IX CONVEGNO NAZIONALE
BIODIVERSITÀ
Atti del convegno
Vol. 2
Biodiversità, Alimenti e Salute
A cura di:
Generosa Calabrese
Carmela Pacucci
Wanda Occhialini
Girolamo Russo
5-7 settembre 2012
Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Valenzano, Bari (Italia)
CIHEAM-IAMB, 2013
ORGANIZZATORI
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CIGM Centro Interuniversitario del Germoplasma Mediterraneo
Uni Ba Università di Bari
CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
CON IL PATROCINIO DI
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Uni Ba Università di Bari
CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
UniBas Università della Basilicata
CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche
SISA Società Italiana di Scienza dell‟Alimentazione
AISSA Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie
Regione Puglia Assessorato alle Risorse Agroalimentari
Consiglio Regionale della Puglia
MiPAAF Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
CON IL CONTRIBUTO DI
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Uni Ba Università di Bari
CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Life + Dinamo
Villafrut
Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia
Banca Carime (Cassa di Risparmio Meridionale)
Regione Puglia Assessorato alle Risorse Agroalimentari
COMITATO SCIENTIFICO
Elio ALBA Università della Basilicata
Antonio BLANCO Università di Bari “Aldo Moro”
Ferdinando BRANCA Università di Catania
Generosa CALABRESE CIHEAM IAMB
Tiziano CARUSO Università di Palermo
Innocenza CHESSA Università di Sassari
Luigi DE BELLIS Università del Salento
Stefania DE PASCALE Università di Napoli “Federico II”
Antonio ELIA Università di Foggia
Cosimo LACIRIGNOLA CIHEAM IAMB
Claudio LETO Università di Palermo
Silvano MARCHIORI Università del Salento
Vito MICCOLIS Università della Basilicata
Giambattista POLIGNANO CNR-IGV - Bari
Francesco SUNSERI Università di Reggio Calabria
Angelo TURSI Università di Bari “Aldo Moro”
COMITATO ORGANIZZATORE
Girolamo RUSSO (Presidente) Università di Bari “Aldo Moro”
Claudia BAUBLYS CIHEAM IAMB
Venturino BISIGNANO CNR-IGV - Bari
Laura D‟ANDREA Università di Bari “Aldo Moro”
Giuseppe FERRARA Università di Bari “Aldo Moro”
Mario GALANTE Università della Basilicata
Angela Maria Stella MATARRESE Università di Bari “Aldo Moro”
Carmela PACUCCI Università di Bari “Aldo Moro”
Anna Rita SOMMA Biblioteca Consiglio Regione Puglia
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA DEL CONVEGNO
Carmela PACUCCI (Segretaria) Università di Bari “Aldo Moro”
Laura D‟ANDREA Università di Bari “Aldo Moro”
Angela Maria Stella MATARRESE Università di Bari “Aldo Moro”
© CIHEAM-IAMB, VALENZANO, 2013
SOMMARIO
VOLUME II
BIODIVERSITÀ ALIMENTI E SALUTE
INTRODUZIONE
COSIMO LACIRIGNOLA
XI
PRESENTAZIONE
GIROLAMO RUSSO
XIII
CIBO, TERRITORIO, IDENTITÀ: LA VALORIZZAZIONE SOSTENIBILE
CINZIA SCAFFIDI
XIV
RISORSE NATURALI E DIETE SOSTENIBILI
ROBERTO CAPONE
XVI
2.1. RISORSE ALIMENTARI E DIETA MEDITERRANEA
GIUSEPPE MAIANI, ANGELA POLITO, ELENA AZZINI, DONATELLA CIARAPICA, ALESSANDRA DURAZZO,
MARIA STELLA FODDAI, FEDERICA INTORRE, BEATRICE MAURO, LARA PALOMBA, EUGENIA VENNERIA,
MARIA ZACCARIA
3
2.2. RACCOLTA DI SPECIE ORTICOLE NELLE AREE INTERNE DELLA BASILICATA
VINCENZO MONTESANO, GIULIO SARLI, D. NEGRO, G. LOGOZZO, P. SPAGNOLETTI ZEULI
11
2.3. CARATTERIZZAZIONE BIO-AGRONOMICA E MOLECOLARE DEL GERMOPLASMA
FRUTTICOLO CAMPANO
MILENA PETRICCIONE, TERESA MIGLIOZZI, MARIA SILVIA PASQUARIELLO, LAURA RITA CAPUANO,
ILARIA DI CECCO, DONATELLA DI PATRE, GIOVANNI SCOGNAMIGLIO, PIETRO REGA, GIUSEPPE CAPRIOLO,
MARCO SCORTICHINI
17
2.4. RECUPERO DI ECOTIPI LOCALI DI ALBICOCCO (PRUNUS ARMENIACA L.) IN PUGLIA
GIROLAMO RUSSO, LAURA D’ANDREA, VENTURINO BISIGNANO, GIAMBATTISTA POLIGNANO
25
2.5. MARCATORI DI QUALITÀ NUTRIZIONALE PER LA VALORIZZAZIONE DI LEGUMINOSE
NAZIONALI TIPICHE
MARINA CARBONARO, MIRELLA NARDINI, PAOLA MASELLI, ALESSANDRO NUCARA
34
2.6. BIODIVERSITÀ TRA RAZZE OVINE PER LA PRODUZIONE DELL’AGNELLO DA
LATTE. 2. CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELLE CARNI
FRANCESCO DIPALO, MARCO RAGNI, MASSIMO LACITIGNOLA, GIUSEPPE MARSICO, ARCANGELO VICENTI
40
2.7. LA BIODIVERSITÀ AGRARIA NELLE MARCHE: VALORIZZAZIONE NUTRIZIONALE DI
LEGUMINOSE E CEREALI TIPICI
GIANNA FERRETTI, TIZIANA BACCHETTI, SIMONA MASCIANGELO, AMBRA MICHELETTI
48
V
2.8. LA VITAMINA “C” NEI FRUTTI DI AGRUMI COME VALORE NUTRACEUTICO
GIROLAMO RUSSO, LAURA D’ANDREA, TEODORA BASILE
55
2.9. CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E MORFOPOMOLOGICA DI GENOTIPI DI MELOGRANO
(PUNICA GRANATUM L.) IN PUGLIA
GIUSEPPE FERRARA, ANGELA MARIA STELLA MATARRESE, ANDREA MAZZEO, ANDREA PACIFICO,
CARMELA PACUCCI, VITO GALLO, ISABELLA CAFAGNA, PIERO MASTRORILLI
59
2.10. VARIAZIONE DEI LIVELLI DI ALCUNI COMPOSTI A VALENZA NUTRACEUTICA E SALUTISTICA
DURANTE LA MATURAZIONE IN BIOTIPI DI CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.)
GIUSEPPE MENNELLA, GIANLUCA FRANCESE, ANTONIETTA D’ALESSANDRO, FRANCESCO RAIMO
69
2.11. PSR PUGLIA 2007-2013 E RECUPERO DI ORTAGGI A RISCHIO DI EROSIONE GENETICA
ANGELO SIGNORE, ROCCO MARIANI, PIETRO SANTAMARIA
78
2.12. COMPOSIZIONE FENOLICA E VOLATILE DI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA MONOVARIETALI
DELLE CVS CORATINA, FRANTOIO, LECCINO E PERANZANA DEL TERRITORIO DAUNO
ANTONIO TRANI, MICHELE FACCIA, ROSSANA PUNZI, PASQUA LOIZZO, ANGELA CASSONE, EMIDIO ALVISI,
GIUSEPPE GAMBACORTA
84
2.13. EFFETTI DEL DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI E DELLA DISPONIBILITÀ IDRICA SULLA QUALITÀ
DELL'UVA E DEL VINO IN AMBIENTE CALDO-ARIDO
DONATO ANTONACCI, ROSALINDA GENGHI, ENNIO LA NOTTE, ANTONIO COLETTA, SANDRA PATI
91
2.14. PROFILO ENZIMATICO DI ALCUNE ACCESSIONI DI POMODORO DA SERBO COLTIVATE IN
SICILIA
RICCARDO N. BARBAGALLO, CRISTINA PATANÈ, ISABELLA DI SILVESTRO, MARCO CHISARI
98
2.15. CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL PECORINO DI LATICAUDA A DIVERSI PERIODI DI
MATURAZIONE
CARMELA MARIA ASSUNTA BARONE, ROBERTO DI MATTEO, ANTONIO COPPOLA, ANTONIO ZULLO,
FILOMENA INGLESE
106
2.16. RECUPERO E VALORIZZAZIONE DI VARIETÀ DI FRUTTIFERI E USI TRADIZIONALI
NELL’APPENNINO REGGIANO
CRISTINA BIGNAMI, ALBERTO BARONI, CRISTINA BARBIERI, SERENA ANNA IMAZIO,
GIUSEPPE MONTEVECCHI
111
2.17. IL PROGETTO ESPLORA: RISULTATI PRELIMINARI IN FRAGOLA OTTOPLOIDE
FEDERICA BRANDI, GIANLUCA BARUZZI, GUIDO CIPRIANI, WALTHER FAEDI
119
2.18. TRATTAMENTO DELLA PASTA DI OLIVE CON UN METODO AD ULTRASUONI E INFLUENZA
SULLA QUALITÀ DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA OTTENUTO DA DUE DIFFERENTI CULTIVAR
PUGLIESI (CORATINA E PARANZANA)
MARIA LISA CLODOVEO, DOMENICO LA NOTTE, VIVIANA DURANTE, GIUSEPPE GAMBACORTA
124
2.19. VALORIZZARE I PRODOTTI DELLA BIODIVERSITÀ: IL PACKAGING NELL’ORIENTAMENTO DI
ACQUISTO
CARLO COSENTINO, ROSANNA PAOLINO, SEVERINO ROMANO, ANNA CHIARA BLASI,
PIERANGELO FRESCHI
131
VI
2.20. EFFETTO DI DIFFERENTI PRATICHE AGRICOLE SULLA CAPACITÀ ANTIOSSIDANTE TOTALE
IN DUE VARIETÀ DI INSALATA
MARIA STELLA FODDAI, IRENE BAIAMONTE, NICOLETTA NARDO, FEDERICA INTORRE, SANDRA DI
FERDINANDO, GIUSEPPE MAIANI, FLAVIO PAOLETTI
137
2.21. VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ VITICOLA: CARATTERIZZAZIONE AGRONOMICA
ED ENOLOGICA DI ALCUNI VITIGNI AUTOCTONI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
MASSIMO GARDIMAN, MIRELLA GIUST, MARINA NIERO, ANNARITA PANIGHEL, FABIOLA DE MARCHI,
MIRKO DE ROSSO, ANTONIO DALLA VEDOVA, RICCARDO FLAMINI
142
2.22. INFLUENZA DEL TRATTAMENTO DOMESTICO DI COTTURA SULLA QUALITÀ
NUTRIZIONALE IN CAMPIONI DI RADICCHIO ROSSO DI TREVISO
FEDERICA INTORRE, SIMONA VALENTINI, MARIA STELLA FODDAI, ELENA AZZINI,
FRANCESCA IOANNONE, GIUSEPPE MAIANI
149
2.23. CARATTERIZZAZIONE QUALITATIVA DI FRUTTI DI FRAGARIA A DIVERSA PLOIDIA
MARIA LUIGIA MALTONI, DANIELA GIOVANNINI, IRENE QUACQUARELLI, WALTHER FAEDI
155
2.24. BETALAINE E ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE IN OPUNTIA TUNA E CONFRONTI CON OPUNTIA
FICUS-INDICA
CARMINE NEGRO, ALESSIO APRILE, ERIKA SABELLA, LUIGI DE BELLIS, ANTONIO MICELI
161
2.25. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE SULLA COMPONENTE VOLATILE
DI VINI BIANCHI DELLA REGIONE PUGLIA
SANDRA PATI, DOMENICO LA NOTTE, MARIA LISA CLODOVEO, MARIAGIOVANNA FRAGASSO,
BARBARA LA GATTA, DONATO ANTONACCI
168
2.26. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE SULLA COMPONENTE VOLATILE
DI VINI ROSSI DELLA REGIONE PUGLIA
SANDRA PATI, DOMENICO LA NOTTE, MARIA LISA CLODOVEO, MARIAGIOVANNA FRAGASSO,
BARBARA LA GATTA, ANTONIO COLETTA
173
2.27. RECUPERO E CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA, PRODUTTIVA E QUALITATIVA
DELLA PATATA “RICCIONA DI NAPOLI”
ALFONSO PENTANGELO, BRUNO PARISI, ERNESTO LAHOZ, MARCO IANNUCCI,
GERARDO GAUDIANO, ASSUNTA DI MAURO
178
2.28. CARATTERIZZAZIONE DI POPOLAZIONI LOCALI DI CATALOGNA PUNTARELLE (CHICORIUM
INTYBUS L.) E ATTITUDINE ALLA TRASFORMAZIONE IN PRODOTTI PRONTI AL CONSUMO
MARIA GONNELLA, MASSIMILIANO RENNA, DONATO GIANNINO, PIETRO SANTAMARIA
186
2.29. PROFILO POLIFENOLICO IN ECOTIPI DI POMODORO DA SERBO DI ORIGINE SICILIANA
LAURA SIRACUSA, CRISTINA PATANÈ, GIUSEPPE RUBERTO
193
2.30. I FRUMENTI SICILIANI: IL CASO RUSSELLO
ALFIO SPINA, FABIOLA SCIACCA, NINO VIRZÌ, MICHELE CAMBREA, STEFANIA LICCIARDELLO, MASSIMO
PALUMBO
199
2.31. VARIABILITÀ DEL CONTENUTO DI ARBUTINA IN UVA URSINA (ARCTOSTAPHYLOS
UVA-URSI (L.) SPRENG.) IN RELAZIONE AL BIOTIPO E ALL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE
SILVIA TAVARINI, BENEDETTA CESTONE, LUCIANA GABRIELLA ANGELINI
206
VII
2.32. VALORIZZAZIONE DI SPECIE SPONTANEE PER LA PRODUZIONE DI COLORANTI
VEGETALI PER PRODUZIONI INNOVATIVE DI NICCHIA E LO SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE
SILVIA TAVARINI, EDOARDO BIONDI, LUCIANA GABRIELLA ANGELINI
212
2.33. VALUTAZIONE BIOAGRONOMICA DI ECOTIPI LOCALI DI FAVA
CARLO TROCCOLI, BENIAMINO LEONI
218
2.34. PRODUTTIVITÀ DI ECOTIPI LOCALI DI CECE
CARLO TROCCOLI, BENIAMINO LEONI
224
2.35. INDAGINE CHIMICO FISICA DELL’UVA PER LA VALORIZZAZIONE E CONSERVAZIONE
DEI VITIGNI AUTOCTONI DELL'EMILIA ROMAGNA
FRANCESCA MASINO, ANDREA ANTONELLI, SERENA ANNA IMAZIO, VALENTINA MATRELLA, GIUSEPPE
MONTEVECCHI, ELISABETTA SGARBI, GIUSEPPE VASILE SIMONE, CRISTINA BIGNAMI
230
2.36. CONFRONTO DEI PARAMETRI QUANTITATIVI DELLE PRODUZIONI DI CARNE DI
BOVINI DI CEPPO PODOLICO ALLEVATI IN PUGLIA (ITALIA) ED IN THESSALIA (GRECIA)
DESPOINA KARATOSIDI, MARCO RAGNI, ANTONIO DOMENICO MARSICO, DONATELLA COLANGELO,
ANGELA GABRIELLA D’ALESSANDRO, LIBORIO MELODIA, SIMONA TARRICONE
238
2.37. RISULTATI DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ NELL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE
PER LA TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ DEL LAZIO (L.R. N. 15, 1 MARZO 2000)
MARIATERESA COSTANZA, IMMACOLATA BARBAGIOVANNI M., GIORGIO CASADEI,
SALVATORE DE ANGELIS, FRANCO PAOLETTI
245
2.38. RISULTATI DEL PROGRAMMA OPERATIVO SEMENTIERO DEL LAZIO IN APPLICAZIONE
DELLA LEGGE REGIONALE A TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ (L.R. N.15 1/03/2000)
MARIATERESA COSTANZA, PIERFRANCESCO NARDI, STEFANO PAOLETTI, PAOLA TAVIANI, ROBERTO REA,
LINO LELLI, LUCIANO MONTI, MAURIZIO MARCHETTI, MARIO BRANCALEONE, MASSIMO TANCA,
ROMANA BRAVI, ELISABETTA FRUSCIANTE, FRANCESCO SACCARDO, ORIANA PORFIRI
252
2.39. “LENTICCHIA DI SOLETO”: STORIA LOCALE DI UN LEGUME MINORE
RITA ACCOGLI, GINO DI MITRI, SILVANO MARCHIORI
262
INDICE DEGLI AUTORI
267
VIII
IX
X
INTRODUZIONE
La valorizzazione delle risorse genetiche, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico e
la conservazione dell‟agro-biodiversità sono tematiche strettamente interconnesse e
costituiscono sfide strategiche nello scenario futuro dell‟agricoltura mediterranea.
La biodiversità del territorio e del paesaggio ed i servizi eco-sistemici che ne derivano sono
temi da sempre al centro delle analisi di sistema e della ricerca, al fine di promuovere la
gestione sostenibile delle risorse e del territorio, la tutela del paesaggio autoctono e degli
habitat, mediante pratiche agricole sostenibili, pur mantenendo, al tempo stesso, uno sguardo
lucido e attento alle esigenze produttive del settore primario.
In merito a tali tematiche, l‟Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari (CIHEAM - IAMB), in
collaborazione con il Centro Interuniversitario per il Germoplasma Mediterraneo (CIGM) e
l‟Università degli Studi di Bari, ha avuto l‟onore di organizzare ed ospitare il IX Convegno
Nazionale sulla Biodiversità, tenutosi dal 5 al 7 settembre 2012.
L‟evento, articolato in tre giornate, ha visto a confronto scienziati, referenti istituzionali e
politici, su tematiche relative alla tutela e valorizzazione della biodiversità, quale valida
risorsa economica per lo sviluppo sostenibile dei territori.
Il Convegno ha inteso declinare la tematica della biodiversità nei diversi e complementari
ambiti delle risorse naturali, delle risorse genetiche, della pianificazione territoriale e del
rapporto con il mondo dell‟agricoltura, favorendo il dialogo tra istituzioni e ricerca, per
contribuire alla nascita di azioni coordinate rispetto alle necessità derivanti dalle più recenti
analisi di scenario. Tale meeting ha rappresentato un‟utile occasione per riflettere sui nuovi
indirizzi della politica di settore e le necessità della ricerca scientifica in considerazione degli
scenari -nazionale e internazionale- delineati dalla Strategia Nazionale sulla Diversità
Biologica, dall‟implementazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità Agraria e dalla
nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC).
Proprio muovendo dalla Strategia Nazionale sulla Biodiversità del Ministero dell‟Ambiente e
grazie all‟implementazione del Trattato FAO sulle Risorse genetiche delle piante per
l‟alimentazione e l‟agricoltura (PGRFA), numerosi relatori hanno sottolineato la valenza
economica della biodiversità, risorsa da recuperare e conservare, in quanto binomio
inscindibile con la sostenibilità.
Uno spazio a parte è stato rivolto al rapporto tra biodiversità, alimenti e salute con riferimento
allo stretto rapporto tra cibo e identità, diete sostenibili, territorio e valorizzazione dei prodotti
tipici. Inoltre, particolare attenzione è stata dedicata all‟analisi del contesto relativo
all‟interazione tra risorse naturali, pianificazione territoriale e rapporto con il mondo
dell‟agricoltura. Tali tematiche, sviluppate nel corso di tre sessioni di studio, sono presentate
nei tre volumi che costituiscono gli Atti.
Il CIHEAM – IAMB è da tempo impegnato a vario titolo su tali tematiche, in quanto
l‟agrobiodiversità e la caratterizzazione delle risorse genetiche sono alla base della
valorizzazione del territorio mediterraneo, che passa anche attraverso la salvaguardia del
germoplasma di alberi da frutto autoctoni, di cui gli olivi monumentali pugliesi sono
prestigiosi ambasciatori.
Inoltre, la biodiversità gioca un ruolo chiave in tema di alimentazione sostenibile ed in tale
ottica si inserisce l‟impegno dello IAMB per promuovere un sistema regionale di produzione
alimentare sano e sostenibile, secondo gli standard della dieta mediterranea e per favorire il
consumo di prodotti locali e stagionali, in particolare incoraggiando le reti regionali a
XI
supporto delle decisioni pubbliche per la protezione, promozione e commercializzazione di
prodotti mediterranei e lo sviluppo di sistemi produttivi sostenibili.
Come Direttore dell‟Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, sono, pertanto, particolarmente lieto che gli Atti di questo Convegno possano arricchire e promuovere ulteriormente
il dibattito tecnico tra le istituzioni, il mondo della ricerca scientifica, la società civile e tutti
coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta.
Cosimo Lacirignola
Direttore CIHEAM - IAMB
XII
PRESENTAZIONE
Biodiversità e Sostenibilità formano un binomio inscindibile per la salvaguardia e la
valorizzazione delle specie viventi.
Nel 1992, dopo la Conferenza di Rio sulla Biodiversità che ha sottolineato l‟urgenza e la
necessità della tematica, è nato il Centro Interuniversitario per le Ricerche Conservazione ed
Utilizzazione del Germoplasma Mediterraneo (CIGM), con la finalità di agire soprattutto in
relazione al difficile rapporto tra agricoltura e ambiente.
A partire dalla metà del secolo scorso grazie a nuove tecniche e tecnologie, oggi anche
nanotecnologie, il settore agro-alimentare-ambientale ha subìto molte trasformazioni. Tra le
conseguenze di tali cambiamenti c‟è anche l‟abbandono dei sistemi produttivi ecocompatibili
e la diffusione di sistemi prevalentemente monocolturali. Pertanto un gran numero di specie
con potenzialità sconosciute si è estinto o ha subito gravi impoverimenti dei pool genici.
D‟altro canto la diffusione delle abitudini alimentari dei Paesi industrializzati, con l‟eccessivo
ricorso a prodotti alimentari sofisticati ma spesso qualitativamente poveri, ha determinato
l‟insorgenza di malattie degenerative che oggi rappresentano gli aspetti fondamentali della
problematica agro-alimentare-nutraceutica.
Il recupero, la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione della Biodiversità facilitano
la sostenibilità dell‟ecosistema, in quanto essa annovera aspetti ambientali, tecnologici,
economici e sociali che favoriscono il recupero dei sistemi produttivi ecocompatibili ed il
superamento del modello produttivo intensivo/superintensivo.
In questo Convegno, giunto alla sua IX edizione, organizzato dall‟Università degli Studi di
Bari “Aldo Moro”, dal CIHEAM - IAMB e dal CIGM, che segue quelli svoltisi a Massafra
(1995), Matera (1996), Reggio Calabria (1997), Alghero (1998), Caserta (1999), Bari (2001),
Catania (2005) e Lecce (2008), verranno illustrati lo stato dell‟arte della ricerca in Italia, il suo
grado di applicabilità per la valorizzazione dei sistemi produttivi nell‟ambito di uno sviluppo
sostenibile.
Come già avvenuto nelle edizioni precedenti, sarà un‟occasione di incontro tra ricercatori e
studiosi del settore per stimolare ricerche innovative mirate alla riconciliazione del rapporto
fra natura e umanità per lungo tempo conflittuale, in un percorso multidisciplinare in cui si
possa trovare l‟essenza dell‟eco-sostenibilità.
Infine colgo l‟occasione di ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti nell‟organizzazione
di questo Convegno, come pure tutte le Istituzioni e gli Enti pubblici e privati che hanno
concesso un supporto finanziario senza il quale questa manifestazione non si sarebbe potuta
realizzare.
Girolamo Russo
Il Presidente del Comitato Organizzatore
XIII
CIBO, TERRITORIO, IDENTITÀ: LA VALORIZZAZIONE SOSTENIBILE
L'idea di valorizzazione si situa su un crinale un po' pericoloso, per via della tentazione –
quasi un automatismo – di collegare l'idea di valore all'idea del denaro, e quindi l'idea della
valorizzazione ad attività che abbiano come obiettivo il profitto. Questo ha portato spesso ad
iniziative quantomeno opinabili, a sbandieramenti di tipicità improvvisate e di tradizioni che
le comunità locali non avevano mai nemmeno sentito nominare. E altrettanto spesso ha
portato a concentrarsi su un prodotto, magari anche effettivamente radicato su quel territorio,
ma che veniva comunicato senza considerare la rete delle competenze, delle conoscenze, delle
condizioni e – quasi sempre – di ulteriori prodotti, che quella tipicità portava con sé, o di cui
era – più correttamente – il risultato.
Se il successo si misura in numero di turisti, in introiti per gli esercenti locali e quantità di
citazioni sulla stampa di zona, sicuramente quelle operazioni sono anche state – e continuano
ad essere – di successo.
Se invece il successo si misura in grado di consapevolezza tra le comunità locali, in capacità
di disseminare le informazioni, in robustezza di un tessuto culturale che intreccia in sé fili che
arrivano da tante sorgenti diverse, allora le esperienze di successo sono sicuramente di meno,
e soprattutto ci accorgiamo di quanta riflessione sia ancora necessaria, e di quanta formazione,
affinché quella che chiamiamo valorizzazione assomigli più a una riconquista di senso (che
prima o poi certamente si accompagnerà anche a benefici economici) che a una conquista di
fette di mercato.
Il caso della dieta mediterranea ci può essere d'aiuto, perché ha avuto, tra i suoi pregi, quello
di stimolare riflessioni importanti e profonde.
La dieta mediterranea è stata dichiarata dall'Unesco “Patrimonio immateriale dell'umanità”, il
che per un verso riconosce la saggezza di un atteggiamento culturale complessivo che
riguarda le relazioni sociali, il senso del tempo, del bello, il rapporto uomo-natura e molto
altro ancora. È di questa cultura che siamo figli, noi donne e uomini del Mediterraneo, anzi di
queste culture, perché il Mediterraneo è un luogo plurale (il vino o la pasta, appartengono solo
a un pezzetto di Mediterraneo, per esempio) e dunque abbiamo accolto con soddisfazione
questo riconoscimento. Tuttavia in quella parola – immateriale – si celava anche un pericolo:
considerare la dieta mediterranea come un fatto puramente formale, mentre stiamo parlando di
un regime alimentare basato su prodotti dell'agricoltura: riuscite ad immaginare qualcosa di
più materiale?
Nel secondo dopoguerra, quando Ancel Keys codificò la dieta mediterranea, il problema
dell'alimentazione non si poneva in termini di sicurezza, né termini di qualità. Oggi, con un
mercato globalizzato e la cultura alimentare ridotta a livelli di guardia, rischiamo che le regole
auree della dieta mediterranea (prevalenza di cereali, frutta e verdura, moderato consumo di
prodotti animali, rari dolci, presenza di olio di oliva) divengano scatole vuote: quale frutta e
quale verdura mangeremo, coltivata come, quanto raffinati saranno i cereali (che più sono
raffinati e più assomigliano a zuccheri semplici per il nostro organismo) e da che allevamenti
provengono i prodotti animali? Se non riportiamo l'attenzione sulla produzione, anche la dieta
mediterranea perderà significato e valore, e seguirla non sarà garanzia di salute.
Così come occorre riportare l'attenzione su quando NON si mangia: quanto ci si muove, come
ci si sposta, che tipo di qualità dell'esistenza abbiamo.
XIV
Riportare l'attenzione sulla produzione significa necessariamente riportarla sulla cultura, sugli
stili di vita (a loro volta risultato di geografie e storie, ma anche di scelte politiche e
intellettuali) che generano un determinato tipo di produzione.
Ai tempi di Ancel Keys in qualche modo la sostenibilità non richiedeva scelte. Oggi siamo in
una situazione completamente diversa: il ventaglio delle opzioni produttive e dunque
alimentari che ci viene offerto è amplissimo, ma solo le scelte orientate alla sostenibilità sono
scelte che riguardano, nella sua complessità, tutto un territorio e tutta una comunità.
Bisogna stare attenti a non far diventare le idee delle etichette: le etichette servono per
vendere e se questo è l'obiettivo possono funzionare; ma le idee servono per vivere, per
crescere, e si possono semplificare ma solo fino al un certo punto, oltre il quale si tradiscono.
Un esempio operativo di quanto detto finora ci viene dal progetto dei presidi di Slow Food.
Dal punto di vista formale un Presidio è un'attività di valorizzazione di un territorio.
La cosa più importante è che un Presidio inizia da un'esigenza di quel territorio e da un
elemento di realtà di una comunità. Un prodotto a rischio di scomparsa che ha intorno un
gruppo di produttori che pensano di poterlo salvare. Da lì muove i primi passi ogni progetto di
Presidio Slow Food. Coinvolgendo le comunità, le istituzioni, le risorse del territorio e
comunicando il senso di quel prodotto e il significato complessivo della sua scomparsa o della
sua ripresa.
Occorre dunque riconsiderare la nostra idea di benessere, di successo, di salute e di crescita
per comprendere che portare a valore tutto questo è una delle sfide più importanti che oggi i
territori sono chiamati a raccogliere.
Cinzia Scaffidi
Università di Scienze Gastronomiche – Bra (CN)
XV
RISORSE NATURALI E DIETE SOSTENIBILI
L'agricoltura negli ultimi decenni ha fatto registrare notevoli passi avanti, anche se è evidente
a tutti che gli attuali sistemi alimentari e le diete continuano a non essere sostenibili.
Essi purtroppo hanno dimostrato per differenti motivi di essere inadeguati e non solo non
hanno risolto il problema della fame e della malnutrizione nel mondo, ma hanno generato
problemi di sovrappeso ed obesità che non hanno risparmiato nemmeno i paesi del sud dove è
in corso una vera e propria deriva alimentare.
Questo perché i meccanismi che regolano l'alimentazione seguono sempre più il criterio della
quantità piuttosto che quello della qualità.
L'industrializzazione dell‟agricoltura ed i trasporti su lunghe distanze, inoltre, hanno
contribuito a far sì che la dieta che oggi la maggior parte del mondo moderno segue sia ricca
di carne, prodotti caseari, grassi e zuccheri.
Ma produrre della carne ha un impatto ambientale molto più alto rispetto alla produzione di
vegetali e dunque il regime alimentare che noi tutti seguiamo ha inevitabili conseguenze sulle
Risorse Naturali in termini di consumi idrici, emissioni di gas serra, perdita di biodiversità,
etc.
La produzione ed il consumo di cibo, infatti, generano un impatto ambientale in termini di
emissioni di CO2, di consumo di terra e di risorse idriche.
Se associamo questi elementi all‟allarmante rapidità con cui la biodiversità agricola si sta
riducendo e con cui gli ecosistemi si stanno deteriorando, un riesame dei sistemi alimentari e
delle diete risulta quindi assolutamente imprescindibile. È necessario promuovere e diffondere
il concetto di Diete Sostenibili (DS) sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di
sviluppo.
Le DS raccomandano stili alimentari più sani per l‟ambiente e per i consumatori, qualità del
cibo, sicurezza qualitativa e quantitativa degli alimenti, in un contesto di globalizzazione e
crescente industrializzazione che non pone alcuna attenzione alla biodiversità ed alla
sostenibilità degli ecosistemi alimentari.
Roberto Capone
Amministratore principale - CIHEAM-Bari
XVI
II SESSIONE
BIODIVERSITÀ, ALIMENTI E SALUTE
2.1.
RISORSE ALIMENTARI E DIETA MEDITERRANEA
FOOD RESOURCES AND MEDITERRANEAN DIET
Giuseppe MAIANI, Angela POLITO, Elena AZZINI, Donatella CIARAPICA, Alessandra
DURAZZO, Maria Stella FODDAI, Federica INTORRE, Beatrice MAURO, Lara PALOMBA,
Eugenia VENNERIA, Maria ZACCARIA
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Via Ardeatina 546, 00178,
Roma, [email protected]
Riassunto
Il cibo, sano e vario è garanzia di buona salute e rappresenta un elemento di identità sociale e
culturale di un popolo. Nell‟ambito della popolazione italiana dal 1930 sino ad oggi, da paese
agricolo a paese industrializzato, si riscontra una forte disponibilità alimentare, tuttavia oggi,
si nota una forte diminuzione nel consumo di cereali, un aumento del consumo di frutta e
vegetali e un aumento nel consumo di latte e derivati.
In Italia, come nel resto dei paesi industrializzati, le strategie di marketing scoraggiano i
produttori agricoli a coltivare ciò che il mercato non richiede spesso a scapito della qualità
favorendo la riduzione della biodiversità. Inoltre, i flussi migratori in continua crescita,
implicano delle modifiche nello stato sociale ed economico, nello stile di vita e nelle abitudini
alimentari dell‟intera popolazione. Infatti, alimenti che provengono da una produzione
agricola industriale e alimenti etnici sono divenuti sempre più popolari e facilmente
disponibili in molti supermarket, ristoranti e negozi ciò a causa di una distribuzione a largo
raggio e costi minori.
L‟Italia, per la singolare conformazione geomorfologica, per le molteplici tipologie
ambientali e per la diversità climatica, è il paese europeo più ricco di biodiversità e la
conservazione del patrimonio biologico agroalimentare tradizionale per preservare le varietà
locali andrebbe incentivata.
I nostri risultati ottenuti nell‟espletamento di diversi progetti di ricerca hanno evidenziato una
stretta correlazione tra il potenziale salutistico, la possibile “funzionalità” di un alimento e il
territorio. Il territorio sta diventando un importante “fattore strategico di produzione e di
mercato”: la promozione dei prodotti dovrebbe essere indirizzata verso un sistema di
produzione sostenibile, che rispetti l‟ambiente e i principi di tracciabilità/rintracciabilità a
partire dalla reintroduzione e dalla valorizzazione di specie locali coltivate in passato e ora
trascurate, tutelando le scelte del consumatore.
La dieta mediterranea, che si caratterizza come vero e proprio stile di vita, è un modello
nutrizionale caratteristico rimasto pressoché inalterato nel tempo, basato sul consumo di
prodotti strettamente connessi con il territorio di produzione, spesso consumati in un ambiente
conviviale dopo preparazioni culinarie tradizionali.
Dati di letteratura hanno evidenziato che gruppi di popolazione che vivono nell‟area
mediterranea hanno una bassa incidenza di malattie CVD e delle cosiddette malattie del
benessere (arteriosclerosi, ipertensione, diabete, obesità). Le nostre ricerche hanno dimostrano
che soggetti sani in regime alimentare abituale mediterraneo presentano un aumento dei livelli
plasmatici di composti antiossidanti e della capacità antiossidante plasmatica totale associati a
una diminuzione di indicatori dello stato infiammatorio.
In conclusione occorre studiare e preservare i prodotti tipici, specchio fedele delle tradizioni
di un popolo, e il modello alimentare mediterraneo per sfruttarne al meglio le potenzialità
3
benefiche e salutistiche e sostenere le istituzioni locali dell‟agrobiodiversità.
Parole chiave: Prodotti tradizionali, biodiversità, dieta mediterranea, antiossidanti, proprietà
benefiche
QUESTO LAVORO DI RICERCA È
“BIODIVERSITÀ E AGROALIMENTARE:
BIOVITA” FINANZIATO DAL MIPAAF.
STATO REALIZZATO NELL‟AMBITO DEL PROGETTO
STRUMENTI PER DESCRIVERE LA REALTÀ ITALIANA“
Abstract
The food is an element of social and cultural identity of a people. Nowadays, there is a sharp
decline in cereal consumption, increased consumption of fruits and vegetables and an
increase consumption of milk and dairy products.
In Italy, as in the rest of the industrialized countries, the marketing strategies discourage
farmers to grow what the market does not require, and this may lead to the loss of quality and
biodiversity.
In addition, migration continues to grow and this involves changes in social and economic
status, lifestyle and food habits of the population. In fact, foods that come from industrial
production and ethnic foods have become increasingly popular and easily available in many
supermarkets, restaurants and shops so because of a wide-ranging distribution and lower
costs.
Italy is Europe's richest country in biodiversity for its unique geomorphological
configuration, for different types of environment or ecosystem and climatic conditions, and
the preservation of traditional local varieties should be encouraged.
Our results obtained in carrying out several research projects have shown a close correlation
between the potential health benefit and the territory; the territory is becoming an important
"strategic factor of production system and market": the promotion of products should be
aimed at a sustainable production system based on the environment‟ preservation, on the
reintroduction and valorization of local species and varieties, on the principles of traceability
and by taking into account the consumer choices.
The Mediterranean diet is a nutritional model, remained almost unchanged over time, based
on the consumption of products closely related to the production area and often consumed in
a convivial atmosphere after traditional culinary preparations.
Literature data have shown that people living in the Mediterranean area have a low incidence
of CVD disease and the so-called "diseases of affluence" (atherosclerosis, hypertension,
diabetes, obesity). Our studies show that healthy subjects in normal Mediterranean diet
exhibited increased plasma levels of antioxidant compounds and total plasma antioxidant
capacity associated with a decrease in markers of inflammation.
In conclusion, it is important the investigation and valorization of traditional products and
the Mediterranean diet model for the optimization of their potential beneficial and healthy
properties and for the preservation of agro biodiversity.
Keywords: traditional products, biodiversity, Mediterranean diet, antioxidants, beneficial
properties
Introduzione
La qualità dei prodotti agroalimentari si colloca all‟interno di un nuovo modo di fare
agricoltura e di un mercato dei prodotti alimentari diversamente connotato e regolamentato. I
4
cambiamenti dei prodotti mediterranei riflettono l‟evoluzione del contesto produttivo delle
filiere agricole e sono connessi alle dinamiche economiche e sociali che interessano le aree
agricole e rurali mediterranee.
Proprio il territorio e le risorse ambientali dei Paesi del bacino mediterraneo consentono di
praticare l‟attività agricola secondo un‟ottica multifunzionale. Oggi si tende ad un‟agricoltura
sostenibile, competitiva e multifunzionale attraverso l‟utilizzo di risorse naturali e l‟attenzione
alle esigenze del consumatore. Alla sostenibilità ambientale viene così associata, di riflesso,
quella economica (alti livelli occupazionali, bassi tassi di inflazione e stabilità nel commercio
internazionale) e sociale (equità dei diritti umani e civili, immigrazione, rapporti tra le
nazioni).
Attualmente, la ricerca italiana del settore agro-alimentare è finalizzata alla valorizzazione
della biodiversità per ottimizzare e promuovere il consumo delle varietà minori la cui
scomparsa porterebbe ad una ulteriore riduzione di biodiversità. Un‟analisi comprensiva della
relazione tra il consumo e la produzione alimentare è necessaria per incoraggiare patterns di
consumi alimentari equilibrati che garantiscano sicurezza ed alta qualità nutrizionale e nel
contempo un basso impatto ambientale.
Tra gli alimenti peculiari del modello alimentare mediterraneo che si possono consumare
crudi troviamo la frutta e la verdura, evidenziati da diversi studi (Vioque et al., 2008) come
punto focale della qualità della dieta mediterranea, grazie alla presenza e all‟azione sinergica
dei composti fitochimici. Queste componenti, che includono vitamine, polifenoli,
glucosinolati e carotenoidi, pur presenti in piccole quantità giocano, nell'alimentazione
umana, un ruolo fondamentale nell‟assicurare una migliore qualità e una maggiore durata
della vita (Trichopolou e Vasilopoulou, 2000; Shahar e Grotto, 2006; Perez-Lopez et al.,
2009).
Oggi la dieta mediterranea si presenta come un valido modello di sostenibilità dal punto di
vista salutistico, ambientale ed economico, contribuendo a preservare la qualità, la sicurezza
alimentare e nel contempo a promuovere la gestione delle risorse ambientali attraverso sistemi
di produzione agricola legati al territorio ed al patrimonio locale culturale.
La dieta mediterranea appare una dieta sana, universalmente riconosciuta come un modello
alimentare capace di garantire al nostro organismo salute e benessere.
Una corretta alimentazione dovrebbe permettere un adeguato contributo di nutrienti per
soddisfare le esigenze metaboliche dell‟organismo e garantire al consumatore sicurezza,
qualità e varietà. Il regime alimentare mediterraneo sembra in grado di fornire una dieta
equilibrata, adatta per tutte le età e si pensa possa ridurre significativamente il rischio di
malattie croniche (WHO/FAO, 2003). La dieta mediterranea, che si caratterizza come vero e
proprio stile di vita, è un modello nutrizionale caratteristico rimasto pressoché inalterato nel
tempo, basato sul consumo di prodotti strettamente connessi con il territorio di produzione,
spesso consumati in un ambiente conviviale dopo preparazioni culinarie tradizionali. Con
l‟occidentalizzazione del regime alimentare, soprattutto tra le giovani generazioni,
caratterizzato dal consumo di grandi quantità di carne, alimenti altamente trasformati e dolci,
diventato molto più comune in Italia, la peculiarità di questo modello nutrizionale si va
perdendo. Lo stile alimentare mediterraneo tradizionale che garantisce un adeguato apporto di
carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali, antiossidanti e fibre, può essere
identificato in un elevato consumo di frutta, verdura e cereali, olio d'oliva come principale
fonte di grassi, basso consumo di carne e prodotti lattiero-caseari e il moderato consumo di
vino.
Negli ultimi anni, studi condotti sulla biodisponibilità dei composti fitochimici presenti in
varie matrici alimentari, principalmente frutta e verdura, sia in modelli animali che nell‟uomo
5
hanno dimostrato come l‟apporto adeguato di molecole bioattive introdotte con la dieta,
rappresenti una dose efficace, capace cioè di esplicare un effetto protettivo. È chiaro quindi
come sia stretto il rapporto tra l‟effetto benefico delle molecole naturali, che coincide con il
loro status di biologicamente attive, la loro biodisponibilità (Linos et al., 1999).
Materiali e metodi
Sono presentati in questo lavoro dati svolti nell‟ambito del progetto “Biodiversità e
agroalimentare: strumenti per descrivere la realtà italiana“ BIOVITA” finanziato dal Mipaaf.
Le proprietà antiossidanti sono state studiate tramite i saggi FRAP (Ferric Reducing
Antioxidant Power) e TRAP (Total radical-trapping antioxidant potential). Il saggio FRAP è
stato effettuato mediante tecnica spettrofotometrica secondo il metodo di Benzie e Strain
(1996). Il saggio TRAP è stato effettuato secondo il metodo di Ghiselli et al. (2000).
La valutazione dei carotenoidi è stata effettuata mediante tecnica di cromatografia liquida ad
alta pressione (HPLC) applicando la metodologia descritta da Maiani et al. (1995). Il
laboratorio è inserito a livello internazionale nel Quality Control del National Institute
Tecnology USA ed è considerato laboratorio di riferimento.
La vitamina C è stata valutata mediante tecniche di cromatografia liquida ad alta pressione
(HPLC) secondo il metodo di Margolis (1997), con alcune modifiche (Serafini et al., 2002).
Risultati
Nell‟ultimo decennio c‟è stata un‟estensione ed un arricchimento del concetto di qualità
alimentare. La qualità sta diventando un parametro soggettivo, che differisce da individuo ad
individuo e dipende dai punti di vista del consumatore: “la qualità dipende dalla persona, dal
luogo e dal tempo” (Kapsak et al., 2008); il Libro Verde la Commissione Europea indica la
qualità alimentare come “soddisfacimento delle aspettative dei consumatori” (Germanò,
2008). Oggi per i consumatori e i produttori la “tradizionalità” rappresenta un prerequisito di
qualità alimentare.
Dati reali sulla composizione nutrizionale degli alimenti di “nicchia e/o tipici” stanno
diventando essenziali nel contesto della globalizzazione di mercato e di produzione per la
formulazione delle qualità nutrizionali e c‟è un numero sempre maggiore di alimenti resi
“interessanti” dalle loro proprietà preventive e terapeutiche.
Risultati di ricerche condotte sui prodotti tipici/tradizionali hanno evidenziato una stretta
correlazione tra il potenziale salutistico, la possibile “funzionalità” di un alimento e il
territorio.
In Tab. 1 è mostrato il contenuto in molecole bioattive in prugne coltivate e selvatiche (Tab.
1): le prugne selvatiche presentano un profilo in antiossidanti migliore rispetto al prodotto
coltivato. La cicoria selvatica calabrese rappresenta un‟importante fonte di antiossidanti (Tab.
2). Il contenuto dei singoli antiossidanti sembra indicare un “miglior potenziale salutistico” di
questi alimenti rispetto ai corrispettivi commerciali.
Uno studio condotto su campioni di cicoria coltivata e selvatica ha evidenziato come la
bollitura incrementi la quantità dei carotenoidi (luteina e β-carotene) presenti e come aumenti
la loro concentrazione ripassando l‟alimento in padella, probabilmente per una migliore e
facilitata estrazione di tali composti dalla parete cellulare vegetale per l‟aggiunta di olio (Fig.
1). Per contro la cottura causava la totale scomparsa della vitamina C, che persisteva nel
prodotto fresco.
Vari studi epidemiologici ed evidenze sperimentali hanno mostrato il ruolo preventivo di una
corretta alimentazione verso carenze alimentari, disordini comportamentali e malattie
6
degenerative; tale legame sembra essere connesso al contenuto di nutrienti e non, di composti
bioattivi, e quindi alla qualità alimentare (Dragsted et al., 2004; Halliwell et al., 2005).
In uno studio condotto nell‟ambito del progetto Biovita, è stato valutato l‟effetto della qualità
della dieta, principalmente sullo stato nutrizionale antiossidante, sullo stato infiammatorio e lo
stress ossidativo in un gruppo di popolazione sana. In Tab. 3 sono riportati i consumi medi dei
gruppi di alimenti tipici e non della dieta mediterranea per classi di MDS. Il 26% dei soggetti
ha una bassa qualità della dieta (MDS ≤3), nel 45% del campione la qualità della dieta è
media (MDS=4-5), mentre il 29% presenta un‟elevata qualità della dieta (MDS ≥6). Come
atteso è possibile osservare un aumento nei consumi degli alimenti tipici della dieta
mediterranea, ritenuti protettivi, ed una diminuzione negli apporti di alimenti considerati non
tipici, all‟aumentare delle classi di MDS. In particolare nel campione esaminato una maggior
aderenza alla tradizionale dieta mediterranea (MDS ≥6) è significativamente associata ad un
maggior consumo di verdura (P<0.0008),di frutta (P<0.0000) e pesce (P<0.005) e un minor
consumo di carne (P<0.02), di latte e derivati (P<0.002), di alcool, sebbene non
statisticamente significativo ed un miglior rapporto tra MUFA e PUFA (P<0.00003) (Azzini
et al., 2011). Da questo studio risulta che i soggetti con una maggior aderenza alla dieta
mediterranea (MDS ≥6) sono significativamente associati a livelli plasmatici circolanti di
luteina plus criptoxantina, α-carotene, β-carotene, vitamina E e lo stato degli antiossidanti
endogeni risulta migliorato (Azzini et al., 2011).
Conclusioni
I risultati ottenuti evidenziano come il contenuto dei singoli antiossidanti è indice di un
“miglior potenziale salutistico” degli alimenti, mostrando, in particolare, come i prodotti tipici
presentino dei valori del potenziale antiossidante nettamente più alti rispetto ai prodotti
commerciali.
Gli effetti di abitudini alimentari salutari sono correlate alla qualità della dieta. Le abitudini
alimentari e gli stili di vita sono determinate da fattori economici, sociali e personali e
dall‟ambiente. La disponibilità e l‟accesso agli alimenti rappresenta un elemento chiave nella
determinazione delle abitudini alimentari, così come la cultura, la tradizione, la modalità di
consumo e la preparazione e cottura dei cibi.
Bibliografia
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8
Tab.1. Molecole bioattive in prugne coltivate e selvatiche
Tab. 1. Bioactive compounds in cultivated and wild plums
Prugne
Luteina +Zeaxantina
(mg/Kg)
β-carotene
(mg/Kg)
Vitamina C
(mg/100g)
Coltivate
1.48±0.08
5.28±1.02
3.41±0.44
Selvatiche
**
1.38±0.22
7.54±1.11
**
5.70±0.27
** P<0.01
Tab. 2. Confronto tra le proprietà antiossidanti della cicoria selvatica e della
cicoria commerciale (prodotto cotto).
Tab. 2. Comparison of the antioxidant properties of wild and commercial
chicory (cooked product).
Provenienza del prodotto
Cicoria di Pascolo
Calabria
Cicoria
Commerciale
***
FRAP (mmol/kg) TRAP(mmol/kg)
20.36±0.08***
26.71±1.04***
8.04±0.033
10.60±0.06
P<0.001
9
* nel prodotto bollito e cotto in padella
la
vitamina C non è rilevabile
Fig. 1. Contenuto molecole bioattive di cicoria coltivata e selvatica cruda, bollita e ripassata in padella.
Fig. 1. Content of bioactive molecules of cultivated and wild chicory raw and boiled.
Tab. 3. Consumi medi delle classi alimentari* (g/die) in base alle classi MDS.
Tab. 3. Average consumption of food classes * (g/die) based on MDS classes.
%
Cereali (g/die)
Verdura (g/die)
Legumi (g/die)
Frutta (g/die)
Pesce (g/die)
Carne (g/die)
Latte e derivati (g/die)
Alcool(g/die)
Rapporto MUFA/SFA
Bassa
(MDS≤3)
Qualità della dieta
Media
Alta
(MDS 4-5)
(MDS≥6)
Valori P
26
225 ± 53
167 ± 113
7 ± 19
162 ± 162
39 ± 40
161 ± 112
305 ± 160
9 ± 11
1.8 ± 0.4
45
248 ± 71
225 ± 127
18 ± 27
209 ± 188
61 ± 62
119 ± 65
227 ± 128
8 ± 12
2 ± 0.5
0.02
0.0008
0.02
0.00000
0.005
0.02
0.002
n.s.
0.00003
29
267 ± 76
261 ± 97
22 ± 23
389 ± 238
88 ± 96
114 ± 90
195 ± 170
5 ± 10
2.3 ± 0.6
*Food groups were adjusted to 2500 kcal for men and 2000 kcal for women
Statistica: Anova. Fonte: Azzini et al., 2011
10
2.2. RACCOLTA DI SPECIE ORTICOLE NELLE AREE INTERNE DELLA
BASILICATA
COLLECTING VEGETABLE CROP GERMPLASM IN INLAND AREAS OF BASILICATA REGION
Vincenzo MONTESANO1, Giulio SARLI1, D. NEGRO1, G. LOGOZZO2, P. SPAGNOLETTI
ZEULI2
1
Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Genetica Vegetale - Centro Tematico per la
Conservazione della Biodiversità Vegetale Mediterranea - Policoro (MT)
2
Università degli Studi della Basilicata - Dipartimento di Biologia, Difesa e Biotecnologie
Agro-Forestali - Potenza
Email: [email protected]
Riassunto
Al fine di salvaguardare la diversità biologica del germoplasma vegetale ortivo della Regione
Basilicata, e per monitorare lo stato attuale dell‟erosione genetica, è stata condotta una
missione di raccolta delle landraces e/o vecchie varietà conservate nelle aree interne.
Per l‟identificazione dei siti da esplorare in ciascuno dei quattordici comuni individuati è stata
adottata una strategia di campionamento basata sulla stratificazione del territorio sulla base
della distribuzione della popolazione, tenuto conto anche della configurazione orografica;
tramite software GIS, ogni territorio comunale è stato suddiviso in tre strata: 1. centri abitati,
2. gruppo di case, 3. casa isolata; per ognuna di queste tipologie sono stati individuati cinque
siti da esplorare per un totale di 185. In 101 siti è stato possibile reperire germoplasma di
specie orticole e gli „agricoltori-custodi‟ sono stati intervistati. In totale sono state raccolte
350 accessioni appartenenti prevalentemente ai generi Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon.
La ricerca ha evidenziato che le landraces sono conservate da agricoltori anziani (età media di
60 anni), che conducono aziende agricole isolate e che utilizzano sistemi produttivi
tradizionali. Il 12% delle accessioni sono state raccolte nei „centri abitati‟. Per salvaguardare
questo ricco patrimonio genetico è ipotizzabile sviluppare una strategia di conservazione “on
farm”.
Parole chiave: raccolta di germoplasma, conservazione on farm, landraces di specie orticole
Abstract
To collect vegetable crop germplasm of Basilicata, South Italy, and to monitor the present
risk of genetic erosion an expedition has been carried out in the inland areas. The whole
territory of each selected town, by means of GIS software, was subdivided in three strata,
based on the geographical distribution of population and on the orography and five sites were
selected within: 1. city boundaries, 2. group of country houses, 3. isolated farm houses for a
total of 185 sites. In 101 sites germplasm of vegetable crop species was gathered and the
farmers-maintainers were interviewed. Altogether 348 vegetable crop accessions were
collected, mainly of Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon genus. Our research shows that
landraces are mostly grown by elderly farmers (average age of 60 years), running isolated
farms, using traditional farming systems; only 12% of the collected landraces was found in
the groups of country houses.
Keywords: germplasm collecting, on farm conservation, vegetable crop species landraces
11
Introduzione
Le specie vegetali coltivate, nel corso dei millenni, si sono evolute in una grande molteplicità
di forme che soddisfano le esigenze dell‟uomo-agricoltore. L‟adattamento ai molteplici
ambienti di coltivazione ha determinato la costituzione di “landraces” spesso geneticamente
eterogenee e differenziate, la cui distribuzione geografica è strettamente legata alle tradizioni
culturali delle popolazioni che le coltivano (Frankel et al., 1995).
In Basilicata i mutamenti sociali e tecnologici del secolo scorso hanno determinato una forte
erosione di questo patrimonio genetico e landraces di molte specie sono sopravvissute
prevalentemente in aree isolate geograficamente dove sono ancora praticate forme tradizionali
di agricoltura. La Regione si caratterizza per un elevato livello di agro-biodiversità ancora
presente sul suo territorio, specialmente nelle aree interne centro-occidentali (Piergiovanni e
Laghetti, 1999).
Per salvaguardare questo ricco patrimonio genetico è stato avviato un programma di ricerca e
raccolta di germoplasma orticolo nelle aree interne regionali, con lo scopo di determinare la
possibilità di conservazione “on farm” dell‟agrobiodiversità.
Materiali e metodi
Sulla base di precedenti missioni esplorative di raccolta nel Sud Italia, anche elencati in una
checklist (Hammer et al., 1990), di ricerche bibliografiche (Laghetti et al., 1993, 1995, 2003;
Masi et al., 1999; Figliuolo et al., 2001; Logozzo et al., 2001; Piergiovanni et al., 2000;
Polignano et al., 2001a, 2001b) e di comunicazioni personali da ricercatori ed agricoltori
esperti del posto sono stati individuati quattordici Comuni nelle province di Potenza e Matera
dei quali nove della Basilicata Occidentale, mediamente ad altimetria più elevata e
caratterizzati da una maggiore quantità di precipitazioni e con un‟agricoltura meno sviluppata,
e cinque della Basilicata Centrale (Petrarca et al., 1999). Complessivamente i 14 Comuni
individuati occupano una superficie di 1.268,75 km2 e quasi tutti sono classificati nella zona
altimetrica “Montagna”. La popolazione totale è 68.784 abitanti, la densità media oscilla da
13,3 a 252,7 abitanti per km2 e l‟indice di vecchiaia medio è di 150,9 % (Istat, 2001). Sono
stati visitati i territori dei Comuni di: Atella, Baragiano, Cersosimo, Marsico Nuovo, Paterno,
Rapone, Rionero in Vulture, Rotonda, Senise, Terranova del Pollino e Venosa per quanto
riguarda la provincia di Potenza e Aliano, Stigliano e Tricarico per la provincia di Matera
(Fig.1).
Per l‟identificazione dei siti da esplorare in ciascun comune è stata adottata una strategia di
campionamento basata sulla stratificazione del territorio comunale in base alla distribuzione
della popolazione, tenuto conto anche della configurazione orografica. Il territorio di ciascun
Comune è stato suddiviso, sulla base della concentrazione di abitanti, in tre strata: 1. centro
abitato, 2. gruppo di case, 3. casa isolata.
Per ogni tipologia, utilizzando il software GvSig 1.1, sono stati individuati cinque siti
rappresentativi da esplorare. In ogni sito esplorato sono stati intervistati gli agricoltori e le
informazioni raccolte sono state inserite in un database appositamente disegnato.
Risultati e discussione
Sul totale dei 210 siti previsti ne sono stati esplorati in totale 185 poiché in cinque Comuni
non sono presenti siti del tipo "2. gruppo di case".
In totale sono state raccolte 350 accessioni rappresentative di 10 famiglie botaniche
(Cucurbitaceae, Leguminosae e Solanaceae in prevalenza, con valori del 20%, 15% e 10%
rispettivamente), 28 generi (in prevalenza Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon) e 38 specie
(Tab. 1).
12
In media sono state reperite venticinque accessioni e nove specie per Comune (Tab. 2), in
prevalenza conservate da agricoltori anziani (età media di 60 anni) che vivono nelle case
isolate delle zone rurali.
Pomodoro (Lycopersicon esculentum Mill.) e peperone (Capsicum annum L.) sono stati
raccolti in quasi tutte le località tranne che nel territorio di Cersosimo. Altra specie molto
diffusa è la zucca che non è stata trovata solamente a Paterno. Landraces di melanzana
(Solanum melongena L.) sono state raccolte solo nei paesi situati nell‟area Sud-Ovest della
Regione (Senise e Paterno). Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) è risultato presente solo nella
Basilicata occidentale ed in territori tra di loro vicini (Terranova del Pollino - Cersosimo Rotonda, Marsico Nuovo - Paterno e Atella - Rionero in Vulture), facendo presupporre una
diffusione della specie facilitata dalla contiguità territoriale e similarità degli ambienti di
coltivazione.
La maggior parte degli ecotipi sono stati reperiti in aziende agricole isolate (3. casa isolata)
(47% delle accessioni raccolte e 45% delle specie) e che utilizzano sistemi produttivi
tradizionali. Il 12% delle accessioni sono state raccolte nei „centri abitati‟ (Fig. 2).
Dato che la persistenza nel tempo delle landraces è attribuibile al loro valore culturale, alle
condizioni di isolamento geografico, alle preferenze estetiche ed organolettiche degli
"agricoltori-custodi" (Brush e Meng, 1998), nonostante la loro più ridotta produttività rispetto
alle varietà moderne, e dato che la conservazione on farm degli agricoltori non garantisce la
loro stessa conservazione nel tempo, si potrebbe ipotizzare l'incentivazione economica degli
agricoltori-custodi, al fine di sopperire la perdita economica che ne deriverebbe rispetto alla
coltivazione delle più produttive varietà moderne.
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Bari, Italia (compendio: SE-PP-20).
Fig. 1. Comuni della Regione Basilicata esplorati per la raccolta di germoplasma di specie
orticole.
Fig.1. Explored towns Basilicata Region for collecting vegetable crop landraces.
14
Tab. 1. Germoplasma di specie orticole reperite nei 14 Comuni delle aree interne della
Regione Basilicata
Tab. 1. Vegetable crop germplasm collected in 14 Cities in internal areas of Basilicata
Region
Nome comune
Specie
Pomodoro
Fagiolo
Peperone
/Peperoncino
Zucca
Mais
Cima di rapa
Lycopersicon esculentum
Phaseolus vulgaris
Capsicum annum
Zucchino
Melone
Prezzemolo
Sedano
Lattuga
Cipolla
Scarola
Rucola
Senape
Cetriolo
Fava
Melanzana rossa
Finocchio
Girasole
Cavolo
Lagenaria
Basilico
Bietola
Zucca
Cece
Melanzana
Porro
Aglio
Cicoria catalogna
Cavolo broccolo
Cavolo verza
Anguria
Frumento
Origano
Cicerchia
Lenticchia
Pisello
Totale
Cucurbita spp.
Zea mays
Brassica
campestris
subsp.oleifera
Cucurbita pepo
Cucumis melo
Petroselinum sativum
Apium graveolens
Lactuca sativa
Allium cepa
Cichorium endivia
Eruca sativa
Sinapis alba spp. alba
Cucumis sativus
Vicia faba
Solanum aethiopicum
Foeniculum vulgare
Helianthus annuus
Brassica oleracea var.
capitata
Lagenaria siceraria
Ocimum basilicum subsp.
minimum
Beta vulgaris
Cucurbita pepo
Cicer arietinum
Solanum melongena
Allium ascalonicum
Allium sativum
Cichorium intybus
Brassica oleracea var.
italica
Brassica oleracea var.
sabauda
Citrullus lanatus
Triticum durum
Origanum vulgare
Lathyrus sativus
Lens culinaris
Pisum sativum
38
15
Accessioni raccolte
(n°)
(%)
69
19,71
66
18,86
58
16,57
36
15
9
10,29
4,29
2,57
9
8
7
6
5
4
4
4
4
4
4
4
3
3
3
2,57
2,29
2,00
1,71
1,43
1,14
1,14
1,14
1,14
1,14
1,14
1,14
0,86
0,86
0,86
3
3
0,86
0,86
2
2
2
2
1
1
1
1
0,57
0,57
0,57
0,57
0,29
0,29
0,29
0,29
1
0,29
1
1
1
1
1
1
350
0,29
0,29
0,29
0,29
0,29
0,29
100
Tab. 2. Numero di accessioni raccolte e specie rinvenute nei 14 Comuni esplorati della
Regione Basilicata
Tab. 2. Accession number and species collected in the 14 explored Cities of Basilicata Region
Basilicata Occidentale
Basilicata Centrale
Accessioni
(n)
Specie
(n)
Rionero in vulture
Atella
Rapone
Baragiano
Marsico nuovo
Paterno
Rotonda
Terranova del pollino
Cersosimo
32
25
12
19
40
28
34
41
11
15
11
3
10
11
6
6
9
6
Totale
242
77
Comune
Comune
Venosa
Tricarico
Stigliano
Aliano
Senise
Accessioni
(n)
Specie
(n)
11
28
25
16
26
5
8
15
9
15
106
52
Fig. 2. Frequenza delle accessioni raccolte (raggruppate per classi di specie) per tipo di
insediamento.
Fig. 2. Frequency of the collected accessions grouped for class of species.
16
2.3. CARATTERIZZAZIONE BIO-AGRONOMICA
GERMOPLASMA FRUTTICOLO CAMPANO
E
MOLECOLARE
DEL
BIO-AGRONOMIC AND MOLECULAR CHARACTERIZATION OF FRUIT TREES GERMPLASM
OF CAMPANIA REGION (ITALY)
Milena PETRICCIONE, Teresa MIGLIOZZI, Maria Silvia PASQUARIELLO, Laura Rita
CAPUANO, Ilaria DI CECCO, Donatella DI PATRE, Giovanni SCOGNAMIGLIO, Pietro REGA,
Giuseppe CAPRIOLO, Marco SCORTICHINI
C.R.A. - Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Via Torrino, 3, 81100 Caserta,
[email protected]
Riassunto
Le particolari condizioni geo-pedologiche e climatiche della Campania hanno consentito lo
sviluppo di una frutticoltura estremamente varia con la coltivazione di un‟ampia gamma di
specie anche con esigenze termiche molto diverse tra loro. La riscoperta e lo studio di varietà
frutticole locali, oltre a rappresentare un mezzo di salvaguardia di cultivar locali a rischio di
erosione genetica, consente di arricchire l‟offerta del panorama varietale esistente, ampliando
la gamma con varietà autoctone, potenzialmente caratterizzate da proprietà nutrizionali e
salutistiche specifiche e non livellate su standard organolettici comuni.
Nell‟ambito del progetto “Network per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche
agro-alimentari (AGRIGENET)”, finanziato dalla Regione Campania nell‟ambito del PSR
misura 214-azione f2, l‟Unità di Ricerca per la Frutticoltura si sta occupando del reperimento
e della caratterizzazione bio-agronomica e molecolare di accessioni locali del germoplasma
frutticolo di melo, ciliegio e pesco.
In particolare, in questa prima fase del progetto, l‟attività di reperimento delle accessioni delle
diverse specie frutticole, svolta nei diversi areali campani, ha consentito il recupero di buona
parte del patrimonio varietale autoctono di melo e di ciliegio.
Le metodiche di identificazione varietale comunemente utilizzate nelle specie frutticole, si
basano sulle valutazioni delle caratteristiche fenologiche, agronomiche, biometriche e
pomologiche che possono essere influenzate da condizioni ambientali e di coltivazione
richiedendo, conseguentemente, numerosi anni di osservazioni e valutazioni per ottenere un
giudizio definitivo. Il lavoro di reperimento e di caratterizzazione su base bio-agronomica
appare pertanto importante e permette già di fornire alcune indicazioni utili sul
comportamento di alcune delle accessioni portando all‟acquisizione di un considerevole
numero di dati che si rivelano utili come descrittori del materiale in esame. A supporto di
queste metodiche, le tecniche di marcatura del DNA rappresentato una valida alternativa per
l‟identificazione varietale sia per il loro notevole potenziale discriminante fra genotipi, sia per
la loro “neutralità” rispetto alle condizioni ambientali.
L‟integrazione tra i dati bio-agronomici e molecolari consente di caratterizzare le diverse
accessioni frutticole campane rispetto alle cultivar standard e mettere in evidenza, in maniera
inequivocabile, casi di sinonimia ed omonimia tra le accessioni individuate.
Parole chiave: melo, ciliegio, germoplasma, conservazione ex situ
Abstract
In Campania region (southern Italy), the particular soil and climatic conditions affect the
cultivation of a wide range of fruit tree species with different requirements. The study and
17
possible valorization of local fruit crops, often including rare varieties/ecotypes, is an
effective way for the preservation of germplasm under the risk of genetic erosion. At the same
time, it allows to potentially increase the offer if particular traits such as organoleptic,
nutritional an safe benefits are pointed out.
Within the project "Network for the protection and management of genetic resources, agrofood (AGRIGENET)", financed by Campania Region (Italy) PSR 214-f2 action, the research
unit for Fruit Trees (CRA) of Caserta, aims to carry out bio-agronomic and molecular
characterization of the local germplasm of apple, sweet cherry and peach.
In the first phase of the project, it was performed a survey of germplasm in different areas of
Campania, mainly concerning apple and sweet cherry. The identification of cultivars/ecotypes
is commonly based on the evaluations of phenological, agronomic, pomological and
biometrics characters that, however, can be influenced by cultivation and environmental
conditions and many years of observation and assessment are required to provide a definitive
characterization.
The bio-agronomic characterization appears important and can provide some useful
information on the behavior of some of the varieties/ecotypes, and it also allows the
acquisition of an relevant number of data that are useful in the cultivar descriptions.
In support of these methods, the genetic characterization represents a valid alternative for the
identification of varieties/ecotypes both for their great potential of discrimination between
genotypes and for its “neutrality” with respect to environmental conditions.
The integration of bio-agronomic and molecular data allows to characterize different
cultivars/ecotypes and discover cases of synonymy and homonymy.
Keywords: apple, sweet cherry, germplasm, ex situ conservation
Introduzione
In Campania la secolare forte vocazione frutticola è stata sempre basata su un vasto numero di
varietà tradizionali adatte a precise condizioni pedoclimatiche e particolari tecniche colturali.
Negli ultimi anni in risposta alle richieste di mercato, le vecchie cultivar sono state
gradualmente sostituite da cultivar migliorate con una conseguente riduzione della variabilità
genetica. Nonostante ciò alcuni studi dimostrano che molte cultivar tradizionali continuano a
sopravvivere, spesso in aree marginali della nostra penisola (Moccia et al., 2004; Cavanna,
2008). La necessità di conservare l‟agrobiodiversità è ormai avvertita da tempo, e oggi ha
assunto un significato più ampio che comprende la valorizzazione dei territori e lo sviluppo
economico degli stessi. Conservare le risorse genetiche agrarie significa non solo
salvaguardare alcune coltivazioni che caratterizzano un territorio ma anche il patrimonio
culturale e l‟assetto paesaggistico e ecologico ad esse legate (FAO, 2001).
L‟interesse per le antiche varietà frutticole è da metter in relazione alla necessità di conservare
un patrimonio genetico unico, derivato dalla secolare saggezza dei coltivatori e selezionatori
nazionali e locali. Le cultivar antiche a distribuzione locale costituiscono importanti risorse
genetiche per incroci, in particolare al fine di conferire resistenza a parassiti e malattie, di
migliorare l‟adattamento agli ambienti locali e di prevenire i rischi coinvolti nella
monocultura di individui geneticamente identici (Harris et al., 2002). Esse possono infatti
rappresentare una fonte di caratteri utili ai fini del miglioramento genetico; inoltre alcune sono
incluse nei disciplinari per l‟ottenimento di produzioni tipiche protette dai marchi europei IGP
e DOP.
Una strategia di conservazione affidabile per il recupero delle vecchie cultivar è
necessariamente conseguente ad un‟accurata individuazione delle stesse, che se affidata
18
esclusivamente alla morfologia, risente di svariati problemi. In primo luogo, vi è la difficoltà
di distinguere cultivar pomologicamente molto simili; in secondo luogo, le antiche varietà
possono avere elevata eterogeneità genetica, cui corrisponde elevata variabilità nelle
caratteristiche agronomiche e pomologiche come forma, colore e tessitura dei frutti. Si rende
pertanto indispensabile, affiancare alla caratterizzane bio-agronomica, una caratterizzazione
mediante l‟uso di marcatori molecolari. Oltre a quanto appena sottolineato, i marcatori
molecolari hanno, come vantaggi rispetto alle metodiche di altro tipo, elevata sensibilità,
maggiore velocità e riproducibilità delle analisi (Guilford et al., 1997).
Tra la grande quantità di marcatori molecolari disponibili, sono stati scelti i microsatelliti
(Simple Sequence Repeat-SSR), che hanno già dimostrato la loro utilità nella discriminazione
di cultivar commerciali di melo (Guilford et al., 1997; Liebhard et al., 2002).
Materiali e metodi
Analisi bio-agronomiche e pomologiche - Il reperimento delle accessioni è stato effettuato per
le accessioni di ciliegio presso il campo di conservazione del germoplasma presso l‟Azienda
Sperimentale Improsta di Eboli (SA) della Regione Campania, per le accessioni di melo
presso il campo collezione del germoplasma della Regione Campania presso il vivaio
forestale Fizzo di Airola-Bucciano (BN) oppure presso agricoltori custodi.
Tutti i rilievi sono stati effettuati utilizzando descriptor list elaborati dai principali enti
preposti alla caratterizzazione e conservazione del materiale vegetale (UPOV, IPGRI),
adeguata alle principali caratteristiche pomologiche (forma e dimensione del frutto, peso
unitario, colore della polpa e grado di succulenza, forma e dimensioni dei semi, lunghezza del
peduncolo e facilità al distacco), dei caratteri della foglia e del fiore, delle caratteristiche
dell‟habitus e di quelle fenologiche e di produttività delle piante. I frutti raccolti, di ogni
varietà, sono stati trasferiti nel laboratorio di pomologia dell‟Unità di Ricerca per la
Frutticoltura di Caserta e sottoposti ad analisi distruttive. Sono stati determinati i parametri
fisico-chimici quali durezza, contenuto di solidi solubili espressi come °Brix (mediante
rifrattometro digitale Kruss), pH del succo e contenuto di acidi totali espressi come
grammi/litro di acido malico, mediante titolazione con NaOH 0,1N. I dati rilevati sono stati
sottoposti ad analisi statistica.
Analisi molecolari - Il DNA è stato estratto da 0.2 g di giovani foglie di melo usando la
procedura modificata descritta da Thomas e collaboratori (1993). Le analisi molecolari sono
state condotte utilizzando cinque loci SSR riportati in Tab.1.
La miscela di PCR, per l‟amplificazione è stata realizzata in un volume di 20 μL contenente
50 ng di DNA, 0.5 U di Taq-DNA polimerasi (AmpliTaq Gold, Applied Biosystems Inc.,
Foster City, Calif.), 2 μL di buffer PCR 10X (100 mM Tris-HCl, pH 8.3, 500 mM KCl), 2
mM MgCl2, 200 μM dNTPs e 0.5 μM di ogni primer. Le condizioni di PCR prevedevano:
una fase iniziale di denaturazione a 95°C per 9 min seguita da 26 cicli ripetuti comprendenti:
una fase di denaturazione (30 sec at 95 °C), una fase di appaiamento dei primers ai due
filamenti di DNA (annealing) (variabile a seconda del primer), e l‟ultima fase di estensione
(90 sec at 72 °C). Al termine dell‟ultimo ciclo è stata effettuata una fase finale di
allungamento a 72 °C per 30 min. I primers forward erano marcati con un fluorocromo (6FAM o HEX), i prodotti di amplificazione sono stati analizzati usando un sequenziatore
capillare ABI-PRISM 3130 (Applied Biosystems). I risultati della corsa sono stati processati
con il software GeneMapper e la lunghezza degli alleli è stata stimata usando GeneScan-500
LIZ (Applied Biosystems).
19
Il dendrogramma, che rappresenta graficamente le similarità genetiche calcolate utilizzando
l‟indice di Jaccard (Jaccard, 1908), è stato costruito mediante il metodo UPGMA
(Unweighted Pair Group Method with Arithmetic average; Sneath e Sokal, 1973).
Risultati e discussioni
Melo - Complessivamente sono state individuate 39 vecchie cultivar di melo, 18 delle quali
sono state caratterizzate dal punto di vista pomologico (Tab. 2) e su 7 sono state effettuate le
prime analisi molecolari. I risultati ottenuti mettono in evidenza che in Campania si è
differenziato un patrimonio genetico molto ricco e variegato. Le cultivar Austegna ed
Agostinella Rossa sono le uniche due mele a maturazione estiva, mentre tutte le altre sono
mele a maturazione autunnale ad eccezione di Bianca di Grottolella che risulta a maturazione
invernale. Una notevole variabilità è stata analizzata tra le diverse cultivar in termini di
dimensioni e forma del frutto. Molte delle accessioni hanno frutti piccoli con pesi medi
inferiori ai 110 g, ad eccezione di Zampa di Cavallo e Trumuntana che presentano frutti molto
grossi con pesi medi rispettivamente di 210±12 g e 260±15 g. La forma è appiattita nella
cultivar Fierro mentre nelle altre è ellissoidale, sferoidale o tronco-conico breve. Molte delle
accessioni presentano colore di fondo verde o giallo-verde e poche accessioni mostrano
sovraccolore rosso. Zampa di Cavallo e Trumuntana, inoltre, presentano rugginosità diffusa e
lenticelle grandi e rugginose sui frutti. La polpa è generalmente biancastra ad eccezione di
Arito che presenta una colorazione verdognola.
Nell‟ambito del progetto sono stati valutati anche su 4 ecotipi di Limoncella reperiti in diversi
comuni della Campania. La Limoncella è una vecchia cultivar italiana che veniva coltivata
diffusamente nell‟Italia centro Meridionale, i diversi ecotipi analizzati non mostrano
differenze in termini di produttività, pezzatura e morfologia del frutto. Essi sono caratterizzati
da un gusto acidulo infatti il contenuto di acidi titolabili risulta essere mediamente di 11,8±1,7
g/l acido malico.
Le primi analisi molecolari sono state condotte su 7 delle cultivar identificate. Il
dendrogramma (Fig. 1) ottenuto dalla cluster analisi mostra ampie differenze genetiche fra le
accessioni di melo individuate, con due principali raggruppamenti “A” e “B”. Il cluster “A” è
a sua volta articolato in 2 sub-cluster, il primo con molte delle cultivar analizzate e il secondo
contenente la cultivar Sergente e alcune delle cultivar prese come riferimento (Renetta di
Champagne, Red Chief). Il cluster “B” contenente le altre cultivar prese come riferimento
(Renetta Grigia, Renetta del Canada e Golden B) e un caso di sinonimia. Dalle analisi
molecolari, infatti, è emerso che la cultivar Zampa di Cavallo è triploide ed è un sinonimo
della “Renetta del Canada” avvalorando quanto già emerso dalle osservazioni pomologiche.
Ciliegio - Complessivamente sono state individuate 50 vecchie cultivar di melo, 27 delle quali
sono state caratterizzate già dal punto di vista pomologico (Tab. 2). Il calendario di
maturazione di queste accessioni ha un‟estensione non superiore alle cinque settimane. La
dimensione dei frutti è variabile la maggior parte delle accessioni ha frutti medio-piccoli e
medi. I valori medi oscillano da 3.73 ± 0.78 g per Corvina che è la cultivar con peso medio
inferiore a Nera dura di Mugnano e Patanara con valori medi più elevati rispettivamente di
9.67 ± 0.95 g e 9.93 ± 0.81 g. La forma dei frutti più ricorrente è quella cordiforme seguita da
quella reniforme. Nella maggior parte dei casi i frutti presentano una cicatrice stilare media o
meio-piccola e peduncoli di lunghezza media o corta. Peduncoli lunghi sono stati riscontrati
soltanto in 4 delle cultivar analizzate: Marfatana, Zuccarenella, Mulegnana Nera e Lauretana.
Lo spessore del peduncolo è elevato in Bologna con valori di 2,7±0,8 m mentre nelle altre
cultivar risulta di medio spessore con valori compresi tra 1,31±0,6 e 0,75±0,2 mm. Una
notevole variabilità si riscontra nella colorazione della buccia con colorazioni che vanno dal
20
giallo-rosso al rosso scuro. Il colore della polpa varia dal giallo al rosso scuro. La consistenza
della polpa è media o medio-elevata, ad eccezione delle cultivar Zuccarenella, Ciauzara e
Lattacci dove la consistenza è scarsa.
Conclusioni
Nel complesso i primi risultati sulle caratteristiche bio-agronomiche e molecolari sono
particolarmente interessanti in quanto hanno permesso di valutare la grande variabilità di
caratteri esistenti tra le diverse cultivar analizzate sia di melo che di ciliegio. Dal punto di
vista pomologico, dalle prime osservazioni sono apparse interessanti per il melo le cultivar
Bianca di Grottolella (Fig. 2) e Zampa di Cavallo che potrebbero essere oggetto di
riconsiderazione per incrementare la produzione da destinare al mercato locale che ancora
apprezza notevolmente la tipicità dei prodotti dell‟agricoltura. Numerose le cultivar di ciliegio
analizzate, alcune hanno buone caratteristiche organolettiche come Montenero, Nera di
Mugnano (Fig. 3) e Bertiello.
Nell‟ambito delle osservazioni effettuate alcuni caratteri, come la resistenza ai parassiti e alle
manipolazioni, appaiono interessanti per poter utilizzare le accessioni in programmi di
miglioramento genetico. Inoltre, per l‟importanza dei risultati ottenuti, sarebbe auspicabile
estendere le osservazioni anche su altre caratteristiche della pianta come la produttività, la
vigoria e l‟autocompatibilità. Le cultivar con particolari caratteri di pregio potranno essere
valorizzate e reintrodotte in coltivazione, nell‟ambito di programmi di tutela
dell‟agrobiodiversità e di valorizzazione del territorio.
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21
Tab. 1. Caratteristiche dei microsatelliti utilizzati (Gianfranceshi et al., 1998; Liebard et al., 2002).
Tab. 1. Microsatellite loci and primer information (Gianfranceshi et al., 1998; Liebard et al., 2002).
Locus
SSR
Sequenze 5’-3’
CH01d08
F: TCCGCCGCTATAACACTTC
R: ACTCTGGAGGGTATGTCAAAG
F: ACCACATTAGAGCAGTTGAGG
R: CTGGTTTGTTTTCCTCCAGC
F:CCCTACACAGTTTCTCAACCC
R: CGTTTTTGGAGCGTAGGAAC
F:TCAGACAGAAGAGGAACTGTAT
TTG
R: CAAACAAACCAGTACCGCAA
F: GACGCATAACTTCTCTTCCACC
R: TCAAGGTGTGCTAGACAAGGAG
CH01f02
CH01f07
CH02g09
CH03a04
Tipo di
ripet.
Perfetta
Perfetta
Perfetta
Range
(bp)
238290
174206
174206
N° di
alleli
Eterozigosità
(H)
Gruppo
di
linkage
6
0,77
15
7
0,79
12
6
0,75
14
Perfetta
98-138
8
0,78
08
Perfetta
92-124
11
0,89
05
Tab. 2. Elenco delle cultivar di melo e ciliegio dolce caratterizzate.
Tab. 2. List of apple and sweet cherry cultivars characterized.
Melo
Apple
1) Agostinella Rossa
2) Arancio
3) Arito
4) Austegna
5) Bianca di Grottolella
6) Fierro
7) Latte
8) Limoncella 02
9) Limoncella 05
10) Limoncella 06
11) Limoncella 10
12) Martina
13) Monaca
14) S. Francesco
15) Sergente 04
16) Tenerella
17) Trumuntana
18) Zampa di Cavallo
Ciliegio dolce
Sweet cherry
1) Antuono
2) Bertiello
3) Bologna
4) Camponica
5) Cannamela
6) Cervone
7) Ciauzara
8) Cornaiola
9) Corvina
10) Della Calce
11) Don Vincenzo
12) Imperatore
13) Lattacci
14) Lauretana
15) Maiatica di Taurasi
16) Marfatana
17) Montenero
18) Mulegnana Nera
19) Mulegnana Riccia
20) Nera Dura di Mugnano
21) Paesanella
22) Pagliarella
23) Patanara
24) Pomella
25) S. Anna
26) Silvestre
27) Zuccarenella
22
Fig. 1. Dendrogramma, ottenuto mediante il metodo UPGMA usando il coefficiente di similarità di
Jaccard, per le relazioni genetiche tra le cultivar e accessioni di melo analizzate.
Fig. 1. Dendrogram showing genotypic similarities of local and commercial apple cultivar (UPGMA
method and Jaccard coefficient).
23
Fig. 2. Bianca di Grottolella.
Fig.2. Bianca di Grottolella (apple genotype).
Fig. 3. Nera Dura di Mugnano.
Fig.3. Nera Dura di Mugnano (sweet cherry genotype).
24
2.4. RECUPERO DI ECOTIPI LOCALI DI ALBICOCCO (PRUNUS ARMENIACA L.)
IN PUGLIA
GENETIC RESOURCES ECOTYPE OF PRUNUS ARMENIACA L. IN APULIA
Girolamo RUSSO1, Laura D’ANDREA1, Venturino BISIGNANO2, Giambattista POLIGNANO2
1
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali - Università degli Studi di Bari Aldo Moro, via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia
2
Istituto di Genetica Vegetale, C. N. R., Via Amendola 165/A, 70126, Bari
Riassunto
L‟albicocco (Prunus armeniaca L.) è ampiamente coltivato nei paesi del Mediterraneo e in
particolar modo in Italia rappresenta una delle colture frutticole più diffuse. Tra le regioni del
Sud, particolarmente vocata alla coltivazione di tale specie è la Regione Puglia, in cui sono
presenti molti ecotipi locali sia negli ambienti collinari che nelle zone costiere. Essi sono
rappresentati il più delle volte da pochi individui che testimoniano un progressivo
depauperamento del patrimonio genetico autoctono della specie, da ciò la necessità di
salvaguardare il germoplasma attualmente presente in Puglia caratterizzato da una buona
capacità di adattamento alle specifiche condizioni pedo-climatiche della regione. Tale
specificità non è riscontrabile nelle cultivars oggi maggiormente utilizzate in Italia e
provenienti da paesi esteri in cui sono state selezionate (USA, Francia, Nuova Zelanda, ecc.).
Al fine di salvaguardare le risorse genetiche autoctone di questa specie, si è eseguita
un‟accurata indagine regionale per individuare, reperire e .caratterizzare gli ecotipi raccolti.
Successivamente è stata effettuata una selezione dei fenotipi più interessanti per descrittori
agronomici e con frutti di potenziale interesse per caratteristiche organolettiche e commerciali
di pregio. Nelle provincie di Bari, Brindisi e Taranto sono stati reperiti 25 ecotipi. Per ogni
sito di campionamento i caratteri rilevati hanno riguardato una sola pianta al momento di
piena maturazione con la raccolta di 20 frutti posizionati all‟altezza media della chioma ed
orientati a Nord, Sud, Est ed Ovest. I caratteri rilevati sul frutto sono stati : forma, lunghezza,
larghezza, spessore, colore della buccia, forma dell'apice ed aspetto della linea di sutura; in
aggiunta sono stati misurati lo spessore della buccia, la resa e i solidi solubili totali della polpa
e l‟aderenza della stessa al nocciolo. I dati sono stati sottoposti all'analisi univariata e
multivariata: componenti principali e cluster analisi. Dall'analisi complessiva dei risultati è
emersa una elevata variabilità per numerosi caratteri osservati. Le componenti principali
hanno permesso un‟analisi della variazione totale concentrata per un valore superiore al 70%
nelle prime tre componenti. Gruppi omogenei degli ecotipi ono stati identificati con l‟analisi a
grappolo. Una rappresentazione sintetica della variazione complessiva stimata è stata ottenuta
combinando l‟analisi delle componenti principali con la cluster analisi. In conclusione gli
ecotipi studiati sparsi per il territorio pugliese, hanno evidenziato un elevato polimorfismo
così come riportato per altre regioni italiane e che l'areale considerato costituisce una fonte
ricca di germoplasma autoctono di albicocco con caratteristiche di pregio poco valorizzate e
di potenziale interesse per i diversi utilizzatori.
Parole chiave: albicocco, germoplasma, ecotipi, caratteri morfo-qualitativi
Abstract
In Apulia an immense one germplasm of apricot tree (Prunus armeniaca L.) is present often
constituted from subjects selected and introduced in cultivation from the man in remote times,
25
than with passing of the time, but, it has been lost weight, as the traditional agricultural
areas, have gone reshuffle. Pure of it is consolidated and unquestionable scientific relief, the
germplasm of Apulia apricot tree is a patrimony however complex, of which it is known still
little, in how much up to now it is proceeded to only estimate a part of it. Very many
genotypes have gone lost, in how much hastily abandoned without to have been described do
not give the prelocated scientific institutions; moreover, many areas of the area regional
never have not been object of taken care of surveying. The conservation of the biodiversity
has various objectives which: that one to avoid the loss, irreversible, of a genetic patrimony
of assessed value, also scientific; to recover and to value ecotype that they could have
commercial interest or to be in possession of interesting genetic characters (resistance to
biotic and abiotic stresses). The scope of the search is that one to determine the bioagronomic value of the ecotype of apricot characterized, the quota existing variability for the
observed parameters.
Keywords: germplasm, ecotype, apricot, defence, morphological traits
Introduzione
L‟albicocco (Prunus armeniaca L.) è ampiamente coltivato nei paesi del Mediterraneo e in
particolar modo in Italia rappresenta una delle colture frutticole più diffuse. Tra le regioni del
Sud, particolarmente vocata alla coltivazione di tale specie è la Regione Puglia, in cui sono
presenti molti ecotipi locali sia negli ambienti collinari che nelle zone costiere. Essi sono
rappresentati il più delle volte da pochi individui che testimoniano un progressivo
depauperamento del patrimonio genetico autoctono della specie, da ciò la necessità di
salvaguardare il germoplasma attualmente presente in Puglia caratterizzato da una buona
capacità di adattamento alle specifiche condizioni pedo-climatiche della regione. Tale
specificità non è riscontrabile nelle cultivars oggi maggiormente utilizzate in Italia e
provenienti da paesi esteri in cui sono state selezionate (USA, Francia, Nuova Zelanda, ecc.).
Al fine di salvaguardare le risorse genetiche autoctone di questa specie, si è eseguita
un‟accurata indagine regionale per individuare, reperire e caratterizzare gli ecotipi raccolti.
Successivamente è stata effettuata una selezione dei fenotipi più interessanti per descrittori
agronomici e con frutti di potenziale interesse per caratteristiche organolettiche e commerciali
di pregio.
Materiali e metodi
Nelle provincie di Bari, Brindisi e Taranto sono stati reperiti 25 ecotipi. Per ogni sito di
campionamento i caratteri rilevati hanno riguardato una sola pianta al momento di piena
maturazione con la raccolta di 20 frutti posizionati all‟altezza media della chioma ed orientati
a Nord, Sud, Est ed Ovest. I caratteri rilevati sul frutto sono stati : forma, lunghezza,
larghezza, spessore, colore della buccia, forma dell'apice ed aspetto della linea di sutura; in
aggiunta sono stati misurati lo spessore della buccia, la resa e i solidi solubili totali della polpa
e l‟aderenza della stessa al nocciolo.
Utilizzando le medie di 9 descrittori quantitativi del frutto è stata effettuata un‟analisi
multivariata allo scopo di accertare e sintetizzare la diversità fenotipica totale presente negli
ecotipi in collezione ed esaminare le relazioni tra le stesse. Le analisi sono state effettuate
utilizzando le specifiche procedure (Principal components e cluster analysis) del programma
SAS (1989). Per la cluster analysis è stato utuilizzato il metodo „Ward‟s minimum variance‟
ed il numero di gruppi più significativo è stato individuato attraverso un consenso mediato tra
26
i parametri statistici: R-squared (RSQ), pseudo-F (PSF) e pseudo-t2 (PST2). I risultati della
cluster analysis sono stati combinati con l‟analisi delle componenti principali.
Risultati e discussione
La provenienza degli ecotipi e l‟epoca di maturazione, dalla 1° decade di giugno alla 3°
decade di luglio, sono riportati nella Tab. 1. Le caratteristiche dei frutti, riportate in Tab. 2,
evidenziano dimensioni differenti: piccoli (48%), medi (20%) e grandi (32%); la lunghezza
varia da 49.5 mm nell‟ecotipo 3 a 23.6 mm nell‟ecotipo 12; la larghezza varia da 48.1 mm
nell‟ecotipo 3 a 25.0 mm nell‟ecotipo 12; lo spessore varia da 45.0 mm nell‟ecotipo 2 a 21.7
mm nell‟ecotipo 7; il rapporto medio lunghezza/spessore è 1.1 e Il rapporto medio
lunghezza/larghezza è 1.0; il colore della buccia è per lo più giallo o arancione; la forma del
frutto in sezione frontale è per il 36% rotondo allungata e 32% oblunga. Le caratteristiche
della polpa, riportate in Tab. 3, con lo spessore della polpa risulta in media 9.5 mm con
oscillazioni da 13.7 mm nell‟ecotipo 3 a 4.1 mm nell‟ecotipo 18; i solidi solubili totali variano
da 24.8 °Brix nell‟ecotipo 15 a 11.2 °Brix nell‟ecotopo 8; la resa in polpa espressa in
percentuale è risultata massima con il 93.7 %. Le caratteristiche del nocciolo, riportate in Tab.
4, con le dimensioni: piccole (12%), medie (52%) e grandi (36%); la lunghezza varia da 30.4
mm nell‟ecotipo 24 a 17.0 mm nell‟ecotipo 12; la larghezza varia da 24.3 mm nell‟ecotipo 24
a 14.9 mm nell‟ecotipo 12; lo spessore varia da 15.3 mm nell‟ecotipo 24 a 10.0 mm
nell‟ecotipo 12; il rapporto medio lunghezza/spessore è 2.0 e Il rapporto medio
lunghezza/larghezza è 1.2; il gusto della mandorla e per il 32% dolce, 64% amaro e 4%
neutro; la forma del nocciolo in sezione laterale è per il 40% ellittico-allargata. Per quanto
riguarda l‟analisi delle componenti principali (Tab. 5) le prime tre componenti assommano
una elevata quota di variazione (96%) con una netta prevalenza della prima (72%). In
particolare, se consideriamo i coefficienti di associazione tra le variabili originali e quelle
trasformate („eigenvectors‟) la prima componente indica differenze per lunghezza, larghezza e
spessore del frutto, lunghezza del nocciuolo e spessore della polpa; la seconda componente
evidenzia differenze per spessore e larghezza del nocciuolo e per la resa in polpa; Il contenuto
in zuccheri è fortemente associato alla terza componente. In Tab. 6 sono stati riportati i
parametri statistici ottenuti dalla cluster analysis. Il numero di gruppi più appropriato è stato
individuato mediando tra i valori più alti ottenuti per l‟RSQ, il PSFR, e PST2 e quello più
basso del CCC. In corrispondenza di quattro gruppi la quota di varianza ad essi attribuibile è
stata del 70% che rappresenta una quota sufficientemente alta. In Fig. 1 è riportato il pattern
distributivo dei 25 ecotipi di albicocco rispetto alle prime tre componenti principali. Le
distanze tra gli ecotipi riflettono la somma delle differenze basate sui nove descrittori
utilizzati. Nella figura vengono indicati anche i cluster di appartenenza per meglio definire i
singoli gruppi. I risultati dell‟analisi a grappolo effettuata sull‟intero set delle componenti
principali ha determinato raggruppamenti la cui composizione e struttura viene riportata in
Fig. 1 insieme ad una rappresentazione grafica delle distanze tra gli ecotipi studiati rispetto
alle prime tre componenti principali (PRIN 1, PRIN 2 e PRIN 3). Sono stati identificati 4
gruppi significativi i quali da soli giustificano il 70% della variazione stimata tra i gruppi (R2).
La seconda componente evidenzia un pattern distributivo ridotto rispetto alle altre due. Il
gruppo I include 6 ecotipi di cui 5 raccolti nella provincia di Bari e uno in quella di Taranto.
Gli stessi sono risultati ben differenziati lungo le componenti principali 2 e 3 includendo due
ecotipi (15 e 17) con elevato grado zuccherino. Il gruppo II è risultato costituito da 7 ecotipi
provenienti dalla provincia di Taranto (n. 4) e di Bari (n. 3). Per questo gruppo le maggiori
differenze sono associate alla terza componente principale. Nel III gruppo sono rappresentate
le tre provincie Bari (13 - 14), Taranto (3 -10) e Brindisi (2) con una distribuzione piuttosto
27
ravvicinata rispetto alle tre componenti principali. Similmente il IV gruppo è risultato
costituito da 7 ecotipi di cui 5 provenienti dalla provincia di Taranto ed ha mostrato una
differenziazione maggiore lungo la prima componente. Infine i descrittori qualitativi
(dimensione, sapore ed epoca di maturazione) sono stati utilizzati come variabili di
classificazione allo scopo di evidenziare le relazioni tra essi ed i descrittori quantitativi del
frutto. L‟epoca di maturazione intermedia è prevalsa nel trend distributivo degli ecotipi. Al
contrario la dimensione del frutto ha visto prevalere le classi piccolo e grande. Infine una più
ampia e diversificata distribuzione è stata osservata per il sapore del frutto.
