Il minore testimone
Roma, 2 luglio 2012
Funzioni e limiti dell’esperto:
la valutazione dell’idoneità a
testimoniare
Giovanni B. Camerini
Ugo Sabatello
Il Protocollo della Convenzione
dei diritti del fanciullo
New York, 6 settembre 2000
(L. 11 marzo 2002 n. 46)
• I Principi (art. 8)
1) Coesistenza, ad ogni stato della procedura
penale, delle necessarie misure di
protezione dei diritti e degli interessi dei
minori vittime con le misure dirette
all’accertamento dei reati;
2) Riconoscimento dei particolari bisogni dei
minori vittime dei reati e prevalenza, nel
modo di trattarli, del loro interesse;
3) Diritto dell’accusato ad un processo equo
o imparziale;
4) Adozione di misure per una formazione
appropriata degli operatori.
Quali sono gli ambiti di conoscenza
dell’esperto?...
• Quali sono i quesiti che si possono porre
all’esperto, nel rispetto e nei limiti delle sue
competenze?
• Quali sono le evidenze scientifiche che
possono o non possono sostenere le sue
affermazioni?
• Qual è il limite, il confine che separa gli
ambiti di conoscenza dell’esperto da quelli
di pertinenza del giudice?
• Sino a che punto l’esperto si può spingere
ad occuparsi dei fatti, i quali dovrebbero
invece rimanere estranei all’indagine
psicologica?
• E’ proprio attorno al quesito che spesso si
svolgono i dibattiti più accesi: molto
diversamente rispetto alle “classiche”
formulazioni della psichiatria forense
criminologica, dove costrutti come “capacità di
intendere e di volere” o“vizio di
mente”,“capacità di stare in giudizio” o
“pericolosità sociale” godono di un sufficiente
consenso per essere tradotti in valutazioni
cliniche ed in risposte pertinenti con le esigenze
giudiziarie.
Il ruolo dell’esperto
• Quesito psichiatrico-forense: valutazione della
capacità di intendere e di volere di un soggetto al
momento del fatto
“fatto” come
elemento dato e certo - l’indagine psicopatologica si svolge solo sul soggetto che di quel
fatto è l’agente.
Definizione del danno psichico derivato da un
evento
l’evento è comunque avvenuto –
indagine rivolta al nesso causale che ad esso lega
il quadro clinico esaminato.
• Quesito in tema di testimonianza: “fatto” ancora
da stabilire - il lavoro dell’esperto dovrebbe
contribuire alla sua individuazione
posizione peculiare (psicologia investigativa) quesiti che rimandano ad un evento virtuale.
• Si pone quindi, sempre più “drammaticamente”, il
problema di stabilire quali siano i confini entro i quali
l’esperto è tenuto ad offrire il proprio contributo al
magistrato e, viceversa, in quale misura quest’ultimo
possa fondarsi sulle conclusioni specialistiche nel suo
processo decisorio.
• Si assiste da tempo a situazioni che possono
comprensibilmente risultare disorientanti:
• esperti di chiara fama che propongono, a partire dagli
stessi dati, considerazioni completamente diverse, oppure
che adottano metodologie di osservazione e criteri di
valutazione del tutto dissimili;
• ovvero, magistrati operanti nello stesso ambito che
ripongono la loro fiducia in esperti che si ispirano a scuole
di pensiero divergenti e confliggenti sul piano scientifico, i
quali “leggono” gli elementi a disposizione secondo
prospettive apparentemente inconciliabili.
• Questa situazione apre lo spazio ad
accaniti dibattiti in ambito penale,
dove le decisioni non possono
prescindere, come sostiene la
Suprema Corte, dai costrutti
scientifici e dal rispetto delle c.d.
“leggi scientifiche di copertura”.
