la
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Anno 101 - n. 12 - Dicembre 2010
40 anni
di formazione
per l’inclusione
E
Editoriale
di Giangi Cretti
In principio fu Zurigo. Con i torni e le frese messi a disposizione da alcuni imprenditori solidali e lungimiranti. Con la
competenza e il tempo libero forniti da impegnati operai qualificati.
Poi Basilea. Via via, tutti gli altri.
Centri regionali istituiti a globale copertura, ormai, del territorio elvetico.
In 40 anni: tutt’altro che trascorsi invano.
Ripercorrerli non è solo un modo per riandare lungo la pista virtuosa battuta da un ente, da decenni trasformato in
Fondazione, nella sua quotidiana azione all’insegna della formazione. È anche, e per alcuni versi, soprattutto, un modo per
transitare in un pezzo di storia – la più importante in termini di emancipazione sociale – della comunità italiana in Svizzera.
Attraversando quello che, con l’efficacia comunicativa - va da sé, condensata e, al contempo, un po’ iperbolica - dello
slogan, potremmo definire un tragitto“dalle baracche alle stanze dei bottoni”.
I 40 anni sono quelli dell’Ecap: con l’Enaip e la Fopras compone la ridotta squadra degli enti di formazione, di origine
italiana, ancora operativi in Svizzera. Altri, come la SPE o lo IAl, nel corso degli anni, hanno esaurito il loro compito.
Altri ancora, come il CISAP, sono stati assorbiti: nel caso specifico proprio dall’Ecap.
Inizialmente, sono i corsi di formazione professionale e di quella cosiddetta di base: di alfabetizzazione e di recupero
della licenza media. Gli insegnati sono quasi tutti del nord, fra loro anche alcuni ticinesi. I corsisti: italiani (anche se non
mancano spagnoli portoghesi), soprattutto uomini e quasi tutti del sud. Dando per scontata una seppur minima confidenza
del percorso migratorio degli italiani, non è arduo coglierne le ragioni.
I fondi, per sostenere l’attività, oltre che dalle quote d’iscrizione versate dai coristi, sono erogati dallo Stato italiano.
Oggi, della formazione professionale e di quella di base, com’era intesa agli albori, restano poche e circoscritte tracce.
Al loro posto, corsi di lingua locale; di qualificazione e di reinserimento nel mondo del lavoro; di introduzione alle, e di
perfezionamento delle, nuove tecnologie.
Gli insegnanti hanno spesso un doppio passaporto: tutt’altro che scontato, che una delle due nazionalità, ma anche
quando è unica, sia quella italiana. I corsisti? Di etnie diverse, in buona parte donne. I fondi? Mentre ovviamente resistono
le quote d’iscrizione, quelli pubblici, fatta salva l’eccezione di qualche singolo progetto mirato, provengono pressoché
esclusivamente da istituzioni locali.
In mezzo, c’è il percorso evolutivo dei migranti in Svizzera. In esso, integrazione e assimilazione s’intrecciano, non sempre
con confini definiti nitidamente.
Quello della comunità italiana, per quanto forse non sempre con massima soddisfazione, ha quantomeno raggiunto la
meta dell’accettazione sociale. Che non si traduce in automatica inclusione, ma di certo bandisce esclusione. Per meriti
propri, e per il fatto che anche in Svizzera si sono venute insediando nuove comunità di migranti, ritenute culturalmente
poco affini o storicamente poco gradite.
Quelli che 40 anni fa figuravano in fondo alla graduatoria del gradimento, classificati come gli odiosi Tschingg, sono oggi
i più vezzeggiati fra gli stranieri. Talvolta, persino fra i più apprezzati.
Non c’è nulla di diplomatico nel registrare che, a tal risultato, ha contribuito anche l’Ecap.
[email protected]
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n. 12 - Dicembre 2010
1
S
Sommario
Editoriale
PRIMO
PIANO
1
15
A Villa Olmo la quarta sessione
Dialogo economico italo - svizzero
A Passariano di Codroipo
17
La Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo
15
40 anni Ecap
Formazione per l’inclusione
21
Superate le 100‘000 lezioni
27
INCONTRI
Alptransit 2017 - Come trasferire ancora più merce su rotaia?
27
Compravendita internazionale e Convenzione di Vienna
39
La vera soddisfazione è senza dubbio vincere
45
Donne in carriera: Flavia Pennetta
CULTURA
Lugano capitale dell’italofonia radiotelevisiva
50
Moti rivoluzionari e lotte per le Costituzioni
55
Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana
1861: I pittori del Risorgimento
60
Scuderie del Quirinale (Roma) fino al 16 gennaio 2011
Dalle origini alla fine della Seconda Guerra Mondiale
62
Il Risorgimento italiano nel cinema / parte I
45
La bella musica rimane in eterno
68
Intervista con Danilo Rea
RUBRICHE
60
2
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n. 12 - Dicembre 2010
In breve
Italiche
Europee
Internazionali
Oltrefrontiera
Benchmark
Burocratiche
Angolo Fiscale
Angolo legale
4
7
9
11
13
31
32
35
37
Convenzioni Internazionali
42
L’elefante invisibile
49
Scaffale
53
Sequenze
65
Diapason
67
Convivio
72
Motori
77
Starbene
80
Lo scorso 11 novembre nell’auditorium del KKl di Lucenal’Ecap ha celebrato i suoi 40 anni, con un convegno dal titolo
“Formazione per l’inclusione”.
DOLCE VITA 2000 anni per una storia di successo
70
Prosciutto di Parma
I numeri del Consorzio
Gli Gnocchi
72
Sugosi, soffici, digeribili ed economici
Automotonews
78
IL MONDO Motor Bike Expo: Veronafiere, 21 - 23 gennaio 2011
IN FIERA Grande attesa per il primo evento dell’anno dedicato alla moto
84
85
SIGEP: Rimini Fiera, 22 - 26 gennaio 2011
70
La grande occasione di business
Macef Primavera 2011: fieramilano RHO, 27 – 30 gennaio 2011
86
Accento sui settori della tavola e della cucina
Chiusa la 5° edizione di Triestespresso expo Trieste si conferma
capitale mondiale del caffè espresso e volano economico
IL MONDO Nuovi soci CCIS
IN CAMERA MJ Haute Couture
87
90
72
Seminario a Ginevra
Italian-Swiss Tax and Legal Forum
Delegazione svizzera in visita
ad Alenia Aeronautica
91
78
La certificazione di lingua italiana: PLIDA
Tipicità lucane per buyer svizzeri
92
Ricette di Osterie d’Italia
93
Der kleine Johnson 2011
Contatti commerciali
94
Servizi camerali
96
Editore: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Direttore - Giangi CRETTI
Comitato di Redazione
G.M. BONADA, A.G. LOTTI,
C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI
Collaboratori
Ph. BERNASCONI, C. BIANCHI PORRO, M. CALDERAN,
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n. 12 - Dicembre 2010
3
In breve
Private banking: Cauto ottimismo
San Gottardo 2020 non si farà
Le banche private svizzere esprimono ottimismo, anche
se misurato, sulle loro prospettive di crescita. È quanto
emerge da uno studio di KPMG e dell’Università di San
Gallo, nel quale viene tuttavia sottolineato che la clientela
è diventata molto più esigente in termini di rendimento,
di trasparenza dei prodotti, e di performance e di qualità
della consulenza. Finora, solo un terzo delle banche private hanno adattato il loro modello alle nuove regolamentazioni e alle nuove esigenze della clientela.
Dallo studio emerge inoltre che il tema della sicurezza
dei dati riveste attualmente una importanza strategica.
Un aspetto delicato dello scenario delineato dal sondaggio è quello legato al contenzioso fiscale e al furto di
dati. Un terzo dei gestori patrimoniali non sa ancora
come dovrà affrontare in futuro gli affari con la clientela
estera.
Il 36% degli istituti interrogati nel sondaggio sta invece
già mettendo in atto una strategia o ha già in chiaro in
che direzione andare.
Naturalmente, le banche già attivatesi dispongono di vantaggi competitivi rispetto alle altre.
L’idea di una grande esposizione nazionale, dopo la messa in funzione di AlpTransit, non verrà realizzata. Resta
però il problema di una regione, quella del San Gottardo, in cui vale la pena di investire approfittando dei collegamenti che si vengono a creare. Se non lo si farà, le
località attorno al massiccio del San Gottardo sono votate ad essere tagliate fuori. Occorre quindi studiare ed
allestire un programma decennale di rilancio economico
dell’insieme della regione. È proprio questo che intendono
chiedere di comune accordo al Consiglio federale i rappresentanti dei Governi di Uri, Grigioni, Ticino e Vallese.
Alcune idee contenute nel progetto originario verranno
mantenute, si legge in una nota della Cancelleria dello
Stato del Canton Ticino, ma all’unanimità è stato privilegiato il sostegno ad un programma decennale che
contempli progetti durevoli e sostenibili nella regione.
In tal senso, trova un positivo riscontro quanto dichiarato dall’ideatore del progetto «San Gottardo 2020» Marco
Solari, che, viste le resistenze del mondo politico, aveva
espresso l’auspicio che le idee migliori di «San Gottardo
2020» non venissero semplicemente accantonate.
A Mirafiori il ruolo che merita
L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, vuole mettere da parte le polemiche degli ultimi mesi e «trasformare Mirafiori
in grande stabilimento, ridargli il ruolo che merita» e, per raggiungerlo, chiede «correttezza e serietà», ma anche che «la politica resti fuori dalla porta e gli estremismi lontani dalla fabbrica». Dopo l’incontro
con tutti i sindacati l’Ad di Fiat ha messo sul piatto un piano ambizioso con un miliardo di euro da investire insieme con Chrysler e una società comune per fabbricare 250-280.000 vetture Jeep e Alfa Romeo
all’anno, da vendere metà fuori dall’Europa, in particolare in America.
La trattativa sul piano ü in fase di discussione a Torino. Positiva la maggior parte delle reazioni, dai politici e dalla maggioranza dei sindacati. Ma
CGIL e FIOM per ora si mantengono fuori dal coro e vogliono vedere «se
questa volta ci sono cose negoziabili».
4
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n. 12 - Dicembre 2010
Ticino: sono 47.648 i frontalieri
Nuovo record di frontalieri in Ticino. In base agli ultimi
dati forniti dalla Confederazione relativi al terzo trimestre
2010, il numero di quelli stranieri attivi nel Cantone ha raggiunto quota 47.648 unità, con una variazione del + 0,4%
rispetto al trimestre precedente e del + 4,6%, invece, rispetto allo stesso periodo del 2009. A livello federale,
contemporaneamente, il numero dei frontalieri che a fine
settembre lavorano in Svizzera, ha raggiunto le 232.974
unità (+0,8%, rispettivamente +5,7%). Il Ticino, in particolare, è la terza Regione svizzera per quantità di frontalieri
attivi sul proprio territorio: numericamente, preceduto dalla Regione del Lemano - con il numero più elevato, fissato
a 77.156 unità - e dalla Svizzera Nordoccidentale, con
63.324. Nel cantone sud alpino la crescita dei frontalieri
negli ultimi otto anni è stata costante. Dal 2002, anno nel
quale sono entrati in vigore gli accordi bilaterali e quindi, la libera circolazione delle persone (scattata il primo giugno),
si è registrato un incremento di quasi il 50%: da 32.375 si è passati, appunto, a oltre 47.500. Da segnalare, però,
che nel computo totale sono inseriti anche lavoratori frontalieri part-time, compresi quelli che varcano la frontiera per
lavorare solamente il sabato o la domenica.
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n. 12 - Dicembre 2010
5
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Consumo combinato: 14,7 l/100 km (4.2), 15,7 l/100 km (4.7) I Emissioni di CO2: 345 g/km (4.2), 365 g/km (4.7)
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ITALICHE
di Corrado Bianchi Porro
La forza trainante
dell’export
Quale oggi la situazione dell’economia? Secondo il Centro Studi della Confindustria, rispetto alla metà del 2007,
quando ha iniziato a sgonfiarsi la bolla finanziaria, oggi i
bilanci pubblici e la condotta delle banche centrali sono
considerati parte del problema, specie dopo l’ultima manovra della Federal Riserve da 600 miliardi di dollari. La
Banca Centrale Europea non ha grosse colpe in questo,
ma anche qui le difficoltà dei debiti sovrani, prima con la
Grecia e oggi principalmente con l’Irlanda (le peripezie
delle periferie, ha commentato qualcuno), determinano
un nuovo giro di vite nei confronti dei bilanci del vecchio
Continente, cosicché le politiche dei Governi da espansive si fanno restrittive. Secondo Vittorio Emanuele Parsi,
la nostra storia di europei nasce da un sanguinoso fallimento dei totalitarismi, ma è più tenace nella ricostruzione, mentre quella degli americani emerge da uno straordinario successo. Forse per questo oltre Atlantico si nutre
sempre un certo ingenuo ottimismo, mentre in Europa
si fa più fatica a ripartire per la complessità delle cose.
Secondo la Confindustria l’aggiustamento dei conti della
finanza continuerà a zavorrare l’economia per vario tempo e per questo anche le banche manterranno selettivo
se non restrittivo il credito. L’impatto di Basilea 3 si farà
invece sentire solo a partire dal 2013, quindi abbiamo
ancora un cuscinetto di tempo, pur se le nuove norme
sono destinate ad aggravare l’onere del credito. Ma con
tutte queste precisazioni, il clima di fiducia delle imprese
italiane rimane piuttosto positivo grazie alla forza che viene manifestata dall’export.
La fiducia delle imprese nel mese di novembre potrebbe
correggere lievemente negli ultimi dati dopo il lieve rimbalzo di ottobre che aveva portato l’indicatore a 99,8,
vale a dire al massimo dal maggio 2008. Il livello ancora
elevato della fiducia delle imprese lascia presagire che la
flessione non è destinata a durare. Dunque, la flessione
dell’export di luglio e agosto si è rivelata temporanea.
Dopo il calo di luglio e agosto, l’export è infatti rimbalzato
del +3%, con un recupero che ha riguardato sia i Paesi
UE (+3,4%), che i Paesi extra-UE (+2,5%).
L’import è invece rimasto stagnante. Nei primi nove
mesi dell’anno, le esportazioni italiane sono cresciute del
14,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Dunque, le
previsioni di un crollo sulla scia di una ricaduta recessiva
dell’economia mondiale non appaiono giustificate dalla
più recente evoluzione dello scenario. Anche la Confindustria ritiene più probabile uno scenario ispirato ad un pru-
dente ottimismo, considerando che una frenata è sempre
il frutto naturale dei movimenti ciclici fatto di strappi e
movimenti di riposo.
La forza trainante sarà dunque ancora l’export, guidato
dall’irruente recupero del commercio mondiale. E questo
lo si ricava in modo particolare da una lettura del settore
del tessile, che più di tutti gli altri ha sofferto della crisi.
Il drastico calo della domanda sperimentato a fine 2008
si è infatti riflesso in forti deterioramenti della redditività
e degli equilibri finanziari. Nel 2009 nella sola provincia
di Como, per intendersi, il calo degli addetti nell’industria
tessile-abbigliamento è stato superiore a quello sperimentato dalla media manifatturiera (oltre un migliaio di addetti
in meno nel distretto comasco non è di poco conto). Le
imprese di grandi dimensioni e le piccole imprese con
meno di 50 addetti, sono quelle che più hanno sofferto,
mentre le imprese di medie dimensioni hanno superato la
crisi con una struttura complessivamente intatta. Ebbene
anche in questo settore che è fortemente concorrenziato
a livello internazionale, la ripresa dei fatturati è più evidente proprio nel tessile, il comparto che aveva maggiormente sofferto nel precedente biennio. Occorre naturalmente
sottolineare che il miglioramento dei risultati è pur sempre frutto di un processo di selezione che ha incontrato il
settore. Secondo lo studio di Prometeia, con la crisi il settore del lusso ha registrato una maggiore penalizzazione
dal lato della crescita, ma è riuscito a mantenere positiva
la redditività delle vendite. Naturalmente una maggiore
presenza sui mercati extra europei (Asia) ha consentito
di limitare le perdite in termini di fatturato e redditività.
Per quanto riguarda lo scenario per il 2011-12, le imprese ipotizzano un rallentamento generalizzato della crescita, esteso anche alle economie emergenti che hanno
avviato politiche monetarie restrittive. Si reputa che in tre
anni, al 2012, l’industria manifatturiera potrebbe recuperare circa l’80% dei livelli pre crisi, se riuscirà ad agganciare i mercati esteri più dinamici a fronte di una situazione stagnante dei consumi sul mercato interno a motivo
del tasso tuttora elevato di disoccupazione e della minor
propensione al consumo, mentre per gli investimenti (innovazione e razionalizzazione sono le costanti) le imprese sono costrette ad attingere alle riserve delle famiglie,
dato che l’impresa familiare è il modello tipico dell’Italia.
Proseguirà dunque il cammino tracciato, mentre l’uscita
dal mercato degli operatori marginali potrebbe comunque
indurre un miglioramento dei risultati medi reddituali.
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7
EUROPEE
di Philippe Bernasconi
Rischio effetto domino
E dunque si è di nuovo ai piedi della scala. Anche l’Irlanda – quella che fino a un paio d’anni fa
veniva chiamata la Tigre celtica – si è ritrovata
sull’orlo della bancarotta, ha dovuto mettere da
parte il proprio orgoglio e ha dovuto aggrapparsi all’ancora di salvataggio che gli ha lanciato l’Unione europea. Dopo la Grecia, quindi, un
altro Stato membro ha dovuto chinarsi di fronte
alla montagna di debiti accumulati. E ancora
una volta si è parlato di rischio contagio. Perché dopo Atene e Dublino potrebbe toccare a
Lisbona e Madrid. Insomma, un vero disastro.
Tanto da far dire al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy: “siamo a rischio
sopravvivenza”.
E per fortuna che quest’estate ci si era detto: se riusciamo a tamponare il rischio Grecia evitiamo l’effetto domino
e possiamo ripartire con basi più solide. E invece, a pochi
mesi di distanza, ci si è ritrovati nella stessa situazione,
con un Paese sull’orlo del collasso costretto a chiedere
un aiuto straordinario e d’emergenza. Il governo di Dublino ha cercato di resistere fino all’ultimo (preoccupato per
le richieste che in cambio sarebbero potute arrivare, in
primis l’aumento delle tasse sui capitali, un caposaldo del
proprio sistema economico e finanziario), ma alla fine è
stato costretto ad accogliere la mano tesa da Bruxelles.
Il debito pubblico irlandese è salito a livelli da primato a
causa dei piani di salvataggio delle banche colpite dalla
crisi dei subprimes. Per salvare il proprio sistema finanziario Dublino si è però messa nei guai. E così è dovuto
ancora una volta intervenire il fondo anticrisi europeo. Ma
anche questa rischia di essere una soluzione tampone, un
cerotto che permette sì di ricucire una ferita, ma che non
garantisce di risolvere il problema alla radice.
Perché il problema, in fondo, è sempre lo stesso: il caos
che attraversa le istituzioni europee e gli Stati membri,
un’Unione europea che marcia a due (se non a tre o quattro) velocità e che in campo economico e finanziario ha
poche regole proprie. A comandare sono ancora gli Stati.
E allora vale la legge del più forte. Messi di fronte all’evidenza dalla crisi greca, i 27 si sono decisi a trovare un
accordo che permettesse di gestire il default di uno Stato
membro. Una modifica del Patto di stabilità che non implicasse sanzioni automatiche per chi viola i parametri di
Maastricht (su deficit e debito pubblico), ma che fissasse
dei paletti chiari in cambio di un aiuto comunitario. Ma poi
la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno voluto andare oltre: niente
fondo europeo anticrisi, prima si taglino i valori dei titoli di
Stato in mano ai privati. Una chiamata alla cassa generale
che ha mandato in fibrillazione i mercati, ha innescato
una spirale al rialzo dei rendimenti dei titoli di quegli Stati
a rischio default (impendendo loro di fatto di rifinanziarsi
sul mercato), ha provocato un brusco tonfo delle borse e
ha indebolito l’euro. Costringendo l’asse franco-tedesco a
gettare acqua sul fuoco, rassicurando che, semmai dovessero entrare in vigore, le regole proposte da Berlino e
Parigi verrebbero applicate solo dopo il 2013 (senza toccare, dunque, i titoli già emessi nel frattempo). L’ennesima dimostrazione del fatto che l’Europa avrebbe bisogno
più che mai di regole comuni e di una leadership, anche in
campo economico e finanziario. Ma così non è.