Conclusioni
Da un punto di vista pratico, e quale risultato atteso, la presente analisi ha dato ulteriore
conferma dell‟ampia variazione presente nel germoplasma di albicocco in Puglia. Per tutti i
caratteri stimati è stata osservata un‟ampia variazione, ma solo alcuni di essi hanno mostrato
un significativo potere discriminante nel differenziare gli ecotipi. In particolare ricordiamo le
dimensioni della drupa e il grado zuccherino. L‟analisi ha evidenziato la necessità di una più
mirata valutazione con l‟inclusione di ulteriori descrittori ed una più ampia collezione onde
poter tracciare un pattern distributivo sufficientemente attendibile della variazione
disponibile. L‟analisi multivariata ha permesso con successo di quantificare e sintetizzare i
livelli di similarità e dissimilarità tra gli ecotipi studiati. Tuttavia le informazioni ottenute, di
certo non esaustive, risulteranno utili nel programmare le future indagini.
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29
Tab. 1. Provenienza ed epoca di maturazione.
Tab. 1. Provenience and time of ripening.
ecotipi
provincia
città
epoca di
maturazione
anno
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
BR
BR
TA
TA
TA
TA
TA
TA
TA
TA
TA
BA
BA
BA
BA
BA
BA
BA
BA
TA
BA
TA
TA
BA
TA
Oria
Oria
Palagiano
Martina Franca
Massafra
Gioia del Colle
Massafra
Massafra
Massafra
Massafra
Martina Franca
Altamura
Altamura
Altamura
Altamura
Sammichele
Sammichele
Altamura
Sammichele
Crispiano
Sammichele
Massafra
Massafra
Sammichele
Palagiano
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
3° decade di giugno
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
1° decade di luglio
2° decade di luglio
1° decade di luglio
3° decade di luglio
3° decade di giugno
1° decade di luglio
1° decade di giugno
1° decade di giugno
2° decade di giugno
3° decade di giugno
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2000
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
2001
Tab. 2. Caratteristiche morfologiche del frutto di 25 ecotipi.
Tab. 2. Characteristcs morphologicals of fruit the 25 ecotypes.
ecotipi dimensione
(g)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
media
piccolo
grosso
grosso
piccolo
piccolo
piccolo
piccolo
medio
piccolo
medio
medio
piccolo
grosso
grosso
piccolo
medio
piccolo
piccolo
piccolo
grosso
piccolo
grosso
medio
grosso
grosso
lunghezza
larghezza
spessore
(mm)
(mm)
(mm)
43.1
48.3
49.5
33.9
38.5
42.2
26.9
41.5
39.3
49.2
43.6
23.6
46.8
47.9
26.4
43.9
35.1
23.8
40.1
47.0
31.0
42.9
38.7
44.5
47.1
39.8
DE
A
A
HI
G
D-F
J
D-G
FG
A
CD
J
A-C
A
J
B-D
H
J
E-G
AB
I
DE
G
B-D
AB
40.0
47.2
48.1
30.6
37.2
37.0
27.3
39.1
40.6
46.6
44.2
25.0
43.3
45.1
27.3
41.3
34.7
25.4
39.4
44.0
34.1
46.4
39.6
45.6
46.2
39.0
E-G
AB
A
IJ
GH
GH
JK
FG
D-G
AB
A-D
K
BE
A-C
JK
C-F
H
K
E-G
A-D
HI
AB
E-G
AB
AB
36.4
45.0
44.0
29.4
34.1
33.5
21.7
32.5
36.7
41.4
38.6
22.5
39.5
40.6
26.5
39.8
31.5
22.4
34.3
41.8
32.6
44.0
39.3
42.5
38.4
F-H
A
AB
JK
G-I
G-I
L
H-J
E-G
A-D
C-F
L
C-F
B-E
K
C-F
IJ
L
G-I
A-D
H-J
AB
C-F
A-C
D-F
35.6
rapporto
lunghezza/
spessore
rapporto
lunghezza/
larghezza
1.19
1.08
1.13
1.15
1.13
1.26
1.24
1.28
1.07
1.19
1.14
1.05
1.19
1.18
1.00
1.11
1.12
1.07
1.17
1.12
0.95
0.98
0.99
1.05
1.23
1.08
1.03
1.03
1.11
1.04
1.14
0.98
1.06
0.97
1.06
0.99
0.94
1.08
1.06
0.97
1.06
1.01
0.94
1.02
1.07
0.91
0.93
0.98
0.98
1.02
1.1
30
A-F
E-I
C-G
B-G
C-G
AB
A-C
A
E-J
A-E
C-G
G-J
A-F
A-F
H-J
D-H
D-H
F-J
A-G
C-G
J
IJ
IJ
G-J
A-D
1.0
A-C
B-G
B-F
AB
B-F
A
D-I
A-E
F-I
A-E
D-I
G-I
A-C
A-E
F-I
A-E
C-H
HI
C-H
A-D
I
I
E-I
E-I
C-H
colore
buccia
arancione
arancione
giallo-arancione
arancione
giallo-arancione
giallo-arancione
giallo-arancione
arancione intenso
arancione chiaro
arancione
giallo-arancione
giallo
arancione intenso
arancione
giallo chiaro
giallo arancio
arancione giallo
giallo arancio
giallo arancio
arancione intenso
giallo
arancione chiaro
arancione
arancione intenso
arancione -verde
Tab. 3. Caratteristiche morfologiche della polpa del frutto.
Tab. 3. Characteristcs morphologicals of pulp fruit.
ecotipi
spessore
zuccheri
(mm)
(°Brix)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
10.4
12.5
13.7
6.7
9.7
9.4
4.9
7.7
10.1
13.0
11.7
4.9
10.5
11.7
4.8
10.9
7.9
4.1
9.7
12.2
7.3
12.4
9.9
10.4
11.6
media
9.5
D-F
A-C
A
H
F
FG
I
H
EF
AB
B-E
I
D-F
B-E
I
C-F
GH
I
F
A-D
H
A-C
EF
D-F
B-E
15.0
14.0
14.0
17.1
21.0
15.0
14.9
11.2
13.2
18.0
14.0
18.1
13.0
16.0
24.8
20.2
23.2
17.3
19.4
16.0
16.9
16.0
14.2
18.2
19.3
J
L
L
H
C
J
JK
N
M
FG
L
F
M
I
A
D
B
GH
E
I
H
I
KL
F
E
16.8
resa in
polpa
(%)
90.5
91.1
93.7
83.2
90.8
88.8
78.7
81.9
90.3
93.0
92.2
81.0
88.1
90.3
74.5
89.9
86.2
72.4
89.4
92.0
84.3
92.0
89.3
86.8
90.4
A-D
A-D
A
F-H
A-D
A-E
HI
F-H
A-D
AB
AB
GH
B-E
A-D
IJ
A-D
D-F
J
A-D
A-C
E-G
A-C
A-E
C-F
A-D
87.2
Tab. 4. Caratteristiche morfologiche del nocciolo del frutto.
Tab. 4. Characteristcs morphologicals of stone fruit.
ecotipi dimensione
(g)
1
medio
2
grosso
3
grosso
4
medio
5
medio
6
medio
7
piccolo
8
grosso
9
medio
10 piccolo-medio
11
medio
12
piccolo
13
grosso
14
grosso
15
medio
16
grosso
17
medio
18
piccolo
19
medio
20
medio
21
medio
22
grosso
23
medio
24
grosso
25
grosso
media
lunghezza
larghezza
spessore
(mm)
(mm)
(mm)
26.0
28.9
26.4
24.7
23.0
26.3
20.1
29.6
23.8
26.6
24.0
17.0
30.0
28.4
20.3
25.6
22.3
18.9
24.4
25.9
21.4
23.6
24.7
30.4
26.5
24.7
C-E
A
BC
C-G
G-I
B-D
KL
A
E-H
BC
D-H
M
A
AB
J-L
C-F
H-J
LM
C-H
C-E
I-K
F-H
C-G
A
BC
18.4
23.6
21.2
17.3
17.7
17.9
16.2
23.9
20.4
20.8
20.4
14.9
23.7
22.0
19.1
20.8
20.1
17.3
19.4
21.4
20.1
21.8
21.1
24.3
22.2
20.3
H-J
A-C
D-F
JK
I-K
I-K
KL
AB
D-H
D-G
D-H
L
A-C
B-E
G-J
D-G
E-H
JK
F-I
D-F
E-H
C-E
D-G
A
B-D
12.4
13.2
11.8
11.9
10.9
12.3
10.4
13.5
11.6
12.0
11.6
10.0
12.9
13.1
12.3
13.5
11.7
11.0
12.1
12.6
12.4
13.6
12.2
15.3
13.2
12.3
31
B-F
B-D
D-F
D-F
F-H
B-F
GH
BC
E-G
C-F
E-G
H
B-E
B-D
B-F
BC
D-G
F-H
C-F
B-E
B-F
B
B-F
A
B-D
rapporto
lunghezza/
spessore
rapporto
lunghezza/
larghezza
2.11
2.19
2.23
2.08
2.11
2.13
1.94
2.20
2.05
2.21
2.07
1.71
2.37
2.18
1.66
1.89
1.90
1.73
2.02
2.08
1.73
1.75
2.03
1.99
2.00
1.42
1.23
1.24
1.43
1.30
1.47
1.24
1.24
1.16
1.28
1.18
1.14
1.26
1.29
1.06
1.23
1.11
1.09
1.26
1.22
1.07
1.09
1.17
1.26
1.19
2.0
B-D
A-C
AB
B-D
B-D
A-D
C-E
AB
B-D
AB
B-D
EF
A
A-C
F
D-F
D-F
EF
B-D
B-D
EF
EF
B-D
B-D
B-D
1.2
A
B-E
B-E
A
B
A
B-E
B-E
D-H
BC
C-G
E-H
B-D
B
H
B-E
F-H
GH
B-D
B-E
H
GH
C-G
B-D
B-F
sapore
della
mandorla
dolce
amaro
amaro
amaro
amaro
amaro
dolce
amaro
amaro
amaro
amaro
dolce
dolce
dolce
dolce
amaro
dolce
amaro
amaro
amaro
dolce
amaro
amaro
neutro
amaro
Tab. 5. Autovalori, autovettori e percento di variazione delle prime tre componenti principali stimati
in 25 ecotipi di albicocco.
Tab. 5. Eigenvalues, eigenvesctors and percent of variation accounted by the first three PCs.
Descrittore
PRIN 1 PRIN 2 PRIN 3
eigenvectors
Lunghezza frutto
Larghezza frutto
Spessore frutto
Lunghezza nocciuolo
Larghezza nocciuolo
Spessore nocciuolo
Spessore della polpa
Zuccheri
Resa in polpa
0.38
0.39
0.37
0.34
0.32
0.27
0.37
-.15
0.33
-.08
-.07
-.27
0.31
0.45
0.60
0.20
0.05
-.43
0.02
0.06
0.11
-.14
-.01
0.18
0.10
0.95
0.11
eigenvalues
Variation (%)
Variation cum. (%)
6.48
0.72
1.19
0.13
0.85
0.93
0.10
0.96
Tab. 6. Parametri statistici della cluster analysis. Metodo della varianza minima di Ward.
Tab. 6. Statistical parameters of Cluster analysis according Ward‟s minimum variance metod.
CLUSTER RSQ CCC PSF PST2
1
0.76 -1.0 15.7 2.6
4
0.70 -1.1 16.2 5.4
3
0.62 -.99 17.9 8.1
2
0.46 -.65 19.9 9.6
1
0.00 0.00
19.9
32
15
17
24
16
25
5
18
12
19
21
10 22
4
20
2
61
7
9
11
14
23
13
3
8
Cluster 1
Cluster 2
Cluster 3
Cluster 4
Fig. 1. Rappresentazione grafica dei 25 ecotipi di albicocco rispetto alle prime tre componenti
principali e identificazione dei gruppi.
Fig. 1. A graphic representation of the 25 ecotypes according the first three principal component
(PCs) and identification of clusters.
33
2.5. MARCATORI DI QUALITÀ NUTRIZIONALE PER LA VALORIZZAZIONE DI
LEGUMINOSE NAZIONALI TIPICHE
MARKERS OF NUTRITIONAL QUALITY FOR THE VALORIZATION OF TYPICAL ITALIAN
LEGUMES
Marina CARBONARO1, Mirella NARDINI1, Paola MASELLI2, Alessandro NUCARA2
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) - Via Ardeatina, 546 00178 Roma, [email protected]
2
Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza - P.le Aldo Moro 2 - 00185 Roma
Riassunto
La valenza nutrizionale delle leguminose è primariamente legata all‟elevato contenuto di
proteine del seme (20-45% del peso secco), accumulate grazie alla capacità di batteri
simbionti del genere Rhizobium, presenti nelle radici, di fissare l‟azoto atmosferico. A questa
caratteristica si deve anche la capacità delle leguminose di potenziare la fertilità del suolo e la
sostenibilità degli ecosistemi. Nonostante il riconosciuto ruolo nutrizionale e l‟importanza di
queste colture nei sistemi di produzione ecocompatibile, in Italia le leguminose da granella
hanno subito una costante riduzione delle superfici coltivate a vantaggio di colture più
redditizie. È pertanto sempre più elevato il rischio di perdita di numerosi agroecotipi, con
descritte caratteristiche di pregio, legati a forme tradizionali di agricoltura praticate
essenzialmente in aree marginali. Numerosi progetti sono stati finanziati recentemente in
ambito nazionale, finalizzati ad una migliore conoscenza delle proprietà distintive di alimenti
tradizionali. La salvaguardia di ecotipi locali di leguminose a rischio di estinzione,
fondamentale per la tutela della biodiversità, necessita di opportuni descrittori di qualità
nutrizionale che possano differenziare questi prodotti da altri maggiormente consolidati sul
mercato o di importazione. Si riportano, in particolare, alcuni risultati ottenuti dallo studio di
ecotipi locali di lenticchie (Lens culinaris L.), coltivati in aree parco selezionate nell‟Italia
centro-meridionale. La caratterizzazione chimico-nutrizionale ha preso in esame specifici
marcatori di qualità, messi a punto nell‟ambito di ricerche svolte precedentemente su
leguminose di diverse specie e volti a definirne non soltanto il profilo compositivo, ma anche
la disponibilità all‟assorbimento di nutrienti e composti bioattivi - proteine, minerali,
oligoelementi, composti fenolici - con potenziali effetti benefici sulla salute umana. I risultati
ottenuti su lenticchie tradizionali provenienti dall‟area del Parco di Colfiorito (Perugia) e dal
Parco Nazionale delle Alte Murge (Altamura, Bari), sono stati confrontati con quelli relativi
alla lenticchia di Castelluccio di Norcia (Perugia) a marchio IGP (indicazione geografica
protetta) e a varietà di lenticchie comuni reperite dal commercio. I risultati indicano che gli
ecotipi locali possiedono caratteristiche nutrizionali distinte rispetto alla varietà commerciale
della stessa specie. Tali proprietà sono evidenziabili mediante l‟analisi di specifici parametri
chimico-fisici delle proteine del seme e dalla composizione in composti fenolici, correlati alle
rispettive biodisponibilità.
Parole chiave: legumi, prodotti tipici, qualità nutrizionale, proteine, composti fenolici
Abstract
Nutritional value of legumes is mainly related to their high seed protein content (20-45% on a
dry weight basis), accumulated as a result of nitrogen fixation by Rhizobium symbiotic
bacteria in the roots. This feature is also responsible for legume capacity to potentiate soil
34
fertility and sustainability of ecosystems. Despite nutritional role of legumes and their
importance for eco-sustainable productions have been widely recognized, in Italy in the last
decades cultivation areas have suffered a constant reduction because of switching towards
more profitable crops. Therefore, the risk of loss of several local ecotypes with known
valuable properties, that are essentially grown in marginal areas where traditional
agricultural is practised, is increasing. Several national projects have recently been funded,
aimed at increasing knowledge about peculiar properties of traditional foods. Safeguard of
local legume ecotypes in danger of extinction, that are essential for biodiversity preservation,
needs suitable markers of nutritional quality able to distinguish between these products and
others that are more diffused on the market or imported. Results concerning local ecotypes of
lentil (Lens culinaris L.), cultivated in Park areas in Central and Southern Italy are reported
here. Chemical and nutritional characterization was carried out by using specific quality
markers that have been set up during previous research on different legume species. These
markers are aimed at evaluating not only compositional profile but also bioavailability of
nutrient and bioactive compounds -proteins, minerals, trace elements, phenolics- with
potential beneficial effect on human health. Nutritional properties of traditional lentils
cultivated in Colfiorito Park (Perugia) and in National Park of Alte Murge (Altamura, Bari)
were compared with those of both Castelluccio di Norcia (Perugia) lentil with PGI (Protected
Geographical Indication) denomination and commercial common lentil varieties. Results
indicated that traditional lentils show nutritional properties that are different from those of
the commercial common lentil. These properties can be pointed out through analysis of
specific chemico-physical parameters of seeed proteins and composition in phenolic
compounds, related to their bioavailability.
Keywords: legumes, typical products, nutritional quality, protein, phenolic compounds
Introduzione
Il consumo di alimenti vegetali ad alto contenuto proteico, tra cui numerose specie di
leguminose da granella (fagiolo, pisello, cece, lenticchia), rappresenta una caratteristica
distintiva di tutti i modelli alimentari dell‟area mediterranea. Numerosi effetti benefici sono
stati recentemente associati a diverse frazioni proteiche contenute nel seme, nonché ai peptidi
derivanti dalla digestione gastro-intestinale: prevenzione delle malattie dell‟apparato
cardiocircolatorio e del diabete, ridotto rischio di contrarre neoplasie, generale aumento dello
stato di benessere (Carbonaro, 2011; Rosa Lovati et al., 2012).
A livello nazionale, negli ultimi decenni, si è assistito ad una drastica riduzione delle aree
destinate alla coltivazione delle leguminose, soprattutto delle lenticchie (da 25000 a circa
2000 ettari), non compensato dall‟aumento delle rese, con conseguente incremento delle
importazioni. È tuttavia aumentato, negli ultimi anni, l‟interesse verso le fonti vegetali
proteiche in quanto essenziali nell‟agricoltura biologica e ben adattabili ad aree marginali
dell‟Italia meridionale. È inoltre sempre crescente la domanda dei consumatori verso prodotti
nazionali garantiti, soprattutto prodotti tipici, tradizionali e biologici.
La salvaguardia dei numerosi ecotipi locali di leguminose ad elevato rischio di estinzione,
essenziali per la conservazione della biodiversità, può avvalersi del riconoscimento della
superiore qualità nutrizionale di tali prodotti rispetto ad altri coltivati su più ampia scala o di
importazione. In questo contesto, lo sviluppo di strumenti volti alla certificazione congiunta di
origine e di qualità di ecotipi di leguminose, nonché l‟applicazione di strategie di
monitoraggio del mantenimento delle proprietà nutrizionali peculiari dei prodotti durante i
35
trattamenti precedenti il consumo, costituisce elemento essenziale per la promozione del
patrimonio nazionale dei prodotti tradizionali.
Vengono riportati alcuni risultati particolarmente significativi relativi alla caratterizzazione
chimico-nutrizionale, realizzata mediante l‟utilizzo di marcatori specifici di qualità
nutrizionale, di lenticchie (Lens culinaris L.) tradizionali provenienti dall‟area del Parco
Regionale di Colfiorito (Perugia), dal Parco Nazionale delle Alte Murge (Altamura, Bari), a
confronto con la lenticchia di Castelluccio di Norcia (Perugia) a marchio IGP (indicazione
geografica protetta) e con varietà di lenticchie comuni reperite dal commercio.
Materiali e metodi
Lenticchie tradizionali provenienti dal Parco di Colfiorito (Perugia), dal Parco delle Alte
Murge (Altamura, Bari) e lenticchie di Castelluccio di Norcia (Perugia) IGP sono state
reperite presso aziende locali. La varietà di lenticchia comune commerciale è stata acquistata
presso la grande distribuzione.
Il contenuto in proteine totali (Nx6,25) è stato misurato con il metodo Kjeldahl (AOAC,
2005). La composizione in aminoacidi è stata ottenuta come descritto da Moore et al. (1958).
Gli aminoacidi solforati e il triptofano sono stati quantificati seguendo le procedure di Schram
et al. (1954) e Nielsen e Hurrell (1985), rispettivamente. Le determinazioni di struttura
secondaria delle proteine sono state effettuate mediante spettroscopia a riflettanza diffusa nel
medio infrarosso (DRIFT), tra 500 e 5000 cm-1. Dalla riflettanza diffusa sono stati ottenuti gli
spettri di assorbimento, che sono stati poi analizzati mediante procedure di deconvoluzione e
fitting (Fourier Self Deconvolution e multipeak fitting) (Kaupinnen et al., 1981). Il contenuto
in polifenoli totali, disponibili e legati a proteine è stato misurato come descritto in Carbonaro
et al. (2000) ed espresso in g equivalenti di acido tannico/100 g di peso secco. Il contenuto in
acidi fenolici (vanillico, caffeico, p-cumarico e ferulico) è stato ottenuto come descritto in
Nardini et al. (2002).
Risultati e discussione
Il contenuto in proteine totali delle varietà di lenticchie esaminate è risultato compreso tra
26,5 e 27,5% (p.s.). Non sono state riscontrate differenze significative tra gli ecotipi locali di
lenticchie. Il valore più basso veniva osservato in corrispondenza della varietà di lenticchia
comune commerciale.
È stato quindi esaminato il contenuto in aminoacidi con differenti proprietà (basici, acidi,
idrofobici e polari carichi), in quanto tale parametro, da studi eseguiti in precedenza, è
risultato correlato alla funzionalità e alla biodisponibilità delle proteine di diverse specie di
legumi, incluse le lenticchie (Carbonaro et al., 1997). Si può osservare un maggior contenuto
in aminoacidi acidi e un minor contenuto in quelli idrofobici nel caso degli ecotipi Colfiorito
e Castelluccio IGP rispetto alla lenticchia comune, con conseguente incremento della
proporzione di residui carichi (CHGS) (Tab. 1). Gli ecotipi locali analizzati presentano quindi
migliori proprietà funzionali e, di conseguenza, una maggiore biodisponibilità degli
aminoacidi, rispetto alla varietà di lenticchia comune reperita dal commercio.
In tutti gli ecotipi analizzati è stato possibile evidenziare un contenuto elevato di struttura a
foglietto b (1630-1638 cm-1) (30-34%), caratteristica distintiva delle proteine del seme dei
vegetali (Carbonaro et al., 2008). Sono state inoltre misurate quantità variabili (10-15%) dei
componenti a bassa frequenza (1610-1615 cm-1) e di quelli ad alta frequenza (1690-1695
cm-1), rappresentativi di complessi proteici a diverso grado di stabilità. La caratterizzazione di
tali complessi sarà oggetto di ulteriori studi.
36
I risultati di studi recenti sulla biodisponiblità di composti fenolici hanno indicato che le
interazioni tra le proteine di alimenti vegetali (legumi, cereali) e composti fenolici a diverso
peso molecolare contenuti nel seme hanno profonde conseguenze sulla bioefficacia di questi
ultimi (D‟Archivio et al., 2010). È stato pertanto quantificato il contenuto in polifenoli totali,
disponibili e legati a proteine degli ecotipi di lenticchie e i risultati sono presentati nella fig. 1.
Il contenuto in polifenoli totali è risultato maggiore negli ecotipi locali (Castelluccio
IGP>Colfiorito/Altamura) rispetto alla varietà di lenticchia comune commerciale. Sono state
inoltre evidenziate differenze significative nel contenuto in polifenoli disponibili e in quelli
legati. In particolare, il contenuto in polifenoli legati è risultato inferiore nell‟ecotipo di
Altamura rispetto agli altri ecotipi locali (Castelluccio IGP, Colfiorito).
I risultati ottenuti dall‟analisi di specifici acidi fenolici - vanillico, caffeico, p-cumarico e
ferulico - indicano marcate differenze tra gli ecotipi e, in particolare, una più alta
concentrazione in acidi fenolici totali e disponibili nell‟ecotipo di Castelluccio IGP rispetto a
quello di Colfiorito.
Conclusioni
Gli ecotipi locali di lenticchie analizzati (Colfiorito, Castelluccio IGP, Altamura) possiedono
caratteristiche nutrizionali distinte rispetto alla varietà commerciale della stessa specie. Si
riscontrano inoltre differenze tra le proprietà nutrizionali dei tre ecotipi esaminati. Tali
proprietà sono evidenziabili mediante l‟analisi di specifici parametri chimico-fisici e
strutturali delle proteine del seme, nonché dalla composizione in composti fenolici, correlati
alle rispettive biodisponibilità.
Ringraziamenti
La ricerca è stata svolta in parte nell‟ambito del Progetto MiPAAF “TERRAVITABiodiversità, Territorio e Nutrizione: la sostenibilità dell‟agroalimentare italiano”.
Bibliografia
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SCHRAM E., MOORE S., BIGWOOD E.J., 1954. Chromatographic determination of cystine
as cysteic acid. Biochemical Journal, 57: 33-37.
Tab. 1. Percentuale di aminoacidi con differente carattere e proporzione di residui carichi
(CHGS) della lenticchia di Colfiorito, lenticchia di Castelluccio IGP e lenticchia comune
commerciale (CV<7%).
Aminoacidi basici: Lys, Arg, His. Acidi: Asp, Glu. Idrofobici: Ala, Leu, Ile, Met, Phe, Pro,
Val, Trp. Polari non carichi: Gly, Ser, Thr, Tyr, Cys.
Ecotipo
Basici
Colfiorito
Castelluccio IGP
Lenticchia comune
19,0
17,9
17,3
Aminoacidi (%)
Idrofobici
31,8
31,4
32,8
Acidi
30,3
30,0
28,0
38
Polari
17,5
17,2
17,0
CHGS
47,4
46,0
43,4
1,2
g/100 g p.s.
1,0
0,8
Totali
Disponibili
Legati
0,6
0,4
0,2
0,0
Colfiorito
Castelluccio
Altamura Lenticchia comune
Fig. 1. Contenuto in polifenoli totali, disponibili e legati a proteine della lenticchia di
Colfiorito, lenticchia di Castelluccio IGP, lenticchia di Altamura e lenticchia comune
commerciale (media di almeno tre determinazioni, CV<8%).
39
2.6. BIODIVERSITÀ TRA RAZZE OVINE PER LA PRODUZIONE
DELL’AGNELLO DA LATTE. 2. CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELLE
CARNI
BIODIVERSITY AMONG SHEEP BREEDS TO PRODUCE SUCKLING LAMB. 2. MEAT QUALITY
CHARACTERISTICS
Francesco DIPALO2, Marco RAGNI1, Massimo LACITIGNOLA1, Giuseppe MARSICO1,
Arcangelo VICENTI1
1
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali - Università degli Studi di Bari, Via
Amendola 165/A, 70126 Bari, [email protected]
2
Dipartimento di Produzione Animale - Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A,
70126 Bari
Riassunto
L‟obiettivo della ricerca è stato rivolto a valutare le caratteristiche fisiche e chimiche delle
carni di 24 agnelli, 12 Leccesi (LEC) e 12 Comisani (COM) alimentati con latte materno
(NAT) e latte artificiale (ART) sino all‟età di 35 giorni circa. Le carni degli agnelli Leccesi
sono risultate essere più ricche in acqua (74,91% vs 73,76%) e meno in grasso (2,86% vs
3,75%). Relativamente alla tenerezza delle carni gli agnelli Leccesi hanno fornito carni più
tenere quando provenivano dall‟allattamento artificiale (2,02 vs 2,60, kg/cm2). Nei riguardi
delle caratteristiche colorimetriche la luminosità, relativamente alla razza Leccese è risultata
superiore alla Comisana (42,03 vs 41,29; P<0,05). Le carni provenienti della razza Leccese
sono risultate meno rosse (a*) rispetto a quelle della Comisana (8,02 vs 8,53; P<0,05).
Dal confronto tra le razze è emerso che gli agnelli Leccesi forniscono un Longissimus
Lumborum con un indice del giallo (b*) superiore (P<0.05) a quello dei soggetti Comisani
(8,83 vs 8,56). Gli agnelli alimentati con il latte artificiale hanno fornito carni con un valore di
b* superiore (P<0,01) rispetto a quelli che poppavano latte materno (8,87 vs 8,51).
Relativamente al profilo acidico rilevato nelle carni, la percentuale di acidi grassi saturi è
risultata significativamente (P<0,01) più elevata nella dieta Naturale (43,72%) rispetto a
quella Artificiale (35,83%). I valori dei monoinsaturi sono risultati più elevati nella dieta
artificiale rispetto alla naturale (54,40% vs 46,79% ); quelli della Comisana (P>0,05) nei
confronti della Leccese (51,45% vs 49,74%). I migliori gli indici salutistici di aterogenicità e
trombogenicità sono stati forniti dai soggetti alimentati con allattamento artificiale (P<0,01).
L‟allattamento naturale, rispetto all‟artificiale, determina nelle carni di agnelli Leccesi il
miglior rapporto ω6/ω3 (4,01 vs 5,50; P<0,05). Il contenuto in colesterolo totale rilevato nel
sangue e nel fegato degli agnelli alimentati con latte artificiale è risultato più contenuto
(P<0,01) in entrambe le razze.
Parole chiave: biodiversità, agnello leccese, allattamento, qualità della carne
Abstract
The aim of the present research was to evaluate the physical and chemical characteristics of
meat of twenty-four suckling lambs, 12 Leccese lambs (LEC) and 12 Comisana lambs (COM)
fed with ewe milk from mothers (NAT) or artificial milk (ART) and slaughtered at 35 days of
age. Leccese meat from suckling lamb was significantly higher in water content (74.91% vs
73.76%) and lower in fat content (2.86% vs 3.75%). No significant differences were observed
between the two breeds and feeding system on meat tenderness, but Leccese lambs, fed with
40
artificial milk, gave more tender meat (2.02 kg/cm2 vs 2.60, kg/cm2). Regarding the colour
characteristics differences on Longissimus lumborum muscle were observed on lightness (L*)
resulting significantly higher in suckling Leccese lambs compared to Comisana lambs (42.03
vs 41.29; P<0.05). A lower red index (a*) (8.02 vs 8.53; P<0.05) and a higher yellow index
(b*) (8.83 vs 8.56; P<0.01) were found in Leccese breed lambs comparing to Comisana.
Fatty acid profile of the meat showed a significant (P<0.05) higher incidence of saturated
fatty acid in Naturale group (43.72%) comparing with Artificiale group (35.83%).
Monounsaturated fatty acids in artificial diet compared to natural (54.40% vs 46.79%) and
those of Comisana breed (P<0.05) comparing to Leccese (51.45% vs 49.74%) were higher.
Atherogenicity and thrombogenicity indexes were better in suckling lamb fed with artificial
milk (P<0.01). In Leccese lambs the better ratio ω6/ω3 was obtained when lambs were fed
with ewe milk comparing to artificial (4.01 vs 5.50; P<0,05).
Cholesterol content in the blood and liver was lower (P<0.01) in lambs fed with artificial
milk in both breeds.
Keywords: biodiversity, Leccese lamb, suckling, meat quality
Introduzione
L‟importanza della tutela della biodiversità animale è oggi ampiamente riconosciuta come
dimostrano i programmi di conservazione messi in atto dai diversi Paesi, non ultimo la Misura
214 - Azione 7 per la "Tutela delle Biodiversità animale" pubblicata sul Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n.° 53 del 12/04/2012 con cui si prevede un premio per coloro che
allevano razze autoctone e tra le quali è annoverata la pecora Moscia Leccese. Secondo il
rapporto FAO The State of the World's Animal Genetic Resources 2007 circa il 20% delle
razze bovine, ovine, suine, equine e avicole del pianeta sono attualmente a rischio
d‟estinzione determinando una riduzione di variabilità genetica entro le popolazioni. I
consumi domestici delle carni ovi-caprine fresche manifestano una considerevole propensione
degli italiani all‟acquisto di carne di agnello (89%) rispetto a quella di capretto (11%)
(ISMEA, 2011). Attualmente i consumi di carne rivenienti dalla specie suina, bovina ed
avicola sono da considerare, in termini sia quantitativi che di valore economico, più rilevanti
rispetto a quella ovi-caprina che si concentra principalmente in occasione delle festività
natalizie e pasquali. Nel 2010, relativamente alla quantità di carni ovi-caprine fresche
acquistate, il Meridione ha concentrato il 46% delle quantità acquistate, seguito dal Centro,
inclusa la Sardegna (pari al 29% degli acquisti totali), dal Nord-Ovest (14%) e dall‟area del
Nord-Est (11%) (ISMEA, 2011). In Italia e nell‟area mediterranea si è consolidata la
produzione dell‟agnello da latte (Cianci et al., 1971), macellato con un peso vivo di circa di 812 kg, proveniente soprattutto da razze ovine a prevalente produzione di latte (Lanza e
Biondi, 1990). Tale tendenza deriva da diversi fattori, tra cui principalmente il regime dei
prezzi che privilegia nettamente la carne dell‟agnello da latte che viene precocemente
macellato destinando il prezioso latte alla caseificazione. La moscia Leccese è una razza
ovina autoctona pugliese originaria del Salento che fino ai primi anni ‟80 rappresentava una
delle popolazioni di maggiore interesse nell‟Italia meridionale peninsulare; è da ritenersi a
buona attitudine lattifera (Cianci et al., 1968), ma è stata anche migliorata incrociandola con
razze autoctone ottenendo un tipo morfo-funzionale a taglia grande (detto Leccese del Capo o
Capuana) che, se pur garantiva un agnello allo svezzamento di maggior peso e una maggior
produzione di latte, mostrava una minore capacità di adattamento alle ridotte disponibilità
delle essenze pabulari dei pascoli. Gli allevatori, spinti dall‟impulso della competizione
commerciale, hanno cominciato ad introdurre progressivamente nei propri allevamenti
41
soggetti di altre razze di varia provenienza (Sarda e Comisana) a più spiccata vocazione
lattifera, con buone doti di adattabilità ai diversi ambienti di allevamento e più remunerative
dal punto di vista economico (Ambrosini et al., 2000; Cianci et al., 1971; Dario et al., 1991,
Pinto et al., 1979-80; Gallo et al., 1979-80) fino quasi alla totale sostituzione della razza
ovina Leccese. Secondo le classificazioni internazionali, la razza ovina Leccese rientrerebbe
nella watchlist delle razze vulnerabili annoverando un numero di 653 capi di femmine adulte
registrate al Libro Genialogico su tutto il territorio nazionale (ASSONAPA, 2011). La
Comisana è una razza ovina la cui attitudine preminente è quella della produzione del latte e
con buone rese in carne (Pino e Portolano, 1962). La scomparsa di una razza implica la
perdita definitiva di quelle peculiarità tipiche dei prodotti ottenibili esclusivamente dalla razza
stessa. Attualmente la sopravvivenza delle razze locali, dove ancora esistono, è legata a
diverse motivazioni quali la loro rusticità cioè la migliore adattabilità a condizioni pedoambientali difficili ed a un più elevato valore di mercato delle loro produzioni tipiche (carne e
prodotti caseari). Numerosi lavori scientifici mostrano come l‟effetto razza influisca sulle
performance produttive e sulle caratteristiche qualitative delle carni degli animali da reddito
(Marsico et al., 1995; Ragni et al., 1997; Vicenti et al., 1998; Ragni et al., 2001; Caputi
Jambrenghi et al., 2001; Santos-Silva et al., 2002; Russo et al., 2003; Marino et al., 2008;
Bulent et al., 2010;) e il tipo di allattamento (Rodriguez et al., 2008; Lanza et al., 2006;
Napolitano et al., 2002). Inoltre gli agnelli da latte sono considerati alla stregua dei
monogastrici, pertanto la composizione degli acidi grassi del grasso del latte materno assunto
in fase di allattamento influenza fortemente la composizione acidica delle loro carni (Lane et
al., 2000; Vicenti et al., 2001). I mercati alimentari sono diventati più globalizzati, con il
risultato che i consumatori sono più attenti alla propria alimentazione ed apprezzano alimenti
di più alta qualità e con una chiara identità regionale. La certificazione di provenienza della
carne potrebbe consentire un maggiore aumento nel valore commerciale degli agnelli da latte
prodotti in Italia, soprattutto quando provengono da razze autoctone, allevati al pascolo con
sistemi tradizionali (Martini et al., 2009). Infatti gli agnelli da latte alimentati con latte
materno di pecore allevate al pascolo (Scerra et al., 2006; Vicenti et al., 2004) hanno fornito
carcasse meno grasse e di qualità migliore da un punto di vista nutrizionale.
Le razze autoctone costituiscono un prezioso serbatoio genetico nelle singole aree geografiche
in cui si sono selezionate garantendo la produzione di molti prodotti tipici sia sotto il profilo
edonistico e della qualità delle produzioni e sia per lo sfruttamento di molte aree marginali.
Lo scopo di tale lavoro è stato quello di mettere a confronto gli aspetti qualitativi delle carni
ottenute da agnelli da latte di razza Leccese e Comisana alimentati con due sistemi di
allattamento (naturale vs latte ricostituito) ed allevati nella zona murgiana del nord-ovest
barese, zona tra le più vocate all‟allevamento ovino della Puglia.
Materiali e metodi
La prova è stata effettuata sulle carni prelevate da 12 agnelli Leccesi (6 allattati
artificialmente e 6 allattati dalle madri) e da 12 Comisani (6 allattati artificialmente e 6
allattati dalle madri). Dalla lombata è stato prelevato il muscolo Longissimus lumborum (Ll)
su cui sono stati determinati, in accordo con le indicazioni ASPA (1996), i parametri
colorimetrici, mediante spettrofotometro HunterLab con illuminatore D65, e la resistenza al
taglio, misurata con il test del Warner Bratzler Shear Force (WBS) mediante apparecchio
Instron 5544. Dal muscolo, previa omogeneizzazione, sono stati prelevati campioni per la
determinazione chimica centesimale (ASPA, 1996). Sul grasso estratto dai campioni di carne
è stata eseguita l‟analisi degli acidi grassi. La frazione lipidica è stata estratta con
cloroformio-metanolo 2:1 (Folch et al., 1957). Gli esteri metilici degli acidi grassi sono stati
42
preparati con BF3-metanolo al 12% ed analizzati con gascromatografia utilizzando una
colonna capillare di vetro silicato (lunghezza 50 m, diametro interno 0,25 mm, spessore film
0,25 μm) operante a temperatura programmata da 140°C a 210°C con gascromatografo
Chromopack, modello CP 9000. Sono stati inoltre calcolati gli indici di aterogenicità e di
trombogenicità (Ulbricht e Southgate, 1991). Infine è stato determinato il colesterolo ematico
e del tessuto epatico. I dati ottenuti sono stati elaborati con l‟analisi della varianza mediante
procedura GLM (SAS, 1991) confrontando i valori medi stimati con il “t” di Student,
valutando l‟effetto razza e dieta e la loro interazione.
Risultati e discussione
La composizione chimica del muscolo Longissimus lumborum (Tab. 1) ha fatto osservare
nella Leccese una maggior umidità (P<0,05) rispetto alla Comisana (74,91% vs 73,76%). Il
grasso intramuscolare nelle carni della Comisana è risultato significativamente più elevato
rispetto a quello della Leccese (3,75% vs 2,86%; P<0,01) confermando quanto riscontrato nei
rilievi alla macellazione (Ragni et al., 2012). Nessuna differenza è stata osservata
relativamente ai due sistemi di alimentazione. Lo sforzo al taglio (Tab. 2), ha fatto registrare
una maggiore e significativa (P<0,05) tenerezza delle carni di agnelli Leccesi alimentati con
latte artificiale rispetto agli stessi alimentati con latte naturale (2,02 kg/cm 2 vs 2,60, kg/cm2).
Nei riguardi delle caratteristiche colorimetriche la luminosità delle carni della Leccese è
risultata superiore alla Comisana (42,03 vs 41,29; P<0,05). I campioni della razza Leccese
sono risultati meno rossi (a*) rispetto a quelli della Comisana (8,02 vs 8,53; P<0,05). Sono
state evidenziate differenze significative nell‟indice b* nei riguardi degli effetti principali,
razza e dieta, la Comisana rispetto alla Leccese ha presentato valori di 8,56 vs 8,83, mentre
l‟allattamento artificiale ha determinato valori di 8,87 vs 8,51 del naturale. Il latte artificiale
rispetto a quello prodotto dalla pecora Leccese e Comisana (Tab. 3), contiene una minore
percentuale di acidi grassi saturi (56.27% vs 69.55% vs 73.05%) ed un più elevato contenuto
in polinsaturi (7.39% vs 5.57% vs 4.33%). Questo risultato non è stato sorprendente, dal
momento che i lipidi del latte artificiale provengono da grassi vegetali caratterizzati da una
inferiore saturazione rispetto ai grassi animali (Napolitano et al., 2002). Relativamente al
profilo acidico rilevato nelle carni (Tab. 4), la percentuale di acidi grassi saturi è risultata
significativamente (P<0,01) più elevata nella dieta Naturale (43,72%) rispetto al quella
Artificiale (35,83%). I valori dei monoinsaturi sono risultati più elevati nella dieta artificiale
rispetto al naturale (54,40% vs 46,79%) quelli della Comisana (P>0,01) nei confronti della
Leccese (51,45% vs 49,74%); In accordo con quanto rilevato da Lanza et al. (2006),
Napolitano et al. (2002) la maggior presenza della componente satura nelle carni di agnelli da
latte alimentati con latte materno potrebbe essere attribuita ad una maggiore presenza di acidi
grassi saturi nel latte materno, rispetto al latte artificiale, probabilmente dovuto all‟attività di
bio-idrogenazione ruminale da parte della pecora. Inoltre negli agnelli il rumine non è ancora
funzionale e gli acidi grassi insaturi somministrati con la dieta non subiscono alcuna
alterazione di bio-idrogenazione. In uno studio precedente (Cifuni et al., 2000) hanno
riscontrato un crescente grado di saturazione delle carni in funzione della maggiore età di
macellazione degli agnelli in conseguenza del progressivo sviluppo del rumine. Pertanto, il
profilo acidico delle carni degli agnelli da latte può riflettere la composizione del latte ingerito
(Kuhne, et al., 1986; Zygoyannis et al., 1992). Di conseguenza risultano migliori gli indici
salutistici di aterogenicità e trombogenicità nei soggetti alimentati con allattamento artificiale
(P<0,01).
Per contro l‟allattamento naturale, rispetto all‟artificiale determina nelle carni di agnelli
Leccesi il miglior rapporto ω6/ω3 (4,01 vs 5,50; P<0,05) i cui valori sono prossimi ai quelli
43
consigliati per la salute umana (Galli, 1999). Positivi infine i riscontri ottenuti sul colesterolo
totale rilevato nel sangue e nel tessuto epatico (Tab. 5) degli agnelli alimentati con latte
artificiale, risultato significativamente più contenuto (P<0,01) in entrambe le razze.
Conclusioni
I risultati ottenuti dalla presente prova permettono di aumentare le conoscenze sulla qualità
delle carni ottenute da agnelli di razza Leccese. Le carni di agnelli Leccesi sono risultate più
luminose, meno rosse e con un indice del giallo superiore ai soggetti Comisani.
L‟allattamento artificiale determina nella razza Leccese una maggiore tenerezza delle carni ed
un minore contenuto in grasso. La composizione acidica delle carni riflette quella del latte
ingerito, infatti le carni degli agnelli alimentati con latte artificiale, rispetto al naturale, in
ambedue i genotipi manifestano un maggior contenuto di acidi grassi insaturi.
In entrambe le razze, l‟allattamento con latte ricostituito consente di ottenere carni di agnello
dieteticamente più salutari per il consumatore potendo destinare maggiori quantità del
prezioso latte ovino alla produzione di prodotti tipici locali.
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Tab. 1. Composizione chimica del Longissimus Lumborum (%).
Tab. 1. Chemical characteristics of Longissimus Lumborum (%).
DIETA
Campioni
n°
Umidità
Proteine
Grassi
Ceneri
RAZZA
ART
NAT
COM
LEC
ART
COM
12
74,69
20,13
3,10
1,22
12
73,97
20,30
3,51
1,18
12
73,76 b
20,04
3,75 A
1,27 a
12
74,91 a
20,38
2,86 B
1,14 b
6
73,94
20,06
3,66 A
1,30 A
RAZZA X DIETA
NAT
LEC
COM
LEC
6
75,44 a
20,20
2,53 B
1,13 B
6
73,58 b
20,03
3,84 A
1,22
6
74,37
20,57
3,18
1,14 B
D.S.E.
G.L.
= 20
1,343
1,008
0,646
0,087
A, B: P<0,01; a, b: P<0,05
Tab. 2. Caratteristiche fisiche del Longissimus Lumborum.
Tab. 2. Physical characteristics s of Longissimus Lumborum.
ART
NAT
COM
LEC
RAZZA X DIETA
ART
NAT
COM
LEC
COM
LEC
WBS
Kg/cm2
2,13
2,33
2,15
2,30
2,25
L*
41,81
41,50
41,29 b 42,03 a
a*
8,27
8,28
8,53 a
8,02 b
42,97 A 40,65 B 39,60 B
8,47
8,07 BC AB
8,99 A
b*
8,87 A
8,51 B
8,56 b
8,83 a
9,24 A
DIETA
RAZZA
A, B, C: P<0,01; a, b: P<0,05
46
2,02 b
8,51 B
2,07
7,89 C
2,60 a
43,40
A
7,56 C
D.S.E.
G.L.
= 20
0,458
0,901
0,505
9,14 A 0,244
Tab. 3. Composizione acidica (%) del latte naturale ed artificiale.
Tab. 3. Fatty acid composition (%) of natural and artificial milk.
SATURI
INSATURI
MUFA
PUFA
ω3
ω6
COM
73,05
26,95
22,62
4,33
0,90
3,10
LEC
69,55
30,45
24,88
5,57
1,30
3,98
ART
56,27
43,73
36,34
7,39
1,23
5,46
Tab. 4. Composizione acidica (%) del Longissismus Lumborum.
Tab. 4. Fatty acid composition (%) of Longissimus Lumborum.
RAZZA X DIETA
ART
NAT
ART
NAT
COM
LEC
COM LEC
COM
LEC
35,67 35,99
42,34
45,11
SATURI
35,83 B 43,72 A 39,01
40,55
B
B
Ab
Aa
54,78 54,02
45,46
MUFA
54,40 A 46,79 B 51,45 a 49,74 b
A
A
48,12 Ba
Bb
PUFA
10,38
9,54
9,58
10,35
9,62
11,14
9,53
9,55
64,40 65,16
INSATURI 64,78 A 56,33 B 61,03
60,09
A
A
57,66 B 55,00 B
ω3
1,72
1,79
1,74
1,77
1,85
1,59
1,63
1,95
ω6
7,71
7,14
7,16
7,70
7,37
8,05
6,95
7,34
ω6/ω3
4,77
4,38
4,40
4,76
4,05
5,50 a
4,75
4,01 b
I.A.
0,58 B 1,11 A 0,72 B 0,98 A 0,56 C 0,61 C 0,88 B
1,35 A
I.T.
0,92 B 1,27 A
1,05
1,13
0,91 B 0,93 B 1,20 A
1,33 A
DIETA
RAZZA
D.S.E.
G.L.
= 20
2,126
1,821
1,913
2,342
0,579
1,255
1,281
0,120
0,154
A, B, C: P<0,01; a, b: P<0,05
Tab. 5. Contenuto di colesterolo.
Tab. 5. Cholesterol content.
RAZZA X DIETA
D.S.E.
ART
NAT
G.L.
= 20
ART NAT COM LEC COM
LEC COM
LEC
58,72 82,66
58,78 82,72
B
A
70,73 70,65 58,75 B
B
A
82,61 A 12,31
300,25 353,08
309,33 291,16 357,50 348,66
B
A
333,41 319,91
Bb
B
A
Aa
26,91
DIETA
Colest. Tot.
mg/dl
Colest. Fegato
mg/100gr
RAZZA
A, B: P<0,01; a, b: P<0,05
.
47
2.7. LA BIODIVERSITÀ AGRARIA NELLE MARCHE: VALORIZZAZIONE
NUTRIZIONALE DI LEGUMINOSE E CEREALI TIPICI
BIODIVERSITY IN MARCHE: NUTRITIONAL QUALITY OF TYPICAL LEGUMES AND CEREALS
Gianna FERRETTI1, Tiziana BACCHETTI1, Simona MASCIANGELO², Ambra MICHELETTI2
1
Dipartimento di Scienze Specialisteche ed Odontostomatologiche, Università Politecnica
delle Marche, Ancona, Italia, [email protected]
2
Dipartimento di Scienze della Vita e dell‟Ambiente, Università Politecnica delle Marche,
Ancona, Italia, [email protected]
3
A.S.S.A.M. - Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche, Osimo (AN), Italia,
[email protected]
Riassunto
La Regione Marche, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e protezione degli
agro-ecosistemi e delle produzioni di qualità, ha approvato la Legge Regionale 3 giugno 2003
n.12 “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”. La legge
difende le risorse genetiche non più coltivate o allevate sul territorio regionale ma attualmente
conservate presso Istituti sperimentali, Orti botanici, Banche del Germoplasma, Università e
Centri di ricerca anche di altre Regioni o Paesi, per le quali esista un interesse economico,
scientifico, ambientale, paesaggistico o culturale. L‟ASSAM (Agenzia per i Servizi nel
Settore Agroalimentare delle Marche) cura l‟attuazione dei programmi pluriennali e annui in
materia di tutela della biodiversità per il settore agricolo e gestisce i due strumenti operativi
della Legge cioè il Repertorio Regionale e la Rete di Conservazione e Sicurezza. Nel
Repertorio Regionale vengono iscritte le risorse genetiche autoctone a rischio di erosione. Lo
studio si è prefisso di valorizzare da un punto di vista nutrizionale di legumi e cereali inseriti
nel Repertorio Regionale.
La ricerca è stata condotta sui seguenti prodotti : Cicerchia (Serra de‟ Conti); Fagioli
(Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (Appignano), Cece "Quercia"
(Appignano); Fava (Fratte Rosa); Mais ottofile (Treia, Pollenza, Roccacontrada tipologia
rosso e giallo). L‟analisi dei principali nutrienti ha confermato che i legumi e i cereali inclusi
nello studio rappresentano una buona fonte di proteine e di carboidrati soprattutto complessi e
di fibra alimentare.
La valorizzazione nutrizionale dei legumi e cerali ha incluso anche la valutazione dei livelli di
alcuni fitonutrienti come polifenoli e carotenoidi e delle loro proprietà antiossidanti. Infatti
questi fitonutrienti oltre a conferire colore e proprietà organolettiche ai vegetali, hanno anche
un interesse nutrizionale.
I risultati hanno evidenziato una variabilità nei livelli di fitonutrienti nelle diverse varietà di
legumi e cereali inclusi nello studio e hanno dimostrato che la maggior parte di essi
rappresentano una buona fonte di fitonutrienti. In conclusione i risultati ottenuti dimostrano
che gli alimenti tipici della nostra regione, oltre a costituire un patrimonio culturale di
notevole importanza, hanno una elevata qualità nutrizionale e pertanto il loro consumo
potrebbe avere ricadute positive per l‟ambiente, per il mantenimento della biodiversità e per la
salute.
Parole chiave : biodiversità, proprietà nutrizionali, antiossidanti, cereali, legumi
48
Abstract
Marche Region, as part of development policies, promotion and protection of agroecosystems and production of quality, approved June 3, 2003 the Regional Law No. 12
"Protection of animal and plant genetic resources of the Marche". The law protects the
genetic resources that are no longer grown or reared within the region and that now are
preserved by experimental institutes, botanical gardens, gene banks, universities and
research centers also of other regions or countries, for which there is an economic, scientific,
environmental, landscaping or cultural interest. A.S.S.A.M. (Agency for Food Service
Industry in the Marche) is involved in the implementation of programs for the protection of
biodiversity for agriculture and manages two instruments: the Regional Repertory and the
Network of Regional Conservation and Safety.
Aim of the study was to investigate the nutritional qualities of legumes and cereals included in
the Regional Repertory. The research was conducted on the following products: Cicerchia
(Serra de‟Conti), Beans (Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja
(Appignano), Cece " Querchia" (Appignano), Fava (Fratte Rosa) and Corn (Treia, Pollenza,
Roccacontrada type red and yellow).
The analysis of macronutrients confirmes that legumes and cereals included in the study
represent a good source of protein and complex carbohydrates and dietary fiber. The study
has also included the evaluation of the levels of phytonutrients such as polyphenols and
carotenoids and their antioxidant properties. The results show a variability in the levels of
phytonutrients in the different varieties of legumes and cereals included in the study and have
shown that most of them represent a good source of phytonutrients.
In conclusion, the results demonstrate that the typical food of Marche, besides being a very
important cultural heritage, have a high nutritional quality, and therefore their consumption
may have positive consequences for the environment, for the maintenance of biodiversity and
health.
Keywords: biodiversity, nutritional properties, antioxidants, cereals, legumes
Introduzione
La Regione Marche, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e protezione degli
agro-ecosistemi e delle produzioni di qualità, ha approvato la Legge Regionale 3 giugno 2003
n.12 “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”. La legge
difende le risorse genetiche non più coltivate o allevate sul territorio regionale ma attualmente
conservate presso Istituti sperimentali, Orti botanici, Banche del Germoplasma, Università e
Centri di ricerca anche di altre Regioni o Paesi, per le quali esista un interesse economico,
scientifico, ambientale, paesaggistico o culturale. L‟ASSAM (Agenzia per i Servizi nel
Settore Agroalimentare delle Marche) cura l‟attuazione dei programmi pluriennali e annui in
materia di tutela della biodiversità per il settore agricolo e gestisce i due strumenti operativi
della Legge cioè il Repertorio Regionale e la Rete di Conservazione e Sicurezza. Nel
Repertorio Regionale vengono iscritte le risorse genetiche autoctone a rischio di erosione.
In tale ambito lo studio si è prefisso di valorizzare da un punto di vista nutrizionale una serie
di legumi e cereali inseriti nel Repertorio Regionale. La ricerca è stata condotta sui seguenti
prodotti : Cicerchia (accessione di Serra de‟ Conti); Fagioli (Monachello, Solfino, Occhio di
capra, Americano); Roveja (accessione di Appignano), Cece "Quercia" (accessione di
Appignano); Fava (accessione di Fratte Rosa); 4 tipologie di Mais ottofile (accessioni di
Treia, Pollenza, Roccacontrada tipologia rosso, arancio e giallo).
49
La valorizzazione nutrizionale di questi prodotti tipici ha incluso la valutazione dei livelli dei
principali nutrienti (carboidrati, lipidi, proteine) e dei livelli di alcuni fitonutrienti. Con questo
termine ci riferiamo a sostanze sintetizzate nelle piante e presenti in quantità e qualità diverse
nei vari alimenti. Alcuni di questi fitonutrienti tra cui i polifenoli e carotenoidi, infatti, oltre a
conferire colore e proprietà organolettiche ai vegetali, hanno anche un interesse nutrizionale
poiché sono sostanze biologicamente attive e svolgono ruoli regolatori del metabolismo e di
funzioni cellulari (Kriushnapriya et al., 2012; Vasanthi et al., 2012) . Numerosi studi hanno
investigato i meccanismi molecolari con cui i fitonutrienti esercitano il loro effetto protettivo
ed antiossidante ed è stato dimostrato che la maggior parte di essi è biodisponibile cioè viene
assorbito dopo l‟assunzione con i pasti. Infatti studi condotti in vivo hanno dimostrato un
aumento dei livelli di antiossidanti dopo un pasto contenente frutta o verdura (Polidori et al.,
2009) ed è emersa una relazione inversa tra consumo di fitonutrienti (polifenoli e carotenoidi)
e markers di danno ossidativo e di infiammazione (Holt et al., 2009; Martínez-Tomas et al.,
2012).
Pertanto lo studio delle proprietà nutrizionali e del contenuto in antiossidanti permette quindi
di caratterizzare in modo completo le proprietà nutrizionali di un alimento.
Materiali e metodi
Descrizione dei campioni inclusi nello studio - La ricerca è stata condotta sui seguenti legumi
inseriti nel Repertorio Regionale: Cicerchia (accessione di Serra de‟ Conti); Fagioli
(Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (accessione di Appignano), Cece
"Quercia" (accessione di Appignano); Fava (accessione di Fratte Rosa). Inoltre sono state
considerate alcune varietà di mais iscritte nel Repertorio Regionale: il mais ottofile di Treia, il
mais ottofile Pollenza, il mais ottofile di Roccacontrada tipologia rosso e giallo.
Ciascun prodotto è stato caratterizzato dal punto di vista della composizione in carboidrati,
proteine, lipidi e fibra. Per quanto riguarda i lipidi, lo studio ha previsto anche una dettagliata
analisi della composizione in acidi grassi.
Preparazione del campione - I campioni (circa 0.5g) sono stati ridotti a farina e incubati in
presenza di acetone 50% per 20 ore e successivamente centrifugati a 3000 rpm a 4C° per 20
minuti. Gli estratti sono stati diluiti in modo da ottenere le condizioni ottimali per il dosaggio
dei fenoli totali e delle proprietà antiossidanti.
Determinazione del contenuto totale dei fenoli - Il contenuto dei fenoli nei diversi campioni di
mais e legumi è stato determinato mediante Folin-Ciocalteu assay. In particolare 25µl di
estratto vengono aggiunti a 1,5 ml di acqua distillata, 0,125ml di reagente Folin-Ciocalteu e
0,350ml di NaCO3 20%. L‟assorbanza è stata valutata a 765 nm dopo 2 ore di incubazione. Il
contenuto totale di fenoli è espresso come equivalenti di acido gallico su 100 grammi di
campione (Xu et al., 2007).
Valutazione potenziale antiossidante totale - La valutazione del potenziale antiossidante totale
degli estratti di legumi e di mais è stata effettuata mediante Orac (Oxygen radical absorbance
capacity) assay come riportato da Gillespie et al. I risultati sono espressi in µmoli di
equivalenti Trolox (Gillespie et al., 2007).
Determinazione della capacità antiossidante nei confronti delle LDL - La valutazione della
capacità antiossidante degli estratti di mais e dei legumi è stata condotta utilizzando la
cinetica di perossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) isolate da plasma umano
(Ferretti et al., 2010). Le incubazioni sono state condotte a 37°C in presenza di ioni rame
(5M). Nelle LDL ossidate in assenza (controllo) o in presenza di estratti, la cinetica è stata
eseguita mediante le valutazione della formazione dei dieni coniugati e calcolo della lag-time
(Esterbauer et al., 1989).
50
Carotenoidi - La caratterizzazione e la quantificazione dei carotenoidi presenti nei diversi
campioni mais sono stati identificati quantificati mediante il metodo HPLC-UV detection
come riportato da Scott et al. (2005).
Risultati
Caratteristiche composizionali e nutrizionali - Come riassunto nella Tab. 1 nei legumi inclusi
nello studio (Fagioli, Roveja, Cicerchia, Fava e Cece), i carboidrati costituiscono circa il 60%
del loro peso secco, mentre nel mais essi rappresentano circa 75% del loro peso secco. Le
proteine sono presenti con una percentuale, rispettivamente, di circa 25% e 8 % nei legumi e
nel mais. Nel mais i lipidi costituiscono circa il 3-5% del peso secco. Il contenuto di fibra nei
legumi inclusi nello studio è circa il 25%, mentre nei campioni di mais il contenuto è
compreso tra 7-8%.
Livelli di polifenoli e carotenoidi - I livelli di composti fenolici totali nelle diverse varietà di
fagioli inclusi nello studio mostrano una elevata variabilità con valori compresi tra 300-700
mg/100gr. Nella Cicerchia e nel Cece Quercia i livelli di fenoli sono 121±21 mg GAE/ 100g e
15026 mg GAE/100g, rispettivamente. Elevati livelli di fenoli si sono osservati nella Roveja.
(Tab. 2)
I livelli di composti fenolici totali nei campioni di mais inclusi nello studio sono compresi tra
18834 mg GAE/100g del Mais Pollenza e 30925 mg GAE/100g del Mais Roccacontrada
varietà rossa. Nella Tab. 2 sono indicati i livelli di carotenoidi valutati in diverse varietà di
mais. Il contenuto di carotenoidi totali nelle varietà di mais incluse è circa 3mg/Kg (Tab. 3).
La caratterizzazione più dettagliata della composizione dei carotenoidi nelle diverse varietà di
mais emerge che la zeaxantina, l‟alfa criptoxantina, la luteina e il beta carotene sono i
principali rappresentanti (Tab. 3).
Potere antiossidante - Come mostrato nella Fig. 2, le diverse varietà di fagioli inclusi nello
studio mostrano valori di potenziale antiossidante totale (PAT) compresi tra i
77571±256mol TE/100g del fagiolo Americano e i 3761±321 del fagiolo Solfino (Tab. 2).
La Roveja presenta un potere antiossidante simile a quelli dei fagioli (Tab. 2). Valori inferiori
si sono osservati nella Cicerchia e nel Cece Quercia. (Tab. 2).
Allo scopo di indagare il ruolo protettivo degli estratti ottenuti dalle diverse varietà di legumi
e di mais, è stata studiata la cinetica di formazione dei dieni coniugati nelle LDL ossidate in
presenza o in assenza degli estratti. Il valore della lag-time nelle LDL ossidate (ox-LDL) in
assenza degli estratti era di 69±12minuti. Valori della lag-time significativamente più elevati
sono stati ottenuti nelle LDL ossidate in presenza degli estratti (Fig. 1).
La significativa correlazione positiva stabilita tra i livelli di composti fenolici e i valori di
PAT (r=0.93, n=12, p<0,001) e la durata della lag-time delle LDL ossidate in presenza degli
estratti (r=0.88, n=12, p<0,001) dimostra che i composti fenolici svolgono un ruolo
importante nelle capacità antiossidanti dei campioni analizzati ed esercitano un ruolo
protettivo contro la perossidazione lipidica delle lipoproteine.
Conclusioni
Fino ad oggi non è stata effettuata un‟analisi dettagliata della loro composizione nutrizionale
di leguminose e cereali tipici della Regione Marche. Dallo studio condotto emerge che i
prodotti Marchigiani si contraddistinguono per le caratteristiche nutrizionali sia per il
contenuto in macro e in micronutrienti. In particolare, essi risultano essere particolarmente
ricchi di composti antiossidanti quali polifenoli e carotenoidi che conferiscono ai prodotti un
elevato potere antiossidante totale. L‟analisi del potere antiossidante ha evidenziato la
maggior parte dei prodotti inclusi nello studio si colloca tra gli alimenti vegetali con un
51
elevato potere antiossidante. In particolare i dati dimostrano che in tutti gli estratti sono
presenti molecole che rallentano la perossidazione lipidica delle LDL. Studi precedenti hanno
dimostrato che la perossidazione delle LDL avviene in vivo. Le LDL-ox esercitano un ruolo
citotossico, pro-infiammatorio e sono coinvolte nei meccanismi molecolari alla base della
formazione della placca aterosclerotica (Grundy, 1995). Pertanto i dati ottenuti potrebbero
avere una rilevanza fisiologica poiché è noto che parte dei fitonutrienti sono biodisponibili
(Polidori et al., 2009).
I dati ottenuti dallo studio riguardanti la caratterizzazione delle proprietà nutrizionali e del
potere antiossidante dei prodotti può rappresentare un elemento importante nella
valorizzazione di questi prodotti tipici delle Marche. Tali informazioni sulla qualità
nutrizionale possono essere utilizzate in campagne di valorizzazione nutrizionale di prodotti
tipici con l‟obiettivo di incentivarne la conoscenza e il consumo soprattutto tra i più giovani
oltre al loro possibile utilizzo come ingrediente funzionale in alimenti salutistici.
In conclusione, gli alimenti tipici della nostra regione, come quelli inclusi nello studio, oltre a
costituire un patrimonio culturale di notevole importanza, hanno evidenziato una elevata
qualità nutrizionale, pertanto il loro consumo potrebbe avere ricadute positive per la salute,
per l‟ambiente e per il mantenimento della biodiversità.
Bibliografia
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Tab. 1. Caratteristiche composizionali dei legumi e cereali inclusi nello studio
Tab. 1. Chemical composition of legumes and cereals included in the study
Fenoli
(mg/100g)
70088
31265
68059
40455
12121
52322
15023
14033
269 32
18834
12215
30925
Fagiolo Monachello
Fagiolo Solfino
Fagiolo Americano
Fagiolo Occhio di capra
Cicerchia “Serra de‟ Conti”
Roveja “Appignano”
Cece “Quercia “
Fava di Fratte Rosa
Mais ottofile Treia
Mais ottofile Pollenza
Mais ottofile Roccacontrada giallo
Mais ottofile Roccacontrada rosso
PAT
(molTE/100g)
5900244
3761321
7571256
5424200
101979
4653200
1314189
1890121
2022 325
1836169
1850134
2206274
Tab. 2. Livelli di polifenoli totali e potere antiossidante totale (PAT) nelle diverse varietà di legumi e
mais inclusi nello studio.
Tab. 2. Levels of total polyphenols and total antioxidant potential (PAT) in the different varieties of
legumes and maize included in the study.
Fagiolo Monachello
Fagiolo Solfino
Fagiolo Americano
Fagiolo Occhio di capra
Cicerchia “Serra de‟ Conti”
Roveja “Appignano”
Cece “Quercia “
Fava di Fratte Rosa
Mais ottofile Treia
Mais ottofile Pollenza
Mais ottofile Roccacontrada giallo
Mais ottofile Roccacontrada rosso
Proteine
g/100g
23
22
19
22
24
27
20
21
Lipidi
g/100g
1,9
1,4
1,4
1,4
1,3
2,1
2,1
2,3
Carboidrati
g/100g
62
64
68
65
63
62
61
62
Fibra
g/100g
23
27
26
24
24
23
25
17
8,1
7,8
9,1
8,8
3,77
4,89
5,46
4,25
76
77
77
78
8,1
7,2
8,3
7,5
53
Tab. 3. Livelli di carotenoidi nelle diverse varietà di mais incluse nello studio
Tab. 3. Levels of carotenoids in the different varieties of maize included in the study
Mais
Treia
3066
310
1830
530
40
56
300
<20
<20
Carotenoids (g/Kg)
Carotenoidi totali
Luteina
Zeaxantina
Alfa-Criptoxantina
Beta-Criptoxantina
Alfa-Carotene
Beta-Carotene
Violaxantina
Licopene
*
180
*
Mais
Pollenza
3523
320
2150
710
35
38
270
<20
<20
Mais
Roccacontrada giallo
3044
230
1760
660
45
49
300
<20
<20
Mais
Roccacontrada rosso
3434
260
1940
750
41
53
390
<20
<20
*
Lag-time (minuti)
160
*
140
120
*
*
*
*
*
*
*
*
100
80
60
40
Mais Roccacontrada giallo
Mais Pollenza
Mais Treia
Mais Roccacontrada rosso
Ox-LDL+ estratto
Fava di Fratte Rosa
Cicerchia
Roveja
Cece Quercia
Fagiolo Solfino
Fagiolo occhio di capra
Fagiolo Monachello
Fagiolo Americano
0
ox-LDL
20
Fig. 1. Durata della lag-time nelle LDL ossidante in assenza (ox-LDL) o in presenza di estratti ottenuti
dalle diverse varietà di legumi e mais inclusi nello studio
Fig. 1. Duration of the lag-time in LDL oxidized in the absence (ox-LDL) or in the presence of extracts
obtained from different varieties of legumes and maize included in the study .
54
2.8. LA VITAMINA
NUTRACEUTICO
“C”
NEI
FRUTTI
DI
AGRUMI
COME
VALORE
VITAMIN C IN CITRUS FRUITS AS A NUTRACEUTICAL VALUE
Girolamo RUSSO1, Laura D’ANDREA2, Teodora BASILE1
1
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie, Università degli Studi di Bari, via
Amendola 165/A, 70126 Bari, Italy, [email protected]
2
CRA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi (SCA), via Celso
Ulpiani 5, Bari, [email protected]
Riassunto
In questo lavoro è stato determinato il contenuto di acido ascorbico o vitamina C nei frutti di
una collezione di agrumi coltivati nell‟arco Ionico Pugliese. Sono stati messi a confronto 10
cv di arancio dolce, 10 cv di mandarino e mandarino-simili e 2 cv di pompelmo, piante
ubicate tutte nello stesso campo di orientamento varietale, realizzato in provincia di Taranto. I
risultati ottenuti hanno mostrato valori equilibrati di vitamina C nell‟ambito delle cultivar
dello stesso agrume, arancio, pompelmo, clementina, mandarino e mandarino-simile. I
risultati ottenuti hanno messo in evidenza l‟elevato contenuto in vitamina C di alcune delle
cultivar esaminate. I valori della vitamina C (mg/l) sono risultati però diversi: nelle arance
variavano da 67,6 a 101,1 nei mandarini e mandarino simili da 45,5 a 75,5 e nei pompelmi da
74,1 a 76,5.
Parole chiave: vitamina C, arancio, mandarino, clementina, pompelmo
Summary
In this work the ascorbic acid, i.e. vitamin C, content in a collection of citrus fruits grown in
Ionic area of Apulia region has been determined. Ten cv of sweet orange, ten cv of mandarin
and mandarin-like fruits and two cv of grapefruit, from plants all located in the same field in
the province of Taranto were compared. The results obtained showed balanced values of
vitamin C in cultivars of the same citrus: orange, grapefruit, mandarin, mandarin-like, and
clementine. The results obtained highlighted the high content of vitamin C in some of the
examined cultivars. Anyway, the vitamin C values (mg/l) were different in different citrus
fruits: in oranges ranged from 67.6 to 101.1 in mandarin and mandarin-like ranged from 45.5
to 75.5, and in grapefruits from 74.1 to 76.5.
Keywords: vitamin C, orange, mandarin, clementine, grapefruit
Introduzione
Le vitamine sono sostanze necessarie all‟organismo umano in piccolissime quantità ma esso
non è in grado di sintetizzare, da cui il bisogno di assumerle con l‟alimentazione. La vitamina
C, il cui nome scientifico è acido L-ascorbico, è il lattone dell‟acido esuronico. L‟uomo,
contrariamente alle altre specie animali e vegetali, non è in grado di sintetizzare l‟acido,
ascorbico dal D-glucosio e quindi è indispensabile che lo ricavi dall‟alimentazione: frutta (ad
esempio, fragole, arance, mele) e verdure (come cavoli, piselli, spinaci). Le vitamine fanno
parte delle sostanze nutraceutiche, termine coniato nel 1989 da S.L. DeFelice, per quelle
sostanze note per la loro comprovata azione benefica e protettiva nei confronti della salute
55
umana. È noto che il contenuto di vitamina C, la più notevole fra le vitamine contenute negli
agrumi, è molto variabile da specie a specie e nell‟ambito delle specie fra le cultivar. Le
differenze di quantità della vitamina C sono determinate anche dallo stadio di maturazione dei
frutti, dall‟andamento climatico stagionale, dalle diverse condizioni pedo-climatiche, dai
fattori agronomici e dalle modalità e tempi di conservazione del frutto (Gioffrè e Continella,
1973; Russo, 1984; Testoni et al., 1986). Tenuto presente questa variabilità e la sua
importanza in quanto sostanza nutraceutica è stato ritenuto utile impostare la presente ricerca
allo scopo di determinare il contenuto di vitamina C nei frutti di diversi agrumi coltivati su
uno stesso terreno nell‟areale dell‟arco Ionico dove di recente è stato ottenuto anche il
riconoscimento dell‟IGP “Clementine del Golfo di Taranto”.
Materiali e metodi
I campioni di frutti, dieci da ciascuna pianta, sono stati raccolti ad altezza d‟uomo, tenendo
conto sia dell‟uniformità di pezzatura che del grado di maturazione. I campioni sono stati
prelevati da ciascuna tesi di 10 cv di arancio dolce, 10 cv di mandarino e mandarino-simili e 2
cv di pompelmo, piante tutte ubicate nello stesso campo di orientamento varietale realizzato
in provincia di Taranto. Ciascuna tesi, ripetuta tre volte, era costituita da quattro piante
distribuite a caso e scelte considerando piante di sviluppo vegetativo simile. Le analisi per la
determinazione chimica su campioni, raccolti direttamente in campo quando
commercialmente pronti, sono state effettuate in laboratorio immediatamente dopo la raccolta
per titolazione colorimetrica con il 2,6-diclorofenoloindofenolo. I dati sperimentali sono stati
analizzati statisticamente.
Risultati e discussione
I risultati della presente ricerca, riportati nelle Tab. 1 e 2, fanno presumere che il biochimismo
della formazione della Vitamina C sia alquanto più complesso di quanto si possa pensare e
che, in qualche modo, dipenda anche dalla evoluzione dei contenuti di acidi, seppure con
modalità variabile fra specie e cultivar e in probabile connessione con gli andamenti climatici
stagionali.
I valori di vitamina C determinati per arance e pompelmo, riportati in Tab 1, mostrano che è
rilevante il contributo degli agrumi al fabbisogno giornaliero di vitamina C: 40 mg (bambino),
45 mg (adulto), 60 mg (donna in gravidanza), 80 mg (donna allattante). Inoltre, il loro
consumo come frutta fresca, insieme agli ortaggi verdi, diminuisce il rischio di cancro dello
stomaco (Haenszel et al., 1972, 1976; Kolonel et al., 1980). La vitamina C insieme alla
vitamina E, delle quali i vegetali sono ricchi, inibiscono infatti la formazione di derivati
nitrosanti, composti che possiedono azione cancerogena, associati a cancro dello stomaco
(Schmahl, 1980).
I valori di vitamina C anche per mandarino e mandarino-simili analizzati e riportati nella Tab.
2, riconfermano l‟importanza del consumo di agrumi per il notevole apporto di tale vitamina,
specialmente da quando è stato sottolineato il suo ruolo chiave nell‟inibizione e nella
prevenzione del cancro. La vitamina C in laboratorio, infatti, inibisce in vivo ed in vitro la
formazione dei composti N-nitrosati (Mirvish, 1972). L‟aggiunta di acido ascorbico a colture
di cellule umane (Park, 1980) previene la formazione chemio-indotta di queste cellule e in
alcuni casi provoca la reversione delle cellule trasformate.
Conclusioni
Oltre a partecipare a numerose reazioni metaboliche e alla biosintesi di collagene, di alcuni
aminoacidi ed ormoni, la vitamina C svolge numerosi effetti benefici: è un antiossidante,
56
interviene nelle reazioni allergiche potenziando la risposta immunitaria, neutralizza i radicali
liberi e svolge una funzione protettiva a livello dello stomaco, inibendo la sintesi di sostanze
cancerogene. La sua carenza provoca una malattia chiamata scorbuto, molto diffusa in passato
tra i marinai che assumevano poca frutta e verdura fresca, i cui primi sintomi sono apatia,
anemia e inappetenza e poi, proprio per la mancata sintesi di collagene, sanguinamento delle
gengive, caduta dei denti, dolori muscolari, fragilità dei capillari e emorragie sottocutanee. La
vitamina C è contenuta soprattutto negli alimenti freschi, come frutta e verdura, in particolare
negli agrumi, fragole, cavolo (Tab. 3).
La vitamina C viene però facilmente deteriorata durante i trattamenti di conservazione e
cottura, si perde facilmente durante i lavaggi e la cottura in acqua viene danneggiata anche
dall‟ossigeno e dal calore. Per assicurare un buon apporto di vitamina C, è quindi necessario
consumare frutta e verdura freschissime, crude o poco cotte. I dati sperimentali ottenuti
dimostrano il notevole contenuto di vitamina C nei frutti di diversi agrumi nell‟areale
dell‟arco Jonico e costituiscono un tassello in più per la valutazione degli indici analitici
caratterizzanti la tipicità per tracciabilità e rintracciabilità del prodotto agrume tipico delle
Puglie - IGP “Clementine del Golfo di Taranto” .
Bibliografia
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nucellare durante la conservazione frigorifera. In: Atti Convegno: “Recente contributo
della ricerca allo sviluppo dell‟agrumicoltura italiana”. Cagliari 29 Aprile - 3 Maggio.
57
Tab. 1. Contenuto di vitamina C in 11 cultivar di arancio e in 2 di cultivar di pompelmo (media
biennio 2004/05 e 2005/06).
Tab. 1. Vitamin C content in 11 orange cultivar and 2 grapefruit cultivar (mean value for two year
period 2004/05 and 2005/06).
Cultivar
Belladonna
Biondo
Moro
Navelina
Navelate
Ovale
Salustiana
Staccia
Tarocco
Valencia Late
Washinton N.
Marsh Seedless
Red Blush
Valore medio di vitamina C (mg/l)  E.S.
67,6  14,35
75,4  1 3,89
60, 5  1 2,59
82,8  14,12
67,6  15,23
77,4  1 3,76
77,1  15,12
77,9  14,78
101,1  1 6,54
81,1  14,76
75,0  13,89
76,5  1 6,76
74,1  1 5,54
Tab. 2. Contenuto di vitamina C in 10 cultivar di mandarino e mandarino-simili (media biennio
2004/05 e 2005/06).
Tab. 2. Vitamin C content in 10 mandarin and mandarin-like cultivar (mean value for two year period
2004/05 and 2005/06).
Cultivar
Clementine Comune
Clementine Nules
Clementine Monreal
Clementine Oroval
Mandarino Avana
Mandarino Avana Apirno Nuc.
Mandarino ibrido Palazzelli
Mandarino tardivo di Ciaculli
Satsuma Owari
Tangelo Mapo
Valore medio di vitamina C (mg/l)  E.S.
75,8 12,4
74,5 15,3
70,4 13,7
72,6 14, 7
45,5 12,9
45,9 11,8
66,1 15,7
59,3 13,9
48,3 12,1
49,3 12,7
Tab. 3. Contenuto di vitamina C in alcuni frutti e verdura (mg/100g).
Tab. 3. Vitamin C content in some fruits and vegetables (mg/100g).
Frutta
Fragola
Agrumi
Mele
Pesche
mg/100g
60
50
20
5
Verdura
Cavolo
Pisello
Porro
Spinaci
(Dati ricavati da Carrera,1988).
58
mg/100g
50
20
20
25
2.9. CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E MORFOPOMOLOGICA DI GENOTIPI
DI MELOGRANO (PUNICA GRANATUM L.) IN PUGLIA
CHEMICAL AND MORPHO-POMOLOGICAL CHARACTERIZATION OF POMEGRANATE
GENOTYPES (PUNICA GRANATUM L.) IN APULIA
Giuseppe FERRARA1, Angela Maria Stella MATARRESE1, Andrea MAZZEO1, Andrea
PACIFICO1, Carmela PACUCCI1, Vito GALLO2,3, Isabella CAFAGNA2, Piero MASTRORILLI2,3
1
Dipartimento di Scienze Agro-ambientali e Territoriali - University of Bari „Aldo Moro‟, via
Amendola 165/A - 70126 Bari (Italy)
2
DICATECh - Politecnico di Bari, via Orabona 4 - 70125 Bari (Italy)
3
Innovative Solutions S.r.l. - Spin off del Politecnico di Bari, zona H - 70015 Noci (Bari,
Italy)
Riassunto
In Puglia il melograno viene generalmente coltivato in piccoli frutteti familiari e le produzioni
sono destinate ai mercati locali. L‟informazione sui genotipi locali è praticamente assente ed è
per questo che da qualche anno sono in corso indagini per valutare le caratteristiche morfopomologiche e chimiche di diversi genotipi di melograno presenti nell‟areale regionale. Nel
2011 una indagine in diverse zone della Puglia ha portato alla individuazione e alla raccolta
dei campioni di frutti da diversi genotipi. Sui frutti, raccolti alla maturazione commerciale, tra
fine settembre e metà ottobre, sono state determinate le caratteristiche morfologiche e
chimiche.
Differenze significative sono emerse tra i genotipi e, in particolare, una grossa variazione si è
osservata per alcuni parametri morfologici tra cui il peso, il diametro, la lunghezza del frutto e
lo spessore della buccia. I Brix sono variati da 14,6 a 18,3, mentre l‟acidità titolabile (espressa
in acido citrico) da 5.2 a 29.6 g/L per la presenza di genotipi dolci ed acidi. La resa in succo
(cm3/100 arilli) non ha mostrato differenze significative ad eccezione di un genotipo acido che
ha presentato una resa nettamente più bassa.
Le caratteristiche chimiche dei campioni sono state studiate anche con un approccio
metabolomico mediante l‟impiego della spettroscopia 1H NMR. I risultati hanno indicato in
glucosio, fruttosio e acido citrico i metaboliti maggiormente presenti nel succo. Il contenuto
di glutammina e treonina è alla base della differenziazione di alcuni genotipi, mentre la
componente fenolica del succo è risultata molto variabile dal punto di vista qualitativo.
Parole chiave: Punica granatum L., caratteri organolettici, composti fenolici, metabolomica,
spettroscopia 1H NMR
Abstract
Pomegranate in Apulia region is generally cultivated in small home orchards and the limited
production is generally consumed by the families or in local fruit markets. No information is
available about the local pomegranate genotypes and few years ago we started morphopomological and chemical analyses of some pomegranate genotypes localized in the region.
In 2011, a survey in several areas of the region allowed the localization of various genotypes
and the collection of fruit samples. These fruits were harvested at commercial ripening, from
the end of September to mid October, for the subsequent morphological and chemical
analyses.
59
The genotypes showed significant differences, in particular for some morphological
parameters such as fruit weight, diameter and length, and skin thickness. Total soluble solids
ranged from 14.6 to 18.3 °Brix and titratable acidity (as citric acid) ranged from 5.2 to 29.6
g/L because of the presence of both sweet and sour genotypes. The juice yield (cm3/100 arils)
did not show significant differences, with the exception of an acid genotype with a
significantly lower juice yield.
Chemical characteristics of the samples have been studied with a metabolomic approach,
through the use of 1H NMR spectroscopy. Results showed that glucose, fructose and citric
acid were the most abundant metabolites in the juice. The content of glutamine and threonine
and the phenolic components were variable among the genotypes.
Keywords: Punica granatum L., organolectic
metabolomic analysis, spectroscopy 1H NMR
characteristics,
fenolic
compounds,
Introduzione
Il melograno è generalmente coltivato nel bacino del Mediterraneo, nelle regioni dell‟Asia
meridionale, India, Nord e Sud America, in ambienti dove le alte temperature permettono una
buona maturazione del frutto. In particolare, il suo adattamento al clima Mediterraneo ha
favorito una larga diffusione in diversi Paesi dando origine, nell‟arco di secoli, a una variegata
produzione di genotipi locali.
Le parti commestibili del frutto sono gli arilli, che costituiscono dal 45 al 60% del peso totale
del frutto (Kulkarni e Aradhya, 2005; Sarkosh et al., 2009;. Tehranifar et al., 2010). Gli arilli
comprendono due parti: la testa e il seme al cui interno vi è l‟embrione. La testa, che è
polposa e ricca di succo, può essere dolce, agrodolce o acida, di colore bianco, rosa o rosso ed
è ricca di acidi organici e composti fenolici. L‟embrione contenuto nel seme, invece, contiene
sostanze nutritive come gli acidi grassi presenti in gran quantità nell‟olio di semi di
melograno (Sarkosh et al., 2009). Il melograno è stato sempre prioritariamente utilizzato per il
consumo fresco, ma è anche impiegato, in seguito a separazione dei semi, per la preparazione
di succhi di frutta, marmellate, sciroppi, bevande, coloranti e altri prodotti (Stover e Mercure,
2007; Magerramov et al., 2008). Come per molte specie da frutto, le varietà di melograno si
differenziano per il loro gusto, variando dal dolce all‟acido (Holland et al., 2008) e ciò è
legato direttamente alla qualità e quantità degli acidi organici e zuccheri presenti nel frutto.
Un recente aumento nella domanda di prodotti a base di melograno da parte dei consumatori
nei Paesi occidentali è imputabile alle sue caratteristiche nutrizionali e medicinali (Lansky e
Newman, 2007). Queste attività sono principalmente attribuite ai livelli elevati di attività
antiossidante ed all‟alto contenuto in polifenoli totali (Gil et al., 2000;. Tzulker et al., 2007).
Il succo di melograno ha dimostrato di possedere un‟attività antiossidante 3 volte maggiore di
quella del vino rosso o del tè verde (Gil et al., 2000), e rispettivamente due, sei e otto volte
più alta delle attività rilevate in uva/mirtillo, pompelmo e succo d'arancia (Rosenblat e
Aviram, 2006). Alcuni studi sulle caratteristiche morfologiche e chimiche del melograno si
basano su analisi di genotipi presenti in alcuni Paesi del Mediterraneo (Baroni et al., 2001;
Drogoudi et al., 2005; Tzulker et al., 2007; Martínez et al., 2006), ma non ci sono
informazioni disponibili circa i genotipi presenti in Puglia. In particolare, in Italia i dati del
2011 indicano 60 ettari coltivati a melograno e 24 ettari risultano ufficialmente coltivati in
Puglia (ISTAT, 2011). In questa regione le principali colture sono vite, olivo e ciliegio ma,
considerando le condizioni pedoclimatiche, anche il melograno potrebbe essere una
interessante e promettente coltura.
60
L'obiettivo del presente lavoro è quello di studiare e confrontare le caratteristiche morfopomologiche e chimiche di alcuni genotipi di melograno localizzati in Puglia. In particolare,
le caratteristiche chimiche sono valutate mediante l‟impiego della spettroscopia di Risonanza
Magnetica Nucleare (NMR) al fine di apprezzare il profilo metabolico del succo nella sua
interezza. In tal modo, è possibile caratterizzare genotipi che potranno essere utilizzati in
futuro per la coltivazione o per programmi di miglioramento genetico.
Materiali e metodi
Raccolta dei frutti - Nel 2011 una indagine in diverse zone della Puglia ha portato alla
raccolta di frutti di 17 genotipi (Tab. 1). I frutti sono stati raccolti da alberi adulti siti in
piccoli frutteti privati. Tutti i genotipi selezionati hanno una data di maturazione simile in
base al loro colore interno ed esterno. Sui frutti, raccolti alla maturazione commerciale, tra
fine settembre e metà ottobre, sono state determinate le caratteristiche morfologiche e
chimiche.
Caratteristiche morfo-pomologiche e organolettiche dei frutti - Su 15 campioni di frutti
maturi raccolti per ciascun genotipo sono state effettuate misurazioni morfo-pomologiche
(Mars e Marrakchi, 1999), misure delle caratteristiche di arilli e semi (Martínez et al., 2006) e
analisi chimiche (Sarkhosh et al., 2009).
Sui frutti sono stati misurati i seguenti tratti morfo-pomologici: peso del frutto (g), lunghezza
(mm) e diametro (mm), numero di sepali (n.), lunghezza del calice (mm) e diametro (mm),
spessore della buccia (mm). Sono state analizzate le seguenti caratteristiche degli arilli:
larghezza massima (mm) e lunghezza (mm), peso dell‟arillo (mg), volume di succo (cm3/100
g di arilli). Il succo è stato preparato schiacciando gli arilli attraverso un setaccio di metallo,
quindi è stato filtrato e separato in due aliquote, una delle quali è stata immediatamente
congelata a -20°C per l‟analisi 1H NMR mentre l‟altra è stata utilizzata per la determinazione
dei solidi solubili (°Brix), pH ed acidità titolabile. L‟acidità titolabile è stata calcolata come g
di acido citrico /1000 mL di succo.
Analisi 1H NMR - La registrazione degli spettri NMR è stata effettuata con uno spettrometro
Bruker Avance 400 seguendo una procedura automatizzata. Il succo di melograno sottoposto
all‟analisi 1H NMR è stato conservato a –20 °C fino al momento della preparazione del
campione che consiste nell‟aggiunta di 200 μL di soluzione tampone ([C2O42–] + [HC2O4–] =
0.28 M, pH = 4.2) contenente NaN3 (2.8·10–3 M) e 300 μL di
(trimetilsilil)tetradeuteropropionato sodico (TSP) in acqua deuterata ([TSP] = 1.0·10–2 M) a
500 μL di succo di melograno. L‟esperimento NMR impiegato è un esperimento NOESY
monodimensionale con presaturazione del segnale dell‟acqua.
Analisi statistica - I dati sono stati analizzati utilizzando il software XLSTAT-Pro (Addinsoft,
Francia). Prima dell'analisi, i dati sono stati sottoposti al test di Levene (omogeneità della
varianza) che a quello di Lilliefors (distribuzione normale). Successivamente, l‟analisi della
varianza (ANOVA) è stata eseguita a livello 0.01 P e i valori medi ottenuti per i diversi
trattamenti sono stati separati utilizzando il test di Tukey.
Gli spettri 1H NMR sono stati sottoposti ad analisi statistica multivariata utilizzando il
software AMIX 3.9.7 (Bruker BioSpin GmbH, Rheinstetten, Germany). Gli spettri sono stati
suddivisi in piccole regioni (bucket) dall‟ampiezza di 0.04 ppm. Al fine di apprezzare il
naturale raggruppamento dei campioni, le bucket sono state elaborate mediante Analisi delle
Componenti Principali (PCA), un metodo statistico multivariato non supervisionato che
consente di ridurre la dimensionalità dei dati ad un sottospazio costituito da un numero
limitato di componenti principali. Tali componenti principali rappresentano le direzioni lungo
le quali è possibile apprezzare in ordine decrescente i maggiori gradi di varianza.
61
Risultati e discussione
Caratteristiche morfo-pomologiche e organolettiche - Il peso ed il volume medio del frutto
sono risultati, rispettivamente, di 344,8 g e 349,5 cm3. Il peso dei frutti è variato notevolmente
tra i genotipi, da un minimo di 127,8 g (Acido Molfetta) ad un massimo di 665,1 g (Tardivo
acido), come mostrato nella tab. 2. Risultati simili al peso si sono avuti anche per il volume
(da 127,8 a 665,1 cm3), diametro dei frutti (valore medio 89,6 mm) variato da un minimo di
66,3 mm (Acido Molfetta) ad un massimo di 109,2 mm (Tardivo acido) e per la lunghezza
(valore medio 74,1 mm) con un minimo di 52,7 mm (Acido Molfetta) ed un massimo di 95,8
mm (Tardivo acido). Le dimensioni minime e massime sono state riscontrate in 2 genotipi con
arilli dal sapore acido anche se di località diverse (Tab. 2). Il peso medio dei frutti è risultato
simile a quello misurato per alcune cultivar spagnole (Martínez et al., 2006) e più alto del
valore misurato in cultivar iraniane (Sarkhosh et al., 2009) e comunque simile a valori
riportati in una precedente ricerca in Puglia (Ferrara et al., 2011). La dimensione del frutto è
un‟importante caratteristica che attrae i consumatori per il mercato fresco ed è quindi un
parametro da tenere in debita considerazione per la scelta del genotipo per un impianto
commerciale. Per quanto riguarda le altre caratteristiche morfologiche del frutto, i valori del
diametro del frutto e del calice sono stati superiori ai valori iraniani, mentre le lunghezze di
frutto e calice sono risultate minori (Sarkhosh et al., 2009).
Il numero medio di sepali è risultato pari a 6,4 e non significativamente differente tra i vari
genotipi. Le dimensioni del calice sono invece risultate diverse tra i genotipi solo per il
diametro, con il valore più alto (21,3 mm) per l‟Acido Torrelonga ed il valore più basso (13,8
mm) per i genotipi Comune e Giardino; la lunghezza del calice ha presentato un valore medio
di 12,2 mm senza differenze tra i genotipi. Una notevole variabilità si è invece osservata per
lo spessore della buccia (Tab. 2) con valori oscillanti da 1,3 mm (Giardino) a 3,5 mm
(Ninetta).
Anche il peso totale degli arilli ha mostrato significative differenze tra i genotipi esaminati,
con il valore più elevato (358,3 g) per il Tardivo acido ed il più basso (78,4 g) per l‟Acido
Molfetta. La resa in succo (cm3/100 arilli) non ha mostrato differenze significative (75-65
cm3/100), ad eccezione dell‟Acido Molfetta che ha presentato una resa nettamente più bassa
(53 cm3/100).
Passando alle analisi chimiche, i °Brix sono variati da 14,6 a 18,3 mentre l‟acidità titolabile da
5.2 a 29.6 g/L. Il valore medio dei °Brix dei genotipi è stato 16.4, molto simile a quello
riportato per alcune varietà spagnole (Martinez et al., 2006) ed a dati ottenuti in Grecia, 14.4 17,0 Brix (Drogoudi et al., 2005), in Cile 15.2 - 17,8 °Brix (Sepúlveda et al., 2010), in
Turchia 14,7 - 19,0 Brix (Ozgen et al., 2008;. Poyrazoğlu et al., 2002) ed in Puglia (Ferrara et
al., 2011). Per quanto riguarda invece l‟acidità, i valori sono risultati simili a quelli ottenuti in
Spagna, da 2,2 a 29,2 g/L (Melgarejo et al., 2000) e in Cile, da 4,2 a 29,0 g/L (Sepúlveda et
al., 2010). Risulta evidente come i genotipi con arilli dal sapore acido si distinguano
nettamente dai genotipi dolci, mentre due genotipi acidi (Acido Molfetta e Acido Torrelonga)
presentano i valori più elevati di solidi solubili (Tab. 2).
