principali cause di morte nel
mondo occidentale
-
malattie cardiache (31,4%)
neoplasie (23,3%)
malattie cerebrovascolari (6,9%)
malattie polmonari (5%)
incidenti (4%)
altre cause (29,4%)
mortalità per neoplasia
Dal dopoguerra alla fine degli anni ‘80 si è
registrato un progressivo e costante aumento
della mortalità per neoplasia
Secondo i dati del Department of
Epidemiology and Surveillance Research e del
National Cancer Institute (NCI) dell’
American Cancer Society (ACS), nel
quinquennio 1991/1995 per la prima volta dal
dopoguerra si è assistito ad un assestamento
degli indici di mortalità per neoplasia, che
hanno addirittura iniziato a scendere nel
quinquennio 1996/2000
inversione del “trend”
L’inversione del trend è iniziata negli anni
1996 e 1997: da quella data infatti il tasso
di mortalità (cioè il numero annuale di morti
per cancro per ogni 100.000 abitanti) ha
iniziato a diminuire di un valore medio di 0,8
In particolare in Italia, secondo i dati Istat
resi noti dal Ministero della Salute nel
settembre 2005, la mortalità per tumore
diminuisce al ritmo di circa il 2% l’anno; vale
a dire che ogni anno le statistiche registrano
circa 2.300 decessi in meno (1.300 per gli
uomini e 930 per le donne) dovuti a neoplasie
rapporto uomo / donna
Il sesso maschile ha sempre avuto una mortalità per
cancro superiore a quella del sesso femminile, e
l’attuale diminuzione dei tassi di mortalità
complessivi è da attribuire soprattutto ad una
diminuzione di mortalità (e di incidenza) nel sesso
maschile; in particolare negli uomini si registra una
diminuzione dell’incidenza dei tumori del cavo orale,
dell’esofago, della vescica e del polmone, mentre
nelle donne si osserva un incremento di mortalità sia
per il cancro al cavo orale (praticamente raddoppiato
tra il 1970 e il 1999) che per il tumore al polmone:
tale incremento è tanto significativo da poter
parlare, specialmente per le ragazze più giovani, di
“epidemia” di cancro polmonare, con un incremento
spiccato al Centro-sud
rapporto Sud / Nord
La diminuzione della forbice di incidenza dei
tumori tra Sud e Nord è ormai un dato
ampiamente confermato; mentre negli anni
Settanta il rischio tumore al Nord era quasi
doppio, ora si va verso l’omogeneità
La spiegazione di tale fenomeno sembra dovuta
soprattutto al cambiamento degli stili di vita: al
Nord diminuisce, in particolare per gli uomini,
l’abitudine al fumo di sigaretta, ma non per le
donne, che continuano ad essere forti fumatrici;
al Sud aumentano, invece, i tumori relativi alle
abitudini alimentari (mammella, tumori digestivi e
prostata)
neoplasie per le quali si riscontra
una mortalità in riduzione
A diminuire in maniera sistematica, ovvero secondo un
trend deciso e consolidato negli anni, è la mortalità per
tumori dello stomaco, del testicolo, dell’utero, e per
linfoma di Hodgkin
Altri tumori (neoplasie del cavo orale, della laringe, della
mammella, dell’ovaio, della vescica, dell’encefalo, del
rene e leucemie) fanno registrare una diminuzione della
mortalità a partire dagli anni recenti
Per polmone e fegato il decremento riguarda solo gli
uomini ed è pari rispettivamente, all’1,8% e al 2,6%
Per altri tipi di neoplasie, quali le neoplasie del pancreas
e della prostata, invece, la diminuzione della mortalità è
iniziata da poco e solo nei soggetti più giovani
neoplasie per le quali si riscontra
una mortalità in aumento
Vi sono, invece, tumori per i quali si osserva un
incremento generalizzato della mortalità; è il
caso del:
- cancro ai polmoni e di quello al cavo orale
nelle donne, tra cui i decessi aumentano,
rispettivamente, dell’1% e dell’1,8%
- melanoma della pelle, per il quale la mortalità
cresce dell’1,5%
- linfomi non Hodgkin (associati spesso
all’infezione da HIV), per i quali l’aumento di
mortalità è quasi del 2%
principali fattori che hanno determinato
la riduzione della mortalità per neoplasia
- prevenzione: fumo, abitudini alimentari,
esercizio fisico, chemioprofilassi (?)