• Aspetti deontologici: verso la
definizione di un’etica della
consulenza specialistica
Sentenza Daubert (1993)
• Debbono accompagnarsi alla
competenza decisionale del giudice
alcuni elementari canoni di verifica
epistemologica relativi al contributo
dell’esperto ed ai suoi standard minimi
di qualità:
• la verificabilità e la falsificabilità della
teoria,
• il controllo della comunità scientifica
• la generale accettazione della teoria
stessa.
Sentenza Cozzini
(Cass. pen., Sez. IV,
17 settembre 2010-23 dicembre 2010)
• «Si tratterà di appurare:
• 1. se presso la comunità scientifica sia
sufficientemente radicata, su solide ed obiettive
basi una legge scientifica in ordine all’effetto (…);
• 2. nell’affermativa, occorrerà determinare se si
sia in presenza di legge universale o solo
probabilistica in senso statistico;
• 3. nel caso in cui la generalizzazione esplicativa
sia solo probabilistica occorrerà chiarire se
l’effetto (…) si sia determinato nel caso concreto,
alla luce di definite e significative acquisizioni
fattuali».
Linee Guida Nazionali – Consensus
conference sul minore testimone (2010):
Premesse
• 1.1 Gli esperti chiamati a svolgere ruolo di
perito/consulente devono mostrare di aver utilizzato
metodologie e criteri in linea con le migliori e
aggiornate evidenze scientifiche, così come attestate
dalla più accreditata letteratura in argomento,
distinguendoli da opinioni ed esperienze personali.
• 1.2 E’ metodologicamente corretta una procedura
che rispetti una criteriologia scientifica ben definita e
confrontabile, basata su principi verificabili di
acquisizione, analisi e interpretazione di dati e
fondata – laddove possibile - su tecniche ripetibili e
controllabili.
Linee Guida in tema
di abuso sul minore, SINPIA, 2007
Gli specialisti medici e psicologi possono offrire al Giudice
un contributo positivo quando si verificano talune
condizioni:
• quando è possibile individuare con chiarezza la
natura dei quesito e del mandato che viene loro
posto;
• quando questi sono pertinenti con la cultura
psicologica e psichiatrica;
• quando gli specialisti sanno essere trasparenti
nell’indicare il tipo di cultura alla quale fanno
riferimento;
• quando gli specialisti sono consapevoli e sanno
dichiarare il grado di "validità" scientifica del
loro apporto e rifiutano l’assunto tacito per cui
qualunque "cosa" esca dalla loro penna sia, per
definizione, "scientifico“.
Il dibattito
• A partire da questi presupposti, è sorta nel nostro
Paese una fuorviante contrapposizione tra
“colpevolisti” ed “innocentisti”, come se il
problema consistesse nel prendere posizione
circa l’effettivo accadimento di un abuso.
• Taluni si sono spinti ad adottare il termine di
“negazionisti” rivolto a coloro che assumono
posizioni critiche verso la ricerca dei “segnali
indicatori” al fine di ricercare la verità storica.
Esistono gli “indicatori”?
• In realtà, non è su questo piano che si
dovrebbe svolgere il confronto. Esso
riguarda invece i limiti entro i quali si
dispiega il contributo clinico.
• Molti sono ancora gli esperti che ritengono
che esistano tutta una serie di indici
psicocomportamentali che possono
aiutare loro, e di riflesso il magistrato, a
valutare la fondatezza di una segnalazione o
di una denuncia.
Un abuso non corrisponde ad una
“diagnosi” che possa identificarlo
e riconoscerlo.
Qual’è la validità scientifica della
nozione di “indicatori”?
• Si tratta di contributi spesso sollecitati dalla
magistratura inquirente e che fanno soprattutto
riferimento ai Centri pubblici o privati (“privato
sociale”) che rivolgono la loro attività
soprattutto alla “emersione” del fenomeno
dell’abuso, all’insegna della convinzione che
trattandosi di un fenomeno per definizione
“nascosto” occorra individuare strumenti per
facilitarne il riconoscimento e la scoperta:
strumenti spesso basati sulla esperienza clinica
dell’esperto, sui suoi convincimenti personali
e sulle sue interpretazioni dei dati e dei
fenomeni osservati.