Analisi metabolomica mediante spettroscopia 1H NMR - La spettroscopia NMR è una tecnica
analitica che fornisce informazioni sull‟identità e la quantità dei metaboliti presenti in un
alimento ed è ormai tra le tecniche di elezione per determinare il contenuto di metaboliti
primari e secondari presenti in un prodotto agroalimentare (Kim et al., 2010; Colquhoun,
2007; Wishart, 2008; Pereira et al., 2006). Dall‟analisi dello spettro è possibile identificare i
metaboliti (in base alla posizione e alla molteplicità dei segnali) e determinare la loro quantità
(mediante opportune tecniche di quantificazione). Nella fig. 1 è riportato un tipico spettro 1H
62
NMR di succo di melograno dal quale si può notare che i segnali più intensi sono quelli
generati da glucosio e fruttosio (regione compresa tra 6.0 e 3.0 ppm) e dall‟acido citrico
(sistema di spin AB a 2.82 e 2.72 ppm). Nella regione compresa tra 3.0 e 0.5 ppm sono
presenti in maniera distinta anche i segnali dell‟acido malico (doppietti di doppietti centrati a
2.85 e 2.75 ppm) e di un limitato numero di amminoacidi quali la glutammina (multipletti
centrati a 2.45 e 2.13 ppm), l‟alanina (doppietto a 1.47 ppm), la treonina (doppietto a 1.32
ppm) e la valina (doppietto di doppietti a 1.00 ppm). Nella regione compresa tra 10 e 6 ppm
sono presenti segnali di scarsa intensità attribuibili a varie tipologie di composti fenolici. È
importante precisare che le caratteristiche dei segnali NMR di tali composti, e di conseguenza
la loro struttura chimica, differiscono al variare del campione.
I metaboliti primari maggiormente presenti, cioè il glucosio, il fruttosio e l‟acido citrico, sono
stati quantificati e le loro concentrazioni sono riportate nella tab. 3. Il contenuto di glucosio
varia tra 4.92 g/100 mL per il Maddaloni dolce e 7.45 g/100mL per l‟acido di Molfetta e
quello di fruttosio varia tra 6.41 e 9.97 g/100 mL nuovamente per il Maddaloni dolce e l‟acido
di Molfetta. La concentrazione di acido citrico è compresa tra 0.39 g/100mL per il Maddaloni
dolce e 2.56 g/100mL per il Maddaloni acido. Dalla valutazione dei dati riportati in Tab. è
possibile affermare che il carattere dolce o acido del melograno non è legato alla quantità
assoluta di zuccheri, perché tra i genotipi acidi vi sono alcuni (acido di Torrelonga, tardivo
acido, acido di Molfetta) che presentano un contenuto di zuccheri superiore alla media (15.10
g/100mL). Poiché il rapporto glucosio/fruttosio risulta piuttosto costante con variazioni
comprese tra 0.74 e 0.81, le differenze in termini di carattere dolce o acido non possono essere
attribuite ad una netta prevalenza del fruttosio ma al rapporto tra zuccheri e acido citrico.
Infatti, tale rapporto è sempre inferiore alla media (22.24 g/100mL) per i genotipi acidi ed è
sempre superiore alla media per i genotipi dolci.
Gli spettri NMR sono stati sottoposti, a seguito di bucketing, ad analisi delle componenti
principali. La PCA è stata eseguita sulla regione spettrale dei composti fenolici (10.0 - 6.0
ppm) e su quella degli amminoacidi (2.5-0.5 ppm). Nel primo caso non sono stati apprezzati
raggruppamenti spontanei tra i campioni, molto probabilmente a causa della grande variabilità
di composti fenolici in termini di identità chimica. Per quanto riguarda, invece, il secondo
caso, è stata apprezzata la separazione dei campioni in due gruppi nello scores plot PC1/PC3
(Fig. 2). Dall‟analisi dei loadings è emerso che i genotipi Dente di cavallo, Acido Molfetta,
Comune e Pianta C (ovale blu) si differenziano dagli altri per un maggiore contenuto di
treonina. I genotipi raggruppati nell‟ovale rosso, invece, presentano un contenuto maggiore di
glutammina.
Conclusioni
Lo studio ha evidenziato una notevole variabilità esistente per molti dei parametri indagati nel
pool genetico di melograni della regione Puglia. Considerando tutti i parametri valutati, e in
particolare quelli riferiti alle caratteristiche organolettiche ed al contenuto di antiossidanti, è
stato constatato che i genotipi più promettenti da un punto di vista agronomico ed industriale
sono stati il Dolce, il Dente di cavallo e A dente per il mercato fresco e il Tardivo acido per
l'industria del succo. Tuttavia, ci sono molti altri genotipi in Puglia che meritano di essere
indagati sia per gli aspetti morfo-pomologici che per quelli chimici.
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Tab. 1. Genotipi analizzati nella prova.
Tab. 1. Genotypes analyzed in the trial.
Località
Identificativo del genotipo
Bari S. Giorgio
Ostuni
S. Pietro in Lama
Bari S. Giorgio
Palo del Colle 1D
Triggiano
Bari S. Giorgio
Palo del Colle 2
Molfetta
Bitonto
S. Pietro in Lama
Molfetta
Bari S Giorgio
S. Pietro in Lama
Palo del Colle 2D
Palo del Colle 1
Molfetta
Tardivo acido
Ninetta
Maddaloni dolce
Dolce
Pianta A
Acido Torrelonga
Dente di cavallo
Pianta D
A dente
Giardino
Giardino chiuso dolce
Locale
Comune
Maddaloni acido
Pianta B
Pianta C
Acido Molfetta
65
Tab. 2. Valori medi delle caratteristiche pomologiche dei frutti e chimiche del succo.
Tab. 2. mean values of fruit pomological characteristics and juice chemical characteristics.
Peso
frutto (g)
Volume
(cm3)
Diametro
(mm)
Lunghezza
(mm)
Spessore
buccia
(mm)
Peso arilli
(g)
°Brix
Acidità
(g/L)
Tardivo
acido
665,1 A
665,1 A
109,2 A
95,8 A
2,5 AB
358,3 A
16,1 BE
24,8 A
Ninetta
513,7 AB
513,7 AB
104,8 AB
89,3 AB
3,5 A
200,0 BC
16,5 AE
24,8 A
Maddaloni
dolce
457,8 BC
457,8 BC
99,9 AC
83,6 AC
2,8 AB
247,7 AC
14,6 E
5,8 B
Dolce
456,9 BC
456,9 BC
97,9 AC
84,1 AB
2,1 AB
298,3 AB
n.d.
n.d.
Pianta A
404,2 BD
404,2 BD
98,0 AC
74,1 BE
2,0 AB
264,1 AC
16,6 AE
5,5 B
Acido
Torrelonga
361,0 BE
361,0 BE
93,3 BC
71,5 CE
3,2 A
160,5 CD
17,5 AB
25,6 A
Dente di
cavallo
331,7 CE
331,7 CE
88,5 BD
76,6 BD
2,0 AB
220,8 BC
16,7 AD
7,2 B
Pianta D
328,6 CE
328,6 CE
89,8 BD
75,2 BE
2,1 AB
187,4 BC
17,0 AD
5,9 B
A dente
328,3 CE
328,3 CE
89,8 BD
72,2 CE
1,9 B
210,2 BC
14,8 E
5,2 B
Giardino
312,0 CE
312,0 CE
88,0 BD
75,2 BE
1,3 B
229,4 AC
14,9 DE
6,1 B
Giardino
chiuso dolce
307,0 CE
307,0 CE
85,4 CD
75,6 BD
3,2 A
183,1 C
n.d.
n.d.
Locale
277,7 DE
277,7 DE
84,1 CD
68,3 DE
2,8 AB
163,7 CD
16,3 BE
6,0 B
Comune
273,8 DE
273,8 DE
84,9 CD
71,9 CE
2,5 AB
172,0 CD
16,8 AD
6,6 B
Maddaloni
acido
269,6 DE
269,6 DE
84,4 CD
69,8 CE
1,9 B
168,6 CD
15,6 CE
29,6 A
Pianta B
253,2 DF
253,2 DF
82,9 CD
65,1 DF
1,5 B
168,6 CD
17,4 AC
8,5 B
Pianta C
193,0 EF
193,0 EF
75,7 DE
59,6 EF
1,7 B
126,3 CD
17,1 AD
6,8 B
Acido
Molfetta
127,8 F
127,8 F
66,3 E
52,7 F
1,9 B
78,4 D
18,3 A
27,8 A
Genotipo
66
Tab. 3. Quantificazione mediante spettroscopia 1H NMR di glucosio, fruttosio e acido citrico presenti
nei succhi di melograno (concentrazione  deviazione standard [g/100 mL]; 3 repliche).
Tab. 3. Glucose, fructose and citric acid quantification through spectroscopy 1H NMR in pomegranate
juice (concentration  standard deviation [g/100 mL]; 3 replications).
Identificativo
Genotipo
Glucosio
Fruttosio
Acido Citrico
Glucosio Glucosio/
+
Fruttosio
Fruttosio
(Glucosio+
Fruttosio)/
(Ac. Citrico)
Maddaloni dolce
4,92 ± 0,25 6,41 ± 0,36 0,39
± 0,05
11,33
0,77
28,96
Acido Torrelonga
6,85 ± 0,23 9,29 ± 0,31 2,14
± 0,15
16,14
0,74
7,53
Pianta A
6,31 ± 0,57 8,43 ± 0,77 0,42
± 0,02
14,73
0,75
35,05
Tardivo acido
6,54 ± 0,03 8,62 ± 0,09 1,19
± 0,04
15,16
0,76
12,74
Giardino
6,23 ± 0,13 7,74 ± 0,24 0,49
± 0,02
13,97
0,80
28,36
Dente di Cavallo
6,83 ± 0,20 8,67 ± 0,19 0,58
± 0,03
15,50
0,79
26,49
Locale
6,63 ± 0,47 8,45 ± 0,80 0,53
± 0,02
15,07
0,78
28,63
Pianta C
6,82 ± 0,41 8,73 ± 0,74 0,52
± 0,02
15,54
0,78
29,64
Maddaloni acido
5,99 ± 0,46 8,09 ± 0,58 2,56
± 0,55
14,08
0,74
5,50
Comune
6,80 ± 0,25 8,74 ± 0,32 0,57
± 0,04
15,54
0,78
27,47
Ninetta
5,91 ± 0,46 8,00 ± 0,71 1,91
± 0,66
13,92
0,74
7,29
Acido Molfetta
7,45 ± 0,41 9,97 ± 0,46 2,33
± 0,52
17,42
0,75
7,47
Pianta B
7,32 ± 0,84 9,43 ± 1,33 0,70
± 0,02
16,75
0,78
24,00
Pianta D
A Dente
7,18 ± 0,81 9,48 ± 1,26 0,51
6,54 ± 0,55 8,08 ± 0,74 0,46
± 0,05
± 0,04
16,66
14,63
0,76
0,81
32,80
31,70
67
Fig. 1. Tipico spettro 1H NMR di succo di melograno.
Fig. 1. Typical spectrum 1H NMR of pomegranate juice.
0,25
PC3
A
0,2
B
0,15
C
D
0,1
E
0,05
F
PC1
0
-0,4
-0,2
-0,05
0
0,2
0,4
0,6
G
H
I
-0,1
L
-0,15
M
N
-0,2
O
P
-0,25
Fig. 2. PC1/PC3 scores plot ottenuto dalla regione spettrale compresa tra 2.5 e 0.5 ppm.
Fig. 2. PC1/PC3 scores plot obtained from the spectral region included between 2.5 and 0.5 ppm.
68
2.10. VARIAZIONE DEI LIVELLI DI ALCUNI COMPOSTI A VALENZA
NUTRACEUTICA E SALUTISTICA DURANTE LA MATURAZIONE IN BIOTIPI DI
CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.)
EVOLUTION OF THE CONTENT OF SOME NUTRACEUTICAL AND HEALTH-PROMOTING
COMPOUNDS DURING THE RIPENING IN CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.)
ACCESSIONS
Giuseppe MENNELLA1, Gianluca FRANCESE1, Antonietta D’ALESSANDRO1, Francesco
RAIMO2
1
CRA-Centro di Ricerca per l‟Orticoltura (CRA-ORT), via Cavalleggeri, 25 PontecagnanoFaiano (SA), [email protected]
2
CRA-Unità di Ricerca per le Colture Alternative al Tabacco (CRA-CAT), via P. Vitiello, 108
Scafati (SA), [email protected]
Riassunto
Al fine di valutare le influenze dello stadio di maturazione del bulbo sui livelli di alcune
sostanze che esibiscono proprietà nutrizionali ed antiossidanti, sono state analizzate undici
accessioni di cipolla bianca di Pompei. I biotipi sono stati allevati in campo secondo uno
schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre repliche. La raccolta dei bulbi è avvenuta
tra la terza decade di dicembre 2011 e la prima decade di aprile 2012; i bulbi di ciascun
biotipo sono stati raccolti tre volte in corrispondenza di tre diversi stadi di maturazione
commerciale: A) diametro ~ 2 cm; B) diametro 2,5-4 cm; C) a completa maturazione
(diametro 6-8 cm). Sono state effettuate determinazioni spettrofotometriche della pungenza e
dei flavonoidi totali rispettivamente su estratti acquosi e alcoolici dei bulbi; inoltre, sugli
estratti alcoolici è stata effettuata analisi dei flavonoidi differenziali mediante cromatografia
liquida ad alta risoluzione (HPLC). Per quanto riguarda la pungenza, i biotipi “febbrarese”
(C13), “marzatica precoce” (C4), “marzatica tardiva” (C5) e “maggiaiola” (C10) hanno
mostrato differenze statisticamente significative (p ≤ 0,05) al test di Tukey tra i tre stadi di
maturazione; gli altri sette biotipi o non hanno mostrato differenze o queste non erano
significative. Differenze significative sono state anche rilevate tra gli undici biotipi, nei
differenti stadi di maturazione del bulbo: nello stadio A, il valore max è risultato 16,36 µmoli
di piruvato/g di peso fresco per il biotipo C10, il valore min è stato 8,08 µmoli di piruvato/g
di peso fresco per il biotipo C13; nello stadio B, valore max 14,21 per C10, valore min 8,60
per C12, nello stadio C, 13,55 per C5 e 8,07 per C9. Per quanto riguarda i flavonoidi totali, i
valori più elevati sono stati riscontrati nello stadio A con una generale tendenza a ridursi con
l‟aumentare del diametro del bulbo. Differenze statisticamente significative (p ≤ 0,05) al test
di Tukey sono state riscontrate per diversi biotipi nei tre stadi di maturazione commerciale del
bulbo (A, B, C). In accordo con i dati presenti in letteratura anche le cipolle bianche da noi
analizzate hanno mostrato valori dei flavonoidi totali e differenziali sensibilmente più bassi
rispetto a quelli rilevati in cipolle dorate o rosse. I flavonoidi principali, identificati negli
estratti alcoolici dei biotipi di cipolla bianca di Pompei analizzati, sono stati: quercetina 3,4ʹdiglucoside (tempo di ritenzione 6,8 minuti) e quercetina 4ʹ-glucoside (tempo di ritenzione
16,4 minuti); flavonoidi minori, non facilmente identificabili, sono stati anche evidenziati nei
cromatogrammi a 362 nm. I bulbi di questa orticola, prodotti nell‟agro Pompeiano-Stabiese e
Nocerino-Sarnese con ciclo vernino-primaverile, rappresentano una fonte di flavonoidi
antiossidanti che tanti benefici sembrano apportare nella prevenzione di importanti malattie
croniche nell‟uomo.
69
Parole chiave: pungenza, flavonoidi, bulbi, ecotipo, accessioni
Abstract
The influence of the ripening stage on the content of nutraceutical and health-promoting
compounds was evaluated in 11 “cipolla Bianca di Pompei” biotypes. The bulbs, grown in an
experimental field located in Scafati (Salerno, Italy) at the research unit for Tobacco
alternative crops of Agricultural Research Council (CRA), were collected three times in
correspondence to three commercial ripening stages (named A, B and C, characterized by
increasing diameter), from December 2011 to April 2012. Spectrophotometric analyses of
water and alcohol extracts were carried out in order to evaluate the pungency and the content
of total flavonoids of the eleven white onion accessions; moreover, a differential analysis of
the flavonoids was also performed in alcohol extracts through Reversed Phase-High
Performance Liquid Chromatography (RP-HPLC) at 362 nm. The pungency of the biotypes
“febbrarese” (C13) “marzatica precoce” (C4), “marzatica tardiva” (C5) and “maggiaiola”
(C10) resulted significantly different (Tukey test, p ≤ 0.05) among the three ripening stages.
Significant differences were also detected among the eleven accessions in each ripening
stage: in the A stage, the higher value was achieved by C10 biotype (16.37 µmoles pyruvate
/g fw), the minimum value by C13 (8,08 µmoles pyruvate /g fw); in the B stage, the higher
value was achieved by C10 (12.88 µmoles pyruvate /g fw), the minimum value by C12 (8.60
µmoles pyruvate /g fw); in the C stage, the values being 13,5 µmoles pyruvate /g fw for C5
and 8,07 µmoles pyruvate /g fw for C9. The higher values of total flavonoids were observed in
the A stage for all the biotypes analyzed, on the contrary during the ripening these values
decreased. According to several authors, our white onion accessions showed a lower content
of differential and total flavonoids than red and golden ones. Flavonoid differential analysis,
performed by RP-HPLC at 362 nm, of alcohol extracts from “cipolla Bianca di Pompei”
showed two main flavonoids: Quercetin 3-4‟ di-O-glucoside (retention time 6.8 min) and
Quercetin 4-O-glucoside (retention time 16.4 min). Other minor flavonoids were also
detected but not identified. The bulbs of “cipolla Bianca di Pompei”, cultivated during the
winter-spring season, represent, in the cultivation area, an important source of antioxidant
flavonoids which play an essential role in the prevention of human chronic diseases.
Keywords: pungency, flavonoids, bulbs, biotypes
Introduzione
La cipolla bianca (Allium cepa L.) è uno degli ortaggi più conosciuti e diffusi non solo in
Italia e nel resto del bacino del Mediterraneo, ma un po‟ in tutti i continenti. In particolare, la
cipolla bianca di Pompei, con un ciclo vernino-primaverile, rappresenta un‟orticola tipica del
sud Italia e soprattutto della Campania, sia nell‟agro Pompeiano-Stabiese che in quello
Nocerino-Sarnese. Questa liliacea presenta una spiccata precocità: seminata in agostosettembre produce un bulbo globoso-appiattito nella primavera successiva; tuttavia, il suo
consumo parte già dal periodo invernale (dicembre-gennaio) quando viene raccolto in uno
stadio di precoce maturazione (noto come cipollotto) e quindi ricopre un importante ruolo
nell‟economia agricola anche durante i mesi invernali.
La cipolla bianca di Pompei, per l‟importanza economica che riveste, è stata oggetto di
numerosi lavori di caratterizzazione agronomica volti all‟ottenimento del riconoscimento da
parte della Comunità Europea della Denominazione di Origine Protetta (DOP) e/o
70
dell‟Indicazione Geografica Protetta (IGP). Infatti, la DOP è stata riconosciuta al Cipollotto
Nocerino con regolamento C.E. n° 656 del 10 Luglio 2008.
Alcuni precedenti studi biochimici si sono focalizzati sulla possibilità di caratterizzare alcune
accessioni di cipolla bianca di Pompei mediante metodiche cromatografiche in HPLC. Così,
lo studio differenziale delle proteine estratte dall‟endosperma del seme di cipolla bianca di
Pompei ha evidenziato diversità nel pattern della frazione globulinica utile per la
caratterizzazione ed il recupero dei biotipi presenti nell‟areale di coltivazione campano
(Mennella et al., 2005).
Dal punto di vista nutrizionale, la cipolla contribuisce all‟intake di carboidrati, vitamine,
minerali ma anche di composti fenolici importanti, quali i flavonoidi. Studi epidemiologici
hanno evidenziato il possibile ruolo che questi composti hanno nella prevenzione delle
malattie cardiovascolari e del cancro (Chu et al., 2000; Hertog et al., 1992, 1993). La
Quercetina è il maggior flavonoide presente in cipolla, di cui sono state riscontrate tre forme
predominanti: quercetina aglicone, quercetina 3,4‟-O-diglucoside e la quercetina 4‟-Oglucoside (Leighton et al., 1992; Price e Rhodes, 1997). La quantificazione di questi
flavonoidi è stata condotta sia su varietà di cipolla rossa che di cipolla bianca o dorata e
diverse evidenze confermano il maggior contenuto di tali composti nelle cipolle a bulbo
colorato (Lombard et al., 2002; Mariotti e Piccaglia, 2002; Lee et al., 2008; Rodriguez et al.,
2008).
Lo scopo del presente studio è stato l‟identificazione e la determinazione di composti ad
elevato valore nutraceutico e salutistico, quali i flavonoidi, presenti in 11 biotipi di cipolla
bianca di Pompei. In particolare, sono state valutate sia le differenze quali-quantitative nei
diversi biotipi studiati che le variazioni dei loro livelli durante la fase di maturazione dei
bulbi. Inoltre, sugli stessi campioni è stata valutata anche la variazione temporale della
pungenza, un carattere organolettico molto apprezzato dai consumatori.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Undici biotipi appartenenti all‟ecotipo cipolla bianca di Pompei (Allium
cepa L.) sono stati allevati presso l‟azienda sperimentale dell‟Unità di Ricerca per le Colture
Alternative al Tabacco del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura
(CRA-CAT) di Scafati (SA). Il germoplasma, raccolto presso diverse aziende agricole
dell‟areale di produzione e già sottoposto a precedente caratterizzazione morfo-fisiologica ed
agronomica, era costituito da 4 biotipi febbraresi (denominati C1, C3, C7 e C13), 3 biotipi
marzatici precoci (C4, C6 e C8), 2 biotipi marzatici (C9 e C12), un biotipo marzatico tardivo
(C5) e un biotipo maggiaiolo (C10). I biotipi sono stati allevati in campo secondo uno schema
sperimentale a blocchi randomizzati con tre repliche. La semina dei biotipi, avvenuta ad
agosto 2011, è stata seguita da un trapianto in pieno campo nel mese di settembre. La raccolta
dei bulbi è avvenuta tra la terza decade di dicembre 2011 e la prima decade di aprile 2012. I
bulbi di ciascun biotipo sono stati raccolti tre volte in corrispondenza di tre diversi stadi di
maturazione commerciale: stadio A, diametro ~ 2 cm; stadio B, diametro 2,5-4 cm; stadio C, a
completa maturazione (diametro 6-8 cm).
100 g di prodotto fresco, prelevato da 4 differenti bulbi appartenenti alla stessa replica di
ciascuna accessione, sono stati congelati in azoto liquido, conservati a -80 °C e in seguito
liofilizzati per le successive determinazioni dei flavonoidi totali e differenziali.
Analisi spettrofotometrica - Pungenza. Per ciascuna replica di ogni accessione, sono stati
prelevati, da 4 bulbi, circa 3 g di prodotto fresco per la determinazione spettrofotometrica
della pungenza, ad una lunghezza d‟onda di 420 nm, secondo la metodica di Schwimmer e
Wenston (1961). Ogni estratto è stato sottoposto a lettura spettrofotometrica e i risultati sono
71
stati espressi come µmoli di piruvato/g di peso fresco. Flavonoidi totali. Per ciascuna replica
di ogni accessione, 1 grammo di liofilo è stato omogenato in un becker con 10 ml di una
soluzione di etanolo all‟80%, successivamente sonicato per 60 minuti in un bagno ad
ultrasuoni e poi ulteriormente omogeneizzato. L‟omogenato è stato centrifugato a 15000g per
10 minuti a 10°C, il surnatante è stato centrifugato a 3000g per 5 minuti. L‟estratto ottenuto è
stato sottoposto a lettura allo spettrofotometro ad un lunghezza d‟onda di 362 nm secondo la
metodica di Lombard et al. (2002). È stata utilizzata una curva di calibrazione ottenuta
diluendo una soluzione standard di isoquercetina (quercetina 3-O-β-glucopiranoside,
Extrasynthese Genay France) in etanolo all‟80%. I risultati sono stati espressi come mg/kg di
peso fresco.
Analisi cromatografica - L‟estrazione dei flavonoidi per l‟analisi differenziale è stata
effettuata secondo la stessa metodica utilizzata per l‟analisi dei flavonoidi totali. Essendo nota
in letteratura la bassa concentrazione di questi composti in cipolla bianca, l‟estratto ottenuto
dopo centrifugazione è stato concentrato circa 10 volte mediante rotavaporazione. L‟estratto
concentrato è stato filtrato mediante filtri Millex-FG (Merck Millipore, Billerica MA, USA)
da 0.2 µm prima dell‟analisi in HPLC. Per l‟analisi cromatografica è stata utilizzata la
metodologia riportata in Lee et al. (2008).
L‟analisi RP-HPLC è stata effettuata mediante un sistema E-Alliance (Waters, Milford MA,
USA) costituito da un‟unità di separazione con una pompa quaternaria mod. 2695, un
autocampionatore e un rivelatore a fotodiodi mod. 2996; i dati sono stati acquisiti utilizzando
il software Empower.
Per la separazione dei flavonoidi è stata utilizzata una colonna Luna C18(2) 5µ, 100 Å, (250 x
4,6 mm, Phenomenex Inc., USA) a 30°C. L‟analisi è stata condotta secondo il seguente
gradiente lineare di Acetonitrile (A) e 0.5% di Acido Formico (B): 18% (A) e 82% (B) →
40% (A) e 60% (B) in 40 minuti → 90% (A) e 10% (B) in 10 minuti, 5 minuti in 90% (A) e
10% (B) → 18% (A) e 82% (B) in 10 minuti e riequilibrazione della colonna per altri 5
minuti, prima della successiva iniezione. Il flusso è stato di 0.8 ml/min e il volume di
iniezione di 20 µl.
I profili di eluizione dei cromatogrammi sono stati risolti alla lunghezza d‟onda (λ) di 362 nm;
i tempi di ritenzione dei due principali flavonoidi analizzati sono stati: quercetina 3,4ʹdiglucoside, 6,8 minuti e quercetina 4ʹ-glucoside, 16,4 minuti. Sono stati utilizzati standard
esterni, a concentrazione nota, dei due flavonoidi (Extrasynthese Genay France).
Tutte le determinazioni sono state effettuate in triplo. Sui dati ottenuti è stata effettuata
l‟analisi della varianza utilizzando il software JMP (SAS Institute, Cary, NC, USA); le medie
sono state comparate mediante il test di Tukey HSD (p ≤ 0.05).
Risultati e discussione
Per quanto riguarda la pungenza, solo i biotipi “febbrarese” (C13), “marzatica precoce” (C4),
“marzatica tardiva” (C5) e “maggiaiola” (C10) hanno mostrato differenze statisticamente
significative al test di Tukey HSD (p ≤ 0,05) tra i tre stadi di maturazione (Tab. 1).
Differenze significative sono state anche rilevate tra gli undici biotipi, in ciascuno stadio di
maturazione del bulbo. Nello stadio A, il valore massimo (significativamente più elevato
rispetto a tutti gli altri) è risultato di 16,36 µmoli di piruvato/g di peso fresco per il biotipo
C10; differenze significative sono state rilevate anche tra il biotipo C6 e i biotipi C10 e C13,
quest‟ultimo ha evidenziato il valore minimo di 8,08 µmoli di piruvato/g di peso fresco. Nello
stadio B, il valore max di 14,21 riscontrato nel biotipo C10 è risultato non significativamente
differente rispetto a C1, C4, C8 e C13; il valore min per questo stadio di maturazione è stato
8,60 nel biotipo C12 (Tab. 1). Nello stadio C, il valore max di 13,55 per C5 è risultato
72
significativamente più elevato rispetto a quello degli altri biotipi, eccetto C1, laddove
quest‟ultimo è risultato significativamente più elevato rispetto a C9 che ha mostrato il valore
minimo (8,07 µmoli di piruvato/g di peso fresco).
I valori dei flavonoidi totali degli 11 biotipi di cipolla bianca di Pompei, misurati in tre
successivi stadi di maturazione, sono riportati in Fig. 1. I risultati ottenuti indicano una
marcata riduzione dei livelli di flavonoidi totali con la maturazione.
Lo stadio A ha evidenziato i valori più elevati per tutti i biotipi e in particolare il C7 ha
raggiunto il valore massimo con 51,21 mg/kg di peso fresco, mentre il valore minimo è stato
del C8 con 34,94 mg/kg di peso fresco. In questo stadio è risultato evidente un notevole
polimorfismo tra i biotipi, sottolineato da un range di valori abbastanza ampio (34,94-51,21)
oltre che da differenze significative tra molti di essi (Fig. 1).
Lo stadio B ha evidenziato un range di valori più ristretto (22,86-31,93), un minore
polimorfismo con il valore più elevato e quello più basso esibiti rispettivamente dai biotipi
C10 e C13.
Lo stadio C (range 11,99-21,27) ha fatto registrare il valore più elevato nel biotipo C7 e
quello più basso nel biotipo C4; rispetto ai due stadi di maturazione precedenti, lo stadio C è
caratterizzato da una maggiore uniformità dei biotipi per quanto riguarda i contenuti di
flavonoidi totali.
Tutti i biotipi, eccetto C13 (stadio B e C), hanno mostrato differenze significative (p ≤ 0,05)
nei livelli di flavonoidi totali tra i tre stadi di maturazione (dati non riportati).
In Fig. 2 sono riportati i valori della quercetina 3,4‟-diglucoside, il principale flavonoide della
cipolla, ottenuti dall‟analisi dei profili cromatografici RP-HPLC degli undici biotipi, valutati
nei tre stadi di maturazione. Come per i flavonoidi totali, è stata evidenziata una netta
riduzione dei livelli del flavonoide diglucoside durante la maturazione, per tutti i biotipi
analizzati.
In tutti e tre gli stadi di maturazione è stato riscontrato un buon grado di polimorfismo oltre
che differenze significative (p ≤ 0,05) tra i biotipi (Fig. 2); inoltre, lo stadio A ha mostrato un
range di valori più ampio (1,04-6,39 mg/kg di peso fresco) rispetto agli stadi B (0,27-2,72) e
C (0,22-1,45).
Lo stadio A ha evidenziato i livelli più elevati del flavonoide ed in particolare il C7 è risultato
il biotipo con valore massimo mentre il C9 quello con valore più basso. Per lo stadio B il
valore più alto è stato raggiunto dal C3, mentre il livello più basso è stato misurato nel biotipo
C13. Nello stadio C, invece, il C4 ed il C13 hanno mostrato rispettivamente il livello più alto
e più basso del flavonoide (Fig. 2).
Per i livelli di quercetina 3,4‟-diglucoside tutti i biotipi, eccetto il C13 (stadio B e C), hanno
mostrato differenze significative (p ≤ 0,05) tra i tre stadi di maturazione (dati non riportati).
I livelli di quercetina 4‟-glucoside, un altro dei più rappresentativi glucosidi della quercetina
presenti in cipolla, hanno mostrato lo stesso andamento dei flavonoidi totali e della quercetina
3,4‟-diglucoside, con una netta riduzione dallo stadio A allo stadio C (dati non riportati). Il
valore massimo per questo flavonoide è stato rilevato nello stadio A del biotipo C7 (1,19
mg/kg di peso fresco), mentre nello stadio C i livelli del flavonoide, troppo bassi, sono
risultati non misurabili per i biotipi C1, C9, C10, C12 e C13 (dati non mostrati).
Altri flavonoidi minori, non facilmente identificabili, sono stati evidenziati nei
cromatogrammi a 362 nm.
Il biotipo C7 (febbrarese) ha evidenziato, allo stadio di cipollotto (stadio A), i livelli più
elevati di flavonoidi totali e differenziali e un valore di pungenza tra i più bassi per questo
stadio, risultando perciò tra i biotipi più interessanti nel presente studio, per quanto riguarda le
proprietà nutraceutiche e salutistiche.
73
Conclusioni
I biotipi di cipolla analizzati hanno evidenziato una riduzione graduale e significativa dei
livelli di flavonoidi con la maturazione. La quercetina 3,4‟-diglucoside è risultata il
flavonoide più rappresentativo tra quelli presenti nel bulbo di cipolla bianca di Pompei. Un
andamento biotipo-dipendente è stato rilevato, invece, per la pungenza nei diversi stadi di
maturazione del bulbo. Alcuni dei biotipi studiati hanno mostrato livelli interessanti di
flavonoidi totali e differenziali insieme a buoni valori di pungenza.
La cipolla bianca di Pompei, per le sue peculiari caratteristiche, è una delle ortive più coltivate
nell‟Agro Pompeiano-Stabiese e Nocerino-Sarnese; non di minore importanza, a differenza
delle altre varietà di cipolla, è la sua presenza per molti mesi sulle tavole italiane, da fine
dicembre a giugno. Inoltre, la sua elevata duttilità culinaria fa si che i bulbi possano essere
consumati sia crudi freschi che in seguito a diverse preparazioni, rappresentando, in tal modo,
un‟importante e alternativa fonte di composti ad elevata attività antiossidante.
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74
Tab. 1 Valori di pungenza (µmoli di piruvato/g di peso fresco) in 11 biotipi di cipolla bianca di
Pompei.
Tab. 1. Pungency values (µmoles of pyruvate/g of fresh weight) in eleven cipolla bianca di Pompei
biotypes.
Le medie seguite da lettere minuscole differenti indicano valori significativamente differenti in
ciascuno stadio di maturazione; a lettere maiuscole differenti corrispondono valori significativamente
differenti tra i tre stadi di maturazione di ciascun biotipo (p ≤ 0,05, test di Tukey HSD).
Means followed by different lowercase letters indicate significantly different pungency values for each
ripening stage; different capital letters correspond to significantly different pungency values among
the three ripening stages of each biotype (p ≤ 0.05, Tukey HSD test).
Accessione
C1
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
C 10
C 12
C 13
Stadio A
10,66 bc
9,57 bc
8,49 bc
11,05 bc
11,73 b
8,96 bc
9,45 bc
10,52 bc
16,36 a
10,57 bc
8,08 c
B
AB
A
B
Stadio B
10,33 a-c
8,72 c
11,46 a-c
8,69 c
9,44 bc
9,08 bc
10,53 a-c
8,69 c
14,21 a
8,60 c
12,78 ab
75
A
B
A
A
Stadio C
11,13 ab
9,56 bc
10,02 bc
13,55 a
9,27 bc
9,99 bc
10,14 bc
8,07 c
8,42 bc
10,28 bc
10,11 bc
AB
A
B
AB
Stadio A
Flavonoidi totali
60
Stadio B
a
Stadio C
b
50
c
mg/kg di peso fresco
d
e
40
ef
g
fg
fg
h
i
a
30
20
d
cd
de
b
a
c
c
e
fg
ab
a
d
de
f
g
a
bc
e
a
e
f
10
0
C1
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
C10
C12
C13
Accessione
Fig. 1. Livelli di flavonoidi totali in 11 biotipi di cipolla Bianca di Pompei misurati in tre diversi stadi
di maturazione.
Fig. 1. Total flavonoids content measured in three different ripening stages of 11 cipolla bianca di
Pompei biotypes.
Per ciascuno stadio di maturazione, biotipi contrassegnati da lettere differenti esibiscono valori di
flavonoidi totali significativamente differenti (p ≤ 0,05) al test di Tukey HSD.
For each ripening stage, biotypes with different letters are significantly different (p ≤ 0.05, Tukey HSD
test).
76
Quercetina 3,4'- diglucoside
Stadio A
Stadio B
7
b
6
mg/kg di peso fresco
5
4
c
d
d
e
a
3
a
g
g
h
c
b
fe
f
b
2
1
Stadio C
a
d
c
d
ed
i
e
f
g gh g
e
h
g
hh
0
C1
C3
C4
C5
C6
C7
C8
C9
C10
C12
C13
Accessione
Fig. 2. Livelli di quercetina 3,4‟-diglucoside in 11 biotipi di cipolla Bianca di Pompei misurati in tre
diversi stadi di maturazione.
Fig. 2. Quercetin 3,4‟-diglucoside amount measured in three different ripening stages of 11 cipolla
bianca di Pompei biotypes.
Per ciascuno stadio di maturazione, biotipi contrassegnati da lettere differenti esibiscono valori di
quercetina 3,4‟-diglucoside significativamente differenti (p ≤ 0,05) al test di Tukey HSD.
For each ripening stage, biotypes with different letters are significantly different (p ≤ 0.05, Tukey HSD
test).
77
2.11. PSR PUGLIA 2007-2013 E RECUPERO DI ORTAGGI A RISCHIO DI
EROSIONE GENETICA
THE “RURAL DEVELOPMENT PROGRAMME 2007-2013” OF APULIA REGION AND THE
RECOVERY OF VEGETABLES AT RISK OF GENETIC EROSION
Angelo SIGNORE*, Rocco MARIANI, Pietro SANTAMARIA
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, via Amendola 165/A, 70126, Bari Università degli Studi di Bari Aldo Moro
* Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
La Regione Puglia, all‟interno del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013, ha
emanato una serie di misure per la tutela della biodiversità. In particolare la misura 214,
attraverso l‟azione 3, prevede la conservazione della diversità genetica mediante la
promozione della coltivazione delle varietà/accessioni riportate nell‟elenco delle risorse
genetiche autoctone regionali a rischio di erosione genetica (allegato 8) del PSR. Tale
documento comprende quattordici varietà/accessioni appartenenti a nove specie orticole.
Lo scopo di questo studio è stato duplice: 1) individuare sul territorio pugliese le
varietà/accessioni orticole dell‟allegato 8 del PSR Puglia e 2) compilare una scheda
descrittiva per ciascuna delle varietà coltivate.
Dopo la coltivazione, le varietà/accessioni reperite sono state caratterizzate con alcuni
descrittori, essenzialmente morfologici, che ne consentiranno l‟individuazione in maniera
univoca. Le schede così ottenute sono state successivamente inserite nel Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n. 47 del 31/03/2011, con lo scopo di illustrare, anche con l‟ausilio di
foto, le principali caratteristiche morfologiche delle varietà coltivate al fine di riconoscere un
premio agli “agricoltori custodi”.
Parole chiave: Programma Sviluppo Rurale, ortaggi, varietà orticole coltivate, erosione
genetica, schede descrittive
Abstract
Italy is the European country with the greatest biodiversity, hosting about half of the plant
species and almost one third of all animal species. The Apulia Region, through the Rural
Development Programme (RDP) 2007-2013, has issued a series of measures for the
protection of biodiversity. In particular the action 3 of the measure 214 contemplate the
conservation of genetic diversity by promoting the recovery and the cultivation of some
species/landraces at risk of genetic erosion which are reported in a list (named annex 8)
contained in the RDP. This document contains, among others, fourteen species/landraces
belonging to nine vegetable crops, which are: cabbage, cauliflower, broccoli, artichoke,
carrot, tomato, sweet potato, chicory, melon.
The purpose of this research was twofold: 1) identify the germplasm of these
species/landraces; 2) compile a sheet for each of these species/landraces.
The species/landraces were first located within the territory of Apulia region, and cultivated
with the intent to define some morphological descriptors and the aim to allow the
identification of such landrace in a univocal way.
The definition of morphological descriptors was made possible with the help of the material
freely available inside the site Biodiversity International.
78
For all species/landraces considered, were prepared fact sheets that were later incorporated
in the Official Bulletin of the Apulia Region in order to illustrate, with the aid of photos, the
main morphological characteristics of the landraces included in Annex 8 of the PSR.
Keywords: Rural Development Programme, vegetables, horticultural varieties cultivated,
genetic erosion, fact sheets
Introduzione
L‟Italia è il Paese europeo con il maggiore grado di biodiversità vegetale. Blasi et al. (2005),
riprendendo dati del World Conservation Monitoring Centre (1992), riportano che la flora
italiana consta di oltre 6.700 piante superiori le quali, anche se non si considerano le circa
1.000 esotiche naturalizzate, costituiscono la metà delle 12.500 specie stimate per l‟intera
Europa. Il motivo di un così ampio patrimonio di biodiversità in Italia è da ricercare
nell‟elevata eterogeneità ambientale del territorio e nella sua storia, nel corso della quale si
sono succedute varie dominazioni e diversi popoli, spesso depositari di lontane civiltà
agricole (Blasi et al., 2005).
Nel corso dei secoli la continua pressione antropica e l‟interazione con fattori ambientali
portarono l‟uomo ad operare una spinta selezione nei confronti di molte specie, con il risultato
di “creare” numerose varietà che sono state coltivate e migliorate per motivi diversi, tra cui: i)
un migliore adattamento alle condizioni pedo-climatiche; ii) le esigenze dei mercati locali; iii)
le necessità di sussistenza. Tali varietà presentavano un‟elevata variabilità intraspecifica la
quale ha permesso l‟evoluzione di genotipi con caratteristiche tali da renderle idonee alla
coltivazione in un particolare ambiente, resistenti agli stress ambientali ed alle fitopatie,
dotate di caratteri nutrizionali e/o aspetti qualitativi di pregio, idonee ai bisogni dei mercati,
ecc. Queste peculiarità hanno consentito la loro diffusione nello spazio e nel tempo.
Da diversi anni però la variabilità intraspecifica di numerose specie è soggetta a processi
degradativi, indicati come “erosione genetica”. Tali processi sono determinati da diversi
fattori: i) diffusione di sistemi monocolturali; ii) richieste del mercato (in particolare strategie
commerciali che puntano verso l‟uniformità del prodotto); iii) comparsa di nuove tipologie di
prodotto come, per esempio, la IV gamma: un caso tipico è quello del pomodoro, per il quale
sono state introdotte varietà più serbevoli, di ricorrendo sempre meno al materiale genetico
tradizionale (La Malfa e Bianco, 2006); iv) esigenze del settore vivaistico (principalmente
ragioni organizzative collegate alla propagazione del materiale genetico), (Blasi et al., 2005);
v) riduzione del tempo libero, o il suo impiego alternativo, che provoca il consumo di ortaggi
che non comportino particolari difficoltà nella fase di preparazione della pietanza (La Malfa e
Bianco, 2006). Inoltre, gli agricoltori, per meglio collocare il loro prodotto sui mercati, sono
spinti a scegliere varietà più produttive, standardizzate e omogenee, ma proprio per questo, a
stretta base genetica. Le ragioni su menzionate, unitamente a metodi di coltivazione intensivi,
hanno contribuito a creare in Puglia un'emergenza ambientale riguardante il tema
dell‟erosione genetica.
La consapevolezza che la diversità genetica rappresenta una risorsa che deve essere preservata
per le generazioni future e che gli agricoltori possono svolgere il ruolo di custodi di tale
biodiversità, è alla base della definizione di azioni finalizzate al recupero ed alla
conservazione di specie vegetali a rischio di erosione genetica. Tali evidenze hanno portato la
Regione Puglia a varare, nell‟ambito del PSR 2007-2013, una serie di misure volte alla
protezione della biodiversità vegetale regionale. Più in particolare la misura 214 (Pagamenti
agroambientali) contiene l‟azione 3 (Tutela della biodiversità), strumento operativo attraverso
il quale la Regione Puglia garantisce un contributo agli agricoltori i quali, in cambio, si
79
impegnano a conservare in situ le risorse genetiche vegetali indicate nell'allegato 8 contenuto
nella misura suddetta e, pertanto, vengono qualificati come “coltivatori custodi”.
Il presente lavoro ha avuto come obiettivi il recupero delle informazioni circa la presenza di
germoplasma orticolo a rischio di erosione genetica e, successivamente, la preparazione di
schede tecniche contenenti i descrittori, essenzialmente di tipo morfologico, riguardanti le
specie ed accessioni orticole contenute nell‟allegato 8 (Tab. 1), con il fine di supportare sia gli
agricoltori, per ciò che riguarda la loro richiesta di contributo, sia i tecnici della Regione
Puglia nell‟attività di verifica della corrispondenza fra le specie/accessioni per le quali gli
agricoltori hanno chiesto il sostegno e quelle inserite nel suddetto elenco.
Materiali e metodi
La fase iniziale ha riguardato la localizzazione e il recupero del germoplasma a rischio di
erosione genetica.
Sul territorio regionale sono stati individuati i soggetti (agricoltori, vivai, privati cittadini,
ecc.) in possesso del materiale necessario per la riproduzione/propagazione delle
specie/accessioni (S/A) inserite nel suddetto allegato.
La ricerca di tale materiale ha presentato diversi gradi di difficoltà in funzione della S/A
considerata. Per alcune di esse (batata leccese, carota di Polignano, cavolo da foglia e
pomodoro Mandurese) sono stati gli stessi agricoltori a fornire il germoplasma, attingendo dal
materiale che loro stessi selezionano e conservano per il reimpianto della coltura. Per quanto
riguarda il cavolo broccolo e la cicoria (nello specifico i “mùgnuli” e la “cicoria all‟acqua” o
“otrantina”), il materiale di propagazione (le piantine per il trapianto) è stato recuperato da
alcuni vivai, che le producono in quantità relativamente limitate per alcuni agricoltori che
ancora seminano queste S/A. Per altre S/A (melone di Gallipoli, melone di Morciano di Leuca
e carciofo - verde e violetto, bianco e centofoglie) la ricerca del germoplasma è stata
notevolmente più complessa a causa della limitata diffusione e della carenza di germoplasma
di questi ecotipi. Per il melone, per esempio, l‟unico riferimento in nostro possesso è una tesi
di laurea del 1975 nella quale sono riportati i principali caratteri del frutto (peso, colore,
dimensioni, ecc.). Dopo innumerevoli ricerche nelle zone di produzione, il germoplasma è
stato reperito confermando quindi il rischio di estinzione per questo ecotipo e sottolineando
l‟importanza del suo recupero. Nella fase successiva le S/A sono state messe a coltura presso
l‟Azienda sperimentale “La Noria” dell‟Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari
(ISPA) del CNR di Bari, in modo da poterne studiare la morfologia e definire i principali
descrittori, essenzialmente di tipo morfologico, che ne consentissero l‟individuazione in
maniera univoca. La coltivazione delle S/A è stata realizzata in pieno campo seguendo le
norme di buona pratica agricola per ciascuna delle S/A considerate.
Per la definizione dei descrittori morfologici è stato svolto un lavoro preliminare incentrato
sulla ricerca bibliografica di tali descrittori, con particolare riferimento alle specie orticole
presenti nell‟allegato 8. La ricerca è stata svolta avendo come punto di partenza il sito di
Biodiversity International (http://www.bioversityinternational.org/), nel quale sono disponibili
pubblicazioni contenenti i descrittori di varie specie in formato .pdf. In alcuni casi (per
esempio melone e carota) i descrittori della specie sono contenuti in una pubblicazione
dedicata, mentre per altre (per esempio il cavolo da foglia), non è stata ancora realizzata una
pubblicazione specifica. In quest‟ultimo caso i descrittori sono stati definiti a partire da quelli
del genere. Nel caso specifico del cavolo da foglia, per esempio, i descrittori sono contenuti in
una pubblicazione dal titolo Descriptors for brassica and raphanus la quale riporta quelli
generici per il genere Brassica
80
(http://www.bioversityinternational.org/nc/publications/publication/issue/descriptors_for_bras
sica_and_raphanus.html - ultimo accesso 12/07/2012).
Per la compilazione delle schede descrittive relative alle diverse S/A sono stati presi in
considerazione solo alcuni descrittori concernenti l‟aspetto morfologico della pianta (quali,
per esempio, colore delle foglie, margine delle stesse, portamento della pianta, tipologia di
frutto, ecc.), mentre altri (dati relativi al sito di raccolta, suscettibilità agli stress abiotici, ecc.)
non sono stati considerati in quanto non pertinenti con le finalità delle schede descrittive.
Risultati
Per ciascuna accessione riconducibile ad una delle nove specie presenti nell‟allegato 8, il
germoplasma è stato recuperato per consentirne la coltivazione e caratterizzazione. Il recupero
del germoplasma è avvenuto attraverso l‟individuazione dei soggetti (agricoltori, vivai,
semplici cittadini) attraverso conoscenza diretta o tramite altri soggetti (consorzi agrari,
associazioni, segnalazioni da parte di enti legati al territorio, ecc.).
Il risultato finale è stato la realizzazione della scheda descrittiva, contenente i descrittori
morfologici utili per l‟identificazione della S/A, che la Regione Puglia ha inserito nel suo
Bollettino Ufficiale - n. 47 del 31/03/2011. Ciascuna scheda è composta da un codice che
permette di identificare la S/A in maniera univoca, dai descrittori con i relativi valori e da una
foto che rappresenta l‟organo o la parte di pianta commestibile (Fig. 1). Il codice è formato da
un numero progressivo e dalla tipologia di specie, del tipo “SCHEDA n. ORT. X”, dove ORT.
indica che si tratta di orticole, X è un numero progressivo da 1 a 14, che sta ad indicare la
specie/accessione, mentre i descrittori rappresentano il parametro discriminante della S/A.
Discussione
La produzione delle schede per le S/A comprese nell‟allegato 8 rappresenta uno dei punti
fondamentali nell‟ambito del PSR Puglia 2007-2013, e il suo uso rappresenta un valido
strumento sia per il potenziale agricoltore custode che ha richiesto il contributo, il quale può
verificare se effettivamente la specie è meritevole di premio, sia per i tecnici della Regione
Puglia, i quali possono verificare l‟effettiva corrispondenza fra la varietà coltivata per la quale
è stato chiesto il premio e quella riportata nell‟allegato 8. Inoltre, le schede sono state
realizzate in maniera che i vari descrittori possano essere facilmente intellegibili per chiunque,
senza ricorrere all‟uso di codici, e della rispettiva legenda, per la loro comprensione. Infatti, i
descrittori che vengono normalmente utilizzati, compresi quelli contenuti nelle pubblicazioni
di Biodiversity International, associano un carattere, sia esso quantitativo che qualitativo, ad
un numero crescente da 1 a 9 o, in alternativa, prevedono il valore “0” o “1” per indicare
l‟assenza o la presenza di un determinato carattere. Tale modo di descrivere i caratteri, anche
se più “preciso”, avrebbe diminuito la leggibilità delle schede, per cui si è scelto di “tradurre”
il valore numerico in un elemento descrittivo.
Conclusioni
Il PSR Puglia 2007-2013 rappresenta un passo importante riguardo la difesa ed il recupero
delle S/A coltivate ma a rischio di erosione genetica in Puglia. La sua attuazione ha permesso,
seppur in maniera non ancora esaustiva, di individuare buona parte del germoplasma vegetale
a rischio di erosione e di mettere in atto una serie di misure relative alla sua difesa e
valorizzazione. La realizzazione delle schede descrittive ha quindi permesso di stabilire un
punto fermo nel percorso di recupero e valorizzazione di tali risorse genetiche, indicando le
S/A che entrano in questo percorso, lasciando aperta la possibilità all‟inserimento di nuove
S/A, e gettando le basi per la formazione di network (con la misura 214, subazioni 4a e 4b)
81
per la raccolta di altro materiale a rischio di erosione e la realizzazione di basi di dati che
consentano la facile individuazione di tali S/A sul territorio.
La bontà nel recupero di tali S/A è corroborata da quanto affermano Rubatzky e Yamaguchi
(1997) secondo i quali, fra le fonti cui attingere per le esigenze di nuova biodiversità,
rientrano le cultivar primitive di specie coltivate e le specie coltivate su piccole superfici.
Bibliografia
BLASI C., BOITANI L., LA POSTA S., MANES F., MARCHETTI M., 2005. Stato della
biodiversità in Italia. Contributo alla strategia nazionale per la biodiversità. Palombi
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RUBATZKY, V. E., YAMAGUCHI, M., 1997. World vegetables: principles, production,
and nutritive values. Ed. Chapman & Hall, London.
WORLD CONSERVATION MONITORING CENTRE, 1992. Global Biodiversity: Status of
the Earth's living resources. Chapman & Hall, London.
Tab. 1. Elenco delle specie ortive a rischio di erosione genetica (allegato 8) contenuto nel
Programma di Sviluppo Rurale Puglia 2007-2013.
Tab. 1. List of vegetable species at risk of genetic erosion (annex 8) included into the “Rural
Development Programme 2007-2013” of Apulia region.
Ortaggio
Cavolo
Cavolfiore
Cavolo broccolo
Carota
Carciofo
Pomodoro
Batata
Cicoria
Melone
Nome accessione
Da foglia, a foglia riccia e liscia
Barese „cima di cola‟
Cima nera
Mugnoli
Violetto, gialla (Di Polignano)
Verde di Putignano
Violetto di Putignano
Bianco di Taranto
Centofoglie
Manduriese
Batata leccese
Cicoria all‟acqua
Di Gallipoli
Morciano di Leuca
82
Provincia di riferimento
Bari
Bari
Bari
Foggia, Lecce, Brindisi
Bari
Bari
Bari
Taranto
Bari, Brindisi
Taranto
Lecce
Lecce
Lecce
Lecce
Fig. 1. Esempio di scheda con descrittori del pomodoro di Manduria.
Fig. 1. An example of a fact sheet with descriptors concerning the Tomato of Manduria
landrace.
83
2.12. COMPOSIZIONE FENOLICA E VOLATILE DI OLI EXTRA VERGINI DI
OLIVA MONOVARIETALI DELLE CVS CORATINA, FRANTOIO, LECCINO E
PERANZANA DEL TERRITORIO DAUNO
PHENOLIC AND VOLATILE COMPOSITION OF CORATINA, FRANTOIO, LECCINO AND
PERANZANA MONOVARIETAL EXTRAVIRGIN OLIVE OILS FROM APULIA
Antonio TRANI1*, Michele FACCIA1, Rossana PUNZI1, Pasqua LOIZZO1, Angela CASSONE1,
Emidio ALVISI2, Giuseppe GAMBACORTA1
1
Dipartimento di Scienze del Suolo delle Piante e degli Alimenti, Università di Bari Aldo
Moro, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia
2
Azienda Agricola Villa Uva, Contrada Cruste, 71036 Lucera, Italia
*Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
In questo lavoro è stata studiata la composizione fenolica e volatile di oli extra vergini di oliva
monovarietali delle cvs Coratina, Frantoio, Leccino e Peranzana, prodotti nel territorio
Dauno. Gli oli sono stati sottoposti alle seguenti determinazioni: i) analisi qualitative di base,
al fine di determinarne la categoria merceologica; ii) composizione fenolica mediante
cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata ad un rivelatore a serie di diodi (HPLCDAD); iii) composizione volatile mediante microestrazione in fase solida seguita da
gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (SPME-GC-MS). I risultati hanno
mostrato che tutti gli oli rientravano nella categoria merceologica degli “extra vergine”. Tra le
quattro cultivar, la Coratina è risultata la più ricca in polifenoli totali e nelle forme
dialdeidiche dell‟acido elenolico, seguita da Frantoio, Peranzana e Leccino. I profili dei
composti volatili hanno mostrato la predominante presenza nello spazio di testa di tutti gli oli
analizzati,delle aldeidi a 6 atomi di carbonio, in particolare della trans-2-esenale. La Coratina
si è contraddistinta per la presenza di due terpeni, α-Copaene and α-Muurolene, presenti solo
in tracce negli oli delle altre cultivar.
Parole chiave: composti volatili, oli monovarietali, polifenoli
Abstract
In this work the phenolic and volatile composition of four monovarietal extravirgin olive oil
from north Apulia region was investigated. The cvs considered were Coratina, Frantoio,
Leccino and Peranzana. The samples were submitted to the following analysis: i) chemical
analysis for quality assessment; ii) determination of polyphenols by high performance liquid
chromatography and UV detection; iii) characterization of volatiles of head space by solid
phase micro-extraction and gas-chromatography coupled with mass spectrometry. Results
shown that all olive oil considered were belonging to the extravirgin category. The oil of
Coratina shown the highest concentration of total polyphenols and di-aldehydic forms of
elenolic acid, followed in decreasing order by Frantoio, Peranzana and Leccino. The head
space of all oil analyzed were meanly constituted by C6 aldehydes, the more abundant
compound was trans-2-hexenal. The Coratina oil was characterized by the presence of αCopaene and α-Muurolene, that were present only in trace in the others oils.
Keywords: volatile compounds, monovarietal olive oil, polyphenols
84
Introduzione
Gli effetti benefici del consumo dell‟olio extravergine di oliva sulla salute umana sono ben
conosciuti ed attribuiti alla composizione in acidi grassi ed alla presenza di costituenti minori
quali lo squalene, i fitosteroli ed i polifenoli (Owen et al., 2000). Le caratteristiche sensoriali
di un olio extravergine di oliva sono fortemente influenzate dal contenuto quanti-qualitativo
di composti polifenolici e dai composti volatili che ne caratterizzano lo spazio di testa. I
composti fenolici più rappresentativi riscontrabili in un olio di oliva sono: derivati dell‟acido
benzoico ed idrossi-benzoico (acido vanillico, siringico, gallico e gentisico); derivati
dell‟acido cinnamico (acido orto- e para- cumarico, ferulico e sinapico); derivati dell‟alcol
feniletilico (tirosolo ed idrossi-tirosolo); altri acidi fenolici (3,4-idrossifenilacetico); forme
dialdeidiche dei secoricoidi (decarbossimetil oleouropeina [3,4-DHPEA-EDA]e
decarbossimetil ligustroside [p-HPEA-EDA] agliconi); secoricoidi (oleuropeina e ligustroside
aglicone [3,4-DHPEA-EA; p-HPEA-EA]); flavoni (apigenina e luteolina); lignani ((+)pinoresinolo e (+)-1-acetossipinoresinolo) (Bendini ed altri, 2007).
I composti volatili dello spazio di testa di un alimento comprendono molecole anche molto
diverse dal punto di vista chimico e biochimico, derivando da differenti vie biosintetiche,
seppur strettamente interconnesse. I composti volatili che caratterizzano lo spazio di testa
degli oli di oliva appartengono in gran parte alle categorie delle aldeidi, alcoli, esteri e chetoni
a 6 o 5 atomi di carbonio. Esenale, trans-2-esenale, esanolo, 3-metilbutan-1-olo, sono stati
ritrovati in oli di oliva europei (Angerosa, 2002). I composti volatili presenti in maggiori
concentrazioni non sono necessariamente i responsabili delle caratteristiche aromatiche di un
alimento. Infatti, Reiners e Grosch (1998) riportano che il trans-2-esenale presente in
concentrazioni di 6mg/g ha solo un terzo dell‟impatto sull‟aroma dell‟ 1-penten-3-one
presente in pochi μg/g. A tal proposito una categoria di composti volatili molto importante, in
quanto caratterizzata da basse soglie di percezione, è quella dei composti terpenici,
responsabili delle fragranze di molti frutti e la cui biosintesi è strettamente legata a quella dei
composti fenolici. Cultivar (Benincasa et al., 2003), regioni geografiche (Angerosa et al.,
1999), stadio di maturazione (Aparicio e Morales, 1998), metodi di trasformazione (Ranalli et
al., 2003) sono tutti fattori in grado di influenzare in modo determinante la frazione volatile e
polifenolica degli oli. In questo lavoro sono stati realizzati quattro oli monovarietali, nel
territorio dauno e nelle medesime condizioni colturali, indagando le differenze tra di essi
riguardanti i composti polifenolici e volatili.
Materiali e metodi
Caratteristiche degli oliveti e analisi qualitative - Sono stati considerati degli uliveti estesi su
30 ha in agro di Lucera (FG), con alberi di età compresa tra 10 e 50 anni, appartenenti alla cvs
Coratina, Frantoio, Leccino e Peranzana. Il sesto d‟impianto era regolare, mediamente 8 m
sulle file e 10 m tra le file, allevati in biologico, non irriguo. Le olive sono state raccolte a
maturazione tecnologica ed avviate all‟estrazione dell‟olio entro le 12 ore utilizzando un
impianto continuo a 3 fasi. Sugli oli sono state condotte le analisi di base secondo i metodi
ufficiali di analisi (Reg. UE 61/2011).
Estrazione della frazione fenolica e analisi dei polifenoli totali - L‟estrazione dei composti
fenolici è stata effettuata secondo la procedura riportata da Gambacorta et al. (2009). Il
contenuto dei polifenoli totali è stato determinato per spettrofotometria dopo reazione con il
reattivo di Folin-Ciocalteu, esprimendo i risultati in mg equivalenti di acido gallico per kg di
olio.
85
Determinazione del profilo fenolico - Il profilo fenolico è stato determinato iniettando
l‟estratto metanolico in un cromatografo liquido WATERS serie 600E con rivelatore a serie di
diodi ed equipaggiato di iniettore Reodyne 7725i con loop da 20 μl. La separazione dei
componenti fenolici è stata effettuata utilizzando una colonna Nova-Pack C18 (3,9 x 150 mm,
4 µm) (Waters, USA) ed una fase mobile composta da acqua/acido acetico 98:2 (v/v) (A) e
metanolo/acetonitrile 1:1 (v/v) (B), secondo il seguente gradiente: 0-30 min, 100-70% A; 3045 min, 70-50% A; 45-55 min, 50-40% A; 55-65 min, 40-0% A; 65-70 min, 0% A; 70-75
min, 0-100 % A. L‟acquisizione ed elaborazione dei dati cromatografici è stata realizzata
utilizzando il data-station “Millenium” (Waters, Milford, U.S.A.). L‟identificazione dei
composti fenolici è stata effettuata mediante l‟uso di standard puri, mentre la loro
quantificazione è avvenuta impiegando l‟acido gallico come standard interno aggiunto in fase
di estrazione.
Estrazione dei composti volatili - Per l‟estrazione dei composti volatili sono state utilizzate
delle vials per SPME da 12 ml (Supelco, USA), munite di tappo a vite e setto in teflon. In
ogni vial sono stati posti 2 ml di campione e sottoposti ad agitazione mediante ancoretta
magnetica a temperatura di 37°C costanti. Il rapporto tra volume e spazio di testa era pertanto
0,17, il tempo di equilibrazione 10 minuti. L‟estrazione è stata realizzata esponendo per 20
minuti, nello spazio di testa, una fibra 50/30µm DVB/CAR/PDMS, il desorbimento è
avvenuto esponendo la fibra in un iniettore split a 230°C per 3 min.
Analisi HRGC/MS - La separazione ed identificazione dei composti volatili è stata realizzata
su gascromatografo Agilent 6890 interfacciato con uno spettrometro di massa Agilent 5975C,
equipaggiato con colonna capillare DBwax della J&W, fase stazionaria polare (polietilenglicole) lunga 60 m, 0,25 mm i.d., spessore del film 0,25 m. Le condizioni cromatografiche
erano: 10 min a 50°C ed incremento di 3°C/min fino a 160°C, successivo incremento di
10°C/min fino a 240°C/min e stazionamento finale per 10 min; gas di trasporto elio alla
velocità lineare di 16,7 cm/sec misurato a 50°C; iniettore: split/splitless, modalità split,
rapporto di splittaggio 40:1, temperatura 230°C; MSD detector: temperatura interfaccia
240°C, temperatura sorgente 240°C, temperatura detector 150°C. Energia di frammentazione
70 eV, modalità scan da 20 a 250 uma.
Analisi statistica
Tutti gli oli considerati sono stati sottoposti al campionamento diretto in serbatoio alla fine
della campagna olivicola e conducendo almeno 4 repliche per determinazione, per campione.
Tutti i dati sono stati espressi come valore medio. Il confronto dei singoli valori analitici è
stato condotto mediante ANOVA ad una via su Microsoft Excel 2010.
Risultati e discussione
Caratteristiche qualitative - Nella Tab. 1 sono riportate le analisi qualitative di base e dei
polifenoli totali. Tutti gli oli hanno presentato caratteristiche proprie della categoria
commerciale degli extra vergini. I valori di acidità libera erano compresi tra 0,13 g/100g della
Leccino e 0,31 g/100g della Coratina (< 0,8 % secondo norma). Il numero di perossidi era
compreso tra 2,6 meq O2/kg della Coratina e 8,71 meq O2/kg della Frantoio ( ≤ 20 meqO2/kg
per l‟extra vergine), indicativi di una potenziale lunga shelf life. Il K232 è risultato compreso
tra 1,78 della Coratina e 2,17 della Frantoio (limite Comunitario per l‟extra ≤ 2,50), il K270 è
risultato molto più basso del limite dell‟extra ( ≤ 0,22) con valori inferiori a 0,14. Il contenuto
in polifenoli totali, parametro indicativo delle caratteristiche nutraceutiche dell‟olio, della
resistenza all‟ossidazione e delle note sensoriali di amaro e piccante, è risultato
particolarmente legato alla cultivar. Infatti, la Coratina è risultata essere la cv in grado di
86
produrre oli con il più alto valore in polifenoli totali (979 mg/kg) seguita da Frantoio (723
mg/kg), Peranzana (489 mg/kg) e Leccino (383 mg/kg), differenze significative ad un valore
di p<0.01.
Profilo fenolico - La Tab. 2 riporta la composizione fenolica degli oli determinata per HPLCDAD. Confermando quanto sopra riportato il contenuto in polifenoli, così determinati,
mostrava il seguente ordine: Coratina > Frantoio > Peranzana > Leccino. La Coratina pertanto
presentava il contenuto più alto in tutti i composti identificati ed in particolar modo dei
secoricoidi e relative forme dialdeidiche (p-HPEA-EA e 3,4-DHPEA-EA; p-HPEA-EDA e
3,4-DHPEA-EDA) e dei due lignani (+)-pinoresinolo e (+)-1-acetossipinoresinolo. L‟olio
della Frantoio ha presentato un profilo relativamente simile a quello della Coratina da cui si
differenziava per la maggior presenza della 3,4-DHPEA-EA e di luteolina, differenze queste
ultime statisticamente non significative. Gli oli di Peranzana e di Leccino hanno mostrato un
profilo tra loro simile ma differente da quello della Coratina e della Frantoio per una bassa
concentrazione di lignani, con completa assenza del pinoresinolo, e da una netta minor
presenza di 3,4-DHPEA-EA.
Profilo volatile - Nell‟olio, la via enzimatica che porta alla degradazione ossidativa degli acidi
grassi, detta via della lipossigenasi (LOX), è ritenuta responsabile della produzione dei
principali composti aromatici volatili, quali aldeidi ed alcoli C6. La Tab. 3 riporta la
composizione volatile degli oli determinata per SPME-HRGC-MS. Sono stati identificati 30
componenti per la Coratina, 31 per la Frantoio, 27 per la Leccino e 26 per la Peranzana. Tutti
gli oli sono risultati caratterizzati dalla predominante presenza della trans-2-esenale con
percentuali oscillanti dal 34,8% della Peranzana al 57,6% della Leccino. La trans-2-esenale è
un‟adeide a 6 atomi di carbonio che conferisce all‟olio delle note di amaro, mandorle ed erba
appena tagliata e la sua presenza in alte percentuali è indicativa dell‟ottima qualità della
materia prima, dell‟ottima gestione del processo di estrazione, nonché delle ottime modalità di
conservazione dell‟olio. La freschezza e la qualità olfattiva degli oli è confermata dalla bassa
presenza dell‟esanale, che è stata riscontrata in percentuali variabili dall‟1,7% della Coratina
al 3,9% della Frantoio e dalla quasi assenza della nonanale. Al fine di mettere in luce
differenze importanti attribuibili al fattore varietale è stata ricercata la presenza di terpeni,
essendo la biosintesi di questi ultimi caratterizzata dall‟intervento di numerosi enzimi alcuni
dei quali inclusi nella biosintesi dei polifenoli. Negli oli di Coratina è stata ritrovata la
presenza dell‟α-Copaene e dell‟α-Muurolene, presenti solo in tracce negli altri oli analizzati.
Conclusioni
I profili dei composti fenolici sono risultati ricchi in fenoli ad alto peso molecolare
(secoiridoidi e lignani), indicativo di prodotti freschi e potenzialmente con un positivo
impatto sulle caratteristiche sensoriali (amaro e piccante) e nutraceutiche (capacità
antiossidante). I profili dei composti volatili sono risultati caratteristici di prodotti di alta
qualità, per la predominante presenza delle aldeidi a 6 atomi di carbonio, in particolare della
trans-2-esenale, freschi per il favorevole rapporto trans-2-esenale/esanale e ad impatto
olfattivo positivo per il favorevole rapporto esanale/nonanale.
Tutti gli oli realizzati sono risultati pertanto di ottima qualità e dotati di caratteristiche proprie
nettamente distinguibili. Il contenuto complessivo in polifenoli totali, determinato per via
spettrofotometrica, la determinazione quanti-qualitativa per HPLC dei singoli fenoli e la
caratterizzazione dei composti volatili hanno messo in evidenza differenze importanti
attribuibili al fattore varietale. Tali interessanti risultati richiedono una conferma mediante
uno studio ripetuto per più anni, ed eventualmente sulle stesse varietà allevate in differenti
aree geografiche.
87
Bibliografia
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by analytical approaches and sensor panels. Europeand Journal of Lipid Science and
Technology, 104: 639-660.
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88
Tab. 1. Caratteristiche qualitative di base degli oli.
Tab. 1. Chemical characteristics related to quality evaluation of monocultivar oliveoil.
Acidità
(g/100g)
NP
(meqO2/kg)
K232
K270
K
*Polifenoli
totali (mg/kg)
Coratina
0,31 ± 0,04
2,60 ± 0,39
1,78 ± 0,05
0,14 ± 0,00
0,00
979 ± 4
Frantoio
0,23 ± 0,02
8,71 ± 0,41
2,17 ± 0,03
0,13 ± 0,01
0,00
723 ± 28
Leccino
0,13 ± 0,01
8,70 ± 0,67
1,82 ± 0,05
0,12 ± 0,00
0,00
383 ± 18
Peranzana
0,29 ± 0,02
6,39 ± 0,87
1,86 ± 0,01
0,13 ± 0,00
0,00
489 ± 11
Campione
* Espressi in equivalenti di acido gallico
Tab. 2. Composizione fenolica degli oli determinata mediante HPLC.
Tab. 2. Phenol composition assesd by HPLC of monocultivar olive oil.
Componente (mg/kg)
Coratina
Frantoio
Leccino
Peranzana
Idrossitirosolo
Tirosolo
Acido vanillico
3,4-DHPEA-EDA
p-HPEA-EDA
Pinoresinolo
Acetossipinoresinolo
Luteolina
3,4-DHPEA-EA
p-HPEA-EA
Fenoli non identificati
Fenoli totali
3,3
4,0
1,1
22,1
40,3
7,4
10,6
4,1
18,5
8,3
30,1
149,8
1,2
1,2
0,2
8,8
27,0
3,9
8,3
5,2
21,4
1,6
20,8
99,6
0,8
1,7
0,7
13,1
21,8
1,6
0,2
4,2
1,1
14,2
59,5
0,5
0,5
0,5
18,6
26,0
1,8
0,8
3,7
2,2
21,8
76,2
89
Tab. 3. Composizione volatile dello spazio di testa degli oli monovarietali.
Tab. 3. Volatile compounds identified in the head space of the monocultivar olive oil.
Componente (%)
Solfuro di metile
Propanale
Acetato di metile
Acetato di etile
2-metilbutanale
3-metilbutanale
Etanolo
2-propenilciclopentano
4-metil-5-etil-3-eptanone
Trans-2-butenale
3-etil-1,5-octadiene
Esanale
2-metil-1-propanolo
3-pentanolo
Trans-2-pentenale
1-butanolo
1-penten-3-olo
Trans-2-esenale
3-metil-1-esene
3,7-dimetil-cis-1,3,6octatriene
Acetato di esile
Acetato di cis-esen-1-olo
Cis-2-penten-1-olo
1-esanolo
Cis-3-esen-1-olo
Nonanale
Cis-2-esen-1-olo
2,4-esadienale
Acido acetico
-Copaene
Benzaldeide
Dimetilsolfossido
Benzoato di metile
Alfa-muurolene
Esanale/nonanale
t-2-esenale/esanale
Coratina Frantoio Leccino Peranzana
0,4
0,5
1,0
1,3
0,5
0,7
19,7
0,9
3,8
0,1
0,6
1,7
0,3
0,1
0,6
0,4
4,8
47,3
-
0,4
1,7
0,6
0,5
0,7
1,0
11,2
0,9
2,3
0,4
0,6
3,9
0,1
0,9
0,4
6,1
53,6
0,5
0,5
2,3
0,5
0,9
1,4
5,6
0,9
1,9
0,4
0,5
3,8
1,1
1,0
0,3
4,1
57,6
0,4
0,4
1,3
1,2
1,4
0,6
0,7
15,7
2,2
4,4
0,4
3,1
0,1
1,3
1,1
11,0
34,8
-
0,7
0,5
0,6
0,1
1,8
2,2
1,7
0,1
1,5
0,4
4,9
0,8
0,2
0,7
0,1
12,6
28,6
0,4
0,5
2,4
2,8
1,5
0,1
1,5
0,7
3,6
0,1
0,1
0,1
27,3
18,1
0
1,9
2,5
1,7
0,2
1,5
0,9
7,0
0,1
0,2
27,9
13,9
0,5
3,7
3,8
1,3
3,4
1,6
1,9
4,0
0,2
22,6
15,3
90
Caratteristiche
sensoriali
dolce, pungente, floreale
estereo
dolce, aromatico
malto
dolce, fruttato, malto
alcolico
verde, mela, erba tagliata
come acetato di etile
verde, mela, floreale
terra bagnata
amaro, mandorle, erba
verde, dolce, fruttato
banana
fruttato,
banana, fruttato
grasso, cera
frutta verde
erba tagliata
pungente
mandorla
2.13. EFFETTI DEL DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI E DELLA DISPONIBILITÀ
IDRICA SULLA QUALITÀ DELL'UVA E DEL VINO IN AMBIENTE CALDO-ARIDO
Donato ANTONACCI1, Rosalinda GENGHI1, Ennio LA NOTTE2, Antonio COLETTA1, Sandra
PATI2
(1)
CRA-UTV Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente
mediterraneo.
Via Casamassima, 148 - 70010 Turi BA (Italia), [email protected]
(2)
Bioagromed-Università degli Studi - Via Napoli, 25- Foggia (Italia)
Riassunto
Le pratiche colturali adottate per la gestione del vigneto influenzano fortemente il
comportamento vegeto-produttivo delle piante, modificando le rese, la composizione delle
uve, dei mosti e dei vini. La composizione fenolica delle uve al momento della vendemmia e
quella dei rispettivi vini risulta particolarmente influenzata dalle pratiche viticole impiegate.
Nell‟ambiente caldo-arido dell'Italia Meridionale, nel biennio 2007-2008, è stata condotta una
ricerca sul vitigno maggiormente coltivato in Italia, il Sangiovese n., il quale è stato
sottoposto a diradamento dei grappoli in fase di invaiatura e a differente integrazione dell‟ETc
a partire dall‟allegagione. L‟obiettivo della sperimentazione è stato quello di ottenere una
differenziazione della risposta produttiva del vitigno Sangiovese n. che, in seguito a
trasformazione enologica, consentisse di individuare le migliori pratiche colturali per
migliorare, differenziare e valorizzare le possibilità di espressione varietale enologica, nella
regione Puglia. In entrambe le annate la tesi C2V0 (non diradata e non irrigata) ha registrato il
più basso peso bacca e peso grappolo. Nelle tesi diradate sono stati registrati i valori più alti.
La maggiore produzione di uva per ceppo, di uva per ettaro è stata riscontrata nelle tesi non
diradate. Una migliore qualità fenolica dei vini è stata riscontrata nei vini provenienti dalle
tesi diradate e sottoposte a stress idrico.
Parole chiave: uva da vino, diradamento dei grappoli, stress idrico, composizione fenolica
Abstract
Cultural practices applied to vineyard management strongly affect the behavior of vegetation
and vines production, modifying crop yields, grapes, musts and wines composition. At harvest
time, grapes and wines phenolic composition is particularly influenced by the viticultural
practices used. In 2007-2008, in the dry-hot environment of Southern Italy, a research on the
Sangiovese n. vine variety, mostly cultivated in Italy, was conducted; at veraison it was
subjected to cluster thinning and to different integration of the ETc from setting. The purpose
of the experiment was to obtain a differentiated yield response of Sangiovese n. that, after
wine processing, allows to identify the best cultural practices to improve, differentiate and
enhance the wine variety expression, in Apulean region. In both years, the C2V0 thesis (nonthinned and non-irrigated) recorded the lowest bunch weight and berry weight. In thinned
theses the highest values were recorded. In non-thinned theses, increased yield per vine and
yield per hectare were found. A better phenolic composition was found in wines from thinned
theses and subjected to water stress.
Keywords: wine grape, cluster thinning, water supply, phenolic composition
91
Introduzione
La qualità delle produzioni vitivinicole è fortemente influenzata dalle pratiche colturali
adottate per la gestione del vigneto. Per conseguire una differenziazione produttiva dell‟uva è
necessario realizzare nel vigneto diversi equilibri vegeto-produttivi. Questi possono essere
conseguiti attraverso diverse tecniche colturali quali disponibilità idrica, carico di gemme,
concimazione azotata, inerbimento e tipo di portainnesto. Uno degli aspetti della qualità
dell‟uva più sensibile a queste pratiche colturali risulta essere la composizione fenolica delle
bacche al momento della vendemmia. In particolare il contenuto degli antociani della buccia
viene influenzato significativamente dallo stato idrico delle viti durante il periodo di
maturazione (Castellarin et al., 2011). Gli antociani sono composti molto importanti per la
qualità, poiché sono direttamente responsabili della colorazione delle bucce e quindi del vino
(Ghiselli et al., 1998). Il diradamento dei grappoli viene considerato un mezzo indispensabile
per il miglioramento qualitativo dell‟uva, ma i risultati ottenibili con questa tecnica sono
talora contrastanti. Essi dipendono, infatti, dal carico produttivo iniziale (Campostrini et al.,
1991), dall‟epoca e dall‟intensità dell‟intervento (Di Collalto et al., 1991; Valenti et al.,
1991), dalle condizioni climatiche (Morando et al., 1991; Bertamini et al., 1991) e dalle
tecniche colturali in senso lato. Il diradamento dei grappoli, effettuato durante l‟invaiatura,
determina variazioni nel comportamento vegeto-produttivo delle piante, modificando le rese e
la composizione delle uve, dei mosti e dei vini. L‟effetto del diradamento dei grappoli si
riflette sulla maturità fenolica delle uve, incrementando gli antociani ed i flavonoidi delle
bacche e la loro estraibilità, con conseguente aumento dell‟intensità colorante e della stabilità
di colore dei vini. Questi ultimi sono, inoltre, risultati migliori per profumi e persistenza
gusto-olfattiva e complessivamente più tipici, aromaticamente più complessi e più strutturati
(Intrieri et al., 2005). Nell‟ambito del Progetto PS_042 “Miglioramento e valorizzazione
dell‟espressione varietale della produzione enologica pugliese” (finanziato dalla Regione
Puglia) è stato preso in considerazione uno dei vitigni più coltivati in Puglia, il Sangiovese n.,
il quale è stato sottoposto a diradamento dei grappoli in fase di invaiatura e a differente
integrazione dell‟ETc a partire dall‟allegagione. L‟obiettivo della sperimentazione è stato
quello di ottenere una differenziazione della risposta produttiva del vitigno Sangiovese n. che,
in seguito a trasformazione enologica, consentisse di individuare le migliori pratiche colturali
per migliorare e valorizzare l‟espressione varietale nella regione Puglia.
Materiali e metodi
La sperimentazione è stata condotta nel biennio 2007-2008 in un vigneto di Sangiovese n,
vitigno da vino a bacca nera, situato in Puglia nella zona pianeggiante dell‟agro di San Severo
(FG). L‟ambiente climatico nel quale è stata condotta la ricerca, è stato caratterizzato nel 2007
da una temperatura minima di 3,5°C (media di dicembre) ed una temperatura massima di
36,1°C (media di luglio); nel 2008 i valori sono stati rispettivamente pari a 3,7°C (media di
dicembre) e 35,2°C (media di agosto). Le precipitazioni medie annue sono state pari a circa
400 mm nel biennio 2007-2008, distribuite principalmente in autunno-inverno con valori
ridotti nel periodo estivo (luglio-agosto-settembre).
Il vigneto, con sistema di allevamento a tendone è innestato su 140 Ru ed adotta un sesto
d‟impianto di 2,50 x 2,50 m., con una densità di impianto di 1.600 ceppi per ettaro ed ha
un‟età di 9 anni. È inoltre dotato di impianto di irrigazione a microportata di erogazione con
ali adacquatrici posti nell‟interfila e gocciolatori da 8 L/h disposti uno per vite.
Lo schema sperimentale adottato è stato a split-plot, con tre repliche, nel quale sono state
impostate due parcelle in cui sono stati messi a confronto due livelli produttivi: il primo (C1)
in cui si è proceduto, in fase di invaiatura, al diradamento del 30% del numero dei grappoli
92
per vite; il secondo (C2), in cui non è stata effettuata nessuna riduzione del numero dei
grappoli per vite. Ogni parcella è stata sottoposta a due diversi regimi irrigui (V2 e V1) messi
a confronto con una gestione viticola senza alcun apporto irriguo (V0). La distribuzione
dell‟acqua è avvenuta secondo turni settimanali nel periodo allegagione-maturazione. Il
volume irriguo stagionale (m3/ha) adottato nelle tesi V2 e V1 ha tenuto conto
dell‟evapotraspirazione colturale (ETc) e delle precipitazioni superiori a 10 mm durante il
periodo di accrescimento e maturazione della bacca (luglio-settembre). Le tesi sono state così
caratterizzate:
C2V0: nessuna integrazione dell‟ETc e nessuna riduzione del numero dei grappoli per ceppo;
C1V0: nessuna integrazione dell‟ETc e riduzione del 30% del numero dei grappoli per ceppo;
C2V1: integrazione del 24% dell‟ ETc (640 m3/ha) e nessuna riduzione del numero dei
grappoli per ceppo;
C1V1: integrazione del 24% dell‟ ETc (640 m3/ha) e riduzione del 30% del numero dei
grappoli per ceppo;
C2V2: integrazione del 36% dell‟ ETc (960 m3/ha) e nessuna riduzione del numero dei
grappoli per ceppo;
C1V2: integrazione del 36% dell‟ ETc (960 m3/ha) e riduzione del 30% del numero dei
grappoli per ceppo.
I rilievi viticoli sono stati effettuati in campo sulle file centrali di ogni parcella, considerando
10 viti per ognuna delle tre repliche, per un totale di 30 viti per tesi.
A partire dall‟invaiatura e fino alla vendemmia, per ogni tesi, sono stati raccolti
settimanalmente campioni di 100 acini per seguire l‟evoluzione della loro maturazione (peso
della bacca, acidità titolabile, solidi solubili totali, pH). Alla raccolta commerciale, su un
campione di dieci acini per ripetizione (3 ripetizioni/tesi) sono state prelevate le bucce per
l‟estrazione dei polifenoli e per la determinazione del contenuto in antociani secondo quanto
previsto da Di Stefano et al. (1991). La composizione antocianica è stata valutata in HPLC
(Revilla et al., 2000). Al momento della vendemmia sono stati effettuati i rilievi produttivi,
determinando: produzione per pianta, produzione per ettaro, peso medio grappolo, peso medio
bacca, produzione zucchero/pianta. Le uve vendemmiate sono state sottoposte a vinificazione
tradizionale in rosso con 5 giorni di macerazione e senza altri trattamenti enologici. Il
contenuto polifenolico ed antocianico dei vini è stato valutato secondo quanto previsto da Di
Stefano et al. (1989). Per ogni parametro, i dati ottenuti sono stati sottoposti ad elaborazione
statistica utilizzando il test Anova (“one-way variance analysis”) per la separazione delle
medie. Le differenze sono state confrontate con un post-hoc test (Tukey HSD test) e sono
state considerate significative con p ≤ 0,05.
Risultati e discussione
Parametri produttivi - Nel 2007, la tesi C2V0 ha registrato il più basso peso medio bacca ed il
più basso peso medio grappolo; i valori più alti sono stati registrati nella tesi C1V1 (Tab. 1).
Nelle tesi C2V1 e C2V2 si è registrata la più alta produzione di uva per ceppo, produzione di
uva per ettaro e produzione di zucchero per ettaro. Nella tesi C1V0 la mancata integrazione
dell‟ETc combinata al diradamento dei grappoli ha fatto registrare la più bassa produzione
ceppo, produzione ettaro e zucchero ettaro.
93
Tab. 1. Dati produttivi rilevati nelle tesi alla vendemmia.
Tab. 1. Yield parameters measured at harvest time.
Tesi-Theses
C2V0
C1V0
C2V1
C1V1
C2V2
C1V2
Vendemmia del
14.09.2007
Peso medio bacca (g)
1,5 b
Peso medio grappolo (g) 424 c
N°grappoli/ceppo
49 a
Produzione ceppo (kg)
20,8 bc
Produzione ettaro (t)
33,3 bc
Zucchero ettaro (t)
5,99 b
2,1
516
34,5
17,8
28,5
5,19
a
abc
b
c
c
b
2,2
504
51,2
25,8
41,3
7,93
a
bc
a
a
a
a
2,3
621
34,6
21,5
34,40
6,96
a
a
b
abc
abc
ab
2,1
554
45,7
25,3
40,5
7,46
a
ab
a
a
a
a
2,4
585
38,8
22,7
36,3
6,74
a
ab
b
abc
abc
ab
Vendemmia del
10.09.2008
Peso medio bacca (g)
Peso medio grappolo (g)
N°grappoli/ceppo
Produzione ceppo (kg)
Produzione ettaro (t)
Zucchero ettaro (t)
2,9
557
31,3
17,4
27,9
6,81
bc
ab
b
b
b
abc
2,9
505
43,7
22,1
35,3
7,94
bc
b
a
a
a
ab
3,1
603
31,9
19,2
30,8
6,71
abc
ab
b
ab
ab
bc
3,4
493
45,3
22,3
35,7
7,86
a
b
a
a
a
ab
3,2
697
31,4
21,9
35,0
8,23
ab
a
b
a
a
a
2,8
442
44,5
19,7
31,5
5,98
c
b
a
ab
ab
c
In riga, a lettere diverse corrisponde una differenza statisticamente significativa per P≤0,05.
In rows, different letters indicate means significantly different at P<0,05.
Anche nel 2008, la tesi C2V0 ha registrato sia il più basso peso medio bacca che il più basso
peso medio grappolo. Il peso medio grappolo maggiore si è registrato nella tesi C1V2. In
quest‟ultima è stata registrata la più alta produzione ceppo, produzione ettaro e zucchero
ettaro. Risultati simili sono stati osservati nelle tesi C2V1 e C2V2 ad eccezione della
produzione di zucchero ettaro. La minore produzione di uva per ceppo si è riscontrata nella
tesi C1V0. La tesi C2V0 ha riportato la più bassa produzione di zucchero per ettaro.
Parametri analitici - Nella vendemmia 2007, la tesi C1V1 ha registrato il più alto contenuto
in solidi solubili totali (SST). A parità di integrazione del 36% dell‟ETc, la tesi con riduzione
del numero di grappoli per ceppo (C1V2) ha riportato, per il rapporto tra il contenuto in solidi
solubili totali e acidità titolabile (SST/AT), il valore più elevato; la tesi senza riduzione del
numero di grappoli per ceppo (C2V2) ha riportato il valore più basso. Rispetto al 2007, le uve
vendemmiate nel 2008 hanno mostrato, in linea di massima, un maggior livello di
maturazione, come evidenziato dal rapporto SST/AT (Tab. 2). La tesi C1V0 avente la più
bassa produzione di uva per ceppo ha riportato il più alto valore di SST/AT.
94
Tab. 2. Dati analitici rilevati nelle tesi.
Tab. 2. Analitycal parameters measured at harvest time.
Tesi-Theses
C2V0
C1V0
C2V1
C1V1
C2V2
Vendemmia
del 14.09.2007
SST (°Brix)
pH
AT (g/L)
SST/AT
18,0
3,78
4,7
38,6
b
a
b
cd
18,2
3,64
4,7
39,2
b
b
b
bc
19,2
3,62
4,8
39,8
ab
b
b
ab
20,2
3,62
5,3
38,4
a
b
a
cd
18,4
3,62
4,9
37,5
b
b
ab
d
C1V2
18,6
3,77
4,6
40,4
Vendemmia
del 10.09.2008
SST (°Brix)
19,0 d
24,4 a
22,5 bc
21,8 c
22,0 c
23,5
pH
3,53 e
3,87 a
3,66 d
3,78 bc
3,75 c
3,52
AT (g/L)
5,3 b
4,4 d
4,8 c
4,6 cd
4,3 d
6,0
SST/AT
35,6 e
56,0 a
46,6 c
47,5 c
51,3 b
39,2
In riga, a lettere diverse corrisponde una differenza statisticamente significativa per P≤0,05.
In rows, different letters indicate means significantly different at P<0,05.
b
a
b
a
ab
e
a
d
Contenuto polifenolico e forme antocianiche
delle uve Sangiovese n.
500
450
Il contenuto in polifenoli totali, di flavani
400
350
reagenti
alla
vanillina
e
delle
300
250
200
proantocianidine
è
variato
in
maniera
150
100
differente a seconda dell‟annata ed è stato
50
0
maggiore soltanto per le uve vendemmiate
nel 2007.
In particolare la tesi C1V1 ha comportato un
maggior accumulo di composti fenolici. Le
uve vendemmiate nel 2007 hanno riportato
Fig. 1: Forme antocianiche libere presenti nelle uve Sangiovese n. alla
anche una maggiore quantità di antociani
vendemmia. I valori sono espressi in mg/kg di peso di uva fresca.
totali (delfinidina (Df), cianidina (Cy),
Antocianin free forms in Sangiovese n. grapes at the harvest. The values
are expressed in mg/kg fresh grapes weight.
petunidina (Pt), peonidina (Pn), malvidina
(Mv) espresse come somma delle forme
glucosilate non aciliche, cumaroilglucosilate e acetilglucosilate) nelle bucce rispetto alle uve
vendemmiate nel 2008 (Fig. 1). Nella tesi C1V1 si è registrato il contenuto più alto pari a
1.400 mg/kg; le malvidine e le peonidine sono risultate le forme antocianiche maggiormente
presenti. Nel 2008 i valori delle tesi hanno evidenziato che non ci sono state influenze delle
pratiche viticole applicate. In entrambe le annate, le forme glucosidiche non aciliche sono
risultate superiori al 98%.
C2V2
2008
C2V1
C2V0
C2V0
C2V1
C2V2
2007
95
Analisi dei vini - Come ci si aspettava, i vini
ottenuti dalle uve vendemmiate nel 2008
140
hanno riportato una maggiore gradazione
120
100
alcolica rispetto ai vini del 2007 perché
80
60
ottenuti da uve che presentavano una
40
20
maggiore concentrazione in solidi solubili
0
totali.
Nel 2007, i vini ottenuti dalle uve delle tesi
C2V0 e C1V2 hanno registrato il più alto
contenuto in polifenoli totali. Nel 2008 le
differenze tra le tesi sono risultate meno
Fig. 2: Forme antocianiche libere presenti nei vini ottenuti da uve
marcate evidenziando come non siano state
Sangiovese n. I valori sono espressi in mg/l di vino.
Antocianin free forms present in wines made from Sangiovese n. grapes.
influenzate dalle pratiche viticole applicate
The values are expressed in mg/l of wine.
anche se nelle tesi con un leggero deficit
idrico e minor numero di grappoli/ceppo c‟è
stata la tendenza ad un maggior contenuto di polifenoli totali.
In entrambe le annate, i vini derivanti dalla tesi C2V2 hanno riportato il minor contenuto in
polifenoli totali.Sia nel 2007 che nel 2008 i vini ottenuti dalle tesi condotte senza integrazione
dell‟ETc hanno presentato un maggior contenuto in antociani totali (delfinidina (Df),
cianidina (Cy), petunidina (Pt), peonidina (Pn), malvidina (Mv) espresse come somma delle
forme glucosilate non aciliche, cumaroilglucosilate e acetilglucosilate). Anche nei vini le
malvidine sono state le forme antocianiche maggiormente presenti. In entrambe le annate, le
forme glucosidiche non aciliche sono risultate superiori al 98% (Fig. 2).
Dall‟analisi della frazione volatile libera del
vino Sangiovese ottenuto dalle uve
600
vendemmiate nel 2008 emerge come gli
400
alcoli siano stati i composti maggiormente
200
C1V2
C2V2
presenti, seguiti dagli esteri e dagli acidi
0
C1V1
C2V1
C1V0
(Fig. 3). Le pratiche viticole considerate
C2V0
hanno influenzato la qualità delle uve e dei
relativi vini. In particolare, il diradamento
associato a stress idrico (C2V0) sembra
causare un generale miglioramento della
Fig. 3: Distribuzione delle classi di molecole volatili libere (mg/L), nei vini
qualità aromatica dell‟uva che si ripercuote
ottenuti da uve Sangiovese n. vendemmiate nel 2008.
Distribution of free volatile molecules (mg/L) in wines made from
sui vini corrispondenti. I vini derivanti da
Sangiovese n. grapes harvested in 2008.
uve sottoposte a stress idrico hanno
presentato un contenuto in sostanze volatili
del 30% superiore agli altri vini.
C1V2
C1V1
2008
C1V0
C1V0
C1V1
C1V2
2007
Conclusioni
La ricerca biennale sulla risposta del vitigno Sangiovese n. al diradamento dei grappoli e alla
differente integrazione dell‟Etc ha evidenziato un effetto sulla produttività delle piante, sulla
qualità delle uve e di conseguenza dei vini. In entrambe le annate, la tesi C2V0 ha presentato
il più basso peso medio bacca e peso medio grappolo. I valori più alti sono stati invece
registrati nelle tesi i cui grappoli sono stati diradati del 30% (C1V1 e C1V2). Sebbene in
queste tesi sia stata differenziata l‟integrazione dell‟Etc, essa è stata minima (24% ETc contro
36% ETc) e tale da non evidenziare differenze significative tra le tesi per il peso bacca ed il
peso grappolo. La tesi C1V0 ha riportato in entrambe le annate le più basse produzioni di uva
96
per ceppo e di uva per ettaro dovute al minor numero di grappoli per ceppo ed al più basso
peso medio grappolo. In generale le uve vendemmiate nel 2008 hanno presentato un maggior
livello di maturazione rispetto a quelle raccolte nel 2007: ciò ha portato ad una maggiore
gradazione alcolica dei vini. Il contenuto in polifenoli ed antociani totali delle forme libere
delle uve Sangiovese n. è variato in maniera differente a seconda dell‟annata: nel 2007 la tesi
C1V1, caratterizzata da un leggero deficit irriguo in combinazione con il diradamento dei
grappoli, ha riportato il maggior contenuto di composti fenolici e di antociani totali. Nel 2008
le differenze tra le tesi non sono state influenzate dalle pratiche viticole applicate.
