la Rivista Anno 101 - n. 12 - Dicembre 2010 40 anni di formazione per l’inclusione E Editoriale di Giangi Cretti In principio fu Zurigo. Con i torni e le frese messi a disposizione da alcuni imprenditori solidali e lungimiranti. Con la competenza e il tempo libero forniti da impegnati operai qualificati. Poi Basilea. Via via, tutti gli altri. Centri regionali istituiti a globale copertura, ormai, del territorio elvetico. In 40 anni: tutt’altro che trascorsi invano. Ripercorrerli non è solo un modo per riandare lungo la pista virtuosa battuta da un ente, da decenni trasformato in Fondazione, nella sua quotidiana azione all’insegna della formazione. È anche, e per alcuni versi, soprattutto, un modo per transitare in un pezzo di storia – la più importante in termini di emancipazione sociale – della comunità italiana in Svizzera. Attraversando quello che, con l’efficacia comunicativa - va da sé, condensata e, al contempo, un po’ iperbolica - dello slogan, potremmo definire un tragitto“dalle baracche alle stanze dei bottoni”. I 40 anni sono quelli dell’Ecap: con l’Enaip e la Fopras compone la ridotta squadra degli enti di formazione, di origine italiana, ancora operativi in Svizzera. Altri, come la SPE o lo IAl, nel corso degli anni, hanno esaurito il loro compito. Altri ancora, come il CISAP, sono stati assorbiti: nel caso specifico proprio dall’Ecap. Inizialmente, sono i corsi di formazione professionale e di quella cosiddetta di base: di alfabetizzazione e di recupero della licenza media. Gli insegnati sono quasi tutti del nord, fra loro anche alcuni ticinesi. I corsisti: italiani (anche se non mancano spagnoli portoghesi), soprattutto uomini e quasi tutti del sud. Dando per scontata una seppur minima confidenza del percorso migratorio degli italiani, non è arduo coglierne le ragioni. I fondi, per sostenere l’attività, oltre che dalle quote d’iscrizione versate dai coristi, sono erogati dallo Stato italiano. Oggi, della formazione professionale e di quella di base, com’era intesa agli albori, restano poche e circoscritte tracce. Al loro posto, corsi di lingua locale; di qualificazione e di reinserimento nel mondo del lavoro; di introduzione alle, e di perfezionamento delle, nuove tecnologie. Gli insegnanti hanno spesso un doppio passaporto: tutt’altro che scontato, che una delle due nazionalità, ma anche quando è unica, sia quella italiana. I corsisti? Di etnie diverse, in buona parte donne. I fondi? Mentre ovviamente resistono le quote d’iscrizione, quelli pubblici, fatta salva l’eccezione di qualche singolo progetto mirato, provengono pressoché esclusivamente da istituzioni locali. In mezzo, c’è il percorso evolutivo dei migranti in Svizzera. In esso, integrazione e assimilazione s’intrecciano, non sempre con confini definiti nitidamente. Quello della comunità italiana, per quanto forse non sempre con massima soddisfazione, ha quantomeno raggiunto la meta dell’accettazione sociale. Che non si traduce in automatica inclusione, ma di certo bandisce esclusione. Per meriti propri, e per il fatto che anche in Svizzera si sono venute insediando nuove comunità di migranti, ritenute culturalmente poco affini o storicamente poco gradite. Quelli che 40 anni fa figuravano in fondo alla graduatoria del gradimento, classificati come gli odiosi Tschingg, sono oggi i più vezzeggiati fra gli stranieri. Talvolta, persino fra i più apprezzati. Non c’è nulla di diplomatico nel registrare che, a tal risultato, ha contribuito anche l’Ecap. [email protected] la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 1 S Sommario Editoriale PRIMO PIANO 1 15 A Villa Olmo la quarta sessione Dialogo economico italo - svizzero A Passariano di Codroipo 17 La Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo 15 40 anni Ecap Formazione per l’inclusione 21 Superate le 100‘000 lezioni 27 INCONTRI Alptransit 2017 - Come trasferire ancora più merce su rotaia? 27 Compravendita internazionale e Convenzione di Vienna 39 La vera soddisfazione è senza dubbio vincere 45 Donne in carriera: Flavia Pennetta CULTURA Lugano capitale dell’italofonia radiotelevisiva 50 Moti rivoluzionari e lotte per le Costituzioni 55 Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana 1861: I pittori del Risorgimento 60 Scuderie del Quirinale (Roma) fino al 16 gennaio 2011 Dalle origini alla fine della Seconda Guerra Mondiale 62 Il Risorgimento italiano nel cinema / parte I 45 La bella musica rimane in eterno 68 Intervista con Danilo Rea RUBRICHE 60 2 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 In breve Italiche Europee Internazionali Oltrefrontiera Benchmark Burocratiche Angolo Fiscale Angolo legale 4 7 9 11 13 31 32 35 37 Convenzioni Internazionali 42 L’elefante invisibile 49 Scaffale 53 Sequenze 65 Diapason 67 Convivio 72 Motori 77 Starbene 80 Lo scorso 11 novembre nell’auditorium del KKl di Lucenal’Ecap ha celebrato i suoi 40 anni, con un convegno dal titolo “Formazione per l’inclusione”. DOLCE VITA 2000 anni per una storia di successo 70 Prosciutto di Parma I numeri del Consorzio Gli Gnocchi 72 Sugosi, soffici, digeribili ed economici Automotonews 78 IL MONDO Motor Bike Expo: Veronafiere, 21 - 23 gennaio 2011 IN FIERA Grande attesa per il primo evento dell’anno dedicato alla moto 84 85 SIGEP: Rimini Fiera, 22 - 26 gennaio 2011 70 La grande occasione di business Macef Primavera 2011: fieramilano RHO, 27 – 30 gennaio 2011 86 Accento sui settori della tavola e della cucina Chiusa la 5° edizione di Triestespresso expo Trieste si conferma capitale mondiale del caffè espresso e volano economico IL MONDO Nuovi soci CCIS IN CAMERA MJ Haute Couture 87 90 72 Seminario a Ginevra Italian-Swiss Tax and Legal Forum Delegazione svizzera in visita ad Alenia Aeronautica 91 78 La certificazione di lingua italiana: PLIDA Tipicità lucane per buyer svizzeri 92 Ricette di Osterie d’Italia 93 Der kleine Johnson 2011 Contatti commerciali 94 Servizi camerali 96 Editore: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione G.M. BONADA, A.G. LOTTI, C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori Ph. BERNASCONI, C. BIANCHI PORRO, M. CALDERAN, G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, P. COMUZZI, D. COSENTINO, A. CROSTI, L. D’ALESSANDRO, M. DIORIO, T. GATANI, G. GUERRA, F. Macrì, G. MERZ, A. ORSI, G. SORGE, N. TANZI, I. WEDEL La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 - 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892328 - Fax ++41(0)44 2015357 [email protected], www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale - 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892323 - Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: [email protected] Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro - Gratuito per i soci CCIS 91 Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 11 volte l’anno. 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Un terzo dei gestori patrimoniali non sa ancora come dovrà affrontare in futuro gli affari con la clientela estera. Il 36% degli istituti interrogati nel sondaggio sta invece già mettendo in atto una strategia o ha già in chiaro in che direzione andare. Naturalmente, le banche già attivatesi dispongono di vantaggi competitivi rispetto alle altre. L’idea di una grande esposizione nazionale, dopo la messa in funzione di AlpTransit, non verrà realizzata. Resta però il problema di una regione, quella del San Gottardo, in cui vale la pena di investire approfittando dei collegamenti che si vengono a creare. Se non lo si farà, le località attorno al massiccio del San Gottardo sono votate ad essere tagliate fuori. Occorre quindi studiare ed allestire un programma decennale di rilancio economico dell’insieme della regione. È proprio questo che intendono chiedere di comune accordo al Consiglio federale i rappresentanti dei Governi di Uri, Grigioni, Ticino e Vallese. Alcune idee contenute nel progetto originario verranno mantenute, si legge in una nota della Cancelleria dello Stato del Canton Ticino, ma all’unanimità è stato privilegiato il sostegno ad un programma decennale che contempli progetti durevoli e sostenibili nella regione. In tal senso, trova un positivo riscontro quanto dichiarato dall’ideatore del progetto «San Gottardo 2020» Marco Solari, che, viste le resistenze del mondo politico, aveva espresso l’auspicio che le idee migliori di «San Gottardo 2020» non venissero semplicemente accantonate. A Mirafiori il ruolo che merita L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, vuole mettere da parte le polemiche degli ultimi mesi e «trasformare Mirafiori in grande stabilimento, ridargli il ruolo che merita» e, per raggiungerlo, chiede «correttezza e serietà», ma anche che «la politica resti fuori dalla porta e gli estremismi lontani dalla fabbrica». Dopo l’incontro con tutti i sindacati l’Ad di Fiat ha messo sul piatto un piano ambizioso con un miliardo di euro da investire insieme con Chrysler e una società comune per fabbricare 250-280.000 vetture Jeep e Alfa Romeo all’anno, da vendere metà fuori dall’Europa, in particolare in America. La trattativa sul piano ü in fase di discussione a Torino. Positiva la maggior parte delle reazioni, dai politici e dalla maggioranza dei sindacati. Ma CGIL e FIOM per ora si mantengono fuori dal coro e vogliono vedere «se questa volta ci sono cose negoziabili». 4 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Ticino: sono 47.648 i frontalieri Nuovo record di frontalieri in Ticino. In base agli ultimi dati forniti dalla Confederazione relativi al terzo trimestre 2010, il numero di quelli stranieri attivi nel Cantone ha raggiunto quota 47.648 unità, con una variazione del + 0,4% rispetto al trimestre precedente e del + 4,6%, invece, rispetto allo stesso periodo del 2009. A livello federale, contemporaneamente, il numero dei frontalieri che a fine settembre lavorano in Svizzera, ha raggiunto le 232.974 unità (+0,8%, rispettivamente +5,7%). Il Ticino, in particolare, è la terza Regione svizzera per quantità di frontalieri attivi sul proprio territorio: numericamente, preceduto dalla Regione del Lemano - con il numero più elevato, fissato a 77.156 unità - e dalla Svizzera Nordoccidentale, con 63.324. Nel cantone sud alpino la crescita dei frontalieri negli ultimi otto anni è stata costante. Dal 2002, anno nel quale sono entrati in vigore gli accordi bilaterali e quindi, la libera circolazione delle persone (scattata il primo giugno), si è registrato un incremento di quasi il 50%: da 32.375 si è passati, appunto, a oltre 47.500. Da segnalare, però, che nel computo totale sono inseriti anche lavoratori frontalieri part-time, compresi quelli che varcano la frontiera per lavorare solamente il sabato o la domenica. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 5 www.maserati.com Consumo combinato: 14,7 l/100 km (4.2), 15,7 l/100 km (4.7) I Emissioni di CO2: 345 g/km (4.2), 365 g/km (4.7) Categoria d’efficienza energetica G I Emissioni di CO2 di tutte le vetture in vendita in Svizzera: 204 g/km THE NEW MASERATI QUATTROPORTE OPERA D’ARTE PER INTENDITORI. Maserati Quattroporte S 4,7 litri da 430 CV e Maserati Quattroporte 4,2 litri da 400 CV. Motore V8, design Pininfarina. La rete ufficiale dei concessionari Maserati in Svizzera Loris Kessel Auto SA, 'RANCIA,UGANOs Garage Foitek AG,5RDORF:àRICHsNiki Hasler AG, 4052 Basel, s Krähenmann Autocenter AG, -EILENs Sportgarage Leirer AG, 3TEINs Automobile Németh AG, (INTERKAPPELENs Auto Pierre Sudan, :UGs Modena Cars SA, 'ENÒVEs Garage Zénith SA, ,AUSANNEs Garage Zénith SA, 3IONs Maserati (Svizzera) SA , 8952 Schlieren, 044 556 25 00 ITALICHE di Corrado Bianchi Porro La forza trainante dell’export Quale oggi la situazione dell’economia? Secondo il Centro Studi della Confindustria, rispetto alla metà del 2007, quando ha iniziato a sgonfiarsi la bolla finanziaria, oggi i bilanci pubblici e la condotta delle banche centrali sono considerati parte del problema, specie dopo l’ultima manovra della Federal Riserve da 600 miliardi di dollari. La Banca Centrale Europea non ha grosse colpe in questo, ma anche qui le difficoltà dei debiti sovrani, prima con la Grecia e oggi principalmente con l’Irlanda (le peripezie delle periferie, ha commentato qualcuno), determinano un nuovo giro di vite nei confronti dei bilanci del vecchio Continente, cosicché le politiche dei Governi da espansive si fanno restrittive. Secondo Vittorio Emanuele Parsi, la nostra storia di europei nasce da un sanguinoso fallimento dei totalitarismi, ma è più tenace nella ricostruzione, mentre quella degli americani emerge da uno straordinario successo. Forse per questo oltre Atlantico si nutre sempre un certo ingenuo ottimismo, mentre in Europa si fa più fatica a ripartire per la complessità delle cose. Secondo la Confindustria l’aggiustamento dei conti della finanza continuerà a zavorrare l’economia per vario tempo e per questo anche le banche manterranno selettivo se non restrittivo il credito. L’impatto di Basilea 3 si farà invece sentire solo a partire dal 2013, quindi abbiamo ancora un cuscinetto di tempo, pur se le nuove norme sono destinate ad aggravare l’onere del credito. Ma con tutte queste precisazioni, il clima di fiducia delle imprese italiane rimane piuttosto positivo grazie alla forza che viene manifestata dall’export. La fiducia delle imprese nel mese di novembre potrebbe correggere lievemente negli ultimi dati dopo il lieve rimbalzo di ottobre che aveva portato l’indicatore a 99,8, vale a dire al massimo dal maggio 2008. Il livello ancora elevato della fiducia delle imprese lascia presagire che la flessione non è destinata a durare. Dunque, la flessione dell’export di luglio e agosto si è rivelata temporanea. Dopo il calo di luglio e agosto, l’export è infatti rimbalzato del +3%, con un recupero che ha riguardato sia i Paesi UE (+3,4%), che i Paesi extra-UE (+2,5%). L’import è invece rimasto stagnante. Nei primi nove mesi dell’anno, le esportazioni italiane sono cresciute del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Dunque, le previsioni di un crollo sulla scia di una ricaduta recessiva dell’economia mondiale non appaiono giustificate dalla più recente evoluzione dello scenario. Anche la Confindustria ritiene più probabile uno scenario ispirato ad un pru- dente ottimismo, considerando che una frenata è sempre il frutto naturale dei movimenti ciclici fatto di strappi e movimenti di riposo. La forza trainante sarà dunque ancora l’export, guidato dall’irruente recupero del commercio mondiale. E questo lo si ricava in modo particolare da una lettura del settore del tessile, che più di tutti gli altri ha sofferto della crisi. Il drastico calo della domanda sperimentato a fine 2008 si è infatti riflesso in forti deterioramenti della redditività e degli equilibri finanziari. Nel 2009 nella sola provincia di Como, per intendersi, il calo degli addetti nell’industria tessile-abbigliamento è stato superiore a quello sperimentato dalla media manifatturiera (oltre un migliaio di addetti in meno nel distretto comasco non è di poco conto). Le imprese di grandi dimensioni e le piccole imprese con meno di 50 addetti, sono quelle che più hanno sofferto, mentre le imprese di medie dimensioni hanno superato la crisi con una struttura complessivamente intatta. Ebbene anche in questo settore che è fortemente concorrenziato a livello internazionale, la ripresa dei fatturati è più evidente proprio nel tessile, il comparto che aveva maggiormente sofferto nel precedente biennio. Occorre naturalmente sottolineare che il miglioramento dei risultati è pur sempre frutto di un processo di selezione che ha incontrato il settore. Secondo lo studio di Prometeia, con la crisi il settore del lusso ha registrato una maggiore penalizzazione dal lato della crescita, ma è riuscito a mantenere positiva la redditività delle vendite. Naturalmente una maggiore presenza sui mercati extra europei (Asia) ha consentito di limitare le perdite in termini di fatturato e redditività. Per quanto riguarda lo scenario per il 2011-12, le imprese ipotizzano un rallentamento generalizzato della crescita, esteso anche alle economie emergenti che hanno avviato politiche monetarie restrittive. Si reputa che in tre anni, al 2012, l’industria manifatturiera potrebbe recuperare circa l’80% dei livelli pre crisi, se riuscirà ad agganciare i mercati esteri più dinamici a fronte di una situazione stagnante dei consumi sul mercato interno a motivo del tasso tuttora elevato di disoccupazione e della minor propensione al consumo, mentre per gli investimenti (innovazione e razionalizzazione sono le costanti) le imprese sono costrette ad attingere alle riserve delle famiglie, dato che l’impresa familiare è il modello tipico dell’Italia. Proseguirà dunque il cammino tracciato, mentre l’uscita dal mercato degli operatori marginali potrebbe comunque indurre un miglioramento dei risultati medi reddituali. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 7 EUROPEE di Philippe Bernasconi Rischio effetto domino E dunque si è di nuovo ai piedi della scala. Anche l’Irlanda – quella che fino a un paio d’anni fa veniva chiamata la Tigre celtica – si è ritrovata sull’orlo della bancarotta, ha dovuto mettere da parte il proprio orgoglio e ha dovuto aggrapparsi all’ancora di salvataggio che gli ha lanciato l’Unione europea. Dopo la Grecia, quindi, un altro Stato membro ha dovuto chinarsi di fronte alla montagna di debiti accumulati. E ancora una volta si è parlato di rischio contagio. Perché dopo Atene e Dublino potrebbe toccare a Lisbona e Madrid. Insomma, un vero disastro. Tanto da far dire al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy: “siamo a rischio sopravvivenza”. E per fortuna che quest’estate ci si era detto: se riusciamo a tamponare il rischio Grecia evitiamo l’effetto domino e possiamo ripartire con basi più solide. E invece, a pochi mesi di distanza, ci si è ritrovati nella stessa situazione, con un Paese sull’orlo del collasso costretto a chiedere un aiuto straordinario e d’emergenza. Il governo di Dublino ha cercato di resistere fino all’ultimo (preoccupato per le richieste che in cambio sarebbero potute arrivare, in primis l’aumento delle tasse sui capitali, un caposaldo del proprio sistema economico e finanziario), ma alla fine è stato costretto ad accogliere la mano tesa da Bruxelles. Il debito pubblico irlandese è salito a livelli da primato a causa dei piani di salvataggio delle banche colpite dalla crisi dei subprimes. Per salvare il proprio sistema finanziario Dublino si è però messa nei guai. E così è dovuto ancora una volta intervenire il fondo anticrisi europeo. Ma anche questa rischia di essere una soluzione tampone, un cerotto che permette sì di ricucire una ferita, ma che non garantisce di risolvere il problema alla radice. Perché il problema, in fondo, è sempre lo stesso: il caos che attraversa le istituzioni europee e gli Stati membri, un’Unione europea che marcia a due (se non a tre o quattro) velocità e che in campo economico e finanziario ha poche regole proprie. A comandare sono ancora gli Stati. E allora vale la legge del più forte. Messi di fronte all’evidenza dalla crisi greca, i 27 si sono decisi a trovare un accordo che permettesse di gestire il default di uno Stato membro. Una modifica del Patto di stabilità che non implicasse sanzioni automatiche per chi viola i parametri di Maastricht (su deficit e debito pubblico), ma che fissasse dei paletti chiari in cambio di un aiuto comunitario. Ma poi la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno voluto andare oltre: niente fondo europeo anticrisi, prima si taglino i valori dei titoli di Stato in mano ai privati. Una chiamata alla cassa generale che ha mandato in fibrillazione i mercati, ha innescato una spirale al rialzo dei rendimenti dei titoli di quegli Stati a rischio default (impendendo loro di fatto di rifinanziarsi sul mercato), ha provocato un brusco tonfo delle borse e ha indebolito l’euro. Costringendo l’asse franco-tedesco a gettare acqua sul fuoco, rassicurando che, semmai dovessero entrare in vigore, le regole proposte da Berlino e Parigi verrebbero applicate solo dopo il 2013 (senza toccare, dunque, i titoli già emessi nel frattempo). L’ennesima dimostrazione del fatto che l’Europa avrebbe bisogno più che mai di regole comuni e di una leadership, anche in campo economico e finanziario. Ma così non è. Che lezione trarre dal caso Irlanda? Delle due l’una. O gli Stati dell’euro (ma per analogia il ragionamento può essere allargato a tutta l’Unione europea) non sono connessi tra di loro e quindi non è importante che si trovi una soluzione comune per risolvere il problema particolare. Se il Paese in questione non dovesse farcela rimane la via del default, con la conseguente fuoriuscita dall’area euro. E chi si è visto si è visto. Oppure oggi sono troppi i legami tra gli Stati, sono troppe le interconnessioni (finanziarie, monetarie ed economiche, basti pensare alle esposizioni globali delle banche), che il mancato salvataggio di un Paese avrebbe come inevitabile conseguenza un effetto domino dalle ripercussioni inimmaginabili. E quello che il presidente Van ha voluto dire con quel “l’Unione è in pericolo”. Perché è proprio qui che sta il punto. Se ad andare in pezzi non fosse la sola Irlanda (o un altro Paese in difficoltà), ma fossero l’euro e l’Unione europea stessa, allora anche chi oggi fa la voce grossa rimarrebbe con un pugno di mosche in mano. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 9 INTERNAZIONALI di Michele Caracciolo di Brienza Il cyberspazio: zona di tensione tra gli Stati Solo a metà novembre è stata pubblicata la notizia che lo scorso aprile la Cina ha controllato per diciotto minuti il 15% del traffico web mondiale, compreso quello dell’esercito e della marina americana, del Senato e del Dipartimento della Difesa. Si è trattato di un dirottamento di traffico che ha messo in luce la capacità cinese nello spionaggio elettronico. Secondo quanto riportato dalla Cnn, China Telecom sarebbe all’origine del dirottamento informatico sui propri server. Ma l’azienda di telecomunicazioni cinese ha smentito la notizia. Sta di fatto che con questa incursione nel cyberspazio i servizi segreti cinesi hanno con ogni probabilità duplicato gli indirizzi email del Dipartimento della Difesa al fine di avere la possibilità di inviare virus difficilmente riconoscibili. L’allerta lanciata da quest’intrusione ha fatto correre ai ripari il Pentagono che ha alzato i livelli di sicurezza del proprio traffico web. Lo spionaggio informatico ideale è indolore. L’obiettivo è stato la raccolta d’informazioni e non la distruzione della rete informatica del paese. Alla fine di settembre l’Iran è stato vittima anch’esso di un altro incredibile atto di “cyberguerra” di cui è ignoto l’autore. La rete informatica del sito nucleare iraniano di Boucher è stata contaminato con il virus Stuxnet. La rete informatica del sito nucleare iraniano non è accessibile dall’esterno. Per tale motivo, si sospetta che la contaminazione sia avvenuta tramite una banale chiavetta USB inserita in uno dei computer locali. Dev’essere stata un’intrusione degna delle migliori spy story. Resterà un mistero chi siano gli autori e come ci siano riusciti. Tuttavia, si hanno dei sospetti nei confronti di Israele o quantomeno di uno Stato organizzato, dato che la sofisticatezza di questa nuova arma informatica presuppone un gruppo di esperti coordinati. É difficile immaginare che un hacker solitario abbia potuto creare il virus Stuxnet con cui é stato contaminato oltre il 60% dei computer iraniani. Insomma, un virus informatico di questa portata e che ha per obiettivo un sistema industriale è certamente il prodotto di un gruppo molto preparato che potrebbe far capo ad un governo. Ad oggi non si conosce la portata dei danni di Stuxnet sull’operatività del sito nucleare iraniano. Sta di fatto che questo virus è stato concepito per prendere controllo del sistema informatico di un’industria e farlo rallentare e inceppare. Un’altra notizia inquietante tratta dal libro Cyberwar – The Next Threat To National Securty And What To Do About It di Richard A. Clarke e Robert K. Knake è la presenza delle cosiddette “bombe logiche” cinesi nella rete elettrica americana. Clarke è stato coordinatore nazionale per la sicurezza, la protezione delle infrastrutture e l’antiterrorismo a partire dall’amministrazione Reagan fino a Clinton. La “bomba logica” è descritta come una sorta di virus dormiente che può essere attivato a distanza e anni dopo la sua installazione. Queste “bombe” sarebbero state inserite attraverso una falla nel sistema di sicurezza delle reti informatiche dei produttori e distributori di elettricità. A suo avviso, la vulnerabilità di queste reti informatiche potrebbe mettere letteralmente in ginocchio in breve tempo il paese privandolo di elettricità. Insomma, più un paese è informatizzato e dipendente da internet e più è vulnerabile. La cyberguerra non è fantascienza e gli effetti di un attacco informatico possono essere altrettanto devastanti di un attacco convenzionale. Nel 2007 si è assistito ad un attacco informatico massiccio nei confronti dell’Estonia che ha paralizzato il paese. La ragione di questo attacco era essenzialmente punitivo in seguito alla rimozione da parte delle autorità estoni di un monumento legato al periodo di occupazione sovietica. Da allora la NATO ha installato a Tallinn, capitale dell’Estonia, il suo centro dedicato alla guerra informatica. Così come abbiamo visto sinora, l’informatica è un’arma potenziale per minare la sicurezza di uno Stato ma può essere anche uno straordinario strumento di democrazia. L’anno scorso durante i moti in Iran, a seguito della rielezione di Ahmadinejad, siti quali Facebook, Twitter e YouTube hanno avuto un peso notevole nella sfera politica iraniana. Non solo, ma la cosiddetta “blogosfera”, tutt’ora particolarmente attiva in Iran dove su 70 milioni di persone si contano circa 700’000 blog, in gran parte sostenevano il riformista moderato Moussavi. Durante le manifestazioni di quei giorni il Dipartimento di Stato americano teneva sotto controllo il traffico web iraniano e chiese ai gestori di Twitter di posticipare la manutenzione del sito in modo da non bloccare il servizio per qualche giorno. Questa richiesta fu inoltrata poiché Twitter era stato di grande utilità per i manifestanti per organizzare le proteste. La rete è diventata uno spazio ulteriore di tensione e di scontro tra Stati, ma non ci sono confini materiali e regole del gioco. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 11 Anni Comfort Designed&Made In Italy 50 ANNI DI COMFORT DESIGNED&MADE IN ITALY. 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La prima è la Iapigia: i Greci la chiamano Messapia, gli indigeni la distinguono in Salento (la parte intorno al promontorio Iapigio) e Calabria. A nord di queste si trovano le popolazioni chiamate in greco Peucezi e Dauni, ma gli indigeni chiamano Apulia tutta le regione dopo la Calabria e Apuli la popolazione.» Con queste parole Strabone identifica e descrive il territorio della Puglia, importante regione del Mezzogiorno italiano. Tra le realtà economiche e sociali più dinamiche del Sud, questo lungo promontorio italiano, che, costeggiando l’Adriatico, si tuffa dopo ca. 400 Km nel Mar Ionio tra le splendide spiagge del Salento, ha un potenziale di crescita che va molto al di là dei risultati che la sua economia ha raggiunto fino ad oggi. Afflitta meno di altre regioni del Mezzogiorno d’Italia dal soffocante fenomeno della criminalità organizzata che spegne spesso sul nascere ogni iniziativa imprenditoriale di successo, la Puglia si caratterizza essenzialmente per una forte varietà produttiva che la rende simile alla stessa Italia dai mille distretti e dai milioni di piccoli imprenditori. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare osservando la cartina geografica che colloca la Puglia al centro del Mediterraneo Orientale proiettata verso la Grecia ed il Medio-Oriente, non è il turismo la principale fonte di sostentamento dell’economia regionale, ma la meccanica che con i suoi 67.100 addetti (fonte Istat) costituisce il primo bacino occupazionale di questo territorio. Il 75% del PIL della Provincia di Taranto viene prodotto dall’ILVA, nota in passato più per gli scandali ambientali che per i successi industriali, ma pur sempre un’importante realtà produttiva che ha dato vita ad un vivace indotto industriale nei settori dell’impiantistica civile ed industriale, nella costruzione di macchinari industriali e di parti di essi. Interessanti realtà sul territorio regionale si muovono nei settori degli impianti oil&gas, delle macchine per l’industria alimentare (in particolare olearia), nel settore delle macchine movimento terra ed in quello dei serramentisti. Tra i settori industriali tradizionali che ancora caratterizzano il territorio pugliese emergono il tessile abbigliamento ed il calzaturiero che, in forte sofferenza prima per la competizione dei paesi low cost e poi per la più generale crisi di domanda internazionale, attraversano una fase di ristrutturazione. Ma la Puglia ha saputo negli ultimi anni trovare dei settori sui quali puntare per tornare a crescere: in modo particolare la ricerca, soprattutto nei comparti biotech e nanotech (la regione conta circa 5.000 ricercatori), l’aerospaziale (particolarmente nella zona di Bari), il settore degli impianti eolici e solari che trova in Puglia un ambiente particolarmente favorevole e soprattutto un sistema di incentivi agli investimenti che le ha permesso di diventare la prima regione italiana nella produzione di energie rinnovabili. Non ultimo, il “Sistema Salento”, con l’opera profonda di riqualificazione dell’offerta turistica, ha fatto da traino alla crescita della provincia di Lecce che negli ultimi anni è diventata meta di tendenza ed apprezzata da turisti italiani ed internazionali ed ha creato, incrementando i flussi turistici incoming, anche un volano per la crescita del comparto agroalimentare nel quale la Regione vanta delle eccellenze riconosciute in tutto il mondo a partire dall’olio di oliva. Esistono insomma tutte le condizioni per avviare delle importanti collaborazioni con la Svizzera che oltre ad essere il sesto mercato di sbocco per le esportazioni italiane nel mondo ed il quinto in Europa, è anche un partner importantissimo per la Regione Puglia. La Svizzera ospita migliaia di salentini emigrati nel dopoguerra che qui si sono insediati ed hanno dato un contributo decisivo alla crescita del Paese; l’economia elvetica potrebbe essere per la Puglia un’interessante fonte di investimenti, trasferimento tecnologico e joint venture industriali nei settori innovativi quali (aerospaziale, energie rinnovabili e biotech), la subfornitura meccanica pugliese potrebbe trovare nell’avanzato apparato industriale svizzero un importante acquirente, come negli ultimi anni, proprio grazie all’intermediazione della CCIS, è già successo in Lombardia e Veneto. Sembra quasi superfluo sottolineare infine il potenziale che settori quali l’alimentare ed il turismo possono avere su un mercato cosî ricco e sano che sempre grande attenzione dimostra per l’offerta italiana a condizione che sia accompagnata da servizi affidabili e di qualità. In una sua recente intervista da Detroit Marchionne, CEO FIAT, dopo un incontro in Chrysler con il Presidente Obama ha dichiarato: “negli Stati Uniti si fa, da noi si parla” e, aggiungiamo noi, spesso si parla del passato. La Puglia ha una rete di 5 Camere di Commercio, un importante Centro Estero per l’internazionalizzazione, un apparato industriale rispettabile ed un grande potenziale turistico, giace al centro del Mediterraneo e si rivolge ad Oriente verso una delle aree in più forte espansione dell’economia internazionale. Le attività d’internazionalizzazione rivolte al mercato svizzero negli ultimi anni sono state quasi nulle, nonostante abbia aperto ormai da tempo una rotta aerea Zurigo – Bari che collega la regione con il mondo e nonostante le esportazioni pugliesi in Svizzera siano passate dai 191 milioni di Euro del 2007 ai 605 milioni del 2009 ed abbiano fatto della Svizzera il quarto mercato di sbocco in assoluto per il Made in Puglia. È tempo di mettersi al lavoro. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 13 A Villa Olmo la quarta sessione Dialogo economico italo - svizzero Nella splendida cornice di Villa Olmo a Como si è tenuta la IV sessione del dialogo Economico italo - svizzero, co-presieduto per parte italiana dal Direttore Generale per la Politica Commerciale del MiSE Avv. Teti e per parte elvetica dall’Ambasciatore Signora Rühl, Responsabile delle relazioni bilaterali del SECO. La riunione, alla quale ha partecipato anche il segretario generale della CCIS, Andrea G. Lotti, ha avuto luogo in prossimità del confine con il Ticino testimonianza dell’attenzione che si intende dare alle tematiche di cooperazione frontaliera ed ai problemi che ne discendono. S u buona parte dei colloqui ha pesato l’ombra del problema dell’inserimento della Svizzera nelle black list fiscali stilate dal Ministero delle Finanze (MEF) e direttamente collegato al negoziato sul Protocollo di modifica della Convenzione contro le doppie imposizione in materia fiscale del 1976, che da lungo tempo non segna progressi significativi. Da questo stato di cose discendono, anche altri problemi evocati dalla delegazione di Berna: l’accesso agli appalti pubblici italiani da parte di ditte svizzere, che è subordinato ad un’apposita comunicazione al MEF; la questione della trasmissione di dati sensibili alle autorità fiscali italiane (e conseguente conferma di quelle elvetiche) relativi ad ogni transazione commerciale di beni e servizi da e per la Svizzera che aumenta il carico amministrativo delle imprese italiane, soprattutto PMI, che quotidianamente lavorano con la Svizzera. Nell’incontro di Como sono state discusse diverse questioni di natura doganale che hanno registrato progressi. Si tratta, in particolare, delle consultazioni tra i due Ministeri della Salute in merito al nulla osta all’import in Italia di prodotti alimentari vegetali, nonché di alcune problemi seguiti dalla Agenzia delle dogane quali il passaggio alle frontiere di personale italiano alla guida di automobili di proprietà di imprese svizzere e l’inserimento della Svizzera nel progetto dell’UE relativo all’E-custom. Rilevato inoltre lo stallo in cui giace il Progetto di Transito doganale di Pontechiasso, per il quale il MEF non ha ancora individuato le risorse finanziarie. Altra questione discussa, i controlli radiometrici sui rottami ferrosi, effettuati dalla dogana italiana n ottemperanza del D. Lgs 23/2009. Un provvedimento criticato - che ha rallentato e reso più oneroso l’ingresso di tali prodotti provenienti dalla Confederazione elvetica - di cui è in via di definizio- ne una revisione per circoscriverne la portata, garantendo la tutela dei cittadini e l’ambiente da eventuali contaminazioni radioattive. Accennati anche problemi di natura certificativa (Good Manufactured Practises) per prodotti farmaceutici importati in Italia e i disagi incontrati dalla Swiss Airlines confrontata con diversi costi di tasse d’imbarco praticati da alcuni scali italiani. Discusse questioni affrontate in precedenti sessioni del dialogo relative ai lavoratori frontalieri. In particolare, la possibilità di finalizzare tra la Commissione Nazionale Paritetica per le Casse Edili ed partner sociali svizzeri accordi tesi a risolvere il problema della doppia contribuzione previdenziale. D’obbligo il riferimento al “dumping salariale”, spesso oggetto di speculazioni, in quanto si ritiene che le imprese italiane attive in Svizzera siano più competitive di quelle locali, perché pagano meno i propri salariati. A tal fine si è proposto di creare, anche grazie alla collaborazione della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, un meccanismo di comparazione trasparente con il SECO sulle tabelle retributive dei due Paesi. Un aggiornamento é stato fornito sul progetto d’investimento svizzero “Saline” per la realizzazione in Calabria di una Centrale termoelettrica da 1.320MW, bloccato dallo scorso giugno da un parere negativo espresso dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali. La parte svizzera ha riferito degli sforzi per riattivare, quanto prima, l’interruzione del gasdotto Transitgas verificatasi la scorsa estate proprio in territorio elvetico. La stessa delegazione ha auspicato un sostegno italiano per la finalizzazione di un accordo di collaborazione tra Berna e l’UE che favorisca l’implementazione dei regolamenti REACH (sistema integrato di registrazione, di valutazione, di autorizzazione e di restrizione delle sostanze chimiche). In chiusura, sono state presentate proposte di collaborazione industriale, nel campo delle nano e bio tecnologie, nonché una proposta per l’utilizzo della grande distribuzione elvetica per favorire l’export delle eccellenze italiane dell’agro–alimentare. Un accenno, infine, all’Expo Universale del 2015 e alle opportunità che potrà offrire anche alle imprese svizzere. Tematiche che saranno riprese nel corso del prossimo incontro previsto, nella primavera del 2011 in una località nella Confederazione Elvetica. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 15 A Passariano di Codroipo La Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo Passariano di Codroipo in provincia di Udine ha aperto le porte di Villa Manin in occasione della Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo. L’evento promosso dalla Farnesina in collaborazione con Regione Friuli Venezia Giulia e fortemente voluto dal ministro degli Esteri Franco Frattini, ha visto la partecipazione di 80 uomini e donne di successo nel campo dell’imprenditoria, della ricerca e della scienza provenienti da 28 Paesi differenti. Selezionati, come ha precisato il Sottosegretario Alfredo Mantica, attraverso le ambasciate e la rete diplomatica: “Noi abbiamo indicato alcuni requisiti e ci sono stati segnalati dei nomi che secondo loro potevano rispondere a questi requisiti. Evidentemente persone note all’Ambasciata senza nessun rapporto di parte politico, partitico, patronale e sindacale rappresentativo-istituzionale degli emigrati nel mondo” I l Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, ha sottolineato come la due-giorni sia stata pensata come un’occasione per comprendere quale immagine del “Sistema Italia” sia percepita all’estero, per raccogliere proposte di miglioramento, per individuare in quale modo le eccellenze possano contribuire a tale processo e ad unificare un’Italia che, ne è convinto Mantica, “conosce poco i connazionali nel mondo, perché ancora vittima di una cultura che vede gli italiani all’estero come quelli partiti con la valigia di cartone”. Il nuovo progetto che punta a far comunicare il Paese con gli oltre quattro milioni di connazionali residenti all’estero e i circa sessanta milioni che hanno origini italiane parte dal web mediante la creazione di una rete telematica (data base), che sul modello di quanto già sperimentato dalla Conferenza degli Imprenditori Italiani nel Mondo (CIIM), permetterà di mettere in rete e di far conoscere gli italiani vincenti che si sono affermati all’estero. “L’idea”, secondo Mantica, “è che ciascuno dei ventotto Paesi presenti a Villa Manin costruisca una propria rete e se la gestisca autonomamente. Come Ministero degli Esteri - ha aggiunto - faremo un tavolo tecnico che all’inizio sarà solo di stimolo per l’iniziativa”. Il Ministero degli Esteri si propone come una sorta di “cabina regia” attraverso la nuova Direzione Generale per il Sistema del Paese, che la Farnesina battezzerà tra dicembre e gennaio ed avrà la funzione di collegare tra loro i diversi attori responsabili della proiezione dell’Italia all’estero in tutte le sue sfaccettature, con particolare riguardo ai settori che fino ad ora sono sfuggiti ad un Paese che ignora modelli di successo nell’alta infrastruttura, nella meccanica, nella medicina e nella bioetica. Tre gruppi tematici Tre i gruppi tematici istituiti durante la Conferenza. Il primo incentrato sul tema “proposte per migliorare e rendere più competitivo ed attrattivo il Sistema Italia”. Il secondo riguardante “l’identità culturale alla base dell’eccellenza italiana”. Il terzo si è occupato delle “proposte per il sostegno dell’immagine e della cultura italiana all’estero”, gruppo che, durante il dibattito, è stato accorpato al secondo. Ad illustrare le presentazioni dei gruppi hanno provveduto i rispettivi moderatori: Pia Luisa Bianco, consigliere del Ministro Frattini, Piero Peluffo, coordinatore del Comitato per i 150 anni dell’Unità d’Italia alla Presidenza del Consiglio, il ministro Carla Zuppetti, capo della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e Politiche Migratorie ed Inigo Lambertini, che, assieme a Federico Failla, guiderà la nuova Direzione Generale per il sistema paese. Lambertini ha precisato che la nuova DG renderà più efficiente il Paese in materia di commercio, economia, tecnologia e cultura. Piero Peluffo ha spiegato che provvederà ad avviare un’opera di manutenzione delle strutture della memoria presenti in Italia dedicate alla nascita della nostra Nazione. 1500 monumenti e la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 17 Ricercatori. Imprenditori, professionisti, docenti universitari, ristoratori: tanti nostri connazionali hanno avuto successo all’estero. Una piccola parte di questa eccellenza “esportata” si è riunita a Villa Manin di Passariano di Codroipo, in provincia di Udine: 80 i delegati (8 le donne) provenienti da 28 Paesi che hanno dato vita alla Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo organizzata dalla Farnesina in collaborazione con Regione Friuli Venezia Giulia. 280 musei del Risorgimento. Ciò con l’intento di richiamare alla memoria degli italiani, ovunque residenti, la cultura identitaria. A metà del 2011 - ha annunciato Carla Zuppetti - verrà lanciato il servizio integrato delle funzioni consolari (Sifc), che consentirà l’erogazione di servizi consolari on-line. Una piattaforma che “permetterà, gradualmente, l’avvio dell’erogazione di servizi come la carta d’identità elettronica, l’iscrizione on-line all’anagrafe degli italiani all’estero,ma anche –ha concluso - la possibilità di fissare appuntamenti con personale del Consolato”. Zuppetti, inoltre, agganciandosi al tema “identità” lanciato da Peluffo, ha ricordato che “questo processo di raccolta per ricostruire la memoria, la conoscenza e quindi la coscienza degli italiani è sfociato nel Museo dell’Emigrazione Italiana che abbiamo inaugurato al Vittoriano l’anno scorso. È un punto di raccolta molto snello,molto semplice, con metodologie di acquisizioni di dati sugli italiani nel mondo che rappresentano un aspetto imprescindibile dell’identità nazionale”. Dal canto suo, il direttore generale di New Co Rai International, Mario Benotti, ha annunciato l’intento di migliorare le trasmissioni televisive del canale internazionale Rai in quanto non rispecchiano appieno la moderna immagine del Paese e di promuovere l’informazione di ritorno. Riuscire a fare sistema Nella seconda giornata di Conferenza, la parola è passata ai protagonisti dell’eccellenza “esportata”, 18 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 che hanno fatto sentire la loro voce fornendo proposte e spunti di riflessione importanti per migliorare il Sistema Italia. I temi al centro del dibattito sono stati la frammentazione della rappresentanza dell’Italia, la lentezza nella registrazione di brevetti, l’importanza della diffusione della lingua italiana e degli italofoni. Vi è inoltre stato un grido d’allarme sulla sparizione del sistema bancario italiano all’estero. In apertura dei lavori Renzo Tondo, Presidente della regione Friuli, ha accolto i delegati definendo gli italiani all’estero “ambasciatori di legami e creatività”, manifestando gratitudine verso coloro che “hanno tramandato e tramandano il meglio dell’italianità nei diversi settori”. “Nel passato -ha sostenuto - la mobilità era un’esigenza, oggi è un valore. Il nostro compito è appunto quello di cogliere il valore e le opportunità della mobilità in un mondo senza confini, mantenendo pur sempre il legame con la nostra terra d’origine”. In chiusura il sottosegretario Mantica ha espresso soddisfazione per “L’alto livello di partecipazione che ha fornito un’immagine fortemente positiva dei nostri imprenditori e ricercatori all’estero”, sottolineando al contempo l’esigenza di promuovere nel mondo “un’immagine più vera e più vicina alla realtà del nostro paese, che mostri la cultura del lavoro italiano e della nostra imprenditoria. Una richiesta di aggiustamento forte, quindi, di quelle che sono le attività dei nostri Istituti di cultura”. G ET NOTICED. Bernie’s Donna & Uomo: Zürich Glattzentrum Sihlcity Zollikon Bern Locarno Lugano St. Gallen St. Moritz www.bernies.ch ABARTH.CH RIO AB C 00 TO S H 5 ER ENSE T W R S O A o. AB RE P OUR turb e Y a O n te. 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Che qui riproponiamo, in una versione da noi solo leggermente rimaneggiata, perché è un’appassionata e stimolante riflessione sui presupposti, le responsabilità e gli obiettivi che sottendono ai processi formativi: segnatamente per coloro che, fruendone, possono evitare l’esclusione sociale. Inclusione, integrazione, marginalità, precarietà, sindacato, stato, società civile. Sono queste le parole, che, secondo Bozzolini, le pietre miliari che, soprattutto in proiezione futura, cadenzano “l’azione quotidiana di un’organizzazione, l’ECAP, che di solito guarda sempre in avanti e se in questi mesi guarda indietro alla propria storia lo fa per capire come radicarsi meglio nel futuro cosciente, come direbbe Francesco de Gregori, che questa storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. R agionare di formazione, e di formazione degli adulti in particolare, partendo da alcune parole chiave è un metodo non nuovo. È, ad esempio, il metodo dei Sette saperi di Edgar Morin. “Perché non avete dedicato questo convegno, l’iniziativa più importante tra quelle previste per il 40° anniversario dell’ECAP, al tema dell’integrazione, magari chiamandolo “Formazione per l’in- Guglielmo Bozzolini direttore della Fondazione Ecap (foto Luca Zanier). tegrazione”? Da come è stata ripetuta la domanda, deduco che molti se lo aspettassero da un ente che ha fatto della formazione dei e delle migranti il cuore della sua attività e l’elemento fondante della sua immagine. I motivi della nostra scelta sono molteplici. Ne accenno due. Il primo è che il tema dell’integrazione, così come viene comunemente inteso, ovvero l’integrazione linguistica e culturale dei migranti, non è esaustivo delle tematiche di cui ci occupiamo e di cui si dovrebbe occupare chi agisce nell’ambito della formazione degli adulti. Una dimostrazione plastica della parzialità del tema “integrazione” è data, la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 21 ed è solo un esempio, dalle statistiche sui Woorking Poor, che indicano la nazionalità come uno dei fattori discriminanti nell’accesso al reddito, ma, ovviamente, neanche il più importante. Il tema dell’integrazione dei e delle migranti non elimina quindi, ad esempio, quello della discriminante di genere (Gender), o quello legato alla formazione e alle qualifiche delle persone. L’equazione “immigrato = non qualificato”, che nel senso comune è diffusissima, non solo in Svizzera, è, infatti, un errore evidente. Le condizioni di vita e i problemi che deve affrontare, compresi quelli professionali, una donna semianalfabeta immigrata nella Svizzera Tedesca, sono ad esempio solo in parte riconducibili al tema dell’integrazione e all’apprendimento della lingua locale. Quindi il primo motivo della nostra scelta, il più importante, è l’impossibilità di ridurre il tema della formazione degli adulti e anche degli adulti migranti, a quello della loro integrazione linguistica e culturale, tralasciando ad esempio la dimensione professionale. Un termine ambiguo Il secondo è il carattere ambiguo che la parola “integrazione” ha assunto nel tempo, in particolare nel dibattito politico. Tutti abbiamo notato che spesso si discute di integrazione anche a sproposito; senza dire mai cosa si intenda, senza fornire mai una definizione del termine. In questo modo può succedere che a) si parli di integrazione senza sapere di cosa si parla o parlando di qualcos’altro; b) che due o più persone discutano di questo tema, anche in televisione o nella sala del Consiglio Nazionale, attribuendogli significati molto diversi tra loro e talvolta anche opposti. Succede quindi che il termine “integrazione” rischi di diventare una parola malata! In settembre è stato presentato un modello di misurazione del livello di integrazione dei migranti. QUARANT’ANNI I primi corsi dell’allora Sede svizzera dell’EcapCGIL sono stati avviati a Zurigo nel 1970, attraverso la collaborazione tra il più grande sindacato italiano, la CGIL, e la Federazione delle Colonie libere Italiane in Svizzera, per dare struttura, organizzazione e stabilità alle esperienze formative che le CLI avevano avviato nel decennio precedente. Nel 1984 l’Ecap si trasforma in una Fondazione e stipula una convenzione con L’Unione Sindacale Svizzera a cui seguiranno negli anni Novanta quelle con la Comisiones Obreras, la CGTP e, nel 2006, con Unia. In questi quarant’anni l’Ecap è molto cresciuta, è cambiata, in buona parte si è trasformata. Sono cambiati i settori di attività e i corsi, sono cambiati i partecipanti, sono molto cambiati i collaboratori. 22 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Come qualsiasi studente di fisica sa, non è possibile misurare una grandezza senza definirla in modo condiviso e senza partire dall’assunto che ogni misurazione dipende dall’osservatore ed è relativa ad un sistema di riferimento, che deve essere esplicitato prima. La scelta di non definire esattamente cosa si intenda per integrazione non è dovuta ad inettitudine, ma, da un lato alla volontà di poter riempire il termine ogni volta di significati diversi a seconda del clima politico, e, dall’altro, di poter dire integrazione ma pensare e praticare altro. L’Ecap una definizione di integrazione l’ha data; non sarebbe stato possibile altrimenti lavorare coerentemente per anni, e l’ha anche messa nero su bianco nel 2006: “….l’integrazione nella società locale, è intesa come acquisizione degli strumenti atti a permettere libere scelte di vita, anche per l’attività professionale e per la ricerca del lavoro”1. È una definizione dell’integrazione intesa come processo che ha un forte legame con il sapere ma anche una forte dimensione libertaria (“libere scelte di vita”) e un forte legame con il concetto di diritto, perché la possibilità di operare libere scelte di vita ce l’hai solo se ti vengono riconosciuti determinati diritti. Per i due motivi qui schematicamente riassunto e per alcuni altri ancora, il convegno non è stato intitolato: Formazione per l’integrazione, perché abbiamo inteso mettere in evidenza il rapporto tra la formazione e i processi di inclusione e esclusione sociale e ad alcune delle forme con cui questi si presentano: la marginalità e la precarietà. Il coinvolgimento del sindacato Il coinvolgimento del sindacato è una scelta che parte da due assunti. Il primo è l’importanza della “prossimità” e della 1 „Integrazione sociale, democrazia, sapere: quale cultura, quale formazione“, A.A.V.V., Marzo 2006. L’Ecap è diventato uno dei più grandi enti di formazione degli adulti in Svizzera e forma ogni anno decine di migliaia di persone provenienti da più di 100 Paesi diversi. Il cuore delle attività non è più solo l’apprendimento della lingua locale, del sostegno all’inserimento nel mercato del lavoro e dell’integrazione sociale. È rimasto però costante lo sforzo di coniugare l’innovazione e la solidarietà. Innovazione come capacità di leggere i cambiamenti dei bisogni formativi, della società e del mondo del lavoro e di sviluppare costantemente nuovi metodi, nuovi progetti, nuovi obiettivi. Solidarietà come incontro e scambio tra persone di paesi, ceti, formazione e culture differenti, partendo dalal convinzione che gli immigrati, le donne, i lavoratori non qualificati non possano essere solo l’oggetto della formazione, il pubblico, ma ne debbano essere i protagonisti, gli attori. “partecipazione” nella formazione degli adulti e degli adulti non qualificati in particolare. Una formazione che punti ad includere e non a escludere o selezionare deve assolutamente cercare la “prossimità” con le persone a cui si rivolge e garantire la loro partecipazione nelle scelte. E chi se non il sindacato è l’elemento più efficace di prossimità con i lavoratori e le lavoratrici, in particolare con i e le migranti? Sindacato che è anche, insieme alle associazioni, uno dei pochi strumenti di partecipazione di cui dispongono. Il secondo è l’importanza che nella nostra discussione assume il concetto di diritti, il diritto al sapere in particolare. E i diritti sono un elemento centrale dell’azione del sindacato. Lo slogan di uno degli ultimi congressi della CGIL era ad esempio “futuro ai diritti”. Nel caso dei e delle migranti il sindacato è, di forma e di fatto, l’unico strumento di difesa dei loro diritti. Ma c’è anche un’altra valutazione. Discutere di formazione per l’inclusione nella moderna società della conoscenza, significa discutere di organizzazione del lavoro e del mercato del lavoro, di salari e di riconoscimento salariale della formazione, di connessione tra gerarchie e sapere. È chiaro quindi che il sindacato come soggetto di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici deve essere uno dei protagonisti della discussione sulla formazione degli adulti. Secondo me “il” protagonista. È un ruolo che spesso non gli viene riconosciuto, essendo ancora molto forte in questo paese l’antica idea “medievale” (e dico medievale senza alcun dispregio, ma come constatazione delle radici storiche, come dimostra Sennet nel suo bellissimo libro sul lavoro artigiano) che di formazione si debbano occupare le imprese e le organizzazioni dei datori di lavoro, ma è un ruolo di cui spessissimo il sindacato stesso non è cosciente e a cui deve essere richiamato. E questo è tanto più problematico nel momento che le imprese hanno abbandonato quella funzione di responsabilità verso l’interesse collettivo che pure avevano pensato di svolgere, a modo loro, per tutto il periodo del lungo boom del dopoguerra. L’intervento pubblico Altra parola-chiave è Stato; ovvero l’azione normativa, regolativa e redistributiva dello stato, quindi le politiche pubbliche. Jean Ziegler, intervenendo al Congresso dell’Unione Sindacale Svizzera, tra le altre cose ha detto che uno degli obiettivi delle forze che difendono gli interessi dei più deboli c’è quello di tutelare il ruolo normativo e regolativo e l’azione redistributiva dello stato, perché sono i più deboli che hanno bisogno dello stato. Un’impostazione che condivido. Anche se l’Ecap sulle varie problematiche ha una pluralità di opinioni talvolta molto articolate. Va precisato che l’Ecap che non si riconosce nella dicotomia pubblico-privato, genralmente coniu- Ma chi l’ha detto che ad un convegno dal titolo così impegnativo ci si debba annoiare? (foto Luca Zanier). gata come alternativa tra pubblico e mercato e nella quale l’ente finisce per essere pressato nel calderone dei privati e assimilato a istituzioni unicamente a scopo di lucro o a no-profit mascherati, con le quali non abbiamo molto in comune. Tra pubblico e mercato c’è, infatti, il no-profit o, per citare ancora Jean Ziegler, la “società civile”. L’Ecap è un’organizzazione della società civile e come tale ha l’ambizione di costruire “prossimità” rispetto ai nostri gruppi sociali di riferimento, di garantirne anche la rappresentanza dei bisogni, negli ambiti di sua competenza ovviamente, nonché, per il fatto stesso di esistere, di offrire un’occasione di partecipazione. Premesso questo, penso che nel settore della formazione degli adulti in Svizzera, a fronte di un mercato molto sviluppato, l’intervento pubblico non possa essere solo normativo e regolativo (come proposto da molti esponenti di istituti privati) ma soprattutto redistributivo. Intervento redistributivo che in questo caso si dovrebbe manifestare soprattutto in una funzione compensativa rispetto alle dinamiche del mercato stesso ovvero nello sviluppo di politiche inclusive per i pubblici a rischio di marginalità. Dico questo richiamandomi alla pragmatica idea di giustizia espressa dal premio Nobel Amartya Senn nel suo libro “The idea of justice2” Questo è un approccio che porta a conseguenze opposte a tutte le politiche tese a esaltare le dinamiche di mercato nel settore della formazione, ivi comprese quelle di sostegno alla domanda, e opposto anche al principio liberale della responsabilità individuale. Lo strumento che meglio garantisce le varie funzioni dell’intervento pubblico, garantendo allo 2 Amartya Sen: „The Idea of Justice“ Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 23 si propone da troppe parti sul finanziamento della domanda, ovvero sull’introduzione degli assegni di formazione ci porta su una strada opposta, su quella dello spostamento ulteriore di risorse verso gli operatori a scopo di lucro e verso i pubblici più privilegiati. Una fase della tavola rotonda che ha chiuso i lavori del convegno con (da sinistra): Furio Bednarz, presidente Fondazione Ecap, Roger Nordmann, Lire et Ecrire, Peter Sigeristi, USS, André Scläfli, SVEB, Sabine Schoch, Dienststelle Soziales und Gesellschaft Cantone di Lucerna, Giacomo Viviani, Comitato Scientifico Ecap (foto Luca Zanier). stato il massimo di capacità di governo e alla società civile la possibilità di articolare al massimo le proprie potenzialità, è il finanziamento di progetti e programmi, ciò che tecnicamente si definisce il sovvenzionamento dell’offerta. Se di interventi straordinari c’è bisogno, e ce n’è davvero bisogno, si dovrebbe recuperare l’esperienza dell’Offensiva per il Perfezionamento Professionale degli anni Novanta, la Weiterbildungsoffensive, ovvero il programma dell’allora UFIAMT con cui l’Ecap avviò il progetto Frontalieri, l’azione formativa per i lavoratori della NEAT, i corsi di tedesco per muratori e quelli per donne nella città di Zurigo, nonché la lunga serie dei progetti per il sostegno delle pari opportunità e anche la stessa ECAP Zentralschweiz ha lì le sue origini. È quello lo strumento da valorizzare e da proporre con coerenza alle varie autorità cantonali, insistere come invece SUPERATE LE 100‘000 LEZIONI Lo scorso anno (2009) l’Ecap ha organizzato, presso le sue 8 sedi regionali, 3283 corsi coinvolgendo 34’369 partecipanti per un totale di 113’948 lezioni. I corsi hanno toccato 7 diversi settori: persone in cerca di lavoro (2’424 corsi - 24’788 partecipanti 58’780 lezioni)); formazione professionale (72 - 748 - 5’848); lingua e integrazione (669 - 7’559 - 42’583); supporto per lavoratori dipendenti (9 - 53 - 702); formazione di base (58 - 645 - 2’804): informatica (44 - 452 - 2068) progetti speciali (7 - 124 - 164). Come si può notare il volume dei corsi destinati alle persone in cerca di lavoro è superiore alla metà 24 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Animare la domanda formativa La mia obiezione non è solo ideologica, legata cioè al fatto che il sostegno alla domanda, in questo caso gli assegni di formazione, sia lo strumento standard di smantellamento dell’intervento pubblico, ma anche pratica. Sarebbe ora che anche nel dibattito in questo campo si introducesse il metodo scientifico ovvero si pretendesse che le teorie, anche le più affascinanti, venissero verificate empiricamente. Chiunque abbia provato almeno una volta ad organizzare un corso per adulti non qualificati sa che il prezzo, ovvero i costi che loro debbono sostenere è un grande ostacolo, anche perché bassa qualifica equivale quasi sempre a bassissimo salario. Ma non è l’unico ostacolo, altrimenti non ci spiegheremmo come a fronte di centinaia di migliaia di persone che in Svizzera, secondo lo studio ALL, hanno problemi a leggere e scrivere, spesso le corrispondenti azioni formative vanno deserte. Ci sono anche ostacoli di altra natura e c’è bisogno, ad esempio, di una grande azione di “animazione della domanda formativa”, che non è la pubblicità in senso stretto, ma promozione “mund zu mund”, orientamento, informazione, reclutamento capillare, come fa il sindacato sui cantieri o nelle ditte di pulizia. È un metodo che richiede che nella formazione dei non qualificati si investano risorse diverse da quelle che si destinano a chi alla formazione può accedere da solo. È del resto strano che di tutti gli studi sulla possibile introduzione del finanziamento della domanda non si citi mai quello dell’Università di Berna, nel quale si dimostra che finanziare la domanda modifica l’offerta e la spinge a concentrarsi sui segmenti a minori costi e maggiore redditività. È il contrario di ciò che hanno bisogno le persone i cui bisogni l’ECAP ambisce a rappresentare. (52,5%) delle iniziative realizzata dall’Ecap. Un’altra quota importante (37,4%) è occupata dai corsi di lingua e integrazione. I rimanenti 5 settori rappresentano poco più del 10% delle attività. I centri regionali dell’Ecap sono: Argovia (Aaau e Baden), Basilea, Formazione (Berna e Bienne), Soletta, Svizzera centrale (Lucerna), Ticino (Lamone), Vaud* (Losanna), Winterthur, Zurigo. A Zurigo, oltre alla sede regionale (sita alla Neugasse) nel circondario di Oerlikon si trovano anche gli uffici amministrativi nazionali. Informazioni e contatti: www.ecap.ch *attivata nel 2010 ,OEHQHVVHUHLQWXWWDODVXDERQWj /DSDVWD%DULOOD,QWHJUDOHqIRQWHGLILEUHQDWXUDOLFRVuSXRL YLYHUHRJQLJLRUQRLOWXRHTXLOLEULRFRQLOPDVVLPRGHOJXVWR L’impiego di treni a due piani aumenterebbe la capacità per il traffico passeggeri senza danneggiare il traffico merci. Alptransit 2017 - Come trasferire ancora più merce su rotaia? Nel corso di un conferenza stampa Zurigo, lo scorso 8 novembre, le imprese e le associazioni del trasporto merci hanno chiesto misure immediate affinché la galleria di base del Gottardo, alla sua apertura nel 2017, possa sortire gli effetti attesi per il trasferimento delle merci. Sono necessari adeguamenti infrastrutturali come il corridoio da 4 metri, terminali nel sud e l’adeguamento delle tratte d’accesso. Inoltre è inaccettabile la posizione di svantaggio del traffico merci rispetto al traffico passeggeri, dal momento che riduce sensibilmente la competitività del trasporto merci ferroviario rispetto a quello stradale. Obiettivo di trasferimento Se due anni dopo l’apertura della galleria di base del Gottardo si intende raggiungere anche solo parzialmente l’obiettivo di trasferimento, alcune condizioni sulle rotaie svizzere dovranno cambiare. Infatti, entro il 2019, altre 1.200.000 spedizioni stradali dovrebbero essere trasferite su rotaia nel transito alpino, in aggiunta alle attuali 900.000 spedizioni e in considerazione della crescita del mercato. Ma ciò non può essere realizzato senza un rapido sviluppo dell’infrastruttura e un incremento dell’attrattiva della ferrovia per il trasporto di merci. Corridoio da 4 metri In occasione della presentazione del documento di posizione “Alptransit 2017 – Infrastrutture per il trasferimento del traffico” a Zurigo, imprese e associazioni del trasporto merci hanno fatto notare con forza le disfunzioni attuali e hanno richiesto azioni mirate da parte della politica dei trasporti. Certo, le nuove gallerie di base del Gottardo e del Ceneri rispettano i più moderni standard, ma i tratti restanti del corridoio nord-sud, decisivo per il traffico di transito, risalgono al XIX secolo e rispondono solo in parte ai requisiti attuali. “L’intero asse del Gottardo deve essere adeguato secondo un piano di corridoio sia in Svizzera che negli stati confinanti”, ha richiesto Bernhard Kunz, direttore dell’operatore del trasporto combinato Hupac. E’ stato un grande risultato, quello della politica svizzera dei trasporti, di realizzare, dal 2000 al 2008, una crescita del 70% del trasporto combinato su un’infrastruttura centenaria. Ma ormai il profilo limitato della tratta rappresenta un punto insormontabile per l’ulteriore sviluppo del traffico. “Il profilo di 3,80 metri della tratta del Gottardo è inferiore allo standard europeo ed esclude dal trasferimento il segmento dei moderni semirimorchi da 4 metri”. Boom di mercato per i semirimorchi Negli ultimi vent’anni la percentuale di semirimorchi nel trasporto transalpino stradale attraverso la la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 27 se del Gottardo per il trasporto dei 4 metri è un importante passo intermedio e deve essere attuato già per l’apertura della galleria di base del Gottardo nel 2017”, chiedono i trasportatori. Nel corso di una conferenza stampa le imprese e le associazioni del trasporto merci hanno chiesto misure immediate affinché la galleria di base del Gottardo, alla sua apertura nel 2017, possa sortire gli effetti attesi per il trasferimento delle merci. Svizzera è raddoppiata e attualmente ammonta almeno al 60% di tutti i veicoli. I semirimorchi sono flessibili nell’utilizzo e con i loro 4 metri di altezza laterale sono particolarmente adatti per il trasporto di merci voluminose. “Se vogliamo trasferire ulteriori volumi, dobbiamo concentrarci su questo segmento di mercato in quanto gli altri segmenti, come i container e le cisterne, sono già trasferiti su ferrovia nella quasi totalità”, ha dichiarato Kunz. È un potenziale di mercato con buone prospettive di sviluppo, visto che grandi imprese di trasporto e logistica abbandonano sempre più altri tipi di contenitori di carico come le casse mobili, e convertono le loro flotte in semirimorchi da 4 metri. L’esempio del Brennero Interessante è lo sviluppo dell’asse del Brennero che nel 2000 è stato convertito al profilo da 4 metri. Da allora il trasporto combinato non accompagnato (TCNA) è quadruplicato, mentre il trasporto di semirimorchi è aumentato di sei volte. Attualmente, il 28% delle spedizioni TCNA via Brennero è rappresentato da semirimorchi, un dato in continuo aumento. Secondo uno studio dell’Ufficio federale dei trasporti, con l’introduzione di un corridoio da 4 metri in Svizzera la percentuale di semirimorchi passerebbe dall’attuale 13% a 25-35% entro il 2030. Profilo alto per le merci… Per trasportare i moderni autoarticolati su rotaia è necessario abbassare i binari delle tratte interessate e realizzare alcuni adeguamenti. L’investimento dovrebbe ammontare a pochi milioni di franchi. Al momento il progetto e il finanziamento sono in fase di verifica da parte dell’Ufficio federale dei trasporti. Non ci sono alternative dato che il corridoio da 4 metri attraverso il Lötschberg è saturo per oltre il 90% mentre i carri merci sono già stati abbassati al massimo. “L’ampliamento dell’as- 28 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 … e i passeggeri L’adeguamento del profilo è il presupposto anche per l’impiego di treni passeggeri a due piani sull’asse del Gottardo. Una richiesta importante per il settore del trasporto merci il quale, nella lotta per l’assegnazione delle tracce, si trova in posizione di svantaggio. “La galleria di base del Lötschberg è stato un tale successo a livello di politica ferroviaria che il trasporto passeggeri si è assicurato un numero molto maggiore di tracce rispetto a quante ne erano previsti originariamente”, ha dichiarato Hans Kaspar Schiesser dell’Unione dei trasporti pubblici. Oggi i treni Rola e per semirimorchi ad alto profilo sono già al limite; molti treni merci viaggiano sulle antiche tratte montane, sopportando notevoli costi aggiuntivi. “Dobbiamo partire dal presupposto che anche sull’asse del Gottardo si verificherà un vero e proprio boom del trasporto passeggeri”, ha affermato Schiesser. L’impiego di treni a due piani aumenterebbe la capacità per il traffico passeggeri senza danneggiare il traffico merci. Garantire le tracce merci È necessario inoltre istituire una “riserva di tracce merci” che possa garantire a lungo termine e in modo affidabile le capacità per il trasporto merci per il quale, dopotutto, Alptransit è stato concepito. Per l’UTP è ovvio che, nonostante le differenze tecniche, gli ampliamenti del profilo per treni a due piani e treni merci da 4 metri debbano essere realizzati allo stesso tempo: due piccioni con una fava – al più presto!” Linee di accesso a sud Misure immediate sono necessarie anche per gli allacciamenti a sud della galleria di base del Gottardo. Le nuove linee ferroviarie previste in accordo tra Svizzera e Italia rappresentano un progetto molto ambizioso che richiede investimenti importanti a causa del territorio montuoso. Le opere potranno essere realizzate, stante la situazione attuale, non prima del 2040-2050. Per poter mettere a disposizione adeguate linee d’accesso in tempi più brevi, le tratte ferroviarie odierne via Luino e Chiasso devono essere potenziate con alcuni interventi di minore entità, ad esempio con la realizzazione della Piattaforma Luino I e II che consentirebbe il transito di una maggiore quantità di treni di lunghezza maggiore. Mentre infatti lo standard ferroviario europeo prevede una lunghezza dei treni di 750 metri, i convogli che viaggiano sull’asse nord-sud attraverso la Svizzera attualmente raggiungono al massimo una lunghezza di 600 metri a causa di restrizioni nel sud. “In tutta Europa si discute dei megatrailer che incrementano la pro- duttività del trasporto stradale del 50% in un sol colpo”, ha sottolineato Kunz, direttore di Hupac. “Da anni lottiamo perché i treni del transito alpino possano essere più lunghi di uno o due vagoni guadagnando quindi un paio di punti percentuali in termini di produttività. È necessario concludere finalmente la fase I del progetto Piattaforma Luino e avviare immediatamente la fase II”. Terminali Un altro punto debole è rappresentato dai terminali di trasbordo. Un deficit acuto si delinea a est di Milano. Entro l’apertura della galleria di base l’Italia aumenterà la capacità dell’asse via Chiasso, decisivo per il trasporto passeggeri, e costruirà una nuova tratta tra Seregno e Bergamo. Tuttavia non sono ancora previsti i terminali di trasbordo necessari per il traffico merci; i piani di investimento di Hupac sono stati respinti. “Senza terminali non è possibile alcun trasporto combinato!”, hanno avvertito i trasportatori. La sicurezza dell’investimento come fattore di successo Il fatto che numerose imprese nonostante le difficoltà esistenti si impegnino per i’intermodalità dimostra l’efficacia di questo sistema di trasporto che combina in modo opportuno i punti di forza di diverse modalità di trasporto. Code, mancanza di autisti e crescenti costi energetici stanno infatti mettendo sempre più in difficoltà il trasporto di merci su strada. Inoltre, la sostenibilità e un comportamento ecologicamente corretto sono fattori importanti per numerose industrie e imprese logistiche. Secondo il prof. Wolfgang Stölzle, titolare della cattedra per il management di logistica dell’università di San Gallo “il successo del trasferimento del trasporto di merci dalla strada alla rotaia presuppone l’inclusione attiva dell’economia del trasporto e di tutte le imprese logistiche e di trasporto interessate”. Tali imprese investono elevate somme nel trasporto merci ferroviario, ad esempio in locomotive, vagoni, terminali di trasbordo e in particolari veicoli adatti per il trasporto combinato. “La politica dei trasporti deve creare condizioni quadro affidabili e stabili per consentire alle imprese di prendere decisioni di investimento per tempo e con la necessaria sicurezza” ha detto ancora Stölzle. Nessuna sorpresa Per economiesuisse, Alptransit è un esempio di trasparenza insufficiente nel finanziamento del traffico, non essendo tuttora definiti i costi annuali di manutenzione e gestione. Per impiegare in modo economico gli scarsi mezzi pubblici, il grado di autofinanziamento dell’intero trasporto pubblico deve essere sensibilmente incrementato in futuro. “Oggi il trasporto pubblico non copre nemmeno la metà dei suoi costi”, ha calcolato Dominique Reber, membro della direzione dell’Unione degli Sull’asse del Gottardo sono necessari adeguamenti infrastrutturali come il corridoio da 4 metri, terminali nel sud e l’adeguamento delle tratte d’accesso. imprenditori economiesuisse. L’altra metà viene finanziata da fondi pubblici e dal trasporto stradale. Una simile situazione crea stimoli errati verso un eccessivo sfruttamento. “Dobbiamo trovare il modo per una più equa attribuzione dei costi nel finanziamento del trasporto”. Per economiesuisse una spina nel fianco è rappresentata anche dai numerosi finanziamenti complementari, anche cospicui, che evidentemente sono necessari al raggiungimento degli obiettivi per l’infrastruttura del secolo della galleria di base del Gottardo. “I costi infrastrutturali devono essere trasparenti. Le sorprese non sono accettabili”, ha affermato Reber. Equiparazione del trasporto di merci La migliore infrastruttura serve a poco se il trasporto merci viene discriminato rispetto al trasporto passeggeri. Pertanto, sono di estrema importanza le condizioni di utilizzo dell’infrastruttura. Se si desidera far crescere il trasporto di merci su rotaia, bisogna concedere ad esso capacità sufficienti ed un adeguata posizione nella rete. Oggi il trasporto merci ha priorità secondaria nell’accesso alla rete e nell’esercizio, motivo per cui i treni merci viaggiano in orari sfavorevoli e subiscono forti ritardi in caso di irregolarità. Questo comporta una scarsa qualità del servizio e costi d’esercizio supplementari dato che le locomotive e i carri merci devono essere impiegati in modo non efficiente. Allo stesso tempo, però, l’attuale sistema dei prezzi delle tracce, fortemente basato sul peso, prevede prezzi elevati per l’utilizzo dell’infrastruttura da parte dei treni merci. Frank- Furrer, amministratore di VAP Associazione dei caricatori: “La chiave per il trasferimento del traffico risiede anche nella questione di grande rilevanza politica che riguarda come la Confederazione e i Cantoni intenderanno regolare il rapporto concorrenziale tra il trasporto passeggeri e il trasporto merci”. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 29 SSSSSSssst! Il riposo fa bene al sapore. Stagionato da 9 a 15 mesi Stagionato oltre 16 mesi Stagionato oltre 20 mesi La sua pasta già granulosa ha un gusto delicato: ecco il Grana Padano D.O.P. più giovane, il formaggio da pasto per eccellenza. Formaggio da grattugia o da tavola? Il Grana Padano D.O.P. oltre 16 mesi risolve ogni dubbio, con il suo gusto pieno, pronunciato ma mai piccante. Grana Padano RISERVA: la stagionatura prolungata lo rende di assoluta eccellenza. Perfettamente idoneo tanto al consumo da pasto che da grattugia, è una scelta da veri intenditori. Grana Padano, tre stagionature, tre sapori. BENCHMARK di Nico Tanzi Berlusconi, Obama, Word of Warcraft e i barbari in arrivo “La forma e i contenuti delle nostre storie personali sono fortemente condizionati dai media che consumiamo in quantità industriali, dal cinema alla tv, dai fumetti ai videogame. (...) Le implicazioni sono tutt’altro che banali, dato che i media si evolvono costantemente. L’avvento di Internet, della telefonia mobile e del digitale ha determinato trasformazioni profonde. Ergo, le narrazioni che usiamo per interpretare e modellare la nostra realtà sono cambiate radicalmente”. La citazione è di Matteo Bittanti: vi dirò più avanti chi è. Per il momento prendiamo atto di una tendenza ampiamente confermata da psicologi e sociologi: i cambiamenti generano instabilità. Il mondo in cui viviamo ci confonde, i punti di riferimento che esistevano un tempo non esistono più. Le certezze di un tempo non ci sono più. E molti fanno fatica a capire il senso di quello che ci succede attorno. Gli stessi mass-media stanno cambiando pelle. Se fino all’altro ieri il loro ruolo era raccontare delle storie con testi, immagini, suoni, oggi si trovano a “spalmare” materiali di ogni genere in tutti i modi che la tecnologia rende possibili: non solo giornali, tv e radio, ma anche, appunto, internet, telefonini, iPod, iPad, videogiochi, e chissà cos’altro ancora inventeranno nei prossimi anni (se non mesi). È una vera e propria mutazione genetica. Ad accentuare l’instabilità di cui sopra, sempre di più si configura il cosiddetto digital divide – il divario digitale, che separa chi è “dentro” il nuovo scenario iper-tecnologizzato da chi è fuori. Un divario fra generazioni come fra paesi – e fra capi di stato: è drammatico il contrasto, tanto per fare due nomi, fra un Berlusconi che non molto tempo fa almanaccava di regolamentare (leggi: censurare) la rete, e un Obama che è regolarmente in contatto con i suoi elettori tramite posta elettronica, Facebook, Twitter e Youtube. Obama è diventato presidente degli Stati Uniti grazie anche, se non soprattutto, al passaparola attraverso internet. La sua enorme popolarità fra i giovani (almeno fino a quando non è diventato l’inevitabile capro espiatorio della recessione economica) è passata addirittura per il mondo dei videogames: per tutta la seconda metà del 2008, quasi tutti gli americani appassionati di videogiochi online, e cioè diversi milioni di persone, mentre smanettavano con il mouse o con il joystick davanti allo schermo del computer, si sono imbattuti in una scritta che appariva all’improvviso sul loro percorso di gioco: “Vota Obama”. A proposito di videogames: torniamo a Matteo Bittanti, con un’altra citazione. “Chi afferma che i videogiochi ci rendono asociali parla senza cognizione di causa. Ci sono undici milioni di persone che vivono una vita alternativa nel mondo di ‘War of warcraft’ (uno dei più popolari giochi online, ndr). E il solito binomio realtà–finzione è privo di senso, perché le nostre avventure nei mondi dei bit sono significative come quelle dei mondi fatti di atomi.” Rileggete quest’ultimo passaggio. E prendete nota: chi parla (Bittanti, appunto) è un ricercatore universitario in un’importante università americana. Insomma: nel tempio del sapere, nella cattedrale della cultura, qualcuno prende la penna (anzi, la tastiera) e scrive nero su bianco che le esperienze virtuali dei ragazzi che passano otto ore al giorno sui videogiochi sono significative come quelle vissute nel mondo reale. Come ha potuto accadere? Cosa ci è sfuggito? C’è un’espressione che sintetizza molto efficacemente il punto di vista di molti, soprattutto dei non più giovanissimi, su tutto ciò: “stanno arrivando i barbari”. E in un certo senso è vero. Sentiamo cosa scrive un famoso scrittore italiano. “Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all’invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. Ma questa volta sembra diverso. È così profondo, il duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto più profondo: stanno cambiando la mappa. Forse l’hanno perfino già cambiata. Dovette succedere così negli anni benedetti in cui, per esempio, nacque l’illuminismo, o nei giorni in cui il mondo tutto si scoprì, d’improvviso, romantico. Non erano spostamenti di truppe, e nemmeno figli che uccidevano padri. Erano dei mutanti, che sostituivano un paesaggio a un altro e lì fondavano il loro habitat”. Il testo da cui è tratto il passaggio qui sopra è di Alessandro Baricco e si intitola I barbari. (Era uscito per la prima volta a puntate su Repubblica alcuni anni fa, poi è stato ripubblicato per intero da Feltrinelli). Ci torneremo nel prossimo numero della Rivista, per approfondire una tesi intrigante. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 31 BUROCRATICHE di Manuela Cipollone Compiti e poteri del Commissario straordinario delegato di Expo 2015 Operazioni con i Paesi in “black list” Da Milano "grande evento" ai chiarimenti sulle operazioni con i paesi in "black list", passando per l’ora solare: c’è davvero di tutto nella Gazzetta Ufficiale in cui vengono pubblicati tutti i provvedimenti che, più o meno direttamente, condizionano la vita degli italiani. Il 2015, si sa, sarà l’anno dell’Expo: i ritardi maturati fin d’ora cominciano ad avere una qualche consistenza, così Palazzo Chigi ha emanato due ordinanze, entrambe pubblicate il 16 ottobre scorso, che chiariscono compiti e poteri del Commissario straordinario delegato, cioè Letizia Moratti, che viene autorizzata ad "adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare la disponibilità delle aree individuate nel dossier di registrazione nei tempi richiesti dal BIE, in deroga alla disciplina ordinaria"; provvedimenti, si chiarisce al punto 2, che sostituiscono "ad ogni effetto di legge, accordi, pareri, intese, nulla osta, autorizzazioni e concessioni, ovvero atti e provvedimenti comunque denominati, di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali, anche se previsti da precedenti ordinanze". Moratti potrà individuare "opere necessarie per la realizzazione del sito espositivo" anche "se non incluse in atti di programmazione del comune di Milano e di altre Amministrazioni interessate", sempre in deroga alla "disciplina ordinaria". L’unico vincolo a tutti questi provvedimenti viene dall’Europa: con la seconda ordinanza, sempre del Presidente del Consiglio, si specifica infatti che Moratti dovrà rispettare i "vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario". Tempi stretti per Milano, larghissimi per la ratifica di accordi internazionali. Almeno per parte italiana. Sempre ad ottobre, il Ministero degli Esteri ha reso noto che si è conclusa la procedura per l’entrata in vigore del Protocollo firmato a Bruxelles nel 2003 che modifica la convezione sull'uso dell'informatica nel settore doganale in quanto prevede l'istituzione di un archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali. Con tre diversi decreti emanati in luglio, ma entrati in vigore a fine ottobre, il Ministero dell’Economia ha invece stabilito l’ammontare del cofinanziamento nazionale a sostegno delle attività dell’Enea – cioè l’Agenzia na- 32 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 zionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile - per il programma Euratom (24.683.756 euro) e quello a carico del Fondo di rotazione per i programmi transfrontalieri dell’obiettivo Cooperazione territoriale europea, (programmazione 2007-2013). In quest’ultimo caso gli euro stanziati per il 2010 sono 18.874.858: il fondo, si spiega nel decreto, "è autorizzato ad erogare gli importi di ciascun programma, in favore delle Regioni". Il terzo decreto riguarda il Cofinanziamento statale a carico del Fondo di rotazione per il programma Operativo Enpi Bacino del Mediterraneo, questa volta per gli anni 2008 e 2009, pari, complessivamente, a 1.164.804 euro. Sempre ad ottobre l’Agenzia delle Entrate ha deciso di pubblicare una circolare per fornire chiarimenti sulle comunicazioni, da parte dei soggetti passivi IVA, dei dati relativi alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi black list. "È il decreto legge n.40/10 (convertito nella Legge n.73/10) – vi si legge – a prevedere l’obbligo per i soggetti passivi Iva di comunicare all’Agenzia delle Entrate tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede residenza o domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata (D.M. 4 maggio 1999 e D.M. 21 novembre 2001) I termini per la presentazione degli elenchi mensili relativi ai periodi di luglio e agosto partono dal 2 novembre 2010". Nella circolare si specifica anche che "sono obbligati alla comunicazione con i paesi black list tutti i soggetti Iva, esclusi i contribuenti minimi e i soggetti che hanno optato per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative produttive" e che "Cipro, Malta e la Corea del Sud non sono più paesi a regime fiscale privilegiato. Rientrano nell'obbligo di segnalazione anche le importazioni; ne rimangono invece fuori le operazioni carenti dei presupposti oggettivi e soggettivi ai fini dell'Iva". Alcuni giorni dopo sul tema è tornata anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con una nota in cui si spiegano le condizioni per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici delle imprese con sede nei Paesi con regime fiscale privilegiato: "in particolare – spiega l’Autorità – l'art. 37 stabilisce per le imprese aventi sede, domicilio o residenza nei Paesi con regime fiscale privilegiato, ove non è garantita la trasparenza nello scambio delle informazioni, non essendo impegnati al rispetto di vincoli fiscali dettati da norme internazionali – cosiddetta Black list - individuate nei decreti ministeriali 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, l'obbligo di essere in possesso di una autorizzazione rilasciata dal Ministero dell'economia e finanze ai fini dell'ammissione alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica". Questa disposizione "rinvia ad un apposito decreto attuativo del Ministro dell'economia e finanze la disciplina relativa alle modalità di rilascio della suddetta autorizzazione, che sarà subordinata alla comunicazione dei dati identificativi dei titolari effettivi delle partecipazioni societarie". L'Autorità richiama quindi l'attenzione delle stazioni appaltanti in merito "alla inapplicabilità della norma in mancanza delle disposizioni di dettaglio sulla procedura autorizzatoria". È il Ministro Romani a firmare un decreto che – pubblicato il 25 ottobre – stabilisce le nuove condizioni di ammissibilità e le disposizioni di carattere generale per l’amministrazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, mentre la Farnesina ha reso noti tutti gli Atti internazionali entrati in vigore per l’Italia entro il 15 settembre scorso non soggetti a legge di autorizzazione alla ratifica: due Memorandum, uno con l’Ue l’altro con l’Anp, per un contributo al bilancio dell'Autorità Palestinese tramite il PEGASE (Dono 7 milioni di euro); quello con Panama per la cooperazione nel settore della sicurezza; con la Georgia sulla cooperazione nella lotta alla criminalità; con il Brasile per la cooperazione nel settore della difesa; con il Ghana sulla cooperazione di polizia contro il traffico di migranti, tratta di esseri umani, immigrazione illegale e terrorismo; l’Accordo di sicurezza con Francia, Portogallo e Spagna sulla protezione delle informazioni classificate di EUROFOR. Ancora il Ministro Romani ha firmato un decreto, pubblicato il 30 ottobre, che fissa termini e modalità di presentazione delle proposte progettuali per l’accesso alle agevolazioni per la realizzazione di progetti transnazionali di sviluppo sperimentale e ricerca industriale nel settore delle biotecnologie, nell’ambito del Programma comunitario EUROTRANS-BIO. All’articolo 2 si spiega che al finanziamento dei partecipanti italiani è destinata la somma di 5 milioni di euro, mentre l’articolo 4 fissa la scadenza del bando al 1° febbraio 2011. Il 5 novembre scorso, poi, è stato pubblicato un decreto – firmato dal sottosegretario Letta per conto del Premier circa due mesi prima – che stabilisce la durata dell’ora solare che terminerà il prossimo 27 marzo per entrare in vigore di nuovo il 30 ottobre 2011. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 33 A\YPNV (3, 0 A 0 5 0 ;( 6--,9 A\YPNV )HYP [IHYP V N P Y P A\ PJJVT LS]L[ O ^ ^ ^ %DUL %ULQGLVL /DPH]LD7HUPH &DWDQLD =XULJR%DUL YROWHO DQQR 7PHUVKP]VSVPU]LYUHSL +PJLTIYL +LZ[PUHaPVUP KHWLYA\YPNV ¯ ¯ ¯ =L :H ¯ .P ¯ +V ¯ :H +V 3\ )HYP )YPUKPZP 3HTLaPH;LYTL *H[HUPH .LUUHPV *VU/LS]L[PJ(PY^H`ZH]YL[L TVKVKPNVKLY]PPS=VZ[YV]VSV UVUZ[VWPU\UHTIPLU[LWLYZVUHSL =PWVY[LYLTVKHA\YPNVHSSL=VZ[YL KLZ[PUHaPVUPPU0[HSPHZLUaHHSJ\UV ZJHSV 7YLUV[H[LZV^^^OLS]L[PJJVT VHS ANGOLO FISCALE di Tiziana Marenco Imposizione degli utili di liquidazione in caso di cessazione definitiva dell’attività lucrativa indipendente Il 1° gennaio 2011 entra in vigore in Svizzera nell’ambito della Legge sulla riforma II dell’imposizione delle imprese la nuova normativa federale sull’imposizione privilegiata degli utili di liquidazione da attività lucrativa indipendente (in particolare da società semplice, in nome collettivo e in accomandita o ditta individuale) in caso di cessazione definitiva dell’attività. L’imposizione privilegiata di cui all’articolo 37b della Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD) e della relativa ordinanza, nonché delle rispettive norme del diritto cantonale che i cantoni devono introdurre al più tardi entro il 1° gennaio 2013, si applica qualora il contribuente cessi l’attività indipendente dopo aver raggiunto il 55° anno di età o in seguito ad invalidità ai sensi della Legge federale sull’assicurazione per invalidità (LAI). L’inizio di un’attività dipendente connessa alla cessazione di quella indipendente non preclude il diritto del contribuente ad invocare la tassazione privilegiata se le condizioni dell’art. 37b LIFD sono adempite. Gli utili di liquidazione privilegiati sono costituiti dalle riserve occulte realizzate nel corso degli ultimi due esercizi. Queste riserve vengono sommate ed imposte congiuntamente, ma separatamente dagli altri redditi. Dall’ammontare delle stesse riserve sono deducibili i contributi di riscatto di istituti di previdenza professionale di cui all’art. 33 cp.1 lit. d LIFD. Se non vengono effettuati riscatti malgrado gli stessi siano ammissibili, l’ammontare del riscatto virtualmente ammissibile viene imposto ad aliquota privilegiata di un quinto dell’aliquota ordinaria. Il resto dell’ammontare delle riserve imponibili sarà invece tassato sulla base dell’aliquota applicabile all’ammontare di un quinto delle riserve stesse, fattore che dato il tasso progressivo dell’imposta costituisce un ulteriore privilegio. Nell’ambito della stessa legge verrà introdotta all’art. 18a cv. 1 LIFD anche la tassazione privilegiata nel senso di un differimento d’imposta sino all’alienazione effettiva, cioè sino alla realizzazione, degli immobili trasferiti dalla sostanza commerciale a quella privata. Se nel quadro della cessazione definitiva della sua attività lucrativa indipendente il contribuente esige il differimento della tassazione ai sensi dell’art. 18a LIFD, l’imposizione degli utili di liquidazione si applica agli ammortamenti recuperati sull’immobile, per i quali non è possibile un differimento d’imposta. Se in seguito l’alienazione dell’immobile avverrà entro il periodo di liquidazione di cui all’art. 37b LIFD (comprendente l’anno di liquidazione e l’anno precedente), per quanto riguarda l’aumento di valore dell’immobile a quel momento imponibile il contribuente potrà beneficiare della tassazione privilegiata ai sensi dell’art. 37b LIFD. Un accenno particolare meritano le eccezioni applicabili ai casi di devoluzione ereditaria, sia perché una continuazione anche provvisoria dell’attività del contribuente deceduto da parte degli eredi può escludere gli stessi dal beneficio della tassazione privilegiata degli utili da liquidazione, sia perché i contratti di società di persone (società in nome collettivo o in accomandita) possono prevedere in caso di decesso di un socio che la società venga continuata con o senza gli eredi, costringendo eventualmente gli stessi eredi ad agire nei confronti della società per assicurarsi il diritto alla tassazione privilegiata. Non entriamo in questa sede nei dettagli, tra l’altro ben illustrati dalla recente circolare dell’Amministrazione Federale delle Contribuzioni (AFC), di una normativa che non esitiamo a definire complessa. Vorremmo invece porre l’accento sul fatto che le nuove norme, se da una parte offrono enormi possibilità di ottimizzazione fiscale, sembrano predestinate nella loro complessità a tramutarsi nella classica occasione perduta se il contribuente non ricorrerà tempestivamente a consulenza specializzata prima di iniziare la fase di liquidazione o immediatamente dopo la cessazione per causa di invalidità o nell’ambito della pianificazione successoria. [email protected] la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 35 Lucasdesign.ch BANCHIERI SVIZZERI DAL 1873 FIDUCIA E PASSIONE. È BSI. BSI AG Schützengasse 31 CH-8021 Zürich tel. + 41 058 809 81 11 fax + 41 058 809 83 68 www.bsibank.com BSI si prende cura di voi e del vostro patrimonio ogni giorno. Con la competenza di un esperto e la sensibilità di un amico. A company of the Generali Group ANGOLO LEGALE di Massimo Calderan La nuova Convenzione di Lugano Il 1/1/2011 in Svizzera entreranno in vigore il Codice di procedura civile svizzero (CPC), del quale tratteremo nei prossimi numeri della Rivista, il Codice di diritto processuale penale svizzero e il Codice di diritto processuale penale minorile. Alla stessa data in Svizzera entrerà in vigore la nuova Convenzione di Lugano (CLuG) concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. L’attuale CLug del 16/09/1988, che è un accordo parallelo alla Convenzione di Bruxelles del 27/09/1968, è entrata in vigore in Svizzera il 1/1/1992 e stabilisce le competenze internazionali dei tribunali degli Stati contraenti, garantendo che le decisioni emanate in uno degli Stati contraenti siano riconosciute ed eseguite anche negli altri Stati contraenti. La CLug si applica in materia civile e commerciale, con l’esclusione di: (i) stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale dei coniugi, testamenti e successioni; (ii) fallimenti, concordati ed altre procedure affini; (iii) sicurezza sociale; e (iv) arbitrato. Essa non riguarda altre materie, in particolare, le materie fiscali, doganali ed amministrative. Per garantire un’interpretazione uniforme, i tribunali degli Stati contraenti devono tenere conto delle decisioni più importanti dei tribunali degli altri Stati contraenti. Un sistema di scambio di informazioni prevede, in particolare, la comunicazione delle decisioni dei tribunali di ultima istanza degli Stati contraenti e della Corte di giustizia delle CEE, rese in applicazione della CLug e della Convenzione di Bruxelles. Una “Commissione permanente” pubblica periodicamente l’analisi della relativa giurisprudenza nei vari Stati contraenti e della Corte di giustizia delle CEE, evidenziandone le divergenze interpretative e promuove l’applicazione uniforme della CLug. Dopo un processo di riforma piuttosto complesso, la nuova CLug è stata siglata il 30/10/2007. Essa è stata firmata dalla Comunità europea con effetto per tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca. Separatamente hanno firmato la Danimarca, la Norvegia, la Svizzera e l’Islanda; quest’ultima rimane il solo Stato che non ha ancora ratificato la CLug. Il campo di applicazione della nuova CLug rispetto all’odierna si estende dunque ai nuovi Paesi dell’UE; essa sarà applicata anche in eventuali nuovi Stati membri dell’UE. La nuova CLug continuerà ad essere applicabile in materia civile e commerciale, ma ora avrà ad oggetto oltre che le decisioni emanate da un giudice, anche quelle emanate da un’autorità amministrativa. Essenzialmente, la nuova CLug prevede una procedura più rapida e semplice per il riconoscimento reciproco e l’esecuzione di decisioni e comprende nuove disposizioni che tengono conto degli ultimi sviluppi nel commercio elettronico. In materia di competenza giurisdizionale, le principali modifiche riguardano: – il foro contrattuale e il foro in materia di contratti conclusi da consumatori, in particolare quelli conclusi in via elettronica; – una definizione autonoma della litispendenza e della sede delle persone giuridiche, onde chiarire i dubbi esistenti ed evitare rinvii poco chiari ad altre normative; – il foro competente in materia di contratti di lavoro, il foro competente in materia assicurativa, il foro esclusivamente competente per le azioni nell’ambito del diritto dei beni immobili e della proprietà intellettuale. Per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni straniere vi sono le seguenti sostanziali modifiche, con lo scopo di accelerare le procedure, tutelando per quanto possibile i diritti di chi si oppone all’esecuzione: – le obiezioni di fondo contro la dichiarazione di esecutività vengono esaminate soltanto in seconda istanza; – gli errori di forma irrilevanti per quanto concerne la notifica dell’atto di citazione non rappresentano più una causa d’impedimento del riconoscimento e dell’esecuzione. Al contempo entrerà in vigore una modifica della Legge federale svizzera sull’esecuzione e sul fallimento, che introdurrà: – una nuova ipotesi di sequestro di beni in favore dei creditori che beneficiano di una decisione esecutiva ai sensi della nuova CLug o di un titolo definitivo di rigetto dell’opposizione del debitore contro un precetto esecutivo secondo il diritto svizzero; – l’estensione della competenza territoriale e di merito del giudice dell’esecuzione, che potrà (i) pronunciare il sequestro su tutti i beni patrimoniali del debitore che si trovano in Svizzera (e non solamente su quelli presenti all’interno del circondario del tribunale nel quale opera il giudice) e (ii) svolgere la funzione finora svolta dal giudice del sequestro, ovvero pronunciare insieme alla richiesta di sequestro anche l’exequatur previsto dalla CLug. Alle nuove normative saranno adeguate anche le disposizioni della Legge federale svizzera sul diritto internazionale privato concernenti la competenza territoriale. [email protected] la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 37 &LR¶FKHSUDWLFKLDPRGDO KDRJJLXQQRPH )DLU5HODWLRQVKLS%DQNLQJ 7XWWHOHSXEEOLFD]LRQLEDQFDULHDIIHUPDQRFKHLOFOLHQWHqLO©FHQWUR GHOO¶DWWHQ]LRQHªFRVDVLJQL¿FDFRQFUHWDPHQWHTXHVWDIUDVH" (FRPHIDUHSHUQRQSHUGHUHGLYLVWDTXHVWR©FHQWURGHOO¶DWWHQ]LRQHª IUDLWDQWLVVLPLLPSHJQLGLXQ¶D]LHQGDPRGHUQD" 'DSLGLDQQL)LQWHU%DQN=XULFKEDQFDVYL]]HUDGLTXDOLWj SHUFRUUHODSURSULDVWUDGDLQDXWRQRPLDODQRVWUDSUHVHQ]DVXO PHUFDWRqVHPSUHVWDWDPROWRULVHUYDWDPDFKLKDYROXWRFRQRVFHUFL PHJOLRKDSUHVWRVFRSHUWRFKHGDQRLLOFRQFHWWRGL©YDORULªDVVXPH XQ¶LPSRUWDQ]DPROWRULOHYDQWH )DLU5HODWLRQVKLS%DQNLQJqFLzFKHLFOLHQWLSRVVRQRFKLHGHUFLH FKHQRLGREELDPRGDUHORURSHUWXWWLLFOLHQWLFKHQRQVLDFFRQWHQWDQR GLSURPHVVHPDFKHGHVLGHUDQRSURYDUHGDYYHURTXDQWRSRVVDHVVHUH GLYHUVRLO3ULYDWH%DQNLQJ 3HUXOWHULRULLQIRUPD]LRQL!ZZZILQWHUFK )DLU5HODWLRQVKLS%DQNLQJ 6HGHFHQWUDOH)LQWHU%DQN=ULFK6$&ODULGHQVWUDVVH&+=XULJR 6HGLH$IILOLDWD/XJDQR&KLDVVR1DVVDX%DKDPDV $VVLFXUD]LRQHYLWD)LQWHU/LIH9DGX]/LHFKWHQVWHLQ Compravendita internazionale e Convenzione di Vienna di Barbara Klett* La compravendita di beni mobili (beni di largo consumo, beni strumentali, macchinari, ecc.) tra due imprese residenti in due paesi diversi rappresenta senz’altro la tipologia di rapporto contrattuale più diffusa negli scambi internazionali. Essa comporta per gli operatori una serie di difficoltà ed incertezze relative alla determinazione della legge applicabile al contratto in questione. La comunità internazionale, attraverso l’UNCITRAL (United Nations Commission on International Trade Law), ha cercato di trovare una soluzione per offrire alle parti contraenti un quadro di riferimento uniforme che superi le differenze di legislazione e favorisca una maggiore certezza. La compravendita di immobili per uso personale, familiare e domestico, no soggiacciono alla Convenzione di Vienna. Convenzione di Vienna sulla compravendita internazionale La Convenzione delle Nazioni Unite dell'11 aprile 1980 sui contratti di compravendita internazionale di merci (Convenzione di Vienna, anche chiamata CISG, da United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods) è applicabile a tutti i contratti conclusi tra commercianti con sede in Stati differenti, a condizione che le rispettive sedi si trovino sul territorio di uno Stato firmatario o che, in alternativa, le regole di diritto internazionale privato prevedano l’applicazione del diritto di un tale Stato. La Convenzione di Vienna è composta da 101 articoli ed è entrata in vigore per l’Italia il 1° gennaio 1988 e per la Svizzera il 1° marzo 1991. Detta Convenzione, che è stata sottoscritta da Paesi appartenenti ad aree geografiche diverse e con diverso grado di sviluppo, presenta una caratteristica importante che la contraddistingue rispetto ad altre convenzioni: essa costituisce, infatti, la legge nazionale applicata alla vendita internazionale di beni mobili per gli Stati che vi hanno aderito. I tribunali nazionali degli Stati firmatari sono dunque tenuti ad applicarla quando sorge una controversia tra una parte con sede nello Stato giudicante e una parte con sede all'estero. Caratteristiche e contenuti della Convenzione di Vienna La Convenzione di Vienna ha cercato di raggiungere un compromesso tra sistemi giuridici diversi (quelli di Civil law e quelli di Common law, modello di ordinamento giuridico di matrice anglosassone) al fine di offrire un quadro giuridico universalmente riconosciuto e applicabile alla compravendita internazionale. Il diritto di compravendita contenuto nella Convenzione di Vienna disciplina esclusivamente i criteri per la stipulazione dei contratti di compravendita, oltre ai diritti e agli obblighi per venditore e acquirente da essi risultanti. Tale diritto definisce i concetti di offerta, accettazione, fornitura e fornitura ritardata, garanzia e risarcimento in caso di violazione del contratto. Il diritto di compravendita della Convenzione di Vienna stabilisce espressamente che la determinazione della validità del contratto in esame nonché i suoi effetti sulla proprietà della merce venduta non sono disciplinati dalla Convenzione, bensì dal diritto nazionale concordato o da applicare. Per questi due aspetti fa dunque stato il diritto nazionale applicabile secondo le norme di diritto internazionale privato. In particolare la Convenzione di Vienna regola le seguenti istituzioni: la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 39 • conclusione del contratto: offerta, accettazione, revoca; • modifica, scioglimento del contratto, violazione del contratto; • obblighi del venditore e obblighi del compratore; • fornitura delle merci e consegna dei documenti; • conformità delle merci, modalità di controllo e di reclamo, diritti o pretese in caso di vizio di conformità; • pagamento del prezzo, modalità, vizi; • trasferimento dei rischi da venditore a compratore; • conservazione delle merci in caso di tardata accettazione; • diritti del compratore in caso di violazione del contratto da parte del venditore; • diritti del venditore in caso di violazione del contratto da parte del compratore; • liberazione da responsabilità in caso di inadempienza; • effetti dello scioglimento del contratto. Ambito di applicazione della Convenzione di Vienna La Convenzione di Vienna si applica alle vendite internazionali, quando cioè le due parti contraenti (non consumatrici) in una compravendita di beni mobili risiedono in paesi diversi. I contratti di compravendita tra parti contraenti dello stesso paese saranno pertanto, viceversa, disciplinati dalle norme nazionali. La Convenzione di Vienna trova direttamente applicazione anche nel caso in cui ciò non venga esplicitamente stipulato contrattualmente. Ciò significa che se l'esportatore svizzero conclude un contratto con un acquirente estero residente in un paese che ha aderito alla Convenzione di Vienna, non è necessario che nel contratto di compravendita le parti stabiliscano esplicitamente l’applicazione della Convenzione di Vienna. Quest’ultima viene applicata in maniera per così dire “automatica”. Le normative della Convenzione di Vienna sono considerate diritto nazionale applicabile in caso di contratti internazionali tra Stati ad essa aderenti. Ciò significa che qualora il contraente italiano e quello svizzero abbiano concordato l’applicabilità del diritto italiano, troverà applicazione il diritto della Convenzione di Vienna, salvo ove espressamente escluso. Nel caso in cui l'importatore estero risieda in uno Stato che non ha aderito alla Convenzione, quest'ultima si applicherà solo se le norme di diritto internazionale privato di tale Stato consentono l'applicazione della legge di un paese contraente. Va comunque rilevato il carattere dispositivo delle norme della Convenzione di Vienna: le parti possono, infatti, stabilire di escluderne totalmente l'applicazione oppure di derogare a una qualsiasi delle sue disposizioni, modificandone gli effetti. Ciò deve avvenire in modo chiaro ed esplicito. 