• Altri esperti, fondandosi su una letteratura
molto ricca e più recente legata in primo
luogo alla scienze cognitive e del
comportamento, rilevano invece la
sostanziale inadeguatezza della scienza
psicologica in questo ambito, proponendo
implicitamente una sua visione in termine
di“pensiero debole” per potere orientare
e suffragare le valutazioni e le decisioni in
ambito giudiziario penale.
• I risultati delle ricerche svolte nell’ambito
della psicologia della testimonianza e
della psicologia clinica e dello sviluppo
sembrano univocamente rafforzare la
seconda
posizione,
confermando
l’assenza di “ evidenze ” che possano
legittimamente fare confluire il giudizio
dell ’ esperto verso la determinazione
della verità storica e processuale.
“Un bel tacer non fu mai scritto”…
• Quali sono gli ambiti entro i quali
l’esperto è in grado di fornire una
risposta scientificamente fondata ai
quesiti del giudice?
• Quali sono i quesiti pertinenti con la
scienza/con la cultura psichiatricopsicologica?
Quando si parla di“psicologia della
testimonianza, occorre inevitabilmente partire
dal codice di procedura penale. L’art. 196
cpp stabilisce che:
• "1. Ogni persona ha la capacità di
testimoniare.
• 2. Qualora, al fine di valutare le
dichiarazioni del testimone, sia necessario
verificarne l'idoneità fisica o mentale a
rendere testimonianza, il giudice anche di
ufficio può ordinare gli accertamenti
opportuni con i mezzi consentiti dalla
legge.
• 3. I risultati degli accertamenti che, a
norma del comma 2, siano stati disposti
prima dell'esame testimoniale non
precludono l'assunzione della
testimonianza".
Sul piano operativo, la formulazione
dell’articolo 196 risulta piuttosto intricata ed
apre il campo a diversi interrogativi.
Si postula infatti che:
• tutti siano in grado di testimoniare;
• esistano casi in cui occorre verificare
l’idoneità fisica o mentale a testimoniare;
• i risultati di tale verifica non preclude
l’assunzione della testimonianza.
• In pratica a nessuno è preclusa la possibilità
di testimoniare; l’accertamento è
facoltativo ed i suoi risultati non
rappresentano comunque un vincolo. Il
giudice, in questi casi, potrà incaricare un
esperto ai sensi dell’art. 196 cpp secondo
comma.
• Si pone quindi il problema dell’ambito
all’interno del quale l’esperto dovrà
esprimere il suo parere, ovvero sul
rapporto tra esso ed il peso che il giudice
dovrà attribuire alla prova dichiarativa.
• Se l’idoneità testimoniale viene
riconosciuta senza riserve a tutti, il giudizio
dell’esperto potrebbe apparire superfluo,
tanto più se un suo giudizio eventualmente
negativo non è comunque da considerarsi
vincolante circa l’assunzione della
testimonianza stessa.
Il quesito all’esperto:
Cass. pen. sez. III 3 ottobre 1997,
n. 8962-Ruggeri:
• “La valutazione del contenuto della
dichiarazione del minore parte offesa in materia
di reati sessuali, in considerazione delle
complesse implicazioni che la materia stessa
comporta, deve contenere un esame
dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre
le vicende in modo utile ed esatto; della sua
posizione psicologica rispetto al contesto delle
situazioni interne ed esterne.
• L’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il
profilo intellettivo ed affettivo (…) consiste
nell’accertamento della sua capacità a recepire
le informazioni, di raccordarle con altre, di
ricordarle ed esprimerle in una visione
complessa, da considerare in relazione all’età,
alle condizioni emozionali che regolano le sue
relazioni con il mondo esterno, alla qualità e
natura dei rapporti familiari”.