Lo stress idrico ha migliorato la qualità dei vini: le tesi senza integrazione dell‟ETc hanno
riportato il più alto contenuto in polifenoli totali ed in antociani dimostrando come il deficit
idrico è uno strumento importante per affinare la qualità delle produzioni pur inducendo
effetti negativi sulla produttività. In generale una migliore qualità fenolica è stata notata nelle
tesi diradate. Inoltre, i vini derivanti da uve sottoposte a stress idrico hanno presentato un
contenuto in sostanze volatili del 30% superiore agli altri vini.
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97
2.14. PROFILO ENZIMATICO DI ALCUNE ACCESSIONI DI POMODORO DA
SERBO COLTIVATE IN SICILIA
ENZYMATIC TRAITS IN SOME LONG STORAGE SICILIAN TOMATO FRUITS
Riccardo N. BARBAGALLO1, Cristina PATANÈ2, Isabella DI SILVESTRO2, Marco CHISARI1
1
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA) - Università di
Catania, Via S. Sofia 98, 95123 Catania (Italia), [email protected]
2
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del
Mediterraneo (ISAFoM) - Str.le V. Lancia, Zona Industriale, Blocco Palma I, 95121 Catania
(Italia), [email protected]
Riassunto
Sono stati valutati 3 genotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe
Borghese'), coltivati “in seccagno” e confrontati con l‟ibrido commerciale 'Brigade‟ di
pomodoro da industria, testando gli enzimi ad azione “elicitaria antiossidante”, ascorbato
perossidasi, catalasi e superossido dismutasi, insieme con il contenuto di vitamina C che
contrasta l‟imbrunimento da polifenolossidasi, nonché le attività pectinmetilesterasi e
poligalatturonasi, responsabili del rammollimento dei frutti. La buona rispondenza tra i
risultati delle attività enzimatiche ed i parametri a supporto, evidenziava il ruolo strategico
dell'indagine enzimatica per la selezione degli ecotipi di pomodoro da serbo presenti in
Sicilia.
Parole chiave: stress irriguo, vitamina C, sistema antiossidante, polifenolossidasi, pectin
metilesterasi, poligalacturonasi
Abstract
The activities of some enzymes with “antioxidant extracting” properties, namely ascorbate
peroxidase (APX, E.C. 1.11.1.11), catalase (CAT, E.C. 1.11.1.6) and superoxide dismutase
(SOD, E.C. 1.15.1.1) were evaluated, together with the vitamin C content that may contribute
to enhance the antioxidant pattern of tomato fruits and act against browning reactions due to
polyphenol oxidase (PPO, E.C. 1.14.18.1) which, together with pectinase, pectin
methylesterase (PME, E.C. 3.1.1.11) and polygalacturonase (PG, EC 3.2.1.15) responsible
for cell wall softening, negatively affect their shelf life. Three different long-storage tomato
genotypes ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese'), were tested in comparison with the
widespread hybrid 'Brigade‟ cultivated in dry conditions in typical semi-arid Mediterranean
environment (Sicily, Italy). The positive compliance between results of enzymes activities and
the parameters evidenced the strategic role of enzymatic investigation which could represent
a useful tool for the selection of long-storage tomato ecotypes present in Sicily, much
requested by the market due to their storage properties and nutraceutical quality.
Keywords: water stress, vitamin C, antioxidative system, polyphenol oxidase, pectin
methylesterase, polygalacturonase
Introduzione
La salvaguardia e la valorizzazione di ecotipi caratterizzati da una elevata concentrazione di
molecole ad acclarato effetto nutraceutico (Pernice et al., 2010) e da una prolungata
conservabilità nel tempo, rappresentano le principali tendenze attuali della ricerca sul
98
pomodoro (Lycopersicum esculentum Mill.). In particolare, l'individuazione e la
quantificazione di enzimi endogeni possono rappresentare degli strumenti per la valutazione
del prodotto conservato dopo la raccolta e/o trasformato. Infatti, alcune attività enzimatiche
costituiscono dei potenziali indici di degradazione dei frutti, mentre altre contribuiscono,
insieme a composti chimici ad effetto nutraceutico (la vitamina C, ad esempio), a contrastarne
la perdita di qualità. Nell‟ambito delle prime, un ruolo rilevante svolgono gli enzimi
intracellulari degradativi, polifenolossidasi (PPO, E.C. 1.14.18.1), pectinmetilesterasi (PE,
E.C. 3.1.1.11) e poligalatturonasi (PG, E.C. 3.2.1.15) (Barbagallo et al., 2009), mentre tra le
seconde, ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11), catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6) e
superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1), contribuiscono al potenziamento del “sistema
elicitario antiossidante” dei frutti (Vranová et al., 2002).
Nella presente ricerca sono stati testati per le citate attività enzimatiche 3 genotipi di
pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese'), posti a confronto con
l‟ibrido commerciale da industria „Brigade‟ e coltivati “in seccagno”, in un ambiente
tipicamente semi-arido della Sicilia, in cui la ridotta disponibilità di acqua svolge un positivo
ruolo nell‟attivazione di meccanismi di difesa (Barbagallo et al., 2008; Patané e Cosentino,
2010).
Materiali e metodi
Esperimenti in campo - La Sede di Catania del CNR-ISAFoM ha in atto una collezione di
ecotipi di pomodoro da serbo, reperiti in aree diverse del Meridione d‟Italia, sui quali è in
itinere una intensa attività di ricerca rivolta alla caratterizzazione fisiologica, agronomica,
produttiva e qualitativa finalizzata ad una loro classificazione e ad una selezione dei tipi più
interessanti. Le prove sono state condotte presso l‟Azienda Sperimentale della Facoltà di
Agraria di Catania, impiegando 3 genotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi',
'Principe Borghese') posti a confronto con l‟ibrido commerciale da industria 'Brigade‟
(Asgrow Italia Vegetable Seeds, Italia), coltivati “in seccagno” (irrigazione soltanto al
trapianto, circa 400 m3/ha), in un ambiente della piana di Catania. Il trapianto in pieno campo
è avvenuto il 23 Aprile 2010 e la raccolta eseguita il 14 Luglio, allorché i frutti si
presentavano maturi su oltre il 90% della parcella. Trenta pomodori per replica sono stati
scelti a random, lavati con acqua di rubinetto per eliminare le impurità presenti, poi con acqua
distillata e lasciati asciugare. Su tre pomodori per replica è stato valutato l‟indice di
consistenza, mediante penetrometro (Bertuzzi FT011, Alfonsine, Italia) ed espresso in kg/cm2.
La restante parte dei frutti è stata omogeneizzata in Ultraturrax T25 (Janke & Kunkel,
Staufen, Germania) in bagno di ghiaccio per 3 min e utilizzata per le determinazioni dei
componenti antiossidanti e delle attività enzimatiche.
Determinazione della Vitamina C - Acido ascorbico e deidroascobico sono stati determinati
secondo il metodo riportato da Kampfenkel et al. (1995) a partire da una sospensione
omogeneizzata (0.1 g) impiegando 60 g kg-1 di acido metafosforico ed effettuando le misure
spettrofotometriche a 525 nm. Il saggio si basa sulla riduzione da parte dell‟acido ascorbico
del Fe3+ a Fe2+ e sulla misura spettrofotometrica del Fe2+ complessato con 2,2‟-dipiridile.
L‟acido deidroascorbico è ridotto ad acido ascorbico per preincubazione del campione con
ditiotreitolo (DTT) e l‟eccesso rimosso con N-etilmaleimide. Il contenuto totale di vitamina C
è stato calcolato come somma del contenuto di acido ascorbico e deidroascorbico ed espresso
in mg kg-1 di sostanza fresca (s.f.).
Determinazione degli enzimi degradativi (PME, PG, PPO) - Gli enzimi degradativi
pectinmetilesterasi (PME, E.C. 3.1.1.11), poligalatturonasi (PG, EC 3.2.1.15) sono stati
estratti secondo il metodo proposto da Stevens et al. (2004) opportunamente modificato.
99
Un‟aliquota di omogeneizzato di pomodoro (10 g) è stato addizionato con 50 mL di soluzione
estraente (0.1 mol L-1 di sodio acetato, 1.3 mol L-1 di NaCl and 40 mmol L-1 di 2mercaptoetanolo a pH 7). La miscela è stata omogeneizzata in Ultraturrax T25 per 10 minuti e
centrifugata a 12.000 x g per 20 min at 4 °C. Il surnatante è stato filtrato sottovuoto e
utilizzato come estratto enzimatico.
Pectinmetilesterasi (PME, E.C. 3.1.1.11). È stata saggiata in accordo al metodo proposto da
Fachin et al. (2002) ed espressa in unità (U), definite in μmoli di acido rilasciati al min a 22
°C per kg di prodotto fresco.
Poligalatturonasi (PG, E.C. 3.2.1.15). Il saggio si basa sul rilascio dei gruppi riducenti
prodotti dall‟enzima, secondo il metodo proposto da Gross (1982). L'attività enzimatica (U) è
stata espressa in μmoli di equivalenti di acido D-galatturonico ridotti al min a 25 °C per kg di
prodotto fresco.
Polifenolossidasi (PPO, E.C. 1.14.18.1). L‟attività catecolasica dell‟enzima è stata estratta da
20 g di omogeneizzato a cui sono stati aggiunti a 40 mL di acetone a freddo (-20 °C)
continuamente sotto agitazione per 10 min. La miscela è stata filtrata sottovuoto in imbuto
separatore e la polvere acetonica ottenuta, raccolta e sospesa in 30 mL di tampone citratefosfato 0.1 mol L-1 a pH 7.5, mantenuta “over-night” a 4 °C prima di essere nuovamente
filtrata. La soluzione limpida è stata poi ultrafiltrata in cella equipaggiata di membrana da 50
kDa (Millipore, Milano, Italia) e utilizzata come estratto enzimatico. Il saggio è stato condotto
spettrofotometricamente a 505 nm impiegando acido 3,4-diidrossifenilacetico DOPAC come
substrato e MBTH (3-metil-2-benzotiazolinone idrazone) come agente cromoforo, secondo il
metodo proposto da Spagna et al. (2005). Una unità di attività (U) è definita come la quantità
di enzima che produce un incremento di assorbanza pari a 0.001 al min a 25 °C nelle
condizioni sopra descritte. I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco.
Determinazione degli enzimi antiossidanti (APX, CAT, SOD) - L‟estrazione dei tre enzimi
antiossidanti, ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11), catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6) e
superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1) è stata condotta ponendo a contatto un‟aliquota di
omogeneizzato di pomodoro (1 g) con 10 mL di etanolo assoluto freddo per 30 min. La
sospensione è stata centrifugata a 10.000 x g a 4 °C e il surnatante scartato. L‟estrazione in
etanolo è stata ripetuta due volte. Il pellet è stato in seguito sospeso in 3 mL di tampone
sodio-fosfato 50 mmol L-1 a pH 7.0 contenente 0.1 mL di acido etilendiamminotetracetico
(EDTA) e 3% di polivinilpirrolidone (p/v). Dopo centrifugazione a 10.000 x g per 20 min a 4
°C, i surnatanti sono stati raccolti e utilizzati per i successivi saggi enzimatici.
Ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11). L‟attività enzimatica è stata saggiata
registrando per via spettrofotometrica la diminuzione del contenuto in ascorbato a 290 nm,
secondo il metodo proposto da Ushimaru et al. (1997). Una unità enzimatica (U) è definita
come la quantità di enzima in grado di ossidare 1 μmol di ascorbato al minuto a 20 °C. I
risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco.
Superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1). L‟attività enzimatica è stata saggiata misurando
la sua capacità ad inibire la fotoriduzione del blu di tetrazolio (NBT), incolore, in formazano
di colore blu, in accordo al metodo proposto da Masia (1998). Una unità enzimatica (U) è
definita come la quantità di enzima in grado di inibire il 50% di fotoriduzione dell‟NBT a 560
nm. I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco.
Catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6). L‟attività enzimatica è stata saggiata misurando per via
spettrofotometrica la decomposizione di H2O2, in seguito all‟azione dell‟enzima, mediante
diminuzione dell‟assorbanza a 240 nm, in accordo al metodo proposto da Aebi (1984). Una
unità enzimatica (U) è definita come la quantità di enzima in grado di decomporre 1 μmol di
H2O2 al minuto. Per evitare una rapida diminuzione della velocità iniziale della reazione, il
100
saggio è stato condotto usando basse concentrazioni di H2O2 (< 0.05 M). I risultati sono stati
espressi in U kg-1 di peso fresco.
Reagenti - Reagenti e solventi erano di grado analitico ed acquistati presso Sigma-FlukaAldrich Chemicals Co. (Milan, Italy).
Analisi statistica - I dati sono stati analizzati statisticamente mediante analisi della varianza a
1 via (ANOVA) utilizzando CoStat version 6.003 (CoHort Software). Le differenze tra le
medie sono state valutate ai fini della significatività applicando il test di Tukey-Kramer.
Risultati e discussione
Vitamina C - I pomodori testati si sono caratterizzati per elevati livelli vitamina C (Tab. 1), in
grado di conferire ai frutti un‟azione bioprotettiva nei confronti dell‟insorgenza di patologie
legate a processi degenerativi (Pernice et al., 2010). In dettaglio, i tre ecotipi di pomodoro da
serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese') posti a confronto con l‟ibrido
commerciale da industria 'Brigade‟, hanno mostrato una concentrazione significativamente
più elevata di vitamina C. Come noto, la vitamina C può prevenire i danni ossidativi dei frutti
prolungandone la shelf life (Slimestad e Verheul, 2009). Dumas et al. (2003) hanno inoltre
riportato come il contenuto di vitamina C può essere potenziato da una limitata disponibilità
irrigua, benché tale effetto sia anche cultivar-dipendente.
Attività degli enzimi degradativi (PME, PG, PPO) - Gli enzimi degradativi PME e PG sono i
principali responsabili della perdita di turgore delle bacche di pomodoro (softening), a seguito
di fenomeni di autolisi delle cellule e decompartimentalizzazione di alcuni componenti
cellulari delle pareti, le sostanze pectiche che sono i loro costituenti principali (Barbagallo et
al., 2009). Si ritiene tuttavia che ciò avvenga soprattutto in post-raccolta (Chung et al., 2006),
con la PME che innesca la degradazione della parete cellulare e le PG che in successione
agiscono con azione depolimerizzante sulla lamella mediana (Abeles e Takeda, 1990). Le
attività PME e PG sono risultate significativamente più elevate nell‟ecotipo „Filicudi‟, in
accordo con i modesti valori di resistenza allo schiacciamento riscontrati, presentando una
maggiore suscettibilità al rammollimento rispetto agli altri pomodori testati (Tab. 2). Gli
ecotipi „Montallegro‟ e „Principe Borghese‟, caratterizzati da attività PME e PG intermedie
hanno mostrato una consistenza dei frutti maggiore rispetto a „Filicudi‟. Il testimone
„Brigade‟, pur presentando attività pectinasiche elevate, per quanto inferiori rispetto a
„Filicudi‟, si è distinto per la notevole consistenza dei frutti, come probabile risultato del
programma di miglioramento genetico a cui è stato sottoposto, rivolto ad una minore
incidenza di altre attività degradative correlabili con la perdita di consistenza quali, ad
esempio, cellulasi delle pareti cellulari. Di norma la coltivazione in condizioni di stress
irriguo determina un effetto positivo sulla consistenza dei frutti, associata ad una diminuzione
del turgore interno delle bacche e conseguentemente ad una pressione inferiore sulle pareti
cellulari, caratterizzate da una maggiore elasticità epidermica (Guichard et al., 2011).
L‟attività polifenolossidasica è risultata elevata in „Principe Borghese‟ e „Montallegro e più
contenuta nell‟ecotipo „Filicudi‟ e nel testimone „Brigade‟. Tale enzima svolge un‟azione
negativa nei confronti della stabilità dei polifenoli che consiste nella idrossilazione dei
monofenoli a o-difenoli (attività cresolasica) e nell‟ossidazione degli o-difenoli ai
correspondienti o-chinoni (attività catecolasica) che sono i principali prodotti della reazione.
Gli o-chinoni sono altamente reattivi per cui possono subire polimerizzazione radicalica che
ha come risultato la formazione di colorazioni indesiderate dei frutti (browning) e la perdita
del valore nutrizionale per il coinvolgimento nelle reazioni di proteine e alcuni amminoacidi
(Barbagallo et al., 2009).
101
Attività degli enzimi antiossidanti (APX, CAT, SOD) - È stato accertato il ruolo delle AOS
(active oxygen species), e in particolare dell‟ H2O2, nell‟attivazione delle risposte di difesa a
stress abiotici e biotici, benché i dettagli dei segnali di trasduzione che mediano le risposte di
difesa rimangano ancora poco chiari (Vranová et al., 2002). Quando l‟accumulo delle AOS
supera la capacità del “sistema antiossidante” endogeno del vegetale di rimuoverle, insorge il
danno ossidativo che può colpire il sistema delle membrane cellulari. Contenuti idrici molto
bassi agiscono come molecole segnale che attivano le risposte di difesa con un incremento
degli enzimi ad azione antiossidante. Il sistema ad azione protettiva include superossido
dismutasi, in grado di eliminare molto efficacemente O2- catalizzando la reazione di
dismutazione di tale radicale anionico a O2 e H2O2; catalasi, che eliminano H2O2 generato
dalle ossidasi, nonché ascorbato perossidasi, uno degli enzimi del ciclo ascorbato-glutatione,
anch‟esso coinvolto nella detossificazione da H2O2, ma piuttosto labile ed inattivato ad alte
concentrazioni di perossido. Il coinvolgimento e il ruolo di tali enzimi nella protezione contro
lo stress ossidativo sono stati dimostrati in piante transgeniche che esprimono livelli maggiori
di alcuni essi (Allen et al., 1997). Il testimone „Brigade‟ ha mostrato una maggiore
concentrazione di APX e SOD. L‟attività CAT non si è distinta tra „Brigade‟, „Filicudi‟ e
„Principe Borghese‟, mentre l‟ecotipo „Montallegro‟ ha mostrato una maggiore
concentrazione dei 3 enzimi elicitari antiossidanti (Tab. 3). È ipotizzabile che la maggiore
concentrazione degli enzimi antiossidanti nel testimone „Brigade‟ rispetto agli altri campioni
testati possa giocare un ruolo finora sottovalutato nella definizione dell‟equilibrio dinamico
fra componenti ad azione antiossidante e attività PPO. Ciò risulta nel genotipo „Filicudi‟ che
ha presentato una bassa attività PPO, in accordo con l‟elevata concentrazione dei tre enzimi
antiossidanti e la più elevata concentrazione di vitamina C. La cultivar „Principe Borghese‟ e
soprattutto l‟ecotipo „Montallegro‟, caratterizzati da una minore disponibilità degli enzimi
antiossidanti, hanno mostrato una potenziale maggiore tendenza all‟imbrunimento,
presumibilmente manifesta qualora i frutti siano sottoposti a danni di diversa natura (es.
produzione fresh-cut).
Conclusioni
L‟indagine su alcune accessioni di pomodoro da serbo coltivate in condizioni di spinto deficit
idrico del terreno, ha evidenziato il ruolo strategico dell'indagine enzimatica nella selezione
di tali produzioni per le quali il mercato manifesta un crescente interesse dovuto alla loro
elevata qualità nutraceutica e prolungata shelf life. Tali caratteristiche dipendono, oltre che da
un elevato contenuto di componenti chimici nutraceutici, anche dal livello di alcune attività
enzimatiche (APX, CAT, SOD) ad azione elicitaria antiossidante, antagoniste dell‟azione
della PPO responsabile del browning dei frutti. Anche i valori dell‟indice di consistenza dei
frutti hanno trovato un ottimo riscontro nella concentrazione di due attività enzimatiche
degradative, PME e PG responsabili del softening dei frutti. In particolare, il testimone
„Brigade‟ ha mostrato un elevato standard qualitativo per l‟elevata resistenza al
rammollimento e all‟imbrunimento. L‟ecotipo „Filicudi‟ sembrerebbe particolarmente adatto
alla trasformazione industriale per la minore suscettibilità all‟imbrunimento e la maggiore
tendenza alla depolimerizzazione.
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103
Tab.1. Contenuto di vitamina C e consistenza delle bacche.
Tab. 1. Vitamin C content and fruit firmness.
Montallegro
Vitamina C
(mg kg-1 s.f.)
585.0 c
Vitamina C
(mg kg-1 s.f.)
585.0 c
Filicudi
742.0 a
742.0 a
Principe Borghese
601.0 b
601.0 b
Brigade
417.1 d
417.1 d
Significatività
***
***
Cultivar
I valori indicano la media di 3 repliche. **, *** significativo rispettivamente per P ≤ 0.01 e 0.001.
Tab. 2. Attività enzimatiche degradative, PME (pectinmetilesterasi), PG (poligalatturonasi) e PPO
(polifenolossidasi).
Tab. 2. Enzyme activities, pectin methylesterase (PME), polygalacturonase (PG) and polyphenol
oxidase (PPO).
Cultivar
PME
(U kg-1 s.f.)
PG
(U kg-1 s.f.)
Montallegro
54.8 c
531.6 c
PPO
(U kg-1 s.f.)
substrato L-DOPA
50.5 a
Filicudi
99.4 a
871.5 a
33.6 c
Principe Borghese
58.9 c
463.6 d
51.8 a
Brigade
73.4 b
678.2 b
36.3 b
Significatività
***
***
***
I valori indicano la media di 3 repliche. *** significativo per P ≤ 0.001.
104
Tab. 3. Attività enzimatiche, APX (ascorbato perossidasi), catalasi (CAT) e superossido dismutasi
(SOD).
Tab. 3. Enzyme activities, ascorbate peroxidase (APX), catalase (CAT) e superoxide dismutase
(SOD).
Montallegro
APX
(U kg-1 s.f.)
159.0 d
CAT
(U kg-1 s.f.)
190.7 b
SOD
(U kg-1 s.f.)
452.0 c
Filicudi
181.1 b
222.8 a
592.1 b
Principe Borghese
170.3 c
226.0 a
587.1 b
Brigade
197.2 a
217.4 a
612.8 a
Significatività
***
***
***
Cultivar
I valori indicano la media di 3 repliche. *** significativo per P ≤ 0.001.
105
2.15. CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL PECORINO DI LATICAUDA A
DIVERSI PERIODI DI MATURAZIONE
SENSORIAL CHARACTERISTICS OF LATICAUDA CHEESE AT DIFFERENT AGING PERIODS
Carmela Maria Assunta BARONE1, Roberto DI MATTEO1, Antonio COPPOLA1, Antonio
ZULLO1, Filomena INGLESE2
1
DiSSPAPA-Facoltà Agraria-Università degli Studi di Napoli Federico II -80055 Portici,
Napoli, Italia
2
ConSDABI- Sub National Focal Point italiano FAO - Biodiversità mediterranea, Contrada
Piano Cappelle, 82100 Benevento, Italia, [email protected]
Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
In Campania gli ovini di razza Laticauda sono circa 3550, distribuiti in allevamenti di ridotta
consistenza (mediamente 20 capi). Il latte prodotto viene destinato alla caseificazione e il
relativo formaggio è commercializzato a diversi periodi di maturazione (da 3 a 15 mesi)
riscontrando il gradimento di molti consumatori. Come è ben noto, le caratteristiche sensoriali
di un formaggio evolvono con la maturazione; la diminuzione dell‟umidità e
l‟intensificazione della proteolisi e della lipolisi, con il progredire della stagionatura,
modificano complessivamente la tessitura del prodotto, migliorandone, in alcuni casi, le
caratteristiche organolettiche. Nel caso di prodotti non caratterizzati da marchi di origine, le
caratteristiche sensoriali mostrano un‟ampia variabilità legata al bioterritorio di produzione e
alle fasi del diagramma di flusso non standardizzate. Al fine di contribuire alla individuazione
del periodo ottimale di maturazione e alla definizione di un disciplinare di tipicità del
pecorino di Laticauda, sono state valutate le caratteristiche sensoriali del prodotto a 4 periodi
di stagionatura: 3-9-12-15 mesi. I formaggi sono stati ottenuti dal latte di 30 pecore munte
meccanicamente; sia la caseificazione che la stagionatura sono state effettuate presso la stessa
azienda, la quale alleva circa 300 ovini. Una giuria di degustazione, costituita da 8
assaggiatori addestrati, ha valutato su scala strutturata le caratteristiche della pasta (colore,
dimensione dell‟occhiatura, consistenza al tatto) e gli indicatori olfattivi (odore pungente,
stagionato, acido) e gustativi (dolce, salato, amaro, acido, piccante) di 20 forme.
Dalla elaborazione statistica (ANOVA) sono risultati significativi: (a) il fattore giudice per
tutti i parametri considerati; (b) il periodo di maturazione per il colore della pasta (P<0.001),
più scura a 12 mesi, per l'odore e la persistenza del gusto, entrambi più accentuati a 12 mesi
(P<0,05-0,01). Il pecorino di 3 e 9 mesi è risultato equilibrato per i sentori di acido e di
amaro, con un gusto meno persistente, rispetto al valore assegnato al formaggio di 12 mesi.
Complessivamente, ovvero come accettabilità globale, il panel di valutazione non ha
individuato differenze significative tra i diversi periodi, pur dando al pecorino di 12 mesi il
miglior punteggio.
Parole chiave: formaggio, analisi sensoriale, laticauda, stagionatura
Abstract
In Campania region Laticauda sheep breed are about 3550, distributed in small farms
(average 20 units). The milk produced is used to make cheese that is sold at different aging
periods (from 3 to 15 months) meeting consumer‟s satisfaction. As is well known, the sensory
characteristics of cheese evolve with the maturation; the decrease of humidity and
106
intensification of proteolysis and lipolysis, with the progress of the aging, change the overall
texture of the product, improving, in some cases, organoleptic characteristics. In the case of
products not characterized by protected designation of origin (PDO) marks the sensory
characteristics show a large variability due to “bio-land” production and to not standardized
phases of the flowchart. In order to contribute to the identification of the optimal period of
maturation and the definition of a specification of the typical Laticauda cheese, we evaluated
the sensory characteristics of the product to 3-9-12-15 months of aging. The cheeses were
obtained from 30 ewes milked mechanically; both the cheese making and ripening were
obtained on the same farm, which rears about 300 sheep. The sensory evaluation was carried
out with a panel of 8 trained assessors that evaluated the characteristics of the dough (color,
hole size, texture to the touch) and olfactory (pungent, cheese, sour) and taste (sweet, salty,
bitter, sour, spicy) indicators of 20 cheese forms.
Statistical analysis (ANOVA) shows significant effect for: (a) factor judge for all parameters,
(b) aging period for the color of the dough (P <0.001), darker at12 months, for the
persistence of odor and taste, both more pronounced at 12 months (P <0.05 to 0.01). The
cheese aged 3 and 9 months was balanced by hints of sour and bitter taste with less persistent
than the value assigned to the cheese of 12 months. Overall, the evaluation panel did not
identify significant differences in acceptability between considered periods, while giving the
cheese of 12 months the best score.
Keywords: cheese, sensory evaluation, laticauda, aging
Introduzione
Il pecorino di razza Laticauda in Campania è commercializzato a diversi periodi di
maturazione (da 3 a 15 mesi) riscontrando il gradimento di molti consumatori. È un prodotto
le cui proprietà sensoriali evidenziano un‟ampia variabilità legata al bioterritorio di
produzione e alle diverse fasi non standardizzate del processo produttivo e che evolvono con
la maturazione; la diminuzione dell‟umidità e l‟intensificazione della proteolisi e della
lipolisi, con il progredire della maturazione, modificano complessivamente il prodotto
(Irigoyen et al., 2001), migliorandone, in alcuni casi, le caratteristiche organolettiche.
Come è noto, qualsiasi prodotto, soprattutto se di nicchia, per poter essere accettato e
valorizzato deve essere disciplinato in base a norme ben precise e per poterlo fare è necessaria
un‟approfondita conoscenza delle sue caratteristiche organolettiche.
L‟analisi sensoriale è impiegata per misurare, analizzare ed interpretare la qualità percepita di
un alimento da parte del consumatore, concetto dinamico nel tempo e nello spazio. Se è vero
che le proprietà reologiche possono essere valutate strumentalmente, attraverso metodi di
compressione (singola o doppia), di compressione-penetrazione, di compressionerilassamento e di compressione-taglio-estrusione, il giudizio fornito dall‟uomo, pur essendo
soggettivo, è più completo e complesso, rispetto a quello della macchina.
La consistenza di un formaggio per esempio, che è un elemento di primaria importanza per il
regolare svolgimento del processo di maturazione, è anche un parametro determinante nella
formulazione del giudizio di qualità da parte del consumatore che esso valuta attraverso la
sensazione percepita durante la masticazione.
Al fine di contribuire alla individuazione del periodo ottimale di maturazione del pecorino di
Laticauda e giungere alla definizione di un disciplinare di tipicità dello stesso, sono state
intraprese attività di ricerca specifiche. In questo articolo sono presentati i risultati relativi
alle caratteristiche sensoriali del prodotto a 4 periodi di stagionatura: 3-9-12-15 mesi.
107
Materiali e metodi
La caseificazione e la stagionatura del formaggio sono state effettuate presso un‟unica
azienda, la quale alleva circa 300 ovini. I formaggi sono stati ottenuti dal latte di massa di 30
pecore, munte meccanicamente, unendo il latte della sera e quello della mattina successiva. Le
pecore, dopo la mungitura del mattino, venivano portate al pascolo per ritornare all‟ovile il
tardo pomeriggio per la seconda mungitura. Le caseificazioni sono state effettuate nei mesi di
giugno (5 caseificazioni a distanza di 2-3 giorni) e luglio (4 caseificazioni). Alla fine del
periodo di stagionatura, 3-9-12-15 mesi, da ciascuna delle 20 forme in esperimento sono stati
preparati i campioni per la valutazione sensoriale e strumentale (colore e compressione). La
giuria di degustazione, costituita da 8 giudici addestrati, ha valutato su una scala strutturata le
caratteristiche della pasta (colore, dimensione dell‟occhiatura, consistenza al tatto) e gli
indicatori olfattivi (odore pungente, stagionato, acido) e gustativi (dolce, salato, amaro, acido,
piccante) su 3 campioni per ogni forma.
I dati sono stati elaborati con procedura GLM (SAS, 2002) utilizzando un modello di
ANOVA in cui il giudice e il periodo di maturazione sono stati considerati fattori fissi. La
significatività dei confronti tra le medie stimate è stata valutata con il t di Student.
Risultati e discussione
Il latte utilizzato per le caseificazioni è risultato avere mediamente l‟8.29% di grasso, il 6,70
% di proteine e il 4,19% di lattosio. Tale composizione chimica evidenzia, rispetto a quanto
rilevato da Matassino e Zullo (1991) sulla stessa razza, un maggior contenuto proteico
(+1.3%) e una percentuale lipidica simile
(-0,3%).
I risultati della ANOVA hanno evidenziato la significatività del fattore giudice per tutti i
parametri considerati e del periodo di maturazione per il colore della pasta (P<0,001), più
scura a 12 mesi, nonché per l'odore e la persistenza del gusto, entrambi più accentuati a 12
mesi (P<0,05-0,01) (Fig. 1 e Tab. 1).
Il pecorino fresco di 3 mesi e quello stagionato 9 mesi sono risultati equilibrati per i sentori di
acido e di amaro e con un gusto meno persistente, rispetto al formaggio maturato 12 mesi.
Complessivamente, ovvero come accettabilità globale, il panel di valutazione non ha
individuato differenze significative tra i diversi periodi, pur assegnando al pecorino di 12 mesi
il miglior punteggio.
In una precedente sperimentazione, sempre su pecorino di Laticauda (dati non pubblicati), la
valutazione strumentale dei parametri colorimetrici e reologici ha evidenziato che da 3 a 9
mesi aumenta l‟indice del giallo (b*) mentre diminuiscono durezza, gommosità e
masticabilità; da 9 a 12 mesi aumenta significativamente (P<0,05) la masticabilità e restano
invarianti i parametri colorimetrici. Alla luce dei risultati ottenuti si può concludere che non
conviene prolungare la stagionatura oltre i 12 mesi in quanto le caratteristiche sensoriali non
migliorano e già dopo 9 mesi il pecorino manifesta buoni caratteri organolettici.
Bibliografia
IRIGOYEN A., IZCO J.M., IBANEZ F.C., TORRE P., 2001. Influence of rennet milk
clotting activity on the proteolitic and sensory characteristics of an ovine cheese. Food
Chemistry, 72: 137-144.
MATASSINO D., ZULLO A., 1991. Alcuni risultati preliminari conseguiti dal primo
programma di selezione della Laticauda. In: Atti Conv. Valorizzazione e miglioramento
della razza ovina Laticauda. Benevento, Dicembre 1991.
SAS/STAT, 2002. User‟s guide: Statistic. Version 9.1 Edition. SAS Inst. Inc., Ary, NC, USA.
108
Fig 1. Profilo sensoriale dei formaggi ai diversi periodi di stagionatura (*P < 0,05, **P < 0,01, ***P <
0,001).
Fig. 2. Quantitative sensory profile of the cheeses at different aging periods (*P < 0.05, **P < 0.01,
***P < 0.001).
109
Tab. 1. Significatività delle differenze fra periodi di stagionatura (*=P<0,05; **=P<0,01;
***=P<0,001)
Tab. 1. Significance of comparison between aging periods (*P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001).
110
2.16. RECUPERO E VALORIZZAZIONE DI VARIETÀ DI FRUTTIFERI E USI
TRADIZIONALI NELL’APPENNINO REGGIANO
RECOVERY AND EXPLOTATION OF FRUIT TREE CULTIVARS AND TRADITIONAL USES IN
THE REGGIO EMILIA APPENNINES
Cristina BIGNAMI1-2, Alberto BARONI1, Cristina BARBIERI1, Serena Anna IMAZIO1-2,
Giuseppe MONTEVECCHI2
1
Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Scienze della Vita, Via Amendola,
2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia.
2
Università di Modena e Reggio Emilia - Centro Interdipartimentale BIOGEST -SITEIA, Via
Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia
E-mail: [email protected]
Riassunto
Nelle aree collinari e montane della provincia di Reggio Emilia, la riscoperta del “savurett”,
una tradizionale confettura ottenuta da antiche varietà locali, rappresenta un caso di
valorizzazione di risorse genetiche a rischio, che può contribuire alla loro salvaguardia e al
miglioramento dell‟economia locale.
La disponibilità di materia prima e la conoscenza delle sue caratteristiche sono fattori
determinanti per garantire continuità di produzione e peculiarità qualitative del prodotto. Dal
2010 è stata quindi avviata un‟indagine su presenza, condizioni delle piante, caratteri
pomologici e qualitativi del frutto e usi tradizionali di varietà di pero e melo da “savurett”. Le
principali varietà impiegate, secondo ricette variabili da zona a zona in dipendenza dei frutti
disponibili, sono le pere Spalèr, Nobile (Baraban), ingredienti fondamentali del savurett di
Carpineti, e, talora, Aval, Trentonce, Fradel; le mele Campanino, Ferro, Limone. Le indagini
hanno evidenziato che per alcune varietà (Spalèr, Aval, Nobile) sono presenti piante sparse,
spesso in condizioni precarie e poco favorevoli ad un‟agevole gestione della produzione e
della raccolta. Di recente sono stati effettuati nuovi impianti di limitata estensione. Altre
varietà sono rare (Trentonce, Fradel, tra le pere; Limone, tra le mele). Le varietà utilizzate
sono a maturazione invernale e con caratteristiche di elevata serbevolezza. Per il pero, la
consistenza e presenza di sclereidi le rende utilizzabili prevalentemente o esclusivamente per
la cottura. L‟analisi dei frutti campionati ha rivelato notevoli differenze tra varietà, come
l‟elevato grado zuccherino di Spalér e Nobile, l‟acidità molto bassa e l‟elevata consistenza
della polpa della pera Nobile.
Parole chiave: Pyrus communis L., Malus domestica Borkh, savurett, zuccheri, acidi organic
Abstract
In mountainous and hilly areas of Reggio Emilia province, the rediscovery of “savurett”, a
traditional confiture obtained by old local cultivars (cvs), represents an example of
exploitation of threatened genetic resources, which can contribute to their safeguard and to
the enhancement of local economy.
Availability and characterization of the raw material are important to ensure continuity in
production and product quality. From 2010, an investigation on pear and apple cvs once used
to make “savurett” has started. The presence and conditions of trees and the fruit traits and
quality have been considered. Different cvs are used, depending on area of production and
fruit availability. Main ingredients are the pears cv Spalér and Nobile (Baraban); sometimes
111
other pear (Aval, Trentonce, Fradel) and apple (Campanino, Ferro, Limone) are used.
Surveys showed the presence of some cv (Spalèr, Aval, Nobile) as sparse plants, sometimes
very old and difficult to harvest. Recently new small orchards have been established. Other
cvs are more rare (Trentonce, Fradel, among pears, Limone, among apples). These are late
ripening cvs with long storability. The hardness and the graininess of the pulp make these
pears mainly or exclusively suitable for cooking. Fruit analysis revealed the high sugar
content of Spalér and Nobile, and the low acidity and high pulp hardness of Nobile.
Keywords: Pyrus communis L., Malus domestica Borkh, savurett, sugars, organic acids
Introduzione
Le iniziative di valorizzazione di vecchie varietà locali da frutto e dei prodotti derivati
possono contribuire, se oculatamente gestite, a garantirne la sopravvivenza, con ricadute
positive sulle economie locali, sulla conservazione degli agroecosistemi e sulla salvaguardia
di risorse genetiche a rischio.
Il territorio reggiano conserva in molte aree caratteri di tradizionalità del paesaggio rurale e
usi alimentari che si basano su materie prime locali. Nelle aree montane della provincia, un
caso rappresentativo è costituito dal “savurett”, un concentrato di frutta prodotto da secoli
nelle montagne reggiane, che è da qualche anno oggetto di valorizzazione ed è stato
recentemente inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali dell‟Emilia Romagna
riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Le pere ne sono
l‟ingrediente principale e tra le varietà locali di pero cui il disciplinare di produzione fa
riferimento vengono citati Pèr Spalèr, Pèr Nobel o Baraban, Pèr Aval e “altre varietà
autoctone della Provincia di Reggio Emilia” (Con, 2011). Per quanto riguarda le mele, il
disciplinare fa riferimento a mele autoctone quali Campanina, Sangue di Bue, Ferro. Non
viene esclusa la possibilità di utilizzare varietà cosmopolite come Passa Crassana, per il pero,
e Abbondanza, per il melo, come effettuato localmente nei decenni passati. Per quanto
riguarda le varietà locali, tuttavia, la conoscenza sulle caratteristiche e sulla disponibilità di
frutti sono carenti. Questa base di informazioni è indispensabile per la produzione e la
riproposta di prodotti tradizionali poco noti, in quanto dalla disponibilità di materia prima e
dalla conoscenza delle sue caratteristiche dipende la possibilità di produrre con sufficiente
continuità negli anni e una buona costanza delle peculiarità qualitative del prodotto finale. Per
questo motivo, nell‟ambito di progetti indirizzati al reperimento, alla caratterizzazione e alla
valorizzazione di varietà da frutto della provincia di Reggio Emilia è stata avviata una
indagine sugli usi tradizionali, sulla presenza, distribuzione e stato di conservazione delle
piante e sulle caratteristiche pomologiche e qualitative del frutto di varietà di pero e melo
dell‟area collinare e di media montagna dove il “savurett” viene prodotto. In questo lavoro
sono riportati i primi risultati relativi alla attività di reperimento e alle caratteristiche delle
principali varietà di pero e melo impiegati per questo prodotto, oltre a quelle di alcune varietà
utilizzate più raramente.
Materiali e metodi
Le indagini sono state condotte nel 2010 e 2011 e sono tuttora in corso. Sono stati effettuati
sopralluoghi nei territori collinari e montani della provincia di Reggio Emilia e interpellati
conoscitori e proprietari delle piante segnalate o individuate per acquisire notizie sulle
denominazioni varietali, sulla loro storia e sull‟uso del frutto. È stata quindi avviata la
caratterizzazione in situ e il prelievo di campioni di frutti per l‟analisi delle caratteristiche
pomologiche e compositive. In questa nota si riportano, con diverso grado di
112
approfondimento, i risultati relativi alle varietà di pero Spalér, Nobile e Aval e di melo
Campanino, Melo ferro, Mela francese, Rosone e Limone. Della pera Nobile sono state
esaminate tre accessioni, provenienti da diverse località e prodotte in diverse condizioni
colturali: Nobile F, coltivata in frutteto familiare in area collinare; Nobile LG e Nobile LV,
provenienti da coltura specializzata in un‟area della pianura reggiana. Sono stati rilevati il
grado rifrattometrico, con rifrattometro manuale TR, l‟acidità titolabile, espressa come
percentuale di acido malico, attraverso titolazione a pH 8,1 con NaOH 0,1 N; il pH, la durezza
della polpa, con penetrometro Effegi FT327. Di alcune cultivar (cv) (pere Aval, Nobile e
Spalèr; mele Campanino, Francese, Ferro, Rosa, Rosone) è stato analizzato il contenuto dei
principali zuccheri e acidi organici. Gli estratti etanolici diluiti sono stati filtrati con filtri a
trottola (nylon, 0,45 μm) ed iniettati in un sistema HPLC collegato ad un rivelatore a serie di
diodi (DAD) ed in serie ad un rivelatore ad indice di rifrazione (IR). Zuccheri ed acidi
organici sono stati simultaneamente determinati utilizzando una colonna Aminex HPX-87H
(300 × 7,8-mm i.d.) termostatata a 50 °C, ed un fase mobile costituita da 93 % H2SO4 (pH =
2,0) e 7 % CH3CN ad un flusso di 0,4 mL/min.
Risultati
Sopralluoghi, reperimento delle piante, usi dei frutti - L‟esplorazione del territorio e i contatti
diretti con i proprietari delle piante e con conoscitori locali hanno consentito di raccogliere
informazioni sugli usi tradizionali dei frutti. Per quanto riguarda le ricette per la preparazione
del savurett, le testimonianze raccolte e la documentazione disponibile (Istituto comprensivo
Carpineti, Comune di Carpineti, 2004) riportano diverse varianti in funzione della località e
della disponibilità locale di frutta. In particolare, il “savurett di Carpineti” è ottenuto da
cottura prolungata di succo di pera Spalèr, con aggiunta, nella fase finale della cottura, di fette
di pera Nobile (Baraban) che, non disfacendosi nel corso della cottura, conferiscono una
particolare consistenza al preparato. In alcune località vengono utilizzate anche altre varietà di
pere (Aval, Trentonce) o mele (Mela rosa, Limone, Campanino).
Sono state individuate piante delle varietà indicate nel disciplinare di produzione del savurett
e di altre varietà locali a maturazione autunnale o invernale i cui frutti venivano utilizzati per
preparazioni tradizionali della collina e montagna reggiana, come l‟essiccazione, la cottura al
forno o con le castagne, i “savor” e le marmellate (Canovi et al., 2008) e, talora, per la
produzione di savurett; esse possono quindi rientrare tra le „varietà autoctone‟ cui il
disciplinare fa riferimento. Tra esse, Fradel, Trentonce, Durello, Pirlein, per il pero, mela
Francese, Ruggine, di Sologno, Ciocarumela, per il melo. Per alcune piante non è stato ancora
possibile giungere a un‟identificazione.
I sopralluoghi effettuati hanno evidenziato per alcune varietà (Spalér, Aval, Nobile) la
presenza di piante sparse, spesso centenarie, in condizioni talora precarie e comunque con
dimensioni e struttura della pianta poco favorevoli ad un‟agevole gestione della produzione e
della raccolta, che, in caso di piante di grande taglia, viene spesso effettuata sui frutti a terra,
con effetti negativi sulla qualità, o ricorrendo a carrelli, con costi elevati. Solo in tempi recenti
sono stati effettuati nuovi impianti specializzati di limitata estensione. Altre varietà sono rare
e a rischio di scomparsa (Trentonce, tra le pere; Limone, tra le mele).
Si riportano di seguito informazioni specifiche su origine, diffusione e caratteristiche delle
varietà più utilizzate come ingredienti del savurett.
Le varietà di pero da savurett: notizie storiche e caratteri pomologici - Aval. Varietà
invernale ancora presente nel territorio collinare e montano di Reggio Emilia, con piante
sparse, generalmente non più oggetto di raccolta del frutto. Le notizie storiche sono scarse,
ma testimoniano una presenza antica. Filippo Re, nei racconti di viaggio nelle montagne
113
reggiane (1800), inserisce la “Avalla acida” tra le 23 “pere da autunno e da inverno” elencate.
Casali, nel suo „dizionario‟ dei nomi dialettali delle piante presenti nel Reggiano (1915),
riporta solo il nome dialettale “Pèir Aval”, che attribuisce esclusivamente alle zone montane,
a testimonianza della prevalete diffusione in quell‟area. Aval ha caratteristiche „primitive‟, per
la pezzatura piccola del frutto (Tab. 1), la durezza della polpa sino a epoca molto avanzata
(fine ottobre-novembre), l‟astringenza, l‟alta presenza di sclereidi, la vigoria dell‟albero. Si
tratta di un frutto da cuocere; tradizionalmente, veniva cotto con le castagne o usato per la
produzione di savurett; per questo è stata inserito tra i principali ingredienti nel disciplinare di
produzione.
Nobile o Baraban. Citata da Filippo Re (1800) con il nome Barabana, dal Gallesio, che la
ritiene sinonimo del pero Lauro, e da Casali (1915), che distingue i nomi dialettali „Peir
Nobil‟ e „Peir Baraban‟, quest‟ultimo solo utilizzato nelle zone montane, la Nobile è la pera
più diffusa delle vecchie cv in tutto il territorio reggiano, dove è anche coltivata in piccoli
impianti specializzati. Nella tradizione reggiana, la pera Nobile era cotta al forno o in acqua
con le castagne. Ingrediente fondamentale del savurett, è anche utilizzata nelle aree di pianura
per la preparazione della mostarda. Ad epoca di maturazione invernale, ha pezzatura mediopiccola e forma variabile da cidoniforme a turbinata o ovoidale, variabilità che dipende anche
dall‟origine, da fecondazione o da partenocarpia; buccia liscia, di colore verde, con
sovracolore rosso o rosa all‟insolazione.
Spalèr. Le notizie storiche sull‟origine di questa varietà sono estremamente scarse, ma la sua
presenza antica è testimoniata da alcuni esemplari plurisecolari (Regione Emilia Romagna,
2009 a). Campioni di frutti erano presenti in una mostra campionaria a Reggio Emilia agli
inizi del ‟900 (Consorzio agricolo e cattedra ambulante d‟agricoltura, 1901). Nel corso
dell‟indagine, un buon numero di piante è stato individuato in Comune di Carpineti, nelle
zone di Marola e Pantano, ma la cv è presente anche in altre aree (Castelnovo ne‟ Monti,
Casina, Viano). Il frutto ha pezzatura medio-grossa, forma sferica o ovoidale; buccia dal
colore di fondo verde-giallo, con sovracolore rosso e zone rugginose (Tab. 1 e 2).
Le principali varietà di melo da savurett: notizie storiche e caratteri pomologici Campanino. Di origini non note, questa varietà contribuiva alla produzione provinciale di
mele per il 55%, nel 1929, e per il 50% nel 1948 (Breviglieri, 1949), ma ha poi subito un forte
declino con l‟affermarsi delle varietà internazionali introdotte. Oggi resta la mela locale più
diffusa in tutto il territorio reggiano, dalla pianura alla montagna, con piante sparse e qualche
frutteto specializzato, non avendo mai perso una sua collocazione sul mercato locale (Roversi
e Valli, 1996). Da qualche anno il Campanino è oggetto di iniziative di valorizzazione basate
su tradizioni gastronomiche (mostarde, dolci). È iscritta con la sigla RER VO19 al Repertorio
di razze e varietà locali della Regione Emilia Romagna (LR 1/2008), dove viene indicata
come varietà esposta a medio rischio di erosione genetica (Regione Emilia Romagna, 2009 b).
Il frutto è piccolo, di forma appiattita o globosa, circolare in sezione trasversale, con buccia
giallo-verde, con sovracolore rosso (Tab. 1 e 2).
Melo Ferro. La varietà è sicuramente presente nel Reggiano almeno dagIi inizi del „900: il
Pòm Ferr è infatti citato da Casali nel 1915 e nel 1929 rappresentava il 20% delle mele
prodotte in provincia di Reggio Emilia, quantità che diveniva poi il 4% nel 1948 (Breviglieri,
1949). Attualmente è poco diffuso nel territorio reggiano, ma ha un posto importante tra i
frutti usati tradizionalmente. Veniva infatti cotta al forno o impiegata per preparare confetture,
savor e savurett, o essiccata a fette („flépi‟ o „s‟ciapèli‟) e conservata per l‟inverno, per gli usi
culinari e alimentari delle famiglie (Bagnoli, 2008). Entra nel disciplinare di produzione del
savurett. Il frutto è medio-piccolo, appiattito, leggermente asimmetrico in sezione
114
longitudinale, con buccia cerosa, di colore verde, con sovracolore rosso sfumato sul 10-20%
della superficie.
Le mele „Rosa‟. Nel territorio reggiano sono presenti diverse varietà che vanno sotto la
generica denominazione di „Rosa‟: Rosa romana, Rosa mantovana, Rosa gentile. Tra esse, le
più frequenti erano nel secolo scorso Rosa romana e Rosa mantovana, che fornivano nel 1948
il 10% delle mele della provincia reggiana (Breviglieri, 1949). Pum ròs, Pum ròs capolegh,
Pum roset e Pum rosoun sono stati inseriti da Casali tra i nomi dialettali reggiani di meli nel
1915. Il frutto è di pezzatura media, appiattito, simmetrico, in sezione trasversale circolare. La
cavità calicina è ampia e mediamente profonda, con solchi. La buccia verde, che diviene
gialla all‟avanzare della maturazione, con sovracolore rosso; Rosone è adatto alla cottura al
forno, e alla preparazione di savor, savurett e mostarde.
Le caratteristiche qualitative e compositive - La durezza della polpa è notevolmente più
elevata in pera Nobile e Aval rispetto a Spalèr, per le pere, mentre tra le mele, i frutti di
Rosona erano caratterizzati dalla polpa meno consistente (Tab. 2).
L‟analisi delle pere campionate ha rivelato un elevato di grado rifrattometrico sia nella pera
Spalèr che in tutte le accessioni di Nobile, mentre Aval era caratterizzata dai valori più bassi
(Tab. 2). Tra le due varietà esaminate, sono state riscontrate differenze rilevanti di acidità
titolabile, che è risultata molto più bassa nei frutti delle due accessioni di pera Nobile rispetto
a Spalèr. Questa bassa acidità è probabilmente il motivo della percezione di spiccata dolcezza
all‟assaggio di pera Nobile, che non sarebbe giustificata dai valori del grado rifrattometrico,
più bassi di quelli di Spalèr, che ha sapore dolce-acidulo. L‟acidità, infatti, influenza la
dolcezza della frutta, mascherando il sapore degli zuccheri (Lobit et al., 2006), come
confermato anche da panel test su cv di melo, da cui è emerso come la percezione della
dolcezza sia influenzata dall‟acidità soprattutto in presenza di squilibrio tra questi due
componenti (Bignami et al., 2003).
Nelle pere, il fruttosio è lo zucchero prevalente, seguito da glucosio e saccarosio (Tab. 3).
Nella pera Spalèr il contenuto di fruttosio, zucchero ad elevato potere dolcificante, è più
elevato rispetto alle altre varietà, mentre glucosio e saccarosio si attestano a valori inferiori.
Nelle mele, il fruttosio è lo zucchero più abbondante, ma anche il saccarosio è presente in
apprezzabili quantità. Tuttavia nella mela Rosa il tenore di saccarosio è inferiore al glucosio.
Tra gli acidi organici rilevati, l‟acido malico è prevalente in entrambe le specie, seguito
dall‟acido chinico per le pere (Tab. 4). Per le mele si osservano invece differenze tra le varietà
per il rapporto tra acidi chinico e citrico; in particolare, i frutti di Campanino sono risultati
caratterizzati da un contenuto più che doppio di acido citrico rispetto al chinico, mentre nelle
altre cv i contenuti dei due acidi erano simili. Il rapporto tra i singoli acidi influisce sulla
percezione della dolcezza al consumo; l‟acido citrico maschera la percezione di saccarosio e
fruttosio, mentre l‟acido malico aumenta la percezione del saccarosio (Lobit et al., 2006).
Conclusioni
Le indagini e le interviste effettuate hanno consentito di evidenziare la presenza nel territorio
reggiano di diverse varietà di pero e melo che vi erano coltivate almeno dagli inizi del XIX
secolo e i cui frutti sono entrati nella tradizionale preparazione di concentrati di frutta. Molte
delle denominazioni riportate nei documenti dei secoli passati consultati non risultano però
più presenti, attestando le condizioni di rischio a cui le varietà più rare sono attualmente
esposte. Nell‟ambito delle cv esaminate più approfonditamente, sono emerse caratteristiche
qualitative del frutto peculiari, che possono motivare gli usi tradizionali e la particolare
qualità dei prodotti.
115
Ringraziamenti
La presente ricerca è parte del Progetto “Caratterizzazione e valutazione di varietà locali da
frutto del territorio reggiano” finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio “Pietro
Manodori” di Reggio Emilia.
Bibliografia
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116
Tab. 1. Caratteristiche del frutto di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino reggiano
(media±deviazione standard).
Tab. 1. Fruit characteristics of pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines
(mean values±standard deviation).
Peso (g)
PERO
Aval
Nobile F
Nobile LV
Nobile LG
Spalèr
MELO
Campanino
Mela francese
Mela Limone
Rosona
Altezza (cm)
Diametro (cm)
Altezza/Diametro
44,1
107,0
122,8
134,2
132,3
±15,5
±11,5
±19,6
±25,1
±47,0
4,1
7,1
7, 9
7,9
6,3
±0,5
±0,5
±0,6
±0,7
±0,9
4,2
5,2
5,5
6,0
5,9
±0,5
±0,3
±0,3
±0,3
±0,7
1,0
1,5
1,4
1,4
1,1
±0,1
±0,1
±0,1
±0,1
±0,1
116,1
64,2
55,5
165,7
±21,5
±17,3
±31,3
±28,2
5,5
4,4
5,9
5,4
±0,5
±0,4
±0,8
±0,4
6,1
5,1
4,0
7, 5
±0,3
±0,5
±1,1
±0,5
0,9
0,9
1,5
0,7
±0,0
±0,1
±0,2
±0,1
Tab. 2. Caratteristiche qualitative del frutto di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino
reggiano (media±deviazione standard).
Tab. 2. Qualitative characteristics of pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines
(mean values±standard deviation).
Sovracolore
(%)
PERO
Aval
Nobile F
Nobile LV
Nobile LG
Spalèr
MELO
Campanino
Mela francese
Mela Limone
Rosona
Durezza
(kg/cm2)
Brix°
Acidità
titolabile (‰)
0
41
51
46
32
±0
±16
±16
±13
±25
8,2
8,2
7,4
9,4
6,3
±1,4
±1,0
±0,5
±0,7
±0,9
13,3
16,2
15,5
14,7
17,1
±1,6
±0,8
±1,1
±0,9
±1,7
0,8
1,1
7,4
40
55
0
15
±13
±19
±0
±11
7,4
9,0
7,0
3,8
±0,8
±0,9
±0,5
±0,2
13,3
15,3
14,2
16,0
±1,1
±1,5
±1,3
±0,7
6,7
7,9
117
±0,1
±0,2
±0,1
±0,02
±0,1
pH
4,50
4,55
2,80
3,04
3,20
±0,02
±0,06
±0,01
±0,01
±0,03
Tab. 3. Principali zuccheri (g/100 g) e sorbitolo rilevati nei frutti di antiche varietà invernali di pero e
melo dell‟Appennino reggiano (media±deviazione standard).
Tab. 3. Main sugars (g/100 g) and sorbitol determined in pear and apple old winter varieties of
Reggio Emilia Appennines (mean values±standard deviation).
Fruttosio
PERO
Aval
Nobile L G
Nobile LV
Nobile F
Spalèr
MELO
Campanino
Mela Ferro
Mela Francese
Mela Rosa
Mela Rosona
Glucosio
Saccarosio
Sorbitolo
6024,9
6122,6
6690,1
6892,2
8306,9
±724,4
±247,7
±303,6
±541,8
±1257,3
1589,1
1664,6
1523,1
1588,4
1104,9
±155,2
±372,8
±667,8
±254,2
±582,8
580,3
1357,0
1639,6
1089,6
694,9
±166,5
±31,6
±377,7
±345,1
±468,7
2042,8
1554,0
1510,6
1800,6
1842,1
±257,9
±300,7
±225,9
±81,5
±1020,2
4881,3
5510,1
6014,8
5613,3
6000,3
±461,6
±221,6
±556,4
±626,1
±419,36
1552,0
1133,1
1681,5
2258,7
1633,6
±603,1
±163,1
±239,3
±264,3
±105,5
3258,9
2229,0
2661,7
1475,1
3507,1
±230,8
±225,4
±770,1
±875,9
±488,8
972,2
530,7
922,5
607,2
785,7
±324,0
±21,6
±523,8
±72,3
±41,4
Tab. 4. Principali acidi organici (g/100 g) rilevati nei frutti di antiche varietà invernali di pero e melo
dell‟Appennino reggiano (media ± deviazione standard).
Tab. 4. Main organic acids (g/100 g) determined in pear and apple old winter varieties of Reggio
Emilia Appennines (mean values±standard deviation).
Ac citrico
PERO
Aval
Nobile L G
Nobile LV
Nobile F
Spalèr
MELO
Campanino
Mela Ferro
Mela Francese
Mela Rosa
Mela Rosona
Ac malico
Ac chinico
117,9
25,1
111,4
96,3
80,0
±56,6
±2,0
±15,9
±7,6
±59,6
524,3
171,8
304,8
210,3
549,6
±7,5
±39,9
±15,7
±23,5
±129,8
149,1
164,4
134,9
169,7
149,4
±29,7
±12,2
±11,5
±17,2
±20,6
189,0
83,7
91,8
100,0
138,1
±63,9
±12,3
±34,7
±13,2
±28,4
941,1
791,6
705,9
718,6
1093,4
±84,3
±85,3
±64,7
±115,9
±27,8
92,3
109,8
207,0
151,8
122,2
±2,8
±12,7
±13,5
±21,7
±12,5
118
2.17. IL PROGETTO ESPLORA: RISULTATI PRELIMINARI IN FRAGOLA
OTTOPLOIDE
THE ESPLORA PROJECT: PRELIMINARY RESULTS IN OCTOPLOID STRAWBERRY
Federica BRANDI1, Gianluca BARUZZI1, Guido CIPRIANI2, Walther FAEDI1
1
2
CRA, Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì (CRA-FRF), [email protected]
CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Ciampino Italia (CRA-FRU)
Riassunto
La fragola coltivata Fragaria × ananassa è una specie frutticola di grande interesse
economico, nel ventennio 1980-2000 la produzione mondiale è aumentata dell‟83% fino ad
oltrepassare i 3 milioni di tonnellate; dal 2000 al 2008 si è registrato un ulteriore aumento del
24%; la superficie coltivata a fragola, stimata nel 2008 in circa 255.000 ettari, ha subito, come
la produzione, un trend positivo ma con valori meno significativi (Faedi et al., 2010).
L‟interesse economico giustifica pienamente i numerosi programmi di ”breeding”, privati e
pubblici, in atto in Italia su questa specie.
I principali obiettivi di questa intensa attività di ricerca genetica mirano al miglioramento
dell‟adattabilità e del comportamento agronomico delle piante e della consistenza, dolcezza e
qualità organolettica dei frutti. F. × ananassa, è una specie allo-octoploide (2n = 8x = 56)
derivata dall‟ibridazione di due progenitori ottoploidi (F. chiloensis e F. virginiana). Negli
ultimi anni la specie diploide F. vesca è stata oggetto di intensa ricerca scientifica che ha
portato allo sviluppo, di importanti strumenti di genetica e genomica, come le mappe
genetiche. Il successivo trasferimento dei risultati ottenuti a F. × ananassa è stato possibile
grazie all‟elevato grado di omologia e collinearità esistente fra il genoma della fragola
coltivata e quello della specie diploide.
Nell‟ambito del progetto ESPLORA, finanziato dal MiPAAF, il CRA-FRF ha l‟obiettivo di
costruire una mappa di linkage della fragola ottoploide. Su una progenie di semenzali ottenuta
dall‟incrocio Alba x un clone di F. chiloensis si sono stati impiegati circa 180 coppie di
marcatori micro satelliti “SSR” (Simple sequence repeat) disegnati prevedendo l‟aggiunta
della sequenza del primer universale M13 all‟estremità 5‟ del forward di tutti i microsatelliti
(“tgtaaaacgacggccagt”). Sono inoltre stati utilizzati 86 ulteriori microsatelliti, distribuiti lungo
tutti i “Linkage Group”. Gli alleli sono stati separati tramite ABI 3130. I risultati iniziali
mostrano una elevata percentuale di alleli nulli, insieme all‟identificazione di diversi rapporti
di segregazione.
Parole chiave: Fragaria × ananassa, microsatelliti, mapping, marcatori molecolari
Abstract
The cultivated strawberry (Fragaria × ananassa) is the most economically important soft
fruit species and, hence, numerous breeding programs earmarked for superior commercial
varieties aimed at specific requirements of regional markets have been established virtually in
every corner of the world where strawberries are grown as a cash crop. As part of the
ESPLORA project financed by Italy‟s Agriculture Ministry, CRA-FRF is building a map of the
cultivated octoploid F. x ananassa using a population of 66 individuals from the cross of Alba
x F. chiloensis clone (characterized by white fruit). The nearly 180 primer pairs developed in
the genus Fragaria (vesca, chiloensis, ananassa species) that were used in parental screens,
we added a “tgtaaaacgacggccagt” motif to each oligonucleotide in a primer pair to reduce
119
PCR amplification costs („PIGtailing‟). Another 86 primer pairs distributed in all LG were
also used. Each primer was fluorescently labelled with FAM, HEX and NED and genotype
detection subsequently performed.
Keywords: Fragaria × ananassa, octoploid mapping, molecular markers, SSR
Introduzione
La fragola a frutto grosso (Fragaria x ananassa) è oggetto da circa due secoli di un‟intensa
attività di miglioramento genetico finalizzata alla costituzione di nuove varietà. L‟elevato
livello di ploidia (ottoploide) e l‟interazione con l‟ambiente, particolarmente accentuata,
consentono un‟ampia variabilità fenotipica anche se si parte da una base genetica piuttosto
ristretta. Fragaria x ananassa deriva dall‟ibridazione fra due specie ottoploidi americane F.
chiloensis e F. virginiana e solo poche piante ottenute originariamente da questo incrocio
sono i progenitori di tutte le attuali varietà coltivate (Faedi et al., 2010).
Le prime attività di miglioramento genetico della fragola in Italia furono avviate nel 1960 e
condotte, in Emilia Romagna, dall‟Istituto di Coltivazione Arboree dell‟Università di Bologna
(ICA). Alla fine degli anni „70 l‟attività di ricerca dell‟ICA si unì a quella dell‟allora Istituto
Sperimentale per la Frutticoltura di Forlì, oggi CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura
(CRA-FRF) questa collaborazione diede un forte impulso all‟attività di breeding che mirava a
raggiungere ambiziosi obiettivi sanitari, qualitativi ed estetici tuttora validi.
Da alcuni anni l‟attività di breeding tradizionale può sfruttare gli strumenti messi a
disposizione dalle tecniche di biologia molecolare. Infatti, negli ultimi dieci anni, la fragola è
stata al centro di un‟intensa attività di studi biomolecolari tanto che, nel 2010, il genoma della
fragola diploide (F. vesca) è stato completamente sequenziato (Shulaev et al., 2010) e si è
arrivati a sviluppare marcatori molecolari associati con tratti fenotipici e impiegati per
caratterizzare germoplasma di interesse (Ashley et al., 2003; James et al., 2003; Lewers et al.,
2005; Deng, 2001). L‟elevato livello di colinearità fra la specie diploide e quella ottoploide fa
si che molti degli strumenti sviluppati sulla prima siano impiegati sulla seconda. In uno
sforzo che fa parte del progetto ESPLORA finanziato dal MIPAAF, CRA-FRF sta costruendo
una mappa di linkage in F. x ananassa di cui qui si riportano i primissimi risultati.
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto su 66 semenzali ottoploidi ottenuti da un incrocio fra la varietà
Alba (F. x ananassa) e un clone di F. chiloensis caratterizzato da frutti colorati di bianco a
maturazione e coltivati presso l‟azienda sperimentale del CRA-FRF. Il DNA è stato isolato da
foglie giovani impiegando DNease plant minikit (Qiagen), seguendo le istruzioni della ditta e
diluito a 1-10 ng/ul per le successive amplificazioni tramite PCR (Polymerase chain reaction)
con protocollo “touchdown”, come indicato da Sargent et al. (2003). Sono stati individuate
circa 180 coppie di primer, sviluppate all‟interno del genere Fragaria (specie: vesca
chiloensis, ananassa), ad ogni coppia di primer è stata aggiunta la sequenza universale:
“tgtaaaacgacggccagt utilizzando così la tecnica del „PIGtailing‟.
Con questa metodologia è stato fatto un primo screening sui parentali e 6 semenzali. Visto la
complessità dei profili ottenuti con molti di questi 180 primer si è ritenuto opportuno
concentrare l‟attività progettuale su un ulteriore pool di primer, già testati su fragola
ottoploide.e risultati estremamente polimorfici Le 86 coppie di primer, marcati con i
fluorofori FAM, HEX e NED, sono stati testati sui due parentali e su 14 individui della
progenie per verificarne i polimorfismi, quindi l‟analisi è stata estesa a tutta la popolazione ad
oggi disponibile. I prodotti PCR sono stati frazionati tramite elettroforesi capillare (3130
120
genetic analyzer Applied Biosystem), i dati così generati sono stati elaborati utilizzando il
software Gene Mapper (Applied Biosystem).
Risultati e discussioni
L‟analisi, effettuata finora, utilizzando gli 86 primer maggiormente polimorfici, ha interessato
il 50% dei marcatori su circa il 70% della popolazione. I risultati, finora ottenuti, evidenziano
che il 68% dei genotipi amplificano prodotti PCR con i primer testati. Di questi, 23 primer
amplificano da due a otto prodotti PCR, con una media di 6 per coppia di primer: questo
risultato va tenuto in considerazione dato che l‟analisi è condotta su una specie ottoploide
altamente eterozigote dalla quale ci si aspetta una diversità allelica quattro volte superiore
rispetto ad una diploide. Inoltre, alcune coppie di primer sono derivate da geni espressi, molti
dei quali sono noti per esistere in cluster anche in genomi diploidi e di conseguenza è
plausibile aspettarsi un più alto numero di prodotti di PCR rispetto a quelli teorici per un
individuo ottoploide.
Lo studio dei picchi allelici ha consentito l‟identificazione di diversi rapporti di segregazione:
bb x ab, aa x ab, aa x bb, ab x aa, ab x ab, ab x an, ab x bb, ab x bn, ab x nn, an x ab, an x an,
ab x bb, an x bn, and an x nn, dove ad ogni lettera corrisponde una lunghezza allelica e dove
con la lettera „n‟ è indicato un allele nullo. L‟elevata percentuale di alleli nulli (circa il 64%) è
dovuto all'impiego di SSR sviluppati in specie diverse F. chiloensis e F. x ananassa. Nel
complesso, il profilo allelico del clone di F. chiloensisis a frutto bianco è sempre stato più
semplice di quello di F. x ananassa (Fig.1).
Conclusioni
La costruzione di mappe genetiche in specie poliploidi incontra difficoltà pratiche legate
essenzialmente all‟origine genetica della specie ed alla ridondanza dei genomi che
determinano la ploidia stessa. Nell‟immediato l‟attività prevede l‟analisi della separazione
allelica e solo gli alleli monodose verranno impiegati per la costruzione della mappa di
linkage.
I possibili legami in “coupling” o “repulsion” verranno presi in esame in una fase successiva,
seguendo l‟approccio suggerito per il raggiungimento del medesimo obiettivo nella canna da
zucchero (Da Silva et al., 1995;. Grivet et al., 1996; Aitken et al., 2005) e applicato anche per
fragola ottoploide da Lerceteau et al. (2003) e Rousseau-Gueutin et al. (2008).
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122
Fig. 1. Profilo allelico dei due parentali clone di F. chiloensis (sopra) e varietà di F. x ananassa
(sotto)
Fig. 1. Allelic profile of F. chiloensis (top) and F. x ananassa (bottom).
123
2.18. TRATTAMENTO DELLA PASTA DI OLIVE CON UN METODO AD
ULTRASUONI E INFLUENZA SULLA QUALITÀ DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI
OLIVA OTTENUTO DA DUE DIFFERENTI CULTIVAR PUGLIESI (CORATINA E
PARANZANA)
HIGH-POWER ULTRASOUND IN OLIVE PASTE PRETREATMENT. EFFECT ON VIRGIN OLIVE
OIL CHARACTERISTICS OF TWO APULIAN VARIETIES (CORATINA AND PARANZANA)
Maria Lisa CLODOVEO1, Domenico LA NOTTE2, Viviana DURANTE1, Giuseppe
GAMBACORTA3
1
DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali Università degli Studi di
Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari. 2Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni
biotecnologiche per la sicurezza e la valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università
di Foggia, via Napoli 25, 71100 Foggia, Italia. 3Dipartimento di Biologia e Chimica Agro
Forestale ed Ambientale Università, di Bari Aldo Moro, via Amendola 165/A, 70126 Bari,
Italia
Riassunto
Il mercato delle macchine ed impianti per l‟estrazione dell‟olio vergine dalle olive richiede
innovazioni che consentano di incrementare le rese e nel contempo di preservare la qualità
dell‟olio presente nel frutto. Nel processo di estrazione dell'olio di oliva è noto che per
estrarre un surplus di olio è necessario prolungare i tempi di gramolazione o, in alternativa,
incrementare le temperature di processo. Tuttavia tale scelta tecnologica può compromettere
la qualità del prodotto soprattutto se lo spazio di testa della gramola non è saturato con gas
inerte: possono infatti innescarsi processi di ossidazione a carico degli acidi grassi insaturi
con conseguente diminuzione nel contenuto di sostanze polifenoliche e riduzione delle
caratteristiche organolettiche e salutistiche del prodotto. La gramola da un punto di vista
impiantistico non è uno scambiatore termico efficiente a causa della limitata superficie di
scambio tra fluido riscaldante e pasta di olive. Lo scopo di questo lavoro è mostrare i risultati
ottenuti impiegando gli ultrasuoni in fase di gramolazione evidenziando gli effetti sulle
caratteristiche dell'olio e sulle rese di estrazione. Gli ultrasuoni sono onde meccaniche sonore.
L‟applicazione degli ultrasuoni alla pasta di olive determina effetti termici, meccanici,
biologici, biochimici e di cavitazione. Le onde penetrando nei tessuti vegetali, cedono parte
della loro energia sotto forma di calore (effetto termico). La forza esercitata dalle onde sonore
sulle cellule vegetali determina fenomeni di vibrazione delle strutture cellulari che causano
variazioni di pressione all‟interno dei compartimenti . Le variazioni di pressione prodotte
alterano la permeabilità della membrana cellulare liberando così i lipidi contenuti all‟interno
della cellula (effetto biologico e biochimico). Infine il passaggio di ultrasuoni attraverso i
tessuti vegetali determina ciclicamente la formazione di onde depressorie e pressorie ad
altissima velocità. Durante la prima fase di depressione si ha lo sviluppo di microbolle
all‟interno della cellula, mentre durante la fase di compressione si ha l‟implosione delle
microbolle. Questo fenomeno fisico è chiamato cavitazione e determina la rottura dei tessuti
vegetali (effetto meccanico). Questo evento causa la rottura della membrana cellulare: il
grasso contenuto nella cellula si libera dalle forze interne presenti nell‟oliva. L‟applicazione
degli ultrasuoni sulla pasta di olive, impiegando drupe sia della cv. Coratina che della cv.
Paranzana, ha dimostrato un effetto positivo sulla fase di gramolazione. I tempi di
riscaldamento della pasta si riducono e possono essere estratti quantitativi maggiori di
sostanze nutrizionali e funzionali, quali clorofille, carotenoidi e tocoferoli.
124
Parole chiave: olio vergine di oliva, gramolazione, ultrasuoni, qualità
Abstract
A large increase in the demand for high-quality virgin olive oil continuously stimulating the
search for new technologies. In olive oil extraction process, is known that to extract greater
oil amount longer kneading time at optimal temperature is needed or, alternatively, higher
process temperature. However, both high temperature and longtime of malaxation goes in
damage of oil quality, oxidation processes are enhanced and losses in sensory characteristics
take place. The malaxer is a heat exchanger characterized by a low overall heat transfer
coefficient. At industry scale, extra malaxation time is required to reach the optimal paste
temperature, usually around 15- 20 minutes for 30°C. The aim of this work is to show the
results obtained from experiments carried out, at laboratory scale, applying high-power
ultrasounds during the malaxation step and its effect on oil characteristics. High-power
ultrasound application on olive paste has shown a positive effect on length of malaxation
step. It provides a quick-heating of olive paste without alteration of olive oil composition.
Two main mechanisms are involved in the ultrasonic treatment on olives and on olive paste: a
thermal effect and a mechanical effect. The thermal effect was due to the attenuation
characteristics of the medium. The mechanical effect is due to cavitation or particulate
streaming which cause violent movement of the particles of the medium. Sound waves, which
have frequencies higher than 20 kHz, are mechanical vibrations in a solid, liquid and gas.
Unlike electromagnetic waves, sound waves must travel in a matter and they involve
expansion and compression cycles during travel in the medium. Expansion pulls molecules
apart and compression pushes them together. The expansion can create bubbles in a liquid
and produce negative pressure. The bubbles form, grow and finally collapse. Close to a solid
boundary, cavity collapse is asymmetric and produces high-speed jets of liquid that have
strong impact on the solid surface and can disrupt biological cell walls. The mechanical
effect of ultrasounds promotes the release of soluble compounds from the plant body by
disrupting cell walls and improves mass transfer also in the olive tissues. The ultrasound
technology provides a reduction of malaxing time improving extractability of oil and its
antioxidant content both of Coratina and Paranzana variety.
Keywords: virgin olive oil, malaxing, ultrasound, quality
Introduzione
Il settore dell‟olio di oliva è una realtà molto importante nel comparto agroalimentare italiano.
I tre quarti della produzione nazionale si concentra nelle regioni meridionali quali Puglia,
Calabria, Sicilia e Campania. La produzione nazionale è in genere di qualità medio-alta e la
sua risonanza in termini di immagine a livello internazionale è molto forte. Tuttavia negli
ultimi anni il prezzo dell‟olio d‟oliva è notevolmente diminuito: analizzando gli andamenti
produttivi degli ultimi 5 anni si rileva un incremento medio della produzione mondiale del
18% per anno. Tale incremento è stato determinato dalla razionalizzazione produttiva nei
tradizionali paesi della UE (Spagna, Italia, Grecia), dall‟intensificarsi delle esportazioni di
paesi terzi (Tunisia, Turchia) e dall‟emersione di nuovi paesi produttori (Argentina, Australia
e Sud). Questo fenomeno ha generato un surplus produttivo. Tale surplus ha condizionato i
mercati continuamente al ribasso al di là di ogni considerazione sul valore intrinseco del
prodotto e della qualità. Per uscire dalla crisi l‟olivicoltura italiana deve orientarsi verso
produzioni di alta gamma che soddisfino le aspettative del consumatore offrendo un prodotto
125
di qualità che si distingua per le caratteristiche organolettiche e salutistiche. In quest‟ottica
nasce l'idea di individuare nuove strategie tecnologiche mirate ad incrementare la quantità e la
qualità degli oli vergini. Gli ultrasuoni sono già stati applicati con successo su altre matrici
alimentari. Il loro impiego si è dimostrato efficace nella disintegrazione delle cellule, nei
processi di estrazione di biomolecole, nell‟attivazione o accelerazione di reazioni
enzimatiche, nelle operazioni di miscelazione, omogeneizzazione, dispersione di polveri in
liquidi. Gli ultrasuoni favoriscono inoltre il degassamento di soluzioni, la disattivazione di
enzimi e l‟inattivazione microbica. Il mercato delle macchine ed impianti per l‟industria
alimentare è un settore dinamico ed investe energia nello sviluppo di innovazioni
impiantistiche in grado di semplificare i processi di trasformazione [1]. La sfida attuale
riguarda la fase di gramolazione. Questa fase consiste in un lento rimescolamento della pasta
di olive a temperature controllate per tempi che oscillano dai 45 ai 60 minuti a seconda delle
caratteristiche della materia prima. Lo scopo della gramolazione è quello di favorire la
coalescenza delle minuscole goccioline di olio, liberate dai tessuti vegetali durante la
frangitura, in gocce di dimensioni superiori più facilmente separabili durante la successiva
fase di centrifugazione [2; 3; 4]. Questa operazione avviene in “batch” ed è l‟unico punto di
discontinuità all‟interno di un processo continuo. Per incrementare la capacità lavorativa
dell‟impianto, e per consentire alle macchine poste a monte ed a valle della gramola di
lavorare in modo continuo, si collocano diverse gramole in parallelo con un aggravio di un
investimento impiantistico che si ripercuote sui costi di produzione [5]. Per determinare se il
trattamento di sonicazione può ridurre il tempo di gramolazione e migliorare la qualità
complessiva del VOO risultante, sono state eseguite prove sperimentali applicando il
trattamento di sonicazione [6] alla pasta di olive prima della gramolazione. I risultati di questa
ricerca possono portare a significativi progressi tecnologici nella produzione di olio vergine di
oliva.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Olive delle varietà Coratina e Paranzana sono state raccolte in un
uliveto nei pressi di Bari (Puglia-Italia) nella stagione 2011/2012. Le drupe sono state raccolte
in modo casuale e in fase di maturazione ottimale. La raccolta è stata fatta a mano, utilizzando
rastrelli. Le olive sono state messe in contenitori fenestrati da 30 kg e subito trasportate
all‟impianto pilota [7]. La figura 1 mostra il diagramma di flusso del piano sperimentale.
Apparato ad ultrasuoni - Elmasonic S60H: Frequenza - 35 kHz; volume - 4,25 l; dimensioni 240x137x150 mm – potenza - 150 W.
Analisi chimiche - La determinazione dell‟acidità, dei perossidi e dei coefficienti di
assorbimento specifico nell‟UV (K270 e K232) sono state effettuate secondo i metodi analitici
descritti nel regolamento EEC/2568/91 e successive modifiche ed integrazioni [8; 9]. I
contenuti di carotenoidi e di clorofilla sono stati determinati colorimetricamente secondo il
metodo di Minguez et al. (1991) [10]. Il contenuto di fenoli totali è stato valutato seguendo la
procedura riportata da Montedoro et al. [11]. Il contenuto fenolico totale è stato espresso
come mg di equivalenti di acido gallico per kg di olio. I tocoferoli sono stati determinati
mediante HPLC secondo il metodo riportato da Psomiadou e altri (2000) [12].,Gli esperimenti
sono stati eseguiti in triplicato e i risultati sono stati espressi come media ± SD (deviazione
standard). L'analisi statistica è stata effettuata utilizzando il software Microsoft Excel.
Differenze significative tra i trattamenti sono stati determinati usando l‟ ANOVA ad una via
seguita da'' t-test''.
126
Risultati e discussione
La Figura 2 mostra i profili di temperatura della pasta di olive (Paranzana) sottoposta prima a
trattamento di sonicazione per diversi intervalli di tempo e successivamente gramolata. I
tempi di gramolazione sono stati standardizzati in tutte le prove misurando esattamente 30
minuti a patire dal momento in cui la pasta ha raggiunto i 30°C. Dall‟analisi dei risultati si
evince che la temperatura della pasta di olive aumenta all‟aumentare del tempo di
sonicazione. Nel campione non trattato (A) la temperatura della pasta di olive misurata dopo
frantumazione era di circa 21°C (±0,5). La temperatura della pasta di olive dopo il trattamento
di sonicazione era di circa 23°C (± 0,5), 25,5° C (± 0,5 ), 27 ° C (± 0,5), 29 ° C (± 0,5) e 30 °
C (± 0,5) utilizzando 2 (B), 4 (C), 6 (D), 8 (E) e 10 (F) minuti di sonicazione, rispettivamente.
I profili di temperatura ottenuti con la cultivar Coratina hanno un andamento simile. Tutti i
campioni estratti erano classificabili come oli extra vergine di oliva. Nessuna differenza
significativa era attribuibile al trattamento ad ultrasuoni. In generale, carotenoidi, clorofille e
tocoferoli aumentano all‟aumentare del tempo di sonicazione (Fig. 3a, 3b e 3d). La cultivar
Coratina mostrava un contenuto in clorofille superiore alla Paranzana in quanto le olive
avevano un grado di invaiatura inferiore; al contrario il contenuto in carotenoidi risultava
superiore nella cultivar Paranzana. I polifenoli, invece, diminuivano all‟aumentare del tempo
di sonicazione in entrambe le varietà considerate. Questo effetto era probabilmente dovuto
all'azione dell'ossigeno, infatti tale gas agisce sia come cofattore in molte reazioni
enzimatiche, sia come promotore di ossidazioni non enzimatiche, e la sua attività ossidativa
aumenta all‟aumentare della temperatura.
Conclusioni
L‟applicazione degli ultrasuoni può migliorare il processo di gramolazione in quanto
comporta il riscaldamento della pasta di olive, effetto utile a contrarre i tempi morti della
gramolazione. Infatti circa il 30% del tempo totale di gramolazione è impiegato per portare la
pasta di olive dalla temperatura ambiente di 15-18°C alla temperatura di processo di 27-32°C.
L‟incremento della temperatura si traduce in una riduzione della viscosità della pasta di olive.
Sul piano impiantistico la viscosità della pasta rappresenta un termine chiave dell‟efficienza
del processo di separazione centrifuga della fase oleosa. Infatti, dopo la gramolazione, l‟olio
viene separato dalla sansa e dalle acque di vegetazione per mezzo del decanter. Il processo di
separazione si basa sulla legge di Stokes dalla quale si evince che la velocità di
sedimentazione di una particella sottoposta ad una forza centrifuga è inversamente
proporzionale alla viscosità del fluido. Pertanto al diminuire del valore di viscosità aumenta la
velocità di sedimentazione e quindi l‟efficienza del processo di estrazione centrifuga dell‟olio
dalle paste di oliva. Attraverso l‟applicazione di questa tecnologia innovativa si può ottenere
una riduzione dei tempi di gramolazione e di conseguenza dei costi di investimento. Inoltre,
l‟applicazione degli ultrasuoni sulla pasta di olive, impiegando olive sia della cv. Coratina
che della cv. Paranzana, ha dimostrato un effetto positivo sulla qualità degli oli estratti:
l‟azione meccanica degli ultrasuoni determina quantitativi maggiori di sostanze nutrizionali e
funzionali, quali clorofille, carotenoidi e tocoferoli rispetto al metodo tradizionale.
Bibliografia
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128
Fig. 1. Diagramma di flusso della prova sperimentale.
Fig. 2. Profilo delle temperature della pasta di olive ottenuta impiegando la tecnologia tradizionale (A)
e un trattamento ad ultrasuoni prima della gramolazione per tempi crescenti (B, C, D, E, F).
129
a
b
c
d
Fig. 3. Variazioni nel contenuto in Carotenoidi totali (mg/kg) (a), Clorofille (mg/kg) (b), Fenoli totali
(mg/kg) (c) and Tocoferoli (mg/kg) (d) negli oli vergini di oliva ottenuti impiegando la tecnologia
tradizionale (A) e un trattamento ad ultrasuoni prima della gramolazione per tempi crescenti (B, C, D,
E, F).
130
2.19. VALORIZZARE I PRODOTTI DELLA BIODIVERSITÀ: IL PACKAGING
NELL’ORIENTAMENTO DI ACQUISTO
VALORIZE THE PRODUCTS OF BIODIVERSITY: THE PACKAGING IN PURCHASE
WILLINGNESS
Carlo COSENTINO1*, Rosanna PAOLINO1, Severino ROMANO2, Anna Chiara BLASI1,
Pierangelo FRESCHI1
1
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Animali - Università Degli Studi Della Basilicata Viale dell‟Ateneo lucano, 10 - 85100 Potenza
2
Dipartimento Tecnico-Economico Gestione Territorio - Università Degli Studi Della
Basilicata - Viale dell‟Ateneo lucano, 10 - 85100 Potenza
* Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
Il presente lavoro ha valutato in una crema viso prodotta con latte di asina l‟influenza del
packaging sulle scelte del consumatore. La ricerca è stata condotta su un focus group di 300
persone (48% uomini e 52% donne) a cui è stata somministrata una scheda valutativa
composta da 10 domande suddivise in quattro aree in cui erano valutati i seguenti aspetti:
profilo del consumatore e abitudini di consumo; percezione del prodotto; percezione della
carta di confezionamento; percezione degli elementi comunicativi. Il panel ha valutato
separatamente prima tre packaging differenti per tipo di carta da confezione (opaca, lucida,
lucida con trama in rilievo) e, successivamente, tre packaging differenti per l‟informazione:
A) solo naming Asinella; B) naming Asinella più dicitura prodotto naturale; C) naming
Asinella più dicitura prodotto naturale più Made in Basilicata. Per il prodotto confezionato
in carta opaca si è evidenziata una propensione all‟acquisto (4,1) significativamente più
elevata (P<0,05) rispetto agli altri due imballaggi (2,56 e 2,94, rispettivamente per la carta
lucida e lucida con trama in rilievo). Inoltre, il packaging B ha invogliato maggiormente
all‟acquisto (4,09; P<0,05) e ha fatto percepire il prodotto come più affidabile (3,89; P<0,05).
Parole chiave: latte di asina, packaging, naming, cosmetici
Abstract
The present study evaluated the role of packaging on customer preferences on a face cream
produced with jennet milk. The research was conducted by survey on a panel of 300 persons
(48% men and 52% women). Panel evaluated the effect of two aspects of packaging design on
purchase willingness: type of paper (matte, glossy, and glossy with relief texture); type of
product communication (A only naming Asinella, B Asinella and wording natural product, C
Asinella and wording natural product and Made in Basilicata). Panel showed the highest
purchase willingness (4.1, P<0.05) toward product packaged with matte paper (2.56 and
2.94 in glossy and in glossy with relief texture, respectively). Furthermore, type B was elected
as the most compelling information that determines more buy willingness (4.09; P<0,05) and
that inspires greater reliability of product (3.89; P<0,05).
Keywords: jenny milk, packaging, naming, cosmetics
131
Introduzione
Il presente lavoro è stato sviluppato nell‟ambito di una più ampia ricerca finalizzata alla
salvaguardardia della specie asinina attraverso la valorizzazione del latte come alimento e
come materia prima nella produzione di cosmetici (Cosentino et al., 2011, 2012a). I cosmetici
derivati dal latte d‟asina prevengono l‟invecchiamento contrastano la disidratazione e la
perdita di elasticità della cute soprattutto nelle parti più esposte del corpo (Orsingher, 2011).
Altre proprietà del latte d‟asina sono ascrivibili al suo elevato contenuto in lisozima, che
attenua gli stati flogistici della cute, e all‟azione antiossidante degli acidi grassi in esso
contenuti, capaci di ripristinare e proteggere le membrane delle cellule cutanee (Polidori et
al., 2007, 2008a; Tesse et al., 2009; Paolino et al., 2011; Simos et al., 2011; Cosentino et al.,
2012b). D‟altro canto, anche l‟industria cosmetica, così come accaduto per quella alimentare,
negli ultimi anni sta subendo un‟evidente modifica strutturale suggerita da una quota
crescente di consumatori che sceglie prodotti realizzati con processi/sostanze naturali (Power,
2010; Khraim, 2011). La domanda di cosmetici naturali si concentra prevalentemente nel
Nord-America ed in Europa. I consumatori, di questo segmento definiti Lohas (Lifestyle of
Health and Sustainability), hanno un livello di istruzione medio-alto, forte propensione
all‟acquisto e preferenza per prodotti naturali e di basso impatto ambientale. Per questi
consumatori risulta fondamentale il packaging che, espressione del concetto di marchio e
delle caratteristiche del prodotto, ha un impatto diretto sugli acquisti. La funzione del
packaging è di esaltare le qualità, trasmettere l‟informazione del prodotto, facilitare l‟uso, il
trasporto, promuovere l‟acquisto, aumentarne il valore aggiunto (Taskin et al., 2011; Qing et
al., 2012). La commercializzazione di prodotti cosmetici a base di latte di asina,
congiuntamente ad un valido packaging e ad azioni di marketing in grado di esaltare la qualità
anche in funzione del suo contesto produttivo, potrebbe contribuire a valorizzare questa specie
e a salvaguardare la conservazione dei diversi tipi genetici asinini.
Il presente lavoro ha valutato, in una crema viso prodotta con latte di asina, l‟influenza del
packaging sulle scelte del consumatore.
Materiali e metodi
Panel - Il panel è stato selezionato inviando un questionario a 3400 persone che dovevano
indicare il numero di confezioni acquistate in un anno dei seguenti cosmetici: crema viso,
crema corpo, crema mani, crema idratante per labbra, crema doposole o crema solare. Gli
intervistati che hanno acquistato, di tutti i prodotti sopra riportati, almeno 2 confezioni in un
anno sono stati selezionati come focus group. Nello specifico, nel panel, il numero medio di
acquisti per prodotto/anno è risultato: crema viso 3,21; crema corpo 2,9, crema mani 3,29,
crema idratante labbra 2,76, crema solare 2,83. Sono state così selezionate 300 persone. Il
panel costituto per il 48% da uomini e per il 52% da donne, aveva un‟età media di 33 anni (±
11,14 d.s.).
Naming - La funzione comunicativa del packaging è sostenuta dagli elementi iconici e testuali
rappresentati dal logotipo e dal naming di prodotto. Il logotipo è stato sviluppato partendo
dagli elementi più rappresentativi del prodotto, esprimendo la “delicatezza” associata al latte
d‟asina con uno specifico schema cromatico basato su un morbido tono di marrone, e
rafforzando il concetto di “naturalezza” preferendo a un‟iconografia concettuale e astratta
(che dà l‟idea di “artificiale”), la rappresentazione diretta della fonte del prodotto: l‟asino. Il
naming Asinella, sebbene individuato come miglior scelta anche dagli allevatori, è stato
tuttavia sottoposto a un test su 50 soggetti rappresentanti il consumatore-tipo. Il panel ha
individuato il naming esprimendo la preferenza fra una terna di nomi commerciali reputati
idonei (Asinus, Asinella, Donkey).
132
Test - Il questionario somministrato è stato sudiviso nelle seguenti aree di analisi: I) profilo
del consumatore e abitudini di consumo; II) percezione del prodotto; III) percezione della
carta di confezionamento; IV) percezione del packaging. Le domande delle aree I e II hanno
consentito di individuare il profilo del consumatore e i suoi orientamenti rispetto alla
provenienza geografica e ad altre informazioni riportate nel packaging del prodotto. Nell‟area
III abbiamo esaminato l‟effetto di tre tipologie di packaging (carta da imballaggio) sulle scelte
del consumatore e sulla percezione di “naturale” del prodotto. Le domande dell‟area IV hanno
permesso di verificare tutti gli aspetti comunicativi delle tre proposte oggetto del test: A) solo
naming Asinella; B) naming Asinella più dicitura prodotto naturale; C) naming Asinella più
dicitura prodotto naturale più Made in Basilicata. Il questionario è stato pre-validato
attraverso un pilot test su un panel di 15 persone.
I risultati relativi alle risposte multiple delle prime due aree del formulario, percezione e
orientamento all‟acquisto di un prodotto, che hanno un carattere esclusivamente descrittivo
sono riportati in forma di semplice incidenza percentuale.
Le domande a risposta multipla in cui si articolano le aree II, III e IV sono riportate come
didascalia nei grafici 1-3.
Analisi statistica - I dati relativi alle aree “percezione della carta di imballaggio” e
“percezione del packaging” sono stati sottoposti al test di Turkey (α = 0,05).
Risultati
Percezione del prodotto - Si è evidenziata una propensione all‟acquisto per i cosmetici
italiani a base di sostanze naturali, con una chiara informazione sulla etichetta. In particolare,
il panel ha espresso un elevato grado di preferenza per i cosmetici naturali rispetto a quelli
ordinari (64 %, grafico 1-A) e per i cosmetici italiani rispetto a quelli internazionali (55%,
grafico 1-B). Inoltre, il panel ha considerato importante la chiarezza dell‟informazione
riportata sull‟etichetta (91%, grafico 1-C) e il tipo di confezione (43%, grafico 1-D).
Percezione della carta da „imballaggio‟- La carta opaca è risultata significativamente la più
gradita (P<0,05) in quanto, secondo il panel, evoca la percezione di “naturale” più
efficacemente della carta lucida (simile ai competitor) e della carta lucida e con trama in
rilievo (grafico 2).
Conseguentemente, la propensione all‟acquisto per la confezione in carta opaca (4,1) è
risultata significativamente più elevata (P<0.05) rispetto a quella per gli altri due imballaggi
(2.56 carta lucida e 2.94 carta lucida con trama in rilievo, grafico 2).
Percezione del packaging - In questa sezione il panel ha giudicato il messaggio della tipologia
B più „convincente‟ sull‟acquisto (4,09, P<0,05) e sull‟affidabilità del prodotto (3,89, P<0,05)
(grafico 3).