40 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 La Convenzione di Vienna non disciplina la vendita di navi, imbarcazioni, veicoli a cuscino d’aria e aeromobili. Istituti non disciplinati dalla Convenzione di Vienna Gli istituti non disciplinati dalla Convenzione e che rimangono perciò regolati dalle norme nazionali dei singoli Stati sono i seguenti: • la vendita per uso personale, familiare e domestico; • la vendita di beni all'asta, di valori mobiliari, di titoli di credito e di denaro; • la vendita di navi, imbarcazioni, veicoli a cuscino d'aria e aeromobili; • la validità del contratto e delle singole clausole; • gli effetti prodotti dal contratto sul trasferimento della proprietà delle merci; • la responsabilità del venditore per morte o lesioni corporali causate dalla merce a una persona; • le garanzie in caso di mancato pagamento. Contratto di compravendita e non di servizio La Convenzione di Vienna trova applicazione nei contratti di compravendita di merci intese come beni mobili e non si applica alle prestazioni di servizi ed agli appalti. Nella Convenzione di Vienna si assiste tuttavia ad un ampliamento del concetto comune di vendita, il quale comprende «i contratti di fornitura di merci da fabbricare o produrre, a meno che la parte che ordina queste ultime non debba fornire una parte essenziale del materiale necessario a tale fabbricazione o produzione». Sono inoltre esclusi dall’applicazione della Convenzione i «contratti in cui la parte preponderante dell'obbligo della parte che fornisce le merci consiste in una fornitura di mano d'opera o altri servizi». Riassumendo, si considerano vendite i contratti di consegna di beni da fabbricare o produrre, a meno che il contraente che commissiona i beni non si impegni a consegnare una parte essenziale Il Castello del belvedere a Vienna. Nella capitale austriaca l’11 aprile 1980 venne siglata la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci (Convenzione di Vienna, anche chiamata CISG, da United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods. dei materiali per tale fabbricazione o produzione. Inoltre, la Convenzione non si applica ai contratti nei quali l’obbligazione preponderante della parte che consegna i beni consiste nella fornitura di mano d’opera o di altri servizi. Casistica riguardante l’ambito di applicazione • Impresa francese vende in Svizzera macchine da imballaggio. Il contratto prevede l’applicazione del diritto svizzero: Se le parti contraenti intendono in tal modo escludere l’applicabilità della Convenzione di Vienna, il loro ragionamento è errato! La clausola contrattuale che prevede l’applicazione del diritto svizzero giustifica per l’appunto l’applicabilità della Convenzione di Vienna. La particolarità essenziale della Convenzione di Vienna è, infatti, quella di valere come diritto nazionale applicabile in caso di contratti internazionali tra Stati a essa aderenti. Essa forma parte integrante del diritto nazionale dei singoli Stati firmatari. Al contratto in questione, perciò, è applicabile senza deroga alcuna la Convenzione di Vienna. L’applicabilità della Convenzione di Vienna può tuttavia essere esclusa dalle parti tramite la stipulazione di una clausola dal tenore seguente: “Al presente contratto è unicamente applicabile il diritto svizzero, ad esclusione della Convenzione di Vienna”. L’onere della prova riguardante l’esclusione della Convenzione di Vienna incombe a colui il quale la asserisce. • Impresa svizzera acquista tavoli da giardino da impresa britannica. Il contratto non prevede l’applicazione di alcun diritto in particolare: Anche questo contratto è di natura internazionale. Le parti non hanno stipulato l’applicazione di nessun diritto in particolare. A tuttora la Gran Bretagna non ha ratificato la Convenzione di Vienna. Premesso che un giudice svizzero sia competente, egli dovrebbe specificare il diritto applicabile sulla base della Legge federale sul diritto internazionale privato (LDIP). • Impresa svizzera produttrice di bombole a gas per grill vende in Italia la propria merce. Alcune bombole si dimostrano difettose ed esplodono, provocando, tra le altre cose, danni a persone. Il contratto di compravendita non prevede l’applicazione di alcun diritto in particolare: Il caso in questione concerne la responsabilità per danni alle persone. Entrambi gli Stati hanno ratificato la Convenzione di Vienna, per cui essa troverebbe di principio applicazione. Tuttavia, i danni alle persone non rientrano nell’ambito d’applicazione della stessa. Partendo dal presupposto che un giudice italiano sia competente, esso dovrebbe specificare il diritto applicabile sulla base delle norme di collisione italiane. Conseguenze per gli operatori internazionali L’applicazione “automatica” della Convenzione di Vienna impone alle imprese operanti a livello internazionale alcune attenzioni da non trascurare. In prima linea, le imprese coinvolte devono valutare le differenze tra le soluzioni prospettate dalla Convenzione di Vienna e quelle abitualmente vigenti in ambito prettamente nazionale, evitando di dare per scontata l’applicazione di principi generalmente accettati nelle vendite tra operatori interni. È inoltre necessario tener ben presente che la Convenzione non disciplina tutti i problemi che possono sorgere nell’ambito di un accordo commerciale. Al contrario, essa lascia esplicitamente alcune materie alla disciplina delle rispettive leggi nazionali. Di conseguenza, occorre sottolineare che la Convenzione di Vienna non può essere considerata un testo normativo autosufficiente in grado di disciplinare tutti gli aspetti di un contratto di vendita. È importante, pertanto, che le parti coinvolte prevedano da quale legge saranno regolati gli istituti non disciplinati dalla Convenzione. Non disciplinando la Convenzione di Vienna tutti i problemi che possono presentarsi in una compravendita internazionale (salvo quelli relativi alla formazione del contratto e agli obblighi delle parti in causa) è opportuno quindi, anche nei casi di contratti tra contraenti di Stati aderenti alla Convenzione, provvedere sempre alla scelta della legge applicabile al contratto di vendita, al fine di concordare la normativa di riferimento per le materie non coperte dalla Convenzione. *LL.M, Avvocato specialista FSA responsabilità civile e diritto assicurativo Partner nello studio legale e notarile Kaufmann Rüedi Rechtsanwälte, Lucerna [email protected] www.krlaw.ch la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 41 CONVENZIONI INTERNAZIONALI di Paolo Comuzzi Qualche considerazione su artisti e sportivi e la modifica dell’articolo 17 del modello OCSE La premessa al presente lavoro è nel documento OECD nel quale si afferma che “ …on 23 April 2010, the OECD Committee on Fiscal Affairs released for public comment a discussion draft on the application of Article 17 (Artistes and Sportsmen) of the OECD Model Tax Convention. The OECD has now published the comments received on this discussion draft on 23 April 2010, the OECD Committee on Fiscal Affairs released for public comment a discussion draft on the application of Article 17 (Artistes and Sportsmen) of the OECD Model Tax Convention. The OECD has now published the comments received on this discussion draft …” e quindi diventa interessante capire cosa sia stato indicato in questi documenti il tutto ovviamente a grandi linee e senza entrare nei dettagli dei documenti stessi. Commenti Aspetti generali I commenti (prodotti da diverse entità fiscali) sono visibili nel sito OECD e possiamo riassumere la situazione come segue: 1. Gli artisti e gli sportivi quando pongono in essere una prestazione in uno Stato diverso da quello di residenza molto spesso rischiano una doppia imposizione in quanto le convenzioni non impongono allo Stato in cui la prestazione viene eseguita alcun obbligo di astenersi da una tassazione; 2. Molte volte questa imposizione varia dal 15% al 30% del compenso e la ragione di questa importante aliquota è quella che si vuole evitare una qualsiasi forma di non tassazione di questa componente di reddito; 3. Per gli artisti e sportivi il modello convenzionale pone un problema in quanto: “ …The member countries of the OECD have decided in the 1960s to create an exceptional rule for performing artistes (and sportsmen). They need to pay income tax in the country of perfor-mance, regardless of the general rules for companies, self-employed persons or employees. This is mentioned in the special Article 17 of the OECD Model Tax Convention. Main reason for this special treatment is that top artistes and sportsmen are very mobile and can easily move their residency to a tax haven such as Monaco, which levies no income tax. The OECD believes that without Art. 17 42 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 (and the taxing right for the source country) these top artistes and sportsmen would escape from taxation under Art. 7. …”; 4. L’eliminazione della doppia imposizione che potrebbe venirsi a produrre avviene solitamente mediante un sistema semplice che si reassume nel dire che per “ …To eliminate double taxation the OECD recommends in Art. 23 OECD Model that the residence countries allow its artistes a tax credit for the foreign source tax. Most countries have followed this, also continental European countries, only some countries prefer to use the exemption me-thod for artiste performance income that may be taxed under Art. 17. An example of the latter is Belgium …”. 5. Alcune volte si giunge a soluzioni molto drastiche come sono quelle perseguite dallo Stato olandese che ha deciso “ …Per 1 January 2007 The Netherlands has decided to give up unilaterally its source tax on foreign performing artistes and sportsmen, when they live in a country with which The Netherlands has concluded a bilateral tax treaty. This means that The Netherlands is not using its taxing right from Art. 17 anymore. The loss of tax revenue was not more than approx. 5 million euro per year, but also 1,6 million euro in administrative expenses were removed, both with the artistes, sportsmen, promoters as with the tax administration in the two countries. The foreign artistes and sportsmen are now treated in accordance with Art. 7 and Art. 15 of the tax treaties and most often only paying income tax in their residence country. If all countries would follow this initiative the loss of tax revenue would be nil, because not only the tax earnings would be given up, but also tax credits should not be given anymore …”. Preso atto del problema diciamo che la organizzazione OCSE si è mossa per risolvere il tutto e su questo movimento si è aperto un fronte di discussion con proposte. Alcuni (come è possibile vedere vedendo il sito OCSE) non sono in accordo e affermano in modo netto che “ … On 23 April 2010 the OECD has published a new Draft Commentary for Art. 17 OECD Model, in which practical problems have been recognized and solutions are proposed. These are interest-ing, but do not go in the direction in which I believe Art. 17 should go, i.e. the removal of the article from the OECD Model and the return to the general rules of Art. 7 and 15. That would help everyone in the artiste and sports world, because the administrative obstacles would be taken away as well as the risk of double taxation. And the loss of tax revenue would be nil, as explained in paragraph 9. Removal of Art. 17 would also take away the risk of double non-taxation in situations where the residence country applies the exemption method and the source country does not levy a with-holding tax. Finally, with the removal of Art. 17 tax avoidance behavior is still counteracted, because source countries will only give up their national withholding tax, if an non-resident artiste, sportsman or company can proof that he is a resident of a country with which a bilateral tax treaty has been concluded (and in which therefore normal taxation is secured). The OECD has shown with Art. 14 that a removal from the Model Treaty is very well possible. It could improve its Model Treaty by leaving out Art. 17 in the next version …”. Altri sono più problematici e meno semplicisti (nel senso che non vogliono una abolizione come ditto sopra) ma hanno fatto notare alcune problematiche affermando che “ … With respect to the proposed changes in the above paragraphs, we would like to draw attention to certain distortions that may occur in those cases where the entertainer or sportsman has an employment relationship with his employer and the amount of the remuneration that he obtains is determined in a fixed manner that is not based on the potential performances that may take place abroad. This would be the case for most team sports and for some troupes or orchestras. In these cases, the sportsman or the entertainer will receive the same remuneration both if he has to travel abroad, for example because his football team classifies for the Champions League, and if he does not have to do so. From our perspective, to be consistent with the spirit of Article 17, it would be appropriate to tax in the State in which the activity is performed only those amounts that the sportsman or entertainer receives additionally or specifically for the performance of his activity in the other State. Conversely, in cases where the entertainer or sportsman does not receive an additional amount for the activity performed in the other State, we consider that his ordinary remuneration should only be taxed in his State of residence …”. Altri ancora hanno posto in evidenza alcune important distinzioni che devono essere fatte, si pensi solo a quanto affermato con riferimento al Regno Unito in cui viene chiarito che “ …In the UK for example, we (si intende il commentator) would broadly draw a distinction between three different types of income: a) advertising income, b) sponsorship income and c) endorsement income: Advertising income is loosely defined as a payment to an artiste or sports star for “off court” activities which is reproduced in print or on TV but is not by its nature “live”. It is difficult to envisage a single example of where a live advertisement has taken place at the sporting venue. It is not practical in terms of a photoshoot or filming a commercial. Sponsorship income is in many ways similar in nature to endorsement income (see 3 below). The difference is that it has historically involved payments to a tax resident and has been restricted to the territory of residence. It usually involves some kind of barter deal whereby the athlete associates their name with a local supplier in return for a product such as a car and is more prevalent during the early stages of the athlete’s career. Most athletes find the demands from the local sponsoring company to be too intrusive on their time and as soon as they can afford to buy their own car they do so. In recent times, the distinction between sponsorship and endorsement income has become blurred. Finally, endorsement income usually involves the athlete actually endorsing the product by using it (usually in competition), and in addition allowing their image to be associated with the product. This is very different from sponsorship where the athlete simply (for example) drives a sponsored car featuring the sponsor’s logo out of competition, rather than associating it personally with them …”. Come si vede quella della tassazione degli artisti e degli sportive è un tema complesso (anche sul piano della pura letteralità come afferma un commentator portoghese e come afferma chi dice che in primis “ …SUR LA DEFINITION DE l’ARTISTE Nous nous interrogeons sur le choix de transformer le mot « artiste » en « entertainer », tel que c’est prévu dans les propositions de modification des Commentaires sur l’article 17. Si cette modification a un certain sens en anglais, nous ne voyons pas comment elle sera appliquée ou comprise en langue française”.) e che merita un trattamento molto attento. Aspetti specifici Resta da indicare che certamente è complesso determinare la categoria del reddito che nasce dalla prestazione artistica e che non possiamo ignorare che il cd artista guadagna tenendo conto di 3 elementi: 1) la prestazione in quanto tale; 2) eventuale sfruttamento di diritti (si pensi agli sportivi ed alla cessione del diritto di immagine); 3) dalla vendita di prodotti allo stesso collegati (si pensi ai capi di abbigliamento). Dire che queste entrate sono in toto reddito che nasce dalla prestazione artistica è certamente complesso e deve essere valutato con grande attenzione in quanto è palese che sommare tutto in modo semplice potrebbe portare a incongruenze nella tassazione e quindi nel trattamento del soggetto che viene a percepire il reddito. In questo senso è positiva la discussione che si è innescata e che deve avere come unico riferimento il fatto che non può in ogni caso prodursi una mancanza di imposizione (ovvero una doppia non imposizione). Conclusione Si ritiene che qualsiasi discussione non possa che avere un punto fermo: non esiste esenzione per il reddito e quindi la decisione non è se quel reddito debba essere tassato o meno ma dove lo stesso deve essere tassato (stato di residenza dell’artista e / o stato nel quale viene posta in essere la prestazione sportiva). Stabilito questo principio (ovvero il divieto della non imposizione) non resta che: 1) definire chi sia artista; 2) definire il reddito da prestazione artistica (e quindi procedere alla separazione di questo reddito da altri redditi che potrebbero entrare in altri articoli del commentario OCSE); 3) definire il luogo di tassazione (che potrebbe anche essere un luogo che coinvolge tutti gli stati coinvolti ma con precise limitazioni per lo Stato della fonte). Il tema come è facile capire è in forte divenire ma resta che è fondamentale la discussione per poterlo chiudere nel modo migliore vista la importanza della tematica. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 43 Scegliete chi sa scegliere. Direzione Generale e Agenzia di Città Via Giacomo Luvini 2a, CH–6900 Lugano Tel. +41 58 855 32 00 Sede Principale Via Maggio 1, CH–6900 Lugano Tel. +41 58 855 31 00 Succursali ed Agenzie Chiasso, Mendrisio, Lugano-Cassarate, Paradiso, Bellinzona, Biasca, Locarno, San Gallo, Basilea, Berna, Zurigo, St. Moritz, Celerina, Poschiavo, Castasegna, Pontresina, Coira, Davos, MC-Monaco Abbiamo scelto la trasparenza, la prudenza, la qualità del servizio. Fate anche voi la scelta giusta: scegliete BPS(SUISSE). Anche in tempi difficili. Call Center 00800 800 767 76 www.bps-suisse.ch Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te. di Ingeborg Wedel Donne in carriera: Flavia Pennetta La vera soddisfazione è senza dubbio vincere La nostra giovane, bella e bravissima atleta è nata a Brindisi il 25 febbraio 1982 ma vive a Verbier in Svizzera anche se di fatto è sempre in giro per il mondo per i tornei del circuito wta che durano 11 mesi, da gennaio a fine novembre. Si allena tra la Svizzera e la Spagna a seconda degli allenamenti / preparazione fisica. È allenata da Gabriel Urpi. Ha una sorella di nome Giorgia. A bbiamo potuto ottenere l’intervista che di seguito trascriviamo, con molta difficoltà, in quanto i continui spostamenti all’estero della nostra richiestissima tennista, hanno forzatamente ritardato l’incontro, divaricando il tempo intercorso per la pubblicazione. Cosa significa essere donna piuttosto che uomo in carriera ? Forse nello sport rispetto ad una carriera intesa in senso di lavoro d’ufficio e non carriera atletica le differenze tra uomini e donne sono più evidenti o comunque la persona viene presa in considerazione per le sue attitudini e capacità in settori differenti. Nel tennis, uomini e donne a mio avviso vengono considerati uguali. Facciamo lo spesso sport, cambia il modo di giocare, però siamo valutati per le stesse cose: i nostri risultati in campo. Il mondo dello sport in generale viene forse visto come più maschile, dal momento che entrano in gioco fattori come resistenza, prestanza fisica, capacità di sforzo, di costanza; il fisico viene sottoposto ad allenamenti faticosi e allora si pensa più agli uomini però credo sia faticoso per le donne come per gli uomini. Quanto tempo serve per farsi apprezzare come atleta? Non penso si possa quantificare il tempo né riuscire a fare una scaletta temporale, dobbiamo pensare che le donne hanno iniziato più tardi rispetto agli uomini a praticare sport. Vale, per esempio, anche per la guida… le donne hanno iniziato dopo gli uomini a guidare le auto- mobili; lo stesso è accaduto nello sport. Non si possono paragonare uomini e donne, nello stesso sport magari la donna gioca meglio, magari ha più tecnica o è più attenta, però poi messa in campo contro un uomo vincerà comunque lui, perché è più forte fisicamente. Certo è che nell’ultimo periodo le donne nelle varie discipline stanno dando veramente il massimo e quindi se ne parla molto, per il tennis io ne sono molto contenta perché per esempio con le nostre vincite in Fed Cup abbiamo fatto parlare tanto della nostra squadra nazionale. Quali sono le difficoltà che come donna deve affrontare nel mondo dello sport? Le difficoltà sono date dall’avversario, da chi è dall’altra parte della rete e del campo durante una partita. La difficoltà sta nel rimanere concentrati e controllare i proprio stati d’animo. L’ansia il nervosismo giocano brutti scherzi. Il tennis è uno sport individuale ogni colpo dipende da te e ogni errore puoi solamente recuperarlo o subirlo. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 45 Quando giochi in doppio questo aspetto cambia leggermente, sai che la tua compagna darà il massimo come te e se c’è buona coordinazione con molta probabilità una palla persa da te verrà invece presa dalla tua compagna. Noi per esempio con Gisela (Dulko) siamo velocemente salite nel ranking del doppio, abbiamo vinto il torneo di Miami, di Stoccarda e poi di Roma uno di fila all’altro. Peccato che a Madrid siamo state battute in finale dalle sorelle Williams, però siamo una coppia fortissima e la cosa bella è che ci divertiamo. Siamo molto amiche anche fuori dal campo e questo sicuramente ci aiuta ad essere complementari in partita. Quando cessa la diffidenza verso la donna atleta? Quali sono gli ostacoli da superare? Non c’è diffidenza nei confronti della donna atleta. A dire il vero non credo si possa neanche parlare di ostacoli, comunque in campo non ce ne sono, come dicevo prima gli ostacoli sono le difficoltà che però sono uguali sia per gli uomini che per le donne. Quali sono gli svantaggi? Quali sono invece i vantaggi? Anche qui ad oggi i due mondi femminile e maschile si assomigliano sempre di più noi atlete se oltre ad essere brave siamo anche carine magari siamo avvantaggiate a livello di sponsor. L’immagine anche esteriore conta sicuramente, se si possono abbinare messaggio di forza al messaggio di atleta vincente e nello stesso tempo carina e interessante si ha una marcia in più. Hai comunque la possibilità di essere sponsorizzata in più settori, più aziende pos- sono interessarsi a te. Se ci si pensa spesso è così, avere più qualità aiuta. Se per esempio io fossi solo una bravissima tennista però poi avessi un pessimo carattere, una volta finita la carriera da tennista potrei fare ben poco. Invece, magari essere solari o avere un carattere positivo e aperto può aiutare in futuro per poter fare altro. A me piacciono molto i bambini e mi piacerebbe per esempi aprire una scuola di tennis. Per gli uomini invece credo si inneschi invece il meccanismo per il quale più sei forte e più poi diventi affascinante o richiesto. Credo sia necessario arrivare a livelli molto alti per poi essere valutati anche per l’aspetto esteriore che da solo a mio avviso non è sufficiente. Quanti possono essere per la donna i privilegi? Come privilegio direi che noi ragazze siamo sicuramente più “coccolate”, ma in senso lato e affettuoso, non abbiamo privilegi nel senso vero del termine. Per esempio quando giochiamo in casa come a Roma o comunque quando giochiamo la Fed Cup ci conosciamo tutti e siamo un po’ una grande famiglia allora abbiamo delle piccole attenzioni in più, un piccolo occhio di riguardo, però poi le regole sono uguali per tutti (ride) Le intuizioni femminili sono superiori a quelle maschili e perché? Le donne in generale si dice che siano più intuitive, forse perché siamo più attente o perché diamo maggiore importanza ai dettagli. Anche per questo delle volte viene usata la massima che noi donne siamo più ‘noiosette’però poi il bello è proprio quello: relazionarsi ad un mondo, quello maschile, che è diverso da noi. HO INIZIATO A GIOCARE ALL’ETÀ DI 5 ANNI «Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni, seguendo i miei genitori e mia sorella in campo e giocando sempre sia a casa che fuori palleggiando contro ogni muro che trovavo. I miei genitori mi hanno sempre appoggiata, ma mai costretta a giocare o forzata. La mia passione è nata in modo naturale era dentro di me non ho ricordi in cui non tenevo una racchetta in mano. Quando fai uno sport ad alti livelli e come me inizi fin da piccola è facile che gli studi vengano interrotti, io sono stata fortunata ho finito il liceo scientifico da privatista. Quando sono arrivata a Roma, trasferita da Brindisi a 14 anni, ero in prima liceo e alla scuola federale di tennis ho avuto la fortuna di avere un’amica più grande di me che mi spronava a studiare e mi aiutava a ripetere. Nel mio futuro vedo e vorrei avere una famiglia e vorrei diventare mamma. Questo però avverrà quando smetterò di giocare, immagino, oppure verso la fine della mia carriera. A dire la verità non so se poi continuerò a giocare a livello professionistico, per il momento c’è tempo e penso solo a giocare e poi nel 2012 a partecipare alle Olimpiadi di Londra. Credo molto nella famiglia, nell’unità e nel sostegno che solo i parenti veramente stretti ti possono dare. La nostra famiglia è molto unita, credo al giorni d’oggi sia non solo una grande fortuna, ma anche un po’ una rarità. Ho un rapporto bellissimo con mia sorella, 46 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 lei pure gioca a tennis ma non da professionista, lei gioca a beach tennis. Ogni tanto ci incontriamo anche nei tornei, come per esempio durante gli Internazionali BNL d’Itali a Roma, dove mentre io giocavo sulla terra lei giocava sulla sabbia sui campi sempre del Foro Italico. I miei genitori, Giorgia e i miei amici più stretti mi sono sempre vicini e mi spronano senza assolutamente “viziarmi”…(ride) quando capita che gioco male me lo dicono senza via di mezzo». Quanto conta per la donna in carriera l’arte della seduzione? Questa domanda è difficile In campo l’arte della seduzione non entra affatto. Si è concentrati solo al gioco e a dare il massimo. L’aspetto esteriore non conta, quando sei lì puoi anche essere la più bella e seducente donna ma lì è l’atleta che conta e fa la differenza. L’arte della seduzione credo sia in ognuno di noi e si esprime in modi differenti: chi magari usa il sorriso e la simpatia, chi l’intelligenza chi la bellezza, chi tutte queste cose insieme. A mio avviso la vera seduzione dovrebbe essere inconscia, interessare e colpire qualcuno senza neanche accorgersene. Qual è la soddisfazione maggiore per la donna sportiva, in campo professionale? La vera soddisfazione è senza dubbio vincere! Vincere un incontro una partita un torneo, vedere che i tuoi sforzi e il tuo impegno sono andati nella giusta direzione quello è il vero successo personale. La vittoria ti dà la forza per andare avanti e ti fa capire se sei veramente portato in quello che fai. Delle volte si ha la passione per qualcosa, ma poi se non sei bravo davvero non diventerai mai un professionista e allora devi capire che è solo uno svago o un hobby, ma che non potrà rendere più di un tot. Ti dà la grinta per alzarti ogni mattina e fare gli allenamenti che sono faticosi ti dà quella marcia in più per cercare sempre di superare se stessi e fare meglio. Vincere ti fa capire che i sacrifici non sono stati vani e che è valsa la pena fare tante rinunce. A che cosa deve rinunciare la donna in carriera per sfondare? Le rinunce sono molte. Dall’esterno spesso non vengono viste o non vengono valutate. il mondo degli sportivi viene delle volte visto solo come un mondo “fantastico”, fatto solo di cose belle e irraggiungibili. La verità però, per esempio per noi tennisti, è che non sei mai fisso in un posto viaggi di continuo, ogni settimana sei in un posto diverso, fusi orari e climi differenti ai quali ti devi adattare e abituare subito. Stare lontano dalla famiglia PALMARES IN SINGOLO Winner (9): 2010 - Marbella; 2009 - Palermo, Los Angeles; 2008 - Viña del Mar, Acapulco; 2007 - Bangkok; 2005 - Bogotá, Acapulco; 2004 - Sopot, ITF/Cuneo-ITA; 2002 - ITF/Ortisei-ITA, ITF/Rome Lanciani 1-ITA, ITF/FanoITA, ITF/Biella-ITA; 1999 - ITF/Cagliari-ITA, ITF/Grado-ITA. Finalist (10): 2010 - Auckland; 2009 - Acapulco; 2008 - Los Angeles, Zürich; 2007 - Acapulco; 2006 - Gold Coast, Bogotá, Acapulco; 2004 - Acapulco, Palermo. IN DOPPIO Winner (9): 2010 - Miami, Stuttgart, Rome (all w/ Dulko); 2009 - Hobart, Bastad (both w/Dulko), ‘s-Hertogenbosch (w/Errani); 2008 - Estoril (w/Kirilenko); 2006 - Bogotá (w/Dulko); 2005 - Los Angeles (w/De- e dagli amici, non poter fare tardi la sera perché comunque la sveglia la mattina è presto e non ci sono scadenze che puoi rimandare. Se ci pensi noi viaggiamo tantissimo, ma nessun posto lo conosciamo bene, perché non abbiamo il tempo di visitare le città o andare per musei o a vedere delle mostre. Io mi sono ripromessa che quando mi fermerò tornerò in ogni posto dove sono stata, ma per viverlo da vera turista con la guida in mano andando a visitare e a conoscere ogni angolo nascosto. Insomma, vivere veramente le realtà nelle quali mi trovo di cui però vivo solo il lato sportivo. Una donna impegnata nella carriera, per giunta sportiva, quali hobby riesce a coltivare? A me piace moltissimo leggere e, come tennista, sono fortunata, potendo coltivare bene questa mia passione. Dovendo stare spesso tra aeroporti e voli molto lunghi posso leggere molto. Ho sempre un libro con me e un diario con le fotografie dei miei amici con le loro dediche. Anche la musica mi piace e anche in questo caso l’ ipod è essenziale: ascolto la musica anche quando per esempio sono in palestra ad allenarmi o all’aperto quando vado a fare jogging. Le foto sul campo da tennis sono di Tommaso Teudonio mentieva); 2002 - ITF/Rome Lanciani 1-ITA (w/Ivone), ITF/Brindisi-ITA, ITF/Fano-ITA, ITF/Bordeaux-FRA (all w/ Ehritt-Vanc), ITF/Bronx, NY-USA (w/Ani); 1999 - ITF/ Cagliari-ITA, ITF/Alghero-ITA (both w/Vinci); 1998 - ITF/ Brindisi-ITA, ITF/Quartu Sant’Elena-ITA (both w/Vinci). Finalist (8): 2010 - Madrid (w/Dulko); 2009 - Bogotá, Stuttgart (both w/Dulko); 2008 - Montréal (w/Kirilenko); 2007 - Bogotá (w/Vinci), Barcelona (w/Domínguez Lino); 2006 Berlin (w/Dementieva); 2005 - US Open (w/Dementieva). INOLTRE Membro della Squadra Italiana - Fed Cup Team, 2003, 2005-10 che ha trionfato anche nella recente edizione; Membro della Team Nazionale Italiano Italian Olympic Team, 2008. Prosismo appuntamento: Londra nel 2012. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 47 ruppo ISYS g il n o c e n io llaboraz mpleto o c Grazie alla co e o n r e d o rire un m si possono le possiamo off a u q il n o c banking erazioni p o le o r u sistema di eic s o semplice e d o m in e ir t s ge arie. bancarie ordin a.ch www.bancari elli Stefano Resin ezione ir Membro di D Una U na soluzione bancaria per tutte le esigenze ITO-BPO Our BRAVO outsourcing Certified SAS70 type II Banking Software Financial & Consulting Services Our BEST® in outsourcing To be your development partner www.ibss.ch www.isys.ch www.bestvision.ch ISYS GROU P ZUG - GENÈVE - LUGANO - ZÜRICH - MILANO - LUXEMBOURG - BEOGRAD - SINGAPORE Phone: +41 (0)58 307 05 00 Help Desk: +41 (0)58 307 05 55 E-mail: [email protected] L di Vittoria Cesari Lusso 1 L’ Elefante invisibile L’amicizia: uso proprio e improprio Quando ho detto a mio marito che il tema di questo numero sarebbe stato “l’amicizia”, ha subito commentato: “Ma allora Vittoria, fai come Alberoni!?”. “Magari – ho risposto – avessi i suoi talenti e… i suoi successi!”