Che lezione trarre dal caso Irlanda? Delle due l’una. O gli
Stati dell’euro (ma per analogia il ragionamento può essere allargato a tutta l’Unione europea) non sono connessi
tra di loro e quindi non è importante che si trovi una soluzione comune per risolvere il problema particolare. Se il
Paese in questione non dovesse farcela rimane la via del
default, con la conseguente fuoriuscita dall’area euro. E
chi si è visto si è visto. Oppure oggi sono troppi i legami
tra gli Stati, sono troppe le interconnessioni (finanziarie,
monetarie ed economiche, basti pensare alle esposizioni
globali delle banche), che il mancato salvataggio di un
Paese avrebbe come inevitabile conseguenza un effetto
domino dalle ripercussioni inimmaginabili. E quello che
il presidente Van ha voluto dire con quel “l’Unione è in
pericolo”. Perché è proprio qui che sta il punto. Se ad
andare in pezzi non fosse la sola Irlanda (o un altro Paese
in difficoltà), ma fossero l’euro e l’Unione europea stessa,
allora anche chi oggi fa la voce grossa rimarrebbe con un
pugno di mosche in mano.
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n. 12 - Dicembre 2010
9
INTERNAZIONALI
di Michele
Caracciolo di Brienza
Il cyberspazio:
zona di tensione tra gli Stati
Solo a metà novembre è stata pubblicata la notizia che
lo scorso aprile la Cina ha controllato per diciotto minuti il 15% del traffico web mondiale, compreso quello
dell’esercito e della marina americana, del Senato e del
Dipartimento della Difesa. Si è trattato di un dirottamento
di traffico che ha messo in luce la capacità cinese nello
spionaggio elettronico.
Secondo quanto riportato dalla Cnn, China Telecom sarebbe all’origine del dirottamento informatico sui propri
server. Ma l’azienda di telecomunicazioni cinese ha smentito la notizia. Sta di fatto che con questa incursione nel
cyberspazio i servizi segreti cinesi hanno con ogni probabilità duplicato gli indirizzi email del Dipartimento della
Difesa al fine di avere la possibilità di inviare virus difficilmente riconoscibili. L’allerta lanciata da quest’intrusione
ha fatto correre ai ripari il Pentagono che ha alzato i livelli
di sicurezza del proprio traffico web. Lo spionaggio informatico ideale è indolore. L’obiettivo è stato la raccolta
d’informazioni e non la distruzione della rete informatica
del paese.
Alla fine di settembre l’Iran è stato vittima anch’esso di
un altro incredibile atto di “cyberguerra” di cui è ignoto
l’autore. La rete informatica del sito nucleare iraniano di
Boucher è stata contaminato con il virus Stuxnet. La rete
informatica del sito nucleare iraniano non è accessibile
dall’esterno. Per tale motivo, si sospetta che la contaminazione sia avvenuta tramite una banale chiavetta USB
inserita in uno dei computer locali. Dev’essere stata un’intrusione degna delle migliori spy story. Resterà un mistero chi siano gli autori e come ci siano riusciti. Tuttavia, si
hanno dei sospetti nei confronti di Israele o quantomeno
di uno Stato organizzato, dato che la sofisticatezza di
questa nuova arma informatica presuppone un gruppo di
esperti coordinati. É difficile immaginare che un hacker
solitario abbia potuto creare il virus Stuxnet con cui é stato contaminato oltre il 60% dei computer iraniani. Insomma, un virus informatico di questa portata e che ha per
obiettivo un sistema industriale è certamente il prodotto
di un gruppo molto preparato che potrebbe far capo ad
un governo. Ad oggi non si conosce la portata dei danni
di Stuxnet sull’operatività del sito nucleare iraniano. Sta
di fatto che questo virus è stato concepito per prendere
controllo del sistema informatico di un’industria e farlo
rallentare e inceppare.
Un’altra notizia inquietante tratta dal libro Cyberwar – The
Next Threat To National Securty And What To Do About It
di Richard A. Clarke e Robert K. Knake è la presenza delle cosiddette “bombe logiche” cinesi nella rete elettrica
americana. Clarke è stato coordinatore nazionale per la
sicurezza, la protezione delle infrastrutture e l’antiterrorismo a partire dall’amministrazione Reagan fino a Clinton.
La “bomba logica” è descritta come una sorta di virus
dormiente che può essere attivato a distanza e anni dopo
la sua installazione. Queste “bombe” sarebbero state inserite attraverso una falla nel sistema di sicurezza delle
reti informatiche dei produttori e distributori di elettricità.
A suo avviso, la vulnerabilità di queste reti informatiche
potrebbe mettere letteralmente in ginocchio in breve
tempo il paese privandolo di elettricità. Insomma, più un
paese è informatizzato e dipendente da internet e più è
vulnerabile.
La cyberguerra non è fantascienza e gli effetti di un attacco informatico possono essere altrettanto devastanti di
un attacco convenzionale. Nel 2007 si è assistito ad un
attacco informatico massiccio nei confronti dell’Estonia
che ha paralizzato il paese. La ragione di questo attacco era essenzialmente punitivo in seguito alla rimozione
da parte delle autorità estoni di un monumento legato al
periodo di occupazione sovietica. Da allora la NATO ha
installato a Tallinn, capitale dell’Estonia, il suo centro dedicato alla guerra informatica. Così come abbiamo visto
sinora, l’informatica è un’arma potenziale per minare la
sicurezza di uno Stato ma può essere anche uno straordinario strumento di democrazia. L’anno scorso durante
i moti in Iran, a seguito della rielezione di Ahmadinejad,
siti quali Facebook, Twitter e YouTube hanno avuto un
peso notevole nella sfera politica iraniana. Non solo, ma
la cosiddetta “blogosfera”, tutt’ora particolarmente attiva
in Iran dove su 70 milioni di persone si contano circa
700’000 blog, in gran parte sostenevano il riformista moderato Moussavi. Durante le manifestazioni di quei giorni
il Dipartimento di Stato americano teneva sotto controllo il traffico web iraniano e chiese ai gestori di Twitter
di posticipare la manutenzione del sito in modo da non
bloccare il servizio per qualche giorno. Questa richiesta
fu inoltrata poiché Twitter era stato di grande utilità per i
manifestanti per organizzare le proteste.
La rete è diventata uno spazio ulteriore di tensione e di
scontro tra Stati, ma non ci sono confini materiali e regole del gioco.
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n. 12 - Dicembre 2010
11
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OLTREFRONTIERA
di Fabrizio Macrì
Obiettivo Puglia
«Dopo aver descritto l’Italia antica fino a Metaponto, dobbiamo parlare delle regioni che la seguono. La prima è
la Iapigia: i Greci la chiamano Messapia, gli indigeni la
distinguono in Salento (la parte intorno al promontorio
Iapigio) e Calabria. A nord di queste si trovano le popolazioni chiamate in greco Peucezi e Dauni, ma gli indigeni
chiamano Apulia tutta le regione dopo la Calabria e Apuli
la popolazione.»
Con queste parole Strabone identifica e descrive il territorio della Puglia, importante regione del Mezzogiorno
italiano. Tra le realtà economiche e sociali più dinamiche
del Sud, questo lungo promontorio italiano, che, costeggiando l’Adriatico, si tuffa dopo ca. 400 Km nel Mar Ionio
tra le splendide spiagge del Salento, ha un potenziale di
crescita che va molto al di là dei risultati che la sua economia ha raggiunto fino ad oggi.
Afflitta meno di altre regioni del Mezzogiorno d’Italia dal
soffocante fenomeno della criminalità organizzata che
spegne spesso sul nascere ogni iniziativa imprenditoriale
di successo, la Puglia si caratterizza essenzialmente per
una forte varietà produttiva che la rende simile alla stessa
Italia dai mille distretti e dai milioni di piccoli imprenditori.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare osservando la cartina geografica che colloca la Puglia al centro
del Mediterraneo Orientale proiettata verso la Grecia ed
il Medio-Oriente, non è il turismo la principale fonte di sostentamento dell’economia regionale, ma la meccanica
che con i suoi 67.100 addetti (fonte Istat) costituisce il
primo bacino occupazionale di questo territorio. Il 75%
del PIL della Provincia di Taranto viene prodotto dall’ILVA,
nota in passato più per gli scandali ambientali che per i
successi industriali, ma pur sempre un’importante realtà
produttiva che ha dato vita ad un vivace indotto industriale nei settori dell’impiantistica civile ed industriale, nella
costruzione di macchinari industriali e di parti di essi.
Interessanti realtà sul territorio regionale si muovono nei
settori degli impianti oil&gas, delle macchine per l’industria alimentare (in particolare olearia), nel settore delle
macchine movimento terra ed in quello dei serramentisti.
Tra i settori industriali tradizionali che ancora caratterizzano il territorio pugliese emergono il tessile abbigliamento ed il calzaturiero che, in forte sofferenza prima per la
competizione dei paesi low cost e poi per la più generale
crisi di domanda internazionale, attraversano una fase di
ristrutturazione.
Ma la Puglia ha saputo negli ultimi anni trovare dei settori
sui quali puntare per tornare a crescere: in modo particolare la ricerca, soprattutto nei comparti biotech e nanotech (la regione conta circa 5.000 ricercatori), l’aerospaziale (particolarmente nella zona di Bari), il settore degli
impianti eolici e solari che trova in Puglia un ambiente
particolarmente favorevole e soprattutto un sistema di
incentivi agli investimenti che le ha permesso di diventare la prima regione italiana nella produzione di energie
rinnovabili.
Non ultimo, il “Sistema Salento”, con l’opera profonda di
riqualificazione dell’offerta turistica, ha fatto da traino alla
crescita della provincia di Lecce che negli ultimi anni è
diventata meta di tendenza ed apprezzata da turisti italiani ed internazionali ed ha creato, incrementando i flussi turistici incoming, anche un volano per la crescita del
comparto agroalimentare nel quale la Regione vanta delle
eccellenze riconosciute in tutto il mondo a partire dall’olio
di oliva.
Esistono insomma tutte le condizioni per avviare delle
importanti collaborazioni con la Svizzera che oltre ad
essere il sesto mercato di sbocco per le esportazioni
italiane nel mondo ed il quinto in Europa, è anche un partner importantissimo per la Regione Puglia. La Svizzera
ospita migliaia di salentini emigrati nel dopoguerra che
qui si sono insediati ed hanno dato un contributo decisivo alla crescita del Paese; l’economia elvetica potrebbe
essere per la Puglia un’interessante fonte di investimenti,
trasferimento tecnologico e joint venture industriali nei
settori innovativi quali (aerospaziale, energie rinnovabili
e biotech), la subfornitura meccanica pugliese potrebbe
trovare nell’avanzato apparato industriale svizzero un
importante acquirente, come negli ultimi anni, proprio
grazie all’intermediazione della CCIS, è già successo in
Lombardia e Veneto. Sembra quasi superfluo sottolineare
infine il potenziale che settori quali l’alimentare ed il turismo possono avere su un mercato cosî ricco e sano che
sempre grande attenzione dimostra per l’offerta italiana
a condizione che sia accompagnata da servizi affidabili
e di qualità.
In una sua recente intervista da Detroit Marchionne, CEO
FIAT, dopo un incontro in Chrysler con il Presidente Obama ha dichiarato: “negli Stati Uniti si fa, da noi si parla” e,
aggiungiamo noi, spesso si parla del passato.
La Puglia ha una rete di 5 Camere di Commercio, un importante Centro Estero per l’internazionalizzazione, un
apparato industriale rispettabile ed un grande potenziale turistico, giace al centro del Mediterraneo e si rivolge
ad Oriente verso una delle aree in più forte espansione
dell’economia internazionale.
Le attività d’internazionalizzazione rivolte al mercato svizzero negli ultimi anni sono state quasi nulle, nonostante
abbia aperto ormai da tempo una rotta aerea Zurigo –
Bari che collega la regione con il mondo e nonostante le
esportazioni pugliesi in Svizzera siano passate dai 191
milioni di Euro del 2007 ai 605 milioni del 2009 ed abbiano fatto della Svizzera il quarto mercato di sbocco in
assoluto per il Made in Puglia.
È tempo di mettersi al lavoro.
la
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A Villa Olmo la quarta sessione
Dialogo economico italo - svizzero
Nella splendida cornice di Villa Olmo a
Como si è tenuta la IV sessione del dialogo Economico italo - svizzero, co-presieduto
per parte italiana dal Direttore Generale per
la Politica Commerciale del MiSE Avv. Teti e
per parte elvetica dall’Ambasciatore Signora
Rühl, Responsabile delle relazioni bilaterali
del SECO. La riunione, alla quale ha partecipato anche il segretario generale della CCIS,
Andrea G. Lotti, ha avuto luogo in prossimità del confine con il Ticino testimonianza
dell’attenzione che si intende dare alle tematiche di cooperazione frontaliera ed ai problemi che ne discendono.
S
u buona parte dei colloqui ha pesato l’ombra
del problema dell’inserimento della Svizzera
nelle black list fiscali stilate dal Ministero delle
Finanze (MEF) e direttamente collegato al negoziato sul Protocollo di modifica della Convenzione
contro le doppie imposizione in materia fiscale del
1976, che da lungo tempo non segna progressi significativi. Da questo stato di cose discendono, anche altri
problemi evocati dalla delegazione di Berna: l’accesso
agli appalti pubblici italiani da parte di ditte svizzere,
che è subordinato ad un’apposita comunicazione al
MEF; la questione della trasmissione di dati sensibili
alle autorità fiscali italiane (e conseguente conferma
di quelle elvetiche) relativi ad ogni transazione commerciale di beni e servizi da e per la Svizzera che aumenta il carico amministrativo delle imprese italiane,
soprattutto PMI, che quotidianamente lavorano con la
Svizzera.
Nell’incontro di Como sono state discusse diverse
questioni di natura doganale che hanno registrato
progressi. Si tratta, in particolare, delle consultazioni tra i due Ministeri della Salute in merito al nulla
osta all’import in Italia di prodotti alimentari vegetali,
nonché di alcune problemi seguiti dalla Agenzia delle
dogane quali il passaggio alle frontiere di personale
italiano alla guida di automobili di proprietà di imprese svizzere e l’inserimento della Svizzera nel progetto
dell’UE relativo all’E-custom. Rilevato inoltre lo stallo
in cui giace il Progetto di Transito doganale di Pontechiasso, per il quale il MEF non ha ancora individuato
le risorse finanziarie. Altra questione discussa, i controlli radiometrici sui rottami ferrosi, effettuati dalla
dogana italiana n ottemperanza del D. Lgs 23/2009.
Un provvedimento criticato - che ha rallentato e reso
più oneroso l’ingresso di tali prodotti provenienti dalla
Confederazione elvetica - di cui è in via di definizio-
ne una revisione per circoscriverne la portata,
garantendo la tutela dei
cittadini e l’ambiente da
eventuali contaminazioni radioattive. Accennati
anche problemi di natura certificativa (Good
Manufactured Practises)
per prodotti farmaceutici
importati in Italia e i disagi incontrati dalla Swiss
Airlines confrontata con
diversi costi di tasse d’imbarco praticati da alcuni scali italiani. Discusse questioni affrontate in precedenti
sessioni del dialogo relative ai lavoratori frontalieri. In
particolare, la possibilità di finalizzare tra la Commissione Nazionale Paritetica per le Casse Edili ed partner sociali svizzeri accordi tesi a risolvere il problema
della doppia contribuzione previdenziale. D’obbligo
il riferimento al “dumping salariale”, spesso oggetto
di speculazioni, in quanto si ritiene che le imprese italiane attive in Svizzera siano più competitive di quelle
locali, perché pagano meno i propri salariati. A tal fine
si è proposto di creare, anche grazie alla collaborazione della Camera di Commercio Italiana in Svizzera,
un meccanismo di comparazione trasparente con il
SECO sulle tabelle retributive dei due Paesi. Un aggiornamento é stato fornito sul progetto d’investimento svizzero “Saline” per la realizzazione in Calabria
di una Centrale termoelettrica da 1.320MW, bloccato
dallo scorso giugno da un parere negativo espresso dal
Ministero dei Beni e delle Attività culturali. La parte
svizzera ha riferito degli sforzi per riattivare, quanto
prima, l’interruzione del gasdotto Transitgas verificatasi la scorsa estate proprio in territorio elvetico. La stessa delegazione ha auspicato un sostegno italiano per
la finalizzazione di un accordo di collaborazione tra
Berna e l’UE che favorisca l’implementazione dei regolamenti REACH (sistema integrato di registrazione,
di valutazione, di autorizzazione e di restrizione delle
sostanze chimiche). In chiusura, sono state presentate proposte di collaborazione industriale, nel campo
delle nano e bio tecnologie, nonché una proposta per
l’utilizzo della grande distribuzione elvetica per favorire l’export delle eccellenze italiane dell’agro–alimentare. Un accenno, infine, all’Expo Universale del 2015
e alle opportunità che potrà offrire anche alle imprese
svizzere. Tematiche che saranno riprese nel corso del
prossimo incontro previsto, nella primavera del 2011
in una località nella Confederazione Elvetica.
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A Passariano di Codroipo
La Conferenza dei protagonisti
italiani nel mondo
Passariano di Codroipo in provincia
di Udine ha aperto le porte di Villa Manin in
occasione della Conferenza dei protagonisti italiani nel mondo. L’evento promosso dalla Farnesina in collaborazione con
Regione Friuli Venezia Giulia e fortemente
voluto dal ministro degli Esteri Franco Frattini, ha visto la partecipazione di 80 uomini e donne di successo nel campo dell’imprenditoria, della ricerca e della scienza
provenienti da 28 Paesi differenti. Selezionati, come ha precisato il Sottosegretario
Alfredo Mantica, attraverso le ambasciate
e la rete diplomatica: “Noi abbiamo indicato alcuni requisiti e ci sono stati segnalati dei nomi che secondo loro potevano
rispondere a questi requisiti. Evidentemente persone note all’Ambasciata senza
nessun rapporto di parte politico, partitico,
patronale e sindacale rappresentativo-istituzionale degli emigrati nel mondo”
I
l Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica,
ha sottolineato come la due-giorni sia stata
pensata come un’occasione per comprendere quale immagine del “Sistema Italia” sia
percepita all’estero, per raccogliere proposte di
miglioramento, per individuare in quale modo le
eccellenze possano contribuire a tale processo e
ad unificare un’Italia che, ne è convinto Mantica,
“conosce poco i connazionali nel mondo, perché
ancora vittima di una cultura che vede gli italiani
all’estero come quelli partiti con la valigia di cartone”. Il nuovo progetto che punta a far comunicare
il Paese con gli oltre quattro milioni di connazionali residenti all’estero e i circa sessanta milioni
che hanno origini italiane parte dal web mediante la creazione di una rete telematica (data base),
che sul modello di quanto già sperimentato dalla
Conferenza degli Imprenditori Italiani nel Mondo
(CIIM), permetterà di mettere in rete e di far conoscere gli italiani vincenti che si sono affermati
all’estero.
“L’idea”, secondo Mantica, “è che ciascuno dei
ventotto Paesi presenti a Villa Manin costruisca
una propria rete e se la gestisca autonomamente.
Come Ministero degli Esteri - ha aggiunto - faremo
un tavolo tecnico che all’inizio sarà solo di stimolo
per l’iniziativa”.
Il Ministero degli Esteri si propone come una sorta di “cabina regia” attraverso la nuova Direzione
Generale per il Sistema del Paese, che la Farnesina
battezzerà tra dicembre e gennaio ed avrà la funzione di collegare tra loro i diversi attori responsabili della proiezione dell’Italia all’estero in tutte le
sue sfaccettature, con particolare riguardo ai settori che fino ad ora sono sfuggiti ad un Paese che
ignora modelli di successo nell’alta infrastruttura,
nella meccanica, nella medicina e nella bioetica.
Tre gruppi tematici
Tre i gruppi tematici istituiti durante la Conferenza. Il primo incentrato sul tema “proposte per migliorare e rendere più competitivo ed attrattivo il
Sistema Italia”. Il secondo riguardante “l’identità
culturale alla base dell’eccellenza italiana”. Il terzo si è occupato delle “proposte per il sostegno
dell’immagine e della cultura italiana all’estero”,
gruppo che, durante il dibattito, è stato accorpato
al secondo.
Ad illustrare le presentazioni dei gruppi hanno
provveduto i rispettivi moderatori: Pia Luisa Bianco, consigliere del Ministro Frattini, Piero Peluffo,
coordinatore del Comitato per i 150 anni dell’Unità d’Italia alla Presidenza del Consiglio, il ministro
Carla Zuppetti, capo della Direzione Generale per
gli Italiani all’Estero e Politiche Migratorie ed Inigo
Lambertini, che, assieme a Federico Failla, guiderà
la nuova Direzione Generale per il sistema paese.