- diagnosi precoce: Pap-test, mammografia,
esplorazione rettale, sangue occulto nelle feci
- miglioramento delle terapie: ottimizzazione
delle tecniche diagnostiche di stadiazione,
ottimizzazione dei protocolli terapeutici
convenzionali, introduzione di strategie
terapeutiche innovative (terapia genica,
endocrina, anti-angiogeniche)
marcatori tumorali
All’inizio degli anni ‘90 i marcatori tumorali
sono stati introdotti con grande entusiasmo
nella diagnostica di laboratorio per favorire
la diagnosi precoce delle neoplasie
Nel corso degli anni successivi, l’effettiva
utilità diagnostica dei marcatori tumorali è
stata notevolmente ridimensionata, mentre
sono emerse altre importanti applicazioni
cliniche, probabilmente destinate ad
estendersi grazie all’impiego delle più recenti
tecniche molecolari
marcatori tumorali
I marcatori tumorali possono essere
definiti come segnali biochimici presenti
nei fluidi biologici di soggetti affetti da
neoplasia maligna e/o in cellule o tessuti
che sono in corso di trasformazione
maligna o già trasformati
Nel caso specifico delle neoplasie, per
segnale biochimico si intende un composto
chimico, o una serie di essi, la cui
presenza o quantità può essere posta in
relazione con la presenza della neoplasia
classificazione:
- marcatori tumorali presenti nei
fluidi biologici, distinti in marcatori
prodotti dalle cellule neoplastiche e
marcatori prodotti dall’ospite
(elevata accessibilità)
- marcatori tumorali espressi sulle
cellule neoplastiche, distinti
topograficamente in nucleari,
citoplasmatici e di superficie
(scarsa accessibilità)
marcatori tumorali “ umorali ”
marcatori prodotti dalla neoplasia:
- prodotti oncofetali
- enzimi
- ormoni o loro metaboliti
- proteine plasmatiche
- antigeni tumore-associati
marcatori prodotti dall’ospite:
- fosfatasi alcalina
- idrossiprolina urinaria
prodotti oncofetali:
- CEA
- AFP
CEA
Il CEA (antigene carcinoembrionale) è prodotto durante
le prime 6 settimane di vita embrionale dalle cellule del
tratto intestinale, dal fegato e dal pancreas: è un
complesso di diverse glicoproteine appartenenti alla
superfamiglia delle immunoglobuline ed, in particolare,
a quelle coinvolte nel processo di riconoscimento
cellulare; a livello embrionale tali proteine svolgono un
ruolo fondamentale nella regolazione della crescita e del
differenziamento cellulare
La produzione del CEA è comunque continua (anche se
in misura minima) durante tutta la vita, per cui bassi
livelli di questa proteina possono essere riscontrati
anche in soggetti sani; può aumentare soprattutto nel
siero di pazienti con carcinomi del colon, della
mammella, del polmone e degli organi urogenitali
AFP
La AFP (1-fetoproteina) è una 1-globulina
sintetizzata nel sacco vitellino e, a partire dal
4°mese, dal fegato fetale; dall’8° mese la sua
concentrazione sierica decresce rapidamente,
consensualmente ad una aumenta produzione di
albumina; i valori continuano a diminuire dopo la
nascita fino ad assestarsi intorno ai 20 ng/ml a
partire dal primo anno di vita
L’AFP può aumentare soprattutto nel siero dei
pazienti con epatocarcinomi, tumori germinali del
testicolo e dell’ovaio, carcinomi embrionali del
testicolo, teratomi e teratocarcinomi del testicolo
e dell’ovaio
enzimi
- NSE (enolase neurono specifica)