. In effetti, come è noto, uno dei libri più famosi e venduti sull’amicizia l’ha scritto appunto il suddetto celeberrimo sociologo. Quindi inizierò rendendogli omaggio con qualche citazione, ma poi, per evitare la trappola di un confronto certamente svantaggioso per me, tratterò l’argomento da un punto di vista un po’ diverso. Cercherò, come uso fare, di scovare qualche elefante invisibile nascosto dietro l’uso quotidiano di tale nobile sentimento. L’amicizia è una qualità della relazione, non una relazione oggettiva – sostiene Alberoni ispirandosi ad altri autori antichi e moderni. In sostanza, quando due persone, indipendentemente dalla collocazione sociale, dal sesso e dall’età, si stimano, stanno bene insieme, si trattano su un piede di uguaglianza, spendono entrambe energie per coltivare e conservare il legame reciproco, allora sono amiche. O meglio, si comportano da amici. Anche due amanti, due fratelli, due colleghi possono comportarsi da amici. Gli amici ci dimostrano affetto, stima, interesse per il nostro benessere fisico e psichico, piacere nello stare in nostra compagnia, sostegno ed empatia nei momenti difficili, voglia di mantenere viva la relazione. E tutto ciò lo dimostrano concretamente: ci telefonano, ci invitano a cena, ci propongono di passare un po’ di tempo assieme, condividono con noi riflessioni, gioie e dolori della vita. Gli amici rispettano altresì determinati limiti: non ci chiedono di fare cose scorrette, evitano di metterci in imbarazzo, non ci lodano in modo immeritato, non ci frequentano per ricavare vantaggi materiali, non tacciono quando sono in disaccordo con noi, non divulgano le nostre confidenze, non corteggiano il nostro amato o la nostra amata. Affinché si possa parlare di amicizia nel senso autentico e nobile del termine devono quindi essere soddisfatte cinque condizioni fondamentali: disinteresse, sincerità, reciprocità, eticità, selettività. Quando queste condizioni non sono rispettate si ha un uso improprio, strumentale, a volte persino “mafioso e clientelare” del concetto di amicizia. Vediamo alcuni esempi. Giulia sta compiendo uno stage in una piccola impresa e spera di essere assunta al termine dello stesso. La sua capoufficio è assai cordiale e Giulia fa di tutto per farsela amica: si è informata sulla sua data di nascita e le ha mandato dei fiori per il compleanno; si offre ogni mattina di portarle il caffè, le fa complimenti sull’abbigliamento. Giulia è giovane e non ha molta chiarezza in merito alle proprie motivazioni più o meno consce. Le piace raccontare che fa tutto questo in modo disinteressato per pura e innocente simpatia, giusto come farebbe con un’amica. Sono tuttavia in pochi a crederle. Sandra ama molto parlare con amici e conoscenti dei suoi progetti, dei suoi successi e delle sue conquiste. Pensa che in tal modo susciterà la loro ammirazione e che tutti vorranno far parte della cerchia privilegiata degli amici suoi. In realtà, tali progetti e successi sono più un prodotto della sua fantasia che della realtà. Presto o tardi sono in molti ad accorgersene e a prendere le distanze da lei trovandola poco sincera e sentendosi trattati non come un amico, ma come un pubblico al quale si chiede solo di applaudire. L’amicizia tra Giovanni e Pietro è naufragata sullo scoglio della reciprocità. I due erano amici da vari anni. Si vedevano spesso e facevano molte cose insieme, ma sempre e soltanto su iniziativa di Pietro. Un certo giorno, però, Pietro si è stancato della passività dell’amico. “Perché devo sempre essere io a cercarlo, a telefonargli, a farmi vivo?!”, ha cominciato a chiedersi. E da allora non si sono più incontrati. Silvester è un magnate che ha conquistato il potere politico in una lontana repubblica che attraversa un momento di forte declino economico e morale. In un primo tempo ha avuto folgoranti successi elettorali, ma in seguito la sua stella è inesorabilmente declinata. Sociologi, politologi e giornalisti hanno fornito miriadi di sapienti spiegazioni del fenomeno. Ne hanno però trascurata una: l’uso improprio e non etico del concetto di amicizia. In effetti, la parola amicizia era sempre sulle sue labbra e nelle sue dichiarazioni, ampiamente riprese dai mass media di mezzo mondo: “Con i membri della mia coalizione non ci sono problemi poiché siamo amici”; “I più importanti capi di stato stranieri fanno a gara per avermi come amico!”; “Per i miei elettori sono un amico di cui fidarsi”; “Le mie molteplici e giovani fans possono contare sulla mia amicizia”. E ancora, ovviamente, “Tutti coloro che non sono miei amici, sono nemici da combattere con ogni mezzo”. Silvester pagò caro questo uso strumentale e manipolatorio dell’amicizia. Gli alleati pretesero a un certo punto di essere considerati non come amici, bensì come “partner laici” che avevano il diritto di far valere il loro dissenso e i loro interessi divergenti. Ciò risultò insopportabile per il boss. Dopo la sua caduta, gli altri potenti furono in fondo contenti di non dover più fare buon viso alle sue pacche sulle spalle e smisero di frequentarlo. Il popolo e le fans dal canto loro adottarono presto nuovi presunti amici. La selettività infine è la chiave di volta dell’amicizia. Come ricordava già Aristotele, nessuno è amico di chi pretende di essere amico di tutti. Se avete commenti o reazioni in merito al tema trattato non esitate a contattarmi [email protected] 1 Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra le folle con la sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile… la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 49 Lugano capitale dell’italofonia radiotelevisiva Si è svolto a Lugano lo scorso 5 novembre il convegno intitolato: Alla ricerca dell’italiano e della cultura italiana nel mondo. Organizzato dalla Comunità Radiotelevisiva Italofona (CRI), per sottolineare i 25 anni della sua esistenza, il convegno era improntato su una lectio magistralis introduttiva del giornalista e scrittore Paolo Rumiz dal titolo “Le sensazioni di un viaggiatore italiano in giro per il mondo” e su una successiva tavola rotonda, condotta da Michele Fazioli, cui hanno preso parte partecipano Piero Bassetti, Matteo Maggiore, Nicoletta Maraschio, Mira Mocam, Elizabeth Norberg-Schulz, Suor Maria Teresa Ratti e Ingrid Rossellini. Costituita il 3 aprile 1985, la Comunità (www. comunitaitalofona.org), che riunisce una serie di enti radiotelevisivi di servizio pubblico, annovera, tra i Soci fondatori, oltre alla RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, la RAI, Radio Vaticana, la Radiotelevisione di San Marino e la Radiotelevisione di Koper/Capodistria. Nel corso degli anni la Comunità si è ulteriormente allargata aprendosi alla partecipazione di altri enti radiofonici e televisivi che trasmettono programmi in lingua italiana e ad altri operatori mediatici che, nei diversi continenti, contribuiscono a collaborare all’obiettivo di diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo. Le stesse finalità stanno alla base della cooperazione e lo scambio di prodotti radiofonici, televisivi e via web tra i membri della Comunità. Remigio Ratti ne è l’attuale presidente, per l’occasione ha tracciato un bilancio di questi primi 25 anni La traiettoria evolutiva della CRI I primi venticinque anni della Comunità radiotelevisiva sono stati caratterizzati da un obiettivo rimasto costante, quello della valorizzazione della lingua e della cultura italiana, mentre invece sono profondamente mutati sia il contesto, sia le modalità d’azione. La Comunità, costituita il 3 aprile 1985 a Firenze, nasceva in un periodo ormai caratterizzato dall’avvento delle tecnologie di distribuzione satellitare di nuova generazione e dalla crescente presenza nell’etere di radio e televisioni commerciali. Queste ultime prendevano progressivamente il posto delle televisioni italofone estere sino allora ben diffuse in buona parte della Penisola: la Rtv di Capodistria, la Rtv della Svizzera italiana e Tele Mon- 50 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 tecarlo, concorrenti involontarie della Rai. Con la costituzione della Comunità delle emittenti di servizio pubblico la Rai trovava un accordo dapprima con la Radiotelevisione della Svizzera poi, per analogia, con la Rtv di San Marino e la Radio Vaticana. D’altra parte, dopo i vari tentativi per una televisione satellitare multilingua europea, sfociati invece in prodotti monolingue come la francofona Tv5 nel 1984 e la germanofona 3Sat, qualche velleiRemigio Ratti. tà d’essere presente via satellite poteva anche essere stata pensata per la neonata Comunità Radiotelevisiva Italofona. Il contesto della prima metà degli anni ottanta dava quindi dapprima alla Comunità Radiotelevisiva Italofona un significato altamente istituzionale. Le modalità d’azione ipotizzate andavano dalla coproduzione, agli accordi di distribuzione, di scambio e di formazione di personale tecnico e di giornalisti qualificati. In altri termini il prodotto radiotelevisivo era pensato anche come un prodotto d’esportazione, particolarmente ancorato alla realtà più forte quella della Rai e in seconda battuta della svizzera Rsi. Nei fatti la Comunità Radiotelevisiva Italofona si scontrerà poi con i limiti, le barriere d’entrata e le strategie di realtà sempre ancorate alle rispettive contingenze nazionali. Tuttavia l’idea produce i suoi frutti: nascono i corsi di lingua italiana Victor, la coproduzione di radiodrammi e varietà, scambi e, Sintonie, una rubrica radiofonica settimanale in comune. Con gli anni Duemila, contesto e modalità d’azione cambiano sostanzialmente. Siamo alla tecnologia digitale: suoni, immagini e testi tendenzialmente convergono in nuove offerte multimediali, spesso interattive. Cadono pure i costi e con essi molte delle barriere d’entrata alla produzione, distribuzione e mercato. La Comunità percepisce il cambiamento, dandosi dapprima degli obiettivi di programma mirati e tematici[1] e si interessa alle minoranze non solo nazionali e all’italiano nella globalità. Nel 2004 a Villa Erba di Cernobbio è organizzato un significativo convegno dal titolo “Noi e gli altri. Lingua italiana e minoranze: quale ruolo per i media”[2]. Il tema coinvolge in particolare le sedi regionali della Rai e i loro programmi. Nel 2008 a Cagliari, alla tradizionale Assemblea della Comunità Radiotelevisiva Italofona nell’ambito del Prix Italia si potrà affermare di aver contribuito al mantenimento della sede sarda. Un laboratorio La Comunità Radiotelevisiva Italofona sperimenta e diviene un po’ un laboratorio per quei collaboratori che ne vogliono interpretare lo spirito. Così si allarga ad altri emittenti, gli associati, e accoglie con lo statuto di amici della Comunità, in particolare enti e istituzioni accademiche che promuovono la lingua e la cultura italiana. Nel 2006 si dà nuovi statuti e una carta programmatica che sanziona [3] i tre cerchi della Comunità Radiotelevisiva Italofona, soci fondatori, associati e amici, mentre va alla scoperta dell’italiano nei Balcani e nel Mediterraneo. Con grande tenacia propone e poi riesce a riunire un buon numero di radiotelevisioni e di personalità al Convegno di Tirana (16-18 ottobre 2008), ospiti della Radiotelevisione pubblica albanese; l’incontro mette in risalto la presenza della lingua e della cultura italiana nell’area balcanica e la volontà di vederla conosciuta e valorizzata fino ad entrare nei programmi delle emittenti presenti. Vale la pena di ripercorrerne gli atti “L’italiano di fronte. Italicità e media nei Paesi dell’Europa sudorientale”[4]. L’incontro di Tirana sanziona le nuove adesioni delle Rtv albanese, croata, rumena e apre la prospettive di averne altre all’orizzonte. Questa evoluzione convince la Comunità Radiotelevisiva Italofona a lasciarsi guidare da un nuovo paradigma, meno istituzionale e più sostanziale: andare alla scoperta e valorizzare il “sentire italiano”, convinti che l’italiano è, o può ancora essere, lingua di identificazione culturale anche nella globalizzazione, al contrario dell’inglese quando il suo uso è puramente strumentale. L’Accademia della Crusca lanciando la piazza delle lingue 2010 sull’“Italiano degli altri” rafforza non poco l’impostazione della Comunità intesa a scoprire l’apporto del concetto di italicità, il cavallo di battaglia di uno dei nostri membri, l’associazione Globus et Locus. Alla ricerca dell’italianità L’italiano e la cultura italiana evolvono e si contaminano nella globalità e questo obbliga ad andare a cercare coloro che parlano, capiscono o anche solo sono vicini alla cultura italiana. Il paradigma dell’italicità, o in genere dell’italianità, mette in rete vecchi e nuovi attori, si alimenta su progetti e si costruisce attorno a nodi in interrelazione. Ne consegue che la Comunità italofona si pensa ormai come uno strumento multimediale non tanto per esportare i propri prodotti quando come laboratorio per servire coloro che si identificano nel sentire italiano. Gli ultimi esempi sono il ciclo dei Classici italiani, una coproduzione dell’Isi, Istituto di studi italiani dell’Università di Lugano, con Rete Due della Radiotelevisione svizzera, che sfocia nella nostra banca di scambi, ma anche quale prodotto multimediale innovativo dell’Enciclopedia Treccani; possiamo ancora citare la piattaforma di scambio della Comunità che contribuisce a far rete e incoraggia, come nel recentissimo accordo della Comunità con Radio Vaticana la messa a disposizione dei membri i concerti registrati in Vaticano con l’apporto dei conservatori italiani. Tutto è però in evoluzione e la Comunità Radiotelevisiva Italofona che, ricordiamolo, ha solo le risorse delle volontà di chi la anima e dei capitale di fiducia delle rispettive direzioni, deve continuamente rinnovarsi e ringiovanirsi. Nell’incontro del 5 novembre 2010 dal titolo “Alla ricerca dell’italiano e della cultura italiana nel mondo” abbiamo voluto rispondere in modo aperto e critico a due domande: - quali sfide, bisogni e aspettative si pongono alla lingua italiana quale elemento di identificazione culturale in un mondo globalizzato? - Quali risposte strumentali e strategiche possono essere date dai media elettronici di servizio pubblico? Per servire l’italiano nel mondo occorre privilegiare il dialogo, valorizzare e trovare, specie nell’”italiano degli altri”, occasioni per fare rete e comunità. Un compito che vorremmo contribuire ad adempiere anche in futuro grazie a tutti gli utenti e alla volontà di crescere della Comunità Radiotelevisiva Italofona dei soci fondatori, dei soci associati e dei membri amici della Comunità. 1 Gli scrittori delle nostre Alpi per interpretare l’anno internazionale della montagna nel 2002. 2 Edizioni Rai eri, 2005. 3 gli impulsi risalgono alla carta programmatica dell’Assemblea di Bologna, del 2001). 4 Edizioni Rai eri, 2009. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 51 “Ogni attività di Private Banking richiede un elevato livello di confidenzialità e fiducia. Crediamo fermamente nelle potenzialità del sistema di gestione bancario Ambit Apsys di SunGard per assicuralo “ con la massima efficienza. Christine Ehrat, lic.oec.publ. Membro della direzione MediBank AG Zug Ambit Apsys – per banche con più di 500 utenti AMBIT APSYS The Well Managed Bank Helping Banks better manage their customers SunGard ha progettato il sistema Ambit Private banking facendo leva sui suoi principali punti di forza: compliance ed efficienza. Inoltre, il sistema Ambit è stato integrato con funzionalità CRM che facilitano una più efficace interazione tra consulenti e clienti. Ad oggi, più di 70 banche private utilizzano questo software, che si è rivelato essere molto flessibile ed affidabile, riuscendo a soddisfare un sempre crescente numero e una complessità di richieste da parte dei loro clienti. Migrate su Ambit Apsys entro pochi mesi. Parliamone insieme. Telefono 022 929 83 00. www.sungard.com/apsys © 2010 SunGard Trademark information: SunGard, the SunGard logo, and Ambit Apsys are trademarks or registered trademarks of SunGard Data Systems Inc. or its subsidiaries in the U.S. and other countries. All other trade names are trademarks or registered trademarks of their respective holders. Scaffale di Liber Beppe Severgnini Riccardo Giumelli Umberto Eco La pancia degli italiani Lo Sguardo Italico Nuovi orizzonti del Cosmopolitismo Il Cimitero di Praga Rizzoli pp. 198 - € 16,00 Liguori editore pp. 180 - € 16,50 Bompiani pp. 528 - € 19,50 Se B. ha dominato la vita pubblica italiana per quasi vent’anni, c’è un motivo. Anzi, ce ne sono dieci: 1. fattore umano, 2. fattore divino, 3. fattore Robinson, 4. fattore Truman, 5. fattore hoover, 6. fattore zelig, 7. fattore harem, 8. fattore medici, 9. fattore t.i.n.a, 10. fattore palio. Perché la maggioranza degli italiani ha appoggiato e/o sopportato Silvio Berlusconi per tanti anni? Non ne vede gli appetiti, i limiti e i metodi? Risposta: li vede eccome. (Anche) per questo, spiegare il personaggio ai connazionali è una perdita di tempo. Ciascuno di noi ha un’idea, raffinata in anni di indulgenza o idiosincrasia,e non la cambierà. Ogni italiano si ritiene depositario dell’interpretazione autentica e discuterla è inutile. Utile è invece provare a spiegare Berlusconi ai posteri: un giorno si chiederanno cosa è successo in Italia. Nella pancia della nazione si muovono tanti elementi: umanità e opportunismo, cautela e astuzia, distrazione e confusione, fantasia e ottimismo. Chi sa interpretarli e utilizzarli può andare lontano. Anzi: c’è già andato. Questo libro è un viaggio. La guida è acuta e incisiva, generosa di notizie, dettagli e informazioni, pronta a far discutere destra e sinistra. Un Severgnini in gran forma, che non rinuncia alla consueta ironia su se stesso e gli altri, ma deciso a farci riflettere sulle nostre scelte e sul cammino che tracciamo per i nostri figli. Beppe Severgnini (Crema 1956) è editorialista del Corriere della Sera, conduce dal 1998 il forum Italians e ha lavorato per The Economist (19932003). I suoi libri più recenti sono La testa degli italiani (2005), bestseller e tradotto in quattordici Paesi, L’italiano. Lezioni semiserie (2007) e Italians (2008). La globalizzazione, il glocalismo ridefiniscono i significati odierni delle identità collettive e il sentimento di appartenenza che le caratterizza. A partire dal concetto di “scontro di civiltà” del politologo S. P. Huntington, il testo costruisce un percorso culturale e sociologico dei mutamenti contemporanei fino a raggiungere il tema centrale: l’identità italiana, o meglio italica. In un’epoca di grandi trasformazioni qual è e quale sarà il posto per l’identità definita italica nei processi della globalizzazione e nel percorso della costruzione dell’identità Europea? È il quesito al quale l’autore cerca di rispondere, da un punto di vista che tenga conto della lunga storia italica – artefice di un’identità complessa e ambigua al tempo stesso –, ma anche dei processi di emigrazione e mobilità che da sempre hanno caratterizzato le genti della nostra penisola. Un condensato di memoria, presente e futuro di un “way of life” che oggi appare sempre più difficile da “afferrare. Rispondendo, l’autore prova a sfatare la retorica: “abbiamo fatto l’Italia, adesso facciamo gli Italiani”. Gli Italiani c’erano già ciò che è mancato e continua a mancare è l’Italia. Si definirà quindi il paradigma dell’italicità, comprendente ma differente da quello dell’italianità, possibile risorsa per capire la complessità contemporanea. Perché le idee sui vizi e le virtù degli italiani possono apparire diverse e sorprendenti se assumiamo un nuovo punto di vista. Riccardo Giumelli è sociologo, insegna “Teorie e Pratiche della Comunicazione” e “Strategie della Comunicazione Giornalistica” presso la facoltà di Scienze Politiche, dell’Università di Firenze. Ha svolto attività di ricerca presso la Rappresentanza italiana dell’OCSE a Parigi. Collabora con l’Associazione Globus et Locus di Milano e scrive per riviste nazionali e internazionali. Lungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e Parigi, troviamo una satanista isterica, un abate che muore due volte, alcuni cadaveri in una fogna parigina, un garibaldino che si chiamava Ippolito Nievo, scomparso in mare nei pressi dello Stromboli, il falso bordereau di Dreyfus per l’ambasciata tedesca, la crescita graduale di quella falsificazione nota come I protocolli dei Savi Anziani di Sion, che ispirerà a Hitler i campi di sterminio, gesuiti che tramano contro i massoni, massoni, carbonari e mazziniani che strangolano i preti con le loro stesse budella, un Garibaldi artritico dalle gambe storte, i piani dei servizi segreti piemontesi, francesi, prussiani e russi, le stragi in una Parigi della Comune dove si mangiano i topi, colpi di pugnale, orrendi e puteolenti ritrovi per criminali che tra i fumi dell’assenzio pianificano esplosioni e rivolte di piazza, barbe finte, falsi notai, testamenti mendaci, confraternite diaboliche e messe nere. Ottimo materiale per un romanzo d’appendice di stile ottocentesco, tra l’altro illustrato come i feuilletons di quel tempo. Ecco di che contentare il peggiore tra i lettori. Tranne un particolare. Eccetto il protagonista, tutti gli altri personaggi di questo romanzo sono realmente esistiti e hanno fatto quello che hanno fatto. E anche il protagonista fa cose che sono state veramente fatte, tranne che ne fa molte, che probabilmente hanno avuto autori diversi. Ma chi lo sa, quando ci si muove tra servizi segreti, agenti doppi, ufficiali felloni ed ecclesiastici peccatori, può accadere di tutto. Anche che l’unico personaggio inventato di questa storia sia il più vero di tutti, e assomigli moltissimo ad altri che sono ancora tra noi. Umberto Eco è nato ad Alessandria nel 1932; filosofo, medievista, semiologo, massmediologo, ha esordito nella narrativa nel 1980 con Il nome della rosa (Premio Strega 1981). Numerose le sue opere di saggistica la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 53 Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana Moti rivoluzionari e lotte per le Costituzioni di Tindaro Gatani L’unico popolo europeo che era riuscito a opporre una forte e vittoriosa resistenza all’invasione francese era stato quello spagnolo. Nel 1808, Napoleone, sfruttando i contrasti tra re Carlo IV e il figlio Ferdinando, principe delle Asturie, aveva costretto entrambi ad abdicare, imponendo sul trono di Spagna il fratello Giuseppe Bonaparte. Nello stesso tempo le truppe francesi invadevano il Portogallo, ma erano costrette a ritirarsi per l’immediato sbarco di ingenti forze inglesi, intervenute per dare man forte alla guerriglia spagnola, divenuta ormai «una spina nel fianco di Napoleone». Dalla Spagna alla Sicilia La svolta avvenne quando il principe delle Asturie, ancora prigioniero di Napoleone, promise segretamente di voler mantenere, una volta insediato sul trono spagnolo, la Costituzione che i patrioti liberali si erano data nel 1812. Il futuro re si impegnava a rinunciare al potere legislativo che sarebbe stato affidato alle Cortes, un Parlamento eletto dal popolo. Ma, passato il pericolo, appena diventato re con il nome di Ferdinando VII, nel dicembre del 1813, si rifiutò di mantenere fede alla parola data, restaurando il suo potere assoluto e perseguitando tutti quei patrioti che avevano preso parte alla lotta di liberazione. In seno al popolo e soprattutto nell’esercito, che aveva ricacciato i Francesi oltre i Pirenei, cominciò a serpeggiare allora una forte indignazione sfociata poi nell’ammutinamento di alcuni battaglioni di stanza a Càdice che, il 1° gennaio 1820, proclamarono di nuovo la Costituzione del 1812. L’insurrezione dilagò in tutta la Spagna e il re fu costretto a indire le elezioni per la convocazione delle Cortes. La rivoluzione spagnola aveva intanto contagiato anche il Regno delle Due Sicilie. Dopo la vittoria di Austerlitz del 2 dicembre 1805 contro la Terza coalizione della quale, accanto all’Austria, alla Gran Bretagna, alla Russia e alla Svezia, faceva parte anche il Regno di Napoli, Napoleone aveva deciso di regolare definitivamente i conti con i Borboni, invadendo l’Italia meridionale sul cui trono pose prima Carlo Alberto di Savoia. il fratello Giuseppe (1806) e, dopo la nomina di quest’ultimo a Re di Spagna, il cognato Gioacchino Murat (1808). Nel 1806, re Ferdinando IV di Borbone costretto a rifugiarsi in Sicilia, sulla quale regnava con il nome di Ferdinando III, accettò la protezione delle truppe britanniche comandate dall’energico Lord William Bentinck, che, per accattivarsi le simpatie dei patrioti convinse il monarca a nominare reggente il figlio Francesco e a promulgare una Costituzione fatta poi approvare dal Parlamento. Elaborata su modello inglese e adattata alle esigenze locali, essa prevedeva un potere legislativo attribuito a due Camere, quella dei Comuni e quella dei Pari, e uno esecutivo affidato al re e uno giudiziario composto di giudici togati formalmente indipendenti. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 55 occupata che quelle rivolte potessero contagiare parte del suo Impero, si riunirono in dicembre a Lubiana (Slovenia) per organizzare «interventi militari» in tutti quegli Stati dove era «già in atto» o si sarebbero verificati d’allora in poi «moti rivoluzionari di qualsiasi genere». Prussia, Russia e Austria, avevano insomma deciso, senza un’esplicita richiesta dei diretti interessati, di intervenire per ristabilire l’assolutismo nei due Stati ribelli, incaricando l’ambasciatore del Regno delle Due Sicilie di comunicare la decisione presa del prossimo intervento militare al suo sovrano. L’ispiratore della «linea dell’intervento repressivo» era soprattutto Clemens Wenceslaus Lothar principe di Metternich, che temeva l’esportazione della rivoluzione in altre realtà europee. In un primo tempo Ferdinando I si mostrò offeso di una decisione presa in sua assenza e chiese di poter prender parte al nuovo incontro di Lubiana che si sarebbe svolto nel gennaio del 1821. Prima di lasciare Napoli egli promise solennemente che in quell’incontro avrebbe difeso il programma costituzionale che aveva concesso ai suoi sudditi e a opporsi a qualsiasi intervento militare contro il suo Regno. Federico Confalonieri. Gli incontri di Lubiana Quella siciliana era la più moderna delle Costituzioni fino allora approvate, ma pur non essendo stata mai abrogata essa non fu mai applicata perché, dopo il suo ritorno a Napoli, Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia, divenuto Ferdinando I delle Due Sicilie, non convocò più il Parlamento siciliano. A sei mesi esatti dell’inizio dell’insurrezione spagnola, il 1° luglio 1820, giorno di festa di San Teobaldo, protettore dei carbonai, la rivolta scoppiò anche a Napoli. A sollevarsi per primo fu uno squadrone di cavalleria di stanza a Nola, con a capo Michele Morelli e Giuseppe Silvati, che insorse al grido di «Viva il Re, viva la Costituzione», issando la bandiera rossa, nera e turchina dei Carbonari. Nella marcia verso Napoli, al gruppo degli insorti si unirono nuovi reparti al comando del maggiore Lorenzo De Conciliis provenienti da Avellino e quelli al comando del generale Guglielmo Pepe, che già aveva servito sotto il Murat. Come in Spagna, anche a Napoli la rivolta non era contro la persona del Re, ma per una monarchia costituzionale. E come a Madrid, anche a Napoli, il vecchio Ferdinando I fu costretto a concedere la Costituzione, giurando sul Vangelo di mantenerla «lealmente». Le cose andarono peggio in Sicilia, dove i patrioti, con l’aiuto del popolo, cacciarono le truppe regie e istituirono un governo provvisorio, proclamando l’indipendenza dell’Isola, che fu però domata dall’intervento militare al comando del generale Pietro Colletta (settembre 1820). I fatti di Spagna e del Regno delle Due Sicilie avevano intanto allarmato la Santa Alleanza, che sulla pronta e ferma sollecitazione dell’Austria, pre- 56 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 La spedizione contro il Regno delle Due Sicilie Gli storici, ancora oggi, non sono concordi su come si siano veramente svolti i colloqui di Lubiana. Alcuni affermano che, una volta di fronte ai rappresentanti dell’Austria, della Prussia e Russia, Ferdinando I, recitando la parte della vittima della rivoluzione chiese e ottenne l’aiuto militare per sconfiggere gli insorti. Altri invece parlano di un Re giunto a Lubiana carico di ottimismo e sicuro di «farsi ascoltare dai grandi», con la speranza di «essere anche apprezzato come mediatore di pace» e «sovrano illuminato», che aveva saputo fermare la sollevazione, rinunciando a qualche privilegio. Di storicamente accertato c’è il fatto che a Lubiana egli fu «richiamato» e «umiliato» per le debolezze dimostrate nei confronti dei «militari ribelli», dei «rivoluzionari» del vecchio regime napoleonico e dei disertori di ogni risma. Di più sicuro c’è che, ancora prima che Ferdinando I arrivasse a Lubiana, gli Austriaci avevano ordinato l’invio contro il Regno delle Due Sicilie di un potente esercito di oltre 100 mila soldati per sconfiggere i ribelli e ripristinare l’ordine voluto dalla Santa Alleanza. In un estremo tentativo di evitare spargimento di sangue, Ferdinando I si limitò a inviare al «suo governo costituzionale», l’ordine di «desistere da ogni progetto difensivo... per il bene del Paese». La marcia degli Austriaci fu favorita dalla concessione del diritto di transito dello Stato pontificio prontamente accordato da papa Pio VII. Le difese napoletane schierate in Abruzzo e lungo il corso del fiume Garigliano furono disperse dalle preponderanti forze nemiche che già il 21 marzo 1821 entrarono a Capua, Caserta e Aversa, il 25 a Napoli e il giorno dopo occupavano anche la fortezza militare di Gaeta. Lo «spergiuro re Fer- dinando», tornato sul trono, nominò a capo della polizia Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa, che già egli stesso aveva, prima della rivolta, esonerato dal servizio per la sua ferocia repressiva, che adesso si poteva abbattere indisturbata contro tutti gli oppositori del regime. Venne allora abolita la Costituzione e ristabilito l’assolutismo, mandati a morte Morelli e Silvati, imprigionati o costretti all’esilio moltissimi altri. Il Metternich non si era comunque sbagliato sulla possibilità di esportazione delle idee liberali nelle diverse realtà europee. Ai moti di Napoli seguirono infatti quelli di Torino, dove il 22 gennaio 1821, l’arresto di quattro giovani universitari, che avevano manifestato pubblicamente il loro appoggio alla rivolta napoletana, provocò una manifestazione di solidarietà dei loro colleghi, che venne dispersa dalla polizia con tanta violenza da provocare il risentimento generale della popolazione. I fatti che seguirono portarono a una più stretta collaborazione tra i liberali piemontesi e quelli lombardi decisi a imbracciare le armi contro gli occupanti austriaci. Fu in questa circostanza che si andò delineando la figura tentennante e dubbiosa di Carlo Alberto di Savoia, che ebbe di certo una parte non molto chiara in quegli avvenimenti. Carlo Alberto e la rivoluzione piemontese Il vecchio re Vittorio Emanuele I, ritornato a Torino dalla Sardegna nel 1815, amava ripetere di «voler fingere di aver dormito per i quindici anni» di quell’esilio e che quindi tutto sarebbe ritornato come prima della dominazione francese. I patrioti, che aspiravano a maggiore libertà, si rivolsero allora a Carlo Alberto, il giovane rampollo di casa Savoia, che aveva fatto intendere di voler diventare autorevole «mediatore» tra il re e i liberali, che contavano sulla sua buona volontà. Tutto sembrò prendere la piega giusta quando Vittorio Emanuele I abdicò in favore del fratello Carlo Felice e, in sua assenza, la reggenza venne assegnata proprio a Carlo Alberto che, sotto la spinta dei liberali, promulgò la Costituzione di Spagna, facendo salva, però, «l’approvazione sovrana». Carlo Felice rifiutò le concessioni fatte dal principe reggente al quale ordinava di recarsi subito a Novara e prendere servizio in una guarnigione rimasta a lui fedele. Lo stesso Carlo Felice invocò allora l’aiuto della Santa Alleanza e l’Austria fu felice di intervenire, sconfiggendo a Novara l’esercito degli insorti. Anche la rivoluzione piemontese finiva così con il ritorno sul trono di un monarca assolutista e «reazionario per indole». Come a Napoli anche nel Regno di Sardegna fu allora lanciata una campagna repressiva in grande stile contro tutti gli oppositori. Dopo i fatti di Napoli e di Torino tutti i sovrani allertati dall’Austria intensificarono i controlli e gli atti repressivi contro ogni libertà di espressione e di manifestazione di dissenso. In questi eventi va inquadrata la spietata e feroce reazione del Duca di Modena, che istituì un tribunale militare spe- Silvio Pellico. ciale che pronunziò ben nove condanne a morte, poi commutate in carcere duro a vita, tranne quella riguardante il giovane sacerdote Don Giovanni Andreoli, che fu giustiziato davanti alla rocca del castello di Rubiera il 17 ottobre 1822. Per mettere a tacere ogni idea liberale bisognava però soffocare anche la Costituzione spagnola e far tacere per sempre quei patrioti del Lombardo Veneto che si erano distinti nell’opposizione allo strapotere austriaco. Per ingraziarsi la Santa Alleanza, fu allora lo stesso Carlo Felice a indire per l’ottobre 1822 un Congresso a Vienna, dove fu presa la decisione di restaurare l’assolutismo nella penisola iberica. A incaricarsi di quella missione fu la Francia reazionaria di Luigi XVIII che, appena entrata a far parte della Santa Alleanza, voleva dimostrare di aver espiato le sue colpe rivoluzionarie. Così, nell’aprile del 1822, l’esercito francese passava i Pirenei e costringeva i liberali a lasciare Madrid e a riparare a Càdice, dove opposero una dura resistenza asserragliandosi nella fortezza del Trocadero, prima di arrendersi alle preponderanti forze nemiche nell’agosto del 1823. Tra quanti si distinsero nella repressione della rivoluzione spagnola, soprattutto nell’assedio al Trocadero, c’era anche Carlo Albero di Savoia. Silvio Pellico e Federico Confalonieri La rigorosa campagna di prevenzione contro qualsiasi aspirazione liberale aveva portato intanto all’arresto di alcuni patrioti del Lombardo-Veneto, dove tuttavia non si era verificato nessun moto rivoluzionario. Ma il governo austriaco sapeva che Milano era in fermento e stava trasformandosi in la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 57 La Sentenza che commutava la pena di morte in carcere duro a vita allo Spielberg per i patrioti lombardi. un pericoloso focolaio di idee e iniziative liberali. Bisognava prevenire e stroncare sul nascere qualsiasi velleità democratica. Nella capitale lombarda le due maggiori società segrete, la Carboneria e la Massoneria, avevano ricevuto un nuovo impulso dal diffondersi del Romanticismo, la nuova corrente di pensiero, nata alla corte di Madame de Staël a Coppet sul Lago Lemano, (vedi «La Rivista» di aprile) per contrastare l’imperante Illuminismo francese e favorire «l’affermazione della piena libertà d’ispirazione e della creazione artistica» con «il rifiuto di ogni imitazione dei modelli del passato». In Italia, più che ogni altro Paese d’Europa, il dibattito si era trasformato ben presto da letterario in politico. La lotta dei liberali, che si battevano per la libertà e l’indipendenza dall’oppressione straniera e quella dei romantici per la libertà della letteratura e dell’arte, avevano trovato in Lombardia una casa comune nella cerchia di «Il Conciliatore», un periodico fondato nel settembre 1818 da una società di intellettuali, tra cui c’erano anche Federico Confalonieri, Giovanni Berchet, Pietro Borsieri, Silvio Pellico, Gian Domenico Romagnoli e l’abate e marchese torinese Ludovico di Breme, di ritorno dalle assise di Coppet. Tutti i collaboratori del battagliero foglio, pur limitandosi a trattare argomenti letterari, giuridici e artistici, nei loro scritti lasciavano comunque «trasparire vivo e 58 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 irrefrenabile l’amore per la libertà e l’indipendenza» della Nazione italiana. Il termine romantico si trasformò ben presto in sinonimo di liberale, che dalle forze reazionarie allora imperanti fu interpretato come patriottico e quindi rivoluzionario. Fu per questo che «Il Conciliatore» fu soppresso dalle autorità austriache nell’ottobre del 1819. Seguirono quindi gli arresti di alcuni suoi collaboratori, tra cui Silvio Pellico e Federico Confalonieri, e di altri patrioti, che si conclusero con varie condanne a morte (1822-1823), commutate poi in carcere duro allo Spielberg, una fortezza della città di Brno in Moravia. Silvio Pellico, graziato nel 1830, fece ritorno in Italia e scelse Torino come sua nuova dimora, ritirandosi completamente dalla politica attiva e accettando di svolgere la mansione di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Il suo libro autobiografico Le mie prigioni, uscito nel 1832, si trasformò comunque in una potente arma antireazionaria, che costò all’immagine dell’Austria «più di una battaglia persa». Federico Confalonieri uscì dallo Spielberg dopo ben 13 anni di carcere duro, «indebolito di spirito e di corpo» e solo dopo l’assicurazione di non far più ritorno in Italia. Sarebbe poi morto esule, il 10 dicembre 1846, a Hospental, mentre da Lucerna si stava recando in Ticino. La Carica dei Bersaglieri a Porta Pia, di Michele Cammarano. Scuderie del Quirinale (Roma) fino al 16 gennaio 2011 1861: I pittori del Risorgimento di Augusto Orsi © by Danilo Rea. In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, le Scuderie del Quirinale (Roma) presentano una grande mostra per illustrare come la pittura italiana abbia rappresentato gli eventi che tra il 1859 e il 1861 portarono il nostro Paese alla conquista dell’indipendenza e dell’unità nazionale. 