Lambertini ha precisato che la nuova DG renderà più efficiente il Paese in materia di commercio,
economia, tecnologia e cultura.
Piero Peluffo ha spiegato che provvederà ad avviare un’opera di manutenzione delle strutture della memoria presenti in Italia dedicate alla
nascita della nostra Nazione. 1500 monumenti e
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Ricercatori. Imprenditori, professionisti, docenti universitari, ristoratori: tanti nostri connazionali hanno avuto successo all’estero. Una piccola parte di questa eccellenza “esportata” si è riunita a Villa Manin di Passariano di Codroipo, in provincia di
Udine: 80 i delegati (8 le donne) provenienti da 28 Paesi che hanno dato vita alla Conferenza dei protagonisti italiani nel
mondo organizzata dalla Farnesina in collaborazione con Regione Friuli Venezia Giulia.
280 musei del Risorgimento. Ciò con l’intento di
richiamare alla memoria degli italiani, ovunque
residenti, la cultura identitaria. A metà del 2011
- ha annunciato Carla Zuppetti - verrà lanciato il
servizio integrato delle funzioni consolari (Sifc),
che consentirà l’erogazione di servizi consolari
on-line. Una piattaforma che “permetterà, gradualmente, l’avvio dell’erogazione di servizi come
la carta d’identità elettronica, l’iscrizione on-line
all’anagrafe degli italiani all’estero,ma anche –ha
concluso - la possibilità di fissare appuntamenti
con personale del Consolato”.
Zuppetti, inoltre, agganciandosi al tema “identità” lanciato da Peluffo, ha ricordato che “questo
processo di raccolta per ricostruire la memoria, la
conoscenza e quindi la coscienza degli italiani è
sfociato nel Museo dell’Emigrazione Italiana che
abbiamo inaugurato al Vittoriano l’anno scorso. È
un punto di raccolta molto snello,molto semplice, con metodologie di acquisizioni di dati sugli
italiani nel mondo che rappresentano un aspetto
imprescindibile dell’identità nazionale”.
Dal canto suo, il direttore generale di New Co Rai
International, Mario Benotti, ha annunciato l’intento di migliorare le trasmissioni televisive del
canale internazionale Rai in quanto non rispecchiano appieno la moderna immagine del Paese e
di promuovere l’informazione di ritorno.
Riuscire a fare sistema
Nella seconda giornata di Conferenza, la parola è
passata ai protagonisti dell’eccellenza “esportata”,
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che hanno fatto sentire la loro voce fornendo proposte e spunti di riflessione importanti per migliorare il Sistema Italia.
I temi al centro del dibattito sono stati la frammentazione della rappresentanza dell’Italia, la lentezza nella registrazione di brevetti, l’importanza della diffusione della lingua italiana e degli italofoni.
Vi è inoltre stato un grido d’allarme sulla sparizione del sistema bancario italiano all’estero. In
apertura dei lavori Renzo Tondo, Presidente della regione Friuli, ha accolto i delegati definendo
gli italiani all’estero “ambasciatori di legami e
creatività”, manifestando gratitudine verso coloro
che “hanno tramandato e tramandano il meglio
dell’italianità nei diversi settori”.
“Nel passato -ha sostenuto - la mobilità era un’esigenza, oggi è un valore. Il nostro compito è appunto quello di cogliere il valore e le opportunità
della mobilità in un mondo senza confini, mantenendo pur sempre il legame con la nostra terra
d’origine”.
In chiusura il sottosegretario Mantica ha espresso
soddisfazione per “L’alto livello di partecipazione
che ha fornito un’immagine fortemente positiva
dei nostri imprenditori e ricercatori all’estero”,
sottolineando al contempo l’esigenza di promuovere nel mondo “un’immagine più vera e più
vicina alla realtà del nostro paese, che mostri la
cultura del lavoro italiano e della nostra imprenditoria. Una richiesta di aggiustamento forte, quindi,
di quelle che sono le attività dei nostri Istituti di
cultura”.
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40 anni Ecap
Formazione per l’inclusione
di Guglielmo Bozzolini
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Sono 7 le parole-chiave del convegno
“Formazione per l’inclusione”, organizzato
dalla Fondazione Ecap nell’Auditorium del
KKL di Lucerna lo scorso 11 novembre,
nell’ambito delle iniziative per celebrare
l’anniversario dei 40 anni. Parole attorno
alle quali Guglielmo Bozzolini, direttore
dell’ente, ha articolato il suo intervento.
Che qui riproponiamo, in una versione da
noi solo leggermente rimaneggiata, perché
è un’appassionata e stimolante riflessione sui presupposti, le responsabilità e gli
obiettivi che sottendono ai processi formativi: segnatamente per coloro che, fruendone, possono evitare l’esclusione sociale. Inclusione, integrazione, marginalità,
precarietà, sindacato, stato, società civile.
Sono queste le parole, che, secondo Bozzolini, le pietre miliari che, soprattutto in
proiezione futura, cadenzano “l’azione quotidiana di un’organizzazione, l’ECAP, che di
solito guarda sempre in avanti e se in questi mesi guarda indietro alla propria storia
lo fa per capire come radicarsi meglio nel
futuro cosciente, come direbbe Francesco
de Gregori, che questa storia siamo noi,
nessuno si senta escluso”.
R
agionare di formazione, e di formazione
degli adulti in particolare, partendo da
alcune parole chiave è un metodo non
nuovo. È, ad esempio, il metodo dei Sette
saperi di Edgar Morin.
“Perché non avete dedicato questo convegno,
l’iniziativa più importante tra quelle previste per
il 40° anniversario dell’ECAP, al tema dell’integrazione, magari chiamandolo “Formazione per l’in-
Guglielmo Bozzolini direttore della Fondazione Ecap
(foto Luca Zanier).
tegrazione”? Da come è stata ripetuta la domanda,
deduco che molti se lo aspettassero da un ente che
ha fatto della formazione dei e delle migranti il
cuore della sua attività e l’elemento fondante della
sua immagine.
I motivi della nostra scelta sono molteplici. Ne accenno due.
Il primo è che il tema dell’integrazione, così come
viene comunemente inteso, ovvero l’integrazione
linguistica e culturale dei migranti, non è esaustivo delle tematiche di cui ci occupiamo e di cui
si dovrebbe occupare chi agisce nell’ambito della
formazione degli adulti. Una dimostrazione plastica della parzialità del tema “integrazione” è data,
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
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ed è solo un esempio, dalle statistiche sui Woorking Poor, che indicano la nazionalità come uno
dei fattori discriminanti nell’accesso al reddito,
ma, ovviamente, neanche il più importante.
Il tema dell’integrazione dei e delle migranti non
elimina quindi, ad esempio, quello della discriminante di genere (Gender), o quello legato alla formazione e alle qualifiche delle persone. L’equazione “immigrato = non qualificato”, che nel senso comune è diffusissima, non solo in Svizzera, è,
infatti, un errore evidente. Le condizioni di vita
e i problemi che deve affrontare, compresi quelli
professionali, una donna semianalfabeta immigrata nella Svizzera Tedesca, sono ad esempio solo
in parte riconducibili al tema dell’integrazione e
all’apprendimento della lingua locale.
Quindi il primo motivo della nostra scelta, il più
importante, è l’impossibilità di ridurre il tema della formazione degli adulti e anche degli adulti migranti, a quello della loro integrazione linguistica
e culturale, tralasciando ad esempio la dimensione professionale.
Un termine ambiguo
Il secondo è il carattere ambiguo che la parola
“integrazione” ha assunto nel tempo, in particolare nel dibattito politico. Tutti abbiamo notato che
spesso si discute di integrazione anche a sproposito; senza dire mai cosa si intenda, senza fornire
mai una definizione del termine. In questo modo
può succedere che a) si parli di integrazione senza
sapere di cosa si parla o parlando di qualcos’altro; b) che due o più persone discutano di questo
tema, anche in televisione o nella sala del Consiglio Nazionale, attribuendogli significati molto
diversi tra loro e talvolta anche opposti. Succede
quindi che il termine “integrazione” rischi di diventare una parola malata!
In settembre è stato presentato un modello di misurazione del livello di integrazione dei migranti.
QUARANT’ANNI
I primi corsi dell’allora Sede svizzera dell’EcapCGIL sono stati avviati a Zurigo nel 1970, attraverso
la collaborazione tra il più grande sindacato italiano, la CGIL, e la Federazione delle Colonie libere
Italiane in Svizzera, per dare struttura, organizzazione e stabilità alle esperienze formative che le CLI
avevano avviato nel decennio precedente.
Nel 1984 l’Ecap si trasforma in una Fondazione e
stipula una convenzione con L’Unione Sindacale
Svizzera a cui seguiranno negli anni Novanta quelle con la Comisiones Obreras, la CGTP e, nel 2006,
con Unia.
In questi quarant’anni l’Ecap è molto cresciuta, è
cambiata, in buona parte si è trasformata.
Sono cambiati i settori di attività e i corsi, sono cambiati i partecipanti, sono molto cambiati i collaboratori.
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Come qualsiasi studente di fisica sa, non è possibile misurare una grandezza senza definirla in modo
condiviso e senza partire dall’assunto che ogni misurazione dipende dall’osservatore ed è relativa ad
un sistema di riferimento, che deve essere esplicitato prima. La scelta di non definire esattamente
cosa si intenda per integrazione non è dovuta ad
inettitudine, ma, da un lato alla volontà di poter
riempire il termine ogni volta di significati diversi
a seconda del clima politico, e, dall’altro, di poter
dire integrazione ma pensare e praticare altro.
L’Ecap una definizione di integrazione l’ha data;
non sarebbe stato possibile altrimenti lavorare coerentemente per anni, e l’ha anche messa nero su
bianco nel 2006: “….l’integrazione nella società
locale, è intesa come acquisizione degli strumenti
atti a permettere libere scelte di vita, anche per
l’attività professionale e per la ricerca del lavoro”1.
È una definizione dell’integrazione intesa come
processo che ha un forte legame con il sapere ma
anche una forte dimensione libertaria (“libere scelte di vita”) e un forte legame con il concetto di
diritto, perché la possibilità di operare libere scelte
di vita ce l’hai solo se ti vengono riconosciuti determinati diritti.
Per i due motivi qui schematicamente riassunto e
per alcuni altri ancora, il convegno non è stato intitolato: Formazione per l’integrazione, perché abbiamo inteso mettere in evidenza il rapporto tra la
formazione e i processi di inclusione e esclusione
sociale e ad alcune delle forme con cui questi si
presentano: la marginalità e la precarietà.
Il coinvolgimento del sindacato
Il coinvolgimento del sindacato è una scelta che
parte da due assunti.
Il primo è l’importanza della “prossimità” e della
1 „Integrazione sociale, democrazia, sapere: quale cultura, quale formazione“, A.A.V.V., Marzo 2006.
L’Ecap è diventato uno dei più grandi enti di formazione degli adulti in Svizzera e forma ogni anno
decine di migliaia di persone provenienti da più di
100 Paesi diversi.
Il cuore delle attività non è più solo l’apprendimento della lingua locale, del sostegno all’inserimento
nel mercato del lavoro e dell’integrazione sociale. È
rimasto però costante lo sforzo di coniugare l’innovazione e la solidarietà.
Innovazione come capacità di leggere i cambiamenti dei bisogni formativi, della società e del mondo del lavoro e di sviluppare costantemente nuovi
metodi, nuovi progetti, nuovi obiettivi.
Solidarietà come incontro e scambio tra persone di
paesi, ceti, formazione e culture differenti, partendo dalal convinzione che gli immigrati, le donne, i
lavoratori non qualificati non possano essere solo
l’oggetto della formazione, il pubblico, ma ne debbano essere i protagonisti, gli attori.
“partecipazione” nella formazione degli adulti e
degli adulti non qualificati in particolare. Una formazione che punti ad includere e non a escludere
o selezionare deve assolutamente cercare la “prossimità” con le persone a cui si rivolge e garantire
la loro partecipazione nelle scelte. E chi se non il
sindacato è l’elemento più efficace di prossimità
con i lavoratori e le lavoratrici, in particolare con i
e le migranti? Sindacato che è anche, insieme alle
associazioni, uno dei pochi strumenti di partecipazione di cui dispongono.
Il secondo è l’importanza che nella nostra discussione assume il concetto di diritti, il diritto al sapere in particolare. E i diritti sono un elemento centrale dell’azione del sindacato. Lo slogan di uno
degli ultimi congressi della CGIL era ad esempio
“futuro ai diritti”. Nel caso dei e delle migranti il
sindacato è, di forma e di fatto, l’unico strumento
di difesa dei loro diritti.
Ma c’è anche un’altra valutazione. Discutere di
formazione per l’inclusione nella moderna società
della conoscenza, significa discutere di organizzazione del lavoro e del mercato del lavoro, di salari
e di riconoscimento salariale della formazione, di
connessione tra gerarchie e sapere. È chiaro quindi che il sindacato come soggetto di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici deve essere
uno dei protagonisti della discussione sulla formazione degli adulti. Secondo me “il” protagonista. È
un ruolo che spesso non gli viene riconosciuto, essendo ancora molto forte in questo paese l’antica
idea “medievale” (e dico medievale senza alcun
dispregio, ma come constatazione delle radici storiche, come dimostra Sennet nel suo bellissimo libro sul lavoro artigiano) che di formazione si debbano occupare le imprese e le organizzazioni dei
datori di lavoro, ma è un ruolo di cui spessissimo
il sindacato stesso non è cosciente e a cui deve essere richiamato. E questo è tanto più problematico
nel momento che le imprese hanno abbandonato
quella funzione di responsabilità verso l’interesse
collettivo che pure avevano pensato di svolgere,
a modo loro, per tutto il periodo del lungo boom
del dopoguerra.
L’intervento pubblico
Altra parola-chiave è Stato; ovvero l’azione normativa, regolativa e redistributiva dello stato,
quindi le politiche pubbliche.
Jean Ziegler, intervenendo al Congresso dell’Unione Sindacale Svizzera, tra le altre cose ha detto
che uno degli obiettivi delle forze che difendono
gli interessi dei più deboli c’è quello di tutelare
il ruolo normativo e regolativo e l’azione redistributiva dello stato, perché sono i più deboli che
hanno bisogno dello stato. Un’impostazione che
condivido. Anche se l’Ecap sulle varie problematiche ha una pluralità di opinioni talvolta molto
articolate.
Va precisato che l’Ecap che non si riconosce nella
dicotomia pubblico-privato, genralmente coniu-
Ma chi l’ha detto che ad un convegno dal titolo così impegnativo ci si debba annoiare? (foto Luca Zanier).
gata come alternativa tra pubblico e mercato e
nella quale l’ente finisce per essere pressato nel
calderone dei privati e assimilato a istituzioni unicamente a scopo di lucro o a no-profit mascherati, con le quali non abbiamo molto in comune.
Tra pubblico e mercato c’è, infatti, il no-profit o,
per citare ancora Jean Ziegler, la “società civile”.
L’Ecap è un’organizzazione della società civile e
come tale ha l’ambizione di costruire “prossimità” rispetto ai nostri gruppi sociali di riferimento,
di garantirne anche la rappresentanza dei bisogni,
negli ambiti di sua competenza ovviamente, nonché, per il fatto stesso di esistere, di offrire un’occasione di partecipazione.
Premesso questo, penso che nel settore della formazione degli adulti in Svizzera, a fronte di un
mercato molto sviluppato, l’intervento pubblico non possa essere solo normativo e regolativo
(come proposto da molti esponenti di istituti privati) ma soprattutto redistributivo. Intervento redistributivo che in questo caso si dovrebbe manifestare
soprattutto in una funzione compensativa rispetto
alle dinamiche del mercato stesso ovvero nello
sviluppo di politiche inclusive per i pubblici a rischio di marginalità. Dico questo richiamandomi
alla pragmatica idea di giustizia espressa dal premio Nobel Amartya Senn nel suo libro “The idea
of justice2”
Questo è un approccio che porta a conseguenze
opposte a tutte le politiche tese a esaltare le dinamiche di mercato nel settore della formazione,
ivi comprese quelle di sostegno alla domanda, e
opposto anche al principio liberale della responsabilità individuale.
Lo strumento che meglio garantisce le varie funzioni dell’intervento pubblico, garantendo allo
2 Amartya Sen: „The Idea of Justice“ Belknap
Press of Harvard University Press, Cambridge.
la
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si propone da troppe parti sul finanziamento della
domanda, ovvero sull’introduzione degli assegni
di formazione ci porta su una strada opposta, su
quella dello spostamento ulteriore di risorse verso
gli operatori a scopo di lucro e verso i pubblici più
privilegiati.
Una fase della tavola rotonda che ha chiuso i lavori del convegno con (da sinistra): Furio Bednarz, presidente Fondazione Ecap, Roger Nordmann, Lire et Ecrire, Peter Sigeristi, USS,
André Scläfli, SVEB, Sabine Schoch, Dienststelle Soziales
und Gesellschaft Cantone di Lucerna, Giacomo Viviani, Comitato Scientifico Ecap (foto Luca Zanier).
stato il massimo di capacità di governo e alla
società civile la possibilità di articolare al massimo le proprie potenzialità, è il finanziamento di
progetti e programmi, ciò che tecnicamente si
definisce il sovvenzionamento dell’offerta. Se di
interventi straordinari c’è bisogno, e ce n’è davvero bisogno, si dovrebbe recuperare l’esperienza
dell’Offensiva per il Perfezionamento Professionale degli anni Novanta, la Weiterbildungsoffensive,
ovvero il programma dell’allora UFIAMT con cui
l’Ecap avviò il progetto Frontalieri, l’azione formativa per i lavoratori della NEAT, i corsi di tedesco
per muratori e quelli per donne nella città di Zurigo, nonché la lunga serie dei progetti per il sostegno delle pari opportunità e anche la stessa ECAP
Zentralschweiz ha lì le sue origini. È quello lo strumento da valorizzare e da proporre con coerenza
alle varie autorità cantonali, insistere come invece
SUPERATE LE 100‘000 LEZIONI
Lo scorso anno (2009) l’Ecap ha organizzato, presso le sue 8 sedi regionali, 3283 corsi coinvolgendo
34’369 partecipanti per un totale di 113’948 lezioni.
I corsi hanno toccato 7 diversi settori: persone in
cerca di lavoro (2’424 corsi - 24’788 partecipanti 58’780 lezioni)); formazione professionale (72 - 748
- 5’848); lingua e integrazione (669 - 7’559 - 42’583);
supporto per lavoratori dipendenti (9 - 53 - 702); formazione di base (58 - 645 - 2’804): informatica (44
- 452 - 2068) progetti speciali (7 - 124 - 164).
Come si può notare il volume dei corsi destinati
alle persone in cerca di lavoro è superiore alla metà
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Animare la domanda formativa
La mia obiezione non è solo ideologica, legata cioè al fatto che il sostegno alla domanda, in
questo caso gli assegni di formazione, sia lo strumento standard di smantellamento dell’intervento
pubblico, ma anche pratica. Sarebbe ora che anche nel dibattito in questo campo si introducesse
il metodo scientifico ovvero si pretendesse che le
teorie, anche le più affascinanti, venissero verificate empiricamente. Chiunque abbia provato almeno una volta ad organizzare un corso per adulti
non qualificati sa che il prezzo, ovvero i costi che
loro debbono sostenere è un grande ostacolo, anche perché bassa qualifica equivale quasi sempre
a bassissimo salario. Ma non è l’unico ostacolo,
altrimenti non ci spiegheremmo come a fronte di
centinaia di migliaia di persone che in Svizzera,
secondo lo studio ALL, hanno problemi a leggere
e scrivere, spesso le corrispondenti azioni formative vanno deserte. Ci sono anche ostacoli di altra
natura e c’è bisogno, ad esempio, di una grande
azione di “animazione della domanda formativa”,
che non è la pubblicità in senso stretto, ma promozione “mund zu mund”, orientamento, informazione, reclutamento capillare, come fa il sindacato sui cantieri o nelle ditte di pulizia. È un
metodo che richiede che nella formazione dei non
qualificati si investano risorse diverse da quelle
che si destinano a chi alla formazione può accedere da solo.
È del resto strano che di tutti gli studi sulla possibile introduzione del finanziamento della domanda non si citi mai quello dell’Università di Berna,
nel quale si dimostra che finanziare la domanda
modifica l’offerta e la spinge a concentrarsi sui
segmenti a minori costi e maggiore redditività. È
il contrario di ciò che hanno bisogno le persone i
cui bisogni l’ECAP ambisce a rappresentare.