enzima citoplasmatico della glicolisi prodotto dalle
cellule nervose e neuroendocrine; può aumentare
nel siero di pazienti con neuroblastoma o con
carcinoma polmonari a piccole cellule
- PAP (fosfatasi acida prostatica)
forma isoenzimatica della fosfatasi acida
prodotta specificatamente dalla prostata
- LDH (lattico deidrogenasi)
gli isoenzimi 2 e 3 possono aumentare nel siero
di pazienti con LAL ad alto grado di malignità,
sarcomi di Ewing, carcinomi del testicolo e
neuroblastomi
LDH
L’LDH catalizza la conversione reversibile del lattato in
piruvato ed è virtualmente ubiquitaria; l’enzima è costituito
una molecola tetramerica formata da 2 subunità (H: heart e
M: muscle) dalla cui diversa combinazione derivano 5 forme
isoenzimatiche (LD1 – LD5); le diverse forme enzimatiche
della LDH hanno una distribuzione caratteristica nei vari
tessuti, in relazione alla prevalenza di un metabolismo
glucidico aerobio o anaerobio: così, miocardio ed eritrociti
sono ricchi delle isoforme LD1 e LD2 in cui prevale la subunità
H, mentre fegato e muscolo scheletrico sono ricchi delle
isoforme 4 e 5 in cui prevale la subunità M
- le isoforme LD1 e LD2 aumentano caratteristicamente nell’
infarto del miocardio (LD1/LD2 > 1) e nelle anemie emolitiche
(LD1/LD2 < 1)
- le isoforme LD3 e LD4 risultano frequentemente aumentate
in soggetti affetti da tumore in stadio avanzato
- le isoforme LD4 e soprattutto LD5 aumentano nel corso di
numerose epatopatie
ormoni e loro metaboliti
- HCG (gonadotropina corionica): ormone prodotto
durante la gravidanza dal tessuto sinciziotrofoblastico
ed utilizzato come test di gravidanza; può aumentare
nel siero di pazienti con corioncarcinoma o con tumori
delle cellule germinali del testicolo e dell’ovaio
- CT (calcitonina): ormone prodotto dalle cellule C
(parafollicolari) della tiroide; può aumentare nel siero
di pazienti con carcinoma midollare della tiroide
- VMA (acido vanilmandelico) e OVA (acido omovanillico):
sono i metaboliti urinari delle catecolamine, prodotte
caratteristicamente dai tumori della midollare del
surrene (feocromocitomi e neuroblastomi)
- 5-HIAA (acido 5-idrossi-indolacetico): metabolita
urinario della serotonina, prodotta dai tumori carcinoidi
sindromi paraneoplastiche
Le sindromi paraneoplastiche
comprendono tutti quei complessi quadri
sintomatologici dei pazienti affetti da
neoplasie maligne che non possono
essere semplicemente spiegati sulla
base della localizzazione del tumore,
della formazione di metastasi a
distanza o della elaborazione di ormoni
normalmente prodotti dal tessuto da
cui la neoplasia origina
manifestazioni cliniche
Le sindromi paraneoplastiche si
osservano nel 10% circa dei pazienti
con tumori maligni e possono causare
sintomi sistemici, endocrini, neuromiopatici, cutanei, osteoraticolari,
vascolari e ematologici; le sindromi
paraneoplastiche più frequenti sono
comunque quelle dovute alla
produzione di ormoni ectopici
Sindromi cliniche
Principali forme di tumore
ormoni coinvolti
Ipercalcemia
-
-
Sindrome di Cushing
- Microcitoma polmonare
- Carcinoma del pancreas
- Tumori di origine neuroepiteliale
- ACTH o sostanze
ATCH-simili
Sindrome da carcinoide:
(flushing cutaneo,
ipotensione, diarrea)
- Adenoma bronchiale
- Carcinoma pancreatico
- Carcinoma gastrico
- serotonina
- bradichinina
- istamina?