1861 i pittori del Risorgimento è un’esposizione commemorativa che allinea numerose opere che in questo filone sono ritenute, se non capolavori, opere di primaria importanza sia come testimonianza di avvenimenti storici, sia come rappresentative della migliore pittura paesaggistica dell’Ottocento. Tele esortative sul piano socio-politico in quanto evidenziavano l’importanza di eventi bel- 60 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 lici che contribuirono a fare la nazione Italia. L’allestimento è pregevole anche sotto l’aspetto didattico in quanto le funzionali e dettagliate didascalie permettono di mettere a fuoco e comprendere gli avvenimenti rappresentati dai quadri nel loro contesto storico. I due anni, dal 1859 al 1861, in cui l'Italia, divisa per secoli, è diventata una nazione, sono stati memorabili anche per la storia dell'arte, in particolare per la pittura, chiamata a testimoniare questa straordinaria vicenda. Artisti come Giovanni Fattori, il pittore soldato Gerolamo Induno, Federico Faruffini, Eleuterio Pagliano, Michele Cammarano s'impegnarono a narrare la dinamica e lo spirito delle celebri battaglie della Seconda guerra di indipendenza ma anche a rendere la passione che animò Garibaldi e le sue L’imbarco a Genova del Generale Giuseppe Garibaldi, di Gerolamo Induno. La partenza dei coscritti, di Gerolamo Induno. leggendarie Camicie rosse, trovando toni e forza espressiva originali e innovativi, in opere, prive di ogni retorica celebrativa, dove i veri protagonisti sono gli umili soldati, spesso travolti dalla storia. È ancora la vita del popolo risalta nei dipinti, in cui i macchiaioli Fattori, Silvestro Lega, Odoardo Borrani, ma anche i romantici lombardi Francesco Hayez, Domenico Induno, o il siciliano Giuseppe Sciuti, hanno saputo rappresentare i riflessi di quegli eventi storici all'interno delle mura domestiche componendo l'altro volto del Risorgimento, quello intimo e privato, in capolavori unici per intensità emotiva o drammatico pathos. Nell’esposizione sono messi a confronto, per la prima volta, i monumentali dipinti di Giovanni Fattori e Gerolamo Induno, per mettere in luce come entrambi gli artisti, pur con linguaggi diversi, ambissero al medesimo obiettivo: rappresentare le fondamentali battaglie per la conquista dell'Unità spostando l'attenzione dagli aspetti militari a quelli ideali e popolari. Inoltre si ammira la celebre La Battaglia della Cernaia di Gerolamo Induno che partecipò personalmente alla Guerra di Crimea e alla famosa battaglia immortalata sulla tela in un'opera che costituirà un modello per tutta la pittura del periodo. Tra i più conosciuti artisti dell'epoca, Giovanni Fattori, invece, non partecipò direttamente alla Seconda Guerra d'Indipendenza ma seppe rendere, forse più di ogni altro, la dimensione epica del nostro Risorgimento realizzando capolavori artisticamente assimilabili alle più belle pagine del Tolstoj di Guerra e Pace. Nelle opere dei lombardi Eleuterio Pagliano e Federico Faruffini come in quelle del napoletano Michele Cammarano si scopre, poi, quel rivoluzionario e impressionante realismo che ispirò l'immaginario cinematografico di registi come Blasetti e Visconti che proprio al racconto del Risorgimento dedicarono alcuni loro capolavori. In mostra, quindi, il racconto di alcuni degli anni e delle vicende più importanti della nostra storia, i fatti rivoluzionari del 1848, indispensabile premessa per capire le vicende dal 1859 al 1861, il mito delle Cinque giornate di Milano e quello di 'Roma ferita al cuore', la partecipazione popolare e l'epica della storia nelle opere di Hayez, Molteni, Induno. E ancora, lo spirito popolare dell'epopea dei Mille, il mito delle camice rosse e la figura di Garibaldi interpretati da Fattori, Gerolamo Induno, Filippo Liardo e Umberto Coromaldi. Con le delusioni di Villafranca e di Aspromonte, drammaticamente restituiteci dai capolavori di Domenico e Gerolamo Induno, la mostra si avvia a conclusione. Il tragico dipinto del Fattori, Lo staffato, è l'opera emblematica di questo periodo, il simbolo delle riflessioni e delle inquietudini che caratterizzarono quegli anni, forse, come è stato da più parti definito, il più vero e antiretorico monumento ai caduti delle guerre risorgimentali. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 61 Il Risorgimento italiano nel cinema (parte I) Dalle origini alla fine della Seconda Guerra Mondiale di Mattia Lento N el momento in cui ci apprestiamo a festeggiare l’anniversario dei centocinquanta anni dalla nascita dello Stato italiano, il nostro paese sembra soffrire di un alto tasso di conflittualità che rischia di mettere a repentaglio proprio quell’unità tanto agognata e tanto sofferta. Sono note a tutti oramai le tensioni secessioniste della Lega Nord - che non sono state certo cancellate dall’ultima esperienza governativa del partito di Umberto Bossi. Tuttavia, appaiono sottovalutati i malumori del sud della penisola e delle classi dirigenti che lo rappresentano. Qualche giorno fa Angelo Panebianco, in un editoriale sul Corriere della sera intitolato eloquentemente “L’altra secessione”, ha parlato proprio delle tendenze centrifughe meridionali. Un atteggiamento non nuovo che si nutre anche di interpretazioni storiche che leggerebbero il processo unitario come un mero episodio di colonialismo economico e politico del Nord nei confronti del Sud. La divisione Nord e Sud non è certo l’unica a inficiare l’integrità culturale del nostro paese, ma sembra quella più acuta e irrisolvibile al momento. I partiti politici della Seconda Repubblica, ad esclusione di una realtà precaria e legata alle sorti del suo leader come Forza Italia, non sono mai riusciti veramente a configurarsi come compagini forti e stabili in tutto il territorio nazionale. Il primo errore in questa situazione sarebbe quello di nascondersi dietro alla retorica delle cerimonie e dimenticarsi dei problemi che ci affliggono. Il secondo, invece, sarebbe quello di non accettare che il dibattito si trasferisca dal piano politico a quello storico. Combattere, però, il banale utilizzo della Storia per fini politici meschini e contingenti non ci sembra affatto né operazione ideologica né patriottica. Ha ragione lo storico milanese progressista Della Peruta che, nel bel mezzo delle polemiche per 62 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Un fotogramma di La presa di Roma, 1905. l’anniversario garibaldino, si chiedeva quale sorte sarebbe toccata alla penisola senza il processo di unificazione. Lungi dal dimenticare le conseguenze negative e i drammi legati a questo processo, lo studioso ha rimarcato i grandi risultati di tipo economico e culturale che si sono palesati soltanto sul lungo periodo. I convinti sostenitori dell’unificazione come Della Peruta non mancano, anche se le loro idee sono meno roboanti di quelle di chi si lancia in analisi storiche azzardate. Un settore della nostra cultura che si è sempre distinto per una grande attenzione e simpatia nei confronti del Risorgimento è il cinema. Sin dalle origini, il cinema italiano dimostra una vera e propria adesione ai valori legati a questo momento storico, tanto da divenire parte delle strategie di costruzione dell’identità nazionale. Tale rimarrà per molti anni, almeno fino a quando il regime mussoliniano farà finta di dimenticarsi, per ragioni di contingenza politica, delle tesi di Bottai e Gentile sulla continuità tra Risorgimento e il movimento fascista. Quando il cinematografo Lumière sul finire dell’Ottocento sbarca nella penisola non trova un sistema industriale pronto a sfruttarne le potenzialità economiche. Soltanto a inizio Novecento, il cinema italiano si dota di quelle strutture produttive che gli permetteranno per tutti gli anni Dieci di divenire una delle realtà più prestigiose al mondo. Il pioniere che ha il merito di far compiere questo salto di qualità al nostro cinema è Filoteo Alberini. Nel 1905, il primo regista italiano, insieme all’amico Santoni, fonda la società Alberini & Santoni. Il primo film che la casa di produzione realizza nello stesso anno della fondazione è affidato ad Alberini stesso. La presa di Roma, XX settembre 1870 ricorda l’episodio della breccia di Porta Pia e i produttori decidono così di organizzare la prima proiezione il giorno della commemorazione dell’evento, proprio nello stesso luogo in cui avvennero i fatti storici. Il successo di pubblico e il plauso delle autorità decreteranno il futuro successo del filone risorgimentale. La stessa Alberini-Santoni, che nel 1906 prenderà il nome di Cines, continuerà a interessarsi al tema. Mario Caserini, illustre regista del muto italiano, dedica più opere a riguardo, mostrando una certa predilezione per la figura di Garibaldi. Un personaggio storico tra i preferiti della casa romana che nel 1909 gira una pellicola, da pochi anni restaurata e godibile in tutta la sua bellezza, intitolata Il piccolo Garibaldino. Un’opera che contrariamente a La presa di Roma si connota per i forti toni melodrammatici e per una minore adesione ai valori della laicità. Il Risorgimento diviene tema popolare per molte case di produzione della penisola: nel 1911 la società torinese Ambrosio gira Le Nozze d’oro, pellicola che celebra i cinquanta anni dall’Unità d’Italia. Nei pieni anni Dieci la temperie dannunziana del nostro cinema non porta a trascurare la tematica risorgimentale che sovente s’intreccia con componenti drammatiche e melodrammatiche. Titoli come I mille di Alberto degli Abbati, La lampada della nonna di Luigi Maggi o il Ciceruacchio di Emilio Ghione rappresentano il meglio della produzione coeva. Anche la Rivoluzione francese, vissuta come presupposto necessario alle vicende ottocentesche della penisola, è soggetto molto popolare; così come tutti quei film in costume che rimandano a vicende storiche in cui s’intravedevano sentimenti patriottici e unitari. Durante la prima metà degli anni Venti la cinematografia aderisce agli ideali del fascismo e istituirà in anticipo sugli ideologi di regime un collegamento diretto tra Risorgimento e movimento fascista. Ne Il grido dell’aquila di Mario Volpe del 1923, ad esempio, il nipote di un ex garibaldino trova nello squadrismo fascista un modo per continuare le gesta del nonno. Un ballila del ’48 del 1927 La locandina di 1860 di Alessandro Blasetti. gioca sul parallelo tra gioventù mazziniana e littoria. Anche il mito garibaldino rimane popolare ed è presente in pellicole di Aldo De Benedetti, Carmine Gallone e Silvio Laurenti Rosa. Il sonoro fa perdere al cinema l’interesse per il Risorgimento: il regime prova oramai imbarazzo di fronte al ricordo di un processo storico italiano avvenuto grazie all’appoggio di Francia e Inghilterra. Tuttavia, in questo periodo viene girato uno dei più grandi capolavori del cinema risorgimentale, ovvero 1860 di Blasetti. Questa pellicola, amatissima da Scorsese, riflette su quel coinvolgimento delle classi popolari nel processo d’unificazione nazionale che Gramsci aveva sempre negato, ma che Blasetti sostiene per fini ideologici. Questo film diverrà un modello anche per i cineasti del Neorealismo, soprattutto per il carattere sostanzialmente antinarrativo. Così come l’adattamento del Fogazzaro risorgimentale di Piccolo mondo antico, operato dal regista Mario Soldati. Film molto importante per la capacità di rappresentare il paesaggio secondo schemi desunti dal realismo ottocentesco. Proprio con l’avvento del Neorealismo, il cinema nostrano sembra inizialmente non avere più tempo per soffermarsi sulle vicende del passato e comincia a riflettere sul dramma presente della guerra. La Resistenza è nel pieno del suo corso e aprirà presto un capitolo ancor più ostico della Storia contemporanea del nostro paese. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 63 fashion store Bäckerstrasse 51 | 8004 Zürich, phone 044 240 11 11 www.smlxl-fashionstore.ch Sequenze di Jean de la Mulière YOU WILL MEET A TALL DARK STRANGER di Woody Allen Il film si srotola attorno alle vicende di due coppie sposate - nella fattispecie quella formata da Alfie e Helena e quella della figlia Sally e di suo marito Roy - mentre passioni, ambizioni e ansie causano un crescendo di guai e follie. Dopo essere stata lasciata da Alfie - che se ne è andato per inseguire la perduta giovinezza e una ragazza di nome Charmaine - Helena mette da parte la razionalità e si affida ciecamente ai bislacchi consigli di una cartomante ciarlatana. Dal canto suo Sally, intrappolata in un matrimonio infelice, si prende una cotta per l’affascinate proprietario della galleria d’arte - nonché suo capo – Greg, mentre suo marito Roy, uno scrittore che attende con ansia una risposta dalla sua casa editrice, resta folgorato da Dia una donna misteriosa che cattura il suo sguardo attraverso una finestra di un immobile vicino. Partendo da e chiudendo su una citazione shakespeariana dal retrogusto nichilista, Woody Allen prosegue con testarda coerenza, e con beffardo umorismo, nella sua smaliziata descrizione di quella roulette esistenziale che sono (o sono diventati) per lui l’amore e i rapporti di coppia. FAIR GAME di Doug Liman Ecco un film che rientra nella serie dei tentativi di far emergere la verità sulla genesi delle ultime decisioni di Bush e Blair che portarono nel marzo del 2003 alla guerra all’Iraq di Saddam Hussein proprio quando quest’ultimo si era convinto a lasciare il potere in cambio di un esilio dorato. È basato sulla storia vera della spia della Cia, Valeria Plame Wilson e di suo marito Joe Wilson, ex ambasciatore e collaboratore di Fort Langley, entrambi bruciati da uomini dello staff del vicepresidente Cheney per non essersi prestati ad avallare anche con menzogne la storia delle armi di distruzione di massa e segnatamente quella balla che vide coinvolti anche non meglio identificati soggetti del Sismi parallelo che si inventarono il cosiddetto “Niger gate”, cioè il fatto che Saddam avesse acquistato uranio dal Niger per arricchirlo e farci la bomba. Pur dilungandosi in fatti marginali e indugiando su immagini che sottolineano la trita retorica della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, il film è un “j’accuse” potente e prepotente all’amministrazione Bush per avere trascinato inutilmente il paese e il mondo nell’avventura bellica contro Saddam. HOME FOR CHRISTMAS di Bent Hamer Dopo aver vinto il Premio alla Miglior Sceneggiatura a San Sebastian e aver conquistato il pubblico festivaliero di Toronto, Londra, Lubecca e Bergen, esce nelle sale l’ultimo film di uno dei più noti filmmaker norvegesi, A dispetto del titolo, non è un cinepanettone. Eppure lo vedremo nel periodo delle feste. Natale ed il suo significato non sono però il punto di osservazione del regista: “Le storie si svolgono nel periodo natalizio, ma hanno vita propria”, ha commentato. Secondo Hamer, il Natale è collegato ai ricordi d’infanzia, ai suoi sentimenti e alle sue atmosfere più che alla celebrazione religiosa. A differenza della gran parte dei suoi film precedenti, basati su sceneggiature originali, il regista ha attinto da una raccolta di storie brevi dell’autore locale Levi Henriksen, per legare insieme pezzi di vita interconnessi nella innevata e fittizia cittadina norvegese di Skogli. Le storie di speranza, amore, amarezza, dolore e felicità compongono questo film corale segnato dal consueto umorismo impassibile di Hamer, ma con un maggiore coinvolgimento emotivo, sottolineato dalle festività. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 65 Diapason di Luca D’Alessandro Aldo Romano - Complete Communion To Don Cherry (Dreyfus Jazz) Donald “Don” Cherry, scomparso nel 1995, era uno dei grandi del Free Jazz. Un artista che ha lasciato le sue impronte multietniche nella storia della musica. Tra gli esperti del jazz vi sono voci che affermano che fu Don Cherry a sviluppare il genere che oggi nell’uso comune viene chiamato world music. Comunque sia, l’eredità di Don Cherry vibra fino ad oggi nelle vene dei jazzisti contemporanei, coinvolgendo tra l’altro il batterista jazz bellunese Aldo Romano, che in collaborazione con i «Complete Communion», un complesso composto da Henri Texier al basso, Géraldine Laurent al sassofono e Fabrizio Bosso alla tromba, ha lanciato un tributo a questo missionario della musica senza frontiere. Il disco ha suscitato un forte interesse, tanto da essere pubblicato presso la Dreyfus Jazz (Francia) e come inserto CD nella rivista italiana Musica Jazz, la quale nel numero di ottobre ha dedicato undici pagine a Don Cherry e a questo progetto. Paolo Conte - Nelson (Universal) Il titolo e la copertina dell’album sono dedicati al suo cane Nelson che ha accompagnato Paolo Conte per quattordici lunghi anni. I quindici brani inediti invece sono rivolti a Renzo Fantini, amico e produttore di Paolo Conte, scomparso poco tempo fa. In Nelson, Conte continua il suo cammino artistico nell’ambito della musica leggera colta italiana, collegandosi all’album Psyche, pubblicato nel 2008. I brani sono brevi, pieni di creatività, cantati in italiano, dialetto napoletano, francese, inglese e spagnolo. Conte con maestria ingegnosa si serve di stili dei tempi passati: del charleston, del mambo e dello stile classico di New Orleans. Un artista rimasto autentico, che non ama farsi criticare, ma preferisce osservare i suoi brani da una prospettiva esterna, criticando se stesso. Secondo un’intervista pubblicata sul sito internet del Sussidiario, Conte dichiara: «Vi cito uno scrittore inglese dell’Ottocento: chiedere a uno scrittore cosa pensa dei critici, è come chiedere a un lampione cosa ne pensa dei cani». Karima (Di and Gi srl.) Nome e titolo combinati nell’album debutto di Karima Ammar, giovane cantante, nata nel 1985 a Livorno – da padre algerino e mamma italiana. L’album è la conclusione di una serie di esibizioni di successo davanti ad un grande pubblico, come ad esempio a febbraio 2009, quando Karima partecipa al Festival di Sanremo nella categoria Proposte con il brano Come in ogni ora. Durante la terza serata del festival, Karima è accompagnata sul palco da Mario Biondi e Burt Bacharach, quest’ultimo una vera leggenda internazionale della musica e creatore di Come in ogni ora che al festival arriva secondo nella categoria. La carriera della giovane cantante non nasce da Sanremo, ma nel programma televisivo Amici – condotto da Maria De Filippi – dove Karima riesce a convincere il pubblico con la sua voce soul meravigliosa, piena di carattere e maturità. Siamo quindi lieti di poter proporre questo bel disco nel nostro diapason. Nek - E Da Qui - Greatest Hits 1992 - 2010 (Warner) Nek compie gli anni: alle spalle diciotto anni di carriera. Un anniversario da festeggiare con un best of, una sintesi dei brani che non solo in Italia ma in tutta Europa hanno riscontrato successo e che nelle rotazioni delle emittenti radiofoniche oramai hanno un posto fisso. E Da Qui – Greatest Hits 1992 – 2010, doppio disco prodotto da Nek, Alfredo Cerruti e Dado Parisini per Warner Music Italy, secondo i promotori, vanta una completa collezione dei più grandi successi del cantautore, compositore e musicista modenese. Comunque sia, non tutti i brani fanno parte del passato di Nek, tre sono inediti, E da qui, Vulnerabile, e È con te, quest’ultimo dedicato alla figlia Beatrice Maria. Nek nei suoi anni di carriera diverse volte si è esibito in Svizzera. Ha avuto il pregio di vendere oltre otto milioni di dischi in tutto il mondo, lanciando dieci album inediti. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 67 Intervista con Danilo Rea La bella musica rimane in eterno di Luca Scigliano Era fine gennaio e fuori del Castello di Elmau c’erano 15 gradi sottozero. Un luogo incantevole, dove la pace e la tranquillità si alternavano. Condizioni ideali per concentrarsi e togliersi dalla testa lo stress e i nervosismi quotidiani. In mezzo alla sala grande un pianoforte nero messo a lucido per l’occasione ne ruba la scena. Come tradizione vuole, l’artista residente alla fine del suo soggiorno, tiene un concerto per i pochi e fortunati ospiti del castello. Riproposti vengono uno dietro l’altro i brani di uno dei più grandi e popolari cantautori della scena italiana, Fabrizio De André. La grande sala si riempie di jazz, di blues, di swing, di free jazz. Così, nel silenzio di quella notte incantata, avviene l’incontro con la musica d’autore e le note scivolano via creando un’eco che valica le Alpi. L’artista e interprete di turno è il maestro Danilo Rea che ci confida che il Castello di Elmau gli ha trasmesso la giusta atmosfera per incidere un disco in piano solo, per rendere omaggio a un artista profondo come De André: «questa è la prima volta che dedico a un artista italiano un CD completo e non poteva avere sfondo migliore di questo» I l progetto A Tribute to Fabrizio De André nasce circa quattro anni fa quando Dori Ghezzi, la moglie del cantautore genovese, contattò il Trio di Rea dopo aver ascoltato le improvvisazioni fatte col piano della Canzone di Marinella e della Canzone dell’amore perduto. «Perché non fate un programma di sole canzoni di Fabrizio?» propose. «Questa cosa non si fece più perché non ci sentivamo forse ancora maturi per farla». Passano gli anni e Danilo Rea venne invitato nella tenuta dei De André in Sardegna per un concerto interamente dedicato a Fabrizio, dove di fronte a più di 2000 persone esprime col suo pianoforte un repertorio di circa 20 brani, i più cari nella sua formazione musicale: «sono cresciuto con la sua musica. Negli anni ’70 per noi ragazzi era il poeta da ascoltare. C’era pure Battisti ma quando si trattava di andare più in profondità su temi sociali c’era Fabrizio De André che era la parte più importante della musica italiana». 68 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 © by Danilo Rea. Pensa che in futuro ci sarà spazio per un cantautore che canta melodie come De André? Lo speriamo tutti! Vedo però un futuro molto nero. Per quanto riguarda i cantautori: non ne escono più. Probabilmente il problema è ciò che i ragazzi vedono e sentono, per cui è molto difficile che ci sarà un altro personaggio come lui. Cos’è che l’ha portata ad accostarsi al genere pop così diverso dal jazz non solo a livello musicale ma anche di pubblico? Innanzitutto mi sono accostato al jazz, perché avevo la necessità d’imparare l’improvvisazione, perché il jazz è il punto massimo dell’improvvisazione. Mentre la musica pop ha altri valori: oltre al testo ha anche la melodia. Per cui alla fine non ho fatto altro che passare da uno stile all’altro cercando di mettere tutti insieme: riuscire per esempio a prendere una canzone dei Beatles e improvvisarci sopra. Tutto sommato, questo nel jazz non si usa fare perché il jazzista preferisce o com- porre la propria musica oppure suonare i vecchi standard ovvero le grandi canzoni degli autori americani. Di fronte all’improvvisazione della musica pop il jazzista tipico si ferma, peccando di presunzione ritenendola non all’altezza. In realtà si tratta solo di trovare un nuovo modo d’improvvisare. E l’istinto quanto è importante nelle sue improvvisazioni? È fondamentale! Nella musica istinto e energia sono indispensabili. Quando si suona soprattutto quando s’improvvisa, cerchiamo sempre di mandare avanti l’istinto e, con esso scatta l’energia che è un catalizzatore nei confronti del pubblico. Il segreto dell’improvvisazione sta nel riuscire sempre a equilibrare queste due variabili, nel senso di non far mai cadere la tensione. Quindi, raccontare una storia senza dilungarsi, o diventare noiosi o diventare troppo virtuosi, perché alla lunga anche questo diventa noioso. È una cosa che richiede maturità e tanto esercizio. Avendo suonato anche con dei giovanissimi, quando avviene questa maturazione? Partendo dal presupposto che ognuno suona ciò che è, è auspicabile che la maturazione avvenga il prima possibile (sorride). In realtà un musicista parte da virtuoso, perché, all’inizio della nostra carriera, siamo tutti affascinati dalla bravura, dai virtuosi appunto! Ma in realtà la musica è emozione per cui la maturità dipende dal percorso che ogni singolo musicista fa nella sua vita, quindi da ciò che cerca. A proposito di emozioni, come può senza parole, la combinazione di note procurare un’emozione? La musica come forma d’arte è sicuramente la più astratta quindi non ha parole ma note, frequenze. Evidentemente le singole frequenze disposte in una certa maniera riescono ad emozionare. Di sicuro dietro c’è anche la memoria di ciò che è stato già fatto. Ci sono brani nella musica classica che toccano le corde dell’emozione e qualsiasi pubblico che lo ascolti sente che dietro questa musica c’è l’emozione. È questo è il vero scopo della musica. Sembra un paradosso! Lei ha appena detto che un musicista oltre al talento deve esercitarsi molto, essere maturo, mantenere l’equilibrio tra istinto e energia ed ora entra in campo anche l’emozione. A questo punto le sue improvvisazioni possono essere definite libertà? Assolutamente! Finito il conservatorio davanti a me avevo due strade. Quella di seguire la via del concertista, quindi diventare pianista classico cosa che, secondo la mia bravissima maestra, mi sarebbe riuscita discretamente. Però non ero portato per questo, perché l’interpretazione di una sonata di Beethoven, per esempio, è si meravigliosa, però al tempo stesso non è la composizione di chi la suona per cui sei dipendente dalla partitura. Invece nel jazz questo non esiste: la musica può andare ovunque! Libertà massima nel senso che sempre, © by Andrea Feliziani. quando salgo sul palco non decido nemmeno la scaletta. Quali consigli dare ai giovani musicisti? Mi fa piacere questa domanda! Da due anni insegno al conservatorio di Santa Cecilia a Roma e quindi sono molto coinvolto con i giovani. Il consiglio che darei loro è quello di imparare il più possibile e poi dimenticare. Nel senso di filtrare tutto attraverso le emozioni. E di cercare sempre una grande libertà espressiva perché la musica non ha gabbie. E dove cercare questa libertà? Questa la si trova nella saggezza di ciò che si ascolta e di chi ha composto prima di noi: ascoltare i grandi musicisti senza mai pensare che siano passati di moda, perché ascoltare Ella Fitzgerald oppure Billie Holiday o Louis Armstrong è e sarà sempre una grandissima emozione. Quindi non sottovalutare la memoria storica: per quanto riguarda la musica e non solo. Un consiglio che penso sia valido per tutti i giovani, anche quelli che non sono musicisti. Infatti! Negli anni Settanta, ad esempio, il Rock con artisti come Jimi Hendrix per citarne uno, ha dato dei livelli musicali pazzeschi. Allora perché i giovani dovrebbero scavalcare quel periodo solo perché sono trascorsi 40 anni?! Bisogna rivalutare certe cose, perché in fondo la musica è come la poesia, praticamente non muore mai. Se una cosa è bella, lo rimane per l’eternità. Danilo Rea, nasce a Vicenza nel 1957. La sua musica ha radici classiche ed ha suonato con alcuni tra i più grandi jazzisti americani e non: da Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman e Michael Brecker a Billy Cobham, Gato Barbieri, Joe Lovano, Kenny Wheeler e John Scofield. Parallelamente alla musica jazz, è da tempo richiesta la sua attiva collaborazione nell’ambito del pop italiano al fianco di cantautori e interpreti come Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Pino Daniele o la grande Mina. Danilo Rea quando non è impegnato in concerti o incisioni, insegna al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Piano Works X: Danilo Rea at Schloss Elmau “A Tribute to Fabrizio De André” ACT la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 69 Prosciutto di Parma 2000 anni per una storia di successo 2000 anni di storia testimoniano il successo del Prosciutto di Parma: Catone il Censore, Strabone e Polibio parlano di allevamenti di suini e di cosce messe sotto sale. Un'epigrafe che si trova nei Musei Capitolini recita nel menù del giorno oltre a pullum (pollo) e piscem (pesce) anche perna (prosciutto). La storia corre giù fino alla guida illuminata di Maria Luigia (moglie di Napoleone e figlia dell'Imperatore d'Austria) che testimonia la grandeur europea; la musica eterna di Verdi è sinonimo di vivacità e passione; i capolavori di Correggio e Parmigianino hanno sempre richiamato turisti da tutto il mondo. È lo spirito di Parma: l'energia, l'amore per la vita, la sfida ad ottenere il meglio.... e la gastronomia parmense supera tutti i confini! Enza e a ovest dal torrente Stirone. Solo in questa area hanno luogo tutte le condizioni climatiche ideali per l’asciugatura, ossia la stagionatura naturale che darà dolcezza e gusto al Prosciutto di Parma. L’aria delle colline parmense è profumata: il vento marino della Versilia, una volta acquistato l’aroma delle pinete, si strofina contro i monti carsici della Cisa, perdendo tutto il salmastro, e infine si rotola sul profumo dei castagneti; un’aria asciutta quindi, ideale per la stagionatura dei Prosciutti. Dal latino perexsuctum: “asciugato” La parola “prosciutto” (dal latino perexsuctum, letteralmente asciugato) dice già tutto: la stagionatura lenta e paziente ha origini antichissime, tradizioni radicate, vocazioni innate. Solo da una cultura contadina così sagace, da uomini esperti, da una passione che sfocia nel perfezionismo poteva nascere un prodotto così. In un’area geografica ben delimitata hanno luogo tutte le condizioni climatiche ideali per l’asciugatura, ossia la stagionatura naturale che darà dolcezza, gusto e armonia al Prosciutto di Parma. Non a caso chiamano questa zona food valley. L’uomo migliora quel che di meglio la propria terra offre. È il motore dell’eccellenza, il segreto della qualità... ed è il significato profondo del riconoscimento internazionale di Origine Protetta. La zona tipica Una condizione essenziale per ottenere il Crudo di Parma è che l’intera lavorazione avvenga in “zona tipica”: un’area estremamente limitata che comprende il territorio della provincia di Parma posto a sud della via Emilia a distanza di almeno 5 Km. da questa, fino ad un’altitudine di m. 900, delimitato a est dal fiume 70 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 La denominazione di origine La denominazione di origine “prosciutto di Parma” è riservata esclusivamente al prosciutto munito di contrassegno atto a consentirne in via permanente l’identificazione, ottenuto dalle cosce fresche di suini nati, allevati e macellati nella ‘zona tipica’, prodotto secondo le prescrizioni di legge e regolamentari stagionato nella zona tipica di produzione per il periodo minimo di 10 mesi per i prosciutti tra i 7 ed i 9 Kg, e di 12 mesi per quelli di peso eccedente i 9 Kg. il periodo di stagionatura decorre dalla salagione. I pesi sono riferiti ai prosciutti con osso all’atto dell’applicazione del contrassegno. Le specifiche caratteristiche merceologiche del prosciutto di Parma sono: a) forma esteriore tondeggiante: privo della parte distale (piedino), privo di imperfezioni esterne tali da pregiudicare l’immagine del prodotto, con limitazione della parte muscolare scoperta oltre la testa del femore (noce) ad un massimo di 6 centimetri (rifilatura corta); b) peso: normalmente tra gli otto e i dieci chilogrammi e comunque non inferiore ai sette; c) colore al taglio: uniforme tra il rosa ed il rosso, inframmezzato dal bianco puro delle parti grasse; d) aroma e sapore: carne di sapore delicato e dolce, poco salata e con aroma fragrante e caratteristico; e) la caratterizzazione mediante l’osservanza di parametri analitici predeterminati. Il Consorzio Per difendere e tutelare la qualità del prodotto che si diffonde sempre più nel mondo, nasce nel ‘63 il Consorzio volontario del Prosciutto di Parma, organizzazione dei produttori (allora 23, oggi 189) che utilizzano e salvaguardano il metodo tradizionale di lavorazione. La Tradizione affida ai Maestri prosciuttai lo spirito artigianale, che raccoglie la sfida della qualità e la lancia nell’organizzazione industriale, operazione di carattere e prestigio che consente di creare il famoso prosciutto dolce. Le attività del Consorzio sono molteplici: riguardano la gestione e la salvaguardia delle regole produttive, la gestione della politica economica del comparto, la vigilanza e la tutela delle disposizioni di legge e dei regolamenti, la protezione del nome “Prosciutto di Parma” e del relativo marchio (Corona Ducale). Il Consorzio si occupa inoltre della valorizzazione del prodotto in Italia e nel mondo sviluppando campagne di advertising e iniziative promozionali, e svolge un importante lavoro di assistenza alle aziende pro- duttrici. A riconoscimento di questo rigore, l’Unione Europea ha attribuito la Denominazione d’Origine Protetta (DOP) già nel 1996 al Prosciutto di Parma, una tra le prime in Europa! Il Consorzio si occupa della gestione e salvaguardia del Disciplinare produttivo depositato presso l’Unione Europea per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta del “Prosciutto di Parma”. Tale Disciplinare definisce tutta la regolamentazione relativa agli aspetti della produzione del Prosciutto di Parma: le razze suine utilizzate, le tecniche di allevamento, i requisiti dei suini destinati alla lavorazione del Prosciutto di Parma, la provenienza della materia prima, la delimitazione della zona geografica di produzione, i metodi e la durata della stagionatura, le caratteristiche qualitative del prodotto finito. Tutto quanto indicato nel Disciplinare è previsto, nello specifico, dalla Legge 13/2/90 n° 26, dal D.M. 15/2/1993 n° 253, dalle prescrizioni produttive e da Direttive e regolamentazioni operative stabilite dai competenti Ministeri e dal Consorzio. I NUMERI DEL CONSORZIO Produzione 164 Aziende produttrici di Prosciutto di Parma. 9.823.000 Prosciutti di Parma marchiati nel 2009. Composizione della filiera 5.500 Allevamenti suinicoli. 120 Macelli. 3.000 Addetti alla lavorazione nel settore Prosciutto di Parma. Valore Prosciutto di Parma 800 milioni di euro Valore alla produzione Prosciutto di Parma. 1.700 milioni di Euro Giro d’affari al consumo Prosciutto di Parma. Vendite Italia 1.340 milioni di Euro Giro d’affari al consumo Prosciutto di Parma. Vendite Estero 181 milioni di euro Fatturato export del Prosciutto di Parma. 360 milioni di euro Giro d’affari al consumo Prosciutto di Parma. 2.062.000 Prosciutti di Parma esportati nel 2009. +1,6% Differenza 2009/2008 Preaffettato 56 milioni di confezioni (1.2 milioni di prosciutti) Totale vendite. 16 milioni di confezioni (360.000 prosciutti) Vendite Italia. 