Conclusioni
La tipicità di un prodotto si riferisce a caratteristiche qualitative che traggono origine dal
legame che esso ha con il territorio; tale legame diventa elemento determinante per la sua
differenziazione da altri prodotti, con la possibilità di conferire allo stesso una posizione di
vantaggio competitivo sul mercato. È anche vero però, che un‟eccessiva presenza di prodotti
tipici provenienti da una stessa area o regione, si può tradurre per il consumatore in un
messaggio non chiaro circa il legame tra prodotto e territorio. Diventa quindi necessario
governare il sistema delle produzioni tipiche in modo tale che tipologia di prodotto e regione
di origine siano tra loro coerenti (Polidori et al., 2008b). In questo ambito risulta evidente
come “un‟appropriata comunicazione collettiva su una determinata regione come luogo della
133
tipicità potrebbe costituire un‟importante base per il processo di costruzione/ricostruzione
dell‟immagine dei singoli territori e della promessa di qualità che essi portano” (Rocchi et al.,
2006).
Dal lavoro svolto emerge che anche per i prodotti onocosmetici naturali le scelte del
consumatore sono significativamente influenzate dal packaging che, nello specifico, era
orientato a esaltare il concetto di un prodotto naturale realizzato con processi a basso impatto
in una regione, la Basilicata, in cui le attività agricole e zootecniche estensive rappresentano
ancora un importante uso della risorsa terra. Tuttavia, nel presente lavoro il naming “Made in
Basilicata” non ha influenzato in maniera significativa l‟accettabilità del campione sottoposto
all‟indagine. Tale fatto probabilmente è attribuibile alla scarsa notorietà della regione e del
proprio territorio presso i consumatori. Probabilmente il brand “Made in Basilicata” non è
ancora percepito come rappresentativo di un territorio incontaminato, naturale e direttamente
collegabile alla salubrità e naturalezza di un prodotto, come quello oggetto di studio, che su
tali qualità fonda la propria posizione di vantaggio competitivo. Si pone, quindi, alle
istituzioni un problema di governance per una efficiente utilizzazione delle differenti forme di
certificazione e comunicazione. Pertanto, ulteriori prove dovranno valutare come apportare un
plusvalore al prodotto derivante dall‟indicazione dell‟area geografica di produzione.
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Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana. Franco
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JIRILLO E., CHARALAMPIDIS P., KOUIMANIS V., BOULAKA A., MARTEMUCCI
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TASKIN E., SARIOGLU S., 2011. The linguistic analysis of brand names with analytic
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TESSE R., PAGLIALUNGA C., BRACCIO S., ARMENIO L., 2009. Adequacy and
tolerance to ass's milk in an Italian cohort of children with cow's milk allergy. Italian
Journal of Pediatrics, 35: 1-4.
Graf. 1. Area II, Percezione del prodotto: domande a risposta multipla.
Graph. 1. Area II, Perception of the product: multiple choice questions.
B Preferisco i prodotti cosmetici italiani ai prodotti
cosmetici internazionali
A Preferisco i prodotti cosmetici naturali ai prodotti
cosmetici ordinari
7%
12%
29%
34%
64%
C Preferisco i prodotti cosmetici con un'etichetta
che mi informi in modo chiaro sul loro contenuto
54%
D La confezione di un prodotto cosmetico incide
sulla mia preferenza d'acquisto
16%
6%
3%
43%
91%
molto
41%
poco
135
non so
Graf. 2. Area III, Percezione della carta.
Graph. 2. Area III, Perception of paper type.
5
4
4
3
3
2
2
1
1
0
a
b
a
b
La tipologia di carta aggiunge valore al
concetto di "prodotto naturale"
opaca
lucida
b
b
La tipologia di carta influenza la
propensione all'acquisto
lucida e con trama in rilievo
*A lettere diverse corrispondono differenze statisticamente significative (P<0.05)
Graf. 3. Area IV, Percezione del packaging.
Graph. 3. Area IV, Perception of packaging.
5
4
4
3
3
2
2
1
1
0
a
b
b
a
L'informazione della confezione invoglia
maggiormente all'acquisto
Packaging A
b
b
L'informazione della confezione riporta
elementi sufficienti a risultare affidabile
Packaging B
Packaging C
*A lettere diverse corrispondono differenze statisticamente significative (P<0.05)
136
2.20. EFFETTO DI DIFFERENTI PRATICHE AGRICOLE SULLA CAPACITÀ
ANTIOSSIDANTE TOTALE IN DUE VARIETÀ DI INSALATA
EFFECT OF DIFFERENT AGRICULTURAL PRACTICES ON TOTAL ANTIOXIDANT CAPACITY
IN TWO VARIETIES OF SALAD
Maria Stella FODDAI1*, Irene BAIAMONTE1, Nicoletta NARDO1, Federica INTORRE1,
Sandra DI FERDINANDO2, Giuseppe MAIANI1, Flavio PAOLETTI1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, via Ardeatina 546, 00178
Roma
2
Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio, Via R.
Lanciani 38, 00162 Roma
*Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
La qualità nutrizionale di un alimento è influenzata da numerosi fattori, quali le condizioni
pedoclimatiche, le differenze genotipiche, le pratiche agricole, il grado di maturazione,
l‟esposizione alla luce del sole. L‟obiettivo del nostro lavoro di ricerca è quello di studiare la
variazione della qualità nutrizionale in due varietà di insalata, lattuga romana (Lactuca sativa
var. longifolia cv Integral) e lattuga foglia di quercia (Lactuca sativa var. capitata cv
Naturel), provenienti da due aziende site nella regione Lazio, una con i campi di coltivazione
in conversione da convenzionale a biologico (tesi A) e l‟altra da biologico a biodinamico (tesi
B) con trattamenti di varia formulazione o senza trattamenti. Questo lavoro nasce da un
progetto di ricerca della durata triennale sulla “Valutazione di schemi di conversione
all‟agricoltura biologica e biodinamica in aziende tipo della Regione Lazio”, finanziato e
coordinato dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del
Lazio, e si trova nella seconda annualità progettuale. Come indice di qualità nutrizionale è
stato scelto di valutare la capacità antiossidante totale (TAC), parametro che indica l‟azione
sinergica tra gli antiossidanti presenti nell‟alimento. Le due varietà di insalata sono state
analizzate con due diversi metodi analitici, il FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) ed
il TEAC (Trolox Equivalent Antioxidant Capacity). I risultati ottenuti dalla tesi A mostrano
che la TAC, misurata con entrambi i metodi, è significativamente maggiore (P<0.05) a favore
del prodotto biologico rispetto al convenzionale per entrambe le varietà di insalata. Inoltre,
per il biologico, la lattuga romana presenta valori medi di FRAP significativamente maggiori
(P<0.05) rispetto alla lattuga foglia di quercia (4.55 mmol Fe2+/kg vs 4.19 mmol Fe2+/kg); il
contrario si verifica con il convenzionale, dove la lattuga foglia di quercia presenta valori
medi di FRAP significativamente maggiori (P<0.05) rispetto alla lattuga romana (2.14 mmol
Fe2+/kg vs 1.90 mmol Fe2+/kg). Lo stesso andamento si osserva per il TEAC. Per quanto
concerne il confronto delle insalate del campo con la tesi B (biologico vs biodinamico con o
senza trattamenti), le due varietà di lattuga si comportano in modo diverso. La lattuga romana
ottenuta dalla coltivazione biodinamica trattata ha un valore di TAC significativamente
maggiore (P<0.05) della lattuga coltivata con tecnica sia biologica che biodinamica non
trattata, con valori medi di FRAP di 2.15 mmol Fe2+/kg, 1.89 mmol Fe2+/kg e 1.72 mmol
Fe2+/kg; per la lattuga varietà foglia di quercia differenze significative (P<0.05) si osservano
fra il prodotto biologico e biodinamico trattato e il prodotto biodinamico non trattato con
valori medi di FRAP rispettivamente di 3.62 mmol Fe2+/kg, 3.20 mmol Fe2+/kg e 3.16 mmol
Fe2+/kg. Il confronto fra le due varietà della tesi B mostra un valore della TAC
significativamente maggiore a favore della varietà foglia di quercia verso la varietà romana
137
per tutte le pratiche agricole. In conclusione i risultati ottenuti sia per la tesi A che per la tesi
B, anche se preliminari, dimostrano che, malgrado le simili condizioni pedoclimatiche e la
stessa area geografica di produzione, la pratica agricola influenza la qualità nutrizionale.
Parole chiave: pratiche agricole, lattuga, capacità antiossidante totale
Abstract
The nutritional quality of food is influenced by many factors, such as pedo-climatic
conditions, genetic differences, agricultural practices, degree of maturation, exposure to
sunlight. The aim of our research is to study the variation of the nutritional quality of two
varieties of lettuce, romaine lettuce (Lactuca sativa var. longifolia cv Integral) and oak leaf
lettuce (Lactuca sativa var. capitata cv Naturel), coming from two farms in the Lazio region,
one having growing fields in conversion from conventional to organic (thesis A) and the other
from organic to biodynamic (thesis B), the latter following two types of manuring, with or
without treatments. This work belongs to a three-year research project on "Evaluation of
patterns of conversion to organic and biodynamic farms in the Lazio Region", funded and
coordinated by the Regional Agency for the Development and the Innovation of the
Agriculture of Lazio, and it is in the second year. As index of nutritional quality, it was
evaluated the total antioxidant capacity (TAC), which indicates the synergistic action of
antioxidants in the food matrix. The two varieties of lettuce were analyzed by two different
analytical methods, FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) and TEAC (Trolox
Equivalent Antioxidant Capacity). The results obtained from the thesis A show that the TAC
values, measured by both methods, are significantly higher (P<0.05) in the organic product
compared to the conventional one for both varieties of lettuce. Moreover, the organic
romaine lettuce has significantly higher mean values (P<0.05) of FRAP respect to oak leaf
lettuce (4.55 mmol Fe2+/kg vs 4.19 mmol Fe2+/kg); on the contrary the conventional oak leaf
lettuce has mean FRAP values significantly higher (P<0.05) than romaine lettuce (2.14 mmol
Fe2+/kg vs 1.90 mmol Fe2+/kg). The same trend is observed for TEAC values. Regarding the
thesis B (organic vs biodynamic with or without treatments), the two varieties of lettuce
present a different trend. The treated biodynamic romaine lettuce has TAC values
significantly (P<0.05) higher than organic and not treated biodynamic one, with mean FRAP
values of 2.15 mmol Fe2+/kg, 1.89 mmol Fe2+/kg and 1.72 mmol Fe2+/kg; for oak leaf lettuce
significant (P<0.05) differences are observed between both the organic and the treated
biodynamic product and the untreated biodynamic product, with mean FRAP values of 3.62
mmol Fe2+/kg, 3.20 mmol Fe2+/kg and 3.16 mmol Fe2+/kg respectively. The comparison
between the two varieties of the thesis B shows a significantly higher values of the TAC for
the oak leaf lettuce for all agricultural practices. In conclusion, these preliminary results
show that, despite similar pedo-climatic conditions and the same geographical area of
production, the agricultural practices affect the nutritional quality of food.
Keywords: agricultural practices, lettuce, total antioxidant capacity
Introduzione
La qualità nutrizionale di un alimento è influenzata da numerosi fattori, quali le condizioni
pedoclimatiche, le differenze genotipiche, le pratiche agricole, il grado di maturazione,
l‟esposizione alla luce del sole. Come parametro di qualità nutrizionale è stato scelto di
valutare la capacità antiossidante totale (TAC), che considera l‟azione cumulativa e sinergica
138
di tutti gli antiossidanti presenti nella matrice, fornendo un parametro completo piuttosto che
la semplice somma dei singoli antiossidanti.
L‟obiettivo di questo studio è quello di valutare la variazione della TAC in due varietà di
insalata, lattuga romana (Lactuca sativa var. longifolia cv Integral) e lattuga foglia di quercia
(Lactuca sativa var. capitata cv Naturel), provenienti da due aziende site nella regione Lazio,
una con i campi di coltivazione in conversione da convenzionale a biologico (tesi A) e l‟altra
da biologico a biodinamico (tesi B). Questo lavoro nasce da un progetto di ricerca della durata
triennale sulla “Valutazione di schemi di conversione all‟agricoltura biologica e biodinamica
in aziende tipo della Regione Lazio”, finanziato e coordinato dall‟Agenzia Regionale per lo
Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio, e si trova nella seconda annualità
progettuale.
Materiali e metodi
Campionamento del materiale vegetale - Per la tesi A (campo in conversione da
convenzionale a biologico), i campioni di lattuga romana e di lattuga foglia di quercia sono
stati forniti dall‟azienda Rattoniz. Per la tesi B (campo in conversione da biologico a
biodinamico), i campioni di lattuga romana e lattuga foglia di quercia sono stati forniti
dall‟azienda Agricoltura Nuova. In questo campo sono previste due modalità di applicazione
del metodo biodinamico, una che prevede dei trattamenti dati sotto forma di preparati:
fertilizzazione con 500p (corno letame), 501 (corno silice), compost e miscela multifloreale
Arcoiris; l‟altra modalità senza trattamenti utilizza solo il compost e la miscela multifloreale
Arcoiris.
Determinazione della Capacità Antiossidante Totale (TAC) - Le insalate sono state
campionate ed omogeneizzate al fine di procedere all‟estrazione in triplicato degli
antiossidanti idrosolubili e liposolubili secondo la metodica descritta da Pellegrini et al.
(2003). La Capacità Antiossidante Totale (TAC) dei campioni è stata valutata mediante il
metodo FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) (Benzie e Strain, 1996) ed il metodo
TEAC (Trolox Antioxidant Capacity) (Re et al., 1999).
Il metodo FRAP si basa sulla capacità degli antiossidanti di ridurre un complesso incolore
tripiridilitriazinico ferrico (TPTZ-Fe3+) nella sua forma ferrosa di intenso colore blu (TPTZFe2+). Questa reazione è seguita spettrofotometricamente a 593 nm. La variazione di
assorbanza è proporzionale al potere riducente degli antiossidanti presenti nella soluzione.
Il metodo TEAC si basa sulla capacità delle molecole antiossidanti di catturare radicali liberi;
viene utilizzato il radicale ABTS•+, un cromoforo verde-blu con assorbimento caratteristico a
734 nm. L‟aggiunta di antiossidanti al radicale cationico preformato comporta la sua
riduzione a ABTS, determinando una decolorazione che può essere misurata
spettrofotometricamente e che è proporzionale alla presenza di antiossidanti nel campione (Re
et al., 1999).
Analisi statistica - I valori sono presentati come valori medi±deviazione standard (n=6). Le
differenze tra le pratiche agricole e tra le due varietà di lattuga sono state testate mediante il ttest di Student. P<0.05 è il livello di significatività usato.
Risultati e discussione
Nella Tab. 1 sono riportati i valori di FRAP e TEAC (mediadeviazione standard) per la tesi
A. I risultati mostrano che la TAC misurata sia con il metodo FRAP che con il metodo TEAC
è significativamente (P<0.05) maggiore a favore del prodotto biologico rispetto al prodotto
convenzionale per entrambe le varietà di insalata. Inoltre per il prodotto biologico, la lattuga
romana presenta valori significativamente maggiori di FRAP rispetto alla lattuga foglia di
139
quercia; il contrario si verifica invece con il prodotto convenzionale. Anche nel caso del
metodo TEAC si osserva lo stesso andamento.
Nella Tab. 2 sono riportati i valori di FRAP e TEAC (mediadeviazione standard) per la tesi
B. I risultati mostrano che le due varietà di insalata si comportano in modo diverso. La lattuga
romana ottenuta dalla coltivazione biodinamica trattata ha un valore della TAC misurata sia
con il metodo FRAP che con il metodo TEAC significativamente maggiore della lattuga
romana coltivata con tecnica sia biologica che biodinamica non trattata, mentre per la lattuga
foglia di quercia differenze significative si osservano fra il prodotto biologico e biodinamico
trattato e il prodotto biodinamico non trattato. Il confronto delle due varietà mostra un valore
della TAC significativamente maggiore a favore della varietà foglia di quercia verso la varietà
romana per tutte le pratiche agricole.
Conclusioni
I risultati ottenuti sia per la tesi A che per la tesi B anche se preliminari, dimostrano che
malgrado le simili condizioni pedoclimatiche e la stessa area geografica di produzione, la
pratica agricola influenza la qualità nutrizionale.
Bibliografia
PELLEGRINI N., SERAFINI M., COLOMBI B., DEL RIO D., SALVATORE S., BIANCHI
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consumed in Italy assessed by three different in vitro assays. Journal of Nutrition, 133 (9):
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BENZIE I.F.F., STRAIN J.J., 1996. The ferric reducing ability of plasma (FRAP) as a
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RE R., PELLEGRINI N., PROTTEGENTE A., PANNALA A., YANG M., RICE-EVANS
C., 1999. Antioxidant activity applying an improved abts radical cation decolorization
assay. Free Radical Biology & Medicine, 26: 1231-1237.
140
Tab. 1. Valori medi e deviazione standard della capacità antiossidante totale: confronto tra varietà e
tra pratiche agricole (Tesi A)
Analisi statistica: t-test. Apici diversi nella stessa riga indicano differenze significative (P<0.05)
Tab. 1. Mean values and standard deviation of total antioxidant capacity: comparison between
varieties and between agricultural practices (Thesis A).
Statistical analysis: Student t-test. Different superscript letters in the same row indicate statistically
significant differences (P<0.05).
Varietà
Lattuga romana
Foglia di quercia
P
Lattuga romana
Foglia di quercia
P
Biologica
FRAP (mmol Fe2+/kg)
4.55  0.24a
4.19  0.15c
< 0.05
TEAC (mmol Trolox/kg)
2.65  0.08a
2.16  0.10c
<0.05
Convenzionale
1.90  0.08b
2.14  0.09d
< 0.05
1.49  0.05b
1.76  0.08d
<0.05
Tab. 2. Valori medi e deviazione standard della capacità antiossidante totale: confronto tra varietà e tra
pratiche agricole. (tesi B)
Analisi statistica: t-test. Apici diversi nella stessa riga indicano differenze significative (P<0.05)
Tab. 2. Mean values and standard deviation of total antioxidant capacity: comparison between
varieties and among agricultural practices (thesis B).
Statistical analysis: Student t-test. Different superscript letters in the same row indicate statistically
significant differences (P<0.05).
Varietà
Lattuga romana
Foglia di quercia
P
Lattuga romana
Foglia di quercia
P
Biologica
Biodinamica trattata
FRAP (mmol Fe2+/kg)
1.89  0.15a
2.15  0.09b
c
3.62 0.20
3.20  0.18d
<0.05
<0.05
TEAC (mmol Trolox/kg)
1.04  0.10a
1.30  0.10b
1.64  0.08c
1.68  0.14d
<0.05
<0.05
141
Biodinamica non
trattata
1.72  0.25a
3.16  0.16d
<0.05
1.03  0.09a
1.82  0.06d
<0.05
2.21. VALORIZZAZIONE
DELLA
BIODIVERSITÀ
VITICOLA:
CARATTERIZZAZIONE AGRONOMICA ED ENOLOGICA DI ALCUNI VITIGNI
AUTOCTONI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
EXPLOITATION OF THE GRAPEVINE BIODIVERSITY: AGRONOMIC AND OENOLOGICAL
CHARACTERIZATION OF SOME AUTOCHTHONOUS GRAPEVINE VARIETIES FROM FRIULI
VENEZIA GIULIA
Massimo GARDIMAN, Mirella GIUST, Marina NIERO, Annarita PANIGHEL, Fabiola DE
MARCHI, Mirko DE ROSSO, Antonio DALLA VEDOVA, Riccardo FLAMINI
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per la
viticoltura
(CRA-VIT).
Viale
XXVIII
aprile,
26
Conegliano
(TV),
[email protected]
Riassunto
Il mantenimento della biodiversità viticola va perseguito, oltre che attraverso la conservazione
ex situ del germoplasma nelle collezioni ampelografiche, anche con la valorizzazione dei
vitigni autoctoni che nell‟evoluzione della viticoltura sono stati soppiantati dalla diffusione di
quelli internazionali, purché dotati di buone potenzialità enologiche. La coltivazione di queste
varietà può rappresentare fonte di ottime opportunità di valorizzazione economica, storica e
culturale di prodotti tradizionali legati al territorio. Con questo obiettivo sono state
approfondire le conoscenze sulle potenzialità viticole ed enologiche di cinque varietà
autoctone e di antica coltivazione, caratteristiche del patrimonio viticolo friulano: Cividin e
Sagrestana a bacca bianca, Cjanorie, Fumat e Pignolo a bacca nera. Ciascuno dei cinque
vitigni è stato seguito per un triennio (2008-2010). Sono stati effettuati i rilievi delle epoche
fenologiche di germogliamento, fioritura, invaiatura e maturazione, dei principali parametri
produttivi del vigneto (fertilità, produzione uva per ceppo, peso medio grappolo ed acino,
peso legno potatura) e dell‟uva alla raccolta (zuccheri, acidità, pH, acido tartarico ed acido
malico, indici di antociani totali ed estraibili). Nelle bucce sono stati determinati i profili degli
acidi idrossicinnamiltartarici e dei flavonoli, e gli indici di flavonoidi e di antociani totali.
Inoltre, negli estratti delle varietà a bacca rossa sono stati determinati i profili degli antociani
delle bucce, e su tutti i campioni i flavan-3-oli monomeri e l‟indice di polifenoli totali dei
vinaccioli. L'uva raccolta è stata sottoposta a micro vinificazione seguendo un protocollo
standardizzato e sui vini ottenuti sono state effettuate le analisi chimico-fisiche dei principali
parametri enologici e sono stati determinati i profili organolettici, mediante degustazione
svolta da panel di assaggiatori addestrati. L‟analisi complessiva dei dati rilevati sulle cinque
varietà durante il triennio ha permesso di effettuare una dettagliata valutazione del loro
comportamento vegeto-produttivo e di approfondirne la caratterizzazione qualitativa dell‟uva.
Sostanzialmente tutte le varietà allo studio si sono dimostrate in grado di fornire interessanti
prodotti da un punto di vista dei principali parametri analitici ed alla degustazione.
Parole chiave: vitis, germoplasma, vino
Abstract
The grapevine biodiversity protection should be fostered not only through the ex-situ
conservation in germplasm collections, but also through the exploitation of old and neglected
local varieties that, during the evolution of viticulture, have been replaced by international
ones. Furthermore, the diffusion of typical products, historically and culturally related to the
142
territory, can be a source of great economic opportunities. This work had the main goal to
deepen the knowledge on viticultural and wine-making potential of five native varieties part
of the wine heritage of Friuli Venezia Giulia: Cividin and Sagrestana (white), Cjanorie,
Fumat and Pignolo (red). Each of the five varieties was followed for three years (2008-2010).
Main phenological stages (budbreak, flowering, veraison and ripening) and productive
characters (bud fertility, yield per vine, average cluster and berry weight, weight of pruning
wood, were recorded. The main parameters of the berry at the harvest were assessed: sugar,
acidity, pH, tartaric and malic acids, total and extractable anthocyanin indexes.
Hydroxycinnamyltartaric acid and flavonol profiles and total flavonoid and anthocyanin
contents of skins, were determined. The anthocyanin profile of red grapes, was studied.
Moreover, the seeds flavan-3-ol monomers content and total polyphenols were determined in
all samples. The corresponding wines were produced by performing standard microvinification techniques. The main oenological parameters of wines were determined, and
sensory analysis was performed by a trained panel. The data collected allowed detailed
assessment of the vegetative and productive behavior, and to perform qualitative
characterization of the grape. All the varieties studied showed interesting oenological
characteristics.
Keywords : vitis, germplasm, wine
Introduzione
Il mantenimento della biodiversità viticola deve essere perseguito, oltre che attraverso la
conservazione ex situ del germoplasma nelle collezioni ampelografiche, anche con la
valorizzazione dei vitigni autoctoni, purché dotati di buone potenzialità enologiche, che
nell‟evoluzione della viticoltura sono stati relegati in secondo piano. La coltivazione di queste
varietà può rappresentare fonte di ottime opportunità di valorizzazione economica, storica e
culturale di prodotti tradizionali strettamente legati al territorio. Nell‟ambito delle attività
previste dal “Progetto per l‟attuazione delle attività contenute nel programma per la
conservazione, caratterizzazione, uso e valorizzazione delle risorse genetiche vegetali per
l‟alimentazione e l‟agricoltura” (RGV-FAO), è stata condotta una ricerca su alcuni vitigni
autoctoni e di antica coltivazione nella regione Friuli Venezia Giulia: Cividin e Sagrestana a
bacca bianca, Cjanorie, Fumat e Pignolo a bacca nera. Queste varietà nel passato erano
relativamente diffuse ed apprezzate, ma nel corso del tempo la loro area di coltivazione si è
progressivamente ridotta principalmente a causa della loro scarsa resistenza alla fitopatie (in
particolare per quanto riguarda il Cividin nei confronti dell‟oidio) ed alla grande diffusione
dei vitigni “internazionali” (Marzotto, 1923; Calò e Costacurta, 1991; Costantini et al., 1997;
De Zan et al., 2009). Alcuni di questi vitigni sono già iscritti al Registo Nazionale delle
Varietà di Vite (Pignolo dal 1977, Cividin e Cjanorie dal 2006) ma sono coltivati su superfici
molto ridotte, anche se recentemente alcune aziende vitivinicole hanno iniziato ad utilizzarli
ed impiegarli in produzioni enologiche singolari ed apprezzate. L‟obiettivo di questa ricerca è
l‟approfondimento delle conoscenze sulle potenzialità viticole ed enologiche di questi cinque
interessanti vitigni, caratteristici del patrimonio viticolo friulano, al fine di una loro maggiore
valorizzazione e diffusione in coltura.
Materiali e metodi
Tutti i vitigni sono stati valutati presso la collezione dell‟Azienda Pantianicco dell‟ERSA, a
Beano di Codroipo (UD). La località è situata in pianura, 65 m s.l.m., il terreno è ricco di
scheletro, e la forma di allevamento delle viti è a “Guyot”. Durante le annate 2008, 2009 e
143
2010 per ciascun vitigno sono stati effettuati i rilievi delle epoche fenologiche, dei principali
parametri produttivi quantitativi e qualitativi della bacca alla raccolta. In particolare durante la
stagione vegetativa sono state rilevate le principali fasi fenologiche (Lorenz et al., 1994):
germogliamento (BBCH 08), fioritura (BBCH 65), invaiatura (BBCH 83) e maturazione
(BBCH 89). Per la caratterizzazione produttiva sono state rilevate la fertilità reale, potenziale
e quella delle prime tre gemme basali, il peso medio di uva per ceppo ed peso medio di
grappolo ed acino. Sul mosto fiore alla raccolta sono stati determinati contenuto in zuccheri
(Brix), acidità totale, pH, acido tartarico e malico. Sulle varietà a bacca nera sono stati
determinati i contenuti in antociani totali ed estraibili. Alla potatura è stato misurato il peso
del legno asportato. Campioni delle uve raccolte alla vendemmia sono stati sottoposti a
microvinificazione e sul vino ottenuto sono state effettuate le analisi chimico-fisiche dei
principali parametri enologici (alcool, zuccheri riduttori, estratto netto, pH, acidità totale e
volatile, polifenoli totali per le varietà a bacca rossa) e i profili organolettici sono stati
determinati mediante degustazione svolta da panel di assaggiatori addestrati. Per approfondire
le conoscenze sulle potenzialità enologiche delle cinque varietà è stato condotto lo studio
chimico degli estratti delle bucce e dei vinaccioli delle uve vendemmiate nel 2009 e 2010 con
i metodi già proposti (Di Stefano e Cravero, 1991; Flamini e Di Stefano, 2008). Negli estratti
delle bucce sono stati determinati i profili dei flavonoli glicosidi, degli antociani e degli acidi
idrossicinnamiltartarici, e gli indici di flavonoidi e di antociani totali. Negli estratti dei
vinaccioli sono stati determinati i flavan-3-oli monomeri (catechina ed epicatechina) e l‟indice
di polifenoli totali.
Risultati e conclusioni
Per quanto riguarda le epoche fenologiche (Tab. 1) tutte le varietà germogliano nella prima
metà di aprile, la fioritura avviene pressoché contemporaneamente a fine maggio, mentre
maggiori differenze si sono notate all‟invaiatura: Pignolo e Sagrestana sono decisamente più
precoci delle altre. Fumat è il vitigno più tardivo, e la sua raccolta è stata effettuata
mediamente a inizio ottobre. Per quanto riguarda gli aspetti produttivi (Tab. 2), tutte le varietà
hanno dimostrate di raggiungere mediamente buoni livelli zuccherini (20-21 Brix) e di acidità
(7-9 g/L), tranne Cjanorie che ha avuto accumuli di zucchero leggermente minori delle altre.
La produzione di uva per ceppo è generalmente buona (3-4 kg/ceppo). Molto ricche di
antociani si sono rivelate le uve di Fumat. In relazione alla composizione chimica dell‟uva
sono stati riscontrati maggiori contenuti di flavonoli nel Pignolo, mentre nel Cjanorie sono
stati riscontrati contenuti molto bassi di miricetina pur essendo una varietà a bacca rossa.
Nelle bucce di Cividin sono stati riscontrati maggiori livelli di acido trans-caffeiltartarico ed
acido glutationil-caffeiltartarico, due composti antiossidanti di rilevante importanza. Nella fig.
1 è riportata la composizione percentuale degli antociani nelle bucce delle tre varietà a bacca
rossa studiate. Il Cjanorie è caratterizzato da maggiori contenuti di cianina e peonina, mentre
per il Fumat ed il Pignolo l‟antociano principale risulta la malvina. Il Fumat è risultato il
vitigno caratterizzato dai maggiori indici di antociani e di flavonoidi totali nelle bucce, e da
maggiori contenuti di antociani acilati (acetati e paracumarati) coinvolti nella stabilità del
colore dei vini. Lo studio dei vinaccioli ha evidenziato livelli tendenzialmente più elevati di
(+)-catechina e (-)-epicatechina nel Cividin, ed un maggior indice di polifenoli totali. I vini
ottenuti (Tab. 3) dalle uve di tutte le varietà presentano una buona gradazione alcolica
naturale, normalmente superiore al 12 % accompagnata da una acidità importante nelle varietà
a bacca bianca Le due varietà rosse Fumat e Pignolo hanno fornito vini ricchi in polifenoli
totali (oltre 1500 mg/L) e, nel caso di Fumat, anche di antociani (655 mg/L). Alla
degustazione il vino di Sagrestana si è rivelato dotato di una buona intensità, tipicità e finezza
144
olfattiva, odori positivi, con sentori di frutta matura e floreale; sapido e strutturato. Il Cividin
è risultato avere una buona intensità e tipicità olfattiva, ed odori positivi con sentori di frutta
matura, con una buona acidità, sapido e strutturato, molto piacevole (Fig. 2). Il Pignolo è
risultato avere una elevata intensità del colore, una buona intensità e tipicità olfattiva, ed odori
positivi con sentori di frutta rossa e confettura, piuttosto astringente al gusto. Il Fumat è
risultato caratterizzato da una ottima intensità e piacevolezza nel colore, buona intensità,
tipicità e finezza olfattiva, odori positivi con sentore di frutta rossa e confettura, buona
struttura, con una rilevante acidità. Il Cjanorie ha espresso un colore non molto intenso, ma
buona intensità olfattiva ed odori positivi, sentore di confettura; buona struttura, con una
buona acidità (Fig. 3). Nel complesso i risultati chimici e sensoriali indicano che i vini
ottenuti da queste varietà sono dei prodotti con interessanti caratteristiche tipiche.
Ringraziamenti
Si ringraziano A. Fabbro, F. Bregant e S. Fontanot dell‟ERSA-FVG per la preziosa
collaborazione prestata.
Bibliografia
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Udine.
145
Tab. 1. Epoca delle fasi fenologiche rilevate (media triennio 2008-2010).
Tab. 1.- Main phenological phases of the five varieties (three year average 2008-2010).
varietà
colore
Cjanorie
Cividin
Fumat
Sagrestana
Pignolo
N
B
N
B
N
germogliamento
(BBCH 08)
12-apr
9-apr
8-apr
14-apr
9-apr
fioritura
(BBCH 65)
28-mag
29-mag
26-mag
29-mag
28-mag
invaiatura
(BBCH 83)
11-ago
14-ago
16-ago
4-ago
1-ago
maturazione
(BBCH 89)
14-set
21-set
4-ott
9-set
16-set
Tab. 2. Parametri produttivi e qualitativi delle varietà (media triennio 2008-2010).
Tab. 2. Productive and qualitative characteristics of the five grape varieties (three year
average 2008-2010).
Peso medio
Fertilit uva
Varietà
à reale per grappolo acino
ceppo
(g)
(g)
(kg)
1,52 3,68
225
2,27
Cjanorie
2,08 4,28
231
1,76
Cividin
1,49 2,96
154
1,93
Fumat
245
1,36
Sagrestana 1,71 4,49
0,99 3,09
273
1,83
Pignolo
Antociani
(mg/kg)
Mosto alla raccolta
Peso
legno
Acidità
Acido Acido
potatura
brix totale pH tartarico malico Tot. Estraib.
(kg)
(g/L)
(mg/L) (g/L)
18,7
20,2
21,0
21,2
19,9
7,0
9,0
9,8
8,3
6,7
3,1
3,1
3,0
3,0
3,5
4,70
5,87
5,27
5,00
3,45
3,70
5,03
5,87
5,07
5,10
614
-1797
-665
358
-768
-400
1,02
1,21
0,74
0,96
0,96
Tab. 3. Principali parametri rilevati nei vini ottenuto dalla cinque varietà (media triennio
2008-2010).
Tab. 3. Main parameters of the wines obtained from the five grape varieties (three year
average 2008-2010).
Varietà
Cjanorie
Cividin
Fumat
Sagrestana
Pignolo
Alcol
(% vol)
12,15
12,88
12,87
13,00
12,91
Estratto
Acidità (g/L)
netto
(g/l)
volatile totale
26,2
0,48
4,65
22,1
0,27
8,75
29,2
0,50
5,35
19,8
0,30
7,10
34,6
0,56
4,20
146
Ac.
Polifenoli
Antociani
pH tartarico totali
(mg/L)
(g/L)
(mg/L)
3,66
2,91
3,80
3,20
4,48
1,77
2,64
1,50
2,41
2,98
792
223
1581
264
1985
168
-655
-365
Fig. 1. Profilo degli antociani delle tre diverse varietà a bacca rossa studiate nelle annate 2009 e 2010.
Sono riportati i cinque antociani monoglucosidi (delfinidina-3-O-monoglucoside: Dp3G; cianidina-3O-monoglucoside: Cy3G; petunidina-3-O-monoglucoside: Pt3G; peonidina-3-O-monoglucoside:
Pn3G; malvidina-3-O-monoglucoside: Mv3G), le somme degli antociani acetati e paracumarati, la
malvidina-3-O-(6-O-caffeoil) monoglucoside (Mv3G6cf). Le barre indicano le semidispersioni per
due campioni ripetuti.
Fig. 1. Anthocyanin profiles of the three red grape varieties (harvests 2009 and 2010). The five
anthocyanin monoglucosides (delphinidin-3-O-monoglucoside: Dp3G; cyanidin-3-O-monoglucoside:
Cy3G; petunidin-3-O-monoglucoside: Pt3G; peonidin-3-O-monoglucoside: Pn3G; malvidin-3-Omonoglucoside: Mv3G), sum of acylated and p-coumarated anthocyanins, and malvidin-3-O-(6-Ocaffeoyl) monoglucoside (Mv3G6cf), are reported. Bars show differences between data for two
replicate samples.
147
Fig. 2. Profilo sensoriale dei vini ottenuti dalle varietà a bacca bianca.
Fig. 2. Sensory profiles of Cividin and Sagrestana white wines.
Fig. 3. Profilo sensoriale dei vini ottenuti dalle varietà a bacca nera.
Fig. 3. Sensory profile of Fumat, Pignolo and Cjanorie red wines.
148
2.22. INFLUENZA DEL TRATTAMENTO DOMESTICO DI COTTURA SULLA
QUALITÀ NUTRIZIONALE IN CAMPIONI DI RADICCHIO ROSSO DI TREVISO
INFLUENCE OF DOMESTIC COOKING ON NUTRITIONAL QUALITY OF RED CHICORY
(RADICCHIO ROSSO DI TREVISO)
Federica INTORRE*, Simona VALENTINI, Maria Stella FODDAI, Elena AZZINI, Francesca
IOANNONE, Giuseppe MAIANI
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, via Ardeatina 546, 00178 Roma
* e-mail: [email protected]
Riassunto
La qualità di un alimento dipende dalle sue caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed
igienico-sanitarie che, a loro volta, sono funzione non solo di una serie di fattori pre-raccolto,
quali il tipo di cultivar, le condizioni geografiche e pedoclimatiche e le pratiche agronomiche,
ma anche di fattori post-raccolto di trasformazione e conservazione che mirano innanzitutto al
miglioramento delle caratteristiche organolettiche ed alla tutela della sicurezza igienica, ma
inevitabilmente modificano la qualità nutrizionale. In particolare, il trattamento domestico di
cottura comporta un cambiamento nel contenuto in nutrienti e non nutrienti di importanza
biologica, in modo essenzialmente dipendente dalla tecnica utilizzata e dalla sua durata così
come dallo stato fisico, forma e dimensione dell‟alimento.
Scopo di questo lavoro è l‟identificazione e la quantificazione di alcune molecole naturali ad
azione antiossidante (carotenoidi e polifenoli) in campioni di radicchio rosso di Treviso
tardivo (Cichorium intybus L. var. Silvestre) e la valutazione dell‟impatto della cottura sul
contenuto di tali molecole. In particolare il radicchio è stato analizzato non cotto, cotto al
forno a tre diverse temperature (150°C, 170°C, 190°C), cotto alla griglia (150°C) o bollito
(100°C); ogni trattamento è stato effettuato per due diversi tempi, scelti in seguito a test
preliminari finalizzati a definire una combinazione ottimale tempo-temperatura.
I carotenoidi identificati nel radicchio sono la luteina ed il beta-carotene, con concentrazioni
rispettivamente di 0.31±0.03 mg/100g e 0.04±0.01 mg/100g nel campione non cotto. La
cottura alla griglia non ha determinato differenze nel contenuto in carotenoidi rispetto al
radicchio non cotto, mentre in seguito alla bollitura si sono osservate diminuzioni
significative (P<0.05); la cottura al forno ha comportato invece andamenti diversi a seconda
della combinazione tempo-temperatura di cottura (150°C per 8 e 10 minuti, 170°C per 6 e 8
minuti, 190°C per 6 e 7,5 minuti).
I polifenoli maggiormente presenti nei campioni analizzati sono l‟acido clorogenico, la
quercetina e la quercetina-3-glucoside, con concentrazioni rispettivamente di 0.92±0.07
mg/100g, 6.12±0.78 mg/100g e 0.13±0.12 mg/100g nei campioni di radicchio non cotto. La
concentrazione di acido clorogenico significativamente (P<0.05) è aumentata a seguito della
cottura al forno indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata (fino a
2.49±0.09 mg/100g per la cottura a 190°C per 7,5 minuti) ed è diminuita con la bollitura (fino
a 0.39±0.35 mg/100g). La quercetina e il suo derivato glucosidico hanno subito cambiamenti
significativi solamente a seguito della cottura alla griglia a 150°C per 20 minuti: mentre la
concentrazione della quercetina è raddoppiata (P<0.05), la quercetina-3-glucoside si è ridotta
notevolmente in seguito allo stesso trattamento, anche se in modo non significativo.
In conclusione, i risultati dimostrano che la cottura influenza la qualità nutrizionale
dell‟alimento, in modo dipendente dal processo utilizzato. Di conseguenza, è importante
quantificare sia i nutrienti che le molecole non nutrienti di importanza biologica nell‟alimento
149
di partenza ma anche seguire il loro destino fino al consumo per verificarne effettivamente la
quantità ingerita e quindi i loro potenziali effetti sullo stato di salute.
Questo lavoro di ricerca è stato realizzato nell‟ambito del progetto “QUalità ALImentare e
FUnzionale” (QUALIFU) finanziato dal MiPAAF
Parole chiave: Radicchio, cottura, molecole bioattive
Abstract
Food quality depends on organoleptic, nutritional and hygienic-sanitary characteristics
which in turn are related to both pre-harvest (type of cultivar, geographic and pedo-climatic
conditions, agricultural practices) and post-harvest factors (technological processes and
domestic treatments) aiming to improve the organoleptic and hygienic-sanitary properties
but inevitably changing the nutritional quality. In particular, domestic cooking affects food
nutrient and non-nutrient content, depending on the type and the length of treatment as well
as the type of food and its physical status.
The aim of this work was to identify and quantify in late red chicory samples (Cichorium
intybus L. var. silvestre) the antioxidant compounds (carotenoids and phenolic compounds)
and to evaluate the effect of domestic cooking on their content. In particular, the red chicory
was analyzed as raw product, oven-cooked (150°C, 170°C, 190°C), grilled (150°C) and
boiled (100°C); each cooking process was performed at two different temperatures, following
preliminary tests for the identification of the best heating conditions (time-temperature).
The HPLC analysis of the red chicory extracts revealed the presence of lutein and betacarotene, whose concentrations were respectively 0.31±0.03 mg/100g and 0.04±0.01 mg/100g
in the raw sample. Whereas the grilled samples were not significantly different from the raw
ones, both lutein and beta-carotene content significantly (P<0.05) decreased after boiling;
oven cooking implied significant differences depending on the different heating conditions
(150°C for 8 and 10 minutes, 170°C for 6 and 8 minutes, 190°C for 6 and 7,5 minutes).
Chlorogenic acid, quercetin and quercetin-3-glucoside were the most representative phenolic
compounds, whose concentrations were respectively 0.92±0.07 mg/100g, 6.12±0.78 mg/100g
e 0.13±0.12 mg/100g in raw samples. Chlorogenic acid concentration significantly (P<0.05)
increased with oven cooking, regardless the heating condition (up to 2.49±0.09 mg/100g at
190°C for 7,5 minutes) and decreased with boiling (up to 0.39±0.35 mg/100g). Both quercetin
and quercetin-3-glucoside changed in grilled samples at 150°C for 20 minutes: quercetin
levels doubled in values (P<0.05), while quercetin-3-glucoside levels considerably
diminished, although not to a statistical significant level.
In conclusion, the results show that domestic cooking influences the food content of
carotenoids and polyphenols, changing the nutritional quality. Consequently, it is necessary
to quantify both nutrient and non-nutrient compounds non only in raw but also in cooked
food, in order to verify their fate during processing and their potential health effects.
Sponsorship: This research was supported by the Italian Ministry of Agricultural, Food and
Forestry Policies “QUalità ALImentare e FUnzionale” (QUALIFU)” Project
Keywords red chicory, cooking, bioactive compounds
150
Introduzione
Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che un elevato consumo di alimenti di
origine vegetale contribuisce a prevenire malattie cronico-degenerative, quali malattie
cardiovascolari (Rimm et al., 1996) e alcune forme di cancro (Williams e Hord, 2005). Alla
base dell‟effetto protettivo di tali alimenti è la presenza di molecole bioattive nutrienti (quali
carotenoidi e vitamina C) e non-nutrienti (quali ad esempio molecole fenoliche), coinvolte in
una serie di meccanismi biologici che sono alla base dei processi degenerativi. Tali molecole
sono metaboliti secondari delle piante e la loro presenza dipende dalla varietà, dalle pratiche
agronomiche e dalle condizioni geografiche e pedoclimatiche ma anche da una serie di
trattamenti post-raccolto di trasformazione e conservazione che mirano innanzitutto al
miglioramento delle caratteristiche organolettiche ed alla tutela della sicurezza igienica
dell‟alimento, ma che inevitabilmente influenzano la qualità nutrizionale. In particolare, il
trattamento domestico di cottura modifica in modo significativo il contenuto in nutrienti e non
nutrienti di importanza biologica, in modo essenzialmente dipendente dal trattamento
utilizzato e dalle condizioni di cottura applicate (tempo e temperatura) (Miglio et al., 2008;
Pellegrini et al., 2009).
Obiettivo di questo lavoro è stata l‟identificazione e la quantificazione di alcune molecole
naturali ad azione antiossidante (carotenoidi e polifenoli) in campioni di radicchio rosso di
Treviso tardivo (Cichorium intybus L. var. Silvestre) e la valutazione dell‟impatto della
cottura sul contenuto di tali molecole.
Materiali e metodi
Campionamento del materiale vegetale - 20 Kg di radicchio rosso di Treviso tardivo
(Cichorium intybus L. var. Silvestre) di pezzatura standard (20-25 cm) provenienti dallo
stesso lotto sono stati tagliati a metà verticalmente, lavati sotto acqua corrente, asciugati per
30 minuti ed infine divisi in 4 parti, ognuna da destinarsi ad un tipo di trattamento: tal quale
(nessuna cottura), cottura al forno a tre diverse temperature (150°C, 170°C, 190°C), cottura
alla griglia (150°C) e bollitura (100°C); ogni trattamento di cottura è stato effettuato per due
diversi tempi, scelti a seguito di test preliminari finalizzati a definire una combinazione
ottimale tempo-temperatura. Al termine della cottura, i campioni sono stati raffreddati a
temperatura ambiente (22±2°C) ed è stata effettuata la valutazione delle proprietà meccaniche
e del grado di cottura; in seguito sono stati congelati rapidamente a -45°C ed infine
liofilizzati.
Estrazione e quantificazione dei carotenoidi - I carotenoidi sono stati estratti utilizzando la
metodica descritta da Sharpless et al. (1999) e analizzati tramite un sistema HPLC PerkinElmer ISS 200 (Maiani et al., 1995).
Estrazione e quantificazione dei polifenoli - I polifenoli sono stati estratti in acqua e acetone
70%; gli estratti sono stati analizzati tramite un sistema HPLC ESA modello 580 (Azzini et
al., 2010).
Analisi statistica - I valori sono presentati come valori medi±deviazione standard (n=4). Le
differenze tra campione non cotto e cotto sono state testate mediante il t-test per dati appaiati.
P<0.05 è il livello di significatività usato.
Risultati e discussione
Nella Tab. 1 è riportato il contenuto in carotenoidi nei campioni di radicchio analizzati. La
cottura alla griglia non ha determinato differenze significative nella concentrazione di luteina
e beta-carotene rispetto al campione non cotto, mentre con la bollitura si sono osservate
diminuzioni significative (P<0.05) di entrambi i composti. La cottura al forno ha comportato
151
un andamento diverso a seconda della combinazione tempo-temperatura: a seguito di 10
minuti di cottura, anche se alla temperatura più bassa (150°C), si è osservata una significativa
diminuzione (P<0.05) dei valori di luteina, diminuzione che è avvenuta anche a seguito della
cottura a 190°C; inoltre la cottura al forno ha determinato sempre un aumento dei livelli di
beta-carotene, indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata.
Nella Tab. 2 è riportato il contenuto in polifenoli nei campioni di radicchio. La
concentrazione di acido clorogenico è significativamente (P<0.05) aumentata con la cottura al
forno, indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata e raggiungendo
comunque il valore più alto con la cottura a 190°C per 7,5 minuti; inoltre è tendenzialmente
aumentata con la grigliatura mentre è diminuita significativamente (P<0.05) con la bollitura.
La quercetina e il suo derivato 3-glucoside non hanno subito variazioni significative di
concentrazione con la cottura, eccetto che nella cottura alla griglia a 150°C per 20 minuti. Si
osserva però un andamento opposto; la concentrazione della quercetina è significativamente
(P<0.05) raddoppiata, mentre il suo derivato 3-glucoside si è ridotto notevolmente in seguito
allo stesso trattamento, anche se in modo non significativo.
Sebbene la cottura sia generalmente associata ad una ridotta qualità nutrizionale dell‟alimento
a causa della perdita di nutrienti e non-nutrienti dovuta fondamentalmente al riscaldamento
che può comportare processi di ossidazione e degradazione termica (Kalt, 2005), i risultati
ottenuti dimostrano che la cottura non ha sempre un effetto negativo, in quanto una
combinazione ottimale tempo-temperatura, che risulta essere diversa a seconda del
trattamento di cottura utilizzato, può promuovere la destrutturazione della matrice cellulare e
il conseguente aumento della estraibilità e disponibilità dei composti analizzati; infatti sia i
carotenoidi, che si trovano in associazione a complessi proteici di membrana nei cloroplasti o
cromoplasti, che i polifenoli, associati a componenti della parete cellulare e accumulati nei
vacuoli e negli apoplasti, vengono rilasciati con il calore da tali compartimenti (Kalt, 2005;
Bernhardt e Schlich, 2006).
Conclusioni
In conclusione, i risultati dimostrano che la cottura influenza la qualità nutrizionale
dell‟alimento, in modo dipendente dalle condizioni impiegate. Di conseguenza, è importante
quantificare sia i nutrienti che le molecole non nutrienti di importanza biologica nell‟alimento
di partenza ma anche seguire il loro destino fino al consumo per verificarne effettivamente la
quantità ingerita e quindi i loro potenziali effetti sullo stato di salute.
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Tab. 1. Contenuto in carotenoidi nei campioni di radicchio (valori medi±deviazione standard)
(n=4).
Analisi statistica: t-test per dati appaiati. *=P<0.05 rispetto al non cotto
Tab. 1. Carotenoid content in red chicory samples (mean±standard deviation) (n=4)
Statistical analysis: paired t-test. *=P<0.05 compared to raw sample.
Trattamento Temperatura Tempo
Luteina
Beta-carotene
(°C)
(minuti) (mg/100g peso fresco) (mg/100g peso fresco)
Non cotto
Forno
Forno
Forno
Forno
Forno
Forno
Griglia
Griglia
Bollitura
Bollitura
150
150
170
170
190
190
150
150
100
100
0.31±0.03
0.58±0.15*
0.21±0.02*
0.49±0.22*
0.58±0.24*
0.22±0.06*
0.27±0.07
0.27±0.09
0.25±0.11
0.19±0.02*
0.21±0.06*
8
10
6
8
6
7,5
16
20
8
11
153
0.04±0.01
0.05±0.01*
0.04±0.01
0.05±0.01*
0.08±0.02*
0.04±0.01
0.06±0.01*
0.04±0.01
0.04±0.01
0.03±0.00*
0.02±0.00*
Tab. 2. Contenuto in polifenoli nei campioni di radicchio (valori medi±deviazione standard)
(n=4)
Analisi statistica: t-test per dati appaiati. *=P<0.05 rispetto al non cotto
Tab. 2. Polyphenol content in red chicory samples (mean±standard deviation) (n=4)
Statistical analysis: paired t-test. *=P<0.05 compared to raw sample
Trattamento Temperatura Tempo Acido clorogenico
(°C)
(minuti)
(mg/100g)
Quercetina
(mg/100g)
Non cotto
Forno
Forno
Forno
Forno
Forno
Forno
Griglia
Griglia
Bollitura
Bollitura
6.12±0.68
6.06±0.29
6.00±0.68
6.31±1.03
7.53±1.37
7.52±0.87
8.75±2.22
10.00±4.11
13.00±0.66*
5.62±0.37
6.94±1.30
150
150
170
170
190
190
150
150
100
100
8
10
6
8
6
7,5
16
20
8
11
0.92±0.07
1.52±0.58*
2.15±0.16*
1.19±0.70
2.25±0.39*
2.00±0.23*
2.49±0.09*
1.01±0.37
1.29±0.06*
0.69±0.09*
0.39±0.35*
154
Quercetina-3glucoside
(mg/100g)
0.13±0.12
0.24±0.03
0.26±0.02
0.21±0.03
0.30±0.01
0.28±0.06
0.23±0.14
0.09±0.03
0.03±0.01
0.18±0.02
0.10±0.07
2.23. CARATTERIZZAZIONE QUALITATIVA DI FRUTTI DI FRAGARIA A
DIVERSA PLOIDIA
FRUIT QUALITY IN FRAGARIA GENOTYPES WITH DIFFERENT PLOIDY
Maria Luigia MALTONI, Daniela GIOVANNINI, Irene QUACQUARELLI, Walther FAEDI
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura -Unità di Ricerca per la
Frutticoltura di Forlì (CRA-FRF) -Via la Canapona, 1 bis - 47121 Forlì - Italy
[email protected]
Riassunto
Numerosi studi hanno evidenziato l‟elevato valore nutraceutico delle fragole (Fragaria ×
ananassa) rispetto ai frutti di altre specie della famiglia delle Rosacee. Al contrario,
pochissime sono ancora le conoscenze sulla qualità dei frutti di altre specie o ibridi del genere
Fragaria. Nel 2010, l‟Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì del CRA ha avviato uno
studio finalizzato quantificare, ai fini del breeding, il range di variabilità qualitativa dei frutti
in Fragaria. Frutti maturi di 28 accessioni diverse per specie di appartenenza e caratteristiche
agro-pomologiche (12 F. vesca; 7 F. moschata; 6 F.×ananassa; 1 ibrido F. chiloensis ×
F.×ananassa e 2 ibridi di origine sconosciuta) sono stati caratterizzati per numerosi tratti
qualitativi. Il range di variazione di ciascun carattere easminato è risultato ampio all‟interno
della medesima specie e, soprattutto, tra specie/ibridi diversi. L‟applicazione della tecnica
statistica della cluster analysis al set di dati rilevati ha consentito di suddividere in gruppi le
28 accessioni sulla base della similarità qualitativa dei frutti.
Parole chiave: fragola, germoplasma, variabilità genetica, polifenoli totali
Abstract
Octoploid F.×ananassa strawberries are known as being highly endowed with nutritional and
protective compounds in comparison to other fruits. However, information about the fruit
quality of other Fragaria species or hybrids is still limited. The CRA-FRF of Forlì has started
a study to investigate the range of variation of important fruit traits in its rich Fragaria spp.
germplasm collection for breeding purposes. In 2010, ripe fruits of 28 Fragaria accessions,
inlcuding 12 diploid (F. Vesca); 7 hexaploid (F. Moschata); 6 octoploid (F.×ananassa) and 1
octoploid hybrid (F. chiloensis × F.×ananassa); and 2 hybrids of unknown ploidy, were
sampled and the most important quality traits of each measured. The range of variation of
each qualitative trait was large within and among ploidy groups. Multivariate cluster
analysis was applied to the dataset of qualitative measures to discover natural groupings in
the 28 accessions based on the similarity of their fruit traits.
Keywords: strawberry, germplasm, variability exploitation, total polyphenols
Introduzione
Il genere Fragaria comprende numerose specie, diverse tra loro per caratteristiche
agronomiche e pomologiche (Bucci et al., 2010). Alcune di queste sono di origine europea,
come la diploide F. vesca (2n=2x=14), più comunemente conosciuta come fragolina di bosco,
caratterizzata da frutti piccoli, in genere molto aromatici e poco sodi, e l‟esaploide F.
moschata (2n=6x=42), caratterizzata da frutti rotondi, di pezzatura di poco superiore a quella
delle fragole diploidi, di colore variabile dal rosso chiaro al violaceo e dal tipico aroma
155
moscato. La quasi totalità delle cultivar di fragola oggi commercializzate appartengono alla
specie F.× ananassa, ottoploide (2n=8x=56), che deriva da un incrocio interspecifico
casualmente avvenuto nel 1766 tra due specie ottoploidi, F. chiloensis e F. virginiana. Questo
incrocio ha generato un ibrido fertile con frutti molto più grossi rispetto a quelli delle due
specie di origine. Numerosi studi hanno dimostrato che i frutti di F.×ananassa sono dotati di
elevato valore nutrizionale, soprattutto se comparati con quelli di altri fruttiferi della famiglia
delle Rosacee (Tulipani et al., 2008; Carkeet et al., 2008). Sono invece ancora molto limitate
le conoscenze sulle caratteristiche qualitative dei frutti delle altre specie o ibridi appartenenti
al genere Fragaria.
L‟accurata caratterizzazione genetica e fenotipica del germoplasma è la premessa
indispensabile per valorizzare al meglio le potenzialità delle risorse genetiche attraverso
specifiche azioni di breeding. Nell‟ambito del progetto „Risorse Genetiche Vegetali‟ del
MiPAAF, finalizzato alla salvaguardia ed alla valorizzazione del germoplasma vegetale, il
CRA-FRF ha avviato un‟indagine sulla composizione qualitativa dei frutti di Fragaria spp.
presenti nella collezione costituita presso la propria azienda sperimentale di Magliano-Forlì,
di cui vengono qui riportati i primi risultati.
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto nel 2010 su 28 accessioni (Tab.1) di Fragaria spp.. Per ogni
accessione, in corrispondenza della raccolta principale, sono stati prelevati 3 campioni di
frutti maturi, per un totale di 500 g. Di ogni campione sono stati rilevati singolarmente il peso
ed il colore dell‟epidermide (coordinate colorimetriche L*, a*, b*); sul succo ottenuto da più
frutti sono stati determinati il contenuto di solidi solubili (SSC), con rifrattometro digitale;
l‟acidità titolabile (AT), con titolature automatico; l‟acido L-ascorbico (AA), con l‟RQflex
Merck; il contenuto dei principali zuccheri (saccarosio, glucosio e fruttosio) e dei principali
acidi organici (acido citrico, malico e quinico) mediante HPLC dotato, rispettivamente, di
rilevatore IR e detector a diodi; su una ulteriore quota di frutti liofilizzati si è rilevato per via
spettrofotometrica il contenuto di polifenoli totali (PHT), secondo il metodo proposto da
Proteggente et al. (2002); la capacità antiossidante totale (CAT), col biosaggio descritto da
Gao et al. (2000) ed il contenuto di antociani totali (ACYT) col metodo proposto da Wrolstad
et al. (2005).
Per ogni variabile e accessione sono stati calcolati la media e l‟errore standard (ES). Sui dati
normalizzati è stata applicata la cluster analysis con il software SYSTAT ® 11.
Risultati e discussione
Le diverse specie e ibridi di Fragaria hanno mostrato un‟ampia variabilità per molte delle
variabili qualitative analizzate. Il gruppo delle accessioni diploidi (F. vesca) si è
contraddistinto per l‟elevato contenuto di SSC e di zuccheri solubili, di AT e di acidi organici,
di PHT e CAT (tabb. 2 e 3). Le accessioni esaploidi di F. moschata si sono differenziate per il
colore scuro dell‟epidermide, riportando i valori più bassi delle coordinate colorimetriche L*,
a* e b*, per l‟elevato contenuto di antociani e zuccheri, per i bassi livelli di AT e AA. Le
ottoploidi (F. × ananassa e F. chiloensis × F.× ananassa), infine, hanno evidenziato i livelli
più bassi di SSC, dei singoli zuccheri, di ACYT (risultati superiori soltanto a quelli delle
diploidi cv Snovit e Yellow wonder, che avendo il frutto bianco sono prive di antociani) ed il
più alto contenuto di AA. Tra i gruppi sono state riscontrate differenze di rilievo anche nella
composizione percentuale dei singoli zuccheri ed acidi organici: le ottoploidi, in particolare, si
sono distinte per un basso contenuto di fruttosio (44% a fronte del 52-55% degli altri due
gruppi) ed elevato di saccarosio (15% rispetto al 10% delle esaploidi e 7% delle diploidi).
156
L‟acido malico, inoltre, è risultato percentualmente molto più rappresentato (23% del totale)
nelle fragole ottoploidi rispetto alle altre (circa 10%), al contrario del quinico (7% contro il
16%). La cluster analysis, effettuata sui dati delle sole variabili biochimiche e di colore ha
separato le accessioni di Fragaria in 3 gruppi distinti corrispondenti al livello di ploidia,
suggerendo che questa influisca significativamente sulle componenti legate al gusto ed alla
salubrità del frutto. Le selezioni Sel 4 e Sel 7, ibridi interspecifici a corredo cromosomico
sconosciuto, si sono collocate nel raggruppamento di F. moschata, nonostante, dal punto di
vista fenotipico, entrambe le selezioni mostrino caratteri comuni a F.×ananassa e
F.moschata. Nel raggruppamento delle diploidi (F. vesca), i genotipi rifiorenti si sono
collocati in un sottogruppo distinto rispetto alle unifere (con l‟unica eccezione della cv
Minja), suggerendo che anche questo carattere possa influenzare la composizione qualitativa
dei frutti.
Conclusioni
Il presente studio, ancorché preliminare, ha già rivelato l‟esistenza di una ampia variabilità
nella qualità dei frutti nel genere Fragaria. Se confermata su un più ampio numero di
genotipi e per più anni, da questa variabilità il breeding potrà certamente attingere importanti
informazioni per azioni più mirate al miglioramento del sapore e della salubrità delle fragole.
Bibliografia
BUCCI A., FAEDI W., BARUZZI G., 2010. Origine and evoluzione. In: La fragola. Bayer
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CARKEET C., CLEVIDENCE B.A., NOVOTNY J.A., 2008. Anthocyanin excretion by
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GAO, X., OHLANDER, M., TEPPSSON, N., BJORK, L., TRAJKOVSKI, V., 2000.
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buckthorn (Hippophae rhamnoides L.) during maturation. Journal of Agricultural Food
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WROLSTAD R.E., ACREE T.E., DECKER E.A., PENNER M.H., REID D.S., SCHWARTZ
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measurement of anthocyanins by UV-Visible spectroscopy. In: Handbook of food
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PROTEGGENTE R., PANNALA A. S., PAGANA G., VAN BUREN L., WAGNER E.,
WISEMAN S., VAN DE PUT F., DACOMBE C., RICE-EVANS C. A., 2002. The
antioxidant activity of regularly consumed fruit and vegetable reflects their phenolic and
vitamin C composition. Free Radical Research, 36 (2): 217-233.
TULIPANI S.,MEZZETTI B.,CAPOCASA F., BOMPADRE S., BEEKWILDERJ., RIC DE
VOS C.H., CAPANOGLU E., BOVY A., BATTINO M., 2008. Antioxidants, phenolic
compounds, and nutritional quality of different strawberry genotypes. Journal of
Agricultural and Food Chemistry, 56 (3): 696-704.
157
Tab.1. Elenco, pedigree e livello di ploidia delle 28 accessioni di Fragaria caratterizzate per la qualità
dei frutti nel presente studio
Tab.1. List, pedigree and ploidy of the 28 Fragaria accessions whose fruit quality was assessed in the
present study
Accessione
Pedigree
Ploidia
Sel 06.027.10
Sel 06.233.21
Sel 07.143.41
Alpine1
Frana di Mezzo2
Frana Torrente Sotto2
Minja
Norrlands
Regina delle Valli1
Sara
Snovit
Yellow wonder1
Sel 02.277.9
Sel 06.257.9
Sel 07.218.1
Sel 07.218.3
Sel 98.129.1
Sel 4
Sel 7
Capron Royal
Profumata di Tortona
Sel 04.055.1
Alba
Onda
Unica
Zeta
Sel TN1.48.1
Sel 99.136.7
Sara x Alpine
Snovit x Regina delle Valli
Elba x Norrlands
Sconosciuto
accessione autoctona
accessione autoctona
Sconosciuto
Sconosciuto
Sconosciuto
Norrlands x Minja
Sconosciuto
Sconosciuto
Profumata di Tortona x op
Profumata di Tortona x Capron Royal
Profumata di Tortona x op
Profumata di Tortona x op
Profumata di Tortona x op
Profumata di Tortona x F. × ananassa
Profumata di Tortona x F. × ananassa
vecchia varietà francese
vecchia varietà italiana
(F. chiloensis x op) x F. × ananassa
Sconosciuto
(Sel 78.65.1 x Honeoye) x Marmolada
Sel 91.143.5 x Miss
Sel 92.427.6 x Miss
Queen Elisa x 93.451.5
Onda x Camarosa
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
2x=14
6x=42
6x=42
6x=42
6x=42
6x=42
incerta
incerta
6x=42
6x=42
8x=56
8x=56
8x=56
8x=56
8x=56
8x=56
8x=56
=rifiorente; 2 accessioni spontanee di F. vesca provenienti dall‟Appennino Tosco-Emiliano;
Sel=accessioni ottenute dall‟attività di breeding del CRA-FRF
1
158
Tab. 2. Peso, contenuto di solidi solubili (SSC), acidità titolabile (AT), e coordinate colorimetriche L*, a*, b* dei frutti delle 28 accessioni di Fragaria
raggruppate per il livello di ploidia.
Tab. 2. Weight, soluble solids content (SSC), titratable acidity (AT), colour coordinates L*, a*, b* in the fruit of the 28 Fragaria accessions grouped
according to their ploidy.
Ploidia
Diploide
Diploide2
Esaploide
Ottoploide
Sel 43
Sel 73
1
Peso (g)
2,2±0,41
1,7±0,4
3,3±0,4
29,8±0,8
5,7±0,8
4,5±0,5
SSC (%)
10,7±0,2
12,4±0,8
11,5±0,2
7,2±0,2
8,8±0,1
10,0±0,1
AT (meq/100 g pf)
12,9±0,2
12,5±0,4
7,7±0,3
9,9±0,5
8,7±0,1
8,4±0,1
L*
36,5±0,5
68,1±0,4
32,2±0,9
41,5±1,7
37,8±0,3
34,7±0,4
a*
41,3±0,4
4,0±0,7
28,8±1,0
37,0±1,2
39,5±0,6
30,3±0,8
b*
22,9±0,4
42,7±0,7
12,8±0,8
23,5±0,6
21,2±0,3
14,6±0,2
media±errore standard; 2accessioni con frutto bianco; 3livello di ploidia sconosciuto
Tab. 3. Contenuto dei principali zuccheri ed acidi, polifenoli totali (PHT), capacità antiossidante totale (CAT), antociani totali (ACYT) e contenuto di acido
ascorbico (AA) nei frutti delle 28 accessioni di Fragaria raggruppate per il livello di ploidia.
Tab. 3. Single sugars and organic acid content, total polyphenols (TPH), total antioxidant capacity (TAC), total anthocyanins (TACY) and ascorbic acid
content (AA) in the fruit of the 28 Fragaria accessions grouped according to their ploidy.
Ploidia
Saccarosio
g/100 pf
Glucosio
g/100 pf
Fruttosio
g/100 pf
A.citrico
g/100 pf
Diploide
0,5±0,03
3,1±0,09 4,4±0,11
1,3±0,02
Diploide2
0,6±0,01
3,5±0,39 5,0±0,63
1,3±0,08
Esaploide
1,0±0,18
3,8±0,13 5,2±0,15
0,9±0,06
0,7±0,11
2,0±0,09 2,0±0,12
0,9±0,05
Ottoploide
Sel 43
0,4±0,01
3,0±0,04 4,1±0,04
0,6±0,06
3
0,5±0,01
3,3±0,18 4,6±0,21
1,0±0,01
Sel 7
1
2
media±errore standard; accessioni con frutto bianco; 3livello di
A.malico
g/100 pf
A.quinico
g/100 pf
PHT
mg/g pf
CAT
µmol/g pf
ACYT
mg/100 g pf
AA
mg/100 g pf
0,2±0,01
0,2±0,01
0,1±0,01
0,3±0,03
0,3±0,04
0,1±0,01
0,3±0,02
0,3±0,07
0,2±0,02
0,1±0,01
0,1±0,02
0,2±0,01
3,2±0,1
2,6±0,2
2,1±0,1
2,1±0,2
1,6±0,2
2,5±0,2
26,2±0,4
22,3±0,6
20,4±0,7
12,6±0,9
14,4±0,3
24,9±0,4
9,4±0,8
0,2±0,1
13,0±1,2
7,1±0,8
18,7±5,7
5,3±0,6
32,0±1,6
28,5±1,0
19,2±0,8
42,0±1,7
11,2±0,7
28,0±2,3
ploidia sconosciuto
159
* = varietà/selezione rifiorente
Fig. 1. Raggruppamento delle 28 accessioni di Fragaria sulla base della similarità (algoritmo di Ward)
dei caratteri rilevati.
Fig. 1. Dendrogram of 28 strawberry accessions grouped according to the similarity (Ward‟s
algorithm) of their fruit traits.
160
2.24. BETALAINE E ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE IN OPUNTIA TUNA E
CONFRONTI CON OPUNTIA FICUS-INDICA
BETALAIN AND ANTIOXIDANT ACTIVITY IN OPUNTIA TUNA AND COMPARISONS WITH
OPUNTIA FICUS-INDICA
Carmine NEGRO, Alessio APRILE, Erika SABELLA, Luigi DE BELLIS, Antonio MICELI
1
Università del Salento, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Via
Prov.le Lecce - Monteroni, 73100 Lecce, Italy
[email protected], [email protected], [email protected],
[email protected], [email protected]
Riassunto
L‟Opuntia tuna (L.) Miller è una piante morfologicamente e fisiologicamente molto vicina
alla specie coltivata Opuntia ficus-indica (L.) Miller. A differenza del comune fico d‟india,
l‟Opuntia tuna presenta un‟ampia variabilità fenotipica evidenziabile nella struttura dei
cladodi e nelle dimensioni e composizioni dei frutti.
In Italia la distribuzione di Opuntia tuna è limitata al sud Italia e la coltivazione ha uno scopo
puramente ornamentale. Tuttavia, in Messico, centro di origine del genere Opuntia, queste
piante sono molto apprezzate, sia per i frutti che per i cladodi.
Recentemente gli interessi scientifici sul genere Opuntia sono notevolmente aumentati a
seguito di scoperte che hanno evidenziato un loro possibile ruolo nella riduzione dei livelli di
colesterolo totale nel sangue (Wolfram et al., 2003).
I fichi d‟india rientrano tra le specie vegetali contenenti betalaine. In questo lavoro sono state
prese in considerazione due specie di fico d‟india (O.ficus-indica e O.tuna) e confrontati tra
loro cinque campioni caratterizzati da differenti livelli di colorazione viola dei frutti. Estratti
contenenti i metaboliti secondari in fase acquosa sono stati analizzati mediante sistema
HPLC/DAD/MS che ha consentito di rilevare la presenza di betanina e di isobetanina e di
quantificarne il contenuto. Il quantitativo di betanina ritrovato nei diversi campioni varia sino
a 0,84 g/Kg peso fresco, mentre quello di betalaine totali sino a 1,85 g/Kg peso fresco;
campioni con colorazione gialla della polpa sono risultati privi di tali molecole, mentre i
campioni viola hanno mostrato elevate concentrazioni.
Sono stati valutati il contenuto fenolico negli estratti, così come l‟attività antiossidante. I
risultati hanno evidenziato che il potere antiossidante dei campioni sembra dipendere dalla
somma di fenoli e betalaine; è stata messa in evidenza una corrispondenza diretta tra attività
antiossidante e componente fenolica, mentre è assente una correlazione diretta tra attività
antiossidante e contenuto in betalaine totali e betanine.
Parole chiave: Opuntia, attività antiossidante, betalaine, HPLC/MS
Abstract
Elephantear pricklypear (Opuntia tuna (L.) Miller) plants are morphologically and
physiologically very close to the widely cultivated Opuntia ficus-indica (L.) Miller. In Italy, its
distribution is limited to Southern Italy and the cultivation has a merely decorative purpose.
However, in Mexico, its center of origin, they are appreciated both for fruit as for cladods.
Recently the scientific interests on Opuntia have greatly increased since evidences in
reducing blood lipid and total cholesterol (Wolfram et al., 2003).
161
In this work two species of prickly pear (O.ficus-indica and O.tuna) were compared. Extracts
containing the secondary metabolites were analyzed by HPLC/DAD/MS system allowing to
measure betanin and isobetanin contents. The highest betanin value among samples was 0.84
g / kg fresh weight, while highest betacyanin value was 1.85 g / kg fresh weight.
Phenolic contents were quantified as well as antioxidant activity. The results showed that the
antioxidant activity is correlated with phenol and betalain amount; moreover it was
highlighted a direct correlation between antioxidant activity and phenolic compounds, while
no direct correlation between antioxidant activity and total content of betacyanins and
betanin was reported .
Keywords: Opuntia,
Spectrometry
Antioxidant
activity,
betalain,
Liquid
Chromatography-Mass
Introduzione
Le betalaine sono pigmenti vegetali prodotti da un ristretto numero di specie vegetali che non
producono antocianine ed hanno sviluppato vie biosintetiche alternative per la produzione di
sostanze in grado di imprimere colorazioni viola a frutti, fiori e porzioni di pianta. Molte
piante dell‟ordine delle Caryophyllales hanno la capacità di accumulare betalaine, così come
le piante del genere Opuntia oggetto di questo studio. Le betalaine sono pigmenti idrosolubili
contenenti azoto, localizzate nei vacuoli, e presentano un forte potere riducente, proteggendo
le piante dal danno ossidativo. Le betalaine sono state isolate per la prima volta dalla
barbabietola rossa, Beta vulgaris L., da cui deriva il nome (Castellanos-Santiago e Yahia,
2008). Le betalaine nelle piante svolgono un ruolo attrattivo per gli animali pronubi, agiscono
contro le specie reattive dell‟ossigeno (ROS), proteggono le parti ferite, intervengono in
presenza di infezioni fungine e possono anche proteggere dai dannosi raggi UV-B (XiaoHong, et al., 2009) .
Negli ultimi anni diversi studi hanno cercato di fare chiarezza sulla composizione della via
biosintetica delle betalaine; si è scoperto che possono esserci due percorsi differenti,
caratterizzati da due diverse molecole di partenza: tirosina e tiramina. La sintesi delle
betalaine prevede il coinvolgimento di numerosi enzimi che non sono ancora stati totalmente
caratterizzati, ma pare siano condizionati dai cambiamenti di luce e dalla presenza di
citochinine (Hinz et al., 1997).
La classificazione delle betalaine dipende dal colore dei pigmenti: le betacianine che sono
rosso-viola (comprendono quattro sottogruppi tra cui le betanine e amarantine) e le
betaxantine che sono giallo-arancio (comprendono tre sottogruppi).
A livello commerciale le betalaine destano grande interesse poiché possono costituire
coloranti alimentari naturali (per conferire al cibo un migliore aspetto evitando l‟utilizzo di
coloranti sintetici), ed essere usati come additivi alimentari. Grazie alle loro proprietà
antiossidanti possono svolgere un ruolo attivo contro l‟insorgenza di patologie degenerative e
disturbi legati allo stress ossidativo. Lo stress ossidativo porta modificazioni biochimiche che
possono causare malattie degenerative, cardiopatie ed alcune forme di cancro. Studi recenti
hanno dimostrato i benefici che questi pigmenti possono avere sulla salute umana (Azaredo,
2006).
Le betalaine vengono assorbite nell‟intestino umano e successivamente arrivano nel circolo
sanguigno dove si trovano incorporate nelle lipoproteine LDL e nelle membrane cellulari dei
globuli rossi; LDL e globuli rossi arricchiti di betalaine risultano, rispettivamente, più
resistenti all‟ossidazione e meno sensibili all‟emolisi. In Messico vengono utilizzate come
trattamento per la tosse, come antivirale e antimicrobico.
162
Lo scopo di questo lavoro è la caratterizzazione biochimica di diversi campioni di fico d‟india
e valutarne la qualità sulla base della quantità in fenoli, betalaine e attività antiossidante.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Il materiale vegetale utilizzato è costituito da 3 campioni di acrosarchi di
Opuntia tuna (L.) Miller e 2 campioni di Opuntia ficus-indica (L.) Mill, provenienti dall‟Orto
Botanico dell‟Università del Salento e campionati nel 2010, nel mese di ottobre. In particolare
i tre campioni di Opuntia tuna presentavano una polpa con diverse gradazioni del colore viola
(nominati in seguito Campione 1, 2, 3), un campione di Opuntia ficus-indica aveva anch‟esso
polpa di colore viola (Campione 4), mentre un campione di Opuntia ficus-indica aveva polpa
di colore bianco-verde (Campione 5).
Estrazione betalaine e sostanze ad attività antiossidante - I campioni di acrosarchi di Opuntia
sono stati prelevati dal sito ed immediatamente congelati ad una temperatura di -20 °C, dopo
rapido congelamento in azoto liquido. 25 g di polpa sono stati opportunamente omogeneizzati
in 50 ml di metanolo freddo acidulato allo 0,1%, successivamente evaporato a pressione
ridotta a freddo ed il contenuto risospeso in acqua acidulata.
Analisi lc/ms su estratti di polpa di fichi d‟india - L‟analisi di spettrometria di massa
accoppiata alla cromatografia liquida è stata realizzata seguendo il protocollo descritto da
Castellanos-Santiago e Yahia (2008).
Determinazione delle sostanze fenoliche totali - La determinazione delle sostanze fenoliche
totali è stata condotta tramite metodo di Folin-Ciocalteau. Questo metodo si basa sulla
reazione redox che si instaura tra i composti fenolici ed il complesso formato dagli acidi
fosfotungstenico e fosfomolibdico.
A 0,5 ml di campione diluito 1:10, si aggiungono 2,5 ml di acqua, 0,5 ml di reattivo di Folin e
si agita per 4 minuti. Successivamente si aggiungono 2 ml di Na2CO3 e 4,5 ml di acqua. Dopo
60 minuti si effettua una lettura allo spettrofotometro ad una lunghezza d‟onda di 765nm.
La quantificazione è effettuata utilizzando la curva di taratura dell‟acido gallico ed i risultati
sono espressi in acido gallico equivalenti (GAE).
Determinazione attività antiossidante con metodo orac (Oxygen Radical Absorbance
Capacity) - Per la determinazione dell‟attività antiossidante sono state eseguite analisi in
coerenza con il protocollo descritto da Ou et al. (2001)
Risultati e discussione
Analisi hplc/ms degli estratti di O. tuna e O. ficus-indica - La caratterizzazione biochimica dei
composti presenti in O. tuna ed O. ficus-indica è stata condotta mediante HPLC/MS ed ha
consentito di identificare le betalaine contenute negli estratti e, utilizzando la retta di taratura
per la betanina, di quantificarne i livelli nei vari campioni. In Fig. 1 è riportato il profilo UV a
540 nm relativo ad un campione di Opuntia tuna caratterizzato da frutti con polpa viola.
La quantificazione dei contenuti in betalaine ha evidenziato una certa variabilità nei campioni
di Opuntia tuna con valori compresi tra 0,33 (Campione 3), 0,56 (Campione 2) e 1,85 g/kg di
polpa fresca (Campione 3). Il campione viola di Opuntia ficus-indica (Campione 4) contiene
0,54 g/kg, mentre quello bianco-verde (Campione 5) non contiene betalaine (Tab. 1). I valori
sono stati calcolati utilizzando come standard la molecola betanina. Tali risultati sono simili a
quanto riportato da Stintzing e collaboratori, che, nel 2005, hanno evidenziato che i frutti
viola posseggono il maggior contenuto in betalaine, mentre è minore nei frutti rossi e arancio
e quasi nullo nei frutti verdi. Inoltre, i valori di betanine riscontrati nei frutti di fico d‟india
sono simili e in un caso addirittura superiori a quelli ritrovati da Gasztonyi e collaboratori
(2001) su campioni di diverse varietà di barbabietole rosse (Beta vulgaris L.), specie da cui
163
normalmente si estraggono per scopi commerciali queste sostanze. I valori ritrovati da
Gasztonyi et al. nelle barbabietole rosse sono pari a circa 0,40-0,50 g/kg. I frutti di O. tuna
possono rappresentare quindi una valida alternativa alla barbabietola rossa come fonte
primaria di betanina.
Fenoli totali in estratti di polpa di fichi d‟India - L‟estratto grezzo ottenuto dalla polpa di fico
d‟india è stato anche analizzato mediante metodo di Folin-Ciocalteau per quantificare il
contenuto di fenoli totali.
Il quantitativo di sostanze fenoliche totali è molto variabile nei 5 campioni analizzati, ed
oscillano tra un valore di 0,531 g/Kg di estratto di polpa nel campione di Opuntia ficus-indica
di colore bianco-verde (Campione 5), sino ad un valore 1,265 g/Kg nel Campione 2 (Tab. 1).
In generale i valori riscontrati sono in linea con la letteratura (Stintzing et al., 2005), sebbene
il campione 2 abbia evidenziato un quantitativo significativamente superiore.
Attività antiossidante - I risultati mostrano che l‟attività antiossidante è compresa tra 8000 e
11050 µmol di trolox equivalenti per kg di polpa rispettivamente per il campione 5 e il
campione 2 (Tab. 1). Tali risultati sono in accordo con quanto riportato da Stintzing (2005)
per alcune varietà di fico d‟india cresciute in Salinas, California, USA. L‟attività antiossidante
non sembra correlata al contenuto di betalaine come dimostra il basso valore di regressione
ottenuto (R2 = 0,37) tra i dati dell‟attività antiossidante e quelli del contenuto in betanine. È
stata osservata, invece, correlazione tra i contenuti in sostanze fenoliche ed attività
antiossidante (R2 = 0,84). L‟attività antiossidante osservata è il risultato, quindi, di un effetto
sinergico dovuto alla presenza di più classi di composti biologicamente attivi (fenoli) e non di
una singola classe (betalaine).
Conclusioni
L‟analisi LC/MS effettuata sui frutti di fico d‟india ha consentito di identificare la presenza di
betalaine presenti nei 5 campioni, in particolar modo la presenza di betanina e isobetanina.
Tramite quest‟analisi è stato possibile quantificare il contenuto di betanina e delle betalaine
totali all‟interno dei diversi campioni.
Nel campione 1, caratterizzato da un intenso colore viola, è stato ritrovato un quantitativo di
betalaine totali pari a 1,85 g/Kg. Quantità minori di betalaine totali si ritrovano negli altri
campioni; in particolar modo un valore relativamente basso si ritrova nel campione 3, colorato
di rosso, dove il contenuto di betalaine totali è di 0,33 g/Kg. Il campione 5, di colore giallo, è
totalmente privo di betalaine. Si è visto dunque che il quantitativo di betalaine totali è
maggiore in frutti colorati di viola.
Attraverso il metodo Folin-Ciocalteau è stato quantificato il contenuto fenolico dei 5
campioni, con valori che variano da 0,531 a 1,265 g/Kg di estratto di polpa, dove il valore più
basso lo si ritrova nel campione 3, mentre il valore più alto è stato ritrovato nel campione 2.
L‟attività antiossidante, effettuata col metodo ORAC, varia tra 8000 e 11050 µmol Trolox
equivalenti/kg di polpa. La migliore attività antiossidante è data dal campione 2, mentre il
campione 5 è quello che ha presentato minore potere antiossidante. Questi risultati dipendono
anche dal quantitativo di betalaine presenti nel campione ma non esclusivamente: infatti, il
campione 5 privo di tali molecole mostra attività antiossidante inferiore rispetto agli altri
campioni ma rimane comunque una attività notevole dovuta alla presenza di altre molecole,
mentre il campione 2 colorato di viola presenta maggiore potere antiossidante nonostante un
valore relativamente basso di betalaine totali. Da questi risultati si può dedurre che non esiste
una corrispondenza diretta tra la quantità di betalaine e attività antiossidante, come
evidenziato dal basso valore del coefficiente di correlazione (R2 = 0,37) tra l‟attività
164
antiossidante e il quantitativo di betalaine totali. Esiste invece una buona correlazione (R2 =
0,84) tra quantità di fenoli totali e attività antiossidante.
I dati riportati in questo lavoro ci consentono di affermare che l‟assunzione dei frutti di fico
d‟india può portare notevoli benefici alla salute, poiché grazie al loro potere antiossidante
possono svolgere azioni di prevenzione verso numerose patologie gravi dovute dalla
liberazione dei radicali liberi. Inoltre, questi frutti se utilizzati come fonte primaria di
coloranti naturali per prodotti alimentari a livello commerciale, possono rappresentare una
importante alternativa a sostanze di sintesi, potenzialmente pericolose per l‟uomo.
Bibliografia
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Prostaglandins, Leukotrienes and Essential Fatty Acids, 69: 61-66.
165
Tab. 1. Valori dei contenuti in betalaine, sostanze fenoliche e attività antiossidante relative ai cinque
campioni di O. tuna e O. ficus-indica. I valori sono espressi in g per kg di polpa per le colonne relative
al contenuto in betalaine ed in sostanze fenoliche totali. L‟attività antiossidante è espressa in µmol di
trolox equivalenti per kg di polpa fresca.
Tab. 1. Betalain, phenolic compounds and antioxidant activity of five samples of O. tuna and O. ficusindica. Values are reported as gram per kg of fresh weight in total phenolic and betalain columns. The
antioxidant activity is reported as µmol of Trolox equivalent per kg of fresh pulp.
Campione
Betalaine totali
(betanin, g/kg)
1
2
3
4
5
1,85 ± 0,21
0,56 ± 0,12
0,33 ± 0,09
0,54 ± 0,22
0,00 ± 0,00
Sostanze fenoliche
totali
(GAE, g/kg)
0,690 ± 0,030
1,265 ± 0,046
0,531 ± 0,027
0,733 ± 0,033
0,533 ± 0,061
166
Attività antiossidante
(µmol Trolox
equivalenti/kg)
9650 ± 50
11050 ± 170
8700 ± 220
9800 ± 290
8000 ± 270
Betanina
Isobetanina
Fig. 1. Cromatogramma UV/vis registrato a 540 nm di O.tuna (campione 1).
Fig. 1. 540 nm UV/vis Chromatogram relative to O.tuna sample 1.
167
2.25. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE
COMPONENTE VOLATILE DI VINI BIANCHI DELLA REGIONE PUGLIA
SULLA
INFLUENCE OF WINEMAKING TECHNIQUES ON VOLATILE COMPOUNDS OF APULIAN
WHITE WINES
Sandra PATI1, Domenico LA NOTTE1, Maria Lisa CLODOVEO2, Mariagiovanna
FRAGASSO1, Barbara LA GATTA1, Donato ANTONACCI3
1
Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni biotecnologiche per la sicurezza e la
valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università di Foggia, via Napoli 25, 71100
Foggia, Italia (Food Quality and Health Research Center, University of Foggia)
2
DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di
Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia (Department of Engineering and management
of the agricultural, livestock and forest systems, University of Bari)
3
CRA-UTV, Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo
(Turi BA) Via Casamassima, 148 - 70010 - Turi, Italia (CRA-UTV, Research Unit for table
grape and wine growing and wine producing in Mediterranean environment)
Riassunto
Importanti innovazioni nelle tecniche di vinificazione in bianco hanno come obiettivo la
produzione di vini con esaltate caratteristiche qualitative, in particolare dai tratti aromatici più
spiccati. In questa nota è stata studiata l‟influenza sui componenti volatili di vini da uve
Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano e Fiano, coltivate nella Regione Puglia, prodotti
mediante macerazione pre-fermentativa a freddo del pigia-diraspato, e mediante
fermentazione in ambiente ridotto per aggiunta di glutatione.
La macerazione pre-fermentativa a freddo ha favorito un maggior arricchimento in sostanze
volatili del vino da uva Falanghina, per una maggiore presenza di alcoli e di esteri. Nella
frazione volatile libera dei vini da Bombino Bianco la criomacerazione ha permesso una
maggiore estrazione dei composti varietali a 6 atomi di carbonio a note erbacee (1-esanolo, cis
e trans 3-esen-1-olo). Le note fruttate hanno partecipato in modo significativo al profilo
aromatico dei vini Trebbiano e tale aroma è stato apportato essenzialmente dagli esteri etilici
degli acidi grassi a media e corta catena e da alcuni acetati, prodotti durante la fermentazione
alcolica. La criomacerazione non ha incrementato la formazione di composti volatili, mentre
la vinificazione con aggiunta di glutatione ha favorito una maggiore produzione di esteri, in
particolare del decanoato di etile e dell‟etil-idrogeno succinato. Infine, l‟impiego del ghiaccio
secco nel Fiano ha comportato una maggiore presenza di composti volatili, in particolare
terpeni, rispetto al testimone e a quello ottenuto con aggiunta di glutatione.
Parole chiave: vini bianchi, tecnologie di vinificazione, composti volatili
Abstract
Important innovations in white winemaking are aimed to the production of wines with
enhanced quality, in particular with improved aroma characteristics. The influence of cold
pre-fermentative maceration and of glutathione addition on volatile compounds of Apulian
Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano and Fiano wines was reported in this study.
The use of dry ice caused an enrichment of volatile compounds in Falanghina wine, due to
alcohols and esters. Moreover, the cold pre-fermentative maceration allowed an enhanced
168
extraction of herbaceous C6 compounds (1-hexanol, cis and trans 3-hexen-1-ol) in Bombino
Bianco wines.
Fruity notes significantly contributed to the aroma profile of Trebbiano wines due to acetates
and ethyl esters of medium and short chain fatty acids produced during alcoholic
fermentation. The cold pre-fermentative maceration did not increase the formation of volatile
compounds, whereas vinification by glutathione addition caused a major production of esters,
particularly ethyl decanoate and ethyl hydrogen succinate. Finally, the use of dry ice for
Fiano winemaking allowed a major presence of terpenes with respect to both the traditional
and reductive vinification.
Keywords: white wines, winemaking technologies, volatile compounds
Introduzione
L‟aroma dei vini mostra un profilo chimico estremamente complesso, sia dal punto di vista
qualitativo che quantitativo. Diverse centinaia di composti aromatici sono stati identificati con
concentrazioni che variano tra le centinaia di mg/L ai ng/L; inoltre sono coinvolte diverse
classi di composti, che comprendono idrocarburi, alcoli, esteri, aldeidi, chetoni, acidi, eteri,
lattoni, composti solforati e azotati.
Diverse tecnologie di vinificazione, tra le quali la criomacerazione pre-fermentativa del
pigiadiraspato con ghiaccio secco e la fermentazione in ambiente ridotto per aggiunta di
glutatione, sono state proposte per favorire il potenziamento e la protezione della componente
volatile. La macerazione a freddo delle bucce nella fase prefermentativa ottenuta mediante
aggiunta di ghiaccio secco comporta infatti una maggiore estrazione di composti volatili e
loro precursori, e la loro protezione per l‟azione inibente della bassa temperatura sulle
reazioni di ossidazione dei componenti estratti (Álvarez et al., 2006). Per quanto riguarda
l‟utilizzo di glutatione in vinificazione, i suoi effetti inibitori nei confronti del naturale
decremento di alcuni composti volatili durante la conservazione del vino sono stati riportati
da Papadopoulou e Roussis (2001), dimostrando la capacità del glutatione di proteggere
l‟aroma dai processi ossidativi.
Nel presente lavoro, è stata studiata la componente volatile di vini bianchi prodotti da uve di
importanti cultivar, coltivate nella Regione Puglia, utilizzando tecnologie di vinificazione
mediante criomacerazione pre-fermentativa e ambiente di iper-riduzione al fine di realizzare
vini con miglioramenti nelle caratteristiche qualitative.
Materiali e metodi
Uve Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano e Fiano (100 Kg), dell‟Alto Tavoliere-FG,
sono state sottoposte a vinificazione con macerazione prefermentativa a freddo, mediante
ghiaccio secco, e a vinificazione in ambiente ridotto, mediante aggiunta di glutatione, in
impianto pilota.
Le uve controllo sono state vinificate con tecnologia di vinificazione in bianco. Dopo diraspapigiatura delle uve e sgrondatura del pigiato, il mosto è stato chiarificato a 8-10°C per 12 ore,
previa addizione di 5g/hL di metabisolfito di potassio, e posto a fermentare, alla temperatura
di 18°C, dopo ulteriore aggiunta di 5g/hL di metabisolfito di potassio, 15g/hL di lievito secco
attivo opportunamente attivato (Saccharomices Cerevisiae), e 25 g/hL di attivatore di lievito
(AEB Group SpA, Bologna). Al termine della fermentazione lenta e successivo deposito delle
fecce, il vino è stato sottoposto a successivi travasi fino all‟illimpidimento completo, ed
imbottigliato.
169
Per le vinificazioni con tecnologie differenti si è proceduto a modifiche rispetto al precedente
protocollo, come di seguito indicato:
- la macerazione prefermentativa a freddo è stata realizzata addizionando direttamente al
pigiato anidride carbonica in forma solida (12 kg/q di pigiato) fino a raggiungere la
temperatura di 5°C. Il pigiato è stato mantenuto a tale temperatura per circa 16 ore.
- la vinificazione in ambiente ridotto è stata effettuata mediante aggiunta sul pigiato di 5g/hL
di glutatione (AEB) e 20g/hL di un preparato a base di potassio pirosolfato, acido
ascorbico e tannino puro (Fermoplus Energy Glu, AEB).
La frazione volatile libera dei vini (3 repliche) è stata determinata mediante estrazione in fase
solida e successiva analisi GC/MS (Piñeiro et al., 2004), dopo 6 mesi di conservazione.
I componenti volatili sono stati identificati mediante confronto degli spettri sperimentali con
quelli riportati nella libreria NIST02 e con quelli ottenuti iniettando standard puri. L‟analisi
quantitativa dei componenti volatili è stata eseguita mediante allestimento di rette di taratura.
Il range di concentrazione considerato per la retta di calibrazione di ciascuna molecola
includeva i valori tipicamente riscontrati nei vini. I valori di R2 ottenuti sono risultati
superiori a 0.99.
I dati sperimentali sono stati sottoposti all'analisi della varianza ad una via (ANOVA, test di
Duncan) attraverso il software STATISTICA 6.0, con l'obiettivo di evidenziare le differenze
statisticamente significative.
Risultati e discussione
I componenti volatili derivanti dalla fermentazione alcolica, quali alcoli, esteri etilici, acetati e
acidi grassi, costituiscono la frazione volatile principale dei vini analizzati. Le note fruttate
tipiche del profilo aromatico dei vini bianchi sono essenzialmente dovute agli esteri etilici
degli acidi grassi a media e corta catena e ad alcuni acetati, prodotti durante la fermentazione
alcolica. La macerazione prefermentativa a freddo si è dimostrata efficace per l‟esaltazione
della componente volatile dei vini Falanghina e Fiano, come evidenziato nel grafico 1a,c.