(52,5%) delle iniziative realizzata dall’Ecap. Un’altra quota importante (37,4%) è occupata dai corsi di
lingua e integrazione. I rimanenti 5 settori rappresentano poco più del 10% delle attività.
I centri regionali dell’Ecap sono: Argovia (Aaau e Baden), Basilea, Formazione (Berna e Bienne), Soletta,
Svizzera centrale (Lucerna), Ticino (Lamone), Vaud*
(Losanna), Winterthur, Zurigo.
A Zurigo, oltre alla sede regionale (sita alla Neugasse) nel circondario di Oerlikon si trovano anche gli
uffici amministrativi nazionali.
Informazioni e contatti: www.ecap.ch
*attivata nel 2010
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/DSDVWD%DULOOD,QWHJUDOHqIRQWHGLILEUHQDWXUDOLFRVuSXRL
YLYHUHRJQLJLRUQRLOWXRHTXLOLEULRFRQLOPDVVLPRGHOJXVWR
L’impiego di treni a due piani aumenterebbe la capacità per il
traffico passeggeri senza danneggiare il traffico merci.
Alptransit 2017 - Come trasferire
ancora più merce su rotaia?
Nel corso di un conferenza stampa
Zurigo, lo scorso 8 novembre, le imprese e le associazioni del trasporto merci
hanno chiesto misure immediate affinché la
galleria di base del Gottardo, alla sua apertura nel 2017, possa sortire gli effetti attesi
per il trasferimento delle merci. Sono necessari adeguamenti infrastrutturali come il corridoio da 4 metri, terminali nel sud e l’adeguamento delle tratte d’accesso. Inoltre è
inaccettabile la posizione di svantaggio del
traffico merci rispetto al traffico passeggeri,
dal momento che riduce sensibilmente la
competitività del trasporto merci ferroviario
rispetto a quello stradale.
Obiettivo di trasferimento
Se due anni dopo l’apertura della galleria di base
del Gottardo si intende raggiungere anche solo
parzialmente l’obiettivo di trasferimento, alcune
condizioni sulle rotaie svizzere dovranno cambiare. Infatti, entro il 2019, altre 1.200.000 spedizioni stradali dovrebbero essere trasferite su rotaia
nel transito alpino, in aggiunta alle attuali 900.000
spedizioni e in considerazione della crescita del
mercato. Ma ciò non può essere realizzato senza
un rapido sviluppo dell’infrastruttura e un incremento dell’attrattiva della ferrovia per il trasporto
di merci.
Corridoio da 4 metri
In occasione della presentazione del documento
di posizione “Alptransit 2017 – Infrastrutture per il
trasferimento del traffico” a Zurigo, imprese e associazioni del trasporto merci hanno fatto notare
con forza le disfunzioni attuali e hanno richiesto
azioni mirate da parte della politica dei trasporti. Certo, le nuove gallerie di base del Gottardo
e del Ceneri rispettano i più moderni standard,
ma i tratti restanti del corridoio nord-sud, decisivo
per il traffico di transito, risalgono al XIX secolo e rispondono solo in parte ai requisiti attuali.
“L’intero asse del Gottardo deve essere adeguato secondo un piano di corridoio sia in Svizzera
che negli stati confinanti”, ha richiesto Bernhard
Kunz, direttore dell’operatore del trasporto combinato Hupac. E’ stato un grande risultato, quello
della politica svizzera dei trasporti, di realizzare,
dal 2000 al 2008, una crescita del 70% del trasporto combinato su un’infrastruttura centenaria.
Ma ormai il profilo limitato della tratta rappresenta un punto insormontabile per l’ulteriore sviluppo del traffico. “Il profilo di 3,80 metri della tratta
del Gottardo è inferiore allo standard europeo ed
esclude dal trasferimento il segmento dei moderni
semirimorchi da 4 metri”.
Boom di mercato per i semirimorchi
Negli ultimi vent’anni la percentuale di semirimorchi nel trasporto transalpino stradale attraverso la
la
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se del Gottardo per il trasporto dei 4 metri è un
importante passo intermedio e deve essere attuato
già per l’apertura della galleria di base del Gottardo nel 2017”, chiedono i trasportatori.
Nel corso di una conferenza stampa le imprese e le associazioni del trasporto merci hanno chiesto misure immediate
affinché la galleria di base del Gottardo, alla sua apertura
nel 2017, possa sortire gli effetti attesi per il trasferimento
delle merci.
Svizzera è raddoppiata e attualmente ammonta almeno al 60% di tutti i veicoli. I semirimorchi sono
flessibili nell’utilizzo e con i loro 4 metri di altezza
laterale sono particolarmente adatti per il trasporto
di merci voluminose. “Se vogliamo trasferire ulteriori volumi, dobbiamo concentrarci su questo
segmento di mercato in quanto gli altri segmenti,
come i container e le cisterne, sono già trasferiti su
ferrovia nella quasi totalità”, ha dichiarato Kunz. È
un potenziale di mercato con buone prospettive
di sviluppo, visto che grandi imprese di trasporto
e logistica abbandonano sempre più altri tipi di
contenitori di carico come le casse mobili, e convertono le loro flotte in semirimorchi da 4 metri.
L’esempio del Brennero
Interessante è lo sviluppo dell’asse del Brennero
che nel 2000 è stato convertito al profilo da 4 metri. Da allora il trasporto combinato non accompagnato (TCNA) è quadruplicato, mentre il trasporto
di semirimorchi è aumentato di sei volte. Attualmente, il 28% delle spedizioni TCNA via Brennero è rappresentato da semirimorchi, un dato in
continuo aumento. Secondo uno studio dell’Ufficio federale dei trasporti, con l’introduzione di
un corridoio da 4 metri in Svizzera la percentuale di semirimorchi passerebbe dall’attuale 13% a
25-35% entro il 2030.
Profilo alto per le merci…
Per trasportare i moderni autoarticolati su rotaia è
necessario abbassare i binari delle tratte interessate e realizzare alcuni adeguamenti. L’investimento
dovrebbe ammontare a pochi milioni di franchi.
Al momento il progetto e il finanziamento sono
in fase di verifica da parte dell’Ufficio federale dei
trasporti. Non ci sono alternative dato che il corridoio da 4 metri attraverso il Lötschberg è saturo
per oltre il 90% mentre i carri merci sono già stati abbassati al massimo. “L’ampliamento dell’as-
28
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… e i passeggeri
L’adeguamento del profilo è il presupposto anche
per l’impiego di treni passeggeri a due piani sull’asse del Gottardo. Una richiesta importante per il
settore del trasporto merci il quale, nella lotta per
l’assegnazione delle tracce, si trova in posizione
di svantaggio. “La galleria di base del Lötschberg
è stato un tale successo a livello di politica ferroviaria che il trasporto passeggeri si è assicurato un
numero molto maggiore di tracce rispetto a quante ne erano previsti originariamente”, ha dichiarato Hans Kaspar Schiesser dell’Unione dei trasporti
pubblici. Oggi i treni Rola e per semirimorchi ad
alto profilo sono già al limite; molti treni merci
viaggiano sulle antiche tratte montane, sopportando notevoli costi aggiuntivi. “Dobbiamo partire
dal presupposto che anche sull’asse del Gottardo
si verificherà un vero e proprio boom del trasporto passeggeri”, ha affermato Schiesser. L’impiego
di treni a due piani aumenterebbe la capacità per
il traffico passeggeri senza danneggiare il traffico
merci.
Garantire le tracce merci
È necessario inoltre istituire una “riserva di tracce
merci” che possa garantire a lungo termine e in
modo affidabile le capacità per il trasporto merci
per il quale, dopotutto, Alptransit è stato concepito. Per l’UTP è ovvio che, nonostante le differenze
tecniche, gli ampliamenti del profilo per treni a
due piani e treni merci da 4 metri debbano essere
realizzati allo stesso tempo: due piccioni con una
fava – al più presto!”
Linee di accesso a sud
Misure immediate sono necessarie anche per gli
allacciamenti a sud della galleria di base del Gottardo. Le nuove linee ferroviarie previste in accordo tra Svizzera e Italia rappresentano un progetto
molto ambizioso che richiede investimenti importanti a causa del territorio montuoso. Le opere
potranno essere realizzate, stante la situazione attuale, non prima del 2040-2050. Per poter mettere
a disposizione adeguate linee d’accesso in tempi
più brevi, le tratte ferroviarie odierne via Luino e
Chiasso devono essere potenziate con alcuni interventi di minore entità, ad esempio con la realizzazione della Piattaforma Luino I e II che consentirebbe il transito di una maggiore quantità di treni
di lunghezza maggiore. Mentre infatti lo standard
ferroviario europeo prevede una lunghezza dei
treni di 750 metri, i convogli che viaggiano sull’asse nord-sud attraverso la Svizzera attualmente raggiungono al massimo una lunghezza di 600 metri
a causa di restrizioni nel sud. “In tutta Europa si
discute dei megatrailer che incrementano la pro-
duttività del trasporto stradale del 50% in un sol
colpo”, ha sottolineato Kunz, direttore di Hupac.
“Da anni lottiamo perché i treni del transito alpino possano essere più lunghi di uno o due vagoni
guadagnando quindi un paio di punti percentuali
in termini di produttività. È necessario concludere
finalmente la fase I del progetto Piattaforma Luino
e avviare immediatamente la fase II”.
Terminali
Un altro punto debole è rappresentato dai terminali di trasbordo. Un deficit acuto si delinea a est
di Milano. Entro l’apertura della galleria di base
l’Italia aumenterà la capacità dell’asse via Chiasso, decisivo per il trasporto passeggeri, e costruirà
una nuova tratta tra Seregno e Bergamo. Tuttavia
non sono ancora previsti i terminali di trasbordo
necessari per il traffico merci; i piani di investimento di Hupac sono stati respinti. “Senza terminali non è possibile alcun trasporto combinato!”,
hanno avvertito i trasportatori.
La sicurezza dell’investimento
come fattore di successo
Il fatto che numerose imprese nonostante le difficoltà esistenti si impegnino per i’intermodalità
dimostra l’efficacia di questo sistema di trasporto
che combina in modo opportuno i punti di forza
di diverse modalità di trasporto. Code, mancanza
di autisti e crescenti costi energetici stanno infatti
mettendo sempre più in difficoltà il trasporto di
merci su strada. Inoltre, la sostenibilità e un comportamento ecologicamente corretto sono fattori
importanti per numerose industrie e imprese logistiche. Secondo il prof. Wolfgang Stölzle, titolare della cattedra per il management di logistica
dell’università di San Gallo “il successo del trasferimento del trasporto di merci dalla strada alla
rotaia presuppone l’inclusione attiva dell’economia del trasporto e di tutte le imprese logistiche
e di trasporto interessate”. Tali imprese investono
elevate somme nel trasporto merci ferroviario, ad
esempio in locomotive, vagoni, terminali di trasbordo e in particolari veicoli adatti per il trasporto
combinato. “La politica dei trasporti deve creare
condizioni quadro affidabili e stabili per consentire alle imprese di prendere decisioni di investimento per tempo e con la necessaria sicurezza”
ha detto ancora Stölzle.
Nessuna sorpresa
Per economiesuisse, Alptransit è un esempio di trasparenza insufficiente nel finanziamento del traffico, non essendo tuttora definiti i costi annuali di
manutenzione e gestione. Per impiegare in modo
economico gli scarsi mezzi pubblici, il grado di
autofinanziamento dell’intero trasporto pubblico
deve essere sensibilmente incrementato in futuro.
“Oggi il trasporto pubblico non copre nemmeno
la metà dei suoi costi”, ha calcolato Dominique
Reber, membro della direzione dell’Unione degli
Sull’asse del Gottardo sono necessari adeguamenti infrastrutturali come il corridoio da 4 metri, terminali nel sud e l’adeguamento delle tratte d’accesso.
imprenditori economiesuisse. L’altra metà viene
finanziata da fondi pubblici e dal trasporto stradale. Una simile situazione crea stimoli errati verso
un eccessivo sfruttamento. “Dobbiamo trovare il
modo per una più equa attribuzione dei costi nel
finanziamento del trasporto”. Per economiesuisse
una spina nel fianco è rappresentata anche dai numerosi finanziamenti complementari, anche cospicui, che evidentemente sono necessari al raggiungimento degli obiettivi per l’infrastruttura del
secolo della galleria di base del Gottardo. “I costi
infrastrutturali devono essere trasparenti. Le sorprese non sono accettabili”, ha affermato Reber.
Equiparazione del trasporto di merci
La migliore infrastruttura serve a poco se il trasporto merci viene discriminato rispetto al trasporto
passeggeri. Pertanto, sono di estrema importanza
le condizioni di utilizzo dell’infrastruttura. Se si
desidera far crescere il trasporto di merci su rotaia,
bisogna concedere ad esso capacità sufficienti ed
un adeguata posizione nella rete. Oggi il trasporto
merci ha priorità secondaria nell’accesso alla rete
e nell’esercizio, motivo per cui i treni merci viaggiano in orari sfavorevoli e subiscono forti ritardi
in caso di irregolarità.
Questo comporta una scarsa qualità del servizio
e costi d’esercizio supplementari dato che le locomotive e i carri merci devono essere impiegati
in modo non efficiente. Allo stesso tempo, però,
l’attuale sistema dei prezzi delle tracce, fortemente basato sul peso, prevede prezzi elevati per l’utilizzo dell’infrastruttura da parte dei treni merci.
Frank- Furrer, amministratore di VAP Associazione
dei caricatori: “La chiave per il trasferimento del
traffico risiede anche nella questione di grande
rilevanza politica che riguarda come la Confederazione e i Cantoni intenderanno regolare il rapporto concorrenziale tra il trasporto passeggeri e il
trasporto merci”.
la
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SSSSSSssst!
Il riposo fa bene al sapore.
Stagionato da 9 a 15 mesi
Stagionato oltre 16 mesi
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intenditori.
Grana Padano, tre stagionature, tre sapori.
BENCHMARK
di Nico Tanzi
Berlusconi, Obama,
Word of Warcraft
e i barbari in arrivo
“La forma e i contenuti delle nostre storie personali sono
fortemente condizionati dai media che consumiamo in
quantità industriali, dal cinema alla tv, dai fumetti ai videogame. (...) Le implicazioni sono tutt’altro che banali,
dato che i media si evolvono costantemente. L’avvento
di Internet, della telefonia mobile e del digitale ha determinato trasformazioni profonde. Ergo, le narrazioni che
usiamo per interpretare e modellare la nostra realtà sono
cambiate radicalmente”. La citazione è di Matteo Bittanti:
vi dirò più avanti chi è. Per il momento prendiamo atto di
una tendenza ampiamente confermata da psicologi e sociologi: i cambiamenti generano instabilità. Il mondo in cui
viviamo ci confonde, i punti di riferimento che esistevano
un tempo non esistono più. Le certezze di un tempo non
ci sono più. E molti fanno fatica a capire il senso di quello
che ci succede attorno.
Gli stessi mass-media stanno cambiando pelle. Se fino
all’altro ieri il loro ruolo era raccontare delle storie con
testi, immagini, suoni, oggi si trovano a “spalmare” materiali di ogni genere in tutti i modi che la tecnologia rende
possibili: non solo giornali, tv e radio, ma anche, appunto, internet, telefonini, iPod, iPad, videogiochi, e chissà
cos’altro ancora inventeranno nei prossimi anni (se non
mesi). È una vera e propria mutazione genetica.
Ad accentuare l’instabilità di cui sopra, sempre di più si
configura il cosiddetto digital divide – il divario digitale,
che separa chi è “dentro” il nuovo scenario iper-tecnologizzato da chi è fuori. Un divario fra generazioni come
fra paesi – e fra capi di stato: è drammatico il contrasto,
tanto per fare due nomi, fra un Berlusconi che non molto
tempo fa almanaccava di regolamentare (leggi: censurare) la rete, e un Obama che è regolarmente in contatto
con i suoi elettori tramite posta elettronica, Facebook,
Twitter e Youtube.
Obama è diventato presidente degli Stati Uniti grazie anche, se non soprattutto, al passaparola attraverso internet. La sua enorme popolarità fra i giovani (almeno fino a
quando non è diventato l’inevitabile capro espiatorio della
recessione economica) è passata addirittura per il mondo dei videogames: per tutta la seconda metà del 2008,
quasi tutti gli americani appassionati di videogiochi online, e cioè diversi milioni di persone, mentre smanettavano con il mouse o con il joystick davanti allo schermo del
computer, si sono imbattuti in una scritta che appariva
all’improvviso sul loro percorso di gioco: “Vota Obama”.
A proposito di videogames: torniamo a Matteo Bittanti,
con un’altra citazione. “Chi afferma che i videogiochi ci
rendono asociali parla senza cognizione di causa. Ci sono
undici milioni di persone che vivono una vita alternativa
nel mondo di ‘War of warcraft’ (uno dei più popolari giochi online, ndr). E il solito binomio realtà–finzione è privo
di senso, perché le nostre avventure nei mondi dei bit
sono significative come quelle dei mondi fatti di atomi.”
Rileggete quest’ultimo passaggio. E prendete nota: chi
parla (Bittanti, appunto) è un ricercatore universitario in
un’importante università americana.
Insomma: nel tempio del sapere, nella cattedrale della
cultura, qualcuno prende la penna (anzi, la tastiera) e scrive nero su bianco che le esperienze virtuali dei ragazzi
che passano otto ore al giorno sui videogiochi sono significative come quelle vissute nel mondo reale.
Come ha potuto accadere? Cosa ci è sfuggito?
C’è un’espressione che sintetizza molto efficacemente il
punto di vista di molti, soprattutto dei non più giovanissimi,
su tutto ciò: “stanno arrivando i barbari”. E in un certo senso
è vero. Sentiamo cosa scrive un famoso scrittore italiano.
“Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello
fra generazioni, i vecchi che resistono all’invasione dei più
giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni
accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle
cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille
volte. Ma questa volta sembra diverso. È così profondo, il
duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto
più profondo: stanno cambiando la mappa. Forse l’hanno
perfino già cambiata. Dovette succedere così negli anni
benedetti in cui, per esempio, nacque l’illuminismo, o nei
giorni in cui il mondo tutto si scoprì, d’improvviso, romantico. Non erano spostamenti di truppe, e nemmeno figli
che uccidevano padri. Erano dei mutanti, che sostituivano
un paesaggio a un altro e lì fondavano il loro habitat”.
Il testo da cui è tratto il passaggio qui sopra è di Alessandro Baricco e si intitola I barbari. (Era uscito per la
prima volta a puntate su Repubblica alcuni anni fa, poi è
stato ripubblicato per intero da Feltrinelli). Ci torneremo
nel prossimo numero della Rivista, per approfondire una
tesi intrigante.
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
31
BUROCRATICHE
di Manuela Cipollone
Compiti e poteri del Commissario
straordinario delegato di Expo 2015
Operazioni con i Paesi in “black list”
Da Milano "grande evento" ai chiarimenti sulle operazioni con i paesi in "black list", passando per l’ora solare:
c’è davvero di tutto nella Gazzetta Ufficiale in cui vengono pubblicati tutti i provvedimenti che, più o meno
direttamente, condizionano la vita degli italiani.
Il 2015, si sa, sarà l’anno dell’Expo: i ritardi maturati
fin d’ora cominciano ad avere una qualche consistenza,
così Palazzo Chigi ha emanato due ordinanze, entrambe
pubblicate il 16 ottobre scorso, che chiariscono compiti e poteri del Commissario straordinario delegato,
cioè Letizia Moratti, che viene autorizzata ad "adottare
tutti i provvedimenti necessari per assicurare la disponibilità delle aree individuate nel dossier di registrazione nei tempi richiesti dal BIE, in deroga alla disciplina
ordinaria"; provvedimenti, si chiarisce al punto 2, che
sostituiscono "ad ogni effetto di legge, accordi, pareri,
intese, nulla osta, autorizzazioni e concessioni, ovvero
atti e provvedimenti comunque denominati, di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali,
anche se previsti da precedenti ordinanze". Moratti potrà individuare "opere necessarie per la realizzazione
del sito espositivo" anche "se non incluse in atti di programmazione del comune di Milano e di altre Amministrazioni interessate", sempre in deroga alla "disciplina
ordinaria". L’unico vincolo a tutti questi provvedimenti
viene dall’Europa: con la seconda ordinanza, sempre
del Presidente del Consiglio, si specifica infatti che Moratti dovrà rispettare i "vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario".