• “ Il secondo aspetto [la credibilità]… - da
tenere distinto dall’attendibilità della prova che
rientra nei compiti esclusivi del giudice - è
diretto ad esaminare il modo in cui la giovane
vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in
maniera da selezionare sincerità, travisamento
dei fatti e menzogna”.
Dietro l’apparente eleganza ed esaustività di
queste formulazioni si pongono però questioni
di ardua risoluzione.
Se l’articolo 196 cpp riconosce ad “ogni
persona” il diritto e la capacità di testimoniare,
qual è il senso che deve essere attribuito alla
indagine rivolta alla “idoneità” a rendere la
testimonianza?
Si pone il problema di risolvere il rapporto
tra questo principio, che non pone limiti alla
capacità sino ad ammettere la presenza
dell’idoneità anche per soggetti che in teoria
(come avviene per i bambini sotto i tre anni o i
soggetti disabili) dovrebbero non possederla, e la
possibile richiesta di una valutazione volta a
misurarla.
La Ruggeri intende fornire un contributo per sciogliere
questo nodo differenziando e definendo “idoneità” e
“credibilità. Questo ultimo termine si colloca tuttavia in
un alone semantico che presenta ampi margini di
ambiguità.
• Per gli anglosassoni il termine “ credibility ”
possiede un significato diverso da quello italiano:
credibility come truthfulness ( “ sincerità ” ) e
accuracy ( “ accuratezza ” )
Significato
psicologico (“credibility enhancer”: spontaneità linguaggio appropriato - storia raccontata dal punto di
vista del soggetto - candid style - affettività
appropriata - plausibilità della narrazione).
• In italiano, significato giuridico
“attendibilità”
• L’esperto non potrà infatti esprimere alcun
parere scientificamente fondato in merito al
grado di probabilità che il racconto reso
corrisponda o meno ad un’esperienza vissuta,
ma solo riguardo il funzionamento psicologico
del soggetto ed i margini di probabilità che
alcuni fattori possano comportare un rischio in
merito alla genuinità dei suoi racconti.
• In italiano, la parola “credibilità” richiama
invece un concetto legato alla “veridicità” di
quanto il soggetto ha affermato, legandosi
strettamente al concetto di “attendibilità”. Il
campo è confuso, i termini tendono a sovrapporsi
senza una delimitazione più precisa dei compiti
che spettano all’esperto e di quelli di pertinenza
del giudice, né le formule utilizzate dalla Ruggeri
sembrano contribuire significativamente ad
introdurre elementi di maggiore chiarezza.
Attenzione al concetto di
“credibilità clinica”:
Fallacia dell’indagine della
“personalità” del soggetto - Equazioni
fuorvianti:
Sogg. senza disturbi della personalità
“credibile”
Sogg. “credibile”
narrazione
“credibile” e “valida/veritiera”
Attraverso il quesito
sulla“credibilità” si rischia di
ottenere indirettamente dal Perito
un giudizio in tema di “veridicità”,
ovvero in merito ai FATTI.
I quali non riguardano e che non
possono riguardare l’indagine
psicologica (sentenza
Cass.121/2007).
La tesi della parte civile supportata dal parere della CTP:
“Molti disegni presentano un chiaro contenuto sessuale (….) Il disegno “il balletto”
che raffigura le due bambine e il maestro è assolutamente sintomatico e allarmante.
Tale disegno mostra infatti le due bambine con un “cuore” in evidenza di colore
scuro, non al suo posto, ma nell’esatta posizione dei genitali femminili, che risalta
rispetto al diverso colore delle gonnelline (…) e dunque conferma pienamente (…)
che “durante l’ora di ginnastica… si spogliavano, si toglievano mutande e canottiera,
però le bambine, se avevano la gonnellina, quella potevano tenerla”.
• Necessità di ricondurre il ruolo dell’esperto entro un
alveo coerente con le indicazioni e con le evidenze
che il patrimonio di conoscenze della comunità
scientifica mette a disposizione.