40 milioni di confezioni (806.000 prosciutti) Vendite estero. Differenza 2009/2008: +7,8% sul totale +8,2% vendite Italia +7,6% vendite estero la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 71 C di Domenico Consentino Convivio Knode/Canederli. Gli gnocchi Sugosi, soffici, nutrono e appagano, si cucinano in un attimo, sono digeribili ed economici T radizionalmente alla base hanno le patate, e non solo: dal Tirolo alla Sardegna, le tradizioni e gli ingredienti sono tanti e le contaminazioni gastronomiche infinite. Sono, ad esempio, i Knodel tirolesi (Canederli), quelli che riclina con gusto il pane raffermo, ammollato in latte, uova, noce moscata, sale, impreziosito con formaggio, speck o erbette. I bocconcini grandi quanto una pallina da golf, vanno cotti per circa 15 minuti nel brodo. Sono quelli di zucca: gli spicchi si cuociono a vapore, si sbucciano e si privano dei semi, si asciugano, si passano nel mix con aggiunta di uova, farina, latte, noce moscata. Breve cottura in acqua salata, condimento con burro 72 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 fuso e parmigiano. Sono quelli al semolino: nella ricetta romana latte e poco burro da bollire con sale e noce moscata, si versa a pioggia il semolino e si completa con groviera e tuorlo d’uovo. I dischetti si fanno dorare in forno, guarniti con burro e parmigiano. Sono i Pisarei: un piatto unico della campagna piacentina, un mix di pane grattugiato - scottato con acqua o latte – e farina. I piccoli gnocchi sodi si condiscono con fagioli borlotti, stufati in salsa di pomodoro. Nella versione rustica, strutto e pancetta. Sono gli Gnudi, quelli di pecora, bufala o vaccina, la ricotta viene lavorata con spinaci sbollentati, asciugati e tritati, più uova, parmigiano, noce moscata, farina e sale. Infarinati, prima di lessarli, gli Gnocchi-Gnudi della Maremma toscana, si condiscono su piatti caldi con burro fuso e salvia. Sono quelli della bava: gnocchi in versione montana che vede protagonisti i latticini d’alpeggio: fontina, toma, Gnocchi di patate pronti per essere cotti. maschera tagliati a tocchetti e mischiati col burro. Dopo la cottura, si ripassano in padella o si lasciano in forno, fino a “far la bava”. E poi ci sono i molloredus (gnocchetti sardi) campidanesi, quelli conditi con salsiccia e pecorino, e quelli alla sorrentina, conditi solo con pomodoro e mozzarella. Infine, quelli con le Patate. I più classici. Si lessano in acqua salata patate farinose con la buccia, si pelano ancora calde – si passano subito nello schiacciapatate. Si aggiunge poca farina e un uovo e si dà una rigatura ai tocchetti con una forchetta. Basta condirli con sapienza E pensare che un tempo gli gnocchi erano fatti solo con farina e acqua. Poi quando la patata giunse dal Nuovo Mondo e si impose in tutta Europa, allora l’impasto si arricchì con nuove varianti. Sempre più sofisticate. In casa di mia nonna i migliori gnocchi, quelli coi fiocchi, dovevano essere morbidi, sugosi, soffici, leggeri: si dovevano sfarinare in bocca, sciogliere come una caramella. E la santa donna, ”purista” in cucina, puntigliosa, metodica, gli gnocchi, li preparava quasi sempre il giovedì. Venerdì, sosteneva lei, è giorno che i cristiani dedicano alla penitenza, dunque, si deve mangiare pesce! Sabato preparava il brodo e il bollito misto, mentre la domenica, giorno di festa, faceva “A pasta china”: Un timballo di pasta ziti, candele spezzettate o penne, condite con il pomodoro, farcite con polpettine di carne di maiale, uova sode, fette di salame piccante e cotta al forno. Ma il giovedì – e non ho mai saputo perché – mia nonna facendosi aiutare da mia madre, preparava gli gnocchi. Perché, ripeteva all’infinito, oltre ad essere buoni, gli gnocchi nutrono ed appagano, sono economici, digeribili, si cuociono in un attimo e acquistano cento sapori diversi: “basta condirli con sapienza!” E per ottenere gnocchi morbidi, soffici, sugosi, iniziava dalle patate, sceglieva quelle giuste: sane, vecchie, farinose, coltivate e provenienti dall’Altopiano Silano. Poi la farina, poca, pochissima, quel poco che bastava per assemblare il delicato impasto di patate e farina. Infine, l’uovo! Un dilemma. Un diverbio, una guerra: Mia madre che sosteneva che l’aggiunta dell’uovo donava all’impasto maggiore coesione e permetteva agli gnocchi di non disfarsi cuocendo, mia nonna, contraria: “’L’ovu non cintra ca’ ricetta classica –gridava in dialetto – e poi fa i gnocchi tosti comu “paddhi e lupara”, L’uovo non è contemplato nella ricetta classica, sosteneva, e poi rende gli gnocchi duri simili a pallettoni di fucile o lupara. Di solito, vinceva mia nonna. A completamento dei suoi “gioielli”, mancava spesso l’ultimo passaggio alla rifinitura degli gnocchi: il rito della “rigatura”. A quello – con il permesso di nonna -ci pensavo io. Assicella di legno, forchetta o grattugia (girata al contrario) in pugno, con la rapida e soffice pressione del pollice della mano destra, tracciavo un paio di impronte (rigavo) sul tocchetto d’impasto infarinato, per permettergli di accogliere, una volta cotto, la giusta quantità di condimento. Chi come me, ha conservato memoria del palato, fatica molto a ritrovare l’antico piacere con la maggior parte dei prodotti industriali. Rispetto agli gnocchi che preparava mia nonna, la qualità è scadente: troppa farina rispetto alle patate, per non parlare di quali e quante uova vengono la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 73 Gnudi/Gnocchi di spinaci e ricotta. Gnocchi di spinaci e ricotta. aggiunte all’impasto. Risultato, quelli che si trovano sul mercato oggi – come sosteneva mia nonna - sono piccoli sassi indigeribili e impermeabili al condimento. A Imola, non solo gnocchi L’annuale rassegna enogastronomica e culturale edizione 2010 – almeno secondo l’invito arrivatomi – prevedeva, oltre a convegni, menù e scuole di cucina anche degustazioni di saporiti intingoli che danno, di solito, al viaggiatore goloso, il piacere di “fare la scarpetta” abbinati a pasta, polenta, bolliti, arrosti, ma soprattutto gnocchi, e trasformano per 16 giorni Imola e il suo territorio in un grande palcoscenico su quale si avvicendano storici, grandi chef, gastronomi, artisti, produttori, tutti accomunati dal desiderio di trattare cibo e tavola in modo non banale e ripetitivo. Proveniente da Sud, dopo aver percorso l’Adriatica e fatta una breve pausa ad Ascoli Piceno per salutare alcuni amici e comprare delle Olive Ascolane, Il viaggiatore goloso è “sbarcato” ad Imola. Ed è in Emilia e Romagna - terra di Pellegrino Artusi, padre della cucina regionale italiana e figlio di una terra che sa valorizzare il cibo; terra dei due volti della piadina di Rimini; terra dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena; terra della Food Walley; terra di ALMA, la Scuola di Cucina Internazionale Italiana di Colorno; terra del parmigiano reggiano e del prosciutto di Parma; terra di tagliatelle, tortellini e mortadella di Bologna; terra di Rocche e Castelli con i sapori e i profumi dei suoi salumi - che il viaggiatore goloso ha ritrovato, fra le tante prelibatezze che offre questa terra generosa e grassa, anche i suoi gnocchi. A Imola, in pieno centro storico, il viaggiatore goloso ha mangiato, per primo, l’amatissimo gnocco fritto, battezzato anche “lo gnocco“ nella campagna modenese, dove si serve con salumi e formaggi freschi, e il suo impasto è di farina, strutto, lievito, latte (o acqua), sale. Fritto per immersione nello strutto, di solito, si presenta in rettangoli gonfi e dorati. Quando gli gnocchi si chiamavano “maccheroni” In un bellissimo saggio apparso l’anno scorso su Repubblica, “Quei Maccheroni di Bengodi…”lo storico Massimo Montanari sostiene che i maccheroni di Boccaccio erano gnocchi. Precipitavano sui fianchi della “montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato” situata nel bel mezzo di Bengodi, dopo essere stati cotti lassù in cima dentro un enorme paiolo: e giù in fondo “chi più ne pigliava più se n’aveva”. Secondo Montanari, fu Luigi Messedaglia, il primo vero storico dell’alimentazione italiana a spiegare che quei maccheroni erano in realtà gnocchi, perché in origine era questo il senso della parola – da maccare cioè ammaccare, impastare. Vivanda cara alla cucina contadina, gli gnocchi erano come una variante delle polente, le pultes, i pulimenta. I ricettari del tardo Medioevo e del Rinascimento ce ne forniscono le prime ricette, all’insegna della più assoluta semplicità: farina o pane grattugiato, mescolati con formaggio o rossi d’uovo, fino ad ottenere polpettine da cuocere in acqua bollente (o meglio ancora in brodo di cappone, come accadeva a Bengodi). O, come accade ancora oggi ormai da alcuni anni ad Imola, in provincia di Bologna, sempre in autunno dalla fine di ottobre alla metà di Novembre. L’appuntamento è di quelli golosi. È il “Baccanale!”, che nulla ha che fare con l’antico rituale orgiastico e isterismo di massa delle “menadi” dedicato a Bacco, dio della mitologia romana conosciuto tra le divinità Greche come Dioniso, dio della fertilità e del vino. 74 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 LA RICETTA GNOCCHI DI PATATE CROCCANTI CON FONDUTA DI PARMIGIANO È questa una ricetta classica degli gnocchi, dove le patate non vengono lessate, ma cotte al forno, dopo essere state ricoperte di sale grosso e, una volta lessati, si fanno croccanti e si uniscono alla delicata sapidità del parmigiano. La Ricetta è dello chef Andrea Berton, Trussardi alla Scala, Milano. Il viaggiatore goloso l’ha provata e l’ha trovata eccellente. La propone, dunque, ai lettori della Rivista quale primo piatto per le prossime feste di Natale e Anno Nuovo. Auguri! Ingredienti per 4 persone: 500 gr di patate rosse, 40 gr di farina tipo00, 2 uova, 40 gr di parmigiano reggiano grattugiato, sale grosso, sale, pepe bianco. Per la fonduta: 250 di panna fresca, 50 gr di parmigiano grattugiato, 60 gr di burro chiarificato, 1 mazzetto di erba cipollina, sale. Come li preparo: Lavo accuratamente le patate preparo su una placca un letto di sale grosso, adagio le patate intere con la buccia, ricopro con il sale e metto a cuocere al forno per 2 ore a 160°C. Una volta cotte pelo le patate e le passo al setaccio. Stendo sul piano di lavoro, insaporisco con sale, pepe bianco e aggiungo la farina, una manciata di parmigiano e le uova intere; impasto gli ingredienti fino a ottenere una consistenza morbida e liscia. Ricavo dal panetto d’impasto dei rotolini spessi 2 cm e li taglio a pezzi per ottenere gli gnocchi; arrotondo gli gnocchi e li rigo premendoli e arrotolandoli sui rebbi di una forchetta infarinata. Cuocio gli gnocchi in acqua bollente salata finché vengono a galla, li scolo e li trasferisco in acqua e ghiaccio per fermare la cottura e mantenere la forma. Appena raffredati, li asciugo con un foglio di carta alimentare. Per la fonduta verso in una casseruola la panna fresca e lascio ridurre sul fuoco fino alla metà; la travaso in un recipiente, aggiungo il parmigiano grattugiato, aggiusto di sale ed emulsiono con il mixer a immersione, finché il composto sarà cremoso e vellutato. Sciolgo in una padella una noce di burro chiarificato e rosolo gli gnocchi da entrambi i lati, in modo che diventino dorati e croccanti; dispongo poi ad asciugarli su carta alimentare. In ciascun piatto da portata verso una base di fonduta di parmigiano, posiziono gli gnocchi croccanti e decoro con germogli di erba cipollina. Il Vino: Per questo piatto, lo Chef Andrea propone un bianco dal colore giallo paglierino e dall’odore caratteristico e fragrante: Colli Tortonesi Timorasso DOC. LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA Il viaggiatore goloso ha poi rimangiato per l’ennesima volta quelli di zucca, quelli di spinaci e ricotta, quelli di patate e robiola, quella alla romana e alla sarda, ma di due piatti, di tutti quelli gustati ad Imola, il viaggiatore goloso, porterà per sempre un grande ricordo: Gnocchetti di Baccalà e tartufi di mare e Gnocchi di patate croccanti con fonduta di parmigiano reggiano. Viva Italia Cucina tradizionale! Da noi apprezzerete la vera italianità con le nostre specialità tipiche, che normalmente solo in Italia potete apprezzare. Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo e da un servizio impeccabile, dalle nostre eccellenti pizze, preparate secondo le ricette originali del campione del mondo di pizzaioli e con il marchio «Vera Pizza napoletana DOC», dalle tipiche pietanze a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta fresca e dai succulenti dolci. E se amate le tradizioni culinarie del bel Paese, da noi troverete consiglio sui migliori, eccellenti vini selezionati da tutte le regioni italiane. «Buon appetito!» Il team Molino si fara piacere di accoglierla alla sua prossima visita con un cordiale «benvenuto»! Nei 17 Ristoranti MOLINO in Svizzera, Lei è un ospite sempre gradito durante tutti i 365 giorni dell’anno: MOLINO Berna Waisenhausplatz 13 3011 Berna Telefono 031/ 311 21 71 MOLINO Vevey Rue du Simplon 45 1800 Vevey Telefono 021/ 925 95 45 MOLINO Dietikon Badenerstrasse 21 8953 Dietikon Telefono 044 / 740 14 18 MOLINO Wallisellen Glattzentrum 8304 Wallisellen Telefono 044 / 830 65 36 MOLINO Friborgo 93, rue de Lausanne 1700 Friborgo Telefono 026 / 322 30 65 MOLINO Winterthur Marktgasse 45 8400 Winterthur Telefono 052 / 213 02 27 MOLINO Ginevra Place du Molard 7 1204 Ginevra Telefono 022 / 307 99 88 MOLINO Zurigo Limmatquai 16 8001 Zurigo Telefono 044 / 261 01 17 MOLINO Ginevra Centre La Praille 1227 Carouge Telefono 022 / 307 84 44 MOLINO Zurigo Stauffacherstrasse 31 8004 Zurigo Telefono 044 / 240 20 40 LE LACUSTRE Ginevra Quai Général-Guisan 5 1204 Ginevra Telefono 022 / 317 40 00 FRASCATI Zurigo Bellerivestrasse 2 8008 Zurigo Telefono 043 / 443 06 06 MOLINO Montreux Place du Marché 6 1820 Montreux Telefono 021/ 965 13 34 SEILERHAUS MOLINO Zermatt Bahnhofstrasse 52 3920 Zermatt Telefono 027 / 966 81 81 MOLINO S. Gallo Bohl 1 9000 S. Gallo Telefono 071/ 223 45 03 MOLINO Thônex 106, Rue de Genève 1226 Thônex Telefono 022 / 860 88 88 MOLINO Uster Poststrasse 20 8610 Uster Telefono 044 / 940 18 48 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 www.molino.ch 75 M di Graziano Guerra Motori Jaguar: Auto belle e veloci Al volante dell’ammiraglia XFR 5.0 V8 S/C Sfida le consuetudini e fissa regole proprie, questa Jaguar XFR Supercharged. Coniuga stile e prestazioni da gran sportiva con la raffinatezza e lo spazio di una berlina di lusso. L’ammiraglia è stata oggetto delle nostre speciali attenzioni. N ell'operazione di rivitalizzazione del marchio Jaguar, la nuova generazione di auto belle e veloci, denominata XF è celebrata come elemento chiave, ma, oggi, la macchina che definisce il lusso sportivo di Jaguar è ancora migliore, con importanti modifiche alla catena cinematica e un’appassionante XFR sovralimentata. Audace l’orientamento stilistico, ma il piacere di guida supera le attese create dalla sua bellissima linea. La potenza è erogata da un V8 a iniezione diretta da 5.0 litri, con 510 CV di potenza e 625 Nm di coppia, trasmessa da un cambio a sei rapporti ZF a controllo elettronico Jaguar. Il cambio ha un sistema d'innesto adattivo, che consente cambiate molto fluide e ottimizza costantemente le prestazioni e l'economia. Si adatta continuamente allo stile di guida, che può variare dallo sportivo al più attento ai consumi, e include il software per la funzione di innesto sequenziale semi automatico attivabile con una delle due levette al volante. Il differenziale e il sistema di sospensioni a controllo elettronico, ottimizzano la trazione in fase di rapida accelerazione e in curva, l'ideale per una vettura da 250 km/h (Velocità limitata elettronicamente) e che passa da 0 a 100 all’ora in 4,9 secondi. Più importante nella guida quotidiana, e indice di grande flessibilità è la velocità con cui si passa da 90 a 120 Km/h: 1,9”. Il motore soddisfa i requisiti delle normative anti-inquinamento EURO 5 e US ULEV II/Tier 2 Bin 5 (Due anni prima dell‘entrata in vigore). Il rapporto di sterzata è molto rapido. L'Advanced Emergency Brake Assist (Sui modelli a benzina 5.0 V8 e 3.0 V6 diesel) utilizza il radar del sistema ACC per calcolare la distanza e la velocità di avvicinamento al veicolo che precede. Predispone la pressione nel condotto del freno per ridurre al minimo la velocità di un eventuale impatto, emette un chiaro segnale acustico di allarme per il guidatore. Ma sono numerose le tecnologie di grande utilità per l'automobilista, tra queste il cruise control con limitatore automatico di velocità (ASL), il sistema di monitoraggio dell’angolo cieco che grazie al radar segnala la presenza di un altro veicolo a fianco, mentre la telecamera posteriore per il parcheggio garantisce una chiara visione sul touch screen a colori, con linee guida che sullo schermo si spostano in base all'angolo del volante per indicare l'area nella quale l'auto effettua la retromarcia. La quattro porte si riconosce di primo acchito per gli esclusivi cerchi da 20", il frontale con prese d'aria cromate, i quattro terminali di scarico lucidi, l'aerodinamico spoiler sul cofano del portabagagli, le soglie laterali e gli stemmi “R”. Suscita l'entusiasmo di una coupé, ma è in grado di ospitare cinque adulti in un abitacolo che offre dettagli realizzati con la massima cura artigianale: Cuciture a contrasto degli inserti di pelle, padiglione in tessuto scamosciato, tappetini in pile con bordatura a contrasto e logo ricamato, sedili raffreddati e riscaldati tramite ventilazione. La gamma XF (Che comprende pure un V6 twin-turbodiesel 3,0 di nuova generazione) ha un ventaglio prezzi da CHF 69'900.- a 136'900 ed è disponibile nelle colorazioni: Ultimate Black, Indigo, Liquid Silver, Lunar Grey, Porcelain, Botanical Green e, esclusive per la XFR, Kyanite Blue e Salsa. La Jaguar XFR 5.0 V8 Supercharged è disponibile al prezzo base di CHF 136'600, vettura in test 149‘330. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 77 Alfa Romeo Giulietta 1.4 Turbo MultiAir G iulietta è la macchina che negli anni Cinquanta ha reso per la prima volta possibile il sogno di avere un’Alfa Romeo. Oggi come allora, unisce comfort di alto livello all’eccellenza tecnica. Porta in dote i dispositivi elettronici più sofisticati per il controllo del comportamento dinamico: VDC (Vehicle Dynamic Control), DST (Dynamic Steering Torque), differenziale elettronico Q2, selettore Alfa DNA. Sistemi che garantiscono la sicurezza di guida, la motricità della vettura e prestazioni da vera Alfa Romeo. È una sportiva capace di esprimere sia grande agilità sui percorsi più impegnativi sia doti di abitabilità e comfort sui percorsi di tutti i giorni. È compatta, ma le misure garantiscono un’ottima abitabilità, è lunga 4350 mm, alta 1460 e larga 1800. Il passo è di 2630 mm e il bagagliaio ha una capienza di 350 litri. In termini di tenuta di strada, agilità e sicurezza cerca confronti, grazie alle raffinate soluzioni tecniche scelte per le sospensioni, al sistema sterzante di nuova generazione, alla struttura rigida e leggera. Gli interni riprendono un’impostazione vintage: Linee tese e leggere con plancia a sviluppo orizzontale. I comandi a “bilanciere” sono invece richiami espliciti alla 8C Competizione. La ricercata cura del dettaglio e l’alta qualità dei materiali rappresentano, ieri come oggi, l’espressione più evoluta dello stile “made in Italy”. In test la versione 1.4TB MultiAir da 170 CV, con sistema “Start&Stop” per la riduzione dei consumi e delle emissioni. Sospensioni, ster- zo e impianto frenante sono progettati per dare il massimo equilibrio, anche nelle manovre al limite. Giulietta, che ha in termini di sicurezza ha le 5 stelle Euro NCAP, è disponibile presso tutti i concessionari ufficiali del Marchio con un ventaglio prezzi da CHF 28‘900 a 39‘900; vettura in test, Distinctive 170CV, CHF 35‘700. Nuova Mazda5 Multi Activity Vehicle Il nuovo modello è stato rivisitato secondo la filosofia giapponese definita Toitsu-Kan (“Sensazione Armonica di Guida Dinamica”), che ha dato come risultato una grande linearità in accelerazione, in curva e in fase di arresto. La sensazione di marcia è gradevole, per il conducente e per i passeggeri. I progettisti hanno adottato nuove sospensioni, sterzo ed aerodinamica in grado di offrire una risposta più lineare dello sterzo, di conseguenza, rispetto al modello precedente è aumentato il controllo e la prevedibilità. È il primo modello provvisto del Sistema Mazda di Priorità dell’Impianto Frenante. Con un passo di 2.750, una larghezza di 1.750 e un’altezza di 1.615 mm, accoglie confortevolmente fino a 7 persone. L’estetica segue il più attuale look Mazda, ma il design è stato ottimizzato anche ai fini di migliorare la portanza, sia anteriore sia posteriore. Due porte scorrevoli (larghezza 686 mm, altezza 1.083 mm) offrono facile accesso. La strumentazione è stata ottimizzata. Fra i due quadri strumenti si trova un nuovo indicatore di cambio-marcia che “chiede” il rapporto più idoneo alle effettive condizioni di guida, per consumi di carburante ottimali e prestazioni armoniose. Il nuovo motore MZR 2.0 DISI a benzina, con tecnologia i-stop, offre riduzioni a due cifre nei consumi di carburante e nelle emissioni di CO2. In Sviz- 78 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 zera la nuova Mazda5 è disponibile con un ventaglio prezzi da CHF 29’790 (New Youngster 1.8) a 35'990 (Sport 2.0 DISI i-stop). Ducati Diavel I l E ING ,EAS ENTI M A I Z NAN A AND DOM AGG VANT I ZIOD ,gINI IONE SS A P UNA I l nome della nuova moto deriva dalla parola “Diavolo” in dialetto bolognese. Un giorno, nelle fasi iniziali del processo di sviluppo, il prototipo ormai completato venne mostrato per la prima volta ad un gruppo di ingegneri e tecnici Ducati. Qualcuno, ammirando le linee del retrotreno, esclamò in dialetto bolognese: “Ignurànt comm’ al diavel!” che significa: “Cattiva come il diavolo!” Ricordando l’origine del nome “Monster” che risale a quasi 20 anni fa, in Ducati hanno voluto sottolineare la territorialità bolognese anche per il DIAVEL, un modo di dare forma al futuro del motociclismo pur restando saldamente ancorati alla tradizione. Per gli appassionati di tecnologia, il Diavel dispone dei sistemi ABS, Ducati Traction Control e i Riding Mode Ducati. Il look affascinante e la potenza Ducati fanno di questa nuovo modello una lifestyle motorcycle comoda e sportiva. La nuova biposto DIAVEL sarà disponibile dalla fine di gennaio prossimo in due versioni: DIAVEL e l’ammiraglia DIAVEL Carbon, con uno stimolante mix di caratteristiche estetiche e prestazionali grazie all’uso di componenti che vanno dalla carena in carbonio agli esclusivi cerchi Marchesini forgiati e lavorati alla macchina. Il motore è un bicilindrico 1200cc testastretta da 162 CV. )LPARTNERSICUROPER LEASINGElNANZIAMENTI 2ICHIEDETEUNgOFFERTALEASINGALPIáVICINO CONCESSIONARIOOPPURETELEFONATECI :àRCHERSTRASSE 3CHLIEREN 4EL &AX WWWlDISlNANCECH la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 79 Starbene Sifilide: In Italia 1500 casi all’anno Europa: raddoppiano i decessi per cocaina La sifilide, malattia sessualmente trasmissibile quasi scomparsa fino all’inizio del nuovo millennio, oggi sta pericolosamente ricomparendo sia in Europa che negli Usa, tanto che in Italia si è passati da 150-200 casi all’anno nell’ultimo decennio a oltre 1.500. Lanciano l’allarme gli esperti degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che nei primi dieci mesi del 2010 hanno trattato già 90 casi, tra cui 15 donne in gravidanza, 10 giovani con meno di 25 anni e 3 con meno di venti. «L’incidenza della sifilide è in crescita - afferma Anna Di Landro, dermatologa dell’Ambulatorio Malattie trasmesse sessualmente (Mts) degli Ospedali Riuniti - soprattutto per i costumi sessuali più liberi e l’aumento di viaggi e flussi migratori dall’Africa, dall’est Europa e dall’America centro-meridionale, dove la malattia è endemica». La principale causa sono i rapporti sessuali non protetti e i primi sintomi non sono eclatanti così spesso vengono sottovalutati dai pazienti fino a quando interessano gli organi interni causando infarti, ictus e cecità. La malattia colpisce senza distinzioni d’età o di nazionalità, ma è più frequente nei soggetti sieropositivi e nelle giovani donne straniere che spesso scoprono di esserne affette durante i controlli in gravidanza. Questo può diventare molto pericoloso per la mamma e per il piccolo perché l’agente che provoca la malattia è trasmesso al feto in ogni fase della gestazione e il mancato trattamento può causare aborti, morte neonatale o gravi handicap. Se si teme di aver contratto la malattia, anche se non si è nelle categorie a rischio, è importante diagnosticarla precocemente rivolgendosi a uno specialista o agli ambulatori Mts. La cocaina continua a essere, dopo la cannabis, la droga più amata dagli europei. Quasi 14 milioni di adulti tra i 15 e i 64 anni l’hanno provata; quattro milioni nell’ultimo anno. E l’Italia resta ai vertici delle classifiche (2,9% di consumatori sulla popolazione generale), dopo Spagna e Regno Unito (che tocca un inquietante 6,2%). I dati sono quelli della Relazione sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa, presentata dall’Agenzia europea delle droghe (Oedt) a Lisbona e Roma, e si riferiscono alla situazione (prevalentemente aggiornata al 2008) dei 27 Stati membri dell’Unione europea, dei Paesi candidati Croazia e Turchia e della Norvegia. L’attrazione verso gli stupefacenti non riguarda solo i giovani: un tossicodipendente su cinque ha 40 o più anni. Preoccupa il boom di decessi: nel 2008 sono raddoppiati, passando dai 500 del 2007 a mille. Nello stesso anno 70mila europei hanno cominciato a curarsi dalla dipendenza da polvere bianca, il 17% di tutti i nuovi pazienti che si sottopongono a trattamento. Troppi europei considerano ancora il consumo di cocaina come un accessorio relativamente innocuo di uno stile di vita di successo. Per quanto riguarda l’eroina, il rapporto dell’Oedt segnala che in Europa il problema non è in calo. L’agenzia europea stima che i tossicodipendenti da oppioidi (essenzialmente eroina) siano 1 milione e 350mila. Stabili anche amfetamine ed ecstasy, ma il problema riguarda in particolare i Paesi del Nord Europa. Il consumo delle prime (amfetamina o metamfetamina) rimane nel complesso inferiore rispetto a quello di cocaina, ma in diversi Paesi sono la sostanza stimolante usata più comunemente. Il vaccino “universale” efficace contro polmonite, meningite e setticemia Gettate le basi per un vaccino “universale” efficace contro polmonite, meningite e setticemia grazie alla scoperta di un ingranaggio molecolare che attiva il sistema immunitario a reagire prontamente a infezioni causate da svariati ceppi di Streptococcus pneumoniae. Un vaccino capace di indurre l’attivazione di questo ingranaggio potrebbe funzionare contro un batterio responsabile di oltre un milione di morti tra i bimbi ogni anno. Resa nota sulla rivista PLoS Pathogens, la scoperta è di Ed Lavelle del Trinity College di Dublino. Gli esperti hanno visto che le difese del nostro corpo sono attivate dalla tossina batterica pneumolisina. Questa attiva un gruppo di proteine chiamate NLRP3 che formano il cosiddetto inflammasoma, una 80 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 squadra di molecole protettive. L’inflammosoma è quindi una piattaforma di proteine che, assemblate insieme, portano all’attivazione di una cascata di reazioni di difesa: una volta acceso, cioè, l’inflammosoma attiva a sua volta altre proteine di difesa come le interleuchine inducendo processi infiammatori. I ricercatori hanno scoperto che la tossina di Streptococcus pneumoniae, la pneumolisina, accende l’inflammosoma e che ciò avviene indipendentemente da altre risposte che contemporaneamente le nostre difese mettono in atto contro il nemico, offrendo quindi un nuovo meccanismo d’azione da sfruttare per la messa a punto di vaccini. Gli esperti credono che un vaccino che mimi l’azione della pneumolisina potrebbe essere universalmente valido contro polmonite, meningite, setticemia. Un vaccino proteico protettivo contro vari ceppi di pneumococco sarebbe di enorme valore. Aids: nuovi dati da un vaccino italiano In Svizzera sempre più numerosi i depressi Aiuta e rigenera il sistema immunitario, il vaccino terapeutico contro l’Aids messo a punto in Italia, dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e giunto alla fase 2 della sperimentazione. I risultati ottenuti finora su 87 pazienti di età compresa fra 18 e 58 anni, tutti in cura con la terapia antiretrovirale (Haart), sono pubblicati sulla rivista Plos One. Frutto di una ricerca che ha portato finora a 10 brevetti da parte di una struttura pubblica come l’Iss, il vaccino terapeutico agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all’interno del virus Hiv: è il motore che gli permette di replicarsi e diffondersi nell’organismo. I ricercatori hanno rilevato che visto che il vaccino arriva dove i farmaci si fermano. I farmaci antiretrovirali riducono infatti il numero delle particelle di virus in circolazione, ma non riescono ad azzerarle. Il virus continua a essere presente e si rifugia in “santuari”, costringendo il sistema immunitario a un continuo stato di allerta. Il vaccino sembra riportare il sistema immunitario verso uno stato di equilibrio. Secondo gli ultimi dati, relativi al 2008, pubblicati dal bollettino dell’Ufficio federale della sanità 13 consultazioni su 1.000 presso il medico di base concernevano la depressione. Questo significa che quell’anno circa 345.000 pazienti sono andati dal dottore per questa malattia psichica. Le differenze regionali sono marcate: in Romandia si arriva a quote di 21 su 1.000, contro il 2,5 su 1.000 registrato in Ticino e nei Grigioni. Anche il sesso fa differenza: due terzi dei pazienti che si presentano per la prima volta dal medico per depressione sono donne. Questo concerne però soprattutto i casi di infermità meno gravi: più la patologia diventa grave, più si fa equilibrato il rapporto fra i generi. Gli stranieri (22% della popolazione totale) sono all’origine del 18% delle consultazioni. Il fatto che negli ultimi anni siano costantemente aumentati in Svizzera i casi di depressione è legato alla maggiore accettazione sociale di questa malattia: i pazienti sono così più disposti a cercare un aiuto. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 81 Dall’apprezzatissimo furgone Daily al peso massimo Stralis: Grazie agli innumerevoli modelli disponibili, la nuovissima gamma di mezzi Iveco offre soluzioni specifiche, dalla convenienza ideale, per ogni incarico di trasporto. IVECO (Svizzera) SA, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, tel. 044 804 73 73 Il programma completo di Iveco: conveniente su tutta la linea. www.iveco.ch Il Mondo in fiera Motor Bike Expo: Veronafiere 21 - 23 gennaio 2011 Grande attesa per il primo evento dell’anno dedicato alla moto SIGEP: Rimini Fiera 22 - 26 gennaio 2011 La grande occasione di business Macef Primavera 2011 fieramilano RHO 27 – 30 gennaio 2011 Accento sui settori della tavola e della cucina Chiusa la 5a edizione di Triestespresso expo Trieste si conferma capitale mondiale del caffè espresso e volano economico FIERE Motor Bike Expo: Veronafiere, 21 - 23 gennaio 2011 Grande attesa per il primo evento dell’anno dedicato alla moto Fedele alla collocazione invernale, dal 21 al 23 gennaio 2011, nell’ormai consueta sede di Veronafiere, andrà in scena Motor Bike Expo, il primo grande evento dell’anno dedicato alla moto. Diventato ormai un classico del settore, il salone dedicato agli appassionati più puri occuperà un lungo week end in cui l’attenzione sarà concentrata esclusivamente su Verona. Elettrizzante il programma: l’esposizione statica si coniugherà ancora con gare ed esibizioni nelle aree all’aperto, test-drive, premiazioni, incontri con campioni e personaggi ed altre iniziative all’insegna dello spettacolo e dello svago. Le stime attuali prevedono, per dare spazio a circa 800 espositori, di occupare 7 padiglioni del quartiere fieristico, per un totale di 72.000 mq, e 7 aree esterne per esibizioni e test-drive, per un ammontare di circa 35.000 mq. “I dati sulle presenze delle aziende sono molto positivi” annuncia Francesco Agnoletto, patron della manifestazione. “Nella scorsa edizione abbiamo sfiorato i 100.000 visitatori. Un risultato straordinario se consideriamo che è stato raggiunto in soli tre giorni, di cui uno lavorativo, nel pieno della stagione invernale”. È confermata la formula vincente, economica e veloce, molto gradita agli espositori. L’appuntamento è ormai di quelli imperdibili anche per il pubblico che sa di trovare il mondo della moto al completo ed in tutte le sue declinazioni, in un quartiere fieristico estremamente comodo da raggiungere, con parcheggi ampi e funzionali. Verona si confermerà sede dell’unica tappa italiana del Campionato mondiale costruttori moto custom, che radunerà 200 gioielli hi-tech provenienti da tutto il Continente (e anche oltre) e ospiterà i bike – show più esclusivi, riservati alle moto special e personalizzate, trasformate in vere e proprie opere d’arte. Il panorama del mondo custom sarà riunito al completo: alla consueta parata di stelle provenienti da tutto il mondo 84 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 si aggiungerà infatti, grazie all’accordo con la Federazione Italiana Customizer, tutto il settore nazionale, una vera miniera di creatività e professionalità alla quale Verona offrirà una degna opportunità per fare passerella. Non mancheranno le più importanti case mondiali, che esporranno la produzione di serie, con le novità 2011, insieme ai produttori di accessori ed abbigliamento, mentre un ampio settore sarà riservato al mototurismo, attività che appare solo sfiorata dalla crisi e che innesca benefici effetti sull’economia delle aree interessate. Proprio Motor Bike Travel, l’inedita area riservata al turismo su due ruote, sarà una delle principali novità di Motor Bike Expo 2010: una grande “piazza”, come quelle che ospitano i motoraduni, confortevole ed accogliente, dove i mototuristi incontreranno le aziende di promozione turistica, le Regioni, gli organizzatori, gli organi di informazione, le agenzie, le strutture sportive. Un’occasione per conoscersi e incontrare l'offerta del settore pensata per il mondo della moto, una grande opportunità per pianificare week end ed escursioni alla vigilia della migliore stagione climatica. Due le iniziative: “Scoperto, con la moto”, riservata ai turisti su due ruote che, attraverso internet, proporranno foto di mete particolari o sconosciute, raggiunte con la propria moto, e “Moto Incoming”, destinata agli operatori che presenteranno un pacchetto, un’iniziativa o un progetto mirato ad incentivare il mototurismo. Per entrambe sono previsti riconoscimenti assegnati da giurie specializzate. PER INFORMAZIONI Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - 8027 Zurigo Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57 e-mail: [email protected] - www.ccis.ch SIGEP: Rimini Fiera, 22 - 26 gennaio 2011 La grande occasione di business La 32a edizione di SIGEP - Salone Internazionale della Gelateria, Pasticceria e Panificazione artigianali, a Rimini Fiera dal 22 al 26 gennaio 2011 - oltre che per i grandi eventi internazionali si caratterizzerà con una serie di innovativi progetti che puntano alla totale soddisfazione dell’espositore sul fronte delle opportunità di business connesse alla partecipazione alla manifestazione. “Per quantità e qualità di nuovi strumenti orientati al business – commenta Patrizia Cecchi, direttore business unit di Rimini Fiera – SIGEP 2011 sarà un’edizione unica al mondo. La manifestazione è leader nel suo settore e affronta con decisione le domande di sviluppo e internazionalizzazione delle imprese. Per questo, in risposta alle esigenze dei clienti, abbiamo perfezionato ulteriori occasioni di incontro utili a sviluppare affari e quindi ordinativi. Parallelamente all’organizzazione di eventi di profilo mondiale, abbiamo messo a punto nuovi strumenti a favore degli espositori”. SIGEP 2011 potenzierà ulteriormente lo strumento di 'Marketplace', la piattaforma virtuale di dialogo fra domanda ed offerta già testata nel 2010, che consentirà, un mese prima della fiera, ad espositori e top buyer esteri (distributori, importatori, catene di pasticcerie, gelaterie, ristoranti ed hotel di fascia alta) di confrontarsi sull'oggetto preciso dell'incontro da svilupparsi poi fisicamente durante i cinque giorni di manifestazione. L’efficacia dello strumento, a pieno regime nel 2011, è nei numeri degli incontri svolti e nei giudizi di chi l’ha già potuto utilizzare. Nell’edizione 2010 sono infatti stati 386 i business meeting organizzati, con 94 espositori e 51 buyers coinvolti, provenienti da 14 Paesi di Europa, Nord Africa e Asia. A partire dall’ottima esperienza del 2010, SIGEP ha triplicato gli investimenti per supportare gli espositori nel loro business. L’obiettivo per la prossima edizione è quello di ospitare a SIGEP 100 buyer che svilupperanno più di 1.000 incontri con gli espositori. I buyer proverranno dal bacino del Mediterraneo, Est Europa, Sud Est Asiatico e Medio Oriente. Un’altra iniziativa a supporto del business degli espositori è Sigep direct. Si tratta di una serie di opportunità di comunicazione, diretta prima e durante l’expo, verso una community formata da 150.000 potenziali clienti. Sigep news è una newsletter già testata nelle edizioni scorse e che è diretta a 34.000 iscritti in Italia e nel mondo. La newsletter ha cadenza prima mensile e poi quindicinale a ridosso di SIGEP. Sigep sms consente di comunicare con i visitatori ricordando date ed eventi, le modalità di accesso a tutte le informazioni per organizzare la visita, oltre ad un breve messaggio spedito nei mesi antecedenti alla manifestazione. Sigep blue è il servizio ultimo nato e in questo caso consente di comunicare mediante la tecnologia bluetooth ai visitatori già presenti in fiera. Exhibitors Video Gallery, la nuova vetrina visibile sul sito www.sigep.it che offre agli espositori la possibilità di caricare dei video o spot pubblicitari e promuovere prodotti, servizi e novità prima della fiera. Infine, sul fronte dell’assistenza alle imprese, nel 2011 debutterà Sigepneo, servizio realizzato in collaborazione con le Associazioni di categoria e rivolto ai futuri imprenditori e neo imprenditori del settore.. PER INFORMAZIONI Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - 8027 Zurigo Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57 e-mail: [email protected] - www.ccis.ch la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 85 Macef Primavera 2011: fieramilano RHO, 27 - 30 gennaio 2011 Particolare risalto ai settori della tavola e della cucina Il prossimo Macef Primavera si svolgerà da giovedì 27 a domenica 30 gennaio 2011 (e non più dal 28 al 31); l’anticipo di un giorno sulla tradizionale cadenza venerdì-lunedì è stato consigliato dal rilevante successo di pubblico (e anche dal gradimento espresso dagli espositori) dell’ultima edizione di Settembre, con i visitatori cresciuti di oltre il 6%, con quattro giorni pieni di contrattazioni, con una migliore cadenza di giorni per i buyer internazionali e, comunque, con una migliore distribuzione del pubblico nelle quattro giornate. Quella di Macef Gennaio 2011, peraltro, sarà la 90a edizione; una serie incominciata nel settembre 1964 (dopo sette edizioni annuali il Macef ha poi assunto l’attuale cadenza biannuale) e che ha accompagnato e promosso per oltre quarant’anni lo sviluppo di un settore industriale importante e creativo come quello della casa. “Una ricorrenza che non passerà inosservata – commenta 86 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Marco Serioli, direttore operativo di Rassegne, la società che organizza il Macef -; coglieremo l’occasione, infatti, per accentuare e per promuovere le caratteristiche di unicità di questa mostra, fra le più grandi e importanti al mondo. A gennaio un risalto del tutto straordinario sarà dato al settore della Tavola e della Cucina (che occuperà il padiglione 1-2-3-4), che sarà presentato e raccontato attraverso le categorie della tradizione e dell’innovazione, cioè gli elementi che ne hanno favorito fino a oggi il successo commerciale e che promettono ulteriori importanti sviluppi, grazie ai formidabili investimenti che le aziende stanno riversando sui nuovi rivoluzionari prodotti e materiali che stanno per essere immessi sul mercato; un processo che Macef intende supportare con decisione, nell’ambito della stretta partnership instaurata con le aziende più creative, nazionali e internazionali, presenti sul mercato”. La nuova data, fra le altre cose, favorirà in modo particolare i visitatori interessati all’area della festività. In questo modo, infatti, si creerà un giorno di sovrapposizione (appunto giovedì 27) fra Macef e Festivity - Salone degli addobbi natalizi, giocattolo, carnevale, decorazioni per le feste, carta e packaging - che si terrà, sempre in fieramilano, dal 23 al 27 gennaio. PER INFORMAZIONI Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - 8027 Zurigo Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57 e-mail: [email protected] - www.ccis.ch Chiusa la 5° edizione di Triestespresso expo Trieste si conferma capitale mondiale del caffè espresso e volano economico L’evento è cresciuto del 24,2% rispetto alla passata edizione. 