Sindrome da inappropriata
secrezione di ADH
- Microcitoma polmonare
- Tumori endocranici
- ADH
Ipoglicemia
- Fibrosarcoma
- Altri sarcomi mesenchimali
- Carcinoma epatocellulare
- Insulina o sostanze
insulino-simili
Policitemia
- Carcinoma renale
- Emangioma cerebellare
- Carcinoma epatocellulare
- Eritropoietina
Carcinoma polmonare epidermoide
Carcinoma della mammella
Carcinoma renale
Leucemie/linfomi a cellule T nell'adulto
Carcinoma ovarico
PTH-rH
TGF-
TNF-
IL1
proteine plasmatiche
- ferritina; può aumentare nei linfomi e nei
carcinomi del tratto gastroenterico, della
mammella e del testicolo
- 2 microglobulina; può aumentare nei mielomi
- TG (tireoglobulina); può aumentare nei
carcinomi follicolari della tiroide
- paraproteine (immunoglobuline monoclonali);
possono aumentare nei mielomi, linfomi, leucemia
linfatica cronica
- citocheratine; filamenti intermedi delle cellule
epiteliali: possono aumentare nei tumori di
origine epiteliale (TPA; TPS, CYFRA 21-1)
antigeni tumore-associati
- PSA (antigene prostatico specifico): glicoproteina
prodotta esclusivamente dalle cellule epiteliali della
prostata; mantiene solubile il liquido seminale
- CA-125: aumenta preferenzialmente nei carcinomi
dell’ovaio, della cervice, della tube, del pancreas, della
mammella e del polmone
- CA-15.3: aumenta preferenzialmente nelle neoplasie
della mammella, del polmone, gastrointestinali, della
prostata, dell’endometrio e della cervice
- CA-19.9 (GICA): aumenta preferenzialmente nei
carcinomi del colon, del pancreas e dello stomaco
- MCA (mucinous-like carcinoma-associated antigen):
aumenta preferenzialmente nelle neoplasie della
mammella, del rene e del polmone
marcatori prodotti dall’ospite
- fosfatasi alcalina (ALP)
Si distinguono 4 forme isoenzimatiche organo
specifiche: epatica, ossea, placentare ed
intestinale; la forma ossea aumenta in tutte le
lesioni ossee che producono uno stimolo riparativo e
quindi una attivazione degli osteoblasti
- idrossiprolina urinaria
un aumento dell’idrossiprolinuria si associa a
qualunque processo sia in grado di stimolare il
turnover del collageno (osteopatia, collagenopatia,
metastasi ossee); dato che l’escrezione urinaria di
idrossiprolina dipende dalla funzionalità renale, per
una diagnosi corretta l’idrossiprolinuria dovrebbe
essere valutata assieme alla creatininemia
la storia
Nel 1847 Sir Bence Jones descrivendo una proteina
urinaria in pazienti con mieloma identificò il primo
marcatore tumorale. In realtà, lo studio dei
marcatori tumorali è iniziato solo oltre un secolo più
tardi con l’avvento delle tecniche immunometriche,
capaci di rivelare nei liquidi biologici concentrazioni
anche molto basse di analiti. I primi studi suscitarono
grande interesse e fecero nascere grosse aspettative
sulla possibilità di identificare marcatori tumorespecifici che consentissero la diagnosi precoce delle
neoplasie. Purtroppo però i marcatori tumorali non
hanno soddisfatto queste aspettative, in quanto si
sono dimostrati indici diagnostici caratterizzati da
bassa specificità e bassa sensibilità.