• Evitare le “fughe in avanti”:
- da parte dell’esperto, il quale dovrebbe resistere
alla tentazione di pronunciarsi su ambiti che non lo
coinvolgono;
- da parte del giudice, per il quale la tentazione
consiste nel delegare indirettamente e
surrettiziamente all’esperto una risposta a questioni
che dovrebbero invece rimanere di sua esclusiva
competenza.
Esempio:
• E’ lecito che sia l’esperto ad occuparsi
dell’esame qualitativa del portato dichiarativo?
del testo?...
• Strumenti come la CBCA o il Reality
Monitoring sono in grado di “validare” una
testimonianza?...
Si tratta di strumenti non validati sulla
base di ricerche e di dati statistici, sul cui
valore discriminativo si sono ottenuti riscontri
contraddittori e non definitivi, in grado
unicamente di offrire una valutazione generica
riguardo la qualità del portato dichiarativo.
Verso una riformulazione del quesito?
Quesito in tema di capacità testimoniale
Capacità generica
(competenze di base del soggetto)
Esame delle competenze
(aspetti funzionali)
Capacità specifica
(relativa al fatto per
cui si procede)
Esame delle influenze suggestive
(aspetti motivazionali)
Linee Guida Nazionali – Consensus
conference sul minore testimone (2010):
Obiettivi e procedure metodologiche
• 3.1 Il ruolo dell’esperto riguarda, in primo luogo,
la valutazione della capacità di testimoniare del
bambino. Per questo motivo non vanno utilizzate
dall’esperto espressioni come “attendibilità”
e “credibilità” perché potenzialmente fuorvianti.
• 3.2 All’esperto non può essere demandato il
compito - non delegabile perché di esclusiva
competenza del Giudice - di accertare la veridicità
di quanto raccontato dal bambino. Non possono
essere egualmente formulati pareri per
“validare” scientificamente contenuti della
testimonianza (o parti di essa). Non esistono,
difatti, “indicatori” psicologici, testologici o
comportamentali in tal senso.
• 3.3 La capacità di testimoniare comprende
abilità “generiche” e “specifiche”. Le
prime corrispondono alle “competenze”
cognitive come memoria, attenzione,
capacità di comprensione e di
espressione linguistica, source
monitoring, capacità di discriminare realtà
e fantasia, verosimile da non verosimile,
etc, oltre al livello di maturità psicoaffettiva. Le “specifiche” corrispondono
alle abilità di organizzare e riferire un
ricordo in relazione alla complessità
narrativa e semantica delle tematiche in
discussione ed all’eventuale presenza di
influenze suggestive, interne o esterne,
che possono avere agito.
Idoneità generica e specifica
• Idoneità generica
• Idoneità specifica
• Può essere in parte
misurata.
• Tale misura rappresenta un
“fattore di rischio” (in
senso clinico) per
l’intervento di eventuali
influenze suggestive di
origine interna o esterna.
• Il giudizio si limiterà a
descrivere (senza ovviamente
potere effettuare alcuna
“misurazione”) l’eventuale
presenza di fattori
potenzialmente suggestivi
esterni (conversazioni con
altre persone dotate di una
specifica influenza, interviste in
ambito giudiziario condotte
secondo modalità insistenti,
invasive o comunque scorrette)
o interni, attinenti il piano
motivazionale (vantaggi
secondari connessi all’accusa).