Tempi stretti per Milano, larghissimi per la ratifica di accordi internazionali. Almeno per parte italiana. Sempre
ad ottobre, il Ministero degli Esteri ha reso noto che
si è conclusa la procedura per l’entrata in vigore del
Protocollo firmato a Bruxelles nel 2003 che modifica
la convezione sull'uso dell'informatica nel settore doganale in quanto prevede l'istituzione di un archivio di
identificazione dei fascicoli a fini doganali.
Con tre diversi decreti emanati in luglio, ma entrati in
vigore a fine ottobre, il Ministero dell’Economia ha invece stabilito l’ammontare del cofinanziamento nazionale
a sostegno delle attività dell’Enea – cioè l’Agenzia na-
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zionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile - per il programma Euratom
(24.683.756 euro) e quello a carico del Fondo di rotazione per i programmi transfrontalieri dell’obiettivo
Cooperazione territoriale europea, (programmazione
2007-2013). In quest’ultimo caso gli euro stanziati per
il 2010 sono 18.874.858: il fondo, si spiega nel decreto, "è autorizzato ad erogare gli importi di ciascun
programma, in favore delle Regioni". Il terzo decreto
riguarda il Cofinanziamento statale a carico del Fondo
di rotazione per il programma Operativo Enpi Bacino del
Mediterraneo, questa volta per gli anni 2008 e 2009,
pari, complessivamente, a 1.164.804 euro.
Sempre ad ottobre l’Agenzia delle Entrate ha deciso di
pubblicare una circolare per fornire chiarimenti sulle comunicazioni, da parte dei soggetti passivi IVA, dei dati
relativi alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in
Paesi black list.
"È il decreto legge n.40/10 (convertito nella Legge
n.73/10) – vi si legge – a prevedere l’obbligo per i soggetti passivi Iva di comunicare all’Agenzia delle Entrate
tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione,
nei confronti di operatori economici aventi sede residenza o domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata (D.M. 4
maggio 1999 e D.M. 21 novembre 2001) I termini per
la presentazione degli elenchi mensili relativi ai periodi
di luglio e agosto partono dal 2 novembre 2010". Nella circolare si specifica anche che "sono obbligati alla
comunicazione con i paesi black list tutti i soggetti Iva,
esclusi i contribuenti minimi e i soggetti che hanno optato per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative
produttive" e che "Cipro, Malta e la Corea del Sud non
sono più paesi a regime fiscale privilegiato. Rientrano
nell'obbligo di segnalazione anche le importazioni; ne
rimangono invece fuori le operazioni carenti dei presupposti oggettivi e soggettivi ai fini dell'Iva".
Alcuni giorni dopo sul tema è tornata anche l’Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture con una nota in cui si spiegano le condizioni
per la partecipazione alle procedure di affidamento dei
contratti pubblici delle imprese con sede nei Paesi con
regime fiscale privilegiato: "in particolare – spiega l’Autorità – l'art. 37 stabilisce per le imprese aventi sede,
domicilio o residenza nei Paesi con regime fiscale privilegiato, ove non è garantita la trasparenza nello scambio
delle informazioni, non essendo impegnati al rispetto di
vincoli fiscali dettati da norme internazionali – cosiddetta Black list - individuate nei decreti ministeriali 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, l'obbligo di essere in
possesso di una autorizzazione rilasciata dal Ministero
dell'economia e finanze ai fini dell'ammissione alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica". Questa
disposizione "rinvia ad un apposito decreto attuativo del
Ministro dell'economia e finanze la disciplina relativa alle
modalità di rilascio della suddetta autorizzazione, che
sarà subordinata alla comunicazione dei dati identificativi
dei titolari effettivi delle partecipazioni societarie". L'Autorità richiama quindi l'attenzione delle stazioni appaltanti in
merito "alla inapplicabilità della norma in mancanza delle
disposizioni di dettaglio sulla procedura autorizzatoria".
È il Ministro Romani a firmare un decreto che – pubblicato il 25 ottobre – stabilisce le nuove condizioni di
ammissibilità e le disposizioni di carattere generale per
l’amministrazione del Fondo di garanzia per le piccole e
medie imprese, mentre la Farnesina ha reso noti tutti gli
Atti internazionali entrati in vigore per l’Italia entro il 15
settembre scorso non soggetti a legge di autorizzazione
alla ratifica: due Memorandum, uno con l’Ue l’altro con
l’Anp, per un contributo al bilancio dell'Autorità Palestinese tramite il PEGASE (Dono 7 milioni di euro); quello con
Panama per la cooperazione nel settore della sicurezza;
con la Georgia sulla cooperazione nella lotta alla criminalità; con il Brasile per la cooperazione nel settore della
difesa; con il Ghana sulla cooperazione di polizia contro il
traffico di migranti, tratta di esseri umani, immigrazione
illegale e terrorismo; l’Accordo di sicurezza con Francia,
Portogallo e Spagna sulla protezione delle informazioni
classificate di EUROFOR.
Ancora il Ministro Romani ha firmato un decreto, pubblicato il 30 ottobre, che fissa termini e modalità di
presentazione delle proposte progettuali per l’accesso
alle agevolazioni per la realizzazione di progetti transnazionali di sviluppo sperimentale e ricerca industriale nel
settore delle biotecnologie, nell’ambito del Programma
comunitario EUROTRANS-BIO. All’articolo 2 si spiega che
al finanziamento dei partecipanti italiani è destinata la
somma di 5 milioni di euro, mentre l’articolo 4 fissa la
scadenza del bando al 1° febbraio 2011.
Il 5 novembre scorso, poi, è stato pubblicato un decreto
– firmato dal sottosegretario Letta per conto del Premier
circa due mesi prima – che stabilisce la durata dell’ora
solare che terminerà il prossimo 27 marzo per entrare in
vigore di nuovo il 30 ottobre 2011.
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ANGOLO FISCALE
di Tiziana Marenco
Imposizione degli utili di liquidazione
in caso di cessazione definitiva
dell’attività lucrativa indipendente
Il 1° gennaio 2011 entra in vigore in Svizzera nell’ambito della Legge sulla riforma II dell’imposizione delle
imprese la nuova normativa federale sull’imposizione
privilegiata degli utili di liquidazione da attività lucrativa indipendente (in particolare da società semplice, in
nome collettivo e in accomandita o ditta individuale) in
caso di cessazione definitiva dell’attività.
L’imposizione privilegiata di cui all’articolo 37b della
Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD) e
della relativa ordinanza, nonché delle rispettive norme
del diritto cantonale che i cantoni devono introdurre al
più tardi entro il 1° gennaio 2013, si applica qualora
il contribuente cessi l’attività indipendente dopo aver
raggiunto il 55° anno di età o in seguito ad invalidità ai
sensi della Legge federale sull’assicurazione per invalidità (LAI). L’inizio di un’attività dipendente connessa alla
cessazione di quella indipendente non preclude il diritto
del contribuente ad invocare la tassazione privilegiata
se le condizioni dell’art. 37b LIFD sono adempite.
Gli utili di liquidazione privilegiati sono costituiti dalle riserve occulte realizzate nel corso degli ultimi due
esercizi. Queste riserve vengono sommate ed imposte
congiuntamente, ma separatamente dagli altri redditi.
Dall’ammontare delle stesse riserve sono deducibili i
contributi di riscatto di istituti di previdenza professionale di cui all’art. 33 cp.1 lit. d LIFD. Se non vengono
effettuati riscatti malgrado gli stessi siano ammissibili,
l’ammontare del riscatto virtualmente ammissibile viene
imposto ad aliquota privilegiata di un quinto dell’aliquota
ordinaria. Il resto dell’ammontare delle riserve imponibili
sarà invece tassato sulla base dell’aliquota applicabile
all’ammontare di un quinto delle riserve stesse, fattore
che dato il tasso progressivo dell’imposta costituisce un
ulteriore privilegio.
Nell’ambito della stessa legge verrà introdotta all’art.
18a cv. 1 LIFD anche la tassazione privilegiata nel senso
di un differimento d’imposta sino all’alienazione effettiva, cioè sino alla realizzazione, degli immobili trasferiti
dalla sostanza commerciale a quella privata. Se nel quadro della cessazione definitiva della sua attività lucrativa
indipendente il contribuente esige il differimento della
tassazione ai sensi dell’art. 18a LIFD, l’imposizione degli
utili di liquidazione si applica agli ammortamenti recuperati sull’immobile, per i quali non è possibile un differimento d’imposta. Se in seguito l’alienazione dell’immobile avverrà entro il periodo di liquidazione di cui all’art.
37b LIFD (comprendente l’anno di liquidazione e l’anno
precedente), per quanto riguarda l’aumento di valore
dell’immobile a quel momento imponibile il contribuente
potrà beneficiare della tassazione privilegiata ai sensi
dell’art. 37b LIFD.
Un accenno particolare meritano le eccezioni applicabili
ai casi di devoluzione ereditaria, sia perché una continuazione anche provvisoria dell’attività del contribuente
deceduto da parte degli eredi può escludere gli stessi dal
beneficio della tassazione privilegiata degli utili da liquidazione, sia perché i contratti di società di persone (società
in nome collettivo o in accomandita) possono prevedere
in caso di decesso di un socio che la società venga continuata con o senza gli eredi, costringendo eventualmente
gli stessi eredi ad agire nei confronti della società per
assicurarsi il diritto alla tassazione privilegiata.
Non entriamo in questa sede nei dettagli, tra l’altro ben
illustrati dalla recente circolare dell’Amministrazione
Federale delle Contribuzioni (AFC), di una normativa
che non esitiamo a definire complessa. Vorremmo invece porre l’accento sul fatto che le nuove norme, se
da una parte offrono enormi possibilità di ottimizzazione
fiscale, sembrano predestinate nella loro complessità a
tramutarsi nella classica occasione perduta se il contribuente non ricorrerà tempestivamente a consulenza
specializzata prima di iniziare la fase di liquidazione o
immediatamente dopo la cessazione per causa di invalidità o nell’ambito della pianificazione successoria.
[email protected]
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ANGOLO LEGALE
di Massimo Calderan
La nuova Convenzione
di Lugano
Il 1/1/2011 in Svizzera entreranno in vigore il Codice di
procedura civile svizzero (CPC), del quale tratteremo nei
prossimi numeri della Rivista, il Codice di diritto processuale penale svizzero e il Codice di diritto processuale penale
minorile. Alla stessa data in Svizzera entrerà in vigore la
nuova Convenzione di Lugano (CLuG) concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale.
L’attuale CLug del 16/09/1988, che è un accordo parallelo alla Convenzione di Bruxelles del 27/09/1968, è
entrata in vigore in Svizzera il 1/1/1992 e stabilisce le
competenze internazionali dei tribunali degli Stati contraenti, garantendo che le decisioni emanate in uno degli Stati contraenti siano riconosciute ed eseguite anche negli
altri Stati contraenti. La CLug si applica in materia civile
e commerciale, con l’esclusione di: (i) stato e capacità
delle persone fisiche, regime patrimoniale dei coniugi, testamenti e successioni; (ii) fallimenti, concordati ed altre
procedure affini; (iii) sicurezza sociale; e (iv) arbitrato. Essa
non riguarda altre materie, in particolare, le materie fiscali,
doganali ed amministrative. Per garantire un’interpretazione uniforme, i tribunali degli Stati contraenti devono tenere
conto delle decisioni più importanti dei tribunali degli altri
Stati contraenti. Un sistema di scambio di informazioni prevede, in particolare, la comunicazione delle decisioni dei
tribunali di ultima istanza degli Stati contraenti e della Corte di giustizia delle CEE, rese in applicazione della CLug e
della Convenzione di Bruxelles. Una “Commissione permanente” pubblica periodicamente l’analisi della relativa giurisprudenza nei vari Stati contraenti e della Corte di giustizia
delle CEE, evidenziandone le divergenze interpretative e
promuove l’applicazione uniforme della CLug.
Dopo un processo di riforma piuttosto complesso, la nuova
CLug è stata siglata il 30/10/2007. Essa è stata firmata
dalla Comunità europea con effetto per tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca. Separatamente hanno
firmato la Danimarca, la Norvegia, la Svizzera e l’Islanda;
quest’ultima rimane il solo Stato che non ha ancora ratificato la CLug. Il campo di applicazione della nuova CLug rispetto all’odierna si estende dunque ai nuovi Paesi dell’UE;
essa sarà applicata anche in eventuali nuovi Stati membri
dell’UE. La nuova CLug continuerà ad essere applicabile
in materia civile e commerciale, ma ora avrà ad oggetto
oltre che le decisioni emanate da un giudice, anche quelle
emanate da un’autorità amministrativa. Essenzialmente, la
nuova CLug prevede una procedura più rapida e semplice
per il riconoscimento reciproco e l’esecuzione di decisioni
e comprende nuove disposizioni che tengono conto degli
ultimi sviluppi nel commercio elettronico.
In materia di competenza giurisdizionale, le principali modifiche riguardano:
– il foro contrattuale e il foro in materia di contratti conclusi da consumatori, in particolare quelli conclusi in
via elettronica;
– una definizione autonoma della litispendenza e della
sede delle persone giuridiche, onde chiarire i dubbi esistenti ed evitare rinvii poco chiari ad altre normative;
– il foro competente in materia di contratti di lavoro,
il foro competente in materia assicurativa, il foro
esclusivamente competente per le azioni nell’ambito
del diritto dei beni immobili e della proprietà intellettuale.
Per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni straniere vi sono le seguenti sostanziali modifiche,
con lo scopo di accelerare le procedure, tutelando per
quanto possibile i diritti di chi si oppone all’esecuzione:
– le obiezioni di fondo contro la dichiarazione di esecutività vengono esaminate soltanto in seconda istanza;
– gli errori di forma irrilevanti per quanto concerne la notifica dell’atto di citazione non rappresentano più una
causa d’impedimento del riconoscimento e dell’esecuzione.
Al contempo entrerà in vigore una modifica della Legge
federale svizzera sull’esecuzione e sul fallimento, che introdurrà:
– una nuova ipotesi di sequestro di beni in favore dei
creditori che beneficiano di una decisione esecutiva
ai sensi della nuova CLug o di un titolo definitivo di rigetto dell’opposizione del debitore contro un precetto
esecutivo secondo il diritto svizzero;
– l’estensione della competenza territoriale e di merito
del giudice dell’esecuzione, che potrà (i) pronunciare il
sequestro su tutti i beni patrimoniali del debitore che
si trovano in Svizzera (e non solamente su quelli presenti all’interno del circondario del tribunale nel quale
opera il giudice) e (ii) svolgere la funzione finora svolta
dal giudice del sequestro, ovvero pronunciare insieme
alla richiesta di sequestro anche l’exequatur previsto
dalla CLug.
Alle nuove normative saranno adeguate anche le disposizioni della Legge federale svizzera sul diritto internazionale privato concernenti la competenza territoriale.
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Compravendita internazionale
e Convenzione di Vienna
di Barbara Klett*
La compravendita di beni mobili (beni
di largo consumo, beni strumentali, macchinari, ecc.) tra due imprese residenti in
due paesi diversi rappresenta senz’altro la
tipologia di rapporto contrattuale più diffusa
negli scambi internazionali. Essa comporta per gli operatori una serie di difficoltà ed
incertezze relative alla determinazione della legge applicabile al contratto in questione. La comunità internazionale, attraverso
l’UNCITRAL (United Nations Commission
on International Trade Law), ha cercato di
trovare una soluzione per offrire alle parti
contraenti un quadro di riferimento uniforme che superi le differenze di legislazione e
favorisca una maggiore certezza.
La compravendita di immobili per uso personale, familiare e domestico, no soggiacciono alla Convenzione di Vienna.
Convenzione di Vienna sulla compravendita
internazionale
La Convenzione delle Nazioni Unite dell'11 aprile
1980 sui contratti di compravendita internazionale
di merci (Convenzione di Vienna, anche chiamata
CISG, da United Nations Convention on Contracts
for the International Sale of Goods) è applicabile a
tutti i contratti conclusi tra commercianti con sede
in Stati differenti, a condizione che le rispettive
sedi si trovino sul territorio di uno Stato firmatario
o che, in alternativa, le regole di diritto internazionale privato prevedano l’applicazione del diritto di un tale Stato. La Convenzione di Vienna
è composta da 101 articoli ed è entrata in vigore
per l’Italia il 1° gennaio 1988 e per la Svizzera il
1° marzo 1991.
Detta Convenzione, che è stata sottoscritta da Paesi appartenenti ad aree geografiche diverse e con
diverso grado di sviluppo, presenta una caratteristica importante che la contraddistingue rispetto ad
altre convenzioni: essa costituisce, infatti, la legge
nazionale applicata alla vendita internazionale di
beni mobili per gli Stati che vi hanno aderito. I tribunali nazionali degli Stati firmatari sono dunque
tenuti ad applicarla quando sorge una controversia tra una parte con sede nello Stato giudicante e
una parte con sede all'estero.
Caratteristiche e contenuti
della Convenzione di Vienna
La Convenzione di Vienna ha cercato di raggiungere un compromesso tra sistemi giuridici diversi
(quelli di Civil law e quelli di Common law, modello di ordinamento giuridico di matrice anglosassone) al fine di offrire un quadro giuridico universalmente riconosciuto e applicabile alla compravendita internazionale.
Il diritto di compravendita contenuto nella Convenzione di Vienna disciplina esclusivamente i
criteri per la stipulazione dei contratti di compravendita, oltre ai diritti e agli obblighi per venditore
e acquirente da essi risultanti. Tale diritto definisce
i concetti di offerta, accettazione, fornitura e fornitura ritardata, garanzia e risarcimento in caso di
violazione del contratto. Il diritto di compravendita della Convenzione di Vienna stabilisce espressamente che la determinazione della validità del
contratto in esame nonché i suoi effetti sulla proprietà della merce venduta non sono disciplinati dalla Convenzione, bensì dal diritto nazionale
concordato o da applicare. Per questi due aspetti
fa dunque stato il diritto nazionale applicabile secondo le norme di diritto internazionale privato.
In particolare la Convenzione di Vienna regola le
seguenti istituzioni:
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Rivista
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• conclusione del contratto: offerta, accettazione,
revoca;
• modifica, scioglimento del contratto, violazione del contratto;
• obblighi del venditore e obblighi del compratore;
• fornitura delle merci e consegna dei documenti;
• conformità delle merci, modalità di controllo e
di reclamo, diritti o pretese in caso di vizio di
conformità;
• pagamento del prezzo, modalità, vizi;
• trasferimento dei rischi da venditore a compratore;
• conservazione delle merci in caso di tardata accettazione;
• diritti del compratore in caso di violazione del
contratto da parte del venditore;
• diritti del venditore in caso di violazione del
contratto da parte del compratore;
• liberazione da responsabilità in caso di inadempienza;
• effetti dello scioglimento del contratto.
Ambito di applicazione
della Convenzione di Vienna
La Convenzione di Vienna si applica alle vendite
internazionali, quando cioè le due parti contraenti (non consumatrici) in una compravendita di
beni mobili risiedono in paesi diversi. I contratti di
compravendita tra parti contraenti dello stesso paese saranno pertanto, viceversa, disciplinati dalle
norme nazionali.
La Convenzione di Vienna trova direttamente applicazione anche nel caso in cui ciò non venga esplicitamente stipulato contrattualmente. Ciò significa
che se l'esportatore svizzero conclude un contratto
con un acquirente estero residente in un paese che
ha aderito alla Convenzione di Vienna, non è necessario che nel contratto di compravendita le parti stabiliscano esplicitamente l’applicazione della
Convenzione di Vienna. Quest’ultima viene applicata in maniera per così dire “automatica”.
Le normative della Convenzione di Vienna sono
considerate diritto nazionale applicabile in caso
di contratti internazionali tra Stati ad essa aderenti.
Ciò significa che qualora il contraente italiano e
quello svizzero abbiano concordato l’applicabilità del diritto italiano, troverà applicazione il diritto
della Convenzione di Vienna, salvo ove espressamente escluso.
Nel caso in cui l'importatore estero risieda in
uno Stato che non ha aderito alla Convenzione,
quest'ultima si applicherà solo se le norme di diritto internazionale privato di tale Stato consentono
l'applicazione della legge di un paese contraente.
Va comunque rilevato il carattere dispositivo delle norme della Convenzione di Vienna: le parti
possono, infatti, stabilire di escluderne totalmente
l'applicazione oppure di derogare a una qualsiasi
delle sue disposizioni, modificandone gli effetti.
Ciò deve avvenire in modo chiaro ed esplicito.