marcatore ideale per la discriminazione dei
soggetti sani da quelli malati
livello soglia o
decisionale
salute
malattia
valore crescente del marcatore
marcatore inutile per la discriminazione dei
soggetti sani da quelli malati
salute
malattia
valore crescente del marcatore
livelli di fosfatasi alcalina in soggetti in buono stato
di salute ed in pazienti con tumori metastatici
epatici o ossei
livello soglia o
decisionale
salute
malattia
veri negativi
falsi negativi
veri positivi
falsi positivi
valore crescente di ALP
sensibilità diagnostica
Si definisce sensibilità diagnostica la % di
individui malati che risultano positivi al test
(veri positivi, VP) rispetto a tutti gli individui
effettivamente ammalati, siano essi positivi
(veri positivi, VP) o negativi (falsi negativi,
FN) al test
sensibilità = VP/(VP+FN) x 100
In pratica la sensibilità di un test
diagnostico dipende dalla sua capacità di
identificare i soggetti malati
specificità diagnostica
Si definisce specificità diagnostica la % di
individui che risultano negativi al test (veri
negativi, VN) rispetto a tutti gli individui non
affetti dalla malattia, siano essi negativi (veri
negativi, VN) o positivi (falsi positivi, FP) al
test
specificità = VN/(VN+FP) x 100
In pratica la specificità di un test
diagnostico dipende dalla sua capacità di
identificare i soggetti sani
presenza
assenza
di malattia di malattia
test positivi
A (veri+) C (falsi+)
test negativi
B (falsi-) D (veri-)
sensibilità: A/A+B %
specificità: D/C+D %
valore predittivo positivo: A/A+C %
(probabilità di NON avere la malattia con negatività al test)
valore predittivo negativo: D/B+D %
(probabilità di avere la malattia con positività al test)
efficacia diagnostica: A+D/A+B+C+D %
sensibilità e specificità
dei marcatori tumorali
Un marcatore tumorale, per essere
effettivamente applicato come test di
screening, dovrebbe avere una sensibilità
almeno superiore al 75% (capacità di
identificare almeno 75 soggetti malati su
100) ed una specificità almeno del 95%
(non più del 5% di falsi positivi)
Attualmente, nessun marcatore tumorale
possiede questi requisiti
sensibilità e specificità
dei marcatori tumorali
La bassa sensibilità dei marcatori tumorali
dipende dal fatto che una percentuale
variabile di neoplasie (soprattutto quelle di
minori dimensioni !) non li produce, almeno
in quantità tali da potere essere rilevate
La bassa specificità dei marcatori tumorali
dipende invece dal fatto che questi possono
essere prodotti, se pur transitoriamente ed
in quantità variabili, anche in numerose altre
condizioni patologiche non maligne
condizioni benigne che possono determinare un innalzamento
dei livelli ematici di alcuni marcatori tumorali (1)
-
gravidanza: AFP, HCG, MCA, CA-125
ciclo mestruale: CA-125
menopausa: HCG
iperstimolazione ovarica: CA-125
alcool, fumo: CEA, TPA
terapia marziale, emotrasfusioni: ferritina
liposuzione: CA-19.9, CA-50
catetere vescicale: PAP, PSA
epatopatia cronica: CEA, TPA, MCA, CA-125, CA-15.3,
CA-19.9, CA-50
colangite acuta: CA-19.9
colestasi: CA-19.9
ittero: CEA, TPA, CA-19.9, ferritina
affezioni dell’apparato respiratorio: CA-15.3, MCA, CEA, TPA
ascite, versamenti pleurici: CA-125
endometriosi: CA-125
leiomioma: CA-125
pancreatite: CA-19.9, CA-50, CA-125
condizioni benigne che possono determinare un innalzamento
dei livelli ematici di alcuni marcatori tumorali (2)
-
colite: CA-125, CA-15.3, CEA
diverticolite: CA-125, CEA
sindrome del colon irritabile: CA-125; CA-19.9., CEA
peritonite: CA-125
nefropatia cronica: CEA, TPA
insufficienza renale cronica: CA-125, CA-15.3, CEA, HCG
ritenzione urinaria acuta: CA-125, PSA
infezione delle vie urinarie: PSA
tireopatie: TG
ipertrofia prostatica: PSA, PAP
psoriasi: SCC
malattie reumatiche: CA19-9
artriti, osteoartriti, AR: CA-125
sarcoidosi: CA-125
LES: CA-125
diabete: CA19-9, CA-50
insufficienza cardiaca congestizia: CA-125
pericardite: CA-125
pertanto:
al momento i marcatori tumorali