I vini Falanghina ottenuti con questa tecnologia infatti hanno evidenziato una maggiore
concentrazione di alcoli (22,8% rispetto al test) ed esteri (43,7% rispetto al test). Tra gli alcoli
i principali sono stati l‟1-butanolo, l‟1-propanolo, gli alcoli isoamilici e il feniletilalcol, questi
ultimi due largamente superiori alle proprie concentrazioni soglia; tra gli esteri, il butanoato,
l‟esilacetato, l‟ottanoato e il decanoato di etile, con odori piacevoli di cera e di miele, sono
risultati presenti in concentrazioni superiori alle rispettive soglie di percezione olfattiva. Tale
risultato è confermato da quanto riportato da Selli et al. (2004) dove la macerazione
prefermentativa a freddo ha permesso una migliore estrazione di terpeni ed esteri etilici, con
conseguente aumento delle note floreali e fruttate nel corrispondente vino.
Nei vini Fiano ottenuti dalla macerazione prefermentativa a freddo i risultati ottenuti hanno
confermato le note potenzialità aromatiche delle uve. Infatti, oltre ad un incremento del 32,4%
di esteri (esanoato, lattato, ottanoato e decanoato di etile) e del 6,7% di alcol, è stato osservato
un incremento pari al 40,2 % di composti varietali, in particolare terpeni (citronellolo,
linalolo, α-terpineolo, nerolo e geraniolo) ed alcoli a 6 atomi di carbonio (1-esanolo, cis e
trans 3-esen-1-olo). Ciò è confermato da quanto riportato da Esti and Tamborra (2006)
sull‟influenza di questa pratica enologica nell‟aumentare considerevolmente i precursori
d‟aroma. Inoltre, si è evidenziato un incremento degli acidi grassi, i quali nonostante sia noto
apportino note sgradevoli descritte come formaggio e/o rancido, sono ritenuti essere correlati
positivamente alla qualità dei vini (Marais e Pool, 1980) in quanto correlati al contenuto in
esteri etilici. La criomacerazione ne ha comportato un maggior contenuto, soprattutto
dell‟acido decanoico. Per quanto riguarda i vini Bombino Bianco e Trebbiano ottenuti con
170
criomacerazione, i primi non hanno evidenziato variazioni significative nel profilo volatile
(+6,1%), mentre i secondi hanno mostrato un leggero decremento degli stessi rispetto al test (14,8%). Questi ultimi due vini hanno evidenziato miglioramenti per quanto riguarda il
contenuto di alcuni esteri etilici e acetati e acidi grassi quando prodotti in ambiente ridotto
mediante glutatione. Tali incrementi però non hanno comportato complessivamente un
aumento del contenuto totale di acidi, esteri ed alcoli (Fig. 1b, 1d) per i vini dei due vitigni. In
particolare il Bombino ha evidenziato un aumento del contenuto di isoamilacetato e 2feniletilacetato. Interessanti sono stati i dati relativi ad alcuni composti varietali dalle note
erbacee, quali gli alcoli a 6 atomi di carbonio (1-esanolo, cis e trans 3-esen-1-olo), determinati
in quantità di poco inferiori alle proprie soglie di percezione. Per il Trebbiano, è stato
osservato un incremento degli acidi e degli esteri butanoato di etile, isoamil acetato,
decanoato di etile ed etil idrogeno succinato con concentrazioni superiori alle rispettive soglie
di percezione. Nel caso del Fiano e Falanghina, i vini quando prodotti in ambiente ridotto
mediante glutatione non hanno evidenziato differenze significative rispetto al test, ad
eccezione di un decremento degli alcoli verificato per i vini Fiano (- 12,1%).
Conclusioni
La criomacerazione ha favorito un maggior arricchimento in sostanze volatili nei vini
Falanghina e Fiano, mentre i vini Trebbiano hanno mostrato un leggero decremento ed i vini
Bombino Bianco non hanno evidenziato variazioni significative.
Per quanto riguarda l‟effetto dell‟aggiunta di glutatione i vini delle quattro cultivar studiate
non hanno evidenziato differenze significative nel contenuto totale di acidi, esteri ed alcoli
rispetto al test, anche se è stato osservata una maggiore formazione di alcuni esteri per i vini
Bombino bianco e Trebbiano. L‟impiego di questo antiossidante naturale dell‟uva, e quindi
anche il suo incremento può contribuire a diminuire le dosi di antiossidanti aggiunti, come
l‟anidride solforosa, utilizzata nella normale pratica di cantina.
Ringraziamenti
La ricerca è stata finanziata dal Ministero dell‟Economia e delle Finanze, Ministero
dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e l‟Assessorato
Bilancio e Programmazione Regione Puglia dal programma „„Accordo di Programma Quadro
in Materia di Ricerca Scientifica della Regione Puglia - Progetto Strategico PS 042 dal titolo
„„Miglioramento e valorizzazione dell‟espressione varietale della produzione enologica della
Puglia‟‟.
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GUNATA Z. 2004. Volatile composition of red wine from cv. Kalecik Karasi grown in
central Anatolia. Food Chemistry, 85: 207-213.
a)
b)
500
350
300
400
250
300
200
200
150
100
100
50
0
0
Altri
test
Acidi
Esteri
ghiaccio secco
Alcoli
Altri
glutatione
test
Acidi
ghiaccio secco
Esteri
Alcoli
glutatione
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
500
400
300
200
100
0
Altri
Acidi
Esteri
test
ghiaccio secco
Alcoli
Altri
Terpeni
test
glutatione
Acidi
ghiaccio secco
Esteri
Alcoli
glutatione
Fig. 1a-c. Composti volatili determinati nei vini Falanghina (a), Bombino Bianco (b), Fiano (c) e
Trebbiano (d) ottenuti con diverse tecnologie di vinificazione.
Fig. 1a-c. Volatile compounds determined in Falanghina (a), Bombino Bianco (b), Fiano (c) and
Trebbiano (d) wines obtained by different winemaking technologies.
172
2.26. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE
COMPONENTE VOLATILE DI VINI ROSSI DELLA REGIONE PUGLIA
SULLA
INFLUENCE OF WINEMAKING TECHNIQUES ON VOLATILE COMPOUNDS OF APULIAN RED
WINES
Sandra PATI1, Domenico LA NOTTE1, Maria Lisa CLODOVEO2, Mariagiovanna
FRAGASSO1, Barbara LA GATTA1, Antonio COLETTA3
1
Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni biotecnologiche per la sicurezza e la
valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università di Foggia, via Napoli 25, 71100
Foggia, Italia (Food Quality and Health Research Center, University of Foggia)
2
DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di
Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia (Department of Engineering and management
of the agricultural, livestock and forest systems, University of Bari)
3
CRA-UTV, Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo
(Turi BA) Via Casamassima, 148 - 70010 - Turi, Italia (CRA-UTV, Research Unit for table
grape and wine growing and wine producing in Mediterranean environment)
Riassunto
Le tecnologie di vinificazione influenzano l‟estrazione e l‟evoluzione dei composti fenolici e
volatili, incidendo di conseguenza sulle caratteristiche qualitative dei vini. È stata studiata
l‟influenza di diverse variabili tecnologiche (macerazione pre-fermentativa a freddo del pigiadiraspato, utilizzo di coadiuvanti tannici, prolungamento dei tempi di macerazione), sulla
vinificazione di uve Aglianico, Uva di Troia, e Montepulciano, coltivate nella Regione Puglia.
In questa nota sono riportati i principali risultati evidenziati dallo studio dei componenti
volatili rilevati nei vini prodotti con i diversi sistemi di vinificazione.
Sono stati determinati numerosi composti, quali alcoli, acidi, esteri, aldeidi, chetoni, fenoli
volatili che costituiscono la frazione volatile preponderante del flavour di vini giovani,
svolgendo un ruolo primario nella definizione delle tipiche note fruttate. Per tutti i vini
oggetto di studio, in particolare per quello ottenuto da Uva di Troia, la tecnologia di
vinificazione che ha permesso di ottenere i migliori risultati sui componenti volatili è stata la
macerazione pre-fermentativa a freddo, effettuata con l‟utilizzo di ghiaccio secco, che ha
determinato un significativo aumento di alcoli ed esteri, con concentrazioni superiori alle
soglie di percezione olfattiva.
Parole chiave: vini rossi, tecnologie di vinificazione, composti volatili
Abstract
Winemaking techniques are well-known to influence extraction and evolution of phenolics
and volatile compounds, affecting in turn on the wine quality. The influence of several
technological variables (cold pre-fermentative maceration, addition of tannins, long
maceration) on the vinification of Apulian Aglianico, Uva di Troia, and Montepulciano
grapes was studied. The main results regarding volatile compounds as affected by the several
vinification parameters were here reported.
Numerous compounds were determined, including alcohols, acids, esters, aldehydes, ketones,
volatile phenols, which constitute the main components of flavour of young wines contributing
with typical fruity notes. For all wines, especially the one obtained from Uva di Troia, cold
173
pre-fermentative maceration with the use of dry ice was the technology which caused the most
enrichment of alcohols and esters, at a concentration higher than the sensory thresholds.
Keywords: red wines, winemaking technologies, volatile compounds
Introduzione
Le tecnologie di vinificazione, sia quelle prefermentative che quelle condotte nel corso della
fermentazione e quelle nel corso dell‟elaborazione ed invecchiamento del vino, favorendo
l‟estrazione dalle parti solide di molecole e/o agendo sul loro biochimismo influenzano la
composizione dei diversi costituenti ed in particolare la frazione volatile del vino,
responsabile di note sensoriali (Piñeiro et al., 2006). La criomacerazione in ambiente di CO2
può facilitare l‟estrazione di molecole volatili e loro precursori dalle parti solide, e la loro
protezione per l‟azione inibente della bassa temperatura sulle reazioni di ossidazione dei
componenti estratti (Álvarez et al., 2006). Anche il prolungarsi della macerazione o le
aggiunte di costituenti tannici, che predispongono il vino all‟invecchiamento, possono
consentire miglioramenti nella composizione del prodotto finito (Gambacorta et al., 2011).
Tali tecnologie, oltre che influenzare la frazione fenolica, possono favorire la presenza di
molecole odorose o potenzialmente odorose (precursori), provenienti dall‟uva, oppure
formate nel corso della fermentazione, o della elaborazione ed invecchiamento, e quindi
possono essere responsabili di fondamentali caratteristiche chimiche e sensoriali dei vini.
In questa nota sono riportati i risultati rilevati sulla componente volatile di vini rossi prodotti
da uve di importanti cultivar, coltivate nella Regione Puglia, con tecnologie di vinificazione
differenti, realizzate per verificare la loro influenza sulle caratteristiche qualitative del vino.
Materiali e metodi
Uve delle cv Aglianico (Alta Murgia-BA), Uva di Troia (Alta Murgia-BA), e Montepulciano
dell‟Alto Tavoliere-FG sono state vinificate sperimentando la criomacerazione, l‟aggiunta di
tannini ellagici e l‟utilizzo di macerazioni prolungate (10 giorni).
Le uve (100 Kg) sono state vinificate, in impianto pilota, con tecnologia standard di
vinificazione in rosso, secondo il seguente protocollo. Dopo pigiadiraspatura dell‟uva, il
pigiato è stato addizionato di 10 g/hL di metabisolfito di potassio, 15 g/hL di lievito secco
opportunamente attivato, (Saccharomices Cerevisiae), e 25 g/hL di attivatore di lievito
(preparazione a base di fosfato di ammonio bibasico, tiamina cloridrata, pareti delle cellule di
lievito e cellulosa).
La macerazione/fermentazione è stata condotta a 25°C per 5 giorni effettuando 2
follature/giorno. Il mosto-vino ottenuto per sgrondatura, dopo fermentazione lenta e
successivo deposito delle fecce, è stato travasato e conservato a temperatura ambiente. Dopo
una serie di altri opportuni travasi per eliminare le fecce leggere, il vino è stato imbottigliato.
Le vinificazioni con tecnologie differenti sono state effettuate, con modifiche rispetto al
precedente protocollo come di seguito riportato:
- utilizzo della criomacerazione, effettuata addizionando al pigia-diraspato CO2 in forma
solida, (circa 12 kg/q di pigiato) fino al raggiungimento della temperatura di 5°C, e
mantenendo tale temperatura per circa 24 ore, in serbatoio termo-condizionato;
- aggiunta di coadiuvanti tannici (tannini ellagici) al pigiato, in quantità pari a 10 g/q;
- prolungamento del tempo di macerazione da 5 a 10 giorni.
La valutazione dell‟idoneità delle diverse tecnologie enologiche applicate alle diverse cultivar
è stata effettuata mediante la caratterizzazione del vino dopo 8 mesi di conservazione.
174
La frazione volatile libera dei vini (3 repliche) è stata determinata mediante estrazione in fase
solida e successiva analisi GC/MS (Piñeiro et al., 2004).
I componenti volatili sono stati identificati mediante confronto degli spettri sperimentali con
quelli riportati nella libreria NIST02 e con quelli ottenuti iniettando standard puri. L‟analisi
quantitativa dei componenti volatili è stata eseguita mediante allestimento di rette di taratura.
Il range di concentrazione considerato per la retta di calibrazione di ciascuna molecola
includeva i valori tipicamente riscontrati nei vini. I valori di R2 ottenuti sono risultati superiori
a 0.99.
I dati sperimentali sono stati sottoposti all'analisi della varianza ad una via (ANOVA, test di
Duncan) attraverso il software STATISTICA 6.0, con l'obiettivo di evidenziare le differenze
statisticamente significative.
Risultati e discussione
Sono stati rilevati numerosi componenti volatili, quali alcoli alifatici e aromatici, acidi grassi,
esteri etilici ed acetati, aldeidi/chetoni, fenoli, derivanti dalla fermentazione, che costituiscono
comunemente la frazione volatile preponderante del flavour di vini giovani, e svolgono un
ruolo fondamentale nella definizione delle tipiche note fruttate di tali vini.
I vini Aglianico ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato un contenuto di
alcoli pari all‟80,3% dei componenti volatili, di esteri pari all‟11,9 e di acidi pari al 7,7 %
(Fig.1). Si è riscontrato un significativo ammontare di composti aromatici (feniletilalcol,
butanoato, esanoato e decanoato di etile) dalle note fruttate, con concentrazioni superiori alle
soglie di percezione olfattiva. Nei vini prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo,
rispetto a quelli prodotti con le altre tecnologie, si è osservato una più alta presenza di
composti volatili. Rispetto al test nei vini prodotti con la criomacerazione a freddo i composti
volatili sono aumentati complessivamente del 3,1%, tra i quali gli esteri hanno presentato un
incremento del 4,9% per un incremento di butanoato di etile, isoamilacetato, esanoato di etile,
etilacetato, lattato di etile, ottanoato di etile, ac. 3-idrossibutan-etilestere, decanoato di etile e
ac. acetico-2-feniletilestere; gli alcoli del 4,4% con incremento di alcoli isoamilici, 1pentanolo, 4-metil-1-pentanolo, esanolo, 3-esenolo(E), 2,3-butandiolo e feniletilalcol, mentre
gli acidi sono diminuiti dell‟1,0%.
I vini da Uva di Troia ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato che gli
alcoli sono risultati l‟82,8 % dei componenti volatili, gli esteri l‟11,6 % e gli acidi il 5,6 %.
Anche per tali vini si è osservato una più alta presenza di composti volatili in quelli prodotti
con la macerazione prefermentativa a freddo, rispetto a quelli prodotti con le altre tecnologie.
Nei vini prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo, rispetto al test si è evidenziato
un incremento di alcoli del 22,4% con incremento di 1-propanolo, 2-metil-1-propanolo, alcoli
isoamilici, 3-esen-1-olo(Z), 2,3-butandiolo, metionolo, benzilalcol e feniletilalcol, una
maggiore formazione di esteri pari all‟11,8% con incremento di lattato di etile, decanoato di
etile, acido butandioico dietilestere, etil-9-decenoato ed etil-idrogeno succinato, ed una
diminuzione degli acidi del 10,8%, con un incremento complessivo di composti volatili del
19,3% (Fig. 2) .
I vini Montepulciano ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato che gli
alcoli sono risultati l‟ 85,0 % dei componenti volatili, gli esteri il 7,4% e gli acidi il 7,5 %.
Anche per tali vini, si è osservato una più alta presenza di composti volatili in quelli prodotti
con la macerazione prefermentativa a freddo (Fig. 3). L‟impiego del ghiaccio secco ha
comportato una maggiore formazione di composti volatili (10,2%) rispetto al test. In
particolare gli alcol sono aumentati del 10,3% per incremento di 1-butanolo, alcoli isoamilici,
esanolo, 3-esen-1-olo(Z), 2,3-butandiolo, metionolo, benzilalcol e feniletilalcol e gli esteri del
175
9,3% con incremento di lattato di etile, ottanoato di etile, ac. 3-idrossibutan-etilestere,
decanoato di etile, dietilsuccinato, l‟ac.acetico-2-feniletilestere e il dietilmalato. Le tecnologie
di vinificazione con aggiunta di tannini e macerazione prolungata hanno comportato tenori
superiori in alcoli rispetto al test, ma comunque inferiori rispetto al criomacerato. In
particolare per quanto riguarda gli esteri, i vini ottenuti con le diverse pratiche enologiche,
eccetto la criomacerazione, hanno presentato valori inferiori al testimone. È da osservare,
infine, che in nessun vino si è riscontrata la presenza di aromi primari essendo noto che le uve
oggetto di studio sono a carattere neutro.
Conclusioni
Tra le diverse tecnologie sperimentate riguardanti la condotta della macerazione e
vinificazione di uve a bacca nera Aglianico, Uva di Troia, Montepulciano si evince che la
macerazione pre-fermentativa a freddo si è dimostrata quella più efficace per favorire
l‟espressione aromatica dei vini, soprattutto nel caso dell‟Uva di Troia. La decomposizione
delle bucce dell‟uva, prodotta dall‟impiego del ghiaccio secco, infatti, ha presumibilmente
incrementato la presenza di molecole responsabili della formazione di composti volatili, e di
conseguenza ha causato un significativo aumento dei composti ad impatto odoroso, in
particolare di alcoli ed esteri.
Ringraziamenti
La ricerca è stata finanziata dal Ministero dell‟Economia e delle Finanze, Ministero
dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e l‟Assessorato
Bilancio e Programmazione Regione Puglia dal programma „„Accordo di Programma Quadro
in Materia di Ricerca Scientifica della Regione Puglia - Progetto Strategico PS 042 dal titolo
„„Miglioramento e valorizzazione dell‟espressione varietale della produzione enologica della
Puglia‟‟
Bibliografia
ÁLVAREZ I., ALEIXANDRE J.L., GARCIA M.J., LIZAMA V., 2006. Impact of
prefermentative maceration on the phenolic and volatile compounds in Monastrell red
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2006. Characterisation of volatile fraction of monovarietal wines: Influence of winemaking
practices. Analytica Chimica Acta, 563: 165-172.
176
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
Altri
test
Acidi
ghiaccio secco
Esteri
Alcoli
coadiuvanti tannici
mac prolungata
Fig.1. Composti volatili determinati nei vini Aglianico ottenuti con le diverse tecnologie.
Fig. 1. Volatile compounds determined in Aglianico wines obtained by different winemaking
technologies.
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
test
Acidi
ghiaccio secco
Esteri
Alcoli
coadiuvanti tannici
mac prolungata
Fig. 2. Composti volatili determinati nei vini Uva di Troia ottenuti con le diverse tecnologie.
Fig. 2. Volatile compounds determined in Uva di Troia wines obtained by different winemaking
technologies.
600
500
400
300
200
100
0
Altri
test
ghiaccio secco
Acidi
Esteri
coadiuvanti tannici
Alcoli
mac prolungata
Fig. 3. Composti volatili determinati nei vini Montepulciano ottenuti con le diverse tecnologie.
Fig. 3. Volatile compounds determined in Montepulciano wines obtained by different winemaking
technologies.
177
2.27. RECUPERO E CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA, PRODUTTIVA E
QUALITATIVA DELLA PATATA “RICCIONA DI NAPOLI”
RECOVERY
AND
MORPHOLOGICAL,
PRODUCTIVE
AND
QUALITATIVE
CHARACTERISATION OF “RICCIONA DI NAPOLI” AN ANCIENT POTATO CULTIVAR
Alfonso PENTANGELO1, Bruno PARISI2, Ernesto LAHOZ1, Marco IANNUCCI2, Gerardo
GAUDIANO3, Assunta DI MAURO4
1
Unità di Ricerca per le Colture Alternative al Tabacco (CRA-CAT), via P. Vitiello, 108 84014 Scafati (SA), [email protected]
2
Centro di Ricerca per le Colture Industriali (CRA-CIN), via di Corticella, 133 - 40128
Bologna
3
OP Campania Patate scarl, Via dei Goti, 408 - 84012 Angri (SA)
4
Assessorato Agricoltura, Giunta Regionale della Campania, Settore SIRCA, Centro
Direzionale Isola A6 - 80143 Napoli
Riassunto
La patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata una delle varietà locali di patata più coltivata in
Campania fino agli anni ‟30; attualmente la sua coltivazione è limitata a qualche orto
familiare dove viene ancora conservata e moltiplicata da agricoltori-custodi.
Il recupero dei tuberi di Ricciona è avvenuto nel comprensorio della Penisola Sorrentina. Una
prima fase di questa attività ha previsto il risanamento del materiale, completamente infetto
dai principali fitovirus della patata, presso il SASA (Science and Advice for Scottish
Agriculture) e l‟avvio di un preliminare programma di moltiplicazione di tuberi-seme in un
areale di montagna italiano vocato alla produzione di patata da seme (Val Pulsteria, BZ).
Nel biennio 2011-12, la Ricciona è stata confrontata con quattro storiche varietà di patata
(Draga, Eigenheimer, Kennebec e Allerfrüheste Gelbe) alquanto diffuse in Campania nel
passato. Le prove, condotte nell‟agro Nocerino-Sarnese, hanno previsto la caratterizzazione
morfologica della Ricciona effettuata secondo il protocollo CPVO (TP 023/2) per la
distinguibilità, uniformità e stabilità della patata (DUS test). Le osservazioni sulle varietà a
confronto hanno riguardato anche la produttività, i principali aspetti qualitativi dei tuberi, la
valutazione culinaria e l‟evoluzione del germogliamento dei tuberi durante la conservazione.
La Ricciona si è nettamente distinta dalle altre varietà a confronto evidenziando piante molto
alte, a portamento eretto, con fioritura copiosa e prolungata, caratterizzate da epoca di
maturazione molto tardiva (fine luglio); i tuberi di forma arrotondata con periderma di colore
giallo e pasta bianco-crema, presentano occhi molto profondi ed elevato periodo di dormienza
(>3 mesi, in assenza di frigostoccaggio e trattamento antigermogliante post-raccolta). La
produttività è risultata buona anche se significativamente più bassa della migliore varietà di
riferimento (Kennebec). Elevato è risultato il tasso di tuberizzazione (poco meno di 20
tuberi/pianta), mentre la pezzatura dei tuberi si è mantenuta contenuta nella classe di calibro
commerciale (40-75 mm). Il contenuto di sostanza secca dei tuberi è risultato abbastanza
elevato (intorno al 19%), mentre la polpa è apparsa di media consistenza, debolmente
farinosa, struttura fine e poco umida, assimilabile alla tipologia culinaria di classe B, ovvero
tuberi adatti a tutti gli usi. I tuberi di Ricciona sono caratterizzati da elevata dormienza.
La patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata iscritta nel Registro Nazionale delle Varietà da
Conservazione con DM 11/4/2012, pubblicato nella GU n. 101 del 2/5/2012.
Parole chiave: patata, germoplasma, varietà locale, salvaguardia biodiversità
178
Abstract
The ancient potato variety locally named “Ricciona di Napoli” was one of the most cutivated
in Campania up to the „30s. Currently, its cropping is confined in some kitchen gardens
where it is preserved and multiplied by farmers custodian. The recovery of the tubers of
Ricciona happened in Penisola Sorrentina. In a first phase it was carried out at SASA
(Science and Advice for Scottish Agriculture) the eradication of the main potato viruses from
the recovered tubers. Successively, a multiplication program of seed potatoes started in a
suitable Italian mountain area (Val Pusteria, Bolzano). In the period 2011-2012, the potato
Ricciona was compared to four old potato varieties (Draga, Eigenheimer, Kennebec, Tonda
di Berlino) well known and cropped in Campania in the past years. Trials were conducted in
Agro Nocerino-Sarnese with the aim to describe the morphological characteristics of
Ricciona for DUS testing according to descriptors list by CPVO-TP 023/2 protocol. The
compared varieties were also looked for the yield, the main qualitative traits of tubers and
their culinary assessment. A clear distinctness was made between Ricciona and the other
varieties. Indeed, Ricciona showed very high and erected plants, with abundant and
prolonged flowering period, very late ripening (end of July). Tubers have a round shape with
yellow skin and cream-white flesh, very deep eyes with a long dormancy period (> 3 months
without refrigeration and postharvest chemical suppressant treatment to control sprouting).
Potato yield was good but significantly lower than Kennebec. The average number of tubers
per plant was about 20 while their main size was in the class 40 -75 mm. Tubers dry matter
content was quite high (around 19%), while flesh was of medium texture, weakly mealy,
scored as B cooking type and adapted to all the uses. “Ricciona (o Riccia) di Napoli” was
entered in the National Register of Conservation Varieties (DM 11/4/2012 in GU n. 101,
2/5/2012).
Keywords: potato, germplasm, landrace, biodiversity safeguard
Introduzione
Le prime varietà di patata ottenute in Europa già a partire dalla fine del XVIII secolo si
diffusero anche in Italia, soprattutto negli areali settentrionali, agli inizi del secolo successivo.
Molte di queste varietà, definite “locali” perché perfettamente adattate alle condizioni pedoclimatiche delle varie zone di diffusione furono poi coltivate per decenni in sufficiente
purezza attingendo il “seme” dalle contrade che davano maggiore sicurezza fitosanitaria
(altopiani, vallate isolate). Queste varietà, spesso con origine ignota, assumevano nomi legati
alla forma del tubero, al colore della pasta e, soprattutto, alla zona di maggiore coltivazione e
diffusione (De Cillis, 1937; Avanzi, 1956; Biadene, 1996).
La Ricciona di Napoli è stata una delle varietà “locali” di patata più coltivata in Campania
fino agli anni ‟30; in seguito, come per la maggior parte delle altre vecchie varietà, iniziò ad
essere sostituita con nuove cultivar commerciali di provenienza estera caratterizzate da tuberi
dotati di migliore aspetto visivo e maggiore precocità di maturazione (Fornaci, 1935; Fabiani,
1958; Benvenuti, 1965). Attualmente in Campania la sua coltivazione rimane solo sporadica
e limitata a qualche orto dove viene conservata e moltiplicata da agricoltori-custodi locali.
Allo scopo di salvaguardare un rinomato genotipo del germoplasma orticolo campano e
favorirne la reintroduzione negli areali pataticoli tradizionali di coltivazione, agli inizi del
2000 è stata avviata un‟attività articolata che ha visto coinvolti soggetti privati
(Organizzazione di Produttori) e pubblici (Enti di Ricerca e Regione Campania) e che ha
179
previsto il recupero, il risanamento, la caratterizzazione morfologica e produttiva nonché la
valutazione dei principali aspetti culinari dei tuberi di patata Ricciona (o Riccia) di Napoli.
Materiali e metodi
Il ritrovamento dei tuberi è avvenuto, ad opera della OP Campania Patate, sull‟altopiano di
Agerola (630 m s.l.m.) in provincia di Napoli; questo territorio, ricadente nel comprensorio
della Penisola Sorrentina è situato all‟interno del Parco dei Monti Lattari, a ridosso dei
comuni di Amalfi e Positano (Costiera Amalfitana). In quest‟areale la produzione di patata è
stata sempre molto rinomata non solo per le caratteristiche organolettiche dei tuberi ma anche
per la qualità sanitaria dei tuberi (con terreni coltivati fino a 800 m s.l.m.) frequentemente
utilizzati come tuberi-seme per le coltivazioni nelle aree pataticole delle pianure limitrofe
(Stabiese e Nocerino-sarnese). Una prima fase dell‟attività ha previsto la moltiplicazione, in
pianura, del poco materiale reperito allo scopo di effettuare le prime osservazioni sui tuberi e
assicurarne il mantenimento.
Da una prima indagine fitosanitaria (ELISA test) il materiale vegetativo è risultato affetto da
infezioni virali multiple di PVY (Potato Virus Y), PLRV (Potato Leafroll Virus), PVX
(Potato Virus X), PVS (Potato Virus S), PVM (Potato Virus M) e PVA (Potato Virus A). Per
questo motivo, l‟attività ha previsto il coinvolgimento del SASA (Science and Advice for
Scottish Agriculture, UK) per il risanamento e l‟espletamento delle procedure di EU Plant
Quarantine. L‟attività di risanamento in Scozia ha previsto ulteriori accertamenti sierologici
mediante ELISA test nonché l‟utilizzo di biosaggi con piante indicatrici (Chenopodium
quinoa, Datura stramonium, Nicotiana tabacum, Physalis pubescens) allo scopo di
identificare anche i ceppi virali dei singoli virus coinvolti nell‟infezione mista. Espianti di
germogli di tubero sono stati utilizzati per ottenere vitropiante sottoposte poi a più cicli di
termoterapia, con regimi termici differenziati in base ai virus da eradicare volta per volta, e
chemioterapia con ribavirina. A risanamento avvenuto, la Ricciona è stata inserita nella
collezione di germoplasma presente al SASA dove sono tenute in conservazione oltre 3.000
cv vetuste e moderne al fine della salvaguardia della biodiversità.
Sul materiale risanato si è proceduto alla caratterizzazione morfologica, produttiva e
qualitativa. A tale scopo i tuberi-seme di Ricciona sono stati impiantati nell‟Agro NocerinoSarnese (Angri nel 2011 e Scafati nel 2012), zona particolarmente vocata alla produzione
pataticola; i terreni pianeggianti (circa 20 m s.l.m.) sono molto leggeri (60% sabbia, 35% limo
e 5% argilla), caratterizzati da una buona dotazione di sostanza organica (circa 2%) e di azoto
totale (poco più dell‟1‰) ed elevate quantità di fosforo e potassio assimilabile (80 ppm di
P2O5 e 250 ppm di K2O), reazione sub-alcalina. In entrambi gli anni di osservazione la
Ricciona è stata confrontata con quattro storiche varietà di patata: Draga (1970), Eigenheimer
(1893), Kennebec (1948) ed Allerfrüheste Gelbe (1922, più nota come Tonda di Berlino);
tutte hanno avuto in passato una certa diffusione in Campania. In ciascun anno, le cinque
varietà sono state disposte in campo applicando uno schema sperimentale a blocchi
randomizzati con tre repliche. Ogni parcella, della dimensione di 14,4 m2 era costituita da 60
piante disposte su quattro file lunghe 4,5 m e distanti 80 cm tra loro. La “semina” è stata
eseguita il 26 febbraio nel 2011 e il 5 marzo nel 2012. La tecnica colturale ha rispettato
l‟ordinarietà per la patata nella zona considerata.
Per la caratterizzazione fenotipica si è ricorso ai descrittori previsti nel protocollo tecnico
TP/023/2-1/12/2005 dell‟Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (CPVO). I rilievi hanno
riguardato la pianta in generale e la descrizione del livello di espressione dei principali
caratteri morfologici della foglia, del fusto, del fiore, del tubero e del germoglio.
180
L‟accertamento dei caratteri è avvenuto in corrispondenza dello stadio di sviluppo della pianta
e con il metodo di osservazione riportati nel suddetto protocollo tecnico.
Per valutare il livello di precocità e il ritmo di accrescimento dei tuberi, in entrambi gli anni
sono state eseguite raccolte successive (10 tuberi/parcella) sulle cinque varietà a confronto, a
partire dall‟inizio della tuberizzazione della Ricciona (avvenuta in entrambi gli anni a metà
maggio) e ad intervallo di 20 giorni fino a metà luglio (in totale sono state realizzate quattro
raccolte). A quest‟ultima raccolta, oltre alla produzione di tuberi, sono state determinate le
principali caratteristiche della pianta (biomassa epigeica, steli/cespo) e dei tuberi (peso medio
unitario, contenuto di sostanza secca, grado di maturazione). I dati rilevati sono stati
sottoposti ad ANOVA e le medie sono state separate mediante Tukey HSD test.
Sulla produzione ottenuta nell‟ultima raccolta del 2011 è stato determinato il profilo gustativo
dei tuberi cotti a vapore. La valutazione sensoriale è stata realizzata col metodo QDA (analisi
quantitativa descrittiva) secondo la metodica proposta dall‟Associazione Europea di Ricerca
sulla Patata (EAPR) (Bohler et al., 1986). Il panel era costituito da 15 giudici assaggiatori
addestrati, docenti dell‟AIS (Associazione Italiana Sommeliers), mentre i descrittori per le
sensazioni gustativo-tattili utilizzati sul prodotto cotto a vapore sono stati: consistenza
(durezza della pasta); umidità (presenza di liquido sulla superficie di taglio e al palato);
granulazione (presenza di granuli alla masticazione della polpa); gusto tipico di patata
(presenza); dolcezza (sensazione di dolcezza percepita alla masticazione).
Nel 2011, un campione di 100 tuberi/varietà è stato sottoposto a conservazione in un
magazzino di stoccaggio non termoregolato caratterizzato da scarsa illuminazione naturale
(<100 lux), da umidità relativa e temperatura piuttosto costanti (oscillanti tra 60-70% e 20-25
°C, rispettivamente) per valutare l‟inizio e l‟evoluzione del germogliamento dei tuberi.
Risultati
Il risanamento dei tuberi avvenuto presso il SASA in Scozia ha permesso di avviare nel 2011
un preliminare programma di moltiplicazione in un areale di montagna italiano (Val Pusteria,
in provincia di Bolzano) rinomato per la produzione di patata da seme. Già nel primo anno di
moltiplicazione sono stati ottenuti 2,5 t di tuberi-seme.
Dall‟osservazione dei principali caratteri morfologici (Tab. 1) si è evidenziato che la Ricciona
è nettamente distinguibile dalle altre varietà. Le principali differenze hanno riguardato la
pianta risultata ampiamente più alta (nel 2011 ha raggiunto anche 2 m), con un‟elevatissima
frequenza di fiori (il periodo di fioritura si protrae per circa due mesi) ed un‟epoca di
maturazione decisamente più tardiva. La foglia composta della Ricciona si presenta molto
piccola (circa 120 cm2 vs i 300 di Kennebec e Draga), mentre le foglioline appaiono molto
strette. La parte interna della corolla del fiore è caratterizzata da presenza uniforme di
pigmentazione antocianica, di media intensità e proporzione nel blu. I tuberi presentano una
forma arrotondata con occhi ampi e molto profondi che fanno apparire il tubero accartocciato,
quasi arricciato (da cui, probabilmente, il nome). Il colore esterno del tubero è giallo, così
pure la base degli occhi, mentre la polpa appare bianco-crema. Anche i germogli dei tuberi
presentano una pigmentazione antocianica di media intensità.
Dalla Fig. 1 si evidenzia che la Ricciona ha un inizio di tuberizzazione decisamente tardivo (a
circa 75 giorni dalla semina), con una tasso di accrescimento dei tuberi più sostenuto
nell‟ultima parte del ciclo colturale, evidenziando quindi un comportamento opposto alle
varietà più precoci (Draga, Tonda di Berlino ed Eigenheimer).
Nella Tab. 2 sono riportati le principali caratteristiche della pianta e dei tuberi (valori medi dei
due anni di prova) riscontrati alla raccolta di metà luglio. Le piante di Ricciona hanno
mostrato una massa epigeica significativamente più elevata delle varietà di riferimento, con
181
valori molto elevati di steli/cespo (4,5) e tuberi/pianta (19,3). La produzione per pianta (1.182
g) si è differenziata solo da Kennebec, risultata la migliore varietà di riferimento. I tuberi, non
ancora completamente maturi, hanno evidenziato una pezzatura di poco superiore ai 60 g con
elevata incidenza (86%) nella classe di calibro commerciale (40-75 mm) e un contenuto di
sostanza secca molto elevato (19,2%), superiore alla maggior parte delle varietà a confronto.
Le valutazioni sensoriali sui tuberi cotti a vapore (Tab. 3) hanno permesso di determinare la
tipologia culinaria (EAPR) della Ricciona risultata essere di classe B; ovvero tuberi con polpa
di media consistenza, debolmente farinosa, struttura fine e poco umida, sapore delicato. Con
questa classe vengono designate le patate adatte a tutti gli usi (buona per patata da insalata,
gratinata; abbastanza buona per purè, frittura, gnocchi e preparazioni al forno).
In fase di conservazione, i tuberi di Ricciona hanno evidenziato, infine, un elevato periodo di
dormienza. Come si evidenzia nella Fig. 2, solo dopo 3 mesi di conservazione in ambiente
non termo-regolato, è iniziata la comparsa dei primi germogli; a 4 mesi dalla raccolta appena
il 55% dei tuberi di Ricciona presentavano un solo germoglio evidente (lunghezza >2 mm).
Conclusioni
L‟attività ha permesso di recuperare una vera icona rappresentante il germoplasma vegetale
campano, destinata altrimenti alla definitiva scomparsa.
La definizione delle principali caratteristiche morfologiche, produttive e qualitative ha reso
possibile mettere in risalto alcuni requisiti di pregio riguardanti la pianta e i tuberi della patata
Ricciona quali: ciclo colturale molto tardivo e lunga conservazione dei tuberi. L‟utilizzo della
Ricciona negli ambienti pataticoli campani assicurerebbe raccolte tra la fine di luglio e agosto
rendendo quindi disponibile prodotto fresco di elevata qualità da destinare al consumo fresco
subito dopo la raccolta o dopo un lungo periodo di conservazione senza ausilio né delle basse
temperature (che provocano fenomeni di addolcimento e imbrunimento nel caso di frittura) né
di prodotti chimici (antigermoglianti) in post-raccolta.
Per favorire la sua reintroduzione, la patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata iscritta nel
Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione, istituito ai sensi della legge 46/2007. Su
richiesta della OP Campania Patate, l‟Assessorato all‟Agricoltura della Regione Campania, ne
ha avviato la pratica di iscrizione nel 2011. Recentemente (DM 11/4/2012, in G.U. - Serie
Generale - n. 101 del 2/5/2012), l‟iter si è concluso con successo: la Ricciona è divenuta così
il primo ecotipo italiano di patata ad essere iscritto in questo specifico Registro.
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182
Tab. 1. Livello di espressione dei caratteri morfologici rilevati nei due anni di prova.
Tab. 1. Expression level of the main morphological characters recorded in the two years.
Carattere morfologico/
Codice CPVO
Varietà
Ricciona Draga
Eigenheimer
Kennebec
Tonda di
Berlino
Molto alta Media
Molto alta Assente o
molto bassa
Molto
Media
tardiva
Alta
Bassa
Media
Assente o
molto bassa
Medio
tardiva
Bassa
Bassa
Pianta
Altezza
Frequenza dei fiori
23
24
Epoca di maturazione
31
Foglia
Taglia del contorno
15
Piccola
Medio
grande
Media
Grande
Media
20
Stretta
Media
Media
Larga
Media
28
Media
-
Assente o
molto lieve
Assente o
molto lieve
Proporzione blu
pigment. antocianica
Tubero
Forma
29
Media
-
Nullo o
bassa
Nullo o
bassa
Assente o
molto
lieve
Nullo o
bassa
32
Allungata
Profondità occhi
33
Superficiali
Ovale
allungata
Medi
Ovale
allungata
Superficiali
Ovale
corta
Medi
Colore epidermide
Colore base occhi
Colore della polpa
Germoglio
Intensità pigmentazione antocianica
34
35
36
Arrotondata
Molto
profondi
Giallo
Giallo
Crema
Giallo
Giallo
Bianco
Giallo
Giallo
Giallo chiaro
Giallo
Giallo
Giallo chiaro
Giallo
Giallo
Giallo
3
Media
Media
Forte
Assente o
molto lieve
Lieve
Fogliolina
Larghezza/lunghezza
Corolla del fiore
Intensità pigmentazione antocianica
183
Media
Medio
precoce
Tab. 2. Principali caratteristiche della pianta e dei tuberi rilevati alla raccolta di metà luglio (media dei
due anni di prova).
Tab. 2. Main plants and tubers characteristics recorded at the mid-July harvesting (average of the two
years of trials).
Caratteristiche della
pianta e dei tuberi
Ricciona
Draga
Varietà
Eigenheimer
Kennebec
Massa epigeica/pianta (g s.s.)
Steli/cespo (n)
Tuberi/pianta (n)
Produzione tuberi/ pianta (g)
Produzione commerciale (%)
Peso medio tuberi (g)
Maturazione tuberi (*)
Sostanza secca tuberi (%)
211,7 a
4,5 a
19,3 a
1.182 b
86,0 a
64,0 c
3,8 c
19,2 b
62,4 c
3,2 b
11,6 b
1.119 b
86,0 a
97,1 b
4,8 a
17,0 d
130,0 b
4,6 a
21,3 a
1.300 ab
84,0 a
61,5 c
4,4 b
20,2 a
107,3 b
3,4 b
11,6 b
1.514 a
81,2 a
132,5 a
4,3 b
18,2 bc
Tonda di
Berlino
60,1 c
3,4 b
17,9 a
1.311 ab
88,3 a
74,0 bc
4,8 a
17,5 cd
I valori su ciascuna riga contrassegnati con la stessa lettera non differiscono statisticamente per P≤0,05
(Test HSD Tukey). (*) valori compresi tra 1 (tuberi completamente immaturi) e 5 (tuberi non più
spellabili).
Tab. 3. Principali descrittori per la valutazione culinaria (valori medi e deviazioni standard).
Tab. 3. Main descriptors used to evaluate cooking types (mean values, standard deviations, n=15).
Varietà
Consistenza
(1)
Umidità
(2)
Descrittori
Granulazione
(3)
Gusto tipico
(4)
Ricciona
Draga
Eigenheimer
Kennebec
Tonda di Berlino
3,3  1,0
3,2  1,2
3,8  0,7
3,5  1,2
3,4  0,6
2,4  0,7
3,0  1,1
2,4  0,9
2,8  1,1
2,9  0,9
2,9  0,8
3,1  1,2
2,9  0,8
2,8  0,9
3,2  0,8
2,5  0,9
2,5  1,0
2,8  1,2
2,6  1,0
2,7  1,0
Dolce
(5)
1,8  0,9
2,1  1,0
1,9  0,9
2,1  0,9
2,2  1,0
(1) 1=molto tenera, 2=abbastanza tenera, 3=abbastanza soda, 4=soda, 5=molto soda; (2) 1=molto
secca, 2=abbastanza secca, 3=abbastanza umida, 4=umida, 5=molto umida; (3) 1=molto grossolana,
2=abbastanza grossolana, 3=abbastanza fine, 4=fine, 5=molto fine; (4) valori compresi tra 1 (senza
gusto) e 5 (gusto tipico molto pronunciato); (5) valori compresi tra 1 (non dolce) e 5 (molto dolce)
184
Fig. 1. Andamento della produzione di tuberi/pianta (media dei due anni di prova).
Fig. 1. Trend of the potato yield per plant (average of two years of trial).
La barra sugli istogrammi rappresenta l‟errore standard
Fig. 2. Incidenza (%) di tuberi con almeno 1 germoglio > 2 mm durante la fase di conservazione.
Fig. 2. Percentage of tubers with at least one bud longer than 2 mm during storage period.
185
2.28. CARATTERIZZAZIONE DI POPOLAZIONI LOCALI DI CATALOGNA
PUNTARELLE
(CHICORIUM
INTYBUS
L.)
E
ATTITUDINE
ALLA
TRASFORMAZIONE IN PRODOTTI PRONTI AL CONSUMO
CHARACTERIZATION OF LOCAL POPULATIONS OF CATALOGNA CHICORY (CICHORIUM
INTYBUS L.) AND SUITABILITY AS READY TO USE PRODUCTS
Maria GONNELLA1, Massimiliano RENNA2*, Donato GIANNINO3, Pietro SANTAMARIA2
1
Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, CNR-ISPA, Bari
Dipartimento di Scienze agro-ambientali e territoriali, Università degli Studi di Bari (BA)
3
Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria,CNR- IBBA, Roma
* Autore corrispondente: [email protected]
2
Riassunto
La cicoria catalogna (Cichorium intybus L., gruppo catalogna), indicata anche come cicoria
“asparago” o “puntarelle”, è un prodotto agroalimentare tradizionale pugliese. Popolazioni
simili si trovano anche nel Lazio (“Cicoria di catalogna frastagliata di Gaeta”) e in Veneto
(“Cicoria Catalogna Gigante di Chioggia”). Si tratta di popolazioni locali, di diffusione molto
limitata, il cui consumo riguarda ambiti regionali circoscritti, come ortaggio crudo o in
insalata con olio, aglio e acciughe (nella più famosa versione laziale) o cotto. Le popolazioni
coltivate in Puglia rientrano nei due principali raggruppamenti della Catalogna puntarelle di
Molfetta e Catalogna puntarelle di Galatina. La coltura, invernale, prevede un ciclo piuttosto
lungo che dalla semina (o trapianto) alla raccolta interessa un periodo fino a nove mesi, con
raccolte che iniziano a novembre e terminano a fine aprile. Il lungo periodo colturale è
assicurato da trapianti scalari, maturazione scalare (all‟interno della stesso appezzamento) e
dall‟impiego in successione della popolazione Molfettese (più rustica e resistente al freddo)
seguita dalla Galatina (più sensibile al freddo, per la consistenza più croccante e tenera dei
germogli). Le due popolazioni sono state valutate e descritte dal punto di vista morfologico ed
agronomico, in rapporto alle caratteristiche produttive e alla qualità del prodotto edule.
L‟impiego di descrittori e la caratterizzazione alla raccolta del prodotto edule hanno
consentito di evidenziare le differenze tra le due popolazioni. La caratterizzazione
organolettica e nutrizionale dei prodotti eduli sarà effettuata nell‟ambito del progetto di
ricerca del CNR “Identità, tracciabilità e valorizzazione di indivia, scarola e puntarelle
(Cichorium spp.) del Lazio e della Puglia mediante tecnologie „olistiche‟ e funzionali per
tratti di interesse nutrizionale ed economico”. In questo progetto si stanno studiando i
contenuti di diverse sostanze di rilevanza nutrizionale (inulina, brassinosteroidi, sesquiterpeni,
fitine e fitochelatine, citochinine, nonché metalli pesanti e nitrati). L‟obiettivo generale
dell‟attività è quello di valorizzare e promuovere il consumo di questa specie orticola.
Parole chiave: Cichorium intybus L. gruppo catalogna, descrittori morfologici,
trasformazione industriale, prodotti pronti al consumo
Abstract
The Catalogna chicory (Cichorium intybus L., catalogna group), also referred as chicory
"asparagus" or "puntarelle", is a traditional product in the Puglia region (Italy), both for
cultivation and consumption as raw or cooked. There are similar populations in Lazio
(Catalogna chicory “Frastagliata di Gaeta”) and in Veneto (Catalogna chicory “Gigante di
Chioggia”). These chicory groups are very limited in diffusion, and are eaten above all as
186
raw vegetables or in salads mixed with oil, garlic and anchovies (typical recipe of Lazio
region). For the Puglia cultivation of chicory asparagus are primarily used both Molfetta and
Galatina types. The crop grows during a winter cycle of nine months from seed or transplant
(in November) to harvest (in April). This is allowed by scalar transplant and ripening (inside
the same plot); Molfetta population (more resistant to cold) is cultivated before Galatina
(more susceptible to cold). These populations were evaluated and described in terms of
morphological and agronomic characteristics in relation to production and quality of the
edible portion. The use of descriptors and the characterization of the edible portion at harvest
made it possible to highlight the differences, where existing, between these two populations.
The sensorial and nutritional characterization of the edible part will be made during the CNR
research project "Identity, traceability and enhancement of endive, escarole and chicory
(Cichorium spp.) of Lazio and Puglia by „holistic‟ and functional technologies for nutritional
and economic interest traits". In this project the contents of several important nutritional
compounds will be studied (inulin, brassinosteroids, sesquiterpenes, phytins and
phytochelatins, cytokinins, as well as heavy metals and nitrates). The general goal is to
enhance and promote the consumption of this vegetable.
Keywords: Cichorium intybus L., catalogna group, morphological descriptors, industrial
processing, ready to eat products
Introduzione
Con il termine “cicorie” (Cichorium intybus L.) vengono indicati numerosi ortaggi coltivati,
o piante spontanee, utilizzati crudi per la preparazione di insalate, o cotti per la realizzazione
di antipasti, primi piatti e contorni. Le diverse tipologie sembrano essersi originate da C.
intybus var. silvestre Bischoff, una cicoria spontanea con radice sottile, a cui si ascriverebbero
gli attuali ortaggi coltivati per le radici (C. intybus var. sativus) o per le foglie (C. intybus var.
foliosum) (Tesi, 1990). Tra le varie tipologie, differenti per caratteristiche biologiche e
morfologiche, il gruppo “catalogna” comprende svariate popolazioni che presentano una
“testa” costituita da numerosi germogli, simili per aspetto ai turioni dell‟asparago, donde
anche la denominazione di “cicoria asparago” (Lucchin et al., 2008; Calabrese et al., 2009).
Le foglie presentano un lembo di forma e colore diverso a seconda della popolazione o delle
caratteristiche pedo-climatiche, manifestando una frequente eterofillia.
Le piante del gruppo “catalogna”, come le altre tipologie di C. intybus, sembrano provenire
dall‟Asia occidentale (Lucchin et al., 2008; Bianco e Calabrese, 2011); una delle aree di
domesticazione pare sia la Puglia, con particolare riferimento alle province di Lecce e
Brindisi. Nelle varie località del territorio pugliese vengono indicate con diversi nomi, tra cui
“catalogna puntarelle”, “Brindisina”, “di Galatina”, “pugliese” e “Molfettese”; una
popolazione tipica, coltivata soprattutto in estate, la cosiddetta “cicoria all‟acqua” o
“otrantina”, produce ricacci dopo i ripetuti tagli a cui è sottoposta (Bianco e Calabrese, 2011).
Popolazioni simili si trovano anche in Lazio (“cicoria catalogna frastagliata di Gaeta”) e in
Veneto (“cicoria catalogna Gigante di Chioggia”). Si tratta di popolazioni locali, di diffusione
molto limitata, il cui seme è spesso autoprodotto dagli agricoltori, attraverso la selezione
morfologica e fisiologica dei genotipi. La diffusione e il consumo delle “puntarelle” riguarda
ambiti regionali circoscritti, e l‟impiego avviene prevalentemente come ortaggio crudo, anche
condito in insalata con olio, aglio e acciughe (nella più famosa versione laziale) o cotto (in
Puglia).
La coltura, prevalentemente invernale, prevede un ciclo piuttosto lungo che dalla semina (o
trapianto) alla raccolta interessa un periodo fino a nove mesi, con raccolte che iniziano a
187
novembre e terminano a fine aprile. Il lungo periodo colturale è assicurato da trapianti scalari,
maturazione scalare (all‟interno della stesso appezzamento) e dall‟impiego in successione
della popolazione Molfettese (più rustica e resistente al freddo) seguita dalla Galatina (più
sensibile al freddo, per la consistenza più croccante e tenera dei germogli). Con il ciclo di
produzione invernale la semina in semenzaio si esegue da giugno a ottobre. Quando le
piantine hanno raggiunto 8-10 foglie viene effettuato il trapianto su file distanti 40-50 cm, in
modo tale da ottenere una densità colturale di 8-10 piante/m2. Le piante vengono raccolte
senza la radice con cespi che, recisi al colletto e ripuliti dalle foglie esterne, raggiungono pesi
a volte superiori a 1 kg, con una media di 600-700 g, permettendo di ottenere una produzione
di circa 50-70 t (Tesi, 1990).
Al genere Cichorium sono attribuite proprietà nutrizionali e salutistiche importanti,
determinate da numerose sostanze chimiche, di cui le foglie e le altre porzioni di pianta sono
ricche. Recentemente, queste proprietà sono diventate oggetto di studio rilevante ai fini della
caratterizzazione biochimica e nutrizionale dei prodotti eduli. Le eccellenti proprietà
nutrizionali e la scarsa diffusione extra-regionale di questo prodotto suggeriscono alcune
modalità di trasformazione atte a promuoverne il consumo al di fuori della tradizione
regionale, ad ampliarne la destinazione culinaria e a valorizzarne le proprietà nutrizionali. Da
una parte, si ipotizza di ampliare il consumo di prodotto crudo attraverso una minima
lavorazione di IV gamma che consenta l‟impiego immediato del prodotto acquistato e ne
faciliti il trasporto; dall‟altra, si propone una trasformazione più elaborata allo scopo di
promuovere un prodotto cotto di V gamma, da consumare tal quale o come ingrediente di
piatti più complessi.
Nell‟ambito del progetto di ricerca del CNR “Identità, tracciabilità e valorizzazione di indivia,
scarola e puntarelle (Cichorium spp.) del Lazio e della Puglia mediante tecnologie „olistiche‟
e funzionali per tratti di interesse nutrizionale ed economico” sono oggetto di valutazione i
contenuti di diverse sostanze (inulina, brassinosteroidi, sesquiterpeni, fitine e fitochelatine,
citochinine, nonché metalli pesanti e nitrati). Lo scopo del presente lavoro consiste
nell‟analisi dei parametri morfologici, qualitativi e produttivi di due popolazioni di cicoria
puntarelle, al fine di valutare l‟attitudine alla trasformazione in prodotti di IV e V gamma. I
parametri morfologici, inoltre, potrebbero essere utilizzati per la codifica di descrittori
fenotipici finalizzati alla creazione di profili intraspecifici/intravarietali. Tali profili
risulterebbero utili per un‟analisi di correlazione tra fenotipo e variabilità dei livelli
metabolici, di trascrizione e diversità allelica mediante matrici statistiche. L‟obiettivo
generale dell‟attività è quello di ampliare le conoscenze della cicoria puntarelle, al fine di
promuovere e valorizzare il consumo di questa specie orticola dalle interessanti caratteristiche
organolettiche e nutrizionali.
Materiali e metodi
Due popolazioni di cicoria catalogna Puntarelle (Galatina e Molfettese) sono state coltivate
presso aziende orticole in provincia di Bari. Il trapianto è avvenuto il 3 ottobre 2011 con
piantine distanti 50 cm tra le file e 40 cm sulla fila. A partire da un mese dopo il trapianto
sono stati eseguiti quattro rilievi negli stadi fenologici corrispondenti a 15-20, 30 e 50 foglie e
alla maturazione commerciale. Ad ogni rilievo sono stati esaminati 31 parametri morfologici
sia sulla pianta intera sia su porzioni di pianta (foglie e germogli, quando presenti) (Tab. 1). I
parametri considerati sono in gran parte quelli previsti dall‟ENSE (Quaderno n. 45), mentre
altri sono stati codificati in modo specifico per le tipologie di cicoria esaminate, soprattutto in
relazione alla descrizione dei germogli. In entrambe le popolazioni la formazione dei
germogli è iniziata circa due mesi dopo il trapianto, ma la maturazione commerciale è stata
188
raggiunta non prima della fine di gennaio. In questo periodo sono iniziate le raccolte in
campo, effettuate con successivi ripassi a cadenza di 3-5 giorni a seconda dell‟andamento
termico del periodo. Il rilievo allo stadio di raccolta commerciale è stato eseguito il 17 ed il 23
febbraio 2012, rispettivamente, per Galatina e Molfettese. Alla raccolta commerciale sono
stati misurati alcuni parametri biometrici-produttivi, relativi alla produzione (commerciabile
ed edule), peso fresco delle foglie, altezza, numero e peso dei germogli, contenuto di sostanza
secca dei germogli. I germogli eduli (privati della parte basale fibrosa non commestibile)
liofilizzati sono stati sottoposti ad analisi del contenuto di nitrati mediante cromatografia
ionica (Bonasia et al., 2008). I dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi della varianza.
Risultati e discussione
Dall‟analisi dei parametri morfologici si evince che le due popolazioni si differenziano per
pochi caratteri (Tab. 1). La cicoria Puntarelle di Galatina risulta di taglia tendenzialmente
maggiore della Molfettese, con foglie che in prossimità della raccolta (stadio di 50 foglie)
sono più larghe e lunghe. In entrambe le popolazioni è stato evidenziato uno spiccato
polimorfismo fogliare tra foglie giovani e adulte e tra foglie della fase vegetativa e foglie
inserite sui germogli fiorali (porzione edule). In particolare, nel rilievo eseguito alla
maturazione commerciale è stata osservata la presenza più abbondante di foglioline
(tendenzialmente più incise) sui germogli della Molfettese rispetto alla Galatina. Inoltre, la
colorazione dei germogli eduli risulta bianco-verdastra nella Molfettese e bianco-giallastra
nella Puntarelle di Galatina.
Per quanto concerne i parametri produttivi, la cicoria Molfettese produce dei “cespi” con un
peso medio superiore di circa il 31% rispetto alla Galatina, considerando sia la pianta
commerciabile sia la parte risultante a seguito dell‟eliminazione delle foglie più esterne non
consumabili crude (pianta pre-lavorata) (Tab. 2). Tuttavia, andando a considerare i germogli
eduli utilizzabili per il confezionamento in IV e V gamma, si evince come tra le due
popolazioni non ci siano differenze significative in termini di resa del prodotto (Tab. 2); da
ciascuna pianta si possono ricavare mediamente 300 g di germogli eduli, che rappresentano
poco più di 1/3 dell‟intera pianta commerciabile. Di notevole interesse appare l‟aliquota di
foglie consumabili crude, che rappresenta circa l‟8% in peso della pianta commerciabile. Tale
materia prima potrebbe essere potenzialmente utilizzata per ampliare l‟offerta delle insalate di
IV gamma, andando ad integrarsi soprattutto con i mix che prevedono l‟utilizzo delle lattughe
baby leaf e della rucola.
L‟analisi dei parametri biometrici non mostra differenze significative fra le due popolazioni,
con una media di 21,5 germogli/pianta ed un‟altezza media della pianta e dei germogli,
rispettivamente, di 43,8 e 17,3 cm.
Al fine di garantire il recupero della biomassa di scarto delle piante lavorate nell‟industria di
IV o V gamma, si potrà ipotizzare l‟impiego delle foglie e di altre porzioni di pianta per
l‟estrazione di composti utili, qualora gli studi previsti nel progetto di ricerca citato ne
evidenzino contenuti particolarmente interessanti. Inoltre, lo scarto può essere utilizzato nei
processi di compostaggio come componente verde, ricca di umidità e a basso rapporto C/N
(Cocozza et al., 2009).
Infine, il contenuto di sostanza secca dei germogli è risultato leggermente maggiore nella
Puntarelle di Galatina, mentre il contenuto di nitrato risulta sensibilmente più alto nella
Molfettese (Tab. 3). In base alla classificazione proposta da Santamaria (2006), i germogli
della Molfettese rientrerebbero nel gruppo di ortaggi a “basso” contenuto di nitrati, mentre
quelli della Galatina potrebbero essere assimilati alla tipologia a contenuto “molto basso” di
nitrati. Tuttavia, considerando l‟intensa attività metabolica dei germogli, si può comunque
189
indicare come modesto il contenuto medio di nitrato nelle due tipologie di cicoria puntarelle
esaminate. Inoltre, secondo quanto riportato dal Regolamento (UE) n. 1258/2011, i germogli
della Puntarelle di Galatina avrebbero i requisiti per poter essere impiegati come ingrediente
per la preparazione di alimenti destinati a lattanti e bambini (come ad esempio i preparati a
base di ortaggi liofilizzati per la preparazione di minestre e brodi), avendo un contenuto
minore di 200 mg/kg di prodotto fresco.
Conclusioni
In generale, la popolazione di cicoria catalogna Molfettese ha permesso di evidenziare una
produzione lorda vendibile sensibilmente superiore rispetto alla cicoria Galatina. Tuttavia, in
termini di resa alla lavorazione non sono state riscontrate differenze statisticamente
significative. Anche l‟analisi dei descrittori non mostra particolari differenze morfologiche,
confermando il risultato dei rilievi biometrici da cui si evince che per entrambe le popolazioni
risulta simile sia la taglia della pianta, ovvero quella dei germogli, sia il numero medio di
quest‟ultimi per pianta. In base a tali considerazioni, per entrambe le popolazioni è possibile
valutare positivamente l‟attitudine alla trasformazione in prodotti pronti al consumo.
Adottando, quindi, il metodo della coltura in successione della cicoria catalogna Molfettese
seguita della Puntarelle di Galatina e sfruttando i trapianti scalari, nonché l‟intrinseca
maturazione scalare (all‟interno dello stesso appezzamento), è possibile ipotizzare un lungo
periodo di approvvigionamento di prodotto da parte dell‟industria alimentare di IV e V
gamma. Inoltre, le trascurabili differenze esistenti tra le due popolazioni permetterebbero di
essere presenti sul mercato del ready to use, con caratteristiche produttive e qualitative
piuttosto omogenee durante tutto il periodo di produzione in campo. Quindi, l‟assenza di forti
differenze fra le due popolazioni, favorirebbe una più semplice standardizzazione sia del
prodotto finito da offrire al consumatore sia dei processi produttivi industriali: cominciando
dall‟accettazione della materia prima in ingresso fino alla realizzazione del prodotto finito in
uscita.
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190
Tab. 1. Descrittori morfologici e discriminazione delle classi osservate per le due popolazioni di
cicoria Puntarelle esaminate.
Tab. 1. Morphological descriptors and discrimination of the observed classes for both populations of
Puntarelle chicory studied.
Descrittori morfologici
Taglia della pianta
Pigmentazione antocianica della foglia
Lunghezza della foglia
Larghezza della foglia
Portamento della foglia
Colore della foglia
Intensità del colore fogliare
Colore della nervatura centrale della foglia
Pigmentazione antocianica della fogliare a maturazione
Distribuzione degli antociani sulla foglia
Forma delle foglie
Profilo della pagina superiore fogliare
Bollosità della foglia
Ondulazione del margine fogliare
Incisione del margine fogliare
Tipologia di incisione del margine fogliare
Formazione della testa
Intensita di formazione della testa
Forma della sezione longitudinale della testa
Colore principale delle foglie esterne
Pigmentazione antocianica delle foglie esterne
Diametro della testa
Lunghezza della testa
Tipologia colturale della pianta
Fasciazione dello stelo
Epoca di fasciazione dello stelo
Compattezza di fasciazione dello stelo
Epoca di maturazione commerciale
Colore dei germogli
Presenza di foglioline sui germogli
Incisione delle foglioline sui germogli
Classi dei descrittori morfologici
1: molto piccola; 3: piccola; 5: media; 7: grande; 9: molto grande
1: assente; 9: presente
1: molto corta; 3: corta; 5: media; 7: lunga; 9: molto lunga
1: molto stretta; 3: stretta; 5: media; 7: larga; 9: molto larga
3: eretto; 5: semi-eretto; 7: orizzontale
1: giallo; 2: verde; 3: rosso
3: chiaro; 5: medio; 7: scuro
1: biancasta; 2: verde; 3: rossa
1: assente; 9: presente
1: localizzati; 2: su tutta la superficie
1: ellittica stretta; 2: ellittica; 3: ellittica larga
3: concava; 5: piana; 7: convessa
1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte
1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte
1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte
1: sinuoso; 2: dentato; 3: roncinato
1: assente; 9: presente
3: lieve; 5: media; 7: forte
1: ellittica; 2: ovale; 3: obovale; 4: circolare; 5: trasversale
1: giallo; 2: verde; 3: rosso
1: assente; 9: presente
3: piccola; 5: media; 7: grande
3: corta; 5: media; 7: lunga
1: da taglio e cespo; 2: da cespo; 3: da foglie e steli
1: assente; 9: presente
3: precoce; 5: media; 7: tardiva
3: lasca; 5: media; 7: compatta
3: precoce; 5: media; 7: tardiva
1: bianco-giallo; 2: bianco-verde; 3: verde; 4: verde scuro
1: assenti; 2: presenti internedie; 3: presenti abbondanti
1: intere; 2: poco incise; 3: molto incise
Valori riscontrati
Molfettese Galatina
6,8
6,2
1,0
1,3
7,0
6,5
3,0
3,3
3,0
3,0
2,0
2,0
4,8
5,3
1,0
1,0
1,0
1,2
0,0
0,2
2,5
2,8
3,0
3,0
3,2
3,0
3,0
2,8
8,8
8,8
3,0
3,0
1,0
1,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
1,0
1,0
0,0
0,0
0,0
0,0
3,0
3,0
8,0
8,0
5,0
5,0
7,0
7,0
5,0
5,0
1,0
1,7
2,3
3,0
1,3
2,5
Significatività
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
*
*
**
Significatività: n.s., non significativo per P > 0,05; * e ** rispettivamente significativo per P ≤ 0,05 e
0,01.
Significance: n.s. = not significant for P > 0,05; * and ** = significant at P ≤ 0,05 and 0,01,
respectively.
191
Tab. 2. Parametri produttivi di cicoria Puntarelle alla maturazione commerciale.
Tab. 2. Production parameters of Puntarelle chicory at commercial ripening.
pianta
commerciabile
pianta (1)
pre-lavorata
germogli
eduli
foglie
eduli
scarto (2)
totale
Resa di (3)
lavorazione
(%)
Galatina
721
513
264
59
398
37
Molfettese
949
672
331
78
541
35
Significatività
**
**
n.s.
n.s.
**
n.s.
Peso (g)
Popolazioni
: porzione risultante dalla pianta commerciabile dopo l‟eliminazione delle foglie non consumabili
crude con annessa porzione di torsolo.
(1)
: portion resulting from marketable plant after the elimination of non-edible leaves as raw with
adjacent portion of core.
(2)
: porzione risultante sottraendo il peso delle foglie eduli e dei singoli germogli dal peso dell‟intera
pianta commerciabile.
(2)
: portion resulting after removing the edible leaves as raw and stems from the marketable plant.
(3)
: ottenuta dal rapporto germogli eduli/pianta commerciabile.
(3)
: obtained by relationship edible stems/marketable plant.
Significatività: n.s., non significativo per P > 0,05; ** significativo per P ≤ 0,01.
Significance: n.s., not significant for P > 0,05; ** significant for P ≤ 0,01.
(1)
Tab. 3. Contenuto di nitrato e sostanza secca in germogli di cicoria Puntarelle alla maturazione
commerciale.
Tab. 3. Nitrate content and dry matter of Puntarelle chicory stems at commercial ripening.
NO3
Popolazioni
Sostanza
secca (%)
g/100 g ps
mg/kg pf
Galatina
0,25
182
7,3
Molfettese
0,63
420
6,7
Significatività
***
***
*
Significatività: * e *** significativo rispettivamente per P ≤ 0,05 e 0,001.
Significance: * and *** significant for P ≤ 0,05 ≤ 0,001 respectively.
.
192
2.29. PROFILO POLIFENOLICO IN ECOTIPI DI POMODORO DA SERBO DI
ORIGINE SICILIANA
POLIPHENOLIC PROFILE IN LONG STORAGE TOMATOES ORIGINATING FROM SICILY
Laura SIRACUSA1, Cristina PATANÈ2, Giuseppe RUBERTO1
1
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB), UOS di
Catania, via P. Gaifami 18, 95126 Catania, [email protected]
2
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del
Mediterraneo (ISAFoM), UOS di Catania, Str.le V. Lancia, Zona Industriale, Blocco Palma I,
95121 Catania, [email protected]
Riassunto
Il pomodoro da serbo, specie tipica del Meridione d‟Italia, rappresenta una coltura sulla quale
di recente si è rivolto un rinnovato interesse, anche in virtù delle proprietà nutraceutiche delle
bacche. Obiettivo del presente studio è stato quello di analizzare il profilo polifenolico dei
frutti di 10 ecotipi di pomodoro da serbo, appartenenti alla collezione in atto presso la sede di
Catania del CNR-ISAFoM, identificando alcuni composti fenolici come marcatori
biomolecolari utili per la tracciabilità del prodotto. Gli ecotipi sono stati riprodotti nell‟anno
2010 nelle medesime condizioni pedoclimatiche, al fine di disporre di materiale omogeneo sul
quale effettuare le analisi di laboratorio. Per individuare le differenze composizionali tra i
diversi ecotipi è stata scelta una tecnica analitica esaustiva quale la cromatografia liquida (LC)
associata sia alla spettrometria di massa (MS) e alla spettrofotometria ultravioletto-visibile
(UV-vis). Si sono ottenuti così due set di dati analitici indipendenti (spettri UV-vis e spettri di
massa) che hanno fornito indicazioni fondamentali sulla natura chimica dei composti in
esame, permettendo di mettere in risalto le differenze composizionali tra i diversi ecotipi
analizzati.
Parole chiave: Lycopersicon esculentum Mill., polifenoli, tracciabilità
Abstract
“Long storage” tomato (Lycopersicon esculentum Mill.) is a niche product typical of the
Mediterranean area, traditionally cultivated under no water supply, whose fruits combine a
good taste to excellent nutritional properties. High-performance liquid chromatography
coupled with diode array detection and electron spray-mass spectrometry (HPLC/DAD/ESIMS) was used to identify the phenolic profile in ten landraces of long storage tomato, grown
under a typical semi-arid climate, as compared to a processing tomato hybrid cultivated in
the same environment, under both well irrigated and unirrigated conditions. Quantitative
analyses were also performed to monitor the changes in the phenolic content along the batch.
The results highlighted that landraces originating from the same area exhibit a different fruit
morphology but own a similar biochemical profile. Moreover, the two controls (well irrigated
and unirrigated) are placed into the same cluster, suggesting that these secondary
metabolites in tomato fruits may be more genetics-dependent than environment-dependent.
Keywords: Lycopersicon esculentum Mill., polyphenols, traceability
193
Introduzione
Gli antiossidanti rappresentano una categoria di composti naturali importanti nella
prevenzione di malattie sia nelle piante che nell‟uomo. Gli ortaggi contengono numerosi
composti ad attività antiossidante, quali l‟acido ascorbico, i carotenoidi, e un‟ampia gamma di
composti fenolici. Il pomodoro, in particolare, largamente consumato sia allo stato fresco che
dopo la trasformazione industriale, può fornire una quota rilevante degli antiossidanti totali
indicati nella dieta alimentare. Esso contiene, infatti, oltre ad elevate quantità di carotenoidi e
di vitamina C, anche numerosi composti fenolici quali la naringenina, la rutina, l‟acido
clorogenico, presenti nelle bacche in cospicue quantità (Frusciante et al., 2004; Ahmed et al.,
2011). Il pomodoro da serbo, specie tipica del Meridione d‟Italia, tradizionalmente coltivato
senza apporto irriguo, rappresenta una coltura sulla quale di recente si è rivolto un rinnovato
interesse, anche in virtù delle peculiari caratteristiche delle bacche, particolarmente sapide e
serbevoli (Patanè, 2008). Presso la sede di Catania del CNR-ISAFoM è presente una
collezione di oltre 30 ecotipi, provenienti da diverse regioni dell‟Italia meridionale, sui quali è
in atto una caratterizzazione fisiologica, morfologica ed agronomica ai fini di una selezione
dei tipi più interessanti. Allo scopo di allargare la base della caratterizzazione verso una
natura interdisciplinare, è stata effettuata, presso l‟istituto del CNR di Chimica Biomolecolare
(ICB), su parte degli ecotipi menzionati anche un‟analisi di tipo composizionale, alla ricerca
dei metaboliti secondari di natura polifenolica da poter utilizzare come markers
chemotassonomici e di tracciabilità. È noto infatti che il contenuto in polifenoli all‟interno
della stessa specie è soggetto a grosse variazioni che dipendono sia da fattori agronomici (area
di coltivazione, varietà, fertilizzanti utilizzati, stadio di maturazione alla raccolta, etc.) ma
anche da fattori genetici e di risposta a stimoli esterni (ambientali, incluso l‟inquinamento)
(Incerti et al., 2009; Pernice et al., 2010). All‟interno dell‟ampia classe dei polifenoli, il
pomodoro contiene flavonoidi come la rutina, la naringenina, la quercitrina, ma anche il
kaempferolo, l‟eriodictiolo, la calconarigenina (Slimestad e Verheul, 2009); la subclasse degli
acidi organici di tipo cinnamico è anch‟essa ampiamente rappresentata da molecole come
l‟acido caffeico, ferulico, cumarico, così‟ come i loro corrispondenti derivati con zuccheri ed
acido chinico (l‟acido 5 caffeoil-chinico, meglio noto come acido cloro genico, è uno dei
principali polifenoli di natura non flavonoidica presenti nei pomodori) (Slimestad e Verheul,
2009; Vallverdú-Queralt et al., 2010) Dato il legame di natura biunivoca tra contenuto qualiquantitativo di polifenoli e fattori esterni (risposta eco fisiologica nelle piante), di recente essi
sono stati utilizzati come marker chemotassonomici (Li et al., 2010), a scopi di classificazione
(Boro et al., 2010) e di differenzazione tra diversi ecotipi. (Slimestad e Verheul, 2009;
Vallverdú-Queralt et al., 2010). L‟obiettivo del presente studio si pone all‟interno di questo
contesto ed è stato quello di analizzare il profilo polifenolico dei frutti di alcuni ecotipi di
pomodoro da serbo, identificando alcuni composti fenolici come marcatori biomolecolari utili
per la tracciabilità del prodotto e per la differenziazione tra ecotipi differenti.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Lo studio è stato condotto su 10 diversi ecotipi di pomodoro da serbo,
tutti di origine siciliana, appartenenti alla collezione in atto presso la sede di Catania del
CNR-ISAFoM e opportunamente selezionati sulla base della diversa provenienza geografica,
e reperiti nei territori di Messina, Agrigento e Trapani. La varietà commerciale „Principe
Borghese‟ (SAIS Sementi s.p.a., Cesena) è stata inclusa nello studio in quanto rappresenta
l‟unico genotipo di pomodoro da serbo attualmente disponibile in commercio. Gli ecotipi
sono stati riprodotti nell‟anno 2010 nelle medesime condizioni pedoclimatiche (Piana di
Catania, 10 m s.l.m, 37°25‟ Lat N, 15°30‟ Long E), al fine di disporre di materiale omogeneo
194
sul quale effettuare le analisi di laboratorio. Gli ecotipi in campo sono stati replicati tre volte.
Le piante sono state coltivate in regime asciutto; solo al trapianto sono stati distribuiti circa
400 m3 ha-1 al fine di garantire l‟affrancamento delle piantine. La raccolta è avvenuta allorché
i frutti maturi rappresentavano il 95% circa dell‟intera produzione (metà luglio). Alla raccolta,
è stato prelevato un campione di frutti maturi del I e II palco (2 kg circa per ecotipo) per le
analisi di laboratorio.
Reagenti e solventi - I solventi utilizzati in questo lavoro sono di grado HPLC forniti da Carlo
Erba (Milano, Italy). Gli standard analitici utilizzati (acido clorogenico, rutina, quercetina e
naringenina) sono stati acquistati da Fluka (Sigma-Aldrich s.r.l., Milano, Italy).
Preparazione dei campioni per le analisi - Circa 50 g di pomodori precedentemente lavati con
acqua corrente ed asciugati sono stati frullati con un frullatore ad immersione fino ad ottenere
una purea omogenea. Piccole aliquote di questa purea, del peso di 1 grammo ciascuna, sono
state addizionate di 2mL di una soluzione idroalcolica (80% metanolo in acqua ) in vials da 8
mL e mantenute sotto agitazione (350 rpm) in uno shaker a temperatura ambiente (20 °C), al
riparo da fonti di luce e di calore per circa 10 ore. Le miscele eterogenee risultanti sono state
filtrate accuratamente con filtri di teflon (diametro 15 mm, dimensione dei pori 0.45 µm,
Chemtek Analytica) e le soluzioni ottenute (1,4 - 1,7 mL) divise ulteriormente in due aliquote,
per le determinazioni qualitative e quantitative.
Analisi composizionale mediante HPLC/DAD/ESI-MS - Aliquote variabili (0,6-0,9 mL) delle
già citate soluzioni idroalcoliche sono state trasferite in vials da laboratorio e portate a secco
con un evaporatore rotante (Heidolph Laborota 400). I residui sono stati quindi ri-dissolti in
250 µL della soluzione idroalcolica originale e sottoposti alle analisi qualitative. Gli estratti
concentrati così ottenuti sono stati analizzati con la tecnica HPLC/DAD/ESI-MS utilizzando
uno strumento Waters (Waters Italia S.p.A., Milano) formato da una pompa HPLC binaria
1525, un rivelatore a serie di diodi (DAD) PDA 996 e un analizzatore di massa Micromass
ZQ equipaggiato con una sorgente elettrospray (ESI). Le analisi DAD sono state acquisite nel
range tra 600 e 190 nm, e registrate a 280 nm per i flavanoni (naringenina e derivati), 330 nm
per gli acidi mono e di cinnamoilchinici, 350 nm per i flavonoidi glicosilati, e 370 nm per la
quercetina. Le correnti ioniche totali (TIC) sono state acquisite in modalità negativa, con un
voltaggio di cono di -30 V nell‟intervallo di massa tra 80 e 1200 unità m/z . Le analisi
cromatografiche sono state effettuate con una colonna in fase inversa (Inertsil ODS-3, 100 x
3.0 mm, 3 μm, Alltech, Italy); i polifenoli sono stati eluiti con il seguente gradiente di B
(soluzione di acido formico in aceto nitrile all‟ 1% ) in A (soluzione di acido formico in acqua
all‟1% ): t = 0 minuti, B = 5%; t = 10 min, B = 10%; t = 15 min, B = 20%; t = 25 min, B=
35%, quindi a t = 35 minuti: B= 60%, per un tempo di analisi totale di 45 minuti. Il flusso di
solvente utilizzato è stato 0,7 mL min-1, ed il volume di iniezione 20 μL. I dati provenienti
dall‟apparato LC/MS sono stati analizzati e processati mediante un software Mass Lynx v. 4.0
(Waters).
Analisi quantitative tramite HPLC-DAD - Aliquote delle già citate soluzioni idroalcoliche
(0,8 mL) contenenti i metaboliti polari del pomodoro sono stati trasferite in vials ambrate
coniche da 2 mL e sottoposte direttamente alle analisi HPLC-UV-vis-DAD. Le analisi
quantitative sono state effettuate su uno strumento Dionex composto da pompa binaria ad alta
pressione P580, rivelatore a fotodiodi PDA-100, fornetto per il controllo della temperatura
TCC-100 ed autocampionatore ASI-100. I dati ottenuti sono stati processati mediante un
software specifico (Chromeleon Chromatography Information Management System v. 6.70).
Le analisi cromatografiche sono state eseguite utilizzando gli stessi paramenti analitici
descritti nel paragrafo precedente. La quantificazione dei diversi metaboliti è stata effettuata a
280 nm per la naringenin e a 330 nm per gli acidi mono e di cinnamoilchinici. Naringenina ed
195
acido clorogenico sono stati utilizzati come standards per le rette di calibrazione. Rutina e
flavonoli glicosilati sono stati quantificati a 350 nm, mentre la quercetina è stata quantificata a
370nm. Ogni analisi è stata ripetuta tre volte.
Risultati e discussione
Analisi dei dati HPLC/Uv-vis /ESI-MS - Come accennato, insieme ai carotenoidi, i composti
polifenolici rappresentano la classe di metaboliti secondari più importante presente nei
pomodori, per un numero totale di più di 100 metaboliti (Slimestad et al., 2009). Rutina,
narigenina, calconarigenina, narirutina e quercetina sono i principali flavonoidi trovati nelle
bacche di pomodoro, seguiti dagli acidi cinnamici (caffeico, ferulico, cumarico) e dai loro
derivati con molecole di zucchero o con l‟acido chinico (Fig. 1). La molecola più
rappresentativa di quest‟ultima classe di composti è senz‟altro l‟acido 5-caffeoilchinico, noto
a tutti come acido clorogenico. L‟analisi qualitativa effettuata sui campioni di pomodoro da
serbo in esame ha rivelato la presenza, infatti, di acido clorogenico, rutina, quercetina e
naringenina come composti principali. L‟analisi quantitativa degli stessi campioni, d‟altra
parte, ha messo in evidenza una grande variazione genetica nel contenuto di polifenoli totali
(da 0,212 mg g-1 del “Pizzutello di Sciacca” fino al 0,095 mg g-1 del “locale di Salina 6”, con
valori più di 10 volte maggiori del testimone “Brigade”) (Fig. 2). Questo fenomeno può
essere considerato un risultato della pressione ambientale, che ha esercitato una selezione
naturale verso i pomodori da serbo a contenuto più alto in polifenoli, poiché ricordiamo che
questo particolare ecotipo viene in genere coltivato senza apporto di acqua irriguo. Infatti, è
stato largamente dimostrato in letteratura la funzione difensiva di questi particolari metaboliti
secondari contro stress biotici ed abiotici, compresa la siccità (Dixon e Paiva, 1995; Reyes e
Cisneros-Zevallos, 2003; Atkinson et al., 2011).
Conclusioni
Dai risultati della ricerca emerge come il contenuto di polifenoli delle bacche rappresenti un
carattere altamente discriminante tra le varietà di pomodoro da serbo e altre cultivar di
pomodoro disponibili sul mercato, allorché poste nel medesimo ambiente di coltivazione. Tali
risultati suggeriscono inoltre come tali metaboliti secondari possano essere sotto stretto
controllo genetico.
Bibliografia
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Tab. 1. Elenco degli ecotipi di pomodoro da serbo esaminati.
Tab. 1. List of long storage genotypes examined and their provenance.
Ecotipo
Pizzutello di Sciacca
Pizzottello di Montallegro
Locale di Custonaci
Locale Giallo di Basicò
Locale di Salina 2
Locale di Filicudi
Locale di Salina 6
Principe Borghese
Locale di Pollara (Salina)
Ruccaloru
codice
PS
PM
C
G
S2
F
S6
PB
P
R
197
Provenienza
Sciacca (AG)
Montallegro (AG)
Grotte di Custonaci (TP)
Basicò (ME)
Isole Eolie (ME)
Isole Eolie (ME)
Isole Eolie (ME)
Selezione SAIS (FC)
Isole Eolie (ME)
San Pierniceto (ME)
Fig. 1. Cromatogramma rappresentativo di estratti idroalcolici da pomodoro da serbo siciliano.
B irr
B no irr
PB
R
P
S6
F
S2
G
C
PM
PS
0
0,05
0,1
0,15
0,2
Fig. 2. Contenuto di polifenoli (mg g-1) in diversi ecotipi di pomodoro da serbo siciliano.
198
0,25
2.30. I FRUMENTI SICILIANI: IL CASO RUSSELLO
‘RUSSELLO’, A SICILIAN DURUM WHEAT LANDRACE
Alfio SPINA, Fabiola SCIACCA, Nino VIRZÌ, Michele CAMBREA, Stefania LICCIARDELLO,
Massimo PALUMBO
CRA - Centro di ricerca per l‟Agrumicoltura e le Colture Mediterranee, Corso Savoia, 190 95024 - Acireale (CT), [email protected]
Riassunto
Nell‟ambito di un‟ampia collezione di popolazioni siciliane di frumento duro è stata realizzata
la caratterizzazione della landrace Russello. Il germoplasma oggetto di studio è rappresentato
da nove accessioni, di cui sette reperite in aziende cerealicole dell‟altopiano ibleo e due
biotipi presenti nella collezione mantenuta presso il CRA-ACM di Acireale. Allo scopo di
valutare la biodiversità presente fra le diverse accessioni è stata effettuata una
caratterizzazione biochimica, molecolare e qualitativa del germoplasma in studio. La
caratterizzazione biochimica delle proteine di riserva della cariosside è stata condotta
mediante elettroforesi su gel di poliacrilamide (SDS-PAGE) per l‟identificazione delle
subunità gluteniniche ad alto (HMW-GS) e a basso peso molecolare (LMW-GS). La
caratterizzazione molecolare è stata effettuata mediante analisi SSR (Simple Sequence Repeat)
ed ha evidenziato polimorfismi fra le accessioni di Russello in studio. Le accessioni sono
state caratterizzate anche dal punto di vista qualitativo, mediante la determinazione del
contenuto proteico, del contenuto e qualità del glutine, l‟esecuzione dell‟analisi mixografica e
del test di sedimentazione in SDS. Su una accessione, selezionata sulla base dei principali
caratteri bio-agronomici e qualitativi, è stata effettuata anche una caratterizzazione reologica e
tecnologica, mediante l‟esecuzione dell‟analisi alveografica, farinografica, del baking test e di
una prova di panificazione artigianale. I risultati dell‟elettroforesi hanno evidenziato
variabilità per quanto riguarda la composizione delle proteine di riserva della cariosside. Le
analisi molecolari hanno permesso di determinare il caratteristico fingerprinting delle
accessioni di Russello testate. Relativamente agli aspetti qualitativi, le accessioni di Russello
allo studio, pur riportando elevati contenuti in proteine, presentano un glutine scarsamente
tenace e molto elastico. Inoltre, rispetto alle moderne cultivar migliorate, sono stati formulati
giudizi mixografici mediocri. Tuttavia sull‟accessione selezionata, ad eccezione del W
alveografico, sono stati accertati dei parametri tecnologici soddisfacenti. I risultati del baking
test e della panificazione artigianale hanno dimostrato che la popolazione Russello è
particolarmente adatta alla produzione del tipico pane a pasta dura degli Iblei.
Parole chiave: frumento duro, popolazioni, caratterizzazione, qualità panificatoria
Abstract
„Russello‟ is a Sicilian durum wheat landrace, included in a large germplasm collection kept
in the Research Centre for citrus and Mediterranean crops of Italian Agricultural Research
Council (CRA-ACM). Nine accessions of Russello were characterized: seven of them were
collected from different cereal farms in South-East area of Sicily, and two biotypes were
already present in the germplasm collection at the CRA-ACM. In order to assess the
biodiversity among the different accessions a biochemical, molecular and quality
characterization was carried out. The protein characterization was conducted by
polyacrylamide gel electrophoresis (SDS-PAGE) for the identification of HMW-GS and
199
LMW-GS. The molecular characterization was performed by SSR (Simple Sequence Repeat).
Quality characterization has concerned: protein content, gluten content and quality
mixographic analysis, SDS test. One of the accessions, selected for the main bio-agronomic
and quality parameters, was also characterized by rheological and technological analysis.
The baking test and the artisan breadmaking were carried out. The results of electrophoresis
analysis showed variability as regards the gluteninic composition. Molecular analyzes have
identified the characteristic fingerprinting of Russello accessions. For regards the qualitative
aspects, the accessions Russello have reported high protein content, weak gluten and low
mixographic judgments. The selected accession showed low alveographic W but good
technological parameters. The results of breadmaking tests have shown that the durum wheat
landrace Russello is particularly suited to the production of a Sicilian typical bread.
Keywords: durum wheat, landraces, characterization, breadmaking quality
Introduzione
In Sicilia vengono ancora oggi coltivate alcune antiche popolazioni locali di frumento duro
caratterizzate da buona adattabilità alle condizioni pedo-climatiche delle regioni mediterranee
e dotate di peculiari caratteristiche bio-morfologiche e qualitative (Palumbo et al., 2008). Una
di esse, Russello (o Russeddu), è un esempio rappresentativo dell‟equilibrio che si può
instaurare fra un genotipo e un ambiente particolare quale quello dell‟altopiano ibleo,
caratterizzato da terreni con franco di coltivazione di appena 20-30 cm (Abbate et al., 1997).
Russello, ancora oggi viene utilizzato per la produzione del tipico “pane a pasta dura”, molto
diffuso e apprezzato nella Sicilia sud-orientale, ottenuto impastando la semola rimacinata con
una ridotta quantità di acqua ed impiegando il “criscenti”, ossia la pasta acida (Spina e
Palumbo, 2006; Spina et al., 2006). Essendo caratterizzato da taglia elevata (130-140 cm), il
Russello svolge un ruolo importante nell‟azione di sostegno all‟attività zootecnica, in rapporto
alla produzione di paglia ed alla funzione miglioratrice della coltura nei riguardi dei riposi
pascolativi (Abbate et al., 1997). Secondo De Cillis (1942), la popolazione Russello è stata
una delle popolazioni maggiormente coltivate nella Sicilia centro-occidentale agli inizi del
secolo scorso. Da un‟indagine svolta dall‟Università di Catania è emerso, tra l‟altro, che con
la denominazione “Russello” vengono indicate “varietà locali” che presentano caratteri
agronomici e morfologici differenti (Lombardo, 1994), a conferma dell‟incerta origine di
questo frumento nell‟area iblea. In un precedente lavoro è stata realizzata la caratterizzazione
agronomica e bio-morfologica di diverse accessioni di Russello coltivate in Sicilia (Abbate et
al., 1997).
Materiali e metodi
Il materiale genetico di partenza è rappresentato da sette accessioni di Russello, indicate con
lettere maiuscole dalla A alla G, reperite in aziende cerealicole dell‟altopiano ibleo, a cui sono
stati aggiunti due biotipi in collezione presso il CRA-ACM di Acireale.
Caratterizzazione biochimica - La caratterizzazione delle proteine di riserva della cariosside
delle nove accessioni è stata condotta su 26 cariossidi mediante elettroforesi su gel di
poliacrilamide (SDS-PAGE) per l‟identificazione delle subunità gluteniniche ad alto (HMWGS) e a basso peso molecolare (LMW-GS), utilizzando il metodo descritto da Pogna et al.,
1985.
Analisi SSR (Simple Sequence Repeat) - Il DNA genomico, estratto mediante DNeasy Plant
Mini Kit (Quiagen), è stato prelevato da epicotili di cariossidi messe a germinare in scatole
Petri. Il protocollo prevede l‟utilizzo di primer co-dominanti, localizzati sui cromosomi dei
200
genomi A e B. In questo lavoro sono stati scelti 13 Xgwm primer ed è stato determinato il
fingerprinting delle accessioni di Russello in studio. I prodotti di amplificazione ottenuti con
primer marcati sono stati separati attraverso elettroforesi capillare eseguita con ABI Prism
3130 Genetic Analyzer (Applied Biosystems). La grandezza dei frammenti è stata calcolata
usando il software GeneMapper v. 4.0.
Caratterizzazione qualitativa - Ha riguardato la determinazione del contenuto proteico,
secondo il metodo Kjeldhal, del contenuto e della qualità del glutine (metodo UNI 10690). È
stata eseguita l‟analisi mixografica (metodo AACC 54-40) e il test di sedimentazione in SDS
seguendo il metodo AACC 56-60. Su un biotipo selezionato (accessione F) sulla base dei
principali caratteri agronomici, bio-morfologici e qualitativi, è stata effettuata una
caratterizzazione tecnologica mediante l‟esecuzione dell‟analisi alveografica (metodo UNI n°
10453) e farinografica (metodo AACC n° 54-21). Con la stessa semola è stato condotto il test
di panificazione sperimentale secondo il metodo AACC 10-10, modificato ed una prova di
panificazione artigianale.
Risultati e discussione
L‟analisi elettroforetica delle proteine di riserva delle cariossidi delle nove accessioni della
popolazione Russello ha confermato i risultati ottenuti in precedenza: tutte le accessioni in
studio sono risultate “Nulli” per le subunità gluteniniche codificate dal locus Glu-A1, situato
nel braccio lungo del cromosoma 1A, fatta eccezione per l‟accessione E, che è di tipo 1
(Fig.1). Relativamente alle subunità ad alto peso molecolare, codificate dal locus Glu-B1, i
risultati della caratterizzazione hanno permesso di evidenziare una certa variabilità tra le
diverse accessioni: ACM 1 e 2 hanno presentato la composizione “13+16” (Fig. 1), assente o
poco presente nelle varietà italiane di frumento duro (Pogna et al., 1985). Tutte le altre
accessioni di Russello hanno mostrato la composizione “20” (Fig. 2); nelle popolazioni C e D,
invece, oltre alla banda “20” è stata evidenziata, in percentuale simile, anche la composizione
“13+16”. Per quanto riguarda le subunità gluteniniche a basso peso molecolare, codificate dal
locus Glu-B3, esse sono risultate per tutte le accessioni, di tipo “2” (Fig. 1 e 2).
Le analisi molecolari hanno permesso di determinare il caratteristico fingerprinting delle
accessioni di Russello testate. Attraverso la tecnica SSR microsatellite sono stati ottenuti
prodotti di amplificazione compresi tra 120 e 270 bp, derivati da primers marcati e rilevati
attraverso elettroforesi capillare. I primer Xgwm 153-1B e Xgwm 155-3A hanno fatto rilevare
il più alto grado di polimorfismo intra popolazione (Fig.3). In particolare, mediante il primer
Xgwm 153-1B è stato possibile discriminare il biotipo selezionato (accessione F), rispetto alle
accessioni ACM 1 e 2.
In Tab. 1 sono riportate le medie dei principali parametri qualitativi. Relativamente al
contenuto proteico, il valore medio è stato elevato (16,7%). Notevoli differenze sono state
registrate per quanto concerne il tempo d‟impasto al mixografo: da 96 s delle accessioni D ed
E a 189 s dell‟accessione ACM 1. Anche per quanto riguarda il picco massimo del tracciato,
parametro correlato al tempo d‟impasto, le altezze maggiori sono state riscontrate per le
accessioni ACM 1 e 2, per le quali, pertanto è stato espresso il giudizio finale migliore.
In Tab. 2 sono riportati i risultati dell‟analisi quali-quantitativa del glutine e del test di
sedimentazione in SDS. Tutte le accessioni hanno mostrato un elevato contenuto in glutine
secco (media 14,9%) e le accessioni ACM 2 e C hanno mostrato il tenore più elevato (15,4 e
15,3%, rispettivamente). Per quanto riguarda la qualità del glutine, le accessioni raccolte
nell‟area iblea presentano valori di gluten index molto bassi (da 12,6 a 19,9). Le accessioni
ACM 1 e 2 presentano, invece, un glutine mediamente tenace. Il test di sedimentazione in
SDS ha confermato i risultati ottenuti dall‟indice di glutine.
201
La Tab. 3 riporta i parametri merceologici e reologici dell‟accessione selezionata (F). Il peso
ettolitrico è risultato medio-alto mentre il peso delle 1000 cariossidi è apparso inferiore
rispetto ai valori riscontrati nella maggior parte delle varietà di frumento duro. L‟analisi
colorimetrica della semola ha evidenziato un buon valore dell‟indice di giallo. Rispetto alle
moderne cultivar migliorate, è stata accertata una modesta forza dell‟impasto (W = 69 J x 10 4
), ma un rapporto fra tenacità (P) ed estensibilità (L) equilibrato. L‟analisi farinografica ha
accertato un buon assorbimento idrico, un discreto tempo d‟impasto ma una ridotta stabilità
dell‟impasto associata a un elevato valore dell‟indice di caduta dell‟impasto.
In Tab. 4 sono riportati i risultati ottenuti dal baking test, partendo da 100 g di semola, e i
principali parametri rilevati sui pani ottenuti dalla panificazione artigianale, a partire da 400 g
di semola. Il pane sperimentale prodotto con la semola dell‟accessione F ha mostrato un
volume elevato e una buona resa in pane. L‟indice di giallo della mollica, rispetto a quello
rilevato sulla semola, è stato leggermente più basso, verosimilmente a causa di una lieve
attività lipossigenasica. Nella prova sperimentale di panificazione la mollica ha mostrato una
alveolatura ben sviluppata (valore = 4). Per quanto riguarda i risultati della panificazione
artigianale secondo la tradizione iblea, come atteso, sono stati ottenuti pani con crosta molto
dura e mollica fitta, alti 55,5 mm, con un peso di 525,9 g, con elevato indice di giallo della
mollica (24,3 b*) e con alveoli di piccolissima dimensione.
La conservazione della biodiversità della popolazione locale Russello è importante, oltre che
per consentire la coltivazione del grano duro in aree marginali, per garantire il mantenimento
di tradizioni locali attraverso la produzione di prodotti con caratteristiche peculiari, quali il
“pane a pasta dura”. In tale contesto, la caratterizzazione biochimica, molecolare, qualitativa e
tecnologica di genotipi di Russello potrà favorire il mantenimento, la diffusione e la
valorizzazione di questa antica popolazione siciliana di frumento duro.
Bibliografia
ABBATE V., BOGGINI G., COPPOLINO F., LOMBARDO G.M., 1997. Analisi della
variabilità tra e dentro popolazioni di frumento duro Russello raccolte nell‟area iblea. In:
Atti del 3° Convegno Nazionale Biodiversità: “Biodiversità- Tecnologia-Qualità”. Reggio
Calabria, 16-17 giugno 1997.
DE CILLIS U., 1942. I frumenti siciliani. Pubblicazione N. 9. Stazione Sperimentale di
granicoltura per la Sicilia, Catania: 323.
LOMBARDO G. M., 1994. La scelta della varietà ai fini della valorizzazione della qualità
della granicoltura iblea. In: Atti del convegno “Il futuro della granicoltura Iblea”. Modica
(RG), 11-17 dicembre 1994.
PALUMBO M., SPINA A., VIRZÌ N., SCIACCA F., BLANCO C., 2008. Caratterizzazione
qualitativa, bioagronomica e molecolare di antichi ecotipi mediterranei di grano duro. In:
Atti del 2° Convegno Nazionale Piante Mediterranee: “Valorizzazione delle risorse e
sviluppo sostenibile”. Agrigento, 7-8 ottobre 2004: 242-249.
POGNA N.E., MELLINI F., DAL BELIN PERUFFO A., 1985. Il ruolo dell‟elettroforesi su
gel di poliacrilamide nella identificazione varietale e nello sviluppo di nuove varietà di
grano duro con buona qualità pastificatoria. Monografie di Genetica Agraria, 7: 199-212.
SPINA A. e PALUMBO M., 2006. Prove sperimentali e artigianali per la produzione di un
pane tipico di grano duro. Tecnica Molitoria, 2: 131-141.
SPINA A., CAMBREA M., LICCIARDELLO S., CAMBREA A., PALUMBO M., 2006.
Frumenti duri siciliani per la produzione di pani tipici. L‟Informatore Agrario, 13 (suppl.):
23-26.
202
Tab. 1. Principali parametri qualitativi delle accessioni in studio.
Tab. 1. Main quality parameters of the accessions studied.
Analisi mixografica
Genotipi
Proteine
(% s.s.)
Accessione A
Accessione B
Accessione C
Accessione D
Accessione E
Accessione F
Accessione G
Accessione ACM 1
Accessione ACM 2
MEDIA
DEV. ST.
16,5
16,1
16,5
15,4
17,0
15,9
16,3
18,0
18,4
16,7
1,0
Tempo
d'impasto
(s)
142,5
111,0
117,0
96,0
96,0
97,5
108,0
Altezza picco
(mm)
Giudizio
(1-8)
55,5
55,0
50,0
54,0
53,5
48,5
47,0
65,0
64,0
54,7
6,3
4,0
3,5
3,5
4,0
3,5
3,0
3,0
5,0
5,0
3,8
0,8
189,0
186,0
127,0
37,2
Tab. 2. Parametri per la valutazione quali-quantitativa del glutine delle
accessione in studio.
Tab. 2. Parameters for the quantitative and qualitative evaluation of the
gluten of the accessions studied.
Genotipi
Glutine secco
(%)
Gluten index
Test in SDS
(mL)
Accessione A
Accessione B
Accessione C
Accessione E
Accessione F
Accessione ACM 1
Accessione ACM 2
MEDIA
DEV. ST.
14,7
14,5
15,3
14,4
15,0
15,0
15,4
14,9
0,4
19,9
12,6
17,9
16,8
16,3
58,1
52,3
27,7
19,0
24
24
25
24
23
30
29
25,6
2,8
203
Tab. 3. Principali parametri merceologici e
reologici dell‟accessione selezionata.
Table 3. Main rheological and commercial
parameters of the accession selected.
Parametri merceologici
Peso ettolitrico (kg/hL)
Peso 1000 semi (g)
Indice di giallo semola (b*)
Tab. 4. Risultati della panificazione
sperimentale ed artigianale dell‟accessione
selezionata.
Tab. 4. Results of experimental and artisan
baking of the accession selected.
Valori
81,5
36,3
22,3
Parametri alveografici
W (J x 10 -4)
P/L
Parametri farinografici
Assorbimento idrico (%)
Tempo d'impasto (s)
Stabilità (s)
Indice di caduta (U.B.)
69,0
1,3
62,1
162
198
105
204
Parametri baking test
Valori
Volume (cm3)
Altezza (mm)
Peso (g)
Indice di giallo mollica (b*)
Porosità (1-8)
445,0
79,0
157,9
21,8
4
Parametri panificazione
artigianale "a pasta dura"
Altezza (mm)
Peso (g)
Indice di giallo mollica (b*)
Porosità (1-8)
Valori
55,5
525,9
24,3
8
Fig. 1. SDS-PAGE di Russello ACM 1.
Testimone 1: Creso (T. turgidum ssp.
durum); Testimone 2: Centauro (T.
aestivum).
Fig. 1. SDS-PAGE of Russello ACM 1.
Tester 1: Creso (T. turgidum ssp.
durum). Tester 2: Centauro (T. aestivum)
Fig. 2. SDS-PAGE di Russello E. Testimone 1:
Colosseo (T. turgidum ssp. durum). Testimone 2:
Latino (T. turgidum ssp. durum).
Fig. 2. SDS-PAGE of Russello E. Tester 1: Colosseo
(T. turgidum ssp durum). Tester 2: Latino (T.
turgidum ssp durum).
Fig. 3. Confronto fra tre accessioni di Russello con il primer Xgwm 1531B blue pick (orange pick GeneScan-500 LIZ size standard)
Fig. 3. Comparison among Russello accessions by primer Xgwm 153-1B
blue pick (orange pick GeneScan-500 LIZ size standard)
205
2.31. VARIABILITÀ DEL CONTENUTO DI ARBUTINA IN UVA URSINA
(ARCTOSTAPHYLOS UVA-URSI (L.) SPRENG.) IN RELAZIONE AL BIOTIPO E
ALL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE
VARIABILITY OF ARBUTIN CONTENT IN BEARBERRY (ARCTOSTAPHYLOS UVAURSI (L.) SPRENG.) RELATED TO BIOTYPE AND GROWING ENVIRONMENT
Silvia TAVARINI, Benedetta CESTONE, Luciana Gabriella ANGELINI
Dipartimento di Agronomia e Gestione dell‟Agroecosistema, Università di Pisa,
[email protected]
Riassunto
Nella presente ricerca, sono stati confrontati due genotipi di uva ursina in prove condotte in
due ambienti collinari situati nel comune di Pitigliano (Grosseto, 650 m s.l.m.) e nel comune
di Sorano nell‟area di Montevitozzo (Grosseto, 850 m s.l.m.). Oltre alla valutazione della
capacità di adattamento e di accrescimento delle piante, è stato valutato il contenuto di
arbutina, determinato mediante HPLC. I risultati ottenuti hanno evidenziato un discreto
adattamento della specie alle zone collinari interne della Toscana, nonostante una scarsa
resistenza allo stress idrico e alle alte temperature estive. Le piante, grazie al rapido
insediamento e al portamento prostrato-tappezzante, possono svolgere in queste zone un
importante ruolo di difesa del suolo dal rischio di erosione. È stato, inoltre, osservato che i
genotipi utilizzati sono caratterizzati da un buon contenuto in arbutina, dell‟ordine di 60-70
mg g-1 peso secco, e che tale principio attivo varia in relazione alle condizioni pedoclimatiche del sito di coltivazione e all‟epoca di raccolta delle piantine.
Parole chiave: arbutina, Arctostaphylos uva-ursi, HPLC, zone marginali
Abstract
In the present research two different genotypes of bearberry were compared in two hilly areas
located in Pitigliano (Grosseto, 650 m a.s.l.) and Sorano (Grosseto; Montevitozzo, 850 m
a.s.l.). The adaptation capacity and the growth development of the plants were evaluated
together with the leaf arbutin content by HPLC analysis. The achieved results highlighted a
good adaptation of this species to inland hills of Tuscany, in spite of its high sensitivity to
water stress and summer high temperatures. In such hilly areas, the prostrate ground cover
plants may play an important role by preserving soil from erosion risks. It was also observed
that the tested genotypes were characterized by a good arbutin content, which was about 6070 mg g-1 dry weight, and that this active principle varied in relation to the pedo-climatic
conditions of the growing site and to the harvest time.
Keywords: arbutin, Arctostaphylos uva-ursi, HPLC, marginal areas
Introduzione
La maggior parte delle piante officinali ed aromatiche utilizzate dall‟industria farmaceutica,
erboristica, liquoristica ed alimentare deriva dalla raccolta spontanea (Edwards, 2004). Il
reperimento di materiale fresco tramite raccolta spontanea, oltre ad essere difficoltoso, non
omogeneo e spesso soggetto ad inquinamento, può causare perdita di biodiversità vegetale e
di diversità genetica, estinzione di specie locali e distruzione di habitat naturali (Canter et al.,
2005). Le specie minacciate dalla raccolta spontanea sono tra le 4.000 e 10.000 (Edwards,
206
2004), tra cui l‟uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi L. Spreng.), appartenente alla famiglia
delle Ericaceae ed originaria del nord America (Naczk et al., 2011). La droga grezza isolata
dalle foglie di questa specie contiene composti farmacologicamente rilevanti, tra cui
l‟arbutina (4-idrossifenil-orto--D-monoglucopiranoside), che rappresenta il principale
costituente fenolico, formato da un idrochinone legato attraverso legame glucosidico ad una
molecola di glucosio (Parejo et al., 2001). Gli estratti fogliari di uva ursina possiedono
interessanti proprietà farmacologiche; svolgono, infatti, un‟azione antisettica ed astringente
nella cura delle infezioni del basso tratto urinario (Capasso et al., 2006) ed un‟azione
schiarente sulle macchie cutanee (Sugimoto et al., 2004). Recentemente è stato osservato che
l‟arbutina è coinvolta nell‟inibizione della proliferazione di una linea cellulare responsabile di
tumori del sangue (Li et al., 2011). Questo composto svolge, inoltre, un‟azione schermante
nei confronti dei raggi UV, oltre ad essere un potente antiossidante naturale (Lamien-Meda et
al., 2009), utilizzato anche nella conservazione degli alimenti (Amarowicz et al., 2004). Ad
oggi, l‟uva ursina deriva soprattutto da raccolta delle piante presenti alla stato spontaneo,
importata perlopiù da Paesi dell‟Europa dell‟Est (Turchia, Macedonia, Montenegro, Romania
e Bulgaria). Questo arbusto sempreverde vegeta spontaneamente esclusivamente all‟interno di
aree protette, come parchi nazionali e regionali, in forma di cespugli in zone aperte soleggiate,
collinari e montane, preferenzialmente subalpine, dai 600 fino ai 2500 m. Sebbene
un‟adeguata protezione di tale specie potrebbe essere ottenuta attraverso la regolazione e
l‟introduzione di una raccolta spontanea sostenibile, una valida alternativa a lungo termine
potrebbe essere l‟addomesticamento, vale a dire l‟introduzione in coltura della specie stessa.
In questo modo si avrebbe l‟opportunità di salvaguardare la biodiversità e di migliorare la
qualità delle droghe e degli estratti, superando i problemi legati ad errori nell‟identificazione,
alla variabilità genetica e fenotipica delle piante, alla variabilità ed instabilità dell‟estratto,
nonché alla eventuale presenza di composti tossici e contaminanti. La coltivazione offre,
inoltre, l‟opportunità di ottimizzare la resa ed ottenere un prodotto standardizzato di alta
qualità (Canter et al., 2005). Al tempo stesso l‟inserimento in coltura dell‟uva ursina potrebbe
rappresentare uno strumento per la salvaguardia di aree terrazzate e a rischio idrogeologico,
nonché contribuire alla riforestazione di zone degradate potendo costituire una macchia
tappezzante da utilizzare come corridoio ecologico (Krpata et al., 2007). Il presente lavoro si
inserisce in una politica di sviluppo sostenibile volta a limitare l‟importazione e la raccolta
spontanea di A. uva-ursi. Allo scopo di studiare l‟adattabilità di questa ericacea ad ambienti
collinari marginali e promuoverne l‟introduzione in coltura, sono state eseguite prove di
coltivazione secondo il metodo organo-biologico in due siti collinari della provincia di
Grosseto, valutando le potenzialità di accrescimento ed il contenuto di arbutina, al fine di
ottenere un prodotto sicuro ed efficace per usi fitoterapici.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Sono state utilizzate piantine di uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi L.
Spreng.) di 1-2 mesi di età, riprodotte agamicamente da talea apicale, appartenenti a due
differenti genotipi: piante di origine olandese e piante dell‟Appennino emiliano. Le prove
sperimentali sono state allestite in parallelo presso due siti di coltivazione: l‟Azienda agricola
biologica “Il Ramerino”, sita nel comune di Pitigliano (GR), a 650 m s.l.m, e la zona collinare
di Montevitozzo, nel comune di Sorano (GR), a 850 m s.l.m., sotto l‟Amministrazione Beni
Separati Usi Civici. La prima azienda ha ospitato una piccola prova di coltivazione su un
suolo franco-sabbioso esposto a sud-ovest, povero di sostanza organica, con una densità di
impianto di 1,4 piante m-2 (120 cm nell‟interfila e 60 cm sulla fila) appartenenti al genotipo
olandese. L‟impianto è stato realizzato secondo uno schema a blocchi randomizzati con tre
207
replicazioni (l‟area di una singola parcella era pari a 25 m2) il 5 febbraio 2011, quando le
piante presentavano rametti di lunghezza variabile tra 21 e 41 cm. Il terreno è stato acidificato
con torba e concimato con un concime organico a base di camola (prodotto di scarto che
deriva dall‟allevamento delle camole da farina, tenebrionidi utilizzati come esche nella pesca),
particolarmente ricco di fosforo. Inoltre, sul terreno è stato effettuato in precedenza un
sovescio di leguminose e crucifere. La seconda prova è stata realizzata sull‟area di
Montevitozzo, certificata biologica, dell‟estensione di circa 1000 m2, su un suolo francolimoso, ricco di sostanza organica, esposto ad ovest, valutando le piante appartenenti sia al
genotipo olandese che quelle provenienti dall‟Appennino emiliano. La messa a dimora delle
piantine di entrambi i genotipi è avvenuta il 6 febbraio 2011, adottando la stessa densità e lo
stesso sesto d‟impianto visto in precedenza. Per ciascun genotipo, anche in questo caso è stato
utilizzato uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre replicazioni (l‟area di una
singola parcella era pari a 50 m2). Il contenimento delle principali infestanti (Tussillago
farfara L., Arctium lappa L., Sambucus edulis L., Viola tricolor L., Cynodon dactylon L.) è
avvenuto a mano. In Tab. 1 sono riportate le principali caratteristiche fisico-chimiche dei due
tipi di suolo. Al fine di determinare il contenuto di arbutina nelle foglie, in entrambi i siti di
coltivazione sono state realizzate due raccolte: la prima a fine primavera (14 giugno 2011),
per entrambi i genotipi; la seconda alla fine di settembre (30 settembre 2011), solo per il
genotipo olandese. Per entrambe le raccolte, sono state campionate casualmente 10 piante
all‟interno di ogni parcella.
Determinazione del contenuto di arbutina. Il contenuto di arbutina nelle foglie è stato
determinato secondo il metodo proposto da Lukas et al. (2010), previa essiccazione dei
campioni in stufa a 40°C. L‟identificazione dell‟arbutina è stata ottenuta confrontando i tempi
di ritenzione degli estratti con quello dello standard esterno di arbutina (98% purezza). I
risultati sono stati espressi in mg g-1 peso secco.
Analisi statistica - Tutte le variabili sono state analizzate tramite l‟analisi della varianza a
blocchi randomizzati, utilizzando il software statistico GraphPad PRISM V4.0 (2003). Le
medie sono state separate sulla base del test della differenza minima significativa (DMS), in
accordo all‟analisi della varianza, per P ≤ 0,05.
Risultati e discussione
Il ciclo ontogenetico dell‟uva ursina è caratterizzato da due periodi di crescita, uno
primaverile e l‟altro estivo-autunnale (dalla fine di agosto all‟inizio dell‟autunno) interrotti da
un periodo di dormienza estiva. In entrambi i siti di coltivazione le piante dei due genotipi
hanno iniziato a vegetare a partire dalla seconda settimana di aprile, circa 60 giorni dopo il
trapianto di febbraio. L‟attività vegetativa è durata fino a giugno, quando l‟accrescimento si è
interrotto a causa delle temperature elevate e del periodo particolarmente siccitoso.
Quest‟ultimo si è protratto fino a settembre-ottobre, compromettendo fortemente il secondo
periodo di crescita. Nel periodo primaverile, le piante hanno mostrato una buona vitalità,
differenziando nuovi e numerosi fusti striscianti dalla base delle piante e nuove ramificazioni
all‟apice dei fusti. Nel mese di aprile circa il 4% delle piantine ha raggiunto la fioritura (il 3%
di provenienza olandese, il 4% di provenienza dell‟Appennino emiliano). Nell‟anno
dell‟impianto, tuttavia, le piantine erano ancora poco sviluppate e alla differenziazione dei
fiori non è seguita la formazione dei frutti. Alla fine del mese di maggio, nella parcella di
Montevitozzo, le piante in buono stato vegetativo ammontavano a circa il 72% del totale. Le
piante provenienti dall‟Appennino emiliano hanno presentato maggiori difficoltà
nell‟attecchimento rispetto a quelle di provenienza olandese che, invece, hanno mostrato un
ottimo accrescimento con steli ben sviluppati in lunghezza e ben ramificati. I nuovi getti alla
208
base delle piante e all‟apice dei rametti sono stati numerosi, ma in media l‟allungamento del
rametto primario è arrivato ad un massimo di 50 cm e per ogni rametto si è osservata una
divisione in altri 6 rametti secondari per lato di 5-6 cm. Al momento del campionamento
primaverile (14 giugno) a Montevitozzo, sono stati condotti dei rilievi sulle piante di
provenienza olandese, le quali presentavano una lunghezza dei rametti primari in un intervallo
compreso tra 22 e 58 cm, con nuove ramificazioni, in numero compreso tra 10 e 20 ciascuna,
di lunghezza compresa tra i 4 e 7 cm. Le piantine provenienti dall‟Appennino emiliano
presentavano un minore sviluppo vegetativo con una lunghezza degli steli principali non
superiore ai 9 cm ed un numero ridotto (3-6 ramificazioni secondarie di lunghezza compresa
tra 2-3 cm). Le piante campionate nell‟Azienda “Il Ramerino” di provenienza olandese
mostravano un buon accrescimento, come del resto osservato nello stesso genotipo a
Montevitozzo, con una lunghezza dei rametti primari compresa tra 45 e 36 cm, ognuno dei
quali portava più di venti nuovi getti laterali. La stagione estiva particolarmente siccitosa tra
luglio e settembre e le difficoltà che le piante hanno incontrato nello sviluppo e
nell‟approfondimento dell‟apparato radicale hanno provocato una certa mortalità in entrambi i
siti di coltivazione. Per far fronte alle problematiche legate allo stress idrico che si verifica in
tali zone durante la stagione estiva, è infatti opportuno ricorrere all‟irrigazione di soccorso in
modo da mantenere su livelli ottimali la capacità idrica del suolo. Tuttavia, se ciò si rende
possibile presso l‟azienda “Il Ramerino”, più difficoltoso è allestire un impianto di irrigazione
nell‟area degli Usi Civici di Montevitozzo.
In Tab. 2 sono riportati i valori medi della concentrazione di arbutina determinata nel
genotipo olandese di uva ursina, nei due siti di coltivazione e nelle due epoche di raccolta. La
quantità di arbutina è stata influenzata significativamente dall‟epoca di raccolta (R) con una
maggiore concentrazione durante la raccolta autunnale rispetto a quella primaverile (78,27 vs
67,59 mg g-1 PS), mentre il sito di coltivazione (S) e l‟interazione tra i due fattori (S x R) non
hanno avuto alcun effetto significativo sulla concentrazione del principio attivo. Anche
l‟effetto del genotipo (olandese e dell‟Appennino emiliano) sul contenuto di arbutina, valutato
nella raccolta primaverile a Montevitozzo, non è risultato statisticamente significativo (Tab.
2). La concentrazione dell‟arbutina, principale metabolita presente nelle foglie dell‟uva
ursina, dipende fortemente dall‟origine del genotipo ma può variare anche stagionalmente
(Heroutová, 2012) in relazione alle condizioni di crescita delle piante, con particolare
riferimento alle condizioni pedoclimatiche e geografiche (altitudine, latitudine, longitudine,
ecc.) (Integrated Laboratory Systems, 2006), raggiungendo valori massimi dell‟8-9% (Parejo
et al., 2001). In letteratura è riportato come il contenuto totale di arbutina sia compreso tra il
5,95 ed il 7,16%, con le più alte concentrazioni durante l‟autunno e soprattutto in piante
resistenti alla siccità ed al gelo (Frías et al., 2006). I nostri risultati sono pienamente in linea
con quelli riportati in letteratura, con valori compresi tra 6,4 e 8,0 g 100 g-1 peso secco e con
valori massimi in autunno. La più elevata concentrazione di arbutina nelle foglie raccolte in
autunno, al termine del periodo estivo particolarmente siccitoso, può essere messa in relazione
ai meccanismi di risposta a fenomeni di stress messi in atto dalla pianta per superare stress
abiotici in accordo anche con quanto riportato da Pop et al. (2009).
Conclusioni
Le prove di coltivazione hanno evidenziato la possibilità di adattamento di Arctostaphylos
uva-ursi (L.) alle zone collinari interne della Toscana. Le piante hanno evidenziato una buona
vitalità nel periodo primaverile, con la formazione di numerosi nuovi germogli alla base della
pianta e nuove ramificazioni all‟apice dei rametti. I migliori risultati in termini di adattamento
si sono ottenuti in piante appartenenti al genotipo olandese. Le giovani piante hanno mostrato
209
di essere particolarmente sensibili alla siccità estiva richiedendo temperature più miti e una
maggiore disponibilità di acqua, per sopravvivere ed esplicare al meglio le proprie capacità
produttive. È, inoltre, emerso come il genotipo olandese sia caratterizzato da un buon
contenuto in arbutina (tra 6,75 e 7,82%), con un livello superiore durante il periodo autunnale.
Futuri esperimenti saranno, comunque, necessari per valutare la risposta produttiva quantiqualitativa della specie e le variazioni nel contenuto di arbutina nelle foglie dopo il primo
anno di impianto della coltura nell‟areale della collina interna della Provincia di Grosseto.
Sarà, inoltre, importante migliorare il rifornimento idrico mediante irrigazione, al fine di
mantenere la capacità idrica del suolo su livelli ottimali, soprattutto su terreni particolarmente
sciolti e caratterizzati da una bassa capacità di ritenzione idrica, come quelli dell‟Azienda “Il
Ramerino”. Questi dati preliminari hanno evidenziato come l‟introduzione in coltura di questa
specie sia possibile, scegliendo in maniera oculata il sito di coltivazione ed il genotipo
(privilegiando, se disponibili, quelli più resistenti alla siccità), tenendo soprattutto in
considerazione la fase critica relativa al periodo estivo. La coltivazione offre, quindi,
l‟opportunità di migliorare la qualità della droga, superando i problemi inerenti
l‟identificazione botanica, la variabilità genetica e fenotipica delle piante, la variabilità ed
instabilità dell‟estratto, nonché di salvaguardare la biodiversità degli habitat naturali.
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Tab. 1. Principali caratteristiche fisico-chimiche dei due terreni che hanno ospitato le due prove di
coltivazione.
Tab. 1. Main soil physical and chemical characteristics at the two experimental sites (Azienda“Il
Ramerino”and Montevitozzo).
Caratteristiche fisico-chimiche
Azienda ÒIl RamerinoÓ
Montevitozzo
814,2
424,1
167
475,8
18,8
100,1
60,5
105,3
1,45
5,34
0,63
2,42
10,79
4,51
1041
194,38
6,6
5,84
-1
Sabbia (2Ğ0,05 mm, g kg )
-1
Limo (0,05Ğ0,002 mm, g kg )
-1
Argilla (<0,002 mm, g kg )
-1
Conducibilitˆ elettrica, CE (µS cm )
Sostanza organica, S.O. (%)
-1
N totale (metodo di Kjeldhal, g kg )
-1
P assimilabile (metodo di Olsen, mg kg )
-1
K scambiabile (metodo di Thomas, mg kg )
pH (metodo di McLean)
Tab. 2. Effetti del sito di coltivazione (S), dell‟epoca di raccolta (R), dell‟interazione S x R sul
contenuto di arbutina (mg g-1 PS) in foglie di Arctostaphylos uva-ursi del genotipo olandese. Effetto
del genotipo (G) sul contenuto di arbutina in foglie delle piante coltivate a Montevitozzo.
Tab. 2. Effect of the cultivation site (S), harvest time (H), S x H interaction on the arbutin content (mg
g-1 DW) in the leaves of Arctostaphylos uva-ursi of the Dutch genotype. Effect of genotype on the
arbutin content in the leaves of the plant cultivated at Montevitozzo.
Raccolta Primaverile
Raccolta autunnale
Media sito
Azienda “Il Ramerino”
71,70 ± 6,17 a
77,09 ± 2,37 a
74,39 ± 3,81 A
Montevitozzo
63,48 ± 4,73 a
79,46 ± 8,74 a
71,47 ± 11,30 A
Media Epoca
Montevitozzo
67,59 ± 5,81 B
78,27 ± 1,68 A
Genotipo olandese
Genotipo Appennino
63,48 ± 4,73 a
63,89 ± 10,75 a
Media genotipo
63,69 ± 0,29
Valori medi (± deviazione standard) seguiti da lettere uguali non sono significativamente differenti per
P = 0,05 in base al test della Differenza Minima Significativa (DMS).
Mean values (± standard deviation) followed by the same letters are not significantly different at 0.05
probability level (LSD test).
211
2.32. VALORIZZAZIONE DI SPECIE SPONTANEE PER LA PRODUZIONE DI
COLORANTI VEGETALI PER PRODUZIONI INNOVATIVE DI NICCHIA E LO
SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE
VALORIZATION OF WILD PLANT SPECIES FOR PRODUCTION OF NATURAL DYES FOR
INNOVATIVE NICHE PRODUCTS AND LOCAL SUSTAINABLE DEVELOPMENT
Silvia TAVARINI1, Edoardo BIONDI2, Luciana Gabriella ANGELINI1
1
Dipartimento di Agronomia e Gestione dell‟Agroecosistema, Università di Pisa,
[email protected]
2
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università di Ancona
Riassunto
L‟obiettivo principale della ricerca è stato la valorizzazione di alcune specie tintorie presenti
nella flora spontanea del territorio marchigiano e le conoscenze legate al loro uso
nell‟antichità, al fine di ottenere produzioni innovative di nicchia, promuovendo lo sviluppo
locale sostenibile e aggiungendo valore al processo produttivo. A tale proposito, partendo
dalle conoscenze storiche sulle piante da coloranti, sono state selezionate alcune specie native
del territorio di riferimento, sia dal punto di vista del loro potere tintorio, mediante test di
tintura, che per il contenuto di principi attivi, valutato attraverso indagini spettrofotometriche.
In particolare, sono state valutate specie da flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus
coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.;
Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e specie
da tannini (Pistacia lentiscus L:; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Lo scopo di tale
attività è stato il recupero del patrimonio culturale, la conservazione e il mantenimento della
biodiversità di alcune importanti specie impiegate per la produzione di coloranti e di ausiliari
di tintura (mordenti) nella regione Marche. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come
le specie analizzate possiedano interessanti caratteristiche tintorie, congiuntamente ad
altrettante importanti proprietà antiossidanti e fitochimiche, tali da consentirne l‟applicazione
nel settore tessile e cosmetico ed, in alcuni casi, fitoterapico.
Parole chiave: capacità antiossidante, coloranti naturali, fenoli totali, flavonoidi, tannini,
specie vegetali spontanee
Abstract
An important goal of this study was to individuate and valorise, through knowledge of local
tradition, the wild dye plant species present in the flora of Marche region (Central Italy). The
purpose was to obtain innovative niche products in order to promote the sustainable
development of this territorial context and to add value to the productive process. For this
reason, moving on the historical bases, native plant species of the Marche region were
evaluated for their dye properties, through dyeing tests. At the same time, the content of
different compounds responsible of the colour (phenols, flavonoids and tannins) was
evaluated by spectrophotometric analysis. In particular flavonoid (Anthemis tinctoria L.;
Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum
perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus
alaternus L.) and tannin plant species (Pistacia lentiscus L.; Pistacia terebinthus L.;
Viburnum tinus L.) were investigated. The final goal of this research was the recovery of the
cultural heritage of Marche region and the preservation of biodiversity of some important
212
species, used for the dye production and dyeing auxiliaries (e.g. tannins as mordents). The
results highlighted that the studied species were characterized by interesting dyeing
properties together with important phytochemical and antioxidant characteristics. These
findings suggest the possibility to use these plant species in textile, cosmetic and herbal
industry.
Keywords: antioxidant capacity, natural dyes, tannins, total flavonoids, total phenols, wild
plant species
Introduzione
Le piante in grado di fornire coloranti naturali sono numerose e molto diversificate, sia per
caratteristiche botaniche e biologiche, che per areale di origine e distribuzione. Secondo
Vetter (1999), le piante tintorie presenti in natura sono oltre 1000, tuttavia, solo un numero
più ristretto sono quelle storicamente più importanti, selezionate nel corso dei tempi per la
tintura del tessile in base alle loro caratteristiche qualitative in termini di resa tintoriale e
resistenza ai fattori di degrado (luce, lavaggio, sfregamento, traspirazione). I composti
coloranti si accumulano nei tessuti vegetali durante lo sviluppo e la crescita delle piante,
raggiungendo la concentrazione più elevata durante quello che viene definito “tempo
balsamico”. Un‟importante distinzione tra i coloranti naturali si basa sulla classe chimica di
appartenenza dei composti responsabili del colore. Si distinguono così le piante da flavonoidi,
da antrachinoni, da coloranti indigoidi, da tannini, da carotenoidi. I coloranti naturali
rappresentano una parte essenziale del patrimonio ecologico e culturale dell‟uomo e la loro
selezione e uso sono fili conduttori ed elementi comuni a tutte le civiltà che si sono susseguite
nel corso della storia, fino a quando, nel XIX secolo, l‟uso dei coloranti naturali venne quasi
del tutto soppiantato dai coloranti sintetici, più economici e facili da utilizzare (Cardon, 2007;
Angelini, 2008). Negli ultimi anni, a seguito della crescente consapevolezza delle
problematiche d‟impatto ambientale e della necessità globale di politiche di sviluppo
sostenibile, la ricerca sui biomateriali, ritenuti più sicuri e sostenibili rispetto a quelli di
derivazione dalla petrolchimica, è diventata di estrema importanza. Si sta, perciò, assistendo
ad una forte e crescente rivalutazione delle piante tintorie che si pongono, a pieno titolo, come
valida alternativa all‟uso di prodotti chimici di sintesi rappresentando, al tempo stesso, un
valido strumento in grado di mantenere, ravvivandolo e valorizzandolo, il secolare legame tra
uomo e natura. Lo sviluppo sostenibile della produzione e dell‟uso dei coloranti naturali non
può essere scollegato da importanti problematiche, quali la gestione responsabile delle risorse
spontanee naturali, l'adozione di metodi di ricerca etici nel rispetto dei diritti delle popolazioni
indigene e delle risorse, l'uso di tecnologie di produzione ecocompatibili (Angelini, 2008;
Cardon, 2010). In particolare, estrema attenzione deve essere posta nella raccolta di piante
spontanee, evitando lo sfruttamento sconsiderato delle risorse, in modo da salvaguardare la
biodiversità floristica dei differenti areali. Ciò può essere realizzato attraverso
l‟ottimizzazione della coltivazione delle piante da coloranti, soprattutto delle specie selvatiche
che devono essere selezionate per il loro contenuto di composti coloranti e per il loro
potenziale utilizzo su scala industriale. Nell‟ambito del progetto “Introduzione dei coloranti
naturali nel settore industriale marchigiano dell'abbigliamento, POR Marche”, al fine di
avviare una filiera produttiva locale basata su fibre e coloranti naturali nel settore
tessile/abbigliamento, sono state selezionate un certo numero di specie spontanee tipiche del
territorio marchigiano, sulla base di una serie di parametri quali: importanza storica, qualità
delle tinture e disponibilità di conoscenze agronomiche per una loro possibile coltivazione.
L‟obiettivo della ricerca è stato quello di valorizzare tali specie, al fine di ottenere produzioni
213
innovative di nicchia, promuovendo lo sviluppo locale sostenibile e aggiungendo valore al
processo produttivo. Le specie tintorie selezionate sono state analizzate sia dal punto di vista
del loro potere tintorio, mediante test di tintura su lana, che per il contenuto di principi attivi,
valutato attraverso indagini spettrofotometriche. In particolare, sono state valutate specie da
flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula
viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.;
Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e specie da tannini (Pistacia lentiscus L.; Pistacia
terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Lo scopo di tale attività è stato il recupero del patrimonio
culturale, la conservazione e il mantenimento della biodiversità di alcune importanti specie
impiegate per la produzione di coloranti e di ausiliari di tintura (mordenti) nella regione
Marche.
Materiali e metodi
Materiale vegetale - Sono state selezionate e raccolte alcune delle specie officinali più diffuse
nel territorio marchigiano, note per le loro proprietà tintorie. Le specie utilizzate nel presente
studio sono descritte in Tab. 1. Le piante raccolte sono state essiccate in stufe a circolazione
d‟aria forzata alla temperatura di 40°C, fino a raggiungimento del peso costante. Le parti utili
delle piante da cui ricavare i principi coloranti sono state separate, finemente macinate e
conservate in contenitori di plastica sigillati fino al momento delle analisi. Le droghe così
ottenute sono state utilizzate per la realizzazione dei test di tintura e per le analisi relative al
contenuto di fenoli totali, flavonoidi totali, tannini totali e capacità antiossidante. Le piante
sono state suddivise in piante da flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.;
Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum
L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e piante da tannini
(Pistacia lentiscus L.; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Il contenuto di fenoli totali
e la capacità antiossidante sono stati determinati su tutte le specie vegetali selezionate.
Preparazione degli estratti per la determinazione delle caratteristiche fitochimiche - La
procedura utilizzata ha previsto un‟estrazione assistita con ultrasuoni, per 15 minuti alla
temperatura di 60°C con etanolo al 50%. Il rapporto droga:solvente è stato di 1:100. L‟estratto
ottenuto, dopo filtrazione con filtri carta, è stato utilizzato per le successive analisi (contenuto
in fenoli, flavonoidi, tannini e capacità anti-radicalica).
Fenoli totali - È stato utilizzato il metodo colorimetrico del Folin-Ciocalteu. L‟acido gallico è
stato utilizzato come standard ed i risultati sono stati espressi come mg acido gallico
equivalenti per grammo di peso secco (PS) della droga (mg GAE/g PS).
Flavonoidi totali - Il contenuto totale di flavonoidi è stato determinato con il metodo
spettrofotometrico proposto da Jia et al. (1999) basato sulla formazione del complesso
flavonoide-alluminio, con opportune modifiche (Barros et al., 2010). La rutina è stata
utilizzata come standard esterno e i risultati sono stati espressi come mg rutina equivalenti / g
PS.
Tannini totali - Il contenuto in tannini totali è stato determinato in accordo con Schanderl
(1970) e Rasineni et al. (2008). L‟acido tannico è tato utilizzato come standard ed i risultati
espressi come mg di acido tannico equivalenti/g PS.
Determinazione dell‟attività anti-radicalica - L‟attività anti-radicalica è stata determinata
attraverso il saggio del DPPH, in accordo con quanto proposto da Tadhani et al. (2007). Tale
test valuta la capacità degli estratti in esame di agire da scavenger di radicali liberi,
utilizzando la reazione con il radicale stabile DPPH (2,2-difenil-1-picrilidrazile). Le
percentuali d‟inibizione dei differenti estratti sono state calcolate secondo la seguente
formula:
214
% Inibizione = [(A0 - Ac) / A0] x 100; dove: A0 = assorbanza a 517 nm della soluzione di
DPPH e Ac = assorbanza del campione a 517 nm.
Test di tintura - Le tinture sono state condotte utilizzando un rapporto di 1:50 tra il filato e il
bagno di tintura. Il bagno di tintura è stato ottenuto per decozione della droga in acqua
distillata con un rapporto di 1:100. La lana è stata precedentemente mordenzata con
KAl(SO4)2.12 H2O al 20% e cremor tartaro (6%). Il bagno di tintura contenente il filato è stato
portato ad ebollizione per circa 1 ora, rimescolando ripetutamente il filato. Al termine, il filato
è stato lasciato raffreddare all‟interno del bagno e successivamente lavato con sapone di
Marsiglia e risciacquato accuratamente.
Analisi statistica - Le analisi sono state condotte in triplicato ed i risultati ottenuti sono stati
sottoposti all‟analisi della varianza secondo uno schema sperimentale a randomizzazione
completa al fine di evidenziare le differenze tra le specie. Le medie sono state comparate
utilizzando il test della differenza minima significativa (DMS) per P ≤ 0,05
Risultati e discussione
I risultati relativi al contenuto dei principali composti responsabili del colore (fenoli,
flavonoidi e tannini) e all‟attività anti-radicalica delle differenti specie sono riportati in Tab. 2.
Differenze statisticamente significative sono state osservate, tra le diverse specie, per ciascun
parametro analizzato, mostrando un ampio range di variabilità per i diversi costituenti. Il
maggior contenuto in fenoli totali è stato registrato in Pistacia lentiscus L., seguito da Cotinus
coggygria Scop. (274,17 e 222,69 mg GAE/g PS, rispettivamente). Al contrario, Inula viscosa
(L.) Alton e Spartium junceum L. erano caratterizzate dai valori più bassi (47,18 e 44,90 mg
GAE/g PS). Parallelamente, Pistacia lentiscus L. si è dimostrata anche la specie più ricca in
flavonoidi (61,09 mg rutina eq/g PS) seguita da Reseda luteola L. (45,78 mg rutina eq/g PS),
mentre Spartium junceum L. ha mostrato i valori più bassi (8,96 mg rutina eq/g PS). I
flavonoidi rappresentano le molecole responsabili della colorazione gialla, e tra le diverse
specie vegetali da coloranti, le piante da flavonoidi hanno da sempre rivestito una notevole
importanza storica ed economica per le loro elevate qualità tintoriali. A differenza di Reseda
luteola, che rappresenta storicamente la più importante fonte di coloranti gialli, Pistacia
lentiscus si è dimostrata una specie altrettanto interessante per l‟ottenimento del colore giallo,
come dimostrato dall‟elevato contenuto in flavonoidi e dalle brillanti tinture ottenute su lana.
Per quanto riguarda i tannini totali, le specie analizzate mostravano quantitativi piuttosto
elevati con i valori più bassi registrati per Viburnum tinus L. (104,30 mg ac. tannico eq/g PS).
I tannini naturali, oltre ad essere responsabili della colorazione bruna dei filati, possono essere
efficacemente utilizzati come sostanze coadiuvanti la tintura, particolarmente utili nella
mordenzatura del filato di cotone, per la loro maggior affinità di legarsi alle fibre cellulosiche.
I risultati ottenuti in questo studio hanno messo in evidenza come la quantità di tali composti,
distribuiti nei differenti organi della pianta, sia generalmente diversificata a seconda della
specie vegetale. Inoltre, la presenza e la struttura chimica di tali composti sono responsabili
dell‟attività antiossidante delle matrici vegetali. Infatti, i composti polifenolici, e i flavonoidi
in particolare, oltre ad essere coinvolti nelle molteplici interazioni ecologiche tra le piante e
l‟ambiente in cui esse vivono, mostrano un ampio spettro di attività biologiche e sono
caratterizzati da interessanti proprietà redox, funzionando come “scavenger” nei confronti dei
radicali liberi dell‟ossigeno. Le proprietà redox dei polifenoli permettono loro di agire come
agenti riducenti, donatori di idrogeno e quencher dell‟ossigeno singoletto. Dal momento che,
le specie vegetali testate in questo lavoro di ricerca hanno mostrato possedere interessanti
contenuti di alcuni importanti metaboliti secondari, è stata valutata l‟attività anti-radicalica, in
termini di percentuale di inibizione del radicale libero DPPH. I risultati hanno messo in
215
evidenza come Cotinus coggygria Scop. e, ancora una volta, Pistacia lentiscus L.
mostrassero i valori maggiori di attività anti-radicalica (92,12 e 91,47%, rispettivamente).
Contrariamente, i valori più bassi sono stati registrati per Spartium junceum L. (51,52%), in
accordo anche ai più bassi contenuti di fenoli e flavonoidi totali, mettendo in evidenza la forte
associazione tra il contenuto in metaboliti secondari (fenoli, flavonoidi e tannini) e l‟attività
antiossidante delle matrici vegetali esaminate. Il presente studio suggerisce come l‟azione
antiossidante che caratterizza le differenti specie vegetali sia dovuta ad un‟azione sinergica
e/o competitiva tra i differenti composti bioattivi in esse presenti. Tuttavia, si rendono
necessari ulteriori studi al fine di identificare la natura dei composti predominanti, soprattutto
in relazione ai meccanismi d‟azione (riduzione e radical-scavenging) e alle possibili sinergie.
Per quanto riguarda i test di tintura su lana, le prove realizzate hanno dimostrato come le
specie spontanee selezionate del territorio marchigiano abbiano permesso di ottenere buoni
risultati in termini di proprietà tintorie fornendo tinture molto intense e brillanti.
Conclusioni
I risultati ottenuti in questo studio hanno evidenziato come alcune delle specie spontanee del
territorio marchigiano, possiedano interessanti caratteristiche tintorie, e a una buona attività
antiossidante. Tra tutte, Pistacia lentiscus L. si è dimostrata particolarmente interessante per
l‟alto contenuto di metaboliti secondari di interesse (fenoli e flavonoidi) e per l‟elevata attività
anti-radicalica. Le interessanti proprietà tintorie e fitochimiche messe in evidenzia per la
prima volta in alcune di queste specie, potrebbero consentire l‟applicazione degli estratti
vegetali, nel settore tessile, cosmetico ed, in alcuni casi, fitoterapico.
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Gülzow, Germany.
216
Tab. 1. Piante tintorie spontanee del territorio marchigiano, selezionate per le loro proprietà tintorie.
Tab. 1. Dye wild plant species of the Marche region, selected for their dyeing properties.
Famiglia e nome
scientifico binomiale
Nome comune
Parte utilizzata
Colore
Principio attivo
Sommaco selvatico,
scotano
Foglie e rami
Giallo-arancio
Fisetina, fustina, sulfuretina,
my ricetina, quercetina, canferolo e
acidi tannici glucosidati
Lentisco
Foglie e rami
Giallo
Flavononi, quercitina, miricetina,
kanferolo, tannini
Terebinto
Rami giovani
Giallo-marrone
tannini
Camomilla dei tintori
Infiorescenze
Giallo
Glicosidi dell'ap igenina e della
luteolina, quercetagetina, p atuletina e
miricetina
Enula, erba p uzza
Sommità fiorite
Giallo
Flavonoidi
Laurotino, lentaggine
bacche
Verde (p oco
stabile)
Tannini
Ip erico
Parti aeree p rima
della fioritura
Giallo-giallo
bruno, verde
Ip ericina, flavonoidi
1) Anacardiaceae
Cotinus coggygria Scop .
(sin. Rhus cotinus L.)
Pistacia lentiscus L.
Pistacia terebinthus L.
2) Asteraceae
Anthemis tinctoria L.
Inula viscosa (L.) Alton
3) Caprifoliaceae
Viburnum tinus L.
4) Guttiferaceae
Hypericum perforatum L.
5) Leguminosae
Spartium junceum L.
Genista tinctoria L.
Ginestra
Vermene con fiori
Giallo
Flavonoidi
Ginestra dei tintori,
ginestrella
Giovani rami,
fiori e foglie
Giallo
Luteolina, genisteina, ap igenina
Erba guada, reseda
Pianta intera,
foglie e sommità
fiorite
Giallo
Luteolina, ap igenina e loro derivati
glucosidici
Legno p uzzo,
alaterno
Legno e bacche
immature
Giallo
Glicosidi di idrossiantrachinoni (nel
legno) e, nelle bacche, flavonoidi
(ramnetina, canferolo, quercitina)
6) Resedaceae
Reseda luteola L.
7) Rhamnaceae
Rhamnus alaternus L.
Tab. 2. Confronto tra il contenuto in fenoli, flavonoidi, tannini e attività anti-radicalica in alcune specie
spontanee del territorio marchigiano selezionate in base alle proprietà tintorie.
Tab. 2. Comparison among different plant species for their content of phenols, flavonoids and tannins and for
their radical scavenging activity.
Specie da flavonoidi
Specie selezionate
Fenoli totali
(mg GAE/gPS)
Capacità
antiossidante
Anthemis tinctoria L.
63,48 ± 9,05 de
88,08 ± 0,08 ab
34,80 ± 1,49 c
Inula viscosa (L.) Alton
47,18 ± 0,53 e
72,89 ± 0,57 b
25,40 ± 0,92 d
36,92 ± 3,38 c
Hypericum perforatum L.
Flavonoidi totali
(mg rutina eq/gPS)
Tannini totali
(mg ac. tannico
eq/gPS)
55,83 ± 6,07 de
85,07 ± 0,76 ab
Spartium junceum L.
44,90 ± 2,28 e
51,52 ± 3,29 c
8,96 ± 0,50 f
Genista tinctoria L.
86,61 ± 12,04 de
70,23 ± 1,26 b
20,70 ± 0,36 de
Reseda luteola L.
79,88 ± 2,66 de
84,45 ± 0,61 ab
45,78 ± 1,25 b
Rhamnus alaternus L.
97,01 ± 14,23 d
71,10 ± 2,57 b
23,51 ± 0,87 d
Specie da flavonoidi e
tannini
Cotinus coggygria Scop.
222,69 ± 0,52 b
91,47 ± 0,50 a
15,321 ± 1,52 e
176,65 ± 16,15 a
Pistacia lentiscus L.
274,17 ± 74,09 a
92,12 ± 0,19 a
61,09 ± 6,41 a
168,29 ± 8,99 a
Specie da tannini
Pistacia terebinthus L.
176,99 ± 3,18 bc
87,68 ± 1,95 ab
174,66 ± 3,84 a
Viburnum tinus L.
171,54 ± 5,41 c
88,22 ± 0,88 ab
104,30 ± 7,68 b
***
*
Significatività
***
**
Valori medi (± deviazione standard) seguiti da lettere uguali in ciascuna colonna non sono significativamente
differenti per P = 0,05 in base al test della Differenza Minima Significativa (DMS).
Mean values (± standard deviation) followed by the same letters are not significantly different at 0.05
probability level (LSD test).
217
2.33. VALUTAZIONE BIOAGRONOMICA DI ECOTIPI LOCALI DI FAVA
BIOAGRONOMIC EVALUATION OF FAB BEAN ECOTYPES
Carlo TROCCOLI, Beniamino LEONI
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo
Moro”
e-mail: [email protected]
Riassunto
In questi ultimi anni, l‟aumentata richiesta da parte dei consumatori di prodotti alimentari
legati alla tradizione del territorio rurale, ha incoraggiato la ripresa della piantagione di quelle
colture ed ecotipi cosiddetti di “nicchia”, che, molto spesso, grazie alle loro caratteristiche di
rusticità, adattabilità e sostenibilità, sono in grado di raggiungere risultati produttivi ed
economici rilevanti. Ciò premesso, in questo primo anno della presente ricerca, si è voluto
valutare e caratterizzare, sotto il profilo agronomico, alcuni ecotipi di fava reperiti in ambienti
della Puglia e Basilicata.
La prova è stata condotta in agro di Policoro (MT) su terreno limoso-argilloso, con buona
percentuale di azoto e fosforo, senza problemi di salinità. Sei sono stati gli ecotipi posti a
confronto e precisamente: San Pietro in Lama, San Donato, Locale di Carovigno (ecotipi della
penisola salentina pugliese), Locale di Castellana, Locale di Putignano (ecotipi della
provincia di Bari), Locale di Matera (ovviamente della Basilicata) ed inoltre è stata anche
seminata, come cultivar di riferimento, la Violetta di Policoro, varietà ampiamente diffusa e
commercializzata nella zona della prova.
I dati biometrici di routine sono stati rilevati sia durante il ciclo vegetativo della coltura che
alla raccolta e per quanto riguarda la produzione dei semi gli ecotipi San Pietro in Lama e
Locale di Putignano hanno avuto una produzione significativamente maggiore rispetto a
Violetta di Policoro, cultivar di riferimento.
I risultati degli altri caratteri, se pur limitati ad un solo anno di prova, appaiono soddisfacenti
ed incoraggiano il proseguimento della ricerca.
Parole chiave: Vicia faba L. major, ecotipi, produzione granella
Abstract
Recently, consumers have reviewed the products that are related to the tradition, so it has
begun the cultivation of crops called “niche”. These crops are able to achieve significant
economics and productives results because they have characteristics of unicity, adaptability
and sustainability.
Therefore, in this first year of this research was aimed to evaluate and characterize, in terms
of the agronomic, some bean landraces found in areas of Puglia and Basilicata.
The test was conducted in the agro Policoro (MT) of silty-clayey soil, with a high percentage
of nitrogen and phosphorus, without salinity problems.
Six ecotypes were being compared, namely: San Pietro in Lama, San Donato, Carovigno
Local (ecotypes of the Salentine peninsula of Puglia), Castellana Local, Putignano Local
(ecotypes of the province of Bari), Matera Local (Basilicata course ) and also has also been
sown, as cultivars of reference, the Violet Policoro variety widely grown and marketed in the
area of the test.
218
The biometric data were routinely recorded during both the vegetative cycle of the crop to
harvest and as for the production of seeds and landraces San Pietro in Lama have Putignano
Local production was significantly greater than Violet Policoro reference cultivars.
The results of the other characters though limited to one year of probation, appear to be
satisfactory and encourage further research.
Keywords: Vicia faba L. major, ecotypes, seed yield
Introduzione
Dagli anni sessanta in poi, si è assistito, negli ambienti dell‟Italia meridionale, ad un
progressivo abbandono delle aree meno produttive, spesso coltivate con cultivar locali tipiche
dell‟agricoltura tradizionale. Anche il cambiamento delle abitudini alimentari, da parte
soprattutto delle generazioni più giovani, ha contribuito ad una costante e progressiva
riduzione delle superfici agricole investite, un tempo, da cultivar locali tipiche come le
leguminose da granella. Un numero sempre crescente di aziende si occupa di agricoltura
biologica.
I più recenti itinerari tecnici spingono verso scelte ecosostenibili, ponendo particolare
attenzione al ripristino, e al successivo mantenimento, della fertilità in terreni biologicamente
degradati. Anche la Green Economy, che tende, fra l‟altro, a favorire tecnologie più rispettose
dell‟ambiente, promuove e sostiene l‟attuale tendenza alla riscoperta ed alla valorizzazione
degli ecotipi locali. Essi, fino ad ora trascurati e, a volte dimenticati, sono meritevoli di un
rilancio (Polignano et al., 2002; Uggenti e Polignano, 1998).
Tra queste colture un ruolo particolarmente importante è rivestito dalle leguminose da
granella. Infatti, a causa dell‟aumentata richiesta di proteine vegetali nell‟alimentazione
umana, le leguminose da granella, e tra queste la fava (Vicia faba L. major) che ben si adatta
alle condizioni del clima mediterraneo (Loss, 1997), assumono un ruolo di rilevante.
Altresì, la rivalutazione della tecnica agronomica dell‟avvicendamento, che prevede
l‟utilizzazione di colture capaci di arricchire il terreno di sostanza organica ed azoto, impiega
le leguminose da granella poiché esse sono in grado di assicurare rese cospicue e con
caratteristiche qualitative di pregio (Pacucci et al., 2009).
In Italia, grazie al lavoro di miglioramento genetico, sono state costituite alcune nuove varietà
(Caruso e D‟Anna, 1998; De Pace, 1994), senza però trascurare l‟uso di ecotipi locali,
portatori di una variabilità che risulta essere una preziosa risorsa nei programmi di ricerca
(Polignano et al., 1997; Polignano et al., 1999; Robertson et al., 2000).
Ancor oggi, negli areali di coltivazione tradizionali, vengono impiegate popolazioni locali,
nonostante la presenza in commercio di nuove varietà, che assicurano un incremento
produttivo dell‟ordine del 20% ( Stringi et al., 1995).
Materiali e metodi
La ricerca è stata condotta nell‟annata agraria 2009-10 presso il Centro Didattico
Sperimentale “E. Pantanelli” dell‟Università di Bari, in agro di Policoro (MT) (40° N, 17° E).
L‟azienda è distante 3 km dal mare ed è situata a 15 m s.l.m., caratterizzata da clima subumido secondo la classificazione climatica di De Martonne (Cantore et al., 1987).
Il terreno è di origine alluvionale, profondo, limoso-argilloso (sabbia 39,7%, limo 37,4%,
argilla 22,9%), di buona fertilità: N totale (met. Kjeldhal) = 1,67‰; Fosforo tot. come P2O5
assimilabile, metodo Olsen, = 26,7 mg kg-1; Potassio tot. come K2O scambiabile, metodo
acetato ammonico, = 227 mg kg-1) ben dotato di sostanza organica (3,6% metodo Walkley
Black). Queste ed altre caratteristiche del terreno sono riportate nella Tab.1.
219
Sono stati seminati sei ecotipi, reperiti in Puglia ed in Basilicata, e precisamente: San Pietro
in Lama, San Donato, Locale di Carovigno (ecotipi della penisola salentina pugliese), Locale
di Castellana, Locale di Putignano (ecotipi della provincia di Bari), Locale di Matera
(ovviamente della Basilicata). Come termine di paragone è stata seminata la cv Violetta di
Policoro, varietà ampiamente diffusa e commercializzata nella zona della prova.
Lo schema sperimentale adottato è stato il blocco randomizzato con quattro ripetizioni e con
parcelle di 20 m2.
È stata effettuata una concimazione fosfatica, con 80 kg ha-1 di P2O5, e, successivamente la
semina, il 27-11-2009, data compresa nell‟epoca reputata ottimale per le regioni dell‟Italia
meridionale ed evidenziata da numerosi studi scientifici (Foti, 1989; Stringi, 1994).
La densità di semina è stata di 30 piante m2 (Pacucci et al., 2009), in file distanti 30 cm. La
lotta alle malerbe è stata effettuata manualmente, data la loro trascurabile presenza. La
raccolta è avvenuta il 06-07-2010.
I rilievi hanno riguardato: l‟altezza delle piante, il numero di piante per m2, il peso delle
piante, il numero ed il peso dei baccelli, la produzione di granella, il peso dei cento semi.
Inoltre, sono stati considerati il contenuto in ceneri, determinato con incenerimento in
muffola a 550°, ed il contenuto proteico, determinato col metodo Kjeldhal (N x 6,25).
Risultati e discussione
L‟andamento meteorico (Fig.1) non si è discostato di molto dalle medie pluriennali della zona
oggetto di studio. Infatti, nei mesi da ottobre a giugno dell‟anno di prova, si è avuta una
piovosità totale di poco inferiore (9%)
alla media pluriennale (442 e 486 mm,
rispettivamente).
Tuttavia, la maggiore distribuzione della pioggia, nell‟anno di prova, si è avuto nei mesi di
gennaio, febbraio, marzo ed aprile con circa 265 mm, contro i 148 mm dello stesso periodo
della media pluriennale, con una maggiore piovosità pari ad oltre il 40%.
L‟andamento della temperatura non si è discostata, in pratica, da quella pluriennale.
La maggiore produzione di granella si è avuta con gli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di
Putignano con un incremento produttivo del 15 e dell‟ 11% rispetto alla cultivar di
riferimento, Violetta di Policoro, con produzioni di 5.91, 5.67 e 5.08 t/ha, rispettivamente.
L‟ecotipo meno produttivo è risultato il Locale di Carovigno con 4.45 t/ha, circa 13 e 25% in
meno rispetto alla cultivar di riferimento e all‟ecotipo più produttivo (San Pietro in Lama).
Gli altri ecotipi hanno raggiunto produzioni intermedie, ma sempre al di sotto della cv
Violetta di Policoro.
Il peso dei 100 semi ha mostrato un range, tra gli ecotipi, compreso tra 200 e 175 g,
rispettivamente con l‟ecotipo Locale di Carovigno e Locale di Matera, entrambi superiori, di
circa il 15 ed il 2%, alla cultivar di riferimento.
Il contenuto in ceneri e quello proteico degli ecotipi non mostrano differenze significative con
la cv testimone, evidenziando come questi vecchi genotipi contengano caratteristiche
qualitative di tutto rispetto, anche se confrontate con le nuove cultivar migliorate.
Il peso delle piante degli ecotipi, San Pietro in Lama, Locale di Putignano e Locale di
Castellana, è di circa il 20% superiore alla cv Violetta di Policoro; mentre San Donato, Locale
di Matera e Locale di Carovigno hanno raggiunto, in media, un peso non significativamente
diverso dal testimone.
Il numero di baccelli degli ecotipi, con esclusione di Locale di Putignano, è risultato inferiore
alla cultivar di riferimento.
220
Il peso dei baccelli degli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano è risultato
superiore del 14% alla cultivar di riferimento; gli altri ecotipi hanno raggiunto una produzione
media inferiore dell‟8% alla Violetta di Policoro.
Per gli altri caratteri presi in considerazione, l‟altezza e il numero delle piante a m 2, non
appaiono differenze significative.
Conclusioni
Dalla ricerca effettuata si evidenziano risultati interessanti che spingono ad un ulteriore
approfondimento della ricerca.
I dati produttivi, sia quantitativi che qualitativi, degli ecotipi risultano essere di tutto rispetto e
meritevoli di essere presi in considerazione in futuri programmi di ricerca. In particolare, gli
ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano hanno fatto registrare un miglior
comportamento complessivo rispetto agli altri ecotipi, che tuttavia sono meritevoli di ulteriori
approfondimenti.
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Fig. 1. Andamento della temperatura (---) e della pioggia (canne d‟organo) come media
pluriennale (A) e nell‟anno di prova (B)
Fig. 1. Monthly trends of temperature (---) and precipitation (vertical bars) for the 40-yrs
average and for the grooving season 1999-2000 (A).
222
Tab. 1. Caratteristiche del terreno.
Tab. 1. Soil properties.
Sost.org. (%) (Walkley Black meth.)
pH
Conducibilità elettrica (mmhos cm-1)
Capacità di campo (DW %)
Punto di appassim. (-1.5 Mpa) (DW %)
Peso specifico del terreno
3.61
7.82
1.97
31.50
15.00
1.30
Sabbia (%)
Limo (%)
Argilla (%)
N totale (°/00)
P assimilabile (ppm, Olsen meth.)
K scamb.(ppm, ammon. acet. meth.)
39.66
37.43
22.91
1.67
26.70
227.03
Tab. 2. Caratteristiche produttive dei genotipi di fava.
Tab. 2. Yielding ability of faba bean genotypes.
Genotipi
San Pietro in Lama
Locale Putignano
Locale di Castellana
San Donato
Locale di Matera
Locale di Carovigno
Violetta di Policoro
media
Produzione
granella
(t/ha)
5.91
5.67
4.87
4.65
4.57
4.45
5.08
5.02
Peso dei
100 semi
(g)
197
179
199
191
175
200
171
188
Contenuto
in ceneri
(%)
3.62
3.51
3.44
3.64
3.54
3.45
3.49
3.53
Contenuto
proteico
(%)
26.69
27.04
25.66
27.25
26.21
26.08
26.60
26.50
Tab. 3. Caratteristiche bioagronomiche dei genotipi di fava.
Tab. 3. Bioagronomic characteristics of faba bean genotypes.
Genotipi
San Pietro in Lama
Locale di Putignano
Locale di Castellana
San Donato
Locale di Matera
Locale di Carovigno
Violetta Policoro
media
Altezza
(cm)
110
111
108
105
102
104
103
106
Piante
(n°/m2)
30
28
30
29
30
27
30
29
223
Peso piante
(g/ m2)
1313
1302
1287
1081
1089
1095
1065
1176
Baccelli
(n°/m2)
100
136
105
73
103
93
130
105
Peso baccelli
(g/m2)
751
739
628
584
578
587
646
644
2.34. PRODUTTIVITÀ DI ECOTIPI LOCALI DI CECE
PRODUCTIVITY LOCAL ECOTYPES OF CHICKPEA
Carlo TROCCOLI, Beniamino LEONI
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo
Moro”
e-mail: [email protected]
Riassunto
Il cece (Cicer arietinum L.) è, con il fagiolo ed il pisello, tra le leguminose più importanti a
livello mondiale per l‟alimentazione umana e per il bestiame. Rappresenta, infatti, una fonte
di carboidrati e proteine che, se accompagnata con quelle dei cereali, costituisce una
alimentazione di base completa. Dopo un lungo periodo di crisi, che ha visto ridurre sempre
più la superficie investita da questa coltura, si sta assistendo ad un generale rilancio della
stessa. Esso è dovuto al rinnovato interesse verso l‟ agricoltura ecosostenibile e al costante
aumento di aziende che attuano pratiche biologiche. Infatti, numerosi studi hanno evidenziato
che le caratteristiche quali-quantitative della produzione dipendono dall‟ecotipo, dall‟ambiente di coltivazione e dalla loro interazione (Frimpong et al., 2009). Con la presente
ricerca, prosieguo di una precedente (Troccoli e Leoni 2010), si è voluto studiare, in un
diverso ambiente, l‟effetto combinato della concimazione azotata e fosfatica su alcuni antichi
genotipi (Rocca Imperiale, Locale di Grumo, Locale di Altamura) e due cultivar (Sultano e
Otello), di più facile reperibilità commerciale, al fine di poter confrontare le rese produttive.
Sono stati rilevati i dati biometrici di routine sia durante il ciclo vegetativo della coltura che
alla raccolta e tutti sottoposti ad elaborazione statistica; il confronto tra le medie è stato
effettuato con il Duncan test. Per la produzione della granella si può osservare, in media, un
aumento della resa del 10% per le varietà ed i genotipi trattate con il solo concime fosfatico.
Le varietà trattate con il concime azotato subiscono una riduzione di produzione di circa il
7%; tra i genotipi, Rocca Imperiale incrementa la propria produzione del 10%, Locale di
Grumo del 5%, Locale di Altamura mantiene invariata la produzione. Interessanti appaiono
anche i risultati degli altri caratteri rilevati.
Parole chiave: Cicer arietinum, ecotipi, concimazione, produzione granella
Abstract
The chickpea is one of the most important legume for humans supply and animals feed. It
could be a base of carbohydrates and proteins that combined with cereals, becomes a
complete diet. After a long period of crisis, that the chickpea was grown less and less, Now
there is renewed interest in this crop due to the increased bio companies and the results of
some studies.These treaties say that the quality and quantity of production depend from the
ecotype and the growing environment but also from their interactions. With this research that
continues a previous one, we wanted to study in a different environment, the combined effect
of phosphate and nitrogen fertilization on some older genotypes (Rocca Imperiale, Local
Grumo, Local Altamura) and two cultivars (Sultan and Othello) more recently established, in
order to compare the yields. Biometric data were collected routinely both during the
vegetative cycle of the crop to harvest and all subjected to statistical analysis. The
comparison between means was performed with the Duncan‟s test. For the production of
grain can be observed, on average, a yield increase of 10% for theses treated with the only
224
phosphate fertilizer, while those treated with nitrogen as fertilize, seem to suffer a reduction
of kind, but the local genotypes show an increase of production. There are also some
interesting results on other characters measured.
Keywords: Cicer arietinum, ecotypes, fertilization, seed yield
Introduzione
Le leguminose da granella, coltivate principalmente nelle zone interne dell‟Italia meridionale,
hanno subìto dagli anni sessanta una costante riduzione della superficie agraria ad esse
destinata, a causa della modesta produttività. In conseguenza di ciò, è mancata anche la
ricerca di nuove e più produttive varietà e soprattutto le tecniche colturali non si sono evolute.
Ciò ha condotto ad ottenere modeste rese unitari per ettaro, inadeguate a produrre un reddito
soddisfacente per l‟agricoltore.
L‟incentivazione comunitaria ha fornito una notevole spinta alla ricerca e all‟adozione di tecniche colturali a basso impatto ambientale. Infatti il cece, al pari di altre leguminose, esplica
anche una azione favorevole sulla fertilità del suolo (Rupela e Saxena, 1987), avvantaggiando
particolarmente le aree più marginali.
Per il recupero di tali aree, è indubbio che le leguminose da granella possono svolgere un
ruolo di preminente importanza non solo nell‟ottica di un‟agricoltura sostenibile e di recupero
del territorio, ma anche nell‟assicurare un miglior reddito nell‟ambito dell‟ordinamento
colturale aziendale, in considerazione del fatto che, in ambiente a clima Mediterraneo, il cece
assicura una produzione costante indipendentemente dall‟andamento climatico dell‟anno di
coltivazione (Saxena et al., 1990). Considerando che in tali aree, l‟attività economica
maggiormente praticata, dopo la cerealicoltura, è la zootecnia, particolarmente opportuno e
vantaggioso si palesa la tecnica dell‟avvicendamento delle leguminose da granella e delle
foraggere con la pratica della granicoltura. È abbastanza diffusa, specialmente nelle aree
collinari meridionali, la consuetudine di effettuare la coltura senza alcun apporto di
fertilizzanti a causa dello scarso reddito conseguibile.
L‟attuale tendenza a seguire una alimentazione vegetariana, per contrastare i danni provocati
dall‟eccesso di cibi di origine animale, fa tornare l‟interesse per i legumi quali protagonisti di
una dieta più equilibrata e più ricca di proteine vegetali e di fibre.
Per soddisfare la domanda dei suddetti principi alimentari, l‟industria conserviera ha
incrementato la produzione di prodotti surgelati e precotti di più facile fruizione anche da
parte di quei consumatori che non possono dedicare molto tempo alla preparazione dei pasti.
Particolare interesse assume lo studio di tecniche colturali atte a migliorare la produttività
delle leguminose da granella in generale.
Tra queste, specifico interesse nella tradizione culinaria rurale dell‟Italia meridionale riveste il
cece, presente in un ragguardevole numero di ecotipi in pericolo di estinzione.
Le leguminose da granella soddisfano autonomamente il loro notevole fabbisogno in azoto
attraverso la simbiosi batterica. Tuttavia appare vantaggioso fornire un modesto apporto di
concime azotato in presemina, per stimolare un più rapido e rigoglioso sviluppo della pianta
nei suoi primi stadi di vita (Orsi e Casini, 1985; López-Bellido e López-Bellido, 2001),
allorché non sono ancora ben formati i tubercoli radicali. Di contro dosi elevate di concimi
fosfatici influiscono positivamente sulla produzione, anche se, in alcuni casi, non si sono avuti
gli attesi aumenti produttivi (Abbate et al., 1994). Una delle componenti principali della
produzione è rappresentata dal numero di baccelli per pianta che è uno dei caratteri più
strettamente correlati con la produzione del seme (Maiti e Wesche-Ebeling, 2001).
225
Materiali e metodi
La ricerca è stata condotta nell‟annata agraria 2010-11 presso il Centro Didattico Sperimentale “E. Pantanelli” dell‟Università di Bari, in agro di Policoro (MT) (40° N, 17° E). L‟azienda
è distante 3 km dal mare ed è situata a 15 m s.l.m., caratterizzata da clima sub-umido secondo
la classificazione climatica di De Martonne (Cantore et al., 1987).
Il terreno è di origine alluvionale, profondo, limoso-argilloso (sabbia 39,7%, limo 37,4%,
argilla 22,9%), di buona fertilità: N totale (met. Kjeldhal) = 1,67‰; Fosforo tot. come P2O5
assimilabile, metodo Olsen, = 26,7 mg kg-1; Potassio tot. come K2O scambiabile, metodo
acetato ammonico, = 227 mg kg-1) ben dotato di sostanza organica (3,6% metodo Walkley
Black). Queste ed altre caratteristiche del terreno sono riportate nella Tab.1.
Sono state seminate due cv Sultano e Otello, facilmente reperibili in commercio, e tre
genotipi locali, Locale di Altamura, Locale di Grumo e Rocca Imperiale, in parte utilizzati da
agricoltori del posto, in ristrette aree di coltivazione. Come da precedente ricerca, sono state
poste a confronto due concimazioni, azotata e fosfatica, alle dosi di 0 e 30 kg ha-1 di N, e 0 e
100 kg ha-1 di P2O5. La cv. Sultano è a seme chiaro liscio, Otello è nero liscio, le altre sono a
seme scuro. Lo schema sperimentale è stato lo split-plot con quattro ripetizioni, dove nei
parcelloni è stata posta la concimazione azotata, nelle parcelle la concimazione fosfatica e i
genotipi nelle sub-parcelle, delle dimensioni di 20 m2. La semina è stata effettuata il 02-122010, dopo la concimazione. La densità di semina è stata di 30 piante m2 (Pacucci et al.,
2009), in file distanti 30 cm. Il controllo delle malerbe è stato effettuato manualmente, data la
scarsa presenza di erbe infestanti. La raccolta è stata eseguita il 28-06-2011. I rilievi hanno
riguardato, oltre alla produzione del seme, anche il numero di branche, palchi e baccelli per
pianta (espresso come valore medio su tre piante), il numero di semi per baccello, il peso della
biomassa prodotta, nonché il peso dei cento semi. Tutti i dati raccolti sono stati sottoposti ad
elaborazione statistica; il confronto tra le medie è stato effettuato con il Duncan test.
Risultati e discussione
L‟andamento meteorico (Fig. 1) non si è discostato di molto dalle medie pluriennali della
zona oggetto di studio. Infatti, nei mesi da ottobre a giugno dell‟anno di prova, si è avuto una
piovosità totale superiore del 12%, rispetto alla media pluriennale (547 e 486 mm,
rispettivamente). La maggiore distribuzione della pioggia, nell‟anno di prova, si è avuto nei
mesi di gennaio, febbraio, marzo ed aprile con circa 333 mm, contro i 211 mm dello stesso
periodo della media pluriennale, con una maggiore piovosità di circa il 40%.
L‟andamento della temperatura non si è discostata, in pratica, da quella pluriennale.
Esaminando il comportamento delle cultivar e degli ecotipi con le concimazioni, con quella
fosfatica si può osservare come il maggior aumento produttivo è stato ottenuto dalle cv
Sultano ed Otello con un aumento produttivo di circa il 11%, passando dalla dose 0 a 100 kg
ha-1 di P2O5, gli ecotipi invece attestano il loro aumento produttivo intorno all‟7%. Per quanto
riguarda la concimazione azotata, alla dose di 30 kg ha-1, le cultivar presentano un calo
produttivo intorno al 7%, gli ecotipi invece mostrano un comportamento non uniforme.
Infatti, mentre l‟ecotipo Rocca Imperiale ha un incremento produttivo del 10% circa, l‟ecotipo
Locale di Grumo del 5%, il Locale di Altamura mantiene invariata la produzione (Tab. 2).
È risultata significativa l‟interazione tra i tipi di concime. Infatti, in assenza di concimazione
azotata la produzione aumenta di circa il 9% (da 1.75 a 1.92 t ha-1) all‟aumentare della
concimazione fosfatica; così pure con la dose di 30 kg ha-1 di N la produzione aumenta del 7%
passando da 1, 67 a 1, 79 t ha-1 (Tab. 2).
Dai dati della Tab. 3 si può rilevare, per la produzione del seme, una maggiore produttività
delle cultivar commerciali, in media di circa il 12%, rispetto ai genotipi locali (da 1,92 a 1,69
226
t ha-1). Ciò è imputabile soprattutto al peso dei 100 semi, maggiore di circa il 29% nelle
cultivar (in special modo Sultano), mentre il numero dei baccelli delle cultivar è, in media,
inferiore del 12% rispetto a quello dei genotipi locali.
Per la biomassa totale la cv. Sultano mostra una produzione più elevata del 20%, rispetto ai
genotipi locali, e del 24% verso la cv. Otello.
Il numero di semi per baccello è maggiore del 7% circa, in Sultano rispetto a Rocca Imperiale
e Locale di Altamura, e del 17% verso Otello e Locale di Grumo.
Per quanto riguarda il numero di branche e di palchi per pianta, le differenze sono minime e
non significative.
Conclusioni
Le cultivar ed i genotipi hanno mostrato un incremento produttivo del 10 e 7%, rispettivamente, all‟aumentare della dose della concimazione fosfatica; questo risultato conferma i dati
di una precedente ricerca, anche se effettuata in un altro ambiente. Interessante è poi il
comportamento degli ecotipi alla somministrazione della concimazione azotata; infatti, a
differenza delle cultivar in cui il fertilizzante ha un effetto deprimente sulla produzione
granellare (-7%), si osserva come Rocca Imperiale risponda in maniera significativa all‟input
energetico (+10%), apprezzabile è pure la risposta del Locale di Grumo (+5%), mentre Locale
di Altamura, in questa esperienza, non si è avvantaggiato della somministrazione di azoto.
La maggiore produzione delle due cultivar è dovuta al peso dei 100 semi di entrambe ed al
numero dei semi per baccello (cv Sultano).
Tali risultati spingono ad approfondire ricerche in tal senso, lasciando prevedere, con ricerche
più mirate, buone prospettive per gli ecotipi saggiati ed altri che, al momento, non sono stati
ancora presi in considerazione.
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Fig. 1. Andamento della temperatura (---) e della pioggia (canne d‟organo) come media pluriennale
(A) e nell‟anno di prova (B).
Fig. 1. Monthly trends of temperature (---) and precipitation (vertical bars) for the 40-yrs average
(A) and for the grooving season (B).
228
Tab. 1. Caratteristiche del terreno.
Tab. 1. Soil properties.
Sost.org. (%) (Walkley Black meth.)
pH
Conducibilità elettrica (mmhos cm-1)
Capacità di campo (DW %)
Punto di appassim. (-1.5 Mpa) (DW %)
Peso specifico del terreno
3.61
7.82
1.97
31.5
15.0
1.3
Sabbia (%)
Limo (%)
Argilla (%)
N totale (°/00)
P assimilabile (ppm, Olsen meth.)
K scamb.(ppm, ammon. acet. meth.)
39.7
37.4
22.9
1.67
26.7
227.03
Tab. 2. Influenza della concimazione fosfo-azotata su genotipi di cece.
Tab. 2. Influence of fertilization on chickpea genotypes.
0
Genotipi
Sultano
Otello
R. Imperiale
L. Grumo
L. Altamura
media
0
1.94
1.82
1.78
1.55
1.65
1.75
100
2.15
2.03
1.91
1.73
1.79
1.92
Concimazione azotata (kg ha-1 di N)
30
Concimazione fosfatica (kg ha-1 di P2O5)
media
0
100
media
0
2.04
1.78
1.99
1.88
1.86
1.93
1.71
1.88
1.79
1.77
1.84
1.61
1.73
1.67
1.70
1.64
1.53
1.66
1.60
1.54
1.72
1.70
1.69
1.70
1.67
1.83
1.67
1.79
1.73
1.71
media
100
2.07
1.96
1.82
1.69
1.74
1.86
media
1.97
1.87
1.76
1.62
1.71
1.78
Tab. 3. Caratteristiche bio-agronomiche di genotipi di cece (medie delle concimazioni).
Tab. 3. Bio-agronomic characteristics of chickpea genotypes (averages of fertilization).
Genotipi
Sultano
Otello
R. Imperiale
L. Grumo
L. Altamura
Branche/
pianta
(n°)
3.98
3.78
3.99
3.88
3.91
Palchi/
pianta
(n°)
14.6
14.8
15.1
14.9
15.3
Baccelli/
pianta
(n°)
14.6 C
16.2 B
17.9 A
16.4 B
18.0 A
Semi/
baccello
(n°)
0.99 a
0.81 c
0.91 b
0.83 c
0.93 b
Biomassa
(t ha-1)
4.03 A
3.08 C
3.24 B
3.35 B
3.32 B
Produzione
granella
(t ha-1)
1.97 A
1.87 A
1.76 B
1.62 C
1.71 B
I valori che non hanno alcuna lettera in comune, sono significativamente diversi tra loro
per P ≤ 0,05 (lettere minuscole) e per P ≤ 0,01 (lettere maiuscole) (Duncan test).
229
Peso 100
semi
(g)
54.0 A
39.3 B
31.4 C
33.2 C
34.1 C
2.35. INDAGINE CHIMICO FISICA DELL’UVA PER LA VALORIZZAZIONE E
CONSERVAZIONE DEI VITIGNI AUTOCTONI DELL'EMILIA ROMAGNA
PHYSICO-CHEMICAL INVESTIGATION ON GRAPES FOR VALORIZATION AND SAFEGUARD
OF LOCAL GRAPEVINE CULTIVARS OF EMILIA ROMAGNA REGION
Francesca MASINO1-2, Andrea ANTONELLI1-2, Serena Anna IMAZIO1-2, Valentina
MATRELLA1, Giuseppe MONTEVECCHI2, Elisabetta SGARBI1-2, Giuseppe VASILE
SIMONE1, Cristina BIGNAMI1-2
1
Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Scienze della Vita, Via Amendola,
2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia
2
Università di Modena e Reggio Emilia - Centro Interdipartimentale BIOGEST -SITEIA, Via
Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia
Email: [email protected]
Riassunto
Nell‟ambito di un ampio progetto per la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità
della vite (AGER n. 2010-2014), è in corso uno studio per approfondire le conoscenze
chimiche e chimico-fisiche di vitigni autoctoni dell‟Emilia Romagna.
Il progetto si propone di attuare un‟approfondita caratterizzazione genetica e fenotipica dei
vitigni in questione. In particolare, in questo lavoro sono state valutate venti cultivar (cv) di
uve a bacca rossa attraverso descrittori ampelografici, parametri chimico-fisici (Brix, pH e
acidità titolabile), contenuto totale di flavonoidi e antociani e contenuto percentuale delle
principali antocianine. L‟analisi della varianza ha permesso di evidenziare differenze
significative tra le differenti cv per tutti i parametri valutati. L‟analisi delle componenti
principali si è rivelata un utile strumento per caratterizzare le cv sulla base del contenuto
percentuale delle singole antocianine, evidenziando profili peculiari come nel caso di
Lambrusco oliva, Lambrusco a foglia frastagliata e Lambrusco Barghi. Sono stati individuati,
inoltre, alcuni cluster che racchiudono cv con profili antocianici similari.
Parole chiave: vitigni autoctoni dell‟Emilia Romagna, caratterizzazione chimico-fisica,
ampelografia, flavonoidi, profilo antocianinico
Abstract
Within a wider project on the safeguard and valorization of grape vine biodiversity (AGER n.
2010-2014), a study to deepen physico-chemical knowledge of Emilia Romagna
autochthonous cultivated varieties (cvs) is in progress.
In this work, twenty red berry grape cvs were evaluated by ampelographic descriptors,
physic-chemical parameters (°Brix, pH, and titratable acidity), total anthocyanin and
flavonoid content, and main anthocyanin percentage content.
Analysis of variance showed statistically significant differences among the cvs for all the
parameters. Principal component analysis was a useful statistical tool to characterize the cvs
by the percentage content of the single anthocyanins, showing cvs with peculiar profiles such
as Lambrusco oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, and Lambrusco Barghi. Some clusters
encompassing cvs with similar profiles were also outlined.
Keywords: Emilia Romagna autochthonous grapevines, physico-chemical characterization,
ampelography, flavonoids, anthocyanin profile
230
Introduzione
L‟Italia può vantare una delle realtà più importanti nel panorama viticolo mondiale sia in
termini di superfici coltivate, sia di vino prodotto, con un patrimonio vitivinicolo
notevolmente complesso. In considerazione della necessità di un‟ampia conoscenza sulla
variabilità delle caratteristiche genetiche e fenotipiche dei vitigni è stato avviato un progetto
(AGER n. 2010-2014) per la salvaguardia e valorizzazione della “biodiversità” dei vitigni di
alcune regioni d‟Italia. In questo scenario, l‟Emilia Romagna occupa un posto di rilievo,
contando molte varietà autoctone ed alloctone. Tutte le informazioni acquisite saranno inserite
in un database viticolo italiano, la cui piattaforma è già stata realizzata
(http://www.vitisdb.it).
Tra le numerose caratteristiche chimico-fisiche delle uve è di grande importanza il contenuto
in sostanze polifenoliche (Bonaga et al., 1990). La corretta valutazione della quantità di
polifenoli totali dell‟uva potenzialmente estraibili durante la vinificazione, nonché la
conoscenza della ripartizione di questi composti tra bucce e vinaccioli, sono di aiuto
all‟enologo per impostare la vinificazione in maniera ottimale (Mattivi et al., 2002; Mattivi et
al., 2003).
Tra le diverse classi di polifenoli, gli antociani rivestono un ruolo fondamentale per le uve
rosse, per le bevande alcoliche e non alcoliche e per altre applicazioni (Castañeda-Ovando et
al., 2009). Gli antociani di Vitis vinifera L. sono stati ampiamente caratterizzati e si trovano
principalmente sotto forma di derivati (antocianine) glucosidici, acetilglucosidici,
cumaroilglucosidici e caffeoilglucosidici di cianidina, delfinidina, malvidina, peonidina e
petunidina.
Questi composti hanno un‟importanza cruciale nella definizione delle caratteristiche sensoriali
dei vini (Arnold et al., 1980). La composizione antocianica è un carattere fenotipico distintivo
delle cv e la sua determinazione può essere impiegata come marker per la valutazione
dell‟autenticità delle uve (Hong e Wrolstad, 1990; Masino et al., 2010) e dell‟adulterazione
dei vini (Castañeda-Ovando et al., 2009; de Villiers, 2004).
Lo studio di coloranti naturali, inoltre, è un campo in forte ascesa vista la crescente domanda
di sostanze naturali per sostituire quei coloranti sintetici cui sono associati effetti tossici
nell‟uomo (Chou et al., 2007). Fra le uve impiegate per la produzione di enocianina ve ne
sono diverse originarie delle province di Modena e Reggio Emilia, quali alcuni Lambruschi e
Ancellotta (Bridle e Timberlake, 1996).
Un‟altra significativa proprietà delle antocianine è legata alla loro attività antiossidante la cui
applicazione nel campo nutraceutico è orientata alla prevenzione di patologie neuronali e
cardiovascolari, neoplasie e diabete (Konczak e Zhang, 2004).
Obiettivo di questo lavoro è stato quello di fornire i primi dati concernenti i principali
descrittori ampelografici degli acini e dei grappoli e la caratterizzazione chimico-fisica e
fenolica delle uve.
Materiali e metodi
Sono state selezionate venti varietà di uve a bacca rossa tipiche dell‟Emilia Romagna:
Ancellotta, Covra, Fogarina, Lambrusco (L.) Barghi, L. di Fiorano, L. a foglia frastagliata, L.
grasparossa, L. Maestri, L. Marani, L. Montanaro, L. Montericco, L. oliva, L. Picòl ross, L.
salamino, L. di Sorbara, Malbo gentile, Marzemino, Marzemino passo, Sgavetta, Uva Tosca.
Tutti i campioni sono stati prelevati secondo i protocolli di routine (Fregoni, 2005) durante la
vendemmia 2011 presso il campo sperimentale dell‟Istituto A. Zanelli di Reggio Emilia.
231
Su grappoli ed acini sono state eseguite le seguenti misure ampelografiche (OIV, 2009):
lunghezza grappolo escluso peduncolo (OIV 202), compattezza del grappolo (OIV 204),
lunghezza del peduncolo del grappolo principale (OIV 206), lunghezza acino (OIV 220),
larghezza acino (OIV 221), colore della buccia (OIV 225), sviluppo vinaccioli (OIV 241). I
valori riportati sono le medie aritmetiche delle misure effettuate a maturità sui grappoli più
grandi di 10 germogli e delle misure effettuate a maturità su 30 acini non deformati di
normale dimensione prelevati nella parte centrale di 10 grappoli.
Sul succo spremuto dalle bacche sono state eseguite le principali determinazioni analitiche,
quali contenuto di solidi solubili (Brix), pH, acidità titolabile (AT) (EC European Community
Official Journal, 1990).
Il contenuto totale di flavonoidi e antociani è stato valutato sugli estratti delle bucce mediante
lettura spettrofotometrica a 280 e 520 nm rispettivamente (Di Stefano et al., 1989; Di Stefano
et al., 1991).
Gli stessi estratti sono stati impiegati per la determinazione del profilo delle antocianine
mediante metodo RP-HPLC/DAD (Chinnici et al., 2009). L‟identificazione dei picchi è stata
effettuata mediante RP-HPLC/ESI-MS con analizzatore di massa a trappola ionica.
Risultati e discussione
I risultati delle analisi ampelografiche si sono concentrati prevalentemente sulla descrizione di
caratteri legati alla struttura del grappolo e dell‟acino (Tab. 1). I grappoli sono stati valutati
come corti (3) o di lunghezza media (5), eccezion fatta per Fogarina, Malbo gentile e Uva
Tosca che hanno mostrato un grappolo lungo (7). Poco compatti (3) sono risultati i grappoli di
Ancellotta, Fogarina e Malbo gentile, a differenza delle altre cv che hanno mostrato
compattezza maggiore (5 e 7). Poca variabilità è stata osservata per la lunghezza dei
peduncoli, valutati come molto corti o corti (1 e 3) per tutte le cv.
Per quanto riguarda gli acini, circa la metà dei vitigni ha rivelato di possedere un acino corto
(3), mentre la rimanente parte un acino di lunghezza media (5). La larghezza dell‟acino ha
mostrato un‟ulteriore riduzione della variabilità, con quasi tutti i vitigni dotati di un acino
stretto tranne L. Montanaro, L. Montericco e Sgavetta con un acino di larghezza media (5).
Quasi tutti i vitigni hanno mostrato una colorazione blu-nera della buccia (6) ed uno sviluppo
completo dei vinaccioli (3).
I risultati riguardanti Brix, pH, AT sono riportati in Tab. 1 come media di tre repliche,
insieme ai risultati dell‟analisi statistica, analisi della varianza (ANOVA) a una via e test di
Tukey per confronti multipli. L‟elaborazione statistica dei dati permette di evidenziare
differenze significative tra le cv per tutti i parametri valutati. Considerando il pH, i valori
trovati sono risultati tutti maggiori di 3, con la sola eccezione di Fogarina. Questa cv
presentava, inoltre, un valore di AT molto elevato (58,45 g/L). Anche L. di Fiorano mostrava
un valore di AT più elevato rispetto alla media generale (33,09 g/L).
Il contenuto di flavonoidi e antociani totali (Tab. 1) è alquanto variabile nelle diverse cv con
Ancellotta, Lambrusco oliva, Malbo gentile e Sgavetta che presentano i valori più elevati.
L‟analisi delle antocianine è ancora in corso ed i risultati espressi come media di due repliche
del contenuto percentuale delle principali antocianine (dati non mostrati) sono stati utilizzati
per l‟elaborazione dell‟analisi delle componenti principali (PCA), insieme con i dati dei
flavonoidi e degli antociani totali (Fig. 1). Il grafico dei loading delle prime due componenti
principali (PC1 e PC2) è mostrato nella fig. 2. Le prime quattro PC spiegano l‟82,50 % della
variabilità totale. Il grafico della PC1 (40,42 %) contro quello della PC2 (22,76 %) mostra
come la posizione delle due repliche per tutti i campioni sia molto ravvicinata a conferma di
una buona ripetibilità dei dati e, suggerendo profili caratteristici per ogni cv.
232
Alcuni vitigni si discriminano nettamente dagli altri, quali L. oliva caratterizzato dalla
presenza di elevate quantità relative di derivati di cianidina e delfinidina e relativamente basse
di derivati malvidinici. L. Barghi e L. a foglia frastagliata presentano profili similari
caratterizzati da elevate quantità relative di peonidina-3-glucoside e cianidina-3-glucoside. L.
Montanaro si distingue per la bassa quantità relativa di malvidina-3-glucoside a favore di una
più elevata quantità degli altri derivati malvidinici. Ancellotta e Sgavetta presentano elevati
tenori relativi di derivati di delfinidina e petunidina.
Sulla PC1, è possibile evidenziare una certa separazione tra Ancellotta, Malbo gentile,
Sgavetta, e soprattutto L. oliva. Tale risultato risulta più netto sulla PC4 (dati non mostrati).
Le restanti cv sono discriminate in maniera più marcata sulla PC2 ed è possibile in qualche
caso confinare più cv all‟interno di cluster, come mostrato nella Fig. 1.
Conclusioni
Lo studio condotto ha consentito di sviluppare un primo approccio di caratterizzazione dei
diversi vitigni, mettendo in evidenza una certa variabilità che dovrebbe contribuire a
valorizzare i prodotti derivati, ma anche ad individuare eventuali artefatti del mercato.
Giunto a completezza, il progetto fornirà un‟adeguata conoscenza delle caratteristiche dei
vitigni, costituendo uno strumento per potenziare il sistema viticolo-enologico regionale ed
italiano.
La ricerca potrà rilevare, inoltre, la necessità di tutelare le risorse genetiche analizzate non
solo come patrimonio culturale caratterizzante il territorio di provenienza e origine, ma anche
per il valore salutistico dei prodotti ottenibili (non solo vino) ed estraibili, così da favorirne la
coltivazione, allontanando il rischio di erosione e scomparsa dei vitigni a minore diffusione.
Ricerca finanziata dal: Progetto AGER n° 2010-2014
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234
VITIGNI
OIV 202
OIV 204
OIV 206
OIV 220
OIV 221
OIV 225
OIV 241
Tab. 1. Descrittori ampelografici e parametri chimico-fisici delle venti cv espressi come media di tre repliche (±DS – deviazione standard). I risultati dell‟ANOVA ad
una via e del test di Tukey sono riportati come Fvalue e apici, rispettivamente. Apici differenti identificano campioni che sono significativamente differenti. ***p ≤
0,001; **p ≤ 0,01; *p ≤ 0,05. AT – Acidità titolabile; FT – contenuto di flavonoidi totali; AT – contenuto di antociani totali.
Tab. 1. Ampelographic descriptors and physico-chemical parameters of the twenty cvs expressed as the mean values of three replicates (±DS - standard deviation).
Results of one-way ANOVA and the Tukey test are reported as Fvalue and superscript letters, respectively. Different superscript letters identify samples that are
significantly different. ***p ≤ 0,001; **p ≤ 0,01; *p ≤ 0,05. AT - Titratable acidity; FT -total flavonoid content; AT - total anthocyanin content.
°Brix succo
Ancellotta
Covra
Fogarina
L. Barghi
L. di Fiorano
L. a foglia frastagliata
L. grasparossa
L. Maestri
L. Marani
L. Montanaro
L. Montericco
L. oliva
L. Picòl ross
L. salamino
L.di Sorbara
Malbo gentile
Marzemino
Marzemino passo
Sgavetta
5
3
7
5
5
5
3
5
5
5
5
3
3
3
3
7
5
5
5
3
7
3
5
5
7
7
7
7
5
7
7
5
7
7
3
7
7
5
3
3
3
3
1
1
3
1
3
3
1
1
3
3
1
3
3
3
1
3
5
3
3
5
3
3
5
3
5
5
5
3
3
3
3
3
3
5
3
3
3
3
3
3
3
3
3
5
5
3
3
3
3
3
3
3
5
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
5
6
6
6
6
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
24,47g
20,87cdef
20,53cdef
20,80cdef
18,40abcde
19,60abcdef
18,13abcd
16,60ab
20,07bcdef
17,53abc
16,33efg
21,67defg
21,27abcde
18,27abcdef
19,47fg
22,53bcdef
20,07a
19,87defg
21,40cdef
DS
±0,64
±0,42
±0,12
±2,78
±0,92
±0,35
±0,81
±0,40
±0,42
±1,17
±1,17
±1,27
±1,03
±0,70
3,00
±0,31
±0,95
±0,31
±0,20
3,35cdefg
3,50g
2,89a
3,38defg
3,18bc
3,15bc
3,2bcde
3,14b
3,15bc
3,50g
3,26bcd
3,20g
3,46b
3,15efg
3,08ab
3,40fg
3,56bcdef
3,45bcde
3,22bcde
DS
±0,03
±0,04
±0,06
±0,19
±0,06
±0,04
±0,07
±0,03
±0,06
±0,10
±0,03
±0,02
±0,05
±0,03
±0,08
±0,02
±0,07
±0,01
±0,03
g/L
7,28a
11,32ab
58,45l
14,9bcde
33,09i
17,17cdef
18,60defg
17,55def
26,65h
19,09efg
22,21bcd
14,46defg
18,41h
26,21fg
19,54ab
10,67b
9,66gh
12,22bc
12,80h
Uva Tosca
7
5
3
5
3
5
3
18,80abcde
±0,20
3,20bcd
±0,03
12,38b
Fvalue
pH succo
9,46*
18,42**
235
AT succo
174,35***
FLT bucce
ANT bucce
DS
±0,10
±0,75
±1,98
±1,27
±2,20
±1,09
±3,37
±1,09
±1,69
±0,53
±0,25
±0,65
±1,40
±1,74
±1,43
±0,36
±0,53
±0,38
±0,59
g/kg
62,38fgh
35,33abc
49,06cdefg
54,43defg
33,42abc
56,79efgh
45,12cdef
66,37gh
49,62cdefg
48,60cdefg
24,73ab
65,21gh
39,04bcde
18,05a
45,86cdef
73,87h
36,95bcd
34,54abc
55,41efg
DS
±1,35
±8,06
±5,37
±5,77
±4,03
±0,96
±8,13
±7,95
±3,62
±4,42
±3,52
±5,58
±1,99
±3,43
±3,04
±7,06
±14,5
±1,27
±5,37
g/kg
23,37ln
9,39cde
11,81ef
10,87e
5,95abc
15,81gh
9,31bcde
17,97ghi
10,40de
6,80abcd
3,98a
19,62hil
5,47ab
9,04bcde
8,17bcde
24,33n
14,77fg
8,24bcde
20,33il
DS
±0,32
±1,30
±1,99
±1,04
±0,97
±1,16
±1,36
±2,41
±0,93
±0,52
±0,54
±2,28
±0,39
±1,53
±0,64
±1,83
±0,88
±0,81
±0,59
±0,37
25,57ab
±4,11
3,09a
±0,10
19,94**
77,49***
LFF2
4
LFF1
LBA1
LBA2
LGR2
LGR1
3
LM
A1
LM
A2
PC2: 22,76 %
2
FOG1
LSA2 FOG2
COV2
LFI2
LSO2
LSA1
LFI1
LSO1 COV1
1
LOV1
0
LOV2
SGA1
ANC3
TOS2
M GE2
M GE1
TOS1
SGA2
-1
LM T2
LM T1
LMLM
S1S2
M AR1
M AR2
ANC2
-2
LPR1LPR2
M RP2
M RP1
-3
LM O2
LM O1
-4
-6
-4
-2
0
PC1: 40,42 %
2
4
Fig. 1. Analisi delle componenti principali dei campioni replicati (ANC: Ancellotta; COV: Covra;
FOG: Fogarina; LBA: L. Barghi; LFI: L. di Fiorano; LFF: L. a foglia frastagliata; LGR: L.
grasparosssa; LMS: L. Maestri; LMA: L. Marani; LMO: L. Montanaro; LMT: L. Montericco; LOV:
L. oliva; LPR: L. Picól ross; LSA: L. salamino; LSO: L. di Sorbara; MGE: Malbo gentile; MAR:
Marzemino; MRP: Marzemino passo; SGA: Sgavetta; TOS: Uva Tosca). Grafico delle prime due
componenti principali (PC1 e PC2) con la variabilità spiegata.
Fig. 1. Principal component analysis of two-replicated samples (ANC: Ancellotta; COV: Covra;
FOG: Fogarina; LBA: L. Barghi; LFI: L. di Fiorano; LFF: L. a foglia frastagliata; LGR: L.
grasparosssa; LMS: L. Maestri; LMA: L. Marani; LMO: L. Montanaro; LMT: L. Montericco; LOV:
L. oliva; LPR: L. Picól ross; LSA: L. salamino; LSO: L. di Sorbara; MGE: Malbo gentile; MAR:
Marzemino; MRP: Marzemino passo; SGA: Sgavetta; TOS: Uva Tosca). Plot of the first two principal
components (PC1 vs. PC2) with the explained variance.
236
1
Pn-g
PC2: 22,76 %
M v-g
Cn-g
Pt-g
Df-g
0
ANT
Cn-acg
Pn-cg
FLT
M v-cg(iso)
Df-acg
Pt-acg
M v-cg
Cn-cg
Pt-cgM v-acg
Pn-acg + Df-cg
M v-acg(iso)
-1
-1
0
PC1: 40,42 %
1
Fig. 2. Grafico dei loading delle prime due componenti principali (PC1 e PC2) con la variabilità
spiegata (Df-g: delfinidina-3-O-glucoside; Cn-3-glc: cianidina-3-O-glucoside; Pt-g: petunidina-3-Oglicoside; Pn-g: peonidina-3-O-glucoside; Mv-g: malvidina-3-O-glucoside; Df-acg: delfinidina-3-O(6-acetil)-glucoside; Mv-acg(iso): isomero della malvidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Cn-acg:
cianidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Pt-acg: petunidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Pn-acg+Df-cg:
peonidina-3-O-(6-acetil)-glucoside + delfinidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Mv-acg: malvidina-3O-(6-acetil)-glucoside; Cn-cg: cianidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Pt-cg: petunidina-3-O-(6-pcumaroil)-glucoside; Mv-cg(iso): isomero della malvidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Pn-cg:
peonidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Mv-cg: malvidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside).
Fig. 2 . Plot of the loading values loaded on the first and second principal component (PC1 vs. PC2)
with the explained variance (Df-g: delphinidin-3-O-glucoside; Cn-3-glc: cyanidin-3-O-glucoside; Ptg: petunidin-3-O-glicoside; Pn-g: peonidin-3-O-glucoside; Mv-g: malvidin-3-O-glucoside; Df-acg:
delphinidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Mv-acg(iso): malvidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside isomer; Cnacg: cyanidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Pt-acg: petunidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Pn-acg+Df-cg:
peonidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside + delphinidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Mv-acg: malvidin3-O-(6-acetyl)-glucoside; Cn-cg: cyanidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Pt-cg: petunidin-3-O-(6p-coumaroyl)-glucoside; Mv-cg(iso): malvidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside isomer; Pn-cg:
peonidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Mv-cg: malvidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside).
237
2.36. CONFRONTO DEI PARAMETRI QUANTITATIVI DELLE PRODUZIONI DI
CARNE DI BOVINI DI CEPPO PODOLICO ALLEVATI IN PUGLIA (ITALIA) ED IN
THESSALIA (GRECIA)
COMPARISON OF THE QUANTITATIVE PARAMETERS OF MEAT PRODUCTION BETWEEN
TWO PODOLIAN POPULATION, REARED IN APULIA (ITALY) AND IN THESSALIA (GREECE)
Despoina KARATOSIDI1, Marco RAGNI1, Antonio Domenico MARSICO2, Donatella
COLANGELO1, Angela Gabriella D’ALESSANDRO1, Liborio MELODIA1, Simona
TARRICONE1
1
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari, Via
Amendola, 165/a, [email protected]
2
Agronomo Libero Professionista
Riassunto
Lo sviluppo della produzione zootecnica nei Paesi industriali, negli ultimi 30 anni, è diventato
sinonimo di specializzazione dell‟allevamento di una sola razza e di conseguenza si è avuta la
diffusione di Frisone Holstein per la produzione di latte e di razze continentali per la
produzione di carne. Per questo, tante razze bovine hanno perso il loro valore, come il ceppo
Podolico proveniente dal Bos primigenius. La diffusione e la persistenza di questo bovino
nelle diverse aree dell‟Europa orientale è stata favorita dalla sua peculiare costituzione
espressa da una spiccata attitudine al lavoro e da una notevole adattabilità. Oggigiorno, in
Europa esistono diversi derivanti dal Bos primigenius, come la Podolica in Italia e la Katerini
in Grecia.
La ricerca ha inteso confrontare alcuni aspetti quantitativi della produzione della carne di
questi due genotipi Mediterranei. All‟uopo, sono stati utilizzati 12 vitelloni di cui 6 Katerini
greci e 6 Podolici italiani. Tutti i soggetti sono stati allevati allo stato brado, insieme alle
madri, dalle quali sono stati svezzati intorno ai 10 mesi di età. Dopo lo svezzamento, sono
stati tenuti sempre all‟aperto ma lontano dalla mandria. Alla fine della prova di campo,
corrispondente con i 18 mesi di età dei vitelli, tutti i soggetti sono stati macellati in strutture
autorizzate. Alla macellazione, eseguita secondo le direttive della Comunità Europea, sono
stati rilevati i parametri di rito seguendo le indicazioni A.S.P.A.. Dai risultati ottenuti nelle
nostre condizioni operative emerge che i vitelloni Podolici rispetto ai Katerini presentano
mediamente superiori e significativi pesi vivi finali e di conseguenza superiori e significativi
pesi delle mezzene sia calde sia fredde. Al contrario, però, i vitelloni Katerini, rispetto ai
Podolici, forse a causa di una minore e significativa incidenza della pelle e della testa
presentano migliori rese di macellazione sia a caldo sia a freddo. Nonostante gli stessi
presentino una maggiore percentuale di corata, nel complesso questi bovini evidenziano
minori perdite di refrigerazione. Per quanto concerne la composizione in tagli delle mezzene,
si osserva che quella dei vitelloni Podolici è caratterizzata da una maggiore e significativa
percentuale di coscio, di spalla e da una minore incidenza di grasso perirenale. Quest‟ultimo
dato potrebbe essere dipendente dalle condizioni ambientali, forse più difficili, della Grecia
che hanno favorito quei soggetti capaci di un maggior accumulo di grasso sia come riserva
energetica dell‟organismo sia come fattore di termoregolazione per il filtro renale. Anche se i
vitelloni Katerini presentano minori pesi vivi, attraverso la razionalizzazione degli
allevamenti e l‟impiego di sistemi produttivi ecocompatibili; in relazione alla qualità della
loro carne, sono capaci di fornire al consumatore un prodotto genuino, di qualità, sicuramente
tracciabile all‟interno dell‟intera filiera produttiva.
238
Parole chiave: carne, podolica, Katerini, biodiversità
Abstract
The development of livestock production in industrial countries, over the last 30 years, was
become synonymous of the specialization of single breeds like this of the Friesian Holstein for
milk production and other continental breeds for meat production. For this reason, many
breeds have lost their value like for example the Podolian, who derives from Bos primigenius.
The spread and persistence of this cattle, in different areas of Europe, was favored by its
peculiar constitution, expressed by a strong attitude to work and by a proper fit. Today, in
east Europe, there are various derivatives from Bos primigenius like the Podolian in Italy and
the Katerini in Greece. The research aimed to compare some aspects of meat production‟s
quantities of these two Mediterranean genotypes. For this reason, 12 bulls were used, 6
Podolian and 6 Katerini. All animals were reared in the open sky, with their mothers, from
which they were weaned at around 10 months of age. After weaning, they were held outdoors
but away from the herd. At the end of the trial, corresponding with the age of 18 months, all
animals were slaughtered in licensed slaughterhouses. During the slaughter, performed
according to European Union‟s directives, there were taken all the parameters by following
the indications of A.S.P.A. From the obtained results in our operating conditions, it was
shown that Podolian bulls, in relationship with Katerini, present higher and significant final
live weights and, consequently, higher and significant half- carcasses both hot and cold. On
the contrary, the Katerini, compared to Podolian, maybe because of a minor and significant
incidence of skin and head, present better yields of slaughter both hot and cold. Even if they
present a greater percentage of pluck, the Katerini cattle show reduced losses of
refrigeration. As far as regards the composition of the half-carcasses‟ cuts, it is noted that the
this of the Podolian cattle is characterized by a major and significant percentage of leg,
shoulder and a lower incidence of perirenal fat. This last result may be dependent by the
environmental conditions, maybe more difficult in Greece, which have favored those
individuals by making them capable to accumulate body fat or as a factor of thermoregulation
for the renal filter. Even if the Katerini bulls have lower weights, through a rationalization of
farms, the use of environmentally friendly production systems and in relation to meat quality,
these cattle are able to provide consumers with a genuine, of high quality and definitely
traceable product, within the entire chain of production.
Keywords: meat, podolian, Katerini, biodiversity
Introduzione
Negli ultimi 50 anni, i progressi tecnologici e la crescita economica globale, accompagnata
dalla crescita esponenziale della popolazione umana, hanno portato a molti gravi cambiamenti
ambientali, tra cui la progressiva distruzione dell‟ambiente naturale, la scomparsa di specie
vegetali e della fauna selvatica.
Nel mondo oggigiorno ci sono oltre 15.500 specie minacciate di cui la metà, secondo la “Red
List” dell‟IUCN (International Union for Conservation of Nature) (Baillie et al., 2004), è
composta da animali (7.266). Globalmente sono minacciati il 23% dei mammiferi e il 12%
degli uccelli mentre è molto forte l‟impatto delle attività umane sulle specie marine, infatti
sono minacciate il 52% delle specie di squali e il 42% di quelle di altri pesci cartilaginei. Un
primo rapporto pubblicato da FAO e UNEP (United Nations Environment Programme)
dimostra che ogni settimana si perdono due specie animali allevate dall‟uomo (WWF, 2010).
239
Esso contiene una lista chiamata “Worldwatch List of Domestic Animal Diversity” che, nella
sua quarta versione, indica che la percentuale di mammiferi allevati a rischio di estinzione è
aumentata dal 23 al 35% (FAO, 2000).
La biodiversità delle razze tradizionali è oggi un patrimonio quasi sconosciuto o gravemente
trascurato; composto da animali utili per il nostro futuro economico, grazie alle loro
caratteristiche come fertilità, aspettativa di vita e resistenza a condizioni meteorologiche
avverse o addirittura a malattie.
A discapito di queste razze, la selezione degli animali d‟allevamento è influenzata da fattori
economici che stanno portando alla continua introduzione di animali alloctoni e
all‟isolamento degli animali domestici meno produttivi.
Tra queste razze autoctone si ritrova la Katerini, che presenta le caratteristiche del Bos
primigenius, i cui primi riferimenti risalgono al 1930. Il nome deriva dalla regione nella quale
furono trovati i primi soggetti riferibili a tale razza. Secondo Chatsiolos (1937), si tratta di una
razza indigena appartenente al tipo greco Steppe, allevato in Grecia da migliaia di anni e
sopravissuto grazie alla sua notevole adattabilità alle condizioni naturali e climatiche. Sono
animali di piccola taglia, con un‟ altezza media al garrese di 110-115 cm per le vacche e 125
cm per i maschi. Il peso vivo della vacca è di circa 225-300 kg mentre raggiunge i 400 kg nel
toro. La testa è lunga e tendenzialmente tondeggiante; le corna sono lunghe, a forma di lira, di
colore chiaro alla base e più scuro verso la punta. Il colore di base del mantello è il grigio, ma
questo può variare dal nero al marrone.
La razza è caratterizzata da un anello bianco attorno al naso (musello). In generale la
conformazione del corpo è quella di un robusto animale da tiro del tipo Steppe. La resa alla
macellazione è in media del 40-50% mentre la produzione di latte è molto bassa 400-500 kg
all‟anno, con un periodo di lattazione di 5-6 mesi. Era praticamente scomparsa, ma
oggigiorno, nella zona di Kalabaka (regione di Trikala, Thessalia) si allevano 213 animali in
purezza di cui 4 tori riproduttori. A Pieria (regione che ospita la città di Katerini, da cui la
razza ha presso il nome) non esistono più allevamenti di questa razza (Minagric, 2007),
completamente cancellati dall‟irrazionale uso delle razze estere.
La razza italiana che deriva dal Bos primigeniuus è la Podolica, che si trova solamente nelle
regioni appenniniche meridionali e registra una consistenza di circa 140.000 capi (compresi i
derivati), dei quali più di 24.291 iscritti al Libro Genealogico Nazionale dell‟ANABIC. La
Podolica presenta la conformazione rustica tipica dei bovini autoctoni (Cerrato, 2000), è
energica e robusta pur mantenendo uno scheletro abbastanza leggero. L‟allevamento del
bovino podolico per la produzione di carne si pratica essenzialmente in aree del sud d‟Italia
dove il clima difficile, le scarse risorse idriche ed il degrado dei pascoli naturali fungono da
fattori limitanti nell‟accrescimento dei vitelli di altre razze. Il sistema di allevamento
determina l‟effetto più marcato sui dati di macellazione: la resa al macello si attesta
mediamente intorno al 56,7% nei soggetti sottoposti ad integrazione alimentare e quasi del
55% in quelli alimentati con solo pascolo (Cosentino et al., 2005).
Materiali e metodi
La ricerca ha inteso confrontare alcuni aspetti quanti- qualitativi della produzione della carne
bovina di due genotipi autoctoni Mediterranei. All‟uopo, sono stati utilizzati 12 vitelloni di
cui 6 Katerini greci e 6 Podolici italiani tutti allevati allo stato brado.
La prova sperimentale è stata effettuata in due allevamenti, uno italiano, “Az. Agr. Bramante”
sito nel comune di Rignano Garganico (FG), e l‟altro greco “Az. Ark Dimou” sito nella
regione di Thessalia e precisamente nel territorio della città di Trikala.
240
A 18 mesi di vita tutti i soggetti sono stati macellati e sono stati raccolti tutti i parametri di
rito (Tab. 1) (ASPA, 1989). Le carcasse sono state suddivise in mezzene, conservate poi per
24 ore in cella frigo a 4° C e dopo circa 72 ore dalla macellazione, in due macellerie all‟uopo
convenzionate (una italiana e una greca), la mezzena destra di ciascun vitellone è stata
suddivisa in tagli. Da ciascuna è stato prelevato il Longissimus dorsi” che è stato sottoposto
ad analisi chimico- fisiche (ASPA 1996; 1980) nei laboratori del Dipartimento di Produzione
Animale di Bari.
Tutti i dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi di varianza e la significatività tra le medie
stimate valutate con “t” di Student (SAS, 1999).
Risultati e discussione
Performance in vita - Dai risultati ottenuti nelle nostre condizioni operative (Tab. 1) emerge
che i vitelloni Podolici italiani rispetto ai Katerini greci presentano mediamente superiori e
significativi (P<0,01) pesi vivi finali (334,85 kg vs 216,00 kg), ascrivibili con ogni probabilità
sia alle diverse condizioni ambientali di allevamento sia al più avanzato grado di
miglioramento genetico del ceppo italiano. Infatti, in Italia e più precisamente a Laurenzana
(PZ) in Basilicata, da anni opera un centro di selezione in cui vengono selezionati ed avviati
alla riproduzione solo torelli con precise caratteristiche produttive (migliori pesi vivi, migliori
incrementi giornalieri, migliore conformazione, ecc…), operazione che difatti porta ad un
lento e graduale miglioramento produttivo dell‟intera popolazione Podolica italiana, dovuto
al diffondersi del migliore patrimonio genetico disponibile. Processi operativi, questi, assenti
in Grecia per cui la popolazione Katerini è stata selezionata solo dall‟ambiente.
Rilievi alla macellazione - In realtà i migliori pesi vivi dei Podolici italiani portano di
conseguenza a superiori e significativi (P<0,01) pesi delle mezzene (Tab. 1) sia calde (82,57
kg vs 58,51 kg la destra e 81,40 kg vs 58,09 kg la sinistra) sia fredde (80,85 kg vs 57,56 kg la
Dx e 80,07 kg vs 57,43 kg la Sx). Al contrario, però, i vitelloni Katerini (Tab. 1), rispetto ai
Podolici, forse a causa di una minore e significativa (P<0,05) incidenza della pelle (6,49% vs
8,23%) e della testa (4,09% vs 4,76%) presentano certamente (P<0,01) migliori rese di
macellazione sia a caldo (53,89% vs 48,91%) sia a freddo (53,15% vs 47,99%); nonostante gli
stessi presentino una maggiore incidenza percentuale di corata, nel complesso questi bovini
presentano minori (P<0,05) perdite di refrigerazione (1,41% vs 1,87%).
Rilievi alla sezionatura - Per quanto concerne la composizione in tagli delle mezzene (Tab. 2),
si osserva che quella dei vitelloni Podolici è caratterizzata da una maggiore e significativa
(P<0,01 e/o P<0,05) incidenza percentuale di coscio (30,87% vs 25,96%), di spalla (16,46%
vs 15,06%) e da una minore percentuale di grasso perirenale (0,34% vs 0,85%). Quest‟ultimo
dato potrebbe essere dipendente dalle condizioni ambientali, forse più difficili, della Grecia
che hanno favorito quei soggetti capaci di un maggior accumulo di grasso sia come riserva
energetica dell‟organismo sia come fattore di protezione per il filtro renale, attese le rinomate
proprietà di coibentazione e/o isolamento termico del grasso.
Qualità delle carni - Per quanto riguarda la qualità delle carni (Tab. 3) si notano poche e
significative (P<0,01 e/o P<0,05) differenze a carico dei parametri considerati ascrivibili ai
due diversi genotipi, anche se i valori rilevati rientrano nell‟ambito di quello della specie
riportati in precedenti lavori (Marsico et al., 2007; Barghieri et al., 2009; Karatosidi et al.,
2010; Tarricone et al., 2011). Infatti, le carni dei vitelloni Podolici sono leggermente più acide
(5,31 vs 5,56), meno dure (1,28 vs 2,29) e dotate di un superiore indice b* (13,90 vs 11,23) e
comunque in linea con quanto trovato da Ragni et al. (2008). Per quanto riguarda la durezza
della carne dei vitelloni Katerini che risulta più dura, oltre che dal genotipo, secondo alcuni
241
autori (Cifuni et al., 2004; Marino et al., 2006) potrebbe dipendere dall‟attività fisica di
questi animali allevati in modo estensivo.
Conclusioni
Dai dati analizzati si nota una forte contrazione della biodiversità all‟interno degli allevamenti
mondiali, ma in alcune aree si sta assistendo ad un‟inversione di tendenza: l‟uomo sta
recuperando dei genotipi autoctoni per differenziare le produzioni.
In Italia questi allevamenti sono ormai realtà, anche se non estremamente diffusi; in Grecia si
sta iniziando a lavorare per la Katerini. Tutte queste attività mirano ad uno sviluppo razionale
e sostenibile della regione, in quanto migliorando gli allevamenti e la conseguente produzione
di carne bovina di qualità, si potrà spingere per la creazioni di attività collaterali (agriturismi,
aziende faunistiche, ecc) che distribuiscano i redditi in maniera equilibrata a tutta la comunità.
Bibliografia
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Tab. 1. Rilievi alla macellazione.
Tab. 1. Slaughtering reliefs.
Katerini
Podolica
DSE
Peso Vivo (kg)
216,00 B
334,85 A
18,611
Mezz.Dx calda (kg)
58,51 B
82,57 A
7,314
Mezz.Sx calda (kg)
58,09 B
81,40 A
7,141
Mezz.Dx fredda (kg)
57,56 B
80,85 A
7,185
Mezz.Sx fredda (kg)
57,43 B
80,07 A
6,976
Resa a caldo (%)
53,89 a
48,91 b
3,439
Resa a freddo (%)
53,15 A
47,99 B
3,491
Calo refriger.(%)
1,41 b
1,87 a
0,361
Pelle/ P.V. (%)
6,49 b
8,23 a
0,959
Testa/P.V. (%)
4,09 b
4,76 a
0,381
Corata/P.V.(%)
5,10 A
3,54 B
0,307
Stinchi/P.V.(%)
2,34
2,66
0,299
A, B = P≤ 0,01; a,b = P≤ 0,05
243
Tab 2. Composizione in tagli della mezzena (%).
Tab. 2. Cuts compositions of half carcass (%).
Tagli
Katerini
Podolica
DSE
Peso mezz. ricostr. (kg)
55,34 B
81,15 A
6,542
Coscio
25,96 B
30,87 A
1,919
Coda
1,4
1,34
0,249
Rene
0,96 A
0,44 B
0,098
Lombata+ filetto
11,76
10,64
1,508
Grasso perirenale
0,85 A
0,34 B
0,119
Pancetta
12,01
10,67
1,759
Collo
17,2
15,26
1,849
Petto
14,78
13,99
1,624
Spalla
15,06 b
16,46 a
0,786
Katerini
Podolica
DSE
pH2
5,56 a
5,31 b
0,178
L*
38,64 b
41,04 a
1,795
a*
12,71
13,32
1,703
11,23 B
13,90 A
0,979
Durezza crudo (kg/cm )
2,29 A
1,28 B
0,450
Resistenza crudo (cm)
2,77
3,08
0,539
2
Durezza cotto (kg/cm )
4,99
7,02
2,752
Resistenza cotto (cm)
1,82
1,72
0,302
Perdite cottura (%)
23,00
28,98
6,081
A, B = P ≤ 0,01; a,b = P ≤ 0,05
Tab. 3. Parametri fisici dell‟L.D.
Tab. 3. L.D. physical parameters.
b*
2
A, B = P ≤ 0,01; a,b = P ≤ 0,05
244
2.37. RISULTATI DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ NELL’APPLICAZIONE DELLA
LEGGE REGIONALE PER LA TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ DEL LAZIO
(L.R. N. 15, 1 MARZO 2000)
RESULTS OF TEN YEARS OF EXPERIENCE IN REGIONAL ACT
AGROBIODIVERSITY PROTECTION IN LAZIO REGION
ENFORCEMENT FOR
Mariateresa COSTANZA, M. Immacolata BARBAGIOVANNI , Giorgio CASADEI, Salvatore
DE ANGELIS, Franco PAOLETTI
Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio - Servizio
Tutela Risorse, Vigilanza e Qualità Produzioni, Via Lanciani, 38 - 00162 Roma,
[email protected]
Riassunto
Da oltre dieci anni l‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del
Lazio (ARSIAL), a seguito dell‟approvazione della Legge Regionale n. 15/2000 “Tutela delle
risorse genetiche autoctone di interesse agrario”, è impegnata in un‟attività di censimento,
conservazione e valorizzazione dell‟agrobiodiversità laziale a rischio di erosione. Le risorse
genetiche vengono tutelate tramite l‟iscrizione al Registro Volontario Regionale e conservate
in situ/on farm mediante la Rete di Conservazione e Sicurezza gestita da ARSIAL e costituita
da agricoltori e allevatori che le mantengono sul territorio. L‟azione di tutela delle risorse
genetiche autoctone animali e vegetali, avviata attraverso una prima fase di individuazione e
caratterizzazione, tuttora in corso, è stata condotta coinvolgendo di volta in volta e in base alle
specifiche competenze, enti di ricerca, università e associazioni presenti su tutto il territorio
nazionale. Il presente lavoro intende dimostrare come tutta l‟attività svolta dall‟Agenzia abbia
avuto un approccio integrale e sistemico riguardo la tutela della biodiversità di interesse
agrario unendo alla tutela delle semplici risorse genetiche animali e vegetali la difesa del
territorio, del paesaggio, della cultura locale e della diversità biologica del suolo.
Parole chiave: conservazione in situ/on farm, autoctono, varietà locali, razze locali,
agricoltori
Abstract
For over ten years, the Regional Agency for Development and Innovation of Agriculture in
Lazio (ARSIAL) following the approval of the Regional Act N. 15/2000 “Protection of
authochtonous genetic resources of agricultural interest” is engaged in an activity of census,
conservation and valorisation of Lazio Region agrobiodiversity at risk of erosion. The
protected genetic resources are enroled in the Regional Voluntary Register and manteined in
situ/on farm by the farmers through the Conservation and Safety Network managed by
ARSIAL. The action for the protection of authochtonous genetic resources animals and plants,
started through a first stage of identification and characterization and on going involvement,
was conducted from time to time and in accordance with the specific skills of research
institutions, universities and associations of these throughout the country. The present work
aims to demonstrate how all the work done by agency had a full and systematic approach
regarding the protection of biodiversity of agricultural interest by combining the simple
protection of genetic resources of animals and plants, defense of the territory, the landscape,
the local culture and soil biologic diversity.
245
Keywords: conservation in situ/on farm, autochtonous, landraces, animal local breeds,
farmers
Introduzione
Da oltre dieci anni, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e salvaguardia degli
agroecosistemi e delle produzioni di qualità, l‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e
l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL), a seguito dell‟approvazione della Legge
Regionale 1 marzo 2000 n. 15 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario”,
è impegnata in un‟attività di censimento, conservazione e valorizzazione dell‟agrobiodiversità
laziale a rischio di estinzione. In questi anni sono stati posti sotto tutela le risorse autoctone
aventi i seguenti requisiti: originarie del Lazio o introdotte e integrate nell‟agroecosistema
laziale da almeno 50 anni, di interesse agrario, minacciate da erosione genetica e che abbiano
interesse economico, scientifico, ambientale e culturale.
Materiali e metodi
Per poter definire il livello di rischio di erosione genetica a cui ogni risorsa tutelata è soggetta,
per i vegetali sono stati fissati alcuni parametri (presenza sul mercato, presenza nei listini dei
vivaisti, numero di agricoltori, superficie interessata, tendenza alla realizzazione di nuovi
impianti) che permettono di calcolare il relativo grado di rischio di erosione genetica (alto,
medio, basso). Il grado di rischio di erosione attribuito a ciascuna risorsa genetica è
determinato dalla somma dei valori e classificato come basso se ≤ 9, medio se compreso tra
10-13, alto se ≥ 14. (Tab. 1).
Per gli animali si è fatto riferimento alla soglia minima definita dal Reg. CE 1974/2006
calcolato in base al numero di femmine riproduttrici al di sotto della quale una razza locale è
considerata minacciata di abbandono (Tab. 2).
Risorse genetiche vegetali arboree - L‟attività di censimento, caratterizzazione e tutela
riguardante le risorse genetiche vegetali arboree, ha riguardato nello specifico la salvaguardia
di varietà locali di fruttiferi, olivo e vite. A tal fine sono state attivate negli anni collaborazioni
con il CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura e con il Dipartimento di Produzione
Vegetale dell‟Università degli Studi della Tuscia, con il CRA Centro di Ricerca per
l‟Olivicoltura e l‟Industria Olearia, con il CNR Istituto Genetica Vegetale di Perugia e con il
CRA Centro di Ricerca per la Viticoltura. Le varietà locali censite sul territorio regionale
sono state caratterizzate sotto il profilo morfo-fisiologico, organolettico e genetico. Per la
caratterizzazione morfo-fisiologica sono stati utilizzati descrittori UPOV (International Union
for the Protection of New Varieties of Plants) ed IPGRI (ex International Plant Genetic
Resources Institute oggi BIOVERSITY INTERNATIONAL) per i fruttiferi, UPOV per l‟olivo e
OIV (Organisation Internazionale de la Vigne et du Vin) per la vite. Il lavoro di recupero
delle risorse genetiche autoctone arboree è stato affiancato, grazie alla collaborazione col
CRA Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale, a quello di valutazione dello stato
fitosanitario delle stesse al fine di individuare, attraverso saggi specifici, o ottenere, attraverso
tecniche di risanamento, materiale di propagazione rispondente alle normative fitosanitarie
nazionali e renderlo pertanto disponibile per gli agricoltori.
Risorse genetiche vegetali erbacee - L‟attività di censimento, caratterizzazione e tutela
riguardante le risorse genetiche vegetali erbacee è stata potenziata con il Programma
Operativo Sementiero finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
(MiPAAF) e svolto in collaborazione con l‟ex Ente Nazionale Sementi Elette oggi INRAN
settore Sementiero. Sono state individuate circa 600 segnalazioni relative a circa 50 specie
erbacee. Attraverso le segnalazioni sono state collezionate 347 accessioni di risorse genetiche
246
erbacee appartenenti a 30 specie e di queste ne sono state caratterizzate morfofisiologicamente circa 200. Col Dipartimento di Biologia Applicata dell‟Università di Perugia
e con la Stazione Consorziale Sperimentale per la Granicoltura della Sicilia è in corso una
collaborazione rispettivamente per l‟analisi genetica e l‟analisi d‟immagine su leguminose da
granella.
Risorse genetiche animali - L‟attività di tutela e valorizzazione riguardante le risorse
genetiche animali è stata condotta in collaborazione con il Consorzio per la Sperimentazione,
Disseminazione, Applicazione Biotecniche Innovative (ConsDabi) per quanto riguarda la
caratterizzazione genetica delle nuove popolazioni animali censite da ARSIAL sul territorio
laziale e con il CRA Centro di Ricerca per la Produzione delle Carni ed il Miglioramento
Genetico per quanto riguarda lo studio e la valorizzazione delle produzioni lattiero-casearie di
popolazioni ovicaprine autoctone.
Biomonitoraggio dei suoli - L‟Agenzia, in base a quanto previsto dalla strategia tematica per
la protezione del suolo emanata dall‟U.E. nel 2006, ha inoltre incluso tra le proprie attività
anche il biomonitoraggio dei suoli del Lazio per verificarne la fertilità biologica e la diversità
microbica. Lo studio della biodiversità del suolo è fondamentale per comprendere la
potenzialità di un terreno agrario, i relativi parametri per la determinazione sono ad oggi tra i
meno conosciuti e monitorati. I risultati di tale studio, partito nel 2005 e tuttora in corso,
porteranno al conseguimento dei seguenti obiettivi: a) costituzione di una Banca Dati sul
biomonitoraggio dei suoli della regione Lazio; b) implementazione della carta “base” della
fertilità biologica del suolo; c) biomonitoraggio dei siti interessati da colture e varietà locali;
d) identificazione di comunità microbiche e ceppi batterici del suolo caratteristici delle colture
locali; e) isolamento e collezione ex situ di ceppi di microrganismi autoctoni “tipici”.
Ricerca storico-antropologica - A completamento di tutto il lavoro svolto, attraverso
approfondite ricerche storiche ed antropologiche sulle comunità rurali del Lazio, particolare
attenzione è stata rivolta anche alla salvaguardia delle pratiche e dei saperi locali legati alla
biodiversità. L‟attività è stata svolta in collaborazione con la Cattedra di Antropologia
Culturale del Dipartimento di Psicologia dell‟Università degli Studi La Sapienza di Roma. Il
progetto, avente come oggetto di studio il Capitale Sociale in agricoltura, attraverso l‟analisi
dei sistemi locali di produzione agricola e delle conoscenze tradizionali, si pone come
obiettivo la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione delle pratiche e dei saperi locali legati
alla biodiversità.
Il Progetto REVERSE - INTERRG IVC - Dal 2010 l‟Agenzia è impegnata nel progetto
REVERSE “REgional exchanges and policy making for protecting and valorising
biodiVERSity in Europe” di durata triennale ed afferente al Programma INTERREG IV C. I
14 partner coinvolti nel progetto appartenenti a 7 paesi europei (Italia, Francia, Spagna,
Grecia, Germania, Slovacchia ed Estonia) sono rappresentativi di autorità regionali ed
istituzioni pubbliche coinvolte a vario titolo in attività di tutela e conservazione della
biodiversità naturale e coltivata. Il loro lavoro si svolge attraverso iniziative diverse e
complementari quali conservazione insitu/onfarm ed ex situ in campi catalogo o banche del
germoplasma, gestione di aree naturali, applicazione di strategie e strumenti legislativi per la
conservazione della biodiversità nella pianificazione del territorio. L‟obiettivo del progetto è
l‟identificazione e lo scambio di “Buone Pratiche” per la tutela della biodiversità, ossia di
quelle azioni che possano essere facilmente trasferite a livello regionale sul territorio europeo.
Uno dei risultati finali sarà la stesura della Guida delle Buone Pratiche che conterrà 47 casi
studio presentati dai partner riguardanti esperienze connesse ai tre temi chiave del progetto:
a) Biodiversità agricoltura ed alimentazione, b) Biodiversità e turismo, c) Biodiversità e
pianificazione del territorio.
247
Conclusioni
Nel decennio di applicazione della L.R. n. 15/2000 ad oggi sono state iscritte al Registro
Volontario Regionale (RVR), istituito dalla predetta legge (Art. 2 ), 186 risorse genetiche
vegetali di cui 138 arboree e 48 erbacee e 27 risorse genetiche animali di interesse zootecnico
(Tab. 3). Di queste ultime, ARSIAL ha censito, caratterizzato e iscritto ai rispettivi Registri
Anagrafici di razze a limitata diffusione gestiti dall‟Associazione Italiana Allevatori (AIA),
dall‟Associazione Nazionale Pastorizia (AssoNAPa) e dall‟ Associazione Nazionale
Allevatori Suini (ANAS) 7 nuove razze: Cavallo Romano della Maremma Laziale, Asino
Viterbese, Suino Apulo-Calabrese Nero del Reatino e Nero dei Monti Lepini, Capra Bianca
Monticellana, Capra Grigia Ciociara, Capra Capestrina. In base alle acquisizioni del Registro
Volontario Regionale vengono annualmente aggiornati gli elenchi delle risorse genetiche
autoctone del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lazio relativi alle Azioni 214.8 e 214.9
delle Misure Agroambientali che prevedono la corresponsione di aiuti economici agli
agricoltori ed allevatori secondo i seguenti importi: a) cereali 250 €/ha, b) ortive 500 €/ha, c)
arboree 800 €/ha, d) singola pianta arborea 70 €/ha, fino ad un massimo di 5 piante a varietà,
e) animali 200€/UBA .
La conservazione delle risorse genetiche iscritte al Registro Volontario Regionale, oltre che ex
situ in campi catalogo e banca del germoplasma, viene effettuata soprattutto on farm
attraverso la “Rete di Conservazione e Sicurezza” (Art. 4) degli agricoltori ed allevatori che
oggi conta circa n. 400 adesioni per le risorse vegetali e circa 550 per le risorse animali.
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FIDEGHELLI C., 2008. Recupero, conservazione e valorizzazione dei fruttiferi autoctoni
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PAVIA R., I. BARBAGIOVANNI M.I., DELLA STRADA G., PIAZZA M.G., ENGEL P.,
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Lazio Region Case Study. In: European landraces: on farm conservation management and
use. Bioversity International. Rome. Bioversity Technical Bullettin, 15.
249
Tab. 1. Valutazione del grado di rischio di erosione per le risorse genetiche vegetali.
Tab. 1. Evaluation of plant genetic resources erosion treath.
PARAMETRO
Presenza del
A prodotto sul
mercato
Presenza nei
B listini Vivaisti
Sementieri
C
Numero
Agricoltori
Superfice (%
su sup.
D
regionale
interessata)
E
Trend nuovi
Impianti
DESCRIZIONE
Mercati e/o cooperative di produttori.
Settore: varietà principali in qualche DOC, DOP, IGP, IGT.
Nicchia: disponibile in piccole superfici a livello locale.
Segmento: varietà secondarie in qualche DOC, DOP, IGP, IGT.
Disponibilità di qualche frutto per autoconsumo o a scopo di studio.
Non disponibile.
Fruttiferi inseriti nelle liste di orientamento varietale dei fruttiferi.
Ortive e altre piante agrarie iscritte al Catalago Nazionale delle Varietà.
Varietà di vite iscritte all' Albo Regionale delle uve da vino.
Varietà di vite in corso di iscrizione all' Albo Regionale delle uve da vino.
Materiale disponibile presso pochi riproduttori e vivaisti.
Fruttiferi non inseriti nelle liste di orientamento varietale dei fruttiferi.
Orticole e piante agrarie non iscritte al Catalago Nazionale delle Varietà.
Varietà di vite non iscritte all' Albo Regionale delle uve da vino.
Nessuna moltiplicazione/riproduzione per distribuzione extraziendale
Maggiore di 100
Compreso fra 30 e 100
Minore di 30
Superficie> 5%
5%>Superficie>1%
Superficie <1%
Presenza di impianti/colture segnalate dall'attività di censimento
Piante isolate o coltivazioni in orti e giardini familiari
Presenza nuovi impianti
Assenza nuovi impianti
GRADO DI
RISCHIO
VALORE
Basso
1
Medio
2
Alto
3
Basso
1
Medio
2
Alto
3
Basso
Medio
Alto
Basso
Medio
1
2
3
1
2
Alto
3
Basso
Alto
1
3
Dalla somma dei valori relativi ai diversi parametri si ottiene il valore complessivo attribuibile alla risorsa genetica.
La presenza di un solo parametro con valore 3 giustifica l’iscrizione della risorsa genetica autoctona al RVR.
Tab. 2. Valutazione del grado di rischio di erosione per le risorse genetiche animali.
Tab. 2. Evaluation of animal genetic resources erosion treath.
Specie
Soglia al di sotto della quale
animali
una razza locale è considerata
ammissibili minacciata di abbandono*
Bovini
7.500
Ovini
10.000
Caprini
10.000
Equidi
5.000
Suini
15.000
Volatili
25.000
* Numero calcolato nell‟insieme degli Stati
Membri di femmine riproduttrici di una stessa
razza che si riproducono in purezza, iscritte ad
un registro/albo tenuto da un'organizzazione di
allevatori riconosciuta dallo Stato Membro in
conformità con la normativa zootecnica
comunitaria. Reg. CE 1974/2006
250
Tab. 3. Risorse genetiche autoctone tutelate dalla Legge Regionale n. 15/2000 e iscritte al
Registro Volontario Regionale.
Tab. 3. Autochtonous genetic resources protected by the Regional Act n. 15/2000 and enroled
in the Regional Voluntary Register.
Albicocco (Prunus armeniaca L.)
Azzeruolo (Crataegus azarolus L.)
Castagno (Castanea sativa Mill.)
Ciliegio (Prunus avium L.)
Melo (Malus domestica Bork)
Melograno (Punica granatum L.)
Nocciolo (Corylus avellana L.)
Olivo (Olea europea L.)
Pero (Pyrus communis L.)
Pesco (Prunus persica L.)
Susino (Prunus insisitia L.)
Uva da Tavola (Vitis vinifera L.)
Visciolo (Prunus cerasus L.)
Vite da vino (Vitis vinifera L.)
Aglio (Allium sativum L.)
Carciofo (Cynara scolymus L.)
Cavolo Broccolo (Brassica oleracea L.)
Cece (Cicer arietinum L.)
Cicerchia (Lathyrus sativus L.)
Cima di Rapa (Brassica rapa L. var. silvestris)
Fagiolo (Phaseolun vulgaris L.)
Fagiolo di Spagna (Phaseolus coccineus L.)
Farro (Triticum turgidum L. ssp. dicoccum Schubler)
Finocchio (Foeniculum vulgare Mill.)
Fragola (Fragaria vesca L.)
Lenticchia (Lens culinaris Med.)
Mais (Zea Mays L.)
Peperone (Capsicum annum L.)
Pomodoro (Lycopersicum esculentum Mill.)
Sedano (Apium graveolens L.)
Trifoglio pratense (Trifolium pratense L.)
Zucchino (Cucurbita pepo L.)
Animali da cortile
Asino (Equus asinus L.)
Bovino (Bos taurus L.)
Capra (Capra hircus L.)
Cavallo (Equus caballus L.)
Fauna ittica
Pecora (Ovis aries L.)
Suino (Sus domestica L.)
RISORSE GENETICHE ARBOREE
A. di Monteporzio, Santa Maria in Gradi
A. Rosso
Marrone Premutico
Bella di Pistoia, Biancona, Buonora, Core, Crognolo, Graffione, Maggiolina, Morona, Ravenna a
gambo corto, Ravenna a gambo lungo, Ravenna precoce, Ravenna tardiva, Petrocca, Lingua de Fori
TOTALE
2
1
1
14
Agre di Sezze, Agre di Viterbo, Appia, Bebè, Calvilla, Capo d’asino, Cerina, Cipolla, Cocoine, Dolce di
Sezze, Fragola, Francesca, Francesca di Castelliri, Gaetana, Limoncella, Maiolina, 'Mbriachella, Nana,
36
Paoluccia, Paradisa, Pianella, Pontella, Prata, Rosa, Rosa gentile, Rosa piatta ciociara, Rosetta, San
Giovanni, Sant' Agostino, Spugnaccia, Sublacense, Tonnorella, Velletrana, Verdona, Verdonica,
Zuccherina
M.di Gaeta MG1, M. di Gaeta MG2, M. di Formia MG3, M. di Formia MG4.
4
Barrettona, Casamale, Rosa.
3
Marina, Minutella Casarè, Oliva dei Monti, Palmuta, Rappaiana, Romana, Roscetta Gagliarda,
13
Rosciola Nostrana, Rotonda di Tivoli, Salvia cl. Montelibretti 6, Sbuciasacchi, Sirole cl. Soratte 1,
Vallanella
Abitir, Angina, Baccelli, Barocca, Biancona, Bottiglia, Campana, Cannella, Castrese, Cocozzola, P. de
23
lu Prete, P. del Principe, P.di Posta, P.di Santa Cristina, Fegatella, Monteleone, Pero-melo, Rossa di
Maenza, Sellecca, Spadona di Castel Madama, Spina, Trentonce, Tunnella
Ala, Reginella I, Reginella II, Tardiva di San Vittorino
4
Coscia di Monaca di Ponzano Romano, S. di Gallinaro, Recinella, San Giovanni
4
Pellegrina, Pizzutello bianco b., Pizzutello nero
3
Nana dei Castelli
1
Iscritti al Registro Nazionale delle varietà di vite da vino: Abbuoto n., Aleatico n., Bombino bianco
b., Bombino nero n., Cannaiola di Marta n., Capolongo b., Greco b., Greco bianco b., Greco nero n.,
Lecinaro n., Maturano b., Moscato di Terracina, Nero Buono n., Olivella nera n., Pampanaro b.,
29
Passerina b., Pecorino b., Rosciola r., Verdello b.
In fase di iscrizione al Registro Nazionale delle varietà di vite da vino: Albarosa, Angelica,
Cesanese di Castelfranco, Maturano n., Nerone, Nostrano, Pedino, Romanesco, Uva dei vecchi,
Uva Mecella
RISORSE GENETICHE ERBACEE
TOTALE
A. Rosso di Castelliri, A. Rosso di Proceno
2
C. Campagnano, C. Castellammare
2
Cavolo Rapa di Atina, Chiaccheteglio, Pastardone
3
C. di Canepina
1
C. di Campodimele
1
Broccoletto di Castelliri, Broccoletto di Priverno, Rapa Catalogna di Roccasecca
3
F. a Pisello, Borbontino, Cannellino di Atina, Cannellino grigio di Piumarola, Cannellino rosso di
Piumarola, Cappellette di Vallepietra, Chiarinelli, Ciavattone piccolo, Cioncone, Fagiolina Arsolana, F.
19
di Gradoli, Gentile di Labro, Giallo, Mughetto, Pallino di Vallepietra, Regina di Marano Equo,
Romanesco di Vallepietra, Solfarino, Verdolino
Ciavattone di Grisciano, Fagiolone di Vallepietra
2
F. dell'Alta Valle del Tronto, F. dell'Alta Valle del Turano e della Valle dell'Aniene
2
F. di Tarquinia
1
Fragolina di Nemi
1
L. di Onano, L. di Rascino, L. di Ventotene
3
Agostinella.
1
Cornetto di Pontecorvo
1
P.da secca di Minturno, Scatolone di Bolsena, Spagnoletta di Formia e Gaeta
3
Bianco di Sperlonga
1
Bolognino dell'Alto Viterbese
1
Z. di Cerveteri tipo Romanesco
1
RISORSE GENETICHE ANIMALI
TOTALE
Pollo Ancona (Gallus gallus L.) ,
1
Coniglio Leprino di Viterbo (Oryctolagus cuniculus L.)
1
A. dell'Amiata, A. dei Monti Lepini, A. di Martina Franca, A. Ragusano, A. Viterbese
5
B. Maremmano
1
C. Capestrina, C. Bianca Monticellana, C. Fulva, C. Grigia Ciociara
4
C. Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido (TPR), C. del Cicolano, C. Lipizzano, C. Maremmano, C.
7
Romano della Maremma Laziale, C. Tolfetano, Pony di Esperia
Gambero Nostrano di fiume (Austropotamobius pallipes L.)
1
Carpione del Fibreno (Salmo fibreni L.)
1
Trota Macrostigma (Salmo macrostigma L.)
1
P. Quadricorna, P. Sopravvissana
2
S. Apulo-Calabrese Nero del Reatino, S. Apulo-Calabrese Nero dei Monti Lepini, S. Casertano
3
251
2.38. RISULTATI DEL PROGRAMMA OPERATIVO SEMENTIERO DEL LAZIO IN
APPLICAZIONE
DELLA
LEGGE
REGIONALE
A
TUTELA
DELL’AGROBIODIVERSITÀ (L.R. N.15 1/03/2000)
RESULTS OF “SEEDS OPERATIVE PROGRAMME OF LAZIO REGION” IN APPLICATION OF
AGROBIODIVERSITY CONSERVATION REGIONAL ACT (N° 15, 1ST MARCH 2000)
Mariateresa COSTANZA1, Pierfrancesco NARDI1, Stefano PAOLETTI1, Paola TAVIANI1,
Roberto REA1, Lino LELLI1, Luciano MONTI1, Maurizio MARCHETTI1, Mario
BRANCALEONE1, Massimo TANCA1, Romana BRAVI2, Elisabetta FRUSCIANTE2,
Francesco SACCARDO3, Oriana PORFIRI3
1
Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio
Via Rodolfo Lanciani 38 00162 Roma, [email protected]
2
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Loc. Corno D‟Oro - Ss 18 km
77,700 - 84091 Battipaglia (SA), [email protected]
3
Direzione scientifica Programma Operativo Sementiero - Regione Lazio (3),
[email protected]
Riassunto
La Regione Lazio, con l‟obiettivo di censire e caratterizzare nuove risorse genetiche autoctone
vegetali erbacee, ha approvato il Programma Operativo Sementiero che, avviato nel 2007, si è
concluso nel 2011. Tale Programma ha consentito l‟integrazione e il potenziamento della
pregressa attività di censimento svolta dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e
l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL) in applicazione della Legge Regionale
“Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario” (L.R. n. 15/2000). Le azioni del
Programma, sotto la guida della direzione scientifica di due esperti del settore, sono state
svolte da ARSIAL in collaborazione con l‟ex-ENSE (oggi Istituto Nazionale di Ricerca per
gli Alimenti e la Nutrizione) ed hanno riguardato: il monitoraggio sul territorio regionale, la
caratterizzazione morfo-fisiologica, l‟archiviazione dati e la conservazione del seme delle
accessioni censite e catalogate. L‟esperienza maturata nel Lazio ha contribuito alla stesura
delle “Linee guida redatte dal Gruppo Interdisciplinare Biodiversità Agricola (GIIBA)
costituito dal MIPAAF per la realizzazione della prima fase
A del Piano Nazionale Biodiversità Agricola (PNBA)” che rappresenta un valido strumento
sia per rispondere alle normative europee e nazionali, che per sviluppare l‟attività di
coordinamento fra le diverse Regioni nella programmazione di una caratterizzazione varietale
comparata del germoplasma e nella conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche di
interesse agrario.
Parole chiave: varietà locali, caratterizzazione, conservazione in situ/on farm, database,
agricoltori, sementi
Abstract
Lazio Region approved the “Seeds Operative Regional Programme - Lazio” (2007-2011) in
order to collect and characterize the autochthonous herbaceous genetic resources of
agricultural interest. The Programme increase the activity executed by the Regional Agency
for the Development and Innovation of Agriculture in Lazio (ARSIAL) in application of
Regional Act “Protection of autochthonous genetic resources of agricultural interest” (n°15,
dated 1st March 2000). The Programme‟s actions, with scientific direction, were carried out
252
by ARSIAL in collaboration with Italian Official Body for Seeds Control (ENSE, nowadays
INRAN) and concerned: regional monitoring, morpho-physologic characterization, data
record catalogued, seeds collection and implementation of in situ/on farm conservation of
autochthonous genetic resources threatened by genetic erosion. The collection of seeds and
propagation material allowed to check the 600 signalling arrived in ARSIAL related to 50
herbaceous species; 347 accessions were collected and classified to 30 species and currently
ARSIAL ex situ conservation is based on 315 seed accessions, maintained at -20°C and 32
plant material accessions maintained in collection fields. Local knowledge linked to
biodiversity, us practices and conservation strategies realized by each farmer, were
registered with agronomical data and geographical location (GPS). In 2007-2011 years, 206
accessions of 23 species (17 vegetables, 4 cereals and 2 grass crops) were characterized in
situ or ex situ experimental trials fields using morpho-physiologic UPOV-CPVO descriptors.
Characterization‟s results permitted the registration of new 17 herbaceous landraces in the
“Regional Voluntary Register” (RVR) provided for Lazio Regional Act 15/2000; currently
there are 48 autochthonous herbaceous genetic resources registered in the RVR and they are
coming from different district: Frosinone (9), Latina (7), Rieti (8), Roma (12) and Viterbo
(12). In the future another 20 landraces will be register; sensory characterization of the
samples of tomato‟s and pepper accessions were carried out in 2010 and 2011.
Molecular characterization and an image analysis system are carried out to identify Lazio
lentils landraces. In order to understand the complex system of on farm landraces
conservation, ARSIAL started an anthropology investigation about traditional knowledge and
social capital in agriculture. The guidelines defined by Italian Agricultural Biodiversity
Interdisciplinary Group (GlBA), constituted by Ministry for Agriculture, Food and Forestry,
to create the first step of the Italian National Plane Agriculture Biodiversity (PNBA)
represent a helpful and valuable management tool to answer European and National seed
regulation, and to develop, among Italian Regions, a coordinated activities for planning a
compared characterization of landraces and an in situ/on farm conservation of genetic
resources of agricultural interest.
Keywords: landraces, characterization, in situ/on farm conservation, database, farmers,
seeds
Introduzione
La Regione Lazio, con l‟obiettivo di censire e caratterizzare nuove risorse genetiche autoctone
vegetali erbacee, ha approvato il Programma Operativo Sementiero che, avviato nel 2007, si è
concluso nel 2011. Tale Programma ha consentito l‟integrazione e il potenziamento
dell‟attività di censimento svolta dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione
dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL) in applicazione della Legge Regionale “Tutela delle
risorse genetiche autoctone di interesse agrario” (L.R. n. 15/2000) al fine di conservare le
varietà locali attraverso l‟iscrizione al Registro Volontario Regionale (RVR) e implementando
la loro conservazione (sia ex situ che in situ/on farm) per renderle disponibili agli agricoltori
attraverso la Rete di Conservazione e Sicurezza (Rete). Le attività del Programma, svolte
sotto il coordinamento della Direzione Regionale Agricoltura, sono state realizzate da
ARSIAL, in collaborazione con l‟ex-ENSE (oggi INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per
gli Alimenti e la Nutrizione) e con la direzione scientifica del Programma affidata a qualificati
esperti del settore. Le azioni del Programma hanno riguardato: il monitoraggio e il censimento
sul territorio regionale, la caratterizzazione morfo-fisiologica, l‟archiviazione dati e la
conservazione del seme delle accessioni censite e catalogate.
253
Materiali e metodi
La pregressa attività di censimento di risorse genetiche autoctone erbacee è stata
implementata al fine di verificare sia la permanenza in coltivazione di varietà locali già
individuate da ARSIAL ampliando la collezione con l‟acquisizione di nuovi lotti di seme, sia
le numerose segnalazioni relative a nuove varietà. Sono state raccolte informazioni sulla loro
storia e rilevati gli areali di conservazione in situ/on farm. Per ogni sito di conservazione sono
stati registrati i dati agronomici e la localizzazione geografica, rilevata anche a mezzo di GPS.
I saperi legati alla coltivazione, come le pratiche e le strategie di conservazione messe in atto
da ogni agricoltore, sono stati annotati utilizzando una specifica scheda sui “saper fare
tradizionali” relativa alle risorse erbacee (ARSIAL, 2011). Inoltre per favorire la conoscenza
del RVR e della Rete, strumenti di tutela delle varietà locali, istituiti dalla L.R. n.15/2000
(Costanza et al., 2012), sono stati organizzati incontri e giornate divulgative presso le
comunità locali attivando relazioni dirette tra agricoltori ed in particolare tra quelli storici,
spesso anziani, e quelli giovani. Relativamente alla ricerca storica, oltre all‟acquisizione di
documentazione (bibliografia di storia locale, estratti degli archivi comunali, immagini e
fotografie, ecc.) finalizzata a comprovare l‟autoctonia delle risorse genetiche individuate sul
territorio, sono state effettuate interviste ad agricoltori storici o a dei testimoni chiave dei
saperi legati ad una o più risorse.
Per le specie erbacee a propagazione vegetativa il materiale riproduttivo di ogni risorsa è stato
prelevato e viene conservato in campi catalogo ex situ presso le Aziende Dimostrative
ARSIAL (Alvito, Cerveteri e Tarquinia), mentre per le sementi collezionate, parte dei lotti di
seme è stata destinata alle prove di caratterizzazione e parte è crioconservata presso la banca
del seme presente in ARSIAL. Per ogni campione di seme sono state effettuate le seguenti
operazioni e valutazioni: pulizia del materiale, catalogazione, identificazione con codice, peso
del lotto, peso 1000 semi, verifica e classificazione di duplicati dei lotti /annata di prelievo.
Per la caratterizzazione morfo-fisiologica delle accessioni collezionate sono stati scelti i
descrittori morfologici relativi ai protocolli internazionali CPVO/UPOV, in alcuni casi
integrati, e i dati rilevati sono stati rappresentati con una scheda descrittiva per ogni varietà
locale identificata (Bravi et al., 2011). Le prove di campo sono state effettuate in situ o ex
situ; in alcuni casi le prove sono state condotte in situ/on farm, presso l‟azienda coltivatrice di
una delle accessioni in analisi oppure ex situ presso le Aziende Dimostrative ARSIAL di
Alvito (FR), di Cerveteri (RM) e di Tarquinia (VT), presso i campi sperimentali dell‟ENSE, a
Battipaglia (SA), presso il Centro Appenninico “C. Jucci” dell‟Università degli Studi di
Perugia e presso altri campi anche fuori regione. In ogni prova, organizzata per specie, sono
state messe a confronto le accessioni delle diverse varietà collezionate con varietà
commerciali simili per caratteri morfologici o per areale di coltivazione. Le prove di durata
annuale sono state condotte con parcelle replicate, ciascuna di almeno 30 piante spaziate.
Risultati
Il territorio regionale, classificato come regione biogeografica mediterranea, è stato suddiviso
in diverse aree affidate al controllo dei tecnici ARSIAL per la verifica delle 600 segnalazioni.
Le visite presso le comunità di agricoltori hanno fatto emergere una moltitudine di piccole
aziende, spesso costituite soprattutto da anziani o appassionati del territorio, presenti in zone
di montagna o con sistemi di agricoltura familiare. La Fig. 1 riporta, sulla mappa geografica
della regione Lazio, i siti dove sono state localizzate e collezionate 347 risorse genetiche
erbacee appartenenti a 30 specie (22 orticole, 6 cerealicole e 2 foraggere), di cui 190 sono
accessioni delle 48 varietà locali già iscritte al RVR (rappresentate con cerchi gialli di
dimensioni variabili in relazione al numero e diffusione delle accessioni reperite in ogni
254
comune) e 157 (punti, triangoli e asterischi indicano la presenza di una o più risorse in uno
stesso comune) sono accessioni appartenenti a 28 specie (Fig. 2) in corso di caratterizzazione
o da caratterizzare. La diffusione sul territorio regionale dei siti di collezione delle erbacee
mostra una relazione con ambienti non costieri, vicino a massicci montuosi e lontano dall‟area
metropolitana di Roma, in particolare sembrano concentrarsi nelle zone più periferiche della
regione, ma non necessariamente lontane dalle principali vie di comunicazione. Le specie di
fagiolo, mais e pomodoro sono le maggiormente rappresentate (Fig. 2), infatti è molto
frequente che il seme delle varietà locali si sia conservato in sistemi agricoli di piccola scala
come gli orti familiari dove il mais è coltivato in consociazione con le altre orticole. Alcuni
dei nomi delle risorse censite e non ancora caratterizzate sono di seguito riportati: aglio
bianco di Montefiascone (VT), aglio di Grotte Santo Stefano (VT), broccolo nero di Sora
(FR), cannellino con la mosca (FR), cannellino di S. Oliva (FR), cece del Solco dritto di
Valentano (VT), cece di Orte (VT), cicerchia di Civita Castellana (VT), cipolla di Roccasecca
(FR), fagiolo all'occhietto di Montefiascone (VT), fagiolo bottoncino bianco (FR), fagiolo
bottoncino di Terelle (FR), fagiolo di Cinelli (FR), fagiolino “fascirieglie” (FR), fagiolo
cerino (FR), fagiolo di San Pietro (FR), fagiolo di S.Anna (VT), fragola di S. Francesco (VT),
lattuga “signorinella” (LT), lattuga di Orte (VT), ravizzone di Grotte S. Stefano (VT), scarola
roscia (FR), sorgo da saggina (VT), insalata piccola (FR), scarola bianca (FR). Inoltre è stata
collezionata una accesione di frumento duro dell‟antica varietà “Cappelli” presso un‟azienda
di Veroli (FR) che continua a coltivarlo in piccole superfici a scopo ornamentale. La
conservazione ex situ messa in atto da ARSIAL, ad oggi, è costituita da 315 accessioni di
seme conservati a -20°C e da 32 accessioni a propagazione vegetativa (aglio, carciofo e
fragola) mantenute nei campi catalogo.
Dal 2007 al 2011, sono state caratterizzate 206 accessioni appartenenti a 23 specie; in alcuni
casi si è trattato di una conferma delle risorse genetiche autoctone già iscritte al RVR, in altri
casi ha riguardato varietà locali non ancora riconosciute come riportato nella Tab. 1.
I primi risultati della caratterizzazione hanno permesso l‟iscrizione al RVR di 17 nuove
varietà locali erbacee, portando a 48 le risorse genetiche autoctone erbacee del Lazio tutelate
dalla L.R. n. 15/2000 appartenenti alle seguenti 18 specie: Phaseolus vulgaris L. (19), Lens
culinaris Med. (3), Lycopersicum esculentum Mill. (3), Brassica rapa L. var. silvestris (3),
Brassica oleracea L. (3), Triticum turgidum L. ssp. dicoccum Schubler (2), Cynara scolymus
L. (2), Allium sativum L. (2), Phaseolus coccineus L. (2), Apium graveolens L. (1), Cucurbita
pepo L. (1), Foenicum vulgare Mill. (1), Zea mays L. (1), Capsicum annum L. (1), Cicer
arietinum L. (1), Fragaria vesca L. (1), Lathyrus sativus L. (1), Trifolium pratense L. (1). La
Tab. 2 riporta l‟elenco delle 48 varietà locali iscritte al RVR e inserite nel PSR Lazio 20072013, per ognuna di esse è stato definito l‟areale di conservazione in situ ed è stato stimato il
grado di rischio di erosione genetica secondo la metodologia messa a punto per le risorse
genetiche vegetali del Lazio (Porfiri et al., 2009). In ogni provincia sono state riscontrate
varietà locali autoctone e adattate a quell‟agro-ecosistema. Anche per le specie delle quali si
ritrovano ancora numerose varietà locali, quali le leguminose da granella, si riscontra una
elevata variabilità di adattamento ambientale. Ad esempio le 3 varietà locali laziali di
lenticchia sono adattate ad ambienti completamente diversi: la Lenticchia di Onano coltivata
in collina su terreno vulcanico, la Lenticchia di Rascino coltivata sulla omonima piana a 1300
m s.l.m. e la Lenticchia di Ventotene coltivata in ambiente costiero, al livello del mare. È
grazie all‟attività di agricoltori e di comunità che hanno continuato a coltivare in diversi e
molteplici contesti agricoli queste varietà locali, che oggi è possibile ancora avere la
disponibilità di queste risorse.
255
Nella Tab. 2 è riportata, per ogni risorsa erbacea del RVR, la sua conservazione on farm con
indicato il numero di siti visitati e di collezione (in totale 190), il numero di adesioni alla Rete
(totale 157) e di adesioni all‟Azione 214.9 del PSR 2007-2013 del Lazio che prevede un
sostegno finanziario a chi si impegna a coltivare la varietà locale nell‟ambiente di autoctonia
(conservazione in situ/on farm). Le adesioni alla Rete in numero di siti di conservazione in
situ per provincia mostrano una diversa risposta del territorio: Frosinone (53), Latina (25),
Rieti (40), Roma (1) e Viterbo (38). Ciò si spiega considerando alcuni fattori: in primo luogo
la recente iscrizione al RVR di 14 varietà locali, per le quali si prevedono nuove adesioni alla
Rete in funzione della partecipazione all‟annualità 2012 del PSR; in secondo luogo la diversa
dimensione aziendale dei detentori delle risorse. In provincia di Viterbo, infatti, le aziende,
anche a gestione familiare, sono di dimensioni maggiori rispetto, ad esempio, agli orti
familiari della Valle dell‟Aniene dove sono coltivate numerose varietà locali della provincia
di Roma e che rappresentano un modello di rete ecologica tra le alte quote dei Monti
Simbruini e il fondo valle del fiume Aniene (Alimonti et al., 2006), e i cui detentori non sono
di certo attratti da aiuti basati unicamente sull‟estensione della superficie coltivata. In terzo
luogo il disinteresse all‟adesione alla Rete è dovuto all‟avanzata età degli agricoltori.
Sono in fase d‟iscrizione al RVR altre 20 varietà locali, per alcune di queste appartenenti al
pomodoro è stata effettuata un‟analisi sensoriale su bacche raccolte dal campo di
caratterizzazione morfo-fisiologica, ed effettuate dal Laboratorio di Analisi Merceologiche e
Territoriali (Lamet dell‟Università degli Studi di Cassino, Rea et al., 2012). Inoltre è stata
avviata una caratterizzazione con marcatori molecolari e analisi d‟immagine su accessioni di
lenticchia del Lazio in collaborazione rispettivamente con il Dipartimento di Biologia
Applicata dell‟Università degli Studi di Perugia e con la Stazione Consorziale Sperimentale di
Granicoltura per la Sicilia per la realizzazione di un sistema esperto, LensInspector, per il
riconoscimento di semi di diverse varietà (Torricelli et al., 2011).
I descrittori messi a punto per ogni specie erbacea e l‟esperienza maturata nel Lazio hanno
contribuito alla stesura delle “Linee guida redatte dal Gruppo Interdisciplinare Biodiversità
Agricola (GIIBA) costituito dal MIPAAF per la realizzazione della prima fase A del Piano
Nazionale Biodiversità Agricola”. Tali “Linee guida” (approvate il 10 maggio 2012 dalla
Conferenza Permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano)
rappresentano un valido strumento nella gestione delle risorse genetiche di interesse agrario,
dando le indicazioni operative per tutte le fasi di lavoro, dalla identificazione sul territorio,
alla caratterizzazione fino alla definizione delle strategie di conservazione, al fine di
rispondere alle normative europee e nazionali, in un‟ottica di coordinamento fra le diverse
regioni e province autonome.
Conclusioni
Le attività svolte dalla Regione Lazio nel decennio di attuazione della LR n. 15/2000 e
integrate con quanto previsto dal Piano Sementiero regionale qui illustrato sono un valido
esempio di tutela e conservazione delle risorse genetiche di interesse agrario che, partendo
dall‟indagine sul territorio, attraverso la collezione e la caratterizzazione, arriva alla
conservazione ex-situ e in situ/on farm, attraverso iniziative di valorizzazione sul territorio,
che coinvolgono non solo l‟ambito agricolo, ma anche quello sociale, storico e culturale del
territorio stesso.
Ringraziamenti
Elvira Cacciotti (SIT, ARSIAL), Monia Gabriele e Carlo Eramo (ASD, Alvito ARSIAL).
256
Bibliografia
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2012. Characterization of the lentil landrace Santo Stefano di Sessanio from Abruzzo,
Italy. Genetic Resources and Crop Evolution, 59 (2): 261-276.
257
Tab. 1. Elenco delle 23 specie con indicato il numero di varietà locali caratterizzate.
Tab. 1. List of 23 species with number of landraces characterized.
Specie
Numero
varietà
locali
Specie
Numero varietà locali
Aglio
2 (RVR)
Fagiolo
comune
27
(11
tipologia
Borlotto e 4 tipologia Peperone
Cannellino)
Specie
Numero varietà locali
3 (1 RVR)
Carciofo
2 (RVR)
Fagiolo di
1 (RVR)
Spagna
Carota
Cavolo
broccolo
1
Farro
4 (2 RVR)
11 (4 tipologia bacca
gialla di cui 1 RVR, 7
Pomodoro bacca rossa con diverse
dimensioni di cui 2
RVR)
Sedano
1 (RVR)
3 (RVR)
Finocchio
1 (RVR)
Segale
1
Trifoglio
pratense
1 (RVR)
Zucca
3
Zucchino
4 (1 RVR)
Cece
Cicerchia
Cima di
rapa
Erba
medica
2
(1
Fragola
1 (RVR)
RVR)
3
(1 Frumento
3
RVR)
tenero
5
(3
Lenticchia 5 (3 RVR)
RVR)
1 (RVR) e 11
Mais
3
popolazioni
258
Tab. 2. Risorse genetiche autoctone erbacee iscritte al RVR del Lazio, conservazione in situ e on farm
(dati aggiornati a marzo 2012).
Tab. 2. Autochthonous genetic resources registered in RVR of Lazio, in situ and on farm conservation
(dated on March 2012).
COLTURA
FAGIOLO
Varietà locale
Fagiolo a Pisello
Fagiolina Arsolana
Fagiolo Cioncone
Fagiolo Regina di Marano
Equo
Fagiolo Cappellette di
Vallepietra
Fagiolo Romanesco di
Vallepietra
Pallino di Vallepietra
Fagiolo Ciavattone piccolo
Fagiolo di Gradoli o del
Purgatorio
Fagiolo Giallo
Fagiolo Solfarino
Fagiolo Verdolino
LENTICCHIA
6
2
4
Adesioni
alla Rete
(in situ /
on farm)
Adesioni
PSR
20072013
12
1
Grado di
erosione
genetica
Areale di
conservazione in situ,
Comune / Provincia
Alto
Alto
Alto
Colle di Tora (RI)
3
Medio
3
Alto
5
Alto
4
2
2
7
9
1
2
3
1
1
3
1
1
2
Alto
Alto
Alto
19
31
2
Basso
Fagiolo Borbontino
Cannellino rosso di Piumarola*
Cannellino grigio di
Piumarola*
Fagiolo Gentile di Labro*
Fagiolo Mughetto*
Fagiolo Chiarinelli*
5
8
4
Medio
Medio
5
2
Medio
3
1
1
Medio
Medio
Medio
Fagiolone di Vallepietra
5
Alto
Ciavattone di Grisciano*
Lenticchia di Onano
1
3
7
15
20
Medio
3
Medio
Cannellino di Atina
FAGIOLO DI
SPAGNA
N° siti di
conservazione
n farm
Lenticchia di Rascino
1
4
1
Arsoli, Marano Equo,
Vivaro Romano,
Riofreddo, Vallinfreda
e Vallepietra (RM)
Alto
Alto
Medio
Medio
Medio
Provincia di Viterbo
Atina, Casalattico,
Casalvieri, Gallinaro,
Picinisco e Villa Latina
(FR)
Borbona (RI)
Villa Santa Lucia e
Piedimonte San
Germano (FR)
Labro (RI)
Accumoli (RI)
Arsoli, Marano Equo,
Vivaro Romano,
Riofreddo, Vallinfreda
e Vallepietra (RM)
Accumoli (RI )
Onano (VT)
Fiamignano e Petrella
SAlto (RI)
Ventotene (LT)
Lenticchia di Ventotene
2
CECE
Cece di Canepina
1
Alto
Canepina (VT)
CICERCHIA
Cicerchia di Campodimele*
2
Medio
FRAGOLA
Fragolina di Nemi
2
Campodimele (LT)
Nemi e Comuni
limitrofi (RM)
Pomodoro Scatolone di
Bolsena
4
Pomodoro Spagnoletta di
Formia e Gaeta
4
Pomodoro da secca di
Minturno
3
Peperone Cornetto di
Pontecorvo
7
POMODORO
PEPERONE
1
Alto
Alto
2
Medio
Alto
4
259
Basso
Bolsena (VT)
Itri, Gaeta, Formia,
Minturno, Castelforte,
Spigno Saturnia, SS
Cosma e Damiano (LT)
Minturno, Formia e
Castelforte (LT)
Pontecorvo, Esperia, S.
Giorgio a Liri,
Pignataro Interamna,
Villa S. Lucia,
Piedimonte S.
Germano, Aquino,
Castrocielo,
Roccasecca, San
Giovanni Incarico (FR)
SEDANO
Zucchino di Cerveteri tipo
Romanesco
Sedano Bianco di Sperlonga
FINOCCHIO
Finocchio di Tarquinia
3
Alto
Carciofo di Campagnano
1
Medio
Carciofo di Castellamare
1
Medio
Rapa Catalogna di
Roccasecca*
7
Broccoletto di Castelliri*
Broccoletto di Priverno*
1
1
Cavolo Rapa di Atina*
1
Pastardone*
2
Alto
Chiaccheteglio*
1
Alto
ZUCCHINO
1
5
21
Alto
Cerveteri (RM)
Basso
Alto
Fondi e Sperlonga (LT)
Tarquinia, Monte
Romano, Montalto di
Castro e Tuscania
(VT), Allumiere e
Civitavecchia (RM)
Provincia di Roma, di
Viterrbo e di Latina
Provincia di Roma, di
Viterrbo e di Latina
Roccasecca,
Pontecorvo,
Castrocielo, San
Giovanni in Carico,
Col felice, Rocca
d‟Arce, Colle S. Magno
(FR).
Castelliri (FR)
Priverno (LT)
Comuni della Val di
Comino (FR)
Atina e Villa Latina
(FR)
Priverno (LT)
Castelliria e Isola Liri
(FR)
Proceno (VT)
Cinto Romano,
Riofreddo, Vallinfreda
e Vivaro (RM)
Leonessa e Amatrice
(RI)
Vallepietra (RI)
Medio
Provincia di Viterbo
CARCIOFO
CIMA DI
RAPA
CAVOLO
BROCCOLO
AGLIO
2
Medio
Alto
Alto
1
Alto
Aglio Rosso di Castelliri
10
8
Aglio Rosso di Proceno
9
12
2
Medio
Medio
Farro della Valle dell‟Aniene
2
9
7
Medio
FARRO
MAIS
TRIFOGLIO
PRATENSE
Farro dell‟Alta Valle del
Tronto
Mais Agostinella
Trifoglio Bolognino dell‟Alto
Viterbese*
6
5
1
1
* Risorse genetiche autoctone recentemente iscritte al RVR (Commissione Tecnico Scientifica del
12/10/2011).
260
Fig. 1. Mappa della regione Lazio dove sono indicati i siti del censimento delle risorse erbacee: 347
accessioni collezionate (190 iscritte RVR e 157 in caratterizzazione).
Fig. 1. Lazio region map where herbaceous census sites are signed: 347 accessions collected (190 are
registered in RVR and 157 are in characterization).
Fig. 2. Accessioni collezionate (157) in fase di caratterizzazione o da caratterizzare divise per specie.
Fig. 2. Accessions collected (157) on characterization or to characterize, grouped in species.
261
2.39. “LENTICCHIA DI SOLETO”: STORIA LOCALE DI UN LEGUME MINORE
“LENTIL OF SOLETO”: LOCAL HISTORY OF A MINOR LEGUME
Rita ACCOGLI1, Gino DI MITRI2, Silvano MARCHIORI1
1
Orto Botanico del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali
(Di.S.Te.B.A.) - Università del Salento, Via Prov. le Lecce-Monteroni, Campus Ecotekne,
73100 Lecce
2
Via Umberto I, 73010 Soleto (LE)
*Autore corrispondente: [email protected]
Riassunto
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una rivalutazione dei prodotti tipici locali che,
unitamente alla salvaguardia della biodiversità, hanno portato ad una maggiore
sensibilizzazione verso il recupero di materiale genetico in via di estinzione. L‟Orto Botanico
del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, è stato, nel Salento, una
delle prime Istituzioni ad attivare programmi di recupero e di conservazione della biodiversità
agraria, con indagini territoriali che hanno messo alla luce tradizioni e tecniche colturali che
legavano l‟arte contadina all‟arte culinaria. Tra le leguminose da granella, è stata rilevata una
leguminosa che viene coltivata nel comune di Soleto, dove viene denominata "lenticchia
sulitana". Per meglio classificare tale leguminosa, è stata realizzata una piccola parcella
colturale nel campo agrario dell‟Orto Botanico. I contadini custodi hanno fornito informazioni
sulle tecniche colturali e sulla resa del prodotto. In realtà, non è una lenticchia ma una veccia,
che solo pochi contadini continuano a coltivare per un uso familiare, anzi personale, perché
particolarmente legati alla sua bontà.
Parole chiave: biodiversità agraria, ecotipi, lenticchia, Salento
Abstract
Recent years have seen a local products reassessment, together with the biodiversity
preservation, have led to greater awareness towards the recovery of endangered genetic
material. In the Biological, Environmental and Technology Sciences Department, the Botanic
Garden, was, in Salento, one of the first institutions to enable recovery conservation
programs and agricultural biodiversity, with land surveys that have given birth to cultural
practices and traditions that bound the rural art and culinary art. Among the pulses, was
found a legume that is grown in Soleto land, which is called "Lentil sulitana". To better
classify this legume, was conducted in a small plot crop agriculture in the Botanical Garden.
Farmers guardians provided information on cultivation techniques and yield of the product.
In reality, it isn‟t a lentil, but a vetch, and few farmers continue to cultivate for family use,
indeed personal, as particularly related to his goodness.
Keywords: agrarian biodiversity, land races, lentil, Salento
Introduzione
Si può affermare che l‟Orto Botanico è stato, nel Salento, una delle prime Istituzioni ad
attivare programmi di recupero e di conservazione della biodiversità agraria, secondo una
metodologia che mirava non solo all‟individuazione della varietà locale, ma anche alla
conoscenza del contesto sociale che l‟ha preservata dall‟estinzione. In tal modo, le indagini
262
territoriali hanno messo alla luce usanze e tecniche colturali legate a tradizioni religiose, a
saperi mai trascritti ma tramandati da padre in figlio, a sensazioni evocate dal sapore o dal
profumo della varietà in questione, quindi, alle pietanze di un tempo, che legavano l‟arte
contadina all‟arte culinaria (Accogli e Marchiori, 2009). In questo tentativo di riscoperta e di
recupero, il valore d‟uso della biodiversità agraria locale si esprime in tutta la sua elevatezza,
giacché propone varietà ben adattate alle esigenze pedoclimatiche del Salento, coltivabili con
tecniche colturali a bassi input, rispettose dell‟ambiente; inoltre, il territorio viene ad essere
connotato dalla tipicità dei suoi prodotti, dando la possibilità anche agli agriturismi ed al
settore gastronomico di coordinarsi e di svilupparsi (Accogli et al., 2010 ).
Il Salento agroalimentare si caratterizza, allo stesso modo dei quasi cento comuni che lo
compongono, come un mosaico di specificità locali, un sistema di articolazioni identitarie che
portano ciascuna comunità a distinguersi (anche da quella più vicina) per dialetto, tradizioni
religiose e abitudini alimentari. In quest'ultimo caso, non si tratta solo di pietanze
diversamente preparate, ma di un uso di varietà colturali che sono alla base dell‟alimentazione
di un luogo piuttosto che di un altro, anche se le distanze sono solo di pochi chilometri.
Questo fenomeno, da sempre indagato da discipline come l‟antropologia culturale e
l‟etnologia, spiega come, ad esempio, solo a Corigliano d‟Otranto ed in nessun altro comune
della provincia di Lecce c‟è l‟usanza di coltivare il topinambur (Helianthus tuberosus L.) ed
il corinoli comune (Smyrnium olusatrum L.), localmente chiamato “svernì” o macerone.
In questo sistema di tradizionale consumo delle piante spontanee che hanno subìto processi di
domesticazione, si inserisce una specie erbacea, appartenente alla famiglia delle leguminose,
ancora coltivata da qualche contadino del comune di Soleto. Volgarmente, tale leguminosa
viene appellata in diversi modi: “lenticchia paesana”, “lenticchia sulitana”, “lenticchia de
Sulito” e, in griko (idioma alloglotto locale), “facì” (cfr il neogreco “fakì”); ha un sapore
dolce e delicato ma, soprattutto, tempi di cottura molto brevi (non più di 20 minuti in pentola
a pressione).
Gli agricoltori di Soleto della loro “lenticchia” vantano le maggiori dimensioni dei semi, oltre
che un numero più elevato di essi nel baccello e la maggiore gustosità alimentare. Le tecniche
colturali usuali, la inquadrano tra i legumi a semina autunnale, che necessita di un terreno
sciolto e ricco di potassio. La raccolta del prodotto, può essere effettuata con una normale
trebbiatrice. L‟epoca utile per la semina va da metà novembre a fine dicembre. La coltura
non necessita di assistenza idrica ed arriva in produzione a fine maggio, primi di giugno.
Recentemente, proprio per le peculiari caratteristiche presentate, la sua coltivazione è stata
intrapresa da diversi agricoltori di Soleto (Di Mitri, 2005).
Materiali e metodi
Prospezioni territoriali - Il primo reperimento del germoplasma di questo legume risale alla
fine degli anni '80, quando, nel corso di indagini su abitudini alimentari e produzioni
alimentari del territorio della Grecìa Salentina, un contadino fece vedere una semente che
richiamava, appunto, quella della lenticchia. Nel corso degli anni, sono stati conosciuti altri
agricoltori che detengono questo legume e lo producono di anno in anno, senza però
immetterlo sul mercato.
Inquadramento tassonomico. Un piccolo quantitativo di granella è stato sottoposto a
coltivazione, presso l‟Orto Botanico dell‟Università del Salento, al fine di individuare i
caratteri botanici necessari alla determinazione della specie.
Coltivazione - Contemporaneamente, presso l'azienda agricola “Masseria La Torre” di Maglie
(LE), è stato realizzato un campo catalogo di circa 8 are per la sua coltivazione (Foto 1),
adottando il seguente protocollo: lavorazione profonda e concimazione organica del terreno in
263
pre-impianto; semina a postarelle (5-7 semi per ognuna) su filari distanziati di 40 cm;
concimazione in copertura con concimi azotati. Sono stati seminati 4 Kg di granella.
Risultati
Coltivazioni significative di questo legume per l‟agro di Soleto, sono state registrate in
“Contrada Fontanelle”; altri comuni dove è stato rinvenuto in coltivazione sono: Caprarica di
Lecce, presso “Masseria Stali” e Cutrofiano, presso l‟azienda agricola “Piccapane” (Graf. 1).
Le piante in coltivazione presso l‟Orto Botanico del DiSTeBA, hanno permesso
l‟inquadramento tassonomico della leguminosa nel genere Vicia e la sua determinazione come
Vicia articulata Hornem., comunemente nota col nome di "veccia raggiante" (Pignatti, 1982).
Rientra nel gruppo di Vicia cracca L. e si presenta con piante glabre, alte da 30 a 60 cm, con
foglie di 5-6 cm a 12-14 segmenti lineari-spatolati e terminanti in uno o tre cirri prensili (foto
2). Le stipole sono diseguali, una lineare e intera, l‟altra semicircolare e con lacinie disposte a
raggiera. I racemi fiorali, ad 1-2 fiori, sono più corti delle foglie. I fiori hanno un calice a
fauce obliqua di 4-5 mm, con denti diseguali che raggiungono appena la metà della corolla;
quest‟ultima, raggiunge appena i 6-8 mm di lunghezza ed è di colore bianco. Il legume, a
maturità, si presenta di colore bruno-chiaro, di lunghezza pari a 2-4 cm e contiene in media 2
semi. Il tegumento dei semi è di colore bruno violaceo con maculature lineari e sinusoidali
scure, quasi nerastre; la forma è discoidale, ma meno schiacciata rispetto a quella della
lenticchia (foto 3, foto 4). Il peso di 100 semi è di 5,8 g.
Per la coltivazione effettuata presso l‟azienda “Masseria La Torre” sono state registrate rese
areiche che si attestano intorno a valori di circa 1,5 q/ha. Inoltre, grazie all‟altezza delle
piante, è stato possibile meccanizzarne la raccolta, tramite trebbiatura.
Conclusioni
Ciò che la cultura contadina locale assimila ad una lenticchia, in realtà è una veccia (Vicia
articulata) originaria del Bacino Mediterraneo, successivamente diffusa nel sud dell‟Europa
ed in seguito in Asia Centrale ed in Australia, grazie alla possibilità di essere utilizzata come
foraggio, per il sovescio ed anche nell‟alimentazione umana. Questa leguminosa è stata
segnalata in tutte le regioni meridionali e centrali (escluso l‟Abruzzo) dell‟Italia continentale.
Per l‟Italia insulare, è stata segnalata in Sardegna (Sant‟Antioco), Sicilia (Ustica), Isole
Eoliche (isola del Giglio) e Ponza; anche in queste località i contadini l‟attribuivano al genere
Lens, denominandola “lenticchia nera” (Laghetti et al., 2000; Perrino et al., 2004; Hammer e
Laghetti, 2006).
In Spagna, la sua coltivazione persiste ancora nell‟area centro-occidentale, al confine con il
Portogallo; qui essa risulta essere una tra le leguminose più a rischio di erosione genetica a
causa dell‟elevata diminuzione della superficie coltivata: negli ultimi decenni si è assistito alla
scomparsa di un gran numero di varietà locali, quindi alla diminuzione della variabilità
genetica intraspecifica (De La Rosa et al., 1999).
La presenza di Vicia articulata nel Salento, quale specie ancora sottoposta a coltivazione,
indica un suo più largo consumo nei secoli passati. La superficie agricola destinata alla
coltivazione di questa leguminosa attualmente è fortemente ridotta e occupa la parte centrale
della subregione, concentrandosi attorno a tre comuni, fra loro vicini, ma con identità
territoriali molto differenti. La lenticchia di Soleto” potrebbe essere interessata dalle nuove
strategie di politica agraria che tentano il rilancio del settore agricolo attraverso la promozione
e la salvaguardia delle varietà locali; nel frattempo, mantenerne la variabilità intraspecifica
significa poter programmare futuri interventi di miglioramento genetico e di miglioramento
dei suoli agrari in erosione.
264
Bibliografia
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PIGNATTI S., 1982. Flora d‟Italia. Edagricole, Bologna.
Foto 1. Coltivazione di “lenticchia di Soleto” presso “Masseria La Torre”.
Photo 1. “Lentil Soleto” cultivation at “Masseria La Torre”.
265
Graf. 1. Localizzazione delle aziende
Graph. 1. Firm location
Foto 2. Vicia articulata (exiccata).
Foto 3. Pulses.
Foto 4. Granella di Vicia articulata – particolare dei semi.
Photo 4. Grains of Vicia articulata – particularly the seed.
266
INDICE DEGLI AUTORI
COSENTINO Carlo; 131
COSTANZA Mariateresa; 245; 252
A
ACCOGLI Rita; 262
ALVISI Emidio; 84
ANGELINI Luciana Gabriella; 206; 212
ANTONACCI Donato; 91; 168
ANTONELLI Andrea; 230
APRILE Alessio; 161
AZZINI Elena; 3; 149
D
D’ALESSANDRO Angela Gabriella; 238
D’ALESSANDRO Antonietta; 69
DALLA VEDOVA Antonio; 142
D’ANDREA Laura; 25; 55
DE ANGELIS Salvatore; 245
DE BELLIS Luigi; 161
DE MARCHI Fabiola; 142
DE ROSSO Mirko; 142
DI CECCO Ilaria; 17
DI FERDINANDO Sandra; 137
DI MATTEO Roberto; 106
DI MAURO Assunta; 178
DI MITRI Gino; 262
DIPALO Francesco; 40
DI PATRE Donatella; 17
DI SILVESTRO Isabella; 98
DURANTE Viviana; 124
DURAZZO Alessandra; 3
B
BACCHETTI Tiziana; 48
BAIAMONTE Irene; 137
BARBAGALLO Riccardo N.; 98
BARBAGIOVANNI M. Immacolata; 245
BARBIERI Cristina; 111
BARONE Carmela Maria Assunta; 106
BARONI Alberto; 111
BARUZZI Gianluca; 119
BASILE Teodora; 55
BIGNAMI Cristina; 111; 230
BIONDI Edoardo; 212
BISIGNANO Venturino; 25
BLASI Anna Chiara; 131
BRANCALEONE Mario; 252
BRANDI Federica; 119
BRAVI Romana; 252
F
FACCIA Michele; 84
FAEDI Walther; 119; 155
FERRARA Giuseppe; 59
FERRETTI Gianna; 48
FLAMINI Riccardo; 142
FODDAI Maria Stella; 3; 137; 149
FRAGASSO Mariagiovanna; 168; 173
FRANCESE Gianluca; 69
FRESCHI Pierangelo; 131
FRUSCIANTE Elisabetta; 252
C
CAFAGNA Isabella; 59
CAMBREA Michele; 199
CAPONE Roberto; XVI
CAPRIOLO Giuseppe; 17
CAPUANO Laura Rita; 17
CARBONARO Marina; 34
CASADEI Giorgio; 245
CASSONE Angela; 84
CESTONE Benedetta; 206
CHISARI Marco; 98
CIARAPICA Donatella; 3
CIPRIANI Guido; 119
CLODOVEO Maria Lisa; 124; 168; 173
COLANGELO Donatella; 238
COLETTA Antonio; 91; 173
COPPOLA Antonio; 106
G
GALLO Vito; 59
GAMBACORTA Giuseppe; 84; 124
GARDIMAN Massimo; 142
GAUDIANO Gerardo; 178
GENGHI Rosalinda; 91
GIANNINO Donato; 186
GIOVANNINI Daniela; 155
GIUST Mirella; 142
267
GONNELLA Maria; 186
MONTI Luciano; 252
I
N
IANNUCCI Marco; 178
IMAZIO Serena Anna; 111, 230
INGLESE Filomena; 106
INTORRE Federica; 3; 137; 149
IOANNONE Francesca; 149
NARDI Pierfrancesco; 252
NARDINI Mirella; 34
NARDO Nicoletta; 137
NEGRO Carmine; 161
NEGRO D.; 11
NIERO Marina; 142
NUCARA Alessandro; 34
K
KARATOSIDI Despoina; 238
P
L
PACIFICO Andrea; 59
PACUCCI Carmela; 59
PALOMBA Lara; 3
PALUMBO Massimo; 199
PANIGHEL Annarita; 142
PAOLETTI Flavio; 137
PAOLETTI Franco; 245
PAOLETTI Stefano; 252
PAOLINO Rosanna; 131
PARISI Bruno; 178
PASQUARIELLO Maria Silvia; 17
PATANÈ Cristina; 98; 193
PATI Sandra; 91; 168; 173
PENTANGELO Alfonso; 178
PETRICCIONE Milena; 17
POLIGNANO Giambattista; 25
POLITO Angela; 3
PORFIRI Oriana; 252
Progetto BIOVITA; 4
PUNZI Rossana; 84
LACIRIGNOLA Cosimo; XI
LACITIGNOLA Massimo; 40
LA GATTA Barbara; 168; 173
LAHOZ Ernesto; 178
LA NOTTE Domenico; 124; 168; 173
LA NOTTE Ennio; 91
LELLI Lino; 252
LEONI Beniamino; 218; 224
LICCIARDELLO Stefania; 199
LOGOZZO G.; 11
LOIZZO Pasqua; 84
M
MAIANI Giuseppe; 3; 137; 149
MALTONI Maria Luigia; 155
MARCHETTI Maurizio; 252
MARCHIORI Silvano; 262
MARIANI Rocco; 78
MARSICO Antonio Domenico; 238
MARSICO Giuseppe; 40
MASCIANGELO Simona; 48
MASELLI Paola; 34
MASINO Francesca; 230
MASTRORILLI Piero; 59
MATARRESE Angela Maria Stella; 59
MATRELLA Valentina; 230
MAURO Beatrice; 3
MAZZEO Andrea; 59
MELODIA Liborio; 238
MENNELLA Giuseppe; 69
MICELI Antonio; 161
MICHELETTI Ambra; 48
MIGLIOZZI Teresa; 17
MONTESANO Vincenzo; 11
MONTEVECCHI Giuseppe; 111; 230
Q
QUACQUARELLI Irene; 155
R
RAGNI Marco; 40; 238
RAIMO Francesco; 69
REA Roberto; 252
REGA Pietro; 17
RENNA Massimiliano; 186
ROMANO Severino; 131
RUBERTO Giuseppe; 193
RUSSO Girolamo; XIII; 25; 55
268
TAVARINI Silvia; 206; 212
TAVIANI Paola; 252
TRANI Antonio; 84
TROCCOLI Carlo; 218; 224
S
SABELLA Erika; 161
SACCARDO Francesco; 252
SANTAMARIA Pietro; 78; 186
SARLI Giulio; 11
SCAFFIDI Cinzia; XIV
SCIACCA Fabiola; 199
SCOGNAMIGLIO Giovanni; 17
SCORTICHINI Marco; 17
SGARBI Elisabetta; 230
SIGNORE Angelo; 78
SIRACUSA Laura; 193
SPAGNOLETTI ZEULI P.; 11
SPINA Alfio; 199
V
VALENTINI Simona; 149
VASILE SIMONE Giuseppe; 230
VENNERIA Eugenia; 3
VICENTI Arcangelo; 40
VIRZÌ Nino; 199
Z
ZACCARIA Maria; 3
ZULLO Antonio; 106
T
TANCA Massimo; 252
TARRICONE Simona; 238
269
Finito di stampare nell’anno 2013
presso CIHEAM-IAMB
Italy
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Biodiversità - Vol.2 - Istituto agronomico mediterraneo Bari