40
la
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La Convenzione di Vienna non disciplina la vendita di navi,
imbarcazioni, veicoli a cuscino d’aria e aeromobili.
Istituti non disciplinati
dalla Convenzione di Vienna
Gli istituti non disciplinati dalla Convenzione e
che rimangono perciò regolati dalle norme nazionali dei singoli Stati sono i seguenti:
• la vendita per uso personale, familiare e domestico;
• la vendita di beni all'asta, di valori mobiliari, di
titoli di credito e di denaro;
• la vendita di navi, imbarcazioni, veicoli a cuscino d'aria e aeromobili;
• la validità del contratto e delle singole clausole;
• gli effetti prodotti dal contratto sul trasferimento
della proprietà delle merci;
• la responsabilità del venditore per morte o lesioni corporali causate dalla merce a una persona;
• le garanzie in caso di mancato pagamento.
Contratto di compravendita e non di servizio
La Convenzione di Vienna trova applicazione nei
contratti di compravendita di merci intese come
beni mobili e non si applica alle prestazioni di servizi ed agli appalti. Nella Convenzione di Vienna
si assiste tuttavia ad un ampliamento del concetto
comune di vendita, il quale comprende «i contratti di fornitura di merci da fabbricare o produrre, a
meno che la parte che ordina queste ultime non
debba fornire una parte essenziale del materiale
necessario a tale fabbricazione o produzione».
Sono inoltre esclusi dall’applicazione della Convenzione i «contratti in cui la parte preponderante
dell'obbligo della parte che fornisce le merci consiste in una fornitura di mano d'opera o altri servizi». Riassumendo, si considerano vendite i contratti di consegna di beni da fabbricare o produrre,
a meno che il contraente che commissiona i beni
non si impegni a consegnare una parte essenziale
Il Castello del belvedere a Vienna. Nella capitale austriaca l’11
aprile 1980 venne siglata la Convenzione delle Nazioni Unite
sui contratti di compravendita internazionale di merci (Convenzione di Vienna, anche chiamata CISG, da United Nations
Convention on Contracts for the International Sale of Goods.
dei materiali per tale fabbricazione o produzione.
Inoltre, la Convenzione non si applica ai contratti
nei quali l’obbligazione preponderante della parte che consegna i beni consiste nella fornitura di
mano d’opera o di altri servizi.
Casistica riguardante l’ambito di applicazione
• Impresa francese vende in Svizzera macchine
da imballaggio. Il contratto prevede l’applicazione del diritto svizzero:
Se le parti contraenti intendono in tal modo escludere l’applicabilità della Convenzione di Vienna,
il loro ragionamento è errato! La clausola contrattuale che prevede l’applicazione del diritto svizzero giustifica per l’appunto l’applicabilità della
Convenzione di Vienna. La particolarità essenziale
della Convenzione di Vienna è, infatti, quella di
valere come diritto nazionale applicabile in caso
di contratti internazionali tra Stati a essa aderenti.
Essa forma parte integrante del diritto nazionale
dei singoli Stati firmatari. Al contratto in questione, perciò, è applicabile senza deroga alcuna la
Convenzione di Vienna. L’applicabilità della Convenzione di Vienna può tuttavia essere esclusa
dalle parti tramite la stipulazione di una clausola
dal tenore seguente: “Al presente contratto è unicamente applicabile il diritto svizzero, ad esclusione della Convenzione di Vienna”. L’onere della
prova riguardante l’esclusione della Convenzione
di Vienna incombe a colui il quale la asserisce.
• Impresa svizzera acquista tavoli da giardino da
impresa britannica. Il contratto non prevede
l’applicazione di alcun diritto in particolare:
Anche questo contratto è di natura internazionale. Le parti non hanno stipulato l’applicazione di
nessun diritto in particolare. A tuttora la Gran Bretagna non ha ratificato la Convenzione di Vienna.
Premesso che un giudice svizzero sia competente,
egli dovrebbe specificare il diritto applicabile sulla
base della Legge federale sul diritto internazionale
privato (LDIP).
• Impresa svizzera produttrice di bombole a gas
per grill vende in Italia la propria merce. Alcune
bombole si dimostrano difettose ed esplodono,
provocando, tra le altre cose, danni a persone.
Il contratto di compravendita non prevede l’applicazione di alcun diritto in particolare:
Il caso in questione concerne la responsabilità per
danni alle persone. Entrambi gli Stati hanno ratificato la Convenzione di Vienna, per cui essa troverebbe di principio applicazione. Tuttavia, i danni
alle persone non rientrano nell’ambito d’applicazione della stessa. Partendo dal presupposto che
un giudice italiano sia competente, esso dovrebbe
specificare il diritto applicabile sulla base delle
norme di collisione italiane.
Conseguenze per gli operatori internazionali
L’applicazione “automatica” della Convenzione di
Vienna impone alle imprese operanti a livello internazionale alcune attenzioni da non trascurare.
In prima linea, le imprese coinvolte devono valutare le differenze tra le soluzioni prospettate dalla Convenzione di Vienna e quelle abitualmente
vigenti in ambito prettamente nazionale, evitando di dare per scontata l’applicazione di principi
generalmente accettati nelle vendite tra operatori
interni.
È inoltre necessario tener ben presente che la
Convenzione non disciplina tutti i problemi che
possono sorgere nell’ambito di un accordo commerciale. Al contrario, essa lascia esplicitamente
alcune materie alla disciplina delle rispettive leggi
nazionali. Di conseguenza, occorre sottolineare che la Convenzione di Vienna non può essere
considerata un testo normativo autosufficiente in
grado di disciplinare tutti gli aspetti di un contratto
di vendita.
È importante, pertanto, che le parti coinvolte prevedano da quale legge saranno regolati gli istituti
non disciplinati dalla Convenzione.
Non disciplinando la Convenzione di Vienna tutti
i problemi che possono presentarsi in una compravendita internazionale (salvo quelli relativi alla
formazione del contratto e agli obblighi delle parti
in causa) è opportuno quindi, anche nei casi di
contratti tra contraenti di Stati aderenti alla Convenzione, provvedere sempre alla scelta della
legge applicabile al contratto di vendita, al fine di
concordare la normativa di riferimento per le materie non coperte dalla Convenzione.
*LL.M, Avvocato specialista FSA
responsabilità civile e diritto assicurativo
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Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
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CONVENZIONI
INTERNAZIONALI
di Paolo Comuzzi
Qualche considerazione su artisti
e sportivi e la modifica dell’articolo 17
del modello OCSE
La premessa al presente lavoro è nel documento OECD
nel quale si afferma che “ …on 23 April 2010, the OECD
Committee on Fiscal Affairs released for public comment a discussion draft on the application of Article 17
(Artistes and Sportsmen) of the OECD Model Tax Convention. The OECD has now published the comments
received on this discussion draft on 23 April 2010, the
OECD Committee on Fiscal Affairs released for public
comment a discussion draft on the application of Article
17 (Artistes and Sportsmen) of the OECD Model Tax
Convention. The OECD has now published the comments
received on this discussion draft …” e quindi diventa interessante capire cosa sia stato indicato in questi documenti il tutto ovviamente a grandi linee e senza entrare
nei dettagli dei documenti stessi.
Commenti
Aspetti generali
I commenti (prodotti da diverse entità fiscali) sono visibili nel sito OECD e possiamo riassumere la situazione
come segue:
1. Gli artisti e gli sportivi quando pongono in essere una
prestazione in uno Stato diverso da quello di residenza molto spesso rischiano una doppia imposizione
in quanto le convenzioni non impongono allo Stato
in cui la prestazione viene eseguita alcun obbligo di
astenersi da una tassazione;
2. Molte volte questa imposizione varia dal 15% al 30%
del compenso e la ragione di questa importante aliquota è quella che si vuole evitare una qualsiasi forma
di non tassazione di questa componente di reddito;
3. Per gli artisti e sportivi il modello convenzionale pone
un problema in quanto: “ …The member countries
of the OECD have decided in the 1960s to create an
exceptional rule for performing artistes (and sportsmen). They need to pay income tax in the country
of perfor-mance, regardless of the general rules for
companies, self-employed persons or employees.
This is mentioned in the special Article 17 of the
OECD Model Tax Convention. Main reason for this
special treatment is that top artistes and sportsmen
are very mobile and can easily move their residency
to a tax haven such as Monaco, which levies no income tax. The OECD believes that without Art. 17
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(and the taxing right for the source country) these top
artistes and sportsmen would escape from taxation
under Art. 7. …”;
4. L’eliminazione della doppia imposizione che potrebbe
venirsi a produrre avviene solitamente mediante un
sistema semplice che si reassume nel dire che per
“ …To eliminate double taxation the OECD recommends in Art. 23 OECD Model that the residence
countries allow its artistes a tax credit for the foreign
source tax. Most countries have followed this, also
continental European countries, only some countries
prefer to use the exemption me-thod for artiste performance income that may be taxed under Art. 17.
An example of the latter is Belgium …”.
5. Alcune volte si giunge a soluzioni molto drastiche
come sono quelle perseguite dallo Stato olandese
che ha deciso “ …Per 1 January 2007 The Netherlands has decided to give up unilaterally its source tax
on foreign performing artistes and sportsmen, when
they live in a country with which The Netherlands has
concluded a bilateral tax treaty. This means that The
Netherlands is not using its taxing right from Art. 17
anymore. The loss of tax revenue was not more than
approx. 5 million euro per year, but also 1,6 million
euro in administrative expenses were removed, both
with the artistes, sportsmen, promoters as with the
tax administration in the two countries. The foreign
artistes and sportsmen are now treated in accordance with Art. 7 and Art. 15 of the tax treaties and
most often only paying income tax in their residence
country. If all countries would follow this initiative the
loss of tax revenue would be nil, because not only the
tax earnings would be given up, but also tax credits
should not be given anymore …”.
Preso atto del problema diciamo che la organizzazione OCSE si è mossa per risolvere il tutto e su questo
movimento si è aperto un fronte di discussion con
proposte.
Alcuni (come è possibile vedere vedendo il sito OCSE)
non sono in accordo e affermano in modo netto che
“ … On 23 April 2010 the OECD has published a new
Draft Commentary for Art. 17 OECD Model, in which
practical problems have been recognized and solutions are proposed. These are interest-ing, but do not
go in the direction in which I believe Art. 17 should go,
i.e. the removal of the article from the OECD Model and
the return to the general rules of Art. 7 and 15. That
would help everyone in the artiste and sports world, because the administrative obstacles would be taken away
as well as the risk of double taxation. And the loss of tax
revenue would be nil, as explained in paragraph 9. Removal of Art. 17 would also take away the risk of double
non-taxation in situations where the residence country
applies the exemption method and the source country
does not levy a with-holding tax. Finally, with the removal
of Art. 17 tax avoidance behavior is still counteracted,
because source countries will only give up their national
withholding tax, if an non-resident artiste, sportsman or
company can proof that he is a resident of a country with
which a bilateral tax treaty has been concluded (and in
which therefore normal taxation is secured). The OECD
has shown with Art. 14 that a removal from the Model
Treaty is very well possible. It could improve its Model
Treaty by leaving out Art. 17 in the next version …”.
Altri sono più problematici e meno semplicisti (nel senso
che non vogliono una abolizione come ditto sopra) ma
hanno fatto notare alcune problematiche affermando che
“ … With respect to the proposed changes in the above
paragraphs, we would like to draw attention to certain
distortions that may occur in those cases where the entertainer or sportsman has an employment relationship
with his employer and the amount of the remuneration
that he obtains is determined in a fixed manner that is
not based on the potential performances that may take
place abroad. This would be the case for most team
sports and for some troupes or orchestras. In these
cases, the sportsman or the entertainer will receive the
same remuneration both if he has to travel abroad, for
example because his football team classifies for the
Champions League, and if he does not have to do so.
From our perspective, to be consistent with the spirit
of Article 17, it would be appropriate to tax in the State
in which the activity is performed only those amounts
that the sportsman or entertainer receives additionally
or specifically for the performance of his activity in the
other State. Conversely, in cases where the entertainer
or sportsman does not receive an additional amount for
the activity performed in the other State, we consider
that his ordinary remuneration should only be taxed in
his State of residence …”. Altri ancora hanno posto in
evidenza alcune important distinzioni che devono essere
fatte, si pensi solo a quanto affermato con riferimento
al Regno Unito in cui viene chiarito che “ …In the UK for
example, we (si intende il commentator) would broadly
draw a distinction between three different types of income: a) advertising income, b) sponsorship income and
c) endorsement income: Advertising income is loosely
defined as a payment to an artiste or sports star for “off
court” activities which is reproduced in print or on TV
but is not by its nature “live”. It is difficult to envisage a
single example of where a live advertisement has taken
place at the sporting venue. It is not practical in terms
of a photoshoot or filming a commercial. Sponsorship
income is in many ways similar in nature to endorsement income (see 3 below). The difference is that it has
historically involved payments to a tax resident and has
been restricted to the territory of residence. It usually
involves some kind of barter deal whereby the athlete
associates their name with a local supplier in return for
a product such as a car and is more prevalent during
the early stages of the athlete’s career. Most athletes
find the demands from the local sponsoring company
to be too intrusive on their time and as soon as they
can afford to buy their own car they do so. In recent
times, the distinction between sponsorship and endorsement income has become blurred. Finally, endorsement
income usually involves the athlete actually endorsing
the product by using it (usually in competition), and in
addition allowing their image to be associated with the
product. This is very different from sponsorship where
the athlete simply (for example) drives a sponsored car
featuring the sponsor’s logo out of competition, rather
than associating it personally with them …”.
Come si vede quella della tassazione degli artisti e degli
sportive è un tema complesso (anche sul piano della
pura letteralità come afferma un commentator portoghese e come afferma chi dice che in primis “ …SUR LA
DEFINITION DE l’ARTISTE Nous nous interrogeons sur le
choix de transformer le mot « artiste » en « entertainer »,
tel que c’est prévu dans les propositions de modification
des Commentaires sur l’article 17. Si cette modification
a un certain sens en anglais, nous ne voyons pas comment elle sera appliquée ou comprise en langue française”.) e che merita un trattamento molto attento.
Aspetti specifici
Resta da indicare che certamente è complesso determinare
la categoria del reddito che nasce dalla prestazione artistica e che non possiamo ignorare che il cd artista guadagna
tenendo conto di 3 elementi: 1) la prestazione in quanto
tale; 2) eventuale sfruttamento di diritti (si pensi agli sportivi
ed alla cessione del diritto di immagine); 3) dalla vendita di
prodotti allo stesso collegati (si pensi ai capi di abbigliamento). Dire che queste entrate sono in toto reddito che nasce
dalla prestazione artistica è certamente complesso e deve
essere valutato con grande attenzione in quanto è palese
che sommare tutto in modo semplice potrebbe portare a
incongruenze nella tassazione e quindi nel trattamento del
soggetto che viene a percepire il reddito.
In questo senso è positiva la discussione che si è innescata
e che deve avere come unico riferimento il fatto che non
può in ogni caso prodursi una mancanza di imposizione (ovvero una doppia non imposizione).
Conclusione
Si ritiene che qualsiasi discussione non possa che avere un punto fermo: non esiste esenzione per il reddito e
quindi la decisione non è se quel reddito debba essere
tassato o meno ma dove lo stesso deve essere tassato
(stato di residenza dell’artista e / o stato nel quale viene
posta in essere la prestazione sportiva). Stabilito questo
principio (ovvero il divieto della non imposizione) non resta che: 1) definire chi sia artista; 2) definire il reddito da
prestazione artistica (e quindi procedere alla separazione
di questo reddito da altri redditi che potrebbero entrare
in altri articoli del commentario OCSE); 3) definire il luogo
di tassazione (che potrebbe anche essere un luogo che
coinvolge tutti gli stati coinvolti ma con precise limitazioni
per lo Stato della fonte).
Il tema come è facile capire è in forte divenire ma resta
che è fondamentale la discussione per poterlo chiudere
nel modo migliore vista la importanza della tematica.
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Donne in carriera: Flavia Pennetta
La vera soddisfazione
è senza dubbio vincere
La nostra giovane, bella e bravissima atleta
è nata a Brindisi il 25 febbraio 1982 ma
vive a Verbier in Svizzera anche se di fatto è
sempre in giro per il mondo per i tornei del
circuito wta che durano 11 mesi, da gennaio a fine novembre. Si allena tra la Svizzera
e la Spagna a seconda degli allenamenti /
preparazione fisica. È allenata da Gabriel
Urpi. Ha una sorella di nome Giorgia.
A
bbiamo potuto ottenere l’intervista che di seguito trascriviamo, con molta difficoltà, in quanto
i continui spostamenti all’estero della nostra richiestissima tennista, hanno forzatamente ritardato l’incontro, divaricando il tempo intercorso per la
pubblicazione.
Cosa significa essere donna piuttosto
che uomo in carriera ?
Forse nello sport rispetto ad una carriera intesa in senso di lavoro d’ufficio e non carriera atletica le differenze
tra uomini e donne sono più evidenti o comunque la persona viene presa in considerazione per le sue attitudini
e capacità in settori differenti. Nel tennis, uomini e donne a mio avviso vengono considerati uguali. Facciamo
lo spesso sport, cambia il modo di giocare, però siamo
valutati per le stesse cose: i nostri risultati in campo. Il
mondo dello sport in generale viene forse visto come
più maschile, dal momento che entrano in gioco fattori
come resistenza, prestanza fisica, capacità di sforzo,
di costanza; il fisico viene sottoposto ad allenamenti
faticosi e allora si pensa più agli uomini però credo sia
faticoso per le donne come per gli uomini.
Quanto tempo serve per farsi
apprezzare come atleta?
Non penso si possa quantificare il tempo né riuscire a
fare una scaletta temporale, dobbiamo pensare che le
donne hanno iniziato più tardi rispetto agli uomini a praticare sport. Vale, per esempio, anche per la guida… le
donne hanno iniziato dopo gli uomini a guidare le auto-
mobili; lo stesso è accaduto nello sport. Non si possono
paragonare uomini e donne, nello stesso sport magari
la donna gioca meglio, magari ha più tecnica o è più attenta, però poi messa in campo contro un uomo vincerà
comunque lui, perché è più forte fisicamente. Certo è
che nell’ultimo periodo le donne nelle varie discipline
stanno dando veramente il massimo e quindi se ne parla molto, per il tennis io ne sono molto contenta perché
per esempio con le nostre vincite in Fed Cup abbiamo
fatto parlare tanto della nostra squadra nazionale.
Quali sono le difficoltà che come donna
deve affrontare nel mondo dello sport?
Le difficoltà sono date dall’avversario, da chi è dall’altra parte della rete e del campo durante una partita.
La difficoltà sta nel rimanere concentrati e controllare
i proprio stati d’animo. L’ansia il nervosismo giocano
brutti scherzi. Il tennis è uno sport individuale ogni colpo dipende da te e ogni errore puoi solamente recuperarlo o subirlo.
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Quando giochi in doppio questo aspetto cambia leggermente, sai che la tua compagna darà il massimo come
te e se c’è buona coordinazione con molta probabilità
una palla persa da te verrà invece presa dalla tua compagna. Noi per esempio con Gisela (Dulko) siamo velocemente salite nel ranking del doppio, abbiamo vinto il
torneo di Miami, di Stoccarda e poi di Roma uno di fila
all’altro. Peccato che a Madrid siamo state battute in
finale dalle sorelle Williams, però siamo una coppia fortissima e la cosa bella è che ci divertiamo. Siamo molto
amiche anche fuori dal campo e questo sicuramente ci
aiuta ad essere complementari in partita.
Quando cessa la diffidenza verso la donna atleta?
Quali sono gli ostacoli da superare?
Non c’è diffidenza nei confronti della donna atleta. A dire
il vero non credo si possa neanche parlare di ostacoli,
comunque in campo non ce ne sono, come dicevo prima gli ostacoli sono le difficoltà che però sono uguali
sia per gli uomini che per le donne.
Quali sono gli svantaggi?
Quali sono invece i vantaggi?
Anche qui ad oggi i due mondi femminile e maschile si
assomigliano sempre di più noi atlete se oltre ad essere
brave siamo anche carine magari siamo avvantaggiate
a livello di sponsor.
L’immagine anche esteriore conta sicuramente, se si
possono abbinare messaggio di forza al messaggio di
atleta vincente e nello stesso tempo carina e interessante si ha una marcia in più. Hai comunque la possibilità
di essere sponsorizzata in più settori, più aziende pos-
sono interessarsi a te. Se ci si pensa spesso è così,
avere più qualità aiuta. Se per esempio io fossi solo una
bravissima tennista però poi avessi un pessimo carattere, una volta finita la carriera da tennista potrei fare ben
poco. Invece, magari essere solari o avere un carattere
positivo e aperto può aiutare in futuro per poter fare
altro. A me piacciono molto i bambini e mi piacerebbe
per esempi aprire una scuola di tennis.
Per gli uomini invece credo si inneschi invece il meccanismo per il quale più sei forte e più poi diventi affascinante o richiesto. Credo sia necessario arrivare a livelli
molto alti per poi essere valutati anche per l’aspetto
esteriore che da solo a mio avviso non è sufficiente.
Quanti possono essere per la donna i privilegi?
Come privilegio direi che noi ragazze siamo sicuramente più “coccolate”, ma in senso lato e affettuoso, non
abbiamo privilegi nel senso vero del termine.
Per esempio quando giochiamo in casa come a Roma o
comunque quando giochiamo la Fed Cup ci conosciamo
tutti e siamo un po’ una grande famiglia allora abbiamo
delle piccole attenzioni in più, un piccolo occhio di riguardo, però poi le regole sono uguali per tutti (ride)
Le intuizioni femminili sono superiori
a quelle maschili e perché?
Le donne in generale si dice che siano più intuitive, forse perché siamo più attente o perché diamo maggiore
importanza ai dettagli. Anche per questo delle volte viene usata la massima che noi donne siamo più ‘noiosette’però poi il bello è proprio quello: relazionarsi ad un
mondo, quello maschile, che è diverso da noi.
HO INIZIATO A GIOCARE ALL’ETÀ DI 5 ANNI
«Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni, seguendo i miei
genitori e mia sorella in campo e giocando sempre sia
a casa che fuori palleggiando contro ogni muro che trovavo. I miei genitori mi hanno sempre appoggiata, ma
mai costretta a giocare o forzata. La mia passione è
nata in modo naturale era dentro di me non ho ricordi in
cui non tenevo una racchetta in mano. Quando fai uno
sport ad alti livelli e come me inizi fin da piccola è facile
che gli studi vengano interrotti, io sono stata fortunata
ho finito il liceo scientifico da privatista. Quando sono
arrivata a Roma, trasferita da Brindisi a 14 anni, ero
in prima liceo e alla scuola federale di tennis ho avuto
la fortuna di avere un’amica più grande di me che mi
spronava a studiare e mi aiutava a ripetere.
Nel mio futuro vedo e vorrei avere una famiglia e vorrei
diventare mamma. Questo però avverrà quando smetterò di giocare, immagino, oppure verso la fine della
mia carriera. A dire la verità non so se poi continuerò
a giocare a livello professionistico, per il momento c’è
tempo e penso solo a giocare e poi nel 2012 a partecipare alle Olimpiadi di Londra.
Credo molto nella famiglia, nell’unità e nel sostegno
che solo i parenti veramente stretti ti possono dare.
La nostra famiglia è molto unita, credo al giorni d’oggi sia non solo una grande fortuna, ma anche un po’
una rarità. Ho un rapporto bellissimo con mia sorella,
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lei pure gioca a tennis ma non da professionista, lei
gioca a beach tennis. Ogni tanto ci incontriamo anche
nei tornei, come per esempio durante gli Internazionali
BNL d’Itali a Roma, dove mentre io giocavo sulla terra
lei giocava sulla sabbia sui campi sempre del Foro Italico. I miei genitori, Giorgia e i miei amici più stretti mi
sono sempre vicini e mi spronano senza assolutamente
“viziarmi”…(ride) quando capita che gioco male me lo
dicono senza via di mezzo».
Quanto conta per la donna in carriera
l’arte della seduzione?
Questa domanda è difficile In campo l’arte della seduzione non entra affatto. Si è concentrati solo al gioco
e a dare il massimo. L’aspetto esteriore non conta,
quando sei lì puoi anche essere la più bella e seducente
donna ma lì è l’atleta che conta e fa la differenza. L’arte
della seduzione credo sia in ognuno di noi e si esprime
in modi differenti: chi magari usa il sorriso e la simpatia,
chi l’intelligenza chi la bellezza, chi tutte queste cose insieme. A mio avviso la vera seduzione dovrebbe essere
inconscia, interessare e colpire qualcuno senza neanche accorgersene.
Qual è la soddisfazione maggiore
per la donna sportiva, in campo professionale?
La vera soddisfazione è senza dubbio vincere! Vincere
un incontro una partita un torneo, vedere che i tuoi sforzi e il tuo impegno sono andati nella giusta direzione
quello è il vero successo personale. La vittoria ti dà la
forza per andare avanti e ti fa capire se sei veramente
portato in quello che fai. Delle volte si ha la passione per
qualcosa, ma poi se non sei bravo davvero non diventerai mai un professionista e allora devi capire che è solo
uno svago o un hobby, ma che non potrà rendere più di
un tot. Ti dà la grinta per alzarti ogni mattina e fare gli
allenamenti che sono faticosi ti dà quella marcia in più
per cercare sempre di superare se stessi e fare meglio.
Vincere ti fa capire che i sacrifici non sono stati vani e
che è valsa la pena fare tante rinunce.
A che cosa deve rinunciare
la donna in carriera per sfondare?
Le rinunce sono molte. Dall’esterno spesso non vengono viste o non vengono valutate. il mondo degli sportivi
viene delle volte visto solo come un mondo “fantastico”,
fatto solo di cose belle e irraggiungibili. La verità però,
per esempio per noi tennisti, è che non sei mai fisso
in un posto viaggi di continuo, ogni settimana sei in un
posto diverso, fusi orari e climi differenti ai quali ti devi
adattare e abituare subito. Stare lontano dalla famiglia
PALMARES
IN SINGOLO
Winner (9): 2010 - Marbella; 2009 - Palermo, Los Angeles; 2008 - Viña del Mar, Acapulco; 2007 - Bangkok;
2005 - Bogotá, Acapulco; 2004 - Sopot, ITF/Cuneo-ITA;
2002 - ITF/Ortisei-ITA, ITF/Rome Lanciani 1-ITA, ITF/FanoITA, ITF/Biella-ITA; 1999 - ITF/Cagliari-ITA, ITF/Grado-ITA.
Finalist (10): 2010 - Auckland; 2009 - Acapulco; 2008
- Los Angeles, Zürich; 2007 - Acapulco; 2006 - Gold
Coast, Bogotá, Acapulco; 2004 - Acapulco, Palermo.
IN DOPPIO
Winner (9): 2010 - Miami, Stuttgart, Rome (all w/
Dulko); 2009 - Hobart, Bastad (both w/Dulko), ‘s-Hertogenbosch (w/Errani); 2008 - Estoril (w/Kirilenko);
2006 - Bogotá (w/Dulko); 2005 - Los Angeles (w/De-
e dagli amici, non poter fare tardi la sera perché comunque la sveglia la mattina è presto e non ci sono
scadenze che puoi rimandare. Se ci pensi noi viaggiamo tantissimo, ma nessun posto lo conosciamo bene,
perché non abbiamo il tempo di visitare le città o andare
per musei o a vedere delle mostre. Io mi sono ripromessa che quando mi fermerò tornerò in ogni posto dove
sono stata, ma per viverlo da vera turista con la guida in
mano andando a visitare e a conoscere ogni angolo nascosto. Insomma, vivere veramente le realtà nelle quali
mi trovo di cui però vivo solo il lato sportivo.
Una donna impegnata nella carriera,
per giunta sportiva, quali hobby riesce a coltivare?
A me piace moltissimo leggere e, come tennista, sono
fortunata, potendo coltivare bene questa mia passione.
Dovendo stare spesso tra aeroporti e voli molto lunghi
posso leggere molto. Ho sempre un libro con me e un
diario con le fotografie dei miei amici con le loro dediche. Anche la musica mi piace e anche in questo caso
l’ ipod è essenziale: ascolto la musica anche quando
per esempio sono in palestra ad allenarmi o all’aperto
quando vado a fare jogging.
Le foto sul campo da tennis sono di Tommaso Teudonio
mentieva); 2002 - ITF/Rome Lanciani 1-ITA (w/Ivone),
ITF/Brindisi-ITA, ITF/Fano-ITA, ITF/Bordeaux-FRA (all w/
Ehritt-Vanc), ITF/Bronx, NY-USA (w/Ani); 1999 - ITF/
Cagliari-ITA, ITF/Alghero-ITA (both w/Vinci); 1998 - ITF/
Brindisi-ITA, ITF/Quartu Sant’Elena-ITA (both w/Vinci).
Finalist (8): 2010 - Madrid (w/Dulko); 2009 - Bogotá, Stuttgart (both w/Dulko); 2008 - Montréal (w/Kirilenko); 2007
- Bogotá (w/Vinci), Barcelona (w/Domínguez Lino); 2006 Berlin (w/Dementieva); 2005 - US Open (w/Dementieva).
INOLTRE
Membro della Squadra Italiana - Fed Cup Team, 2003,
2005-10 che ha trionfato anche nella recente edizione;
Membro della Team Nazionale Italiano Italian Olympic
Team, 2008. Prosismo appuntamento: Londra nel
2012.
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L
di Vittoria Cesari Lusso
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L’ Elefante invisibile
L’amicizia: uso proprio e improprio
Quando ho detto a mio marito che il tema di questo numero sarebbe stato “l’amicizia”, ha subito commentato: “Ma
allora Vittoria, fai come Alberoni!?”.
“Magari – ho risposto – avessi i suoi talenti e… i suoi successi!”.
In effetti, come è noto, uno dei libri più famosi e venduti
sull’amicizia l’ha scritto appunto il suddetto celeberrimo sociologo.
Quindi inizierò rendendogli omaggio con qualche citazione,
ma poi, per evitare la trappola di un confronto certamente
svantaggioso per me, tratterò l’argomento da un punto di
vista un po’ diverso. Cercherò, come uso fare, di scovare
qualche elefante invisibile nascosto dietro l’uso quotidiano di
tale nobile sentimento.
L’amicizia è una qualità della relazione, non una relazione oggettiva – sostiene Alberoni ispirandosi ad altri autori
antichi e moderni. In sostanza, quando due persone, indipendentemente dalla collocazione sociale, dal sesso e dall’età,
si stimano, stanno bene insieme, si trattano su un piede di
uguaglianza, spendono entrambe energie per coltivare e
conservare il legame reciproco, allora sono amiche. O meglio, si comportano da amici. Anche due amanti, due fratelli,
due colleghi possono comportarsi da amici.
Gli amici ci dimostrano affetto, stima, interesse per il nostro
benessere fisico e psichico, piacere nello stare in nostra
compagnia, sostegno ed empatia nei momenti difficili, voglia
di mantenere viva la relazione. E tutto ciò lo dimostrano concretamente: ci telefonano, ci invitano a cena, ci propongono
di passare un po’ di tempo assieme, condividono con noi
riflessioni, gioie e dolori della vita. Gli amici rispettano altresì
determinati limiti: non ci chiedono di fare cose scorrette, evitano di metterci in imbarazzo, non ci lodano in modo immeritato, non ci frequentano per ricavare vantaggi materiali, non
tacciono quando sono in disaccordo con noi, non divulgano
le nostre confidenze, non corteggiano il nostro amato o la
nostra amata.
Affinché si possa parlare di amicizia nel senso autentico e nobile del termine devono quindi essere soddisfatte
cinque condizioni fondamentali: disinteresse, sincerità, reciprocità, eticità, selettività. Quando queste condizioni non
sono rispettate si ha un uso improprio, strumentale, a volte
persino “mafioso e clientelare” del concetto di amicizia. Vediamo alcuni esempi. Giulia sta compiendo uno stage in una
piccola impresa e spera di essere assunta al termine dello
stesso. La sua capoufficio è assai cordiale e Giulia fa di tutto
per farsela amica: si è informata sulla sua data di nascita e le
ha mandato dei fiori per il compleanno; si offre ogni mattina
di portarle il caffè, le fa complimenti sull’abbigliamento. Giulia è giovane e non ha molta chiarezza in merito alle proprie
motivazioni più o meno consce. Le piace raccontare che fa
tutto questo in modo disinteressato per pura e innocente
simpatia, giusto come farebbe con un’amica. Sono tuttavia
in pochi a crederle.
Sandra ama molto parlare con amici e conoscenti dei
suoi progetti, dei suoi successi e delle sue conquiste. Pensa che in tal modo susciterà la loro ammirazione e che tutti
vorranno far parte della cerchia privilegiata degli amici suoi.
In realtà, tali progetti e successi sono più un prodotto della
sua fantasia che della realtà. Presto o tardi sono in molti
ad accorgersene e a prendere le distanze da lei trovandola
poco sincera e sentendosi trattati non come un amico, ma
come un pubblico al quale si chiede solo di applaudire.
L’amicizia tra Giovanni e Pietro è naufragata sullo scoglio della reciprocità. I due erano amici da vari anni. Si vedevano spesso e facevano molte cose insieme, ma sempre e
soltanto su iniziativa di Pietro. Un certo giorno, però, Pietro
si è stancato della passività dell’amico. “Perché devo sempre essere io a cercarlo, a telefonargli, a farmi vivo?!”, ha cominciato a chiedersi. E da allora non si sono più incontrati.
Silvester è un magnate che ha conquistato il potere
politico in una lontana repubblica che attraversa un momento di forte declino economico e morale. In un primo tempo ha avuto folgoranti successi elettorali, ma in seguito la
sua stella è inesorabilmente declinata. Sociologi, politologi
e giornalisti hanno fornito miriadi di sapienti spiegazioni del
fenomeno. Ne hanno però trascurata una: l’uso improprio e
non etico del concetto di amicizia. In effetti, la parola amicizia era sempre sulle sue labbra e nelle sue dichiarazioni,
ampiamente riprese dai mass media di mezzo mondo: “Con
i membri della mia coalizione non ci sono problemi poiché
siamo amici”; “I più importanti capi di stato stranieri fanno a
gara per avermi come amico!”; “Per i miei elettori sono un
amico di cui fidarsi”; “Le mie molteplici e giovani fans possono contare sulla mia amicizia”. E ancora, ovviamente, “Tutti
coloro che non sono miei amici, sono nemici da combattere
con ogni mezzo”.
Silvester pagò caro questo uso strumentale e manipolatorio
dell’amicizia. Gli alleati pretesero a un certo punto di essere
considerati non come amici, bensì come “partner laici” che
avevano il diritto di far valere il loro dissenso e i loro interessi
divergenti. Ciò risultò insopportabile per il boss. Dopo la sua
caduta, gli altri potenti furono in fondo contenti di non dover
più fare buon viso alle sue pacche sulle spalle e smisero di
frequentarlo. Il popolo e le fans dal canto loro adottarono
presto nuovi presunti amici.
La selettività infine è la chiave di volta dell’amicizia.
Come ricordava già Aristotele, nessuno è amico di chi pretende di essere amico di tutti.
Se avete commenti o reazioni in merito al tema trattato non
esitate a contattarmi [email protected]
1
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra le folle con la sua imponente mole passava comunque
inosservato. Come se fosse invisibile…
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
49
Lugano capitale dell’italofonia
radiotelevisiva
Si è svolto a Lugano lo scorso 5 novembre il convegno intitolato: Alla ricerca dell’italiano e della
cultura italiana nel mondo. Organizzato dalla Comunità Radiotelevisiva Italofona (CRI), per sottolineare i 25 anni della sua esistenza, il convegno
era improntato su una lectio magistralis introduttiva del giornalista e scrittore Paolo Rumiz dal titolo “Le sensazioni di un viaggiatore italiano in giro
per il mondo” e su una successiva tavola rotonda, condotta da Michele Fazioli, cui hanno preso
parte partecipano Piero Bassetti, Matteo Maggiore, Nicoletta Maraschio, Mira Mocam, Elizabeth
Norberg-Schulz, Suor Maria Teresa Ratti e Ingrid
Rossellini.
Costituita il 3 aprile 1985, la Comunità (www.
comunitaitalofona.org), che riunisce una serie di
enti radiotelevisivi di servizio pubblico, annovera,
tra i Soci fondatori, oltre alla RSI Radiotelevisione
svizzera di lingua italiana, la RAI, Radio Vaticana,
la Radiotelevisione di San Marino e la Radiotelevisione di Koper/Capodistria.
Nel corso degli anni la Comunità si è ulteriormente allargata aprendosi alla partecipazione di altri
enti radiofonici e televisivi che trasmettono programmi in lingua italiana e ad altri operatori mediatici che, nei diversi continenti, contribuiscono
a collaborare all’obiettivo di diffondere la lingua
e la cultura italiana nel mondo. Le stesse finalità
stanno alla base della cooperazione e lo scambio
di prodotti radiofonici, televisivi e via web tra i
membri della Comunità.
Remigio Ratti ne è l’attuale presidente, per l’occasione ha tracciato un bilancio di questi primi
25 anni
La traiettoria evolutiva della CRI
I primi venticinque anni della Comunità radiotelevisiva sono stati caratterizzati da un obiettivo rimasto costante, quello della valorizzazione della
lingua e della cultura italiana, mentre invece sono
profondamente mutati sia il contesto, sia le modalità d’azione.
La Comunità, costituita il 3 aprile 1985 a Firenze,
nasceva in un periodo ormai caratterizzato dall’avvento delle tecnologie di distribuzione satellitare
di nuova generazione e dalla crescente presenza
nell’etere di radio e televisioni commerciali. Queste ultime prendevano progressivamente il posto
delle televisioni italofone estere sino allora ben
diffuse in buona parte della Penisola: la Rtv di Capodistria, la Rtv della Svizzera italiana e Tele Mon-
50
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
tecarlo, concorrenti
involontarie
della
Rai. Con la costituzione della Comunità delle emittenti
di servizio pubblico
la Rai trovava un accordo dapprima con
la Radiotelevisione
della Svizzera poi,
per analogia, con la
Rtv di San Marino e
la Radio Vaticana.
D’altra parte, dopo i
vari tentativi per una
televisione satellitare multilingua europea, sfociati invece
in prodotti monolingue come la francofona Tv5 nel 1984
e la germanofona
3Sat, qualche velleiRemigio Ratti.
tà d’essere presente
via satellite poteva anche essere stata pensata per
la neonata Comunità Radiotelevisiva Italofona.
Il contesto della prima metà degli anni ottanta
dava quindi dapprima alla Comunità Radiotelevisiva Italofona un significato altamente istituzionale. Le modalità d’azione ipotizzate andavano dalla coproduzione, agli accordi di distribuzione, di
scambio e di formazione di personale tecnico e di
giornalisti qualificati. In altri termini il prodotto radiotelevisivo era pensato anche come un prodotto
d’esportazione, particolarmente ancorato alla realtà più forte quella della Rai e in seconda battuta
della svizzera Rsi. Nei fatti la Comunità Radiotelevisiva Italofona si scontrerà poi con i limiti, le
barriere d’entrata e le strategie di realtà sempre
ancorate alle rispettive contingenze nazionali. Tuttavia l’idea produce i suoi frutti: nascono i corsi di
lingua italiana Victor, la coproduzione di radiodrammi e varietà, scambi e, Sintonie, una rubrica
radiofonica settimanale in comune.
Con gli anni Duemila, contesto e modalità d’azione cambiano sostanzialmente. Siamo alla tecnologia digitale: suoni, immagini e testi tendenzialmente convergono in nuove offerte multimediali,
spesso interattive. Cadono pure i costi e con essi
molte delle barriere d’entrata alla produzione, distribuzione e mercato.
La Comunità percepisce il cambiamento, dandosi dapprima degli obiettivi di programma mirati e
tematici[1] e si interessa alle minoranze non solo
nazionali e all’italiano nella globalità. Nel 2004
a Villa Erba di Cernobbio è organizzato un significativo convegno dal titolo “Noi e gli altri. Lingua
italiana e minoranze: quale ruolo per i media”[2].
Il tema coinvolge in particolare le sedi regionali
della Rai e i loro programmi.
Nel 2008 a Cagliari, alla tradizionale Assemblea
della Comunità Radiotelevisiva Italofona nell’ambito del Prix Italia si potrà affermare di aver contribuito al mantenimento della sede sarda.
Un laboratorio
La Comunità Radiotelevisiva Italofona sperimenta
e diviene un po’ un laboratorio per quei collaboratori che ne vogliono interpretare lo spirito. Così
si allarga ad altri emittenti, gli associati, e accoglie
con lo statuto di amici della Comunità, in particolare enti e istituzioni accademiche che promuovono la lingua e la cultura italiana. Nel 2006 si
dà nuovi statuti e una carta programmatica che
sanziona [3] i tre cerchi della Comunità Radiotelevisiva Italofona, soci fondatori, associati e amici,
mentre va alla scoperta dell’italiano nei Balcani e
nel Mediterraneo.