non possono costituire elementi
primari per la diagnosi di un
tumore, ma la loro principale utilità
nella medicina clinica consiste nel
confermare il sospetto diagnostico;
a questo scopo debbono essere
valutati in termini quantitativi e in
associazione a marcatori affini
associazioni di marcatori tumorali con
provata validità diagnostica
• Carcinoma del polmone; non a piccole cellule: CEA, TPA, SCC; a piccole
cellule NSE; epidermoide: CYFRA 21-1
• Carcinoma della mammella: CA-15.3, MCA, TPA, TPS
• Carcinoma della prostata: PSA, PAP, TPA, TPS, CA-50
• Carcinoma del colon-retto: CEA, CA19-9, CA-242, TPA
• Carcinoma del pancreas: CA-19.9, CA-195, CA-50
• Carcinoma dello stomaco: CEA, CA-19.9, CA-50, CA-72.4
• Carcinoma della tiroide: TG, CT, TPA
• Carcinoma dell’ovaio: CA-125, AFP, HCG
• Epatocarcinoma: AFP
• Carcinoma della cervice: SCC
• Carcinoma dell’utero: SCC, CEA, TPA
• Carcinoma della vescica: TPA, CEA
• Carcinoma del rene: TPA, MCA
• Tumori germinali del testicolo e dell’ovaio: AFP, HCG
• Feocromocitomi: catecolammine, VMA, HOV
• Neuroblastomi: NSE
• Mielomi: 2 microglobulina, proteina di Bence Jones
• Linfomi: ferritina, paraproteine
• Metastasi epatiche: CEA, ALP
• Metastasi ossee: ALP, isrossiprolina urinaria, calciuria
impiego dei marcatori tumorali per lo
screening in gruppi di pazienti selezionati
- AFP + ecografia epatica in pazienti cirrotici
- CEA + ricerca di sangue occulto nelle feci in
familiari di pazienti con carcinoma del colon
- CT in familiari di pazienti con carcinoma midollare
della tiroide
- PSA + esplorazione rettale e/o ecografia transrettale in soggetti affetti da una sintomatologia
riferibile alle basse vie urinarie (“prostatismo”) o
con una familiarità per il carcinoma della prostata
i marcatori tumorali nel “management”
del paziente neoplastico
Una interpretazione più moderna dei
marcatori tumorali, condivisa ormai dalla
maggior parte degli oncologi clinici, prevede
il loro impiego non tanto nella diagnosi ma
piuttosto nel management del paziente
neoplastico; studi recenti hanno infatti
dimostrato che la valutazione “dinamica” dei
marcatori tumorali eseguita dopo l’atto
terapeutico può offrire importanti
informazioni sulla evoluzione della malattia,
prima che questa si manifesti clinicamente
quando debbono essere dosati i
marcatori tumorali ?
Prima di ogni atto terapeutico:
- come dato di riferimento
- per ausilio diagnostico
- per ausilio alla stadiazione
- come parametro prognostico
Dopo l’atto terapeutico:
- per lo studio della cinetica di scomparsa
- per la diagnosi precoce di recidiva
- per il monitoraggio della terapia nella
malattia avanzata
applicazioni future:
1. identificazione nei fluidi biologici di sequenze
oncogeniche specifiche per la diagnosi di
neoplasie occulte
2. identificazione nei fluidi biologici di anticorpi
diretti contro prodotti di oncogeni o geni
oncosoppressori per la diagnosi di neoplasie
occulte
3. identificazione di cellule metastatiche
circolanti mediante valutazione dell’espressione di
geni che codificano per marcatori tumorali
4. identificazione di micrometastasi per una più
corretta stadiazione della malattia
marcatori tumorali “cellulari”
I marcatori tumorali “cellulari”
possono essere definiti come segnali
biochimici presenti in cellule o tessuti
che sono in corso di trasformazione
maligna o già trasformati
In base alla loro localizzazione i
marcatori cellulari vengono classificati
in nucleari, citoplasmatici e di
superficie
quesiti diagnostici in oncologia
Quesiti diagnostici che si pongono al
laboratorio a proposito di un particolare
tipo di tumore:
• quale è l’origine del tumore
(diagnosi istogenetica)
• quale sarà, presumibilmente, il
comportamento del tumore
(diagnosi di benignità / malignità)
• quale è l’estensione del tumore
(stadiazione patologica)
i marcatori tumorali “cellulari” nella diagnosi
istogenetica delle neoplasie indifferenziate
Il principali impiego clinico dei marcatori tumorali
“cellulari” consiste nella definizione della diagnosi
istogenetica delle neoplasie indifferenziate
La diagnosi istogenetica viene solitamente definita
dal patologo sulla base delle caratteristiche
morfologiche della neoplasia
In una ristretta percentuale di casi (˜10%), la sola
morfologia non consente di definire con certezza
l’origine della neoplasia: in questi casi (neoplasie
“indifferenziate”) può essere utile la ricerca di
specifici marcatori tumorali cellulari mediante
l’impiego di tecniche immunoistochimiche ed, in alcuni
casi, della microscopia elettronica
microscopia elettronica
In alcuni dei casi (˜10%) di tumori
indifferenziati, la microscopia elettronica
è in grado di identificare caratteristiche
ultrastrutturali specifiche (marcatori
tumorali ultrastrutturali) che consentono
di risolvere la diagnosi istogenetica
In molti altri casi, tuttavia, le neoplasie
indifferenziate non presentano organuli
specifici e, pertanto, l’indagine
ultrastrutturale non è in grado risolvere il
problema diagnostico
immunoistochimica
L’immunoistochimca costituisce la tecnica
di elezione per la localizzazione e quindi
l’evidenziazione di sostanze e/o strutture
intra- ed extra-cellulari in tessuti normali
e patologici
Tale tecnica si basa sull’utilizzo di
anticorpi altamente specifici verso antigeni
che si desiderano rivelare e di opportuni
marcatori e sonde che agiscono da
rivelatori dell’avvenuta reazione tra
antigene ed anticorpo
gli anticorpi nella
diagnostica di laboratorio
Gli anticorpi (Ab) sono immunoglobuline
plasmatiche (Ig o -globuline) costituite da
molecole glicoproteiche sintetizzate dai linfociti
B in risposta e con reattività specifica verso un
determinato antigene
Gli anticorpi rappresentano strumenti
fondamentali per la ricerca e la diagnosi clinica;
essi vengono infatti ampiamente utilizzati come
reagenti nella diagnostica di laboratorio in quanto
hanno la capacità di legarsi a sostanze
antigeniche con rapidità e specificità, e
combinarsi con esse a formare immunocomplessi
filamenti intermedi
I filamenti intermedi sono, assieme ai microtubili e
ai filamenti di actina, una delle tre componenti
fondamentali del citoscheletro. Sono detti intermedi
perché il loro diametro (˜10 nm) è a metà tra quello
dei mictrotubuli e quello dei filamenti di actina. Per
la loro specificità cellulare i filamenti intermedi sono
considerati marcatori del differenziamento: la
citocheratina è il filamento intermedio tipico delle
cellule epiteliali; la vimentina è il filamento intermedio
tipico delle cellule mesenchimali; la desmina è il
filamento intermedio tipico delle cellule muscolari; i
neurofilamenti sono i filamenti intermedi tipici dei
neuroni, mentre la proteina acida gliale è il filamento
intermedio tipico degli astrociti.
marcatori epiteliali:
- cheratine
Presenti anche nei sarcomi sinoviali, sarcomi epiteliodi e
leiomiosarcomi.
- desmosomi
Presenti anche nelle cellule delle memingi, nei dischi intercalari
delle cellule cardiache e nelle cellule dendritiche dei linfonodi.
- antigene della
Presente nelle cellule di tutte le neoplasie che mostrano
membrana
differenziamente ghiandolare (adenocarcinomi) e nei carcinomi a
epiteliale (EMA)
cellule squamose dell’esofago, delle cervice e della cute.
Presente anche nei mesoteliomi, nei sarcomi sinoviali, nei
sarcomi epiteliodi e nei plasmacitomi e nei linfomi anaplastici.
Assente negli epatocarcinomi, nei tumori neuroectodermici, nei
carcinomi embrionali e nei sarcomi (a parte quelli
sopramenzionati).
- involucrina
Presente nei cheratinociti (quindi negli epiteli a cellule
squamose) ma assente negli epiteli ghiandolari. Assente nei
mesoteliomi.
- fosfatasi acida
La PSAP è localizzata nei lisosomi mentre il PSA si localizza nel
prostatica (PSAP)
reticolo endoplasmatico e nel lume ghiandolare. Specifici dei
- antigene prostatico tumori della prostata: almeno uno dei due è sempre presente in
specifico (PSA)
cellule metastatiche di derivazione prostatica.
- tireoglobulina
Presente nel 92-98% dei tumori papilliferi o follicolari della
tiroide, spesso assieme a cheratina e vimentina. Assente nei
carcinomi midollari.
marcatori mesenchimali:
- vimentina
marcatore specifico di:
- tessuti molli
- osso
- linfomi
- leucemie
- melanomi
marcatori per i melanomi:
- proteina sS-100
poco specifica; presente anche in
cellule nervose
- antigeni di superficie dei melanomi
(HMB 45 e HMB 50):
poco specifici; inoltre non consentono
di distinguere le lesioni melanocitiche
benigne da quelle maligne
marcatori di differenziamento
muscolare:
- desmina
- actina
- miosina
- mioglobina
marcatori nervosi e neuroendocrini:
- neurofilamenti
Tumori di origine neuronale: NF+ Cher- VimTumori di origine neuroendocrina: NF+ Cher+ VimCarcinoma midollare della tiroide: NF+ Cher+ Vim+
- sinaptofisina
Presente nei neuroni (vescicole pre-sinaptiche), nelle cellule
dell’adenoipofisi, nelle cellule C della tiroide, nelle cellule
cromaffini della midollare del surrene, nelle cellule
neuroendocrine dell’epitelio bronchiale e gastrointestinale e
nelle cellule di Merkel della cute.
Presente nei ganglioneuroblastomi, ganglioneuromi,
medulloblastomi, neuroblastomi, paragangliomi e nei tumori di
derivazione neuroendiocrina (foecromocitomi, carcinoidi e tumori
neuroendocrini del pancreas).
- cromogranina
La cromogranine sono proteine anioniche contenute nei granuli di
secrezione.
- Leu 7
Riconosce linfociti NK, ma anche la componente di 75kDa dei
granuli neuroendocrini. Presente nei carcinomi a piccole cellule
del polmone, foecromocotomi ed altri tumori neuroendocrini.
- NSE: enolase
Dimero dell’enzima glicolitico enolasi, si localizza nel citoplasma
neurono-specifica delle cellule a differenziazione neuroendocrina. Risulta però
identificabile anche in neoplasie non neuroendocrine quali tumori
solidi e cisti del pancreas, tumori renali e linfomi maligni.
marcatori gliari:
- proteina acidica fibrillare
gliare (GFAP): presente negli
astrocitomi, glioblastomi,
oligodendrogliomi ma non nei
meningioni o in tumori non-gliari
marcatori leucocitari
I diversi tipi cellulari che compongono la
classe dei leucociti esprimono diversi
antigeni in funzione del loro stato
maturativo e di differenziamento; gli
anticorpi diretti contro questi antigeni
sono classificati in gruppi (Clusters)
capaci di reagire contro lo stesso tipo
di antigene di differenziamento
(Differentiation) leucocitario: tale
classificazione è detta appunto “CD”
componenti di un citometro a flusso
- sistema fluidico o idrodinamico: a circuito chiuso o a circuito
aperto (FACS= fluorescence activated cell sorter)
- sistema di eccitazione: (1) a lampade ad arco (a vapori di
mercurio o di xenon) con emissione di fasci luminosi ad ampio
spettro di lunghezze d'onda dai quali viene selezionata la banda
di emissione desiderata con opportuni filtri; (2) a lampade laser,
con emissione di un fascio luminoso di lunghezza d'onda
specifica, di intensità variabile, con notevole stabilità di
emissione ed elevata monocromaticità: i laser più impiegati sono
quelli a ioni ARGON, con emissione a 488 nm, e a ioni
ELIO/NEON con emissione a 640 nm
- sistema ottico: costituito da lenti, specchi dicromatici (o
dicroici) e filtri di eccitazione e di sbarramento
- sistema di rivelazione: costituito da fotomoltiplicatori che
raccolgono segnali luminosi e li trasformano in segnali elettrici
- sistema elettronico: costituito da un computer che trasforma
segnali analogici (cioè “in continuo”) in segnali digitali (separati in
quanti o in classi, solitamente 256 o 1024)
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marcatori tumorali