8757 i visitatori provenienti da 86 Paesi, 105 i giornalisti accreditati da 18 Paesi. 5 milioni di euro l’indotto economico per il territorio La quinta edizione del TriestEspresso Expo (28-30 ottobre) si è chiusa facendo registrare un nuovo record e soprattutto la soddisfazione di tutti gli espositori, produttori e visitatori arrivati da tutto il mondo a Trieste per una tre giorni dove la filiera del caffè espresso è stata protagonista. Tutto il mondo del caffè si è dato appuntamento a Trieste ed i numeri di questo evento internazionale ne fotografano bene la portata e l’importanza. Gli 8757 visitatori provenienti da 86 Paesi sono stati ampiamente superati con una crescita del 24,2% rispetto alla passata edizione (2008) ed i 230 espositori provenienti da 22 Paesi (Austria, Burundi, China, Colombia, France, Germany, Great Britain, Guatemala, India, Indonesia, Israel, Italy, Poland, Portugal, Russia, Rwanda, Slovenia, South Korea, Switzerland, USA, Vietnam, Yemen) hanno chiuso contratti per milioni di euro ed aperto nuovi canali commerciali. Il TriestEspresso Expo, dopo la Barcolana, è il secondo evento capace di garantire sul territorio provinciale importanti entrate economiche con ricadute per un giro d’affari per la provincia (alberghi, ristoranti, musei, negozi, trasporto) stimato in 5 milioni di euro. 105 i giornalisti accreditati provenienti da 18 Paesi. Per l’edizione 2010 del TEE sono stati utilizzati tutti gli 11000 mq del comprensorio fieristico di Montebello. Nato nel 2000 il TriestEspresso Expo (fiera biennale) ha fatto registrare un continuo trend di crescita arrivando alla completa saturazione delle aree espositive nell’edizione di quest’anno. La quinta edizione del TriestEspresso Expo è stata caratterizzata anche da una giornata aperta al pubblico che ha dato la possibilità ai visitatori non professionali di girare tra gli stand presenti in Fiera. “Questa edizione del TriestEspresso Expo – commenta Franco Bazzara dell’Associazione Caffè Trieste – si è caratterizzata per la qualità e capacità produttiva di tutti gli attori presenti. Si è trattato della migliore edizione di TriestEspresso per quanto riguarda il giro d’affari che è riuscita a produrre soprattutto in considerazione del complesso momento economico che anche questo comparto sta vivendo. Ritengo sia fondamentale continuare su questo binario per non far perdere a Trieste l’ormai accreditato ruolo di capitale mondiale del caffè espresso”. Nel corso del TriestEspresso Expo si è tenuta anche la quarta Partnership fra Musei europei del caffè. Dopo quello con Museum für Kaffeetechnik-Probat Werke in Germania nel 2004, con Caferama-Badilatti in Svizzera nel 2006, con Kaffee Kompetenz Zentrum di Vienna nel 2008, ora è stata la volta del Musée de l’aventure Peugeot qui a Trieste. L’evento ha visto la presenza del delegato del francese Musée de l’aventure Peugeot (società nata esattamente 2 secoli fa quale fabbrica di lame, seghe per legnami e macinini da caffè) Fabrizio Taiana (segretario del Club Storico Peugeot Italia). Sono intervenuti la console onorario a Trieste della Repubblica di Francia Christia Leggeri che ha relazionato sul rapporto fra Trieste e la Francia il docente al Mib Stefano Pilotto. E’ stato invitato anche il presidente del TCC Furio Suggi Liverani. A fare gli onori di casa il presidente dell’Associazione Caffè Trieste Vincenzo Sandalj e Gianni Pistrini, curatore dell’iniziativa. PER INFORMAZIONI Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - 8027 Zurigo Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57 e-mail: [email protected] - www.ccis.ch la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 87 È IL MARCHIO CHE DISTINGUE LA MIGLIORE OSPITALITÀ ITALIANA. CERCATELO E TROVERETE ACCOGLIENZA DI QUALITÀ. Lo espongono alberghi, ristoranti, agriturismo, camping e stabilimenti balneari che hanno ottenuto la certificazione rilasciata dalle Camere di Commercio d’Italia. Per saperne di più cliccate su www.10q.it Il Mondo in Camera Nuovi soci CCIS MJ Haute Couture Seminario a Ginevra Italian-Swiss Tax and Legal Forum Delegazione svizzera in visita ad Alenia Aeronautica La certificazione di lingua italiana: PLIDA Tipicità lucane per buyer svizzeri Ricette di Osterie d’Italia Der kleine Johnson 2011 Il mondo in camera Nuovi soci CCIS MJ Haute Couture Magdalena Jedrkowiak è una giovane stilista ventiquattrenne di origini polacche. Grazie alle sue “mani d’oro” il suo talento si è rivelato e rapidamente esploso durante gli studi di moda effettuati alla HTW di Berlino. Altrettanto velocemente è nato il suo marchio, MJ Haute Couture, il cui logo si presenta decorato con drappeggi, vivaci colori e curiosi dettagli. La moda è per la giovane stilista l’espressione del proprio io: “Così come ogni donna è unica, anche i miei vestiti lo sono”, afferma Magdalena. Le sue creazioni nascono dall’ispirazione musicale. I suoni ed i ritmi le trasmettono la necessaria libertà che, immergendola nel suo mondo interiore, le consente di sfruttare una dimensione d’arte inesplorata. “È la stessa stoffa a dirmi dove vuole andare Seminario a Ginevra Italian-Swiss Tax and Legal Forum La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con la Camera di Commercio di Ginevra, ha organizzato Mercoledi 17 Novembre la quarta edizione del seminario “Italian-Swiss Tax and Legal Forum”. Come ogni anno il seminario è rivolto ad un pubblico altamente specializzato (avvocati, consulenti, banchieri, fiduciarie). Al messaggio di benvenuto del Segretari Generale Dr. Andrea G: Lotti, è seguita l’introduzione dell’avvocato Massimo Calderan che ha illustrato gli argomenti affrontati dal seminario: Il contratto d’agenzia, il contratto di distribuzione commerciale (Mediazione, Franchising, etc,) e l’apertura di filiali e succursali in Italia. 90 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 coinvolgendomi in un ballo di coppia” dice la stilista immersa nei suoi pensieri. I suoi vestiti sono senza tempo. MJ non si lascia condizionare dalle nuove tendenze, resta fedele al suo stile e offrendo una sua personale interpretazione di bellezza. Giocose, femminili e sexy sono le creazioni di MJ, che spaziano dal casual, all’elegante sino a giungere alle confezioni per cerimonie. I vestiti rigorosamente cuciti a mano evidenziano l’amore per il dettaglio e si presentano tutti come pezzi unici creati su commissione. Il più grande sogno di Magdalena è quello di presentare una propria collezione su passerella e, con l’accompagnamento della musica, mostrare al pubblico la sua arte invitandolo a conoscere il mondo del drappeggio e della Haute Couture. Il suo atelier si trova a Zurigo, di cui la giovane stilista si è semplicemente innamorata. “della città e delle persone, e quante volte succede nella vita di innamorarsi? Avrebbero potuto ospitarmi città della moda come New York o Parigi, ma qui mi sento a casa ricevo l’ispirazione e la forza di cui ho bisogno”. www.mj-hautcouture.com Ottime e puntuali le delucidazioni sull’argomento da parte dei relatori che hanno animato i lavori: gli avvocati Alberto Crosti, Mattia Dalla Costa, Maximilien Gaslini e il Dr. Mauro Michelini. Nonostanter la complessità dell’argomento, il dibattito è risultato interessante e vivace grazie anche ad una partecipazione attiva dei presenti. I complimenti ricevuti dal pubblico hanno testimoniato l’ottimo lavoro svolto dai relatori. Delegazione svizzera in visita ad Alenia Aeronautica Nei giorni 25 e 26 ottobre si è tenuta a Torino una visita di una delegazione politico-istituzionale della Svizzera presso gli Headquarters e stabilimenti aeronautici di Alenia Aeronautica. La delegazione - guidata dal segretario generale Andrea G. Lotti, e organizzata dalla CCIS su incarico del Consorzio multi paese EADS, di cui il Gruppo Alenia Finmeccanica fa parte, in quanto partner italiano nella costruzione del velivolo militare Eurofighter - aveva lo scopo di promuovere la partecipazione italiana al consorzio, la tecnologia e l’offerta Alenia presso le istituzioni svizzere al fine di accrescere le collaborazioni tra Svizzera ed Italia anche nel comparto aeronautico ed aerospaziale. DELEGAZIONE SVIZZERA Simone Bernasconi (Responsabile Industria Aeronautica – CCIAA Lugano) Maria Luisa Bernini Burkhardt (CEO Swiss Communicationa Agency) Stefano Bertocchi (CEO Ti-Promotion e Consulente politico di Normann Gobbi, Consigliere Federale della Lega Ticinese, supporter del Progetto Eurofighter) Giovanni. Giunta (Segretario Esecutivo del GRPM: Group of Defense and Security Equipment Manufacturers of Western Switzerland) John Hussy (Responsabile Comunicazione dell’associazione AVIA Luftwaffe) Michel Jaquet Direttore dello Swiss Aerospace Cluster Filippo Lombardi (Consigliere agli Stati) Andrea G. Lotti (Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera) P. Lüthi (Membro dello Swiss Aerospace Cluster e Direttore dell’Agenzia di Sviluppo Economico del Canton Nidwalden) Philippe Meyer (Direttore del dipartimento commercio estero della Camera di Commercio di Ginevra) Jack Niklaus (GRPM - responsabile del Cluster Aviazione) DELEGAZIONE DI CASSIDIAN Welf Degel (Typhoon Campaign Director) Frank Liemandt (Sales Director Eurofighter Campaign Switzerland) DELEGAZIONE ALENIA/FNM E. Biserti (Area Manager Northern Europe) M. Ciollaro (EF 2000, Collaborazioni Internazionali ed Export) Mr. G. Cucchi (Finmeccanica) E. Monforte (EF Product Manager) A. Nappi (Gestione Contratti - Velivoli Difesa) C. Panvini Rosati (Typhoon Export) LA CERTIFICAZIONE DI LINGUA ITALIANA: PLIDA Il PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) è un diploma ufficiale di Certificazione della conoscenza della lingua italiana rilasciato dalla Società Dante Alighieri d’intesa con l’Università La Sapienza di Roma (convenzione del 29.06.2004) e in base a una Convenzione con il Ministero degli Affari Esteri (Convenzione n. 1903 del 4.11.1993). La Certificazione della lingua italiana costituisce titolo preferenziale nella candidatura ad incarichi professionali ove sia richiesta la conoscenza della lingua italiana. SOCIETÀ e SCUOLA DANTE ALIGHIERI e CCIS La Società Dante Alighieri e La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera hanno stipulato una Convenzione, il 17.11.2001, per la somministrazione della Certificazione dell’Italiano economico commerciale (PLIDA Commerciale) in Svizzera. I livelli della Certificazione PLIDA (PLIDA Lingua A1 - C2; PLIDA Commerciale B2 - C1 e PLIDA Juniores A1 - C1) si conformano ai livelli stabiliti dalla Divisione Politiche Linguistiche del Consiglio d’Europa come indicato nel documento: Modern Languages; Learning, Teaching, Assessment: A Common European Framework of Reference, Strasburgo 1998 (rif. CC-Lang (95) 5 rev.V). Per informazioni sul PLIDA Rivolgersi alla Dante Alighieri: [email protected] Per informazioni sul PLIDA Commerciale Rivolgersi alla Camera di Commercio Italiana per la svizzera: [email protected] la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 91 Tipicità lucane per buyer svizzeri Nei locali della Camera di Commercio di Potenza la due giorni di incontri tra Pmi agroalimentari e buyer della Svizzera, mercato dalle grandi prospettive. I segretario generale della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, Andrea G. Lotti, che ha guidato la delegazione svizzera, e il presidente della Cciaa potentina, Pasquale Lamorte salutano i convenuti. La Sala Economia della Camera di Commercio di Potenza è diventata per un giorno il punto di incrocio tra produttori delle tipicità agroalimentari lucane e i buyer svizzeri partecipanti all’incoming organizzato dall’Ente camerale con il supporto dell’azienda speciale Forim e la collaborazione di Mondimpresa e della Camera di Commercio Italiana in Svizzera. Per tutta la giornata si sono susseguiti gli incontri beto-be (secondo un’agenda personalizzata) e degustazioni tese a far conoscere i prodotti che potrebbero far breccia nel cuore dei consumatori elvetici: “L’Italia è il secondo partner commerciale per la Svizzera, con un volume di affari che supera i 40 milioni di franchi – ha spiegato il segretario generale della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, Andrea Lotti che ha guidato la delegazione svizzera -. Siamo i primi esportatori di vino, con 64 milioni di litri (contro i 37 della Francia), primi nei formaggi e secondi nei distillati. Nel rapporto reddito pro capite/spesa per prodotti italiani, la Svizzera ha il maggior tasso di investimento nel made in Italy, da sempre considerato sinonimo di eccellenza”. Ampi margini di permeabilità, dunque, per le tipicità lucane, soprattutto quelle che esprimono piccoli marchi familiari che trasmettono l’immagine della tradizione e della genuinità: “Spesso ci lamentiamo del nostro essere piccoli, come regione – ha commentato il presidente della Cciaa potentina, Pasquale Lamorte - ma è indubbio che la qualità è un fattore che ci appartiene, su cui possiamo far leva per penetrare in un mercato così interessante”. La missione di incoming è proseguita l’indomani, con la giornata dedicata alle visite aziendali, importanti per collegare prodotto e territorio e per approfondire il contatto tra importatori e produttori. 92 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Queste le 19 aziende lucane che hanno partecipato all’incoming: Azienda Agricola Eubea, Cantine Madonna delle Grazie, Casa Maschito, Eleano vini, Azienda Agricola Musto Carmelitano, Azienda Agricola Laluce Michele, Lagala Viticoltori in Vulture (vino); Di Carlo Spa, Frantoio Oleario dei F.lli Pace, F.lli Masturzo Srl (olio); Salumificio della Lucania srl, Soc. Coop. Agrocarne Sud (salumi); Clematis srl (sughi e condimenti pronti); Torrefazione Escaffè (caffè); La Lucana snc (fagioli), Apicoltura Rondinella, De Angelis Atonia (miele); Alica srl (pasta); Centola srl (prodotti da forno). Le aziende hanno incontrato Eduard Loetscher AG (grossista importatore di vini e oli), Saporeautentico (importatore di vini, grappe, oli, aceti, salumi), Walter Schmocker Weine (importatore di vini, oli e salumi), Franz Fricker GmbH (vini, salumi, pasta, prodotti di confezionamento), Vino Bolè (vini), ASA International e V.I.M. Swiss SA (vini e oli), Wein am Egge (vini, caffè e altri prodotti alimentari). Ricette di Osterie d’Italia Die besten Rezepte echter italienischer Regionalküche Die italienische Küche gibt es genau genommen gar nicht. Sie besteht aus einer Vielzahl von Regionalküchen, die sich oft sogar von einem Ort zum nächsten unterscheiden. Italienreisende, die diese traditionellen, zum Teil nur innerhalb einer Familie bewahrten Küchenschätze probieren möchten, werden am ehesten in den sogenannten Osterie fündig, die eben jene, ursprüngliche Kochtradition hochhalten. 630 Rezepte solch überlieferter, authentischer Gerichte bietet das bei Hallwag erschienene Ricette di Osterie d‘Italia von Slow Food Editore erstmals auch in deutscher Sprache. Zusammengestellt im Sinne der Slow Food-Philosophie versammelt das Kochbuch auf über 460 Seiten leichte wie anspruchsvolle, bekannte wie fast vergessene Gerichte aus sämtlichen Regionen Italiens. Da gibt es zum Beispiel „Canederli con finferli“ (Pfifferlingsknödel), die der Leser vielleicht während seines letzen Südtirol-Urlaub schon einmal gekostet hat. Oder „Peperonata“ (Geschmorte Paprikaschoten), ein Gericht aus der Emilia, das aber heute in vielen Varianten in ganz Italien verbreitet ist. Ob “Reh in Teroldego-Sauce“, “Lammkeule mit Radicchio aus Treviso“, “Lachsforelle mit Mandeln“ oder “Schwertfisch mit Zitrusfrüchten und Pistazien“, das Buch bietet einen Querschnitt durch die Küchen der italienischen Osterien von heute. Ricette di Osterie d’Italia Der meist gekaufte Weinführer der Welt - vollständig aktualisiert und überarbeitet Ist der 2008er Rioja aus meinem Keller schon trinkreif? Welcher Lugana im Regal meines Weinhändlers ist sein Geld wirklich wert? Soll ich besser weiter zu den mir bekannten Namen greifen oder lohnt es sich, auch einmal einen neuen Produzenten auszuprobieren? Der kleine Johnson 2011 hilft hier den Überblick zu bewahren! Seit nunmehr 34 Jahren verlassen sich Weinliebhaber ebenso wie Profis auf die Informationen zu inzwischen 15.000 Weinen, Produzenten und Jahrgängen, die Hugh Johnson und sein Expertenteam getestet haben. Die Einträge zu Rebsorten und Weintypen wurden gründlich überarbeitet sowie die neuesten Trends und Entwicklungen bei den Produzenten und in den Regionen der Weinwelt berücksichtigt. Alternativen gefällig? Neben Hugh Johnsons persönlichen Lieblingsweinen runden diesmal zusätzliche Weinempfehlungen zu bestimmten Weinstilen das Kompendium ab: So empfiehlt Hugh Johnson zum Beispiel Liebhabern von Pouilly Fumé auch einmal einen Assyrtiko von Santorin zu verkosten. Beiden Weinen ist eine intensive Mineralität und lebhafte Säure zu eigen. Doch während man bei letzterem eher „an Zitronentarte und Wildkräuter denkt“, assoziiert man bei ersterem „geschnittenes Gras und nasse Kieselsteine“, so der Autor. Wer bekommt da nicht Lust, selbst zu probieren? Neu in dieser Ausgabe ist zudem der ausführliche, vierfar- Ein Extra-Kapitel “Saucen, Pestos und Eingemachtes“ hält von “Senfsauce mit Früchten nach Art von Cremona“ bis “Pesto nach Art von Pantelleria“ Grundrezepte bereit, die sowohl Fleischgerichte wie auch Pasta begleiten. Und da auch bei dieser Rezeptsammlung die Desserts nicht fehlen dürfen, hat der Leser angefangen bei “Esskastanienpüree mit Schokoladenguss“ über “Frischkäse mit Weinschaum und Torrone“ bis hin zu “Ricottakuchen mit Limoncello“ die Qual der Wahl. Unter Verwendung natürlicher, regionaltypischer Produkte haben erfahrene Köche und Wirte italienischer Osterien die Speisen überliefert und rezeptiert. Informative Kommentare zum Ursprung sowie unterhaltsame Anekdoten ergänzen die Rezepte und machen die Sammlung zu einem unverzichtbaren Kompendium für alle Liebhaber der authentischen italienischen Küche. Slow Food Editore Ricette di Osterie d’Italia Die besten Rezepte aus Italiens Regionen Hallwag Verlag München 464 Seiten Format 18,5 x 24,2 cm Hardcover CHF 42,90 bige Sonderteil zum Thema Spanien: Er gibt einen spannenden Überblick über die expandierende Weinindustrie des Landes und stellt neue, hochinteressante Winzer vor. Hugh Johnson gilt weltweit als der führende Weinautor. Bereits mit seinem ersten Buch Wine (1966) errang er einen Platz in der vordersten Reihe der Weinautoren. Es folgten viele weitere, darunter Der große Johnson, und Der Weinatlas (alle bei HALLWAG). Nach zahlreichen internationalen Ehrungen, darunter der begehrte Literaturpreis der Akademie von Bordeaux und der Orden “Chevalier des Arts et Lettres“, verlieh ihm 2007 Königin Elisabeth II. den “Officer of the Order of the British Empire“ für seine Verdienste um die Wein- und Gartenbaukunst. Hugh Johnson Der kleine Johnson 2011 15.000 Weine Produzenten und Jahrgänge aus aller Welt Vollständig aktualisiert und überarbeitet Hallwag Verlag München 472 Seiten Format 9 x 19 cm Hardcover CHF 34,50 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 93 Contatti Commerciali DAL MERCATO ITALIANO Offerte di merci e servizi Vino Tenuta Mainardi Località Mainardi I – 84020 Aquara SA Tel. 0039/0828 189 74 65 Fax 0039/0828 189 74 64 E-mail: [email protected] www.tenutamainardi.it Pasta fresca Parma PaSt sas Via Naviglio Alto 69 I – 43100 Parma Tel. 0039 0521 798120 Fax 0039 0521 705612 E-mail: [email protected] www.parmapast.it Quadri multi orologio per risparmio energetico Sanviti elettrocostruzioni srl Via Palermo 5b I – 43100 Parma Tel: 0039/0521 774774 Fax 0039/0521 270780 E-mail: [email protected] www.sanviti.it Pasta fresca Pasta Julia Spa Via Piemonte Loc. S. Luciola I – 06038 Spello PG Tel: 0039 0742 3017 61 Fax: 0039 0742 3601812 E-mail: [email protected] www.pastajulia.it Tessuti per arredamento Triade srl Via Marconi 3 I – 22079 Villa Guardia CO Tel. 0039/031 563132 Fax 0039/031 563311 E-mail: [email protected] www.triade.it Vino Azienda Agricola Roccasanta via Cortemilia Alessandria, 4 I – 12074 Perletto Tel. 0039 0173 81795 Fax 0039 0173 81795 [email protected] www.aziendagricolaroccasanta.it 94 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Macchine per la trasformazione della plastica 01 Machinery srl Via Bettisi 12 I - 48018 Faenza (RA) Tel. 0039/ 0546 662625 Fax: 0039/ 0546 662625 E-mail:[email protected] www.01machinery.com Macchine agricole Maschio Gaspardo Spa Via Marcello, 73 I – 35031 Campodarsego PD Tel. 0039/049 9289842 Fax. 0039/049 9289601 E-mail: [email protected] www.maschio.it Distributori automatici IVM Italia srl Via Dolomiti 10/2 I – 35018 S. Martino di Lupari PD Tel: 0039/ 049 5953443 Fax 0039/ 049 5951307 E-mail: [email protected] www. ivm-italia.it Prosciutti di Parma Italfine srl Via Provinciale 46 I – 43020 Beduzzo di Corniglio PR Tel. 0039/0521 887160 Fax 0039/0521 887477 E-mail: [email protected] www.italfine.it Vini Azienda Agricola Lamoretti Località Casatico – Strada della Nave 6 I – 43013 Langhirano PR Tel. 0039/0521 863590 Fax 0039/0521 863663 E-mail: [email protected] www.lamorettivini.com Tende e schermi termici Iti Industriale Via F.lli Bandiera, 13 I – 20016 Pero MI Tel. 0039/02 3394 9905 Fax 0039/02 3534958 Email: [email protected] www.iti-industriale.com Prodotti cosmetici Davines Via Ravesini 9a I – 43126 Parma Tel. 0039/0521 965611 Fax 0039/0521 965716 Email: [email protected] www.davines.com Salumi Devodier Prosciutti srl Via Ponticella 4 I – 43037 Mulazzano Ponte di Legnano Bagni PR Tel. 0039/0521 861070 Fax 0039/0521 861071 [email protected] www.devodier.com Formaggi Caseificio Busti Via Marconi 10 I – 56043 Acciaiolo di Fauglia PI Tel. 0039/050 650565 Fax 0039/050 659057 [email protected] www.caseificiobusti.it Richieste di ricerca agenti-rappresentanti • Società leader da oltre 30 anni nella produzione e commercializzazione di apparecchi elettronici che rispettano totalmente l’igiene e consentono un risparmio di acqua fino all’80%. Il Gruppo DMP Electronics desidera oggi arricchire il suo staff commerciale per affrontare nuove sfide. Uomo o donna che abbia un’esperienza commerciale di minimo 3 anni, età 25/40 anni, che sappia comunicare in tedesco, francese e italiano, persona dinamica, autonoma e perseverante, disponibile a spostamenti in tutto il territorio svizzero. • La ditta Togni Spa di Ancona è una affermata realtà attiva da oltre 50 anni nel settore della produzione di vini spumanti ed acque minerali. Grazie alla sua profonda esperienza e conoscenza nella lavorazione delle uve, l’azienda ha assunto una posizione di leadership nel mercato italiano e soprattutto per ciò che riguarda lo spumante è fornitore di punta della GDO in Italia. La ditta Togni Spa è alla ricerca in Svizzera di aziende interessate alla distribuzione dei propri prodotti all’ingrosso con cui avviare una collaborazione di lungo termine. La ditta Euroclima Spa di Brunico è una affermata realtà attiva da oltre 40 anni nel settore della produzione di centrali per il trattamento dell’aria. Costruzioni e soluzioni funzionali caratterizzate da perfezione tecnica garantiscono l’affidabilità delle unità. Uno sviluppo costante dei prodotti e dei metodi di produzione, così come l’impegno a favore dell’innovazione, sono per l’azienda un fattore di primaria importanza. La ditta Euroclima Spa è alla ricerca in Svizzera di piccole aziende interessate alla distribuzione dei propri prodotti all’ingrosso con cui avviare una collaborazione di lungo termine. Società Chimica offre gestione in un proprio capannone 400 - 700 m2 deposito solo per merci europee Via Casilina San Cesareo Roma prezzo legato a volume e movimenti. Per ulteriori informazioni è possibile contattare direttamente: Ing. Corrado Carboni Via A.Gallonio 18 I - 00161 Roma Tel. +39 0644232172 Fax +39 0644290941 E-mail: [email protected]. • La ditta Ars Food srl di Varese Ligure è una ditta attiva dal 2003 attraverso il marchio Le bio bontà di Varese Ligure nella realizzazione di yogurt biologico. Gli innovativi processi di produzione garantiscono la sicurezza e la qualità del prodotto, realizzato nel pieno rispetto dell’ambiente. Non a caso, in pochi anni, Ars Food è diventata leader nella produzione di yogurt biologico a marchio privato per le principali catene della Grande Distribuzione. La ditta Ars Food srl è alla ricerca in Svizzera di importatori e grossisti specializzati nella distribuzione di prodotti caseari e fre- schi con cui avviare una collaborazione di lungo termine. • Ing. Luca Pala, inventore e ricercatore in possesso di proprietà industriale e di brevetto internazionale “Impianto di sfruttamento contemporaneo di energia eolica e solare con produzione di energia elettrica in proprio ricerca soci collaboratori e finanziatori per acquisto e sfruttamento del diritto di priorità del brevetto succitato. Per le richieste di cui sopra rivolgersi a: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Seestr. 123 casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 [email protected], www.ccis.ch Fax +41 31 950 16 16 E-mail: [email protected] www.haco.ch Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Seestr. 123 casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 [email protected], www.ccis.ch Offerte di merci e servizi Trasporti internazionali Huber Transport AG Riedstrasse – PF CH – 6343 Rotkreuz Tel.: ++41 417901188 Fax: ++41 417901061 [email protected] www.hubertransport.ch DAL MERCATO SVIZZERO Ricerca di merci e servizi Filati e prodotti tessili per la casa Schlossberg Textil AG Tösstalstrasse 15 CH – 8488 Turbenthal Tel. 0041 52 396 23 37 Fax 0041 52 396 22 02 [email protected] www.schlossberg.ch Gioielli Sautebin Bally grand-chêne CP 7393 CH – 1002 Lausanne Tel. 0041 213236973 Pasta pronta ripiena HACO AG Worbstrasse 262 PF 96 CH – 3073 Gümligen Tel: +41 31 950 14 04 Trasporti internazionali Planzer Transport AG Lerzenstrasse 14 CH - 8953 Dietikon Tel: +41 447446222 E-mail: [email protected] www.planzer.ch Materiali edili PA. MA IMPORT – EXPORT GmbH Olsbergerstrasse 6 CH - 4310 Rheinfelden Tel: +41 61 831 44 59 Fax +41 61 831 02 82 E-mail: [email protected] Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Seestr. 123 casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 [email protected], www.ccis.ch Tagliando d’abbonamento Nome ............................................................................................ Cognome ....................................................................................... Indirizzo ........................................................................................ Tel. .................................... e-mail ............................................. Intendo sottoscrivere un abbonamento annuo (11 copie) a La Rivista al costo di 60CHF (estero: 50 euro) Data e firma .................................................................................. la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 95 ATTIVITÀ E SERVIZI Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e comprende tra l‘altro: - Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti, commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi: Italia e Svizzera - Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc. (disponibili on-line in giornata) - Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti - Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri - Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato - Recupero di crediti commerciali, con particolare riguardo alla ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali PUBBLICAZIONI - La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno) Calendario delle Fiere italiane Annuario Soci Indicatori utili Italia-Svizzera Agevolazioni speciali per i Soci Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo Tel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57 http://www.ccis.ch, e-mail: [email protected] IVA-Nr. 326 773 - Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani, nonché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche - Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale - Assistenza e consulenza in materia doganale - Informazioni statistiche ed import/esport - Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese italiane e svizzere - Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento di brevetti - Azioni promozionali e di direct marketing - Arbitrato internazionale - Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti gli insediamenti in Svizzera ed in Italia - Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità - Traduzioni - Viaggi di Studio - Certificato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Roma - Swiss Desk Porti italiani - La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di VeronaFiere - Recupero crediti in Svizzera - Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione della Camera Arbitrale della CCIS - Compra-vendita di beni immobili in Italia - Costituzione di società affiliate di imprese estere in Italia - Il nuovo diritto societario italiano - Servizi camerali Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1 Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99 e-mail: [email protected] IVA-Nr. 326 773 RECUPERO IVA ITALIANA RECUPERO IVA SVIZZERA Il servizio, offerto a condizioni molto vantaggiose, è rivolto sia alle imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia che alle imprese italiane che recuperano l’IVA pagata in Svizzera. Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera la legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani il rimborso dell’IVA svizzera. Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, la legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ottenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS: • fornisce la necessaria documentazione; • esamina la documentazione compilata; recapita l’istanza di rimborso in Italia all’Autorità fiscale competente; • avvia e controlla l’iter della Vostra pratica tramite il suo ufficio di Pescara; • fornisce assistenza legale La CCIS: • fornisce un servizio di informazione e prima consulenza; • diventa il Vostro rappresentate fiscale; • esamina la completezza della Vostra documentazione; • invia la documentazione alle autorità svizzere e segue l’iter della vostra pratica. Informazioni più dettagliate contattare la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera +41 (0)44 289 23 23 RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI 96 la Rivista n. 12 - Dicembre 2010 Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le aziende target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed efficace ingresso sui rispettivi mercati di riferimento. Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected]