara (8) questa prevede
l’applicazione di forze ortodontiche
leggere inferiori a 60 g; in questo
modo infatti il movimento ortodontico avviene per “riassorbimento
diretto” dell’osso circostante il ca-
342
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nino con un buon bilanciamento tra
fenomeni di riassorbimento e apposizione.
La direzione di trazione invece deve
allontanare l’elemento interessato
dalle radici dei denti adiacenti, evitando di creare lesioni sui denti di
ancoraggio, ma soprattutto deve
consentire l’eruzione del canino incluso al centro del processo alveolare, riproducendone l’eruzione fisiologica e la contemporanea migrazione
dei tessuti parodontali (6, 7).
Metodo chirurgico conservativo
Il metodo chirurgico conservativo o
radicale comprende tutti quegli interventi che permettono di risolvere
l’inclusione senza ricorrere ad alcun
tipo di trazione ortodontica.
La chirurgia in questo caso può as-
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fig. 29 Deciduo estratto dopo odontotomia
interradicolare.
fig. 30 OPT che evidenzia presenza di
sovrannumerario nella zona frontale.
fig. 31 Dente soprannumerario di tipo odontomasimile.
sociarsi ad un trattamento ortodontico volto alla sola creazione di una
quantità di spazio sufficiente a consentire l’eruzione e il corretto allineamento dell’incluso.
Il trattamento delle condizioni patologiche che ostacolano l’eruzione
(decidui, soprannumerari, odontomi
e cisti) consiste nell’eliminare l’impedimento meccanico che è interposto
lungo il fisiologico decorso eruttivo
dell’incluso.
In questi casi il recupero ottimale
dell’elemento dentario è subordinato ad un intercettamento precoce
che permetta di sfruttare le potenzialità eruttive del dente ancora in
fase di eruzione.
La persistenza del deciduo richiede
una manovra estrattiva che deve
essere condotta in modo da evitare
lesioni alla gemma del permanente
sottostante.
Nel caso dei molari decidui, è bene
porre molta attenzione a causa della
loro particolare anatomia e proce-
dere semmai ad una sezione interradicolare eseguita con strumenti
rotanti ad alta velocità e separare
l’ultima parte delle radici con una
leva, ma senza impegnare la forcazione (fig. 29).
La rimozione di soprannumerari
normalmente erotti non presenta
particolari difficoltà (figg. 30 e 31).
In caso di inclusione del soprannumerario, la tecnica chirurgica prevede la scelta di un tracciato d’incisione
in funzione della sede dell’inclusione.
Nelle localizzazioni palatali e linguali si ricorre ad una incisione intrasulculare (figg. 32-36).
Nelle inclusioni vestibolari si utilizza un lembo triangolare o trapezoidale per esporre l’elemento o l’osso
sovrastante (figg. 37, 38 e 39).
Dopo aver scelto il tipo di lembo
muco-periosteo ed aver proceduto al
suo scollamento, si esegue una breccia ossea per raggiungere l’elemento
dentario.
Può rendersi necessaria l’odontoto-
343
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mia del soprannumerario per anatomie particolari; dopo avulsione del
soprannumerario si rivede la cavità
e si sutura il lembo nella sua posizione originaria.
Se il soprannumerario impediva l’eruzione di un elemento permanente, dopo la sua rimozione, bisogna
esporre il margine incisale e almeno
un terzo della corona del permanente incluso per cercare di facilitare l’eruzione spontanea.
Per la rimozione degli odontomi si
procede alla stessa maniera (9).
In presenza invece di cisti odontogene insorte in dentizione mista si procede con l’intervento di marsupializzazione, che consiste nell’apertura
della cisti e nella sua trasformazione
in una cavità accessoria di quella
orale (10).
Questa tecnica, sopprimendo la tensione endocistica responsabile dei
fenomeni di riassorbimento osseo,
promuove l’attività osteoblastica e
favorisce la spontanea rigenerazione
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figg. 32 e 33 Lembo a busta per estrazione
di sovrannumerari.
fig. 34 Alveoli postestrattivi.
fig. 35 Soprannumerari estratti.
fig. 36 Sutura ultimata.
centripeta dell’osso (11).
La tecnica operatoria prevede (12):
• l’incisione della mucosa sovrastante la formazione cistica e l’abbattimento ove necessario della
corticale ossea;
• l’asportazione della porzione
esterna della parete cistica;
• l’eventuale sutura della parete alla
mucosa orale;
• la zaffatura non compressiva della cavità;
• la presa dell’impronta e il posizionamento di un otturatore dopo
impronta di precisione.
Un’altra metodica chirurgica conservativa è l’alveolectomia conduttrice, applicabile ai soli denti ritenuti e consistente nell’eliminazione del
tessuto osseo e/o fibroso di ostacolo
alla normale eruzione di un elemento dentario e nel successivo mantenimento della pervietà del tragitto
eruttivo neoformato. La distanza tra
344
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la corona dell’incluso e la sommità
crestale non deve superare i 10-12
mm.
L’intervento prevede l’incisione e
lo scollamento di un lembo a tutto
spessore, trapezoidale o a busta e la
creazione di una breccia ossea che
deve liberare la corona del ritenuto
fino all’equatore, senza esporre il
colletto. Si rimuove in un secondo
momento il sacco pericoronarico
e si cerca di conservare il tramite
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figg. 37, 38 e 39 Estrazione di un soprannumerario (mesiodens).
fig. 40 16 ritenuto.
osteo-mucoso creato con un cemento chirurgico o una zaffatura con
garza iodoformica, onde evitare il
rigenerarsi di tessuto osseo o la formazione di una cicatrice fibrosa.
Questa metodica conservativa fu
proposta da Altonen and Myllarniemi (13) nella seconda metà degli
anni ‘70 e fu anche detta window
tecnique: l’approccio conservativo
proposto permetteva al dente ritenuto di avere uno spazio adeguato
dove erompere spontaneamente,
sebbene in maniera incontrollata
(figg. 40 e 41).
L’allineamento preventivo e il riposizionamento forzato sono anch’esse metodiche chirurgiche conservative (figg. 42 e 43) che consistono
fig. 41 16 erotto dopo alvelectomia conduttrice.
nel modificare mediante un’azione
lussativa l’inclinazione assiale del
dente fino a che lo stesso non si trovi allineato lungo il suo fisiologico
tragitto eruttivo. Si differenziano
per il tipo di movimento imposto
al dente poiché il primo ha come
fulcro l’apice che rimane nella sua
posizione originaria, mentre nella
seconda metodica la mobilizzazione è corporea coinvolgendo l’intera
radice.
Durante la manovra deve essere
mantenuta la vitalità pulpare; questo è più auspicabile in presenza di
un apice non ancora formato poiché il fascio vascolo-nervoso ha una
maggiore elasticità e questo garantisce una più elevata tollerabilità al
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movimento ed una prognosi migliore.
Ultima tecnica conservativa è costituita dall’autotrapianto. Il dente
viene estratto e trasferito nella sede
corretta. Può essere spostato o un
elemento dentale vitale o trattato
endodonticamente o una gemma
dentaria.
Devono essere adeguatamente valutati in sede preoperatoria i seguenti
parametri: localizzazione, posizione, inclinazione e morfologia corono-radicolare (14).