Scheda rilevazione idoneità
testimoniale (Camerini, Sabatello e
Volpini, 2012)
ESAME COMPETENZE TESTIMONIALI
SPECIFICHE
• A. Complessità narrativa e semantica dell’evento (come
ricavato dagli atti processuali)
• A.1 Distanza temporale
• A.2 Impegno cognitivo richiesto, quantità di dettagli periferici o
centrali da ricordare
• A.3 Qualità/caratteristiche dell’evento in termini di impatto
traumatico
• A.4 Evento ripetuto o isolato
• B. Influenze suggestive
• B.1 Numero di ripetizioni del racconto (come riferito dal minore)
• In famiglia
• Fuori dalla famiglia
• B.2 Numero di ripetizioni del racconto (riferite dal familiare - quale)
• In famiglia (eventuali differenze e contraddizioni fra le dichiarazioni
del minore e quelle del familiare)
• Fuori dalla famiglia (eventuali differenze e contraddizioni fra le
dichiarazioni del minore e quelle del familiare o del soggetto esterno
alla famiglia)
• B.3 Qualità e quantità delle sollecitazioni portate dal contesto per
ottenere dal minore la rivelazione degli eventi (come riferito dal
minore)
• In famiglia
• Fuori dalla famiglia
• B.4 Qualità e quantità delle sollecitazioni portate dal
contesto per ottenere dal minore la rivelazione degli
eventi (come riferito dal familiare - quale)
• In famiglia
• Fuori dalla famiglia
• B.5 Modalità di rivelazione del fatto (come riferito dal
minore)
• Spontanea
• Sollecitata (da chi)
• Riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative
• B.6 Modalità di rivelazione del fatto (riferite dal
familiare – quale; eventuali differenze e contraddizioni
tra dichiarazioni del minore e quelle del familiare)
• Spontanea (resa a chi ed in quali circostanze/contesti)
• Sollecitata (da chi ed in quali circostanze/contesti)
• Riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative
(a chi ed in quali circostanze/contesti)
• C. Contesto ambientale familiare (separazione dei
genitori, conflitti tra i genitori, conflitti genitore-figlio/a)
(cfr. Memorandum di Ney)
Suggestionabilità vs. suggestione
= Circonvenibilità vs. circonvenzione
Suggestionabilità
Influenze sugg.
(tratto psicologico)
interne/esterne
valutata dall’esperto indicate dall’esp.
Circonvenibilità
(infermità o
deficienza)
valutata dall’esp.
SUGGESTIONE
CIRCONVENZIONE
(contesto dipendente)
valutata dal giudice
valutata dal giudice
• L’altro aspetto che qualifica
l’idoneità “specifica” consiste nella
capacità di riferire in relazione alla
complessità dell’evento.
• La “complessità” consiste nella
mole di informazioni a partire dalle
quali il soggetto, in relazione alle
proprie capacità, è in grado di
selezionare ed individuare quelle
richieste: è in questo ambito che il
contributo specialistico può risultare
utile e pertinente.
La ricerca in psicologia della
testimonianza ci dice che:
Lamb M.E., Hershkowitz I., Orbach Y.,
Esplin P.W.: Tell Me What Happened, Wiley,
2008:
• «A partire dalle attuali conoscenze,
probabilmente il più importante di questi
fattori coincide con l’abilità
dell’intervistatore di elicitare informazioni e
con l’abilità del bambino di esprimerli,
piuttosto che con l’abilità del bambino
di ricordarli».
Importanza di adottare e di
rispettare protocolli corretti per la
raccolta delle informazioni testimoniali.
Guidelines on memory and the law. A report
of research board. British of Psychological
Society, 2008.
Quando si valuta l’accuratezza di ricordi dei bambini
richiamati grazie agli adulti e dei bambini più grandi di 10
anni, sono raccomandate le seguenti regole guida:
• ricordi dettagliati e ben organizzati che riguardano eventi
accaduti tra i i 7 e i 5 anni andrebbero considerati con
cautela;
• ricordi dettagliati e ben organizzati riguardanti eventi
accaduti tra i 3 e i 5 anni andrebbero considerati con
considerevole cautela;
• tutti i ricordi riguardanti l'età dai 3 anni in giù andrebbero
considerati con grande cautela e non dovrebbero essere
accettati come ricordi in mancanza di evidenti e
indipendenti prove che li confermino.
• In generale l’accuratezza dei ricordi che
riguardano un'età inferiore ai 7 anni non
può essere stabilita in assenza di
indipendenti prove che li confermino.
• La misura in cui un ricordo corrisponde
alla realtà è difficile da stabilire.
Normalmente questo può essere
raggiunto, con ogni grado di certezza,
attraverso indipendenti prove che lo
confermino.
Rilevanti elementi probatori possono includere:
•i) Report indipendenti in cui una persona era
presente e può effettivamente testimoniare su
aspetti rilevanti dell’evento;
•ii) coerenza del richiamo di ricordi fondamentali
oltre lunghi periodi di ritenzione.
Mentre ii) rappresentano deboli prove probatorie
rispetto ad i), questo può essere visto come un
prerequisito per un giudizio di testimonianza
attendibile.
• Necessità di procedere sempre,
laddove possibile, ad indagini
ambientali rivolte a corroborare la
“testimonianza debole”, per evitare
che il bambino si trovi “schiacciato”
sotto il suo peso.
La giurisprudenza CEDU
definisce la testimonianza infantile
come “ORDEAL”…
La segnalazione:
Gilbert et al., Recognising and responding to child
maltratment. The Lancet, january 2009
Svantaggi della “segnalazione estensiva”:
- Sovraccarico di protezione da parte dei Servizi
- Inibizione del self-referral da parte di genitori e bambini
per timore della perdita di controllo
- Discriminazione nei confronti delle popolazioni più
vulnerabili ed esposte
- Favorisce risposte reattive piuttosto che proattive, il che
impedisce la possibilità di sviluppare sistemi di supporto
- Le risorse sono assorbite dalla necessità di indagare a
svantaggio dell’intervento
- Incoraggia gli operatori allo scarico di responsabilità
- I criteri di segnalazione offrono un elevato margine
interpretativo
Rischio che il peso del
processo si appoggi
interamente sulle spalle del
minore…
Conseguenze e costi
psicosociali:
• Stress da interrogatorio
• “Dichiarazioni a reticolo”
• Modificazioni nelle relazioni familiari
(Alienazione Parentale, etc.)
• Danni iatrogeni derivanti da
interventi psicosociali (“helping
hand strikes again”)
• Iper-responsabilizzazione Sentimenti di colpa
Ricerca
(Camerini et al., Psichiatria dell’Infanzia e
dell’Adolescenza, 2009)
• 35 casi di denunce confermate (CSA) vs.
35 casi di denunce non confermate (nonCSA).
• Gli indicatori di disagio risultano
equivalenti nei due gruppi prima
dell’inizio del procedimento penale
• Dopo l’inizio del proc. pen. gli indicatori
aumentano in misura statisticamente
significativa nel due gruppi, > nei nonCSA.
Punti fermi per uno statuto della testimonianza del
minore
• Occorre che il patrimonio conoscitivo del
minore sia tutelato da interventi diretti
inadeguati che lo possono disperdere o
adulterare;
• Il fanciullo troppo piccolo (sotto i 3-4 anni)
forse dovrebbe essere tenuto fuori dal
contesto giudiziario;
• Le esigenze di report (legate all’iter
processuale) non dovrebbero prevalere
sull’interesse del minore;
• Si dovrebbe considerare l’ascolto del minore,
in quanto soggetto in continua evoluzione,
comunque tra le attività irripetibili;
• L’ascolto giudiziario deve essere svolto
secondo modalità rispettose dei protocolli
esistenti in letteratura;
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• Si dovrebbe precludere la reiterazione
delle interviste;
• L’ascolto del bambino non dovrebbe
essere troppo lontano dal fatto, per
ridurre i fenomeni di rielaborazione e di
contaminazione;
• Occorrerebbe procedere sempre alla
ricerca di una corroborazione estrinseca
delle dichiarazioni rese;
• La valutazione peritale dovrebbe essere
dichiarata nulla qualora si esprima in
merito ai fatti per cui si procede.
Grazie per l’attenzione
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Quesito in tema di testimonianza