L’intervento prevede l’estrazione
dell’incluso dopo lembo mucoperiosteo e breccia ossea e la cauta
avulsione dell’elemento da trapiantare. Durante l’ostectomia bisogna
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fig. 42 Anomala mancanza in arcata del 37.
fig. 43 RX OPT con 37 ritenuto al di sotto del 36 che
necessita di allineamento preventivo.
fig. 44 Alveolo neoformato.
fig. 45 Elemento trapiantato in sede.
fare particolare attenzione a non
danneggiare il dente: è consigliato l’utilizzo di una fresa a rosetta montata su manipolo a basso
numero di giri e raffreddato da
una costante irrigazione; giunti in
prossimità dell’elemento bisogna
procedere con cautela all’estrazione tramite l’utilizzo di leve o pinze
senza mai impegnare il dente oltre
la giunzione amelo-cementizia (15).
L’elemento poi deve essere mantenuto o in situ per la sua momentanea conservazione o provvisoriamente tra il tavolato osseo ed il
lembo muco-periosteo creato per
l’avulsione, oppure può essere conservato a temperatura corporea in
soluzione fisiologica.
Secondariamente si procede alla
creazione della cavità alveolare
artificiale (fig. 44), tramite lembo
trapezoidale sul versante vestibolare per consentirne l’accesso; la
creazione della cavità per alloggiamento del dente viene eseguita con
una fresa ossivora di calibro adeguato sotto una costante e abbondante irrigazione di fisiologica. Il
dente trapiantato nell’alveolo neoformato (fig. 45) viene stabilizzato tramite contenzione per due
o quattro settimane assicurandosi
che l’occlusione con gli antagonisti in questa zona non sia traumatica: altrimenti si procedere con un
346
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molaggio selettivo.
Se dopo il periodo di contenzione il
dente non si è rivitalizzato, è consigliabile allora intraprendere una
terapia endodontica a base di idrossido di calcio rinviando di circa un
anno la chiusura definitiva con guttaperca.
Dati della letteratura riportano un
successo dopo medio termine nel
90% dei casi (16).
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TEST DI APPRENDIMENTO
1. IL LEE WAY SPACE È:
a. lo spazio libero determinato dalla differenza della misura mesio-distale fra
canino deciduo e canino permanente che erompe nella stessa posizione
b. lo spazio libero determinato dalla differenza della misura mesio-distale fra
secondo molare deciduo e secondo premolare permanente che erompe nella
stessa posizione
c. lo spazio libero determinato dalla differenza della misura mesio-distale fra
primo molare deciduo e secondo premolare permanente che erompe nella
stessa posizione
d. un indice cefalometrico che permette la valutazione dello spazio disponibile
presente in arcata
7. QUALE TRA QUESTE TIPOLOGIE DI ANCORAGGIO ALLA CORONA DEL
DENTE INCLUSO NON È UTILIZZABILE?
a. bracket con bondaggio diretto
b. bottone con bondaggio diretto
c. ancoraggio intracoronale
d. trazione extraorale
8.
a.
b.
c.
d.
2.
a.
b.
c.
L’INDICE DI BOLTON TOTALE:
si misura da premolare a premolare
è considerato in un range accettabile se compreso tra il 70% e l’80%
è il rapporto tra la somma dei diametri mesio-distali dei denti dell’arcata
superiore da sesto a sesto (misurato da distale sei a distale sei) e la somma
dei diametri mesio-distali da canino a canino dell’arcata inferiore
d. è il rapporto tra la somma dei diametri mesio-distali dei denti dell’arcata
superiore da sesto a sesto (misurato da distale sei a distale sei) e la somma
dei diametri mesio-distali dei corrispondenti denti dell’arcata inferiore
9. NEL CASO DI CANINO INCLUSO IN SEDE PALATALE, LA TECNICA
CHIRURGICA:
a. è condizionata dalla profondità della corona da agganciare
b. non è condizionata dalla profondità della corona da agganciare
c. prevede un’incisione dal lato vestibolare per facilitare il tragitto del canino
d. prevede l’utilizzo di un lembo triangolare o trapezoidale
10. IL METODO ORTODONTICO-CHIRURGICO PER PORTARE IN ARCATA
IL CANINO PALATALE INCLUSO:
a. nel 75% dei casi risulta fallimentare
b. inizia con la terapia ortodontica, al fine di creare spazio sufficiente a
permettere il corretto allineamento dell’elemento incluso
c. nel 60% dei casi risulta fallimentare
d. non può essere effettuato se il canino è impattato sulla radice dell’incisivo
laterale
3. LA PERSISTENZA DEI DENTI DECIDUI:
a. è favorevole perché mantiene basso il valore del Lee way space
b. non può essere conseguente a pregressi trattamenti endodontici o a flogosi
croniche periapicale
c. può essere conseguente ad anchilosi radicolare
d. è favorevole perché mantiene alto il valore del Lee way space
4. I FATTORI LOCALI CHE AGISCONO COME OSTACOLO MECCANICO
INTERPOSTO LUNGO IL NORMALE TRAGITTO ERUTTIVO:
a. non comprendono la presenza di denti sovrannumerari
b. comprendono la presenza di papilla ipertrofica
c. sono costituiti dalla disarmonia dento-dentale, dalle cisti, dalla presenza di
torus mandibolari e dall’ispessimento della gengiva aderente
d. sono costituiti dalla disarmonia dento-alveolare, dai soprannumerari, dalle
neoformazioni odontogene, dalle cisti e dai frenuli
11. SECONDO BISHARA, QUALE È L’ENTITÀ DELLE FORZE
ORTODONTICHE DA UTILIZZARE NEL TRAZIONARE UN ELEMENTO
DA RIPORTARE IN ARCATA?
a. forze pesanti superiori ai 250 g
b. forze leggere comprese tra i 50 e i 100 g,
c. forze leggere inferiori ai 60 g
d. forze pesanti corrispondenti ai 100 g
12. L’ALVEOLECTOMIA CONDUTTRICE:
a. è applicabile ai soli denti ritenuti; elimina il tessuto osseo o fibroso dal loro
tragitto eruttivo
b. è applicabile ai soli denti inclusi; elimina il tessuto osseo o fibroso dal loro
tragitto eruttivo
c. si applica se il tragitto eruttivo non supera i 4 mm
d. si applica anche se il tragitto eruttivo è di 23 mm
5. IL RECUPERO ORTODONTICO DEI CANINI INCLUSI CON L’UTILIZZO
DI CANTILEVER:
a. può essere collegato tramite una molla in Ni-Ti al bottone bondato sul canino
da trazionare
b. non necessita di bande cementate sui molari
c. è una tecnica antiquata e non più utilizzata
d. è utilizzabile soltanto se il canino ha sede ectopica vestibolare
13. IL LEMBO A BUSTA INTRASULCULARE A TUTTO SPESSORE È:
a. utilizzato per effettuare estrazioni seriate
b. utilizzato per le inclusioni profonde dei canini superiori, allo scopo di esporre
ampiamente la superficie ossea palatale sede dell’inclusione
c. utilizzato per le inclusioni profonde dei canini superiori, allo scopo di
preservare la papille interdentali
d. utilizzato per le inclusioni vestibolari dei canini superiori, allo scopo di
ottenere maggiore visibilità e preservare le papille interdentali
6. IN PRESENZA DI UN’INCLUSIONE VESTIBOLARE SUPERFICIALE:
a. diviene indispensabile l’ausilio del chirurgo maxillofacciale
b. le procedure chirurgiche sono condizionate essenzialmente dalla necessità di
ottenere un’adeguata banda di gengive aderente
c. è consigliabile l’estrazione dell’elemento incluso
d. nel caso in cui la corona dell’incluso sia localizzata coronalmente alla linea
muco-gengivale è preferibile adottare un lembo a tutto spessore
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LE INCLUSIONI PROFONDE:
vengono trattate con la tecnica di trazione a cielo coperto
non necessitano della realizzazione di un tunnel osseo
vengono trattate con la tecnica di trazione a cielo aperto
non necessitano di alcuna trazione
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