Con grande tenacia propone e poi riesce a riunire
un buon numero di radiotelevisioni e di personalità al Convegno di Tirana (16-18 ottobre 2008),
ospiti della Radiotelevisione pubblica albanese;
l’incontro mette in risalto la presenza della lingua e della cultura italiana nell’area balcanica e
la volontà di vederla conosciuta e valorizzata fino
ad entrare nei programmi delle emittenti presenti.
Vale la pena di ripercorrerne gli atti “L’italiano di
fronte. Italicità e media nei Paesi dell’Europa sudorientale”[4]. L’incontro di Tirana sanziona le nuove
adesioni delle Rtv albanese, croata, rumena e apre
la prospettive di averne altre all’orizzonte.
Questa evoluzione convince la Comunità Radiotelevisiva Italofona a lasciarsi guidare da un nuovo
paradigma, meno istituzionale e più sostanziale:
andare alla scoperta e valorizzare il “sentire italiano”, convinti che l’italiano è, o può ancora essere, lingua di identificazione culturale anche nella
globalizzazione, al contrario dell’inglese quando
il suo uso è puramente strumentale.
L’Accademia della Crusca lanciando la piazza
delle lingue 2010 sull’“Italiano degli altri” rafforza
non poco l’impostazione della Comunità intesa a
scoprire l’apporto del concetto di italicità, il cavallo di battaglia di uno dei nostri membri, l’associazione Globus et Locus.
Alla ricerca dell’italianità
L’italiano e la cultura italiana evolvono e si contaminano nella globalità e questo obbliga ad andare
a cercare coloro che parlano, capiscono o anche
solo sono vicini alla cultura italiana. Il paradigma
dell’italicità, o in genere dell’italianità, mette in
rete vecchi e nuovi attori, si alimenta su progetti
e si costruisce attorno a nodi in interrelazione. Ne
consegue che la Comunità italofona si pensa ormai come uno strumento multimediale non tanto
per esportare i propri prodotti quando come laboratorio per servire coloro che si identificano nel
sentire italiano. Gli ultimi esempi sono il ciclo dei
Classici italiani, una coproduzione dell’Isi, Istituto di studi italiani dell’Università di Lugano, con
Rete Due della Radiotelevisione svizzera, che sfocia nella nostra banca di scambi, ma anche quale
prodotto multimediale innovativo dell’Enciclopedia Treccani; possiamo ancora citare la piattaforma di scambio della Comunità che contribuisce a
far rete e incoraggia, come nel recentissimo accordo della Comunità con Radio Vaticana la messa
a disposizione dei membri i concerti registrati in
Vaticano con l’apporto dei conservatori italiani.
Tutto è però in evoluzione e la Comunità Radiotelevisiva Italofona che, ricordiamolo, ha solo le
risorse delle volontà di chi la anima e dei capitale
di fiducia delle rispettive direzioni, deve continuamente rinnovarsi e ringiovanirsi.
Nell’incontro del 5 novembre 2010 dal titolo “Alla
ricerca dell’italiano e della cultura italiana nel mondo” abbiamo voluto rispondere in modo aperto e
critico a due domande:
- quali sfide, bisogni e aspettative si pongono alla
lingua italiana quale elemento di identificazione
culturale in un mondo globalizzato?
- Quali risposte strumentali e strategiche possono
essere date dai media elettronici di servizio pubblico?
Per servire l’italiano nel mondo occorre privilegiare il dialogo, valorizzare e trovare, specie nell’”italiano degli altri”, occasioni per fare rete e comunità. Un compito che vorremmo contribuire ad
adempiere anche in futuro grazie a tutti gli utenti
e alla volontà di crescere della Comunità Radiotelevisiva Italofona dei soci fondatori, dei soci associati e dei membri amici della Comunità.
1 Gli scrittori delle nostre Alpi per interpretare l’anno internazionale della montagna nel 2002.
2 Edizioni Rai eri, 2005.
3 gli impulsi risalgono alla carta programmatica dell’Assemblea di Bologna, del 2001).
4 Edizioni Rai eri, 2009.
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
51
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degli italiani
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Se B. ha dominato la vita pubblica italiana per quasi vent’anni, c’è un motivo. Anzi, ce ne sono dieci: 1. fattore
umano, 2. fattore divino, 3. fattore
Robinson, 4. fattore Truman, 5. fattore hoover, 6. fattore zelig, 7. fattore
harem, 8. fattore medici, 9. fattore
t.i.n.a, 10. fattore palio.
Perché la maggioranza degli italiani ha
appoggiato e/o sopportato Silvio Berlusconi per tanti anni?
Non ne vede gli appetiti, i limiti e i metodi? Risposta: li vede eccome. (Anche)
per questo, spiegare il personaggio ai
connazionali è una perdita di tempo.
Ciascuno di noi ha un’idea, raffinata in
anni di indulgenza o idiosincrasia,e non
la cambierà. Ogni italiano si ritiene depositario dell’interpretazione autentica
e discuterla è inutile.
Utile è invece provare a spiegare Berlusconi ai posteri: un giorno si chiederanno cosa è successo in Italia. Nella
pancia della nazione si muovono tanti
elementi: umanità e opportunismo,
cautela e astuzia, distrazione e confusione, fantasia e ottimismo. Chi sa
interpretarli e utilizzarli può andare lontano. Anzi: c’è già andato.
Questo libro è un viaggio. La guida è
acuta e incisiva, generosa di notizie,
dettagli e informazioni, pronta a far discutere destra e sinistra. Un Severgnini in gran forma, che non rinuncia alla
consueta ironia su se stesso e gli altri,
ma deciso a farci riflettere sulle nostre
scelte e sul cammino che tracciamo
per i nostri figli.
Beppe Severgnini (Crema 1956) è
editorialista del Corriere della Sera,
conduce dal 1998 il forum Italians e
ha lavorato per The Economist (19932003). I suoi libri più recenti sono La
testa degli italiani (2005), bestseller e
tradotto in quattordici Paesi, L’italiano.
Lezioni semiserie (2007) e Italians
(2008).
La globalizzazione, il glocalismo ridefiniscono i significati odierni delle identità collettive e il sentimento di appartenenza che le caratterizza. A partire
dal concetto di “scontro di civiltà” del
politologo S. P. Huntington, il testo costruisce un percorso culturale e sociologico dei mutamenti contemporanei fino
a raggiungere il tema centrale: l’identità
italiana, o meglio italica. In un’epoca di
grandi trasformazioni qual è e quale
sarà il posto per l’identità definita italica
nei processi della globalizzazione e nel
percorso della costruzione dell’identità
Europea? È il quesito al quale l’autore
cerca di rispondere, da un punto di vista
che tenga conto della lunga storia italica – artefice di un’identità complessa e
ambigua al tempo stesso –, ma anche
dei processi di emigrazione e mobilità
che da sempre hanno caratterizzato le
genti della nostra penisola. Un condensato di memoria, presente e futuro di un
“way of life” che oggi appare sempre più
difficile da “afferrare.
Rispondendo, l’autore prova a sfatare la
retorica: “abbiamo fatto l’Italia, adesso
facciamo gli Italiani”. Gli Italiani c’erano già ciò che è mancato e continua a
mancare è l’Italia. Si definirà quindi il paradigma dell’italicità, comprendente ma
differente da quello dell’italianità, possibile risorsa per capire la complessità
contemporanea. Perché le idee sui vizi
e le virtù degli italiani possono apparire
diverse e sorprendenti se assumiamo
un nuovo punto di vista.
Riccardo Giumelli è sociologo, insegna “Teorie e Pratiche della Comunicazione” e “Strategie della Comunicazione
Giornalistica” presso la facoltà di Scienze Politiche, dell’Università di Firenze.
Ha svolto attività di ricerca presso la
Rappresentanza italiana dell’OCSE a
Parigi. Collabora con l’Associazione
Globus et Locus di Milano e scrive per
riviste nazionali e internazionali.
Lungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e
Parigi, troviamo una satanista isterica, un
abate che muore due volte, alcuni cadaveri
in una fogna parigina, un garibaldino che
si chiamava Ippolito Nievo, scomparso in
mare nei pressi dello Stromboli, il falso
bordereau di Dreyfus per l’ambasciata
tedesca, la crescita graduale di quella falsificazione nota come I protocolli dei Savi
Anziani di Sion, che ispirerà a Hitler i campi
di sterminio, gesuiti che tramano contro i
massoni, massoni, carbonari e mazziniani
che strangolano i preti con le loro stesse
budella, un Garibaldi artritico dalle gambe
storte, i piani dei servizi segreti piemontesi,
francesi, prussiani e russi, le stragi in una
Parigi della Comune dove si mangiano i
topi, colpi di pugnale, orrendi e puteolenti
ritrovi per criminali che tra i fumi dell’assenzio pianificano esplosioni e rivolte di
piazza, barbe finte, falsi notai, testamenti
mendaci, confraternite diaboliche e messe
nere. Ottimo materiale per un romanzo
d’appendice di stile ottocentesco, tra l’altro
illustrato come i feuilletons di quel tempo.
Ecco di che contentare il peggiore tra i lettori. Tranne un particolare.
Eccetto il protagonista, tutti gli altri personaggi di questo romanzo sono realmente
esistiti e hanno fatto quello che hanno
fatto. E anche il protagonista fa cose che
sono state veramente fatte, tranne che ne
fa molte, che probabilmente hanno avuto
autori diversi. Ma chi lo sa, quando ci si
muove tra servizi segreti, agenti doppi, ufficiali felloni ed ecclesiastici peccatori, può
accadere di tutto.
Anche che l’unico personaggio inventato di
questa storia sia il più vero di tutti, e assomigli moltissimo ad altri che sono ancora
tra noi.
Umberto Eco è nato ad Alessandria nel
1932; filosofo, medievista, semiologo,
massmediologo, ha esordito nella narrativa
nel 1980 con Il nome della rosa (Premio
Strega 1981).
Numerose le sue opere di saggistica
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
53
Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità italiana
Moti rivoluzionari e lotte
per le Costituzioni
di Tindaro Gatani
L’unico popolo europeo che era riuscito
a opporre una forte e vittoriosa resistenza
all’invasione francese era stato quello spagnolo. Nel 1808, Napoleone, sfruttando i
contrasti tra re Carlo IV e il figlio Ferdinando, principe delle Asturie, aveva costretto
entrambi ad abdicare, imponendo sul trono di Spagna il fratello Giuseppe Bonaparte. Nello stesso tempo le truppe francesi invadevano il Portogallo, ma erano costrette
a ritirarsi per l’immediato sbarco di ingenti
forze inglesi, intervenute per dare man forte alla guerriglia spagnola, divenuta ormai
«una spina nel fianco di Napoleone».
Dalla Spagna alla Sicilia
La svolta avvenne quando il principe delle Asturie,
ancora prigioniero di Napoleone, promise segretamente di voler mantenere, una volta insediato sul
trono spagnolo, la Costituzione che i patrioti liberali si erano data nel 1812. Il futuro re si impegnava a rinunciare al potere legislativo che sarebbe
stato affidato alle Cortes, un Parlamento eletto dal
popolo. Ma, passato il pericolo, appena diventato
re con il nome di Ferdinando VII, nel dicembre del
1813, si rifiutò di mantenere fede alla parola data,
restaurando il suo potere assoluto e perseguitando
tutti quei patrioti che avevano preso parte alla lotta di liberazione. In seno al popolo e soprattutto
nell’esercito, che aveva ricacciato i Francesi oltre
i Pirenei, cominciò a serpeggiare allora una forte indignazione sfociata poi nell’ammutinamento
di alcuni battaglioni di stanza a Càdice che, il 1°
gennaio 1820, proclamarono di nuovo la Costituzione del 1812. L’insurrezione dilagò in tutta
la Spagna e il re fu costretto a indire le elezioni
per la convocazione delle Cortes. La rivoluzione
spagnola aveva intanto contagiato anche il Regno
delle Due Sicilie. Dopo la vittoria di Austerlitz del
2 dicembre 1805 contro la Terza coalizione della
quale, accanto all’Austria, alla Gran Bretagna, alla
Russia e alla Svezia, faceva parte anche il Regno
di Napoli, Napoleone aveva deciso di regolare
definitivamente i conti con i Borboni, invadendo l’Italia meridionale sul cui trono pose prima
Carlo Alberto di Savoia.
il fratello Giuseppe (1806) e, dopo la nomina di
quest’ultimo a Re di Spagna, il cognato Gioacchino Murat (1808). Nel 1806, re Ferdinando IV di
Borbone costretto a rifugiarsi in Sicilia, sulla quale regnava con il nome di Ferdinando III, accettò
la protezione delle truppe britanniche comandate
dall’energico Lord William Bentinck, che, per accattivarsi le simpatie dei patrioti convinse il monarca a nominare reggente il figlio Francesco e a
promulgare una Costituzione fatta poi approvare
dal Parlamento.
Elaborata su modello inglese e adattata alle esigenze locali, essa prevedeva un potere legislativo attribuito a due Camere, quella dei Comuni e
quella dei Pari, e uno esecutivo affidato al re e uno
giudiziario composto di giudici togati formalmente indipendenti.
la
Rivista
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occupata che quelle rivolte potessero contagiare
parte del suo Impero, si riunirono in dicembre a
Lubiana (Slovenia) per organizzare «interventi militari» in tutti quegli Stati dove era «già in atto» o
si sarebbero verificati d’allora in poi «moti rivoluzionari di qualsiasi genere». Prussia, Russia e Austria, avevano insomma deciso, senza un’esplicita
richiesta dei diretti interessati, di intervenire per
ristabilire l’assolutismo nei due Stati ribelli, incaricando l’ambasciatore del Regno delle Due Sicilie
di comunicare la decisione presa del prossimo intervento militare al suo sovrano. L’ispiratore della
«linea dell’intervento repressivo» era soprattutto
Clemens Wenceslaus Lothar principe di Metternich, che temeva l’esportazione della rivoluzione
in altre realtà europee. In un primo tempo Ferdinando I si mostrò offeso di una decisione presa
in sua assenza e chiese di poter prender parte al
nuovo incontro di Lubiana che si sarebbe svolto
nel gennaio del 1821. Prima di lasciare Napoli
egli promise solennemente che in quell’incontro
avrebbe difeso il programma costituzionale che
aveva concesso ai suoi sudditi e a opporsi a qualsiasi intervento militare contro il suo Regno.
Federico Confalonieri.
Gli incontri di Lubiana
Quella siciliana era la più moderna delle Costituzioni fino allora approvate, ma pur non essendo stata mai abrogata essa non fu mai applicata
perché, dopo il suo ritorno a Napoli, Ferdinando
IV di Napoli e III di Sicilia, divenuto Ferdinando I
delle Due Sicilie, non convocò più il Parlamento
siciliano. A sei mesi esatti dell’inizio dell’insurrezione spagnola, il 1° luglio 1820, giorno di festa
di San Teobaldo, protettore dei carbonai, la rivolta
scoppiò anche a Napoli. A sollevarsi per primo fu
uno squadrone di cavalleria di stanza a Nola, con
a capo Michele Morelli e Giuseppe Silvati, che
insorse al grido di «Viva il Re, viva la Costituzione», issando la bandiera rossa, nera e turchina dei
Carbonari. Nella marcia verso Napoli, al gruppo
degli insorti si unirono nuovi reparti al comando
del maggiore Lorenzo De Conciliis provenienti
da Avellino e quelli al comando del generale Guglielmo Pepe, che già aveva servito sotto il Murat.
Come in Spagna, anche a Napoli la rivolta non era
contro la persona del Re, ma per una monarchia
costituzionale. E come a Madrid, anche a Napoli,
il vecchio Ferdinando I fu costretto a concedere la
Costituzione, giurando sul Vangelo di mantenerla
«lealmente». Le cose andarono peggio in Sicilia,
dove i patrioti, con l’aiuto del popolo, cacciarono
le truppe regie e istituirono un governo provvisorio, proclamando l’indipendenza dell’Isola, che fu
però domata dall’intervento militare al comando
del generale Pietro Colletta (settembre 1820). I fatti di Spagna e del Regno delle Due Sicilie avevano intanto allarmato la Santa Alleanza, che sulla
pronta e ferma sollecitazione dell’Austria, pre-
56
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
La spedizione contro il Regno delle Due Sicilie
Gli storici, ancora oggi, non sono concordi su
come si siano veramente svolti i colloqui di Lubiana. Alcuni affermano che, una volta di fronte ai
rappresentanti dell’Austria, della Prussia e Russia,
Ferdinando I, recitando la parte della vittima della rivoluzione chiese e ottenne l’aiuto militare per
sconfiggere gli insorti. Altri invece parlano di un
Re giunto a Lubiana carico di ottimismo e sicuro di «farsi ascoltare dai grandi», con la speranza
di «essere anche apprezzato come mediatore di
pace» e «sovrano illuminato», che aveva saputo
fermare la sollevazione, rinunciando a qualche
privilegio. Di storicamente accertato c’è il fatto
che a Lubiana egli fu «richiamato» e «umiliato»
per le debolezze dimostrate nei confronti dei «militari ribelli», dei «rivoluzionari» del vecchio regime napoleonico e dei disertori di ogni risma. Di
più sicuro c’è che, ancora prima che Ferdinando I
arrivasse a Lubiana, gli Austriaci avevano ordinato l’invio contro il Regno delle Due Sicilie di un
potente esercito di oltre 100 mila soldati per sconfiggere i ribelli e ripristinare l’ordine voluto dalla
Santa Alleanza. In un estremo tentativo di evitare
spargimento di sangue, Ferdinando I si limitò a inviare al «suo governo costituzionale», l’ordine di
«desistere da ogni progetto difensivo... per il bene
del Paese». La marcia degli Austriaci fu favorita
dalla concessione del diritto di transito dello Stato
pontificio prontamente accordato da papa Pio VII.
Le difese napoletane schierate in Abruzzo e lungo
il corso del fiume Garigliano furono disperse dalle
preponderanti forze nemiche che già il 21 marzo
1821 entrarono a Capua, Caserta e Aversa, il 25
a Napoli e il giorno dopo occupavano anche la
fortezza militare di Gaeta. Lo «spergiuro re Fer-
dinando», tornato sul trono, nominò a capo della
polizia Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa, che già egli stesso aveva, prima della rivolta,
esonerato dal servizio per la sua ferocia repressiva, che adesso si poteva abbattere indisturbata
contro tutti gli oppositori del regime. Venne allora
abolita la Costituzione e ristabilito l’assolutismo,
mandati a morte Morelli e Silvati, imprigionati o
costretti all’esilio moltissimi altri. Il Metternich
non si era comunque sbagliato sulla possibilità di
esportazione delle idee liberali nelle diverse realtà
europee. Ai moti di Napoli seguirono infatti quelli di Torino, dove il 22 gennaio 1821, l’arresto di
quattro giovani universitari, che avevano manifestato pubblicamente il loro appoggio alla rivolta
napoletana, provocò una manifestazione di solidarietà dei loro colleghi, che venne dispersa dalla
polizia con tanta violenza da provocare il risentimento generale della popolazione. I fatti che seguirono portarono a una più stretta collaborazione
tra i liberali piemontesi e quelli lombardi decisi a
imbracciare le armi contro gli occupanti austriaci.
Fu in questa circostanza che si andò delineando
la figura tentennante e dubbiosa di Carlo Alberto
di Savoia, che ebbe di certo una parte non molto
chiara in quegli avvenimenti.
Carlo Alberto e la rivoluzione piemontese
Il vecchio re Vittorio Emanuele I, ritornato a Torino dalla Sardegna nel 1815, amava ripetere di
«voler fingere di aver dormito per i quindici anni»
di quell’esilio e che quindi tutto sarebbe ritornato
come prima della dominazione francese. I patrioti, che aspiravano a maggiore libertà, si rivolsero
allora a Carlo Alberto, il giovane rampollo di casa
Savoia, che aveva fatto intendere di voler diventare autorevole «mediatore» tra il re e i liberali, che
contavano sulla sua buona volontà. Tutto sembrò
prendere la piega giusta quando Vittorio Emanuele
I abdicò in favore del fratello Carlo Felice e, in sua
assenza, la reggenza venne assegnata proprio a
Carlo Alberto che, sotto la spinta dei liberali, promulgò la Costituzione di Spagna, facendo salva,
però, «l’approvazione sovrana». Carlo Felice rifiutò le concessioni fatte dal principe reggente al quale ordinava di recarsi subito a Novara e prendere
servizio in una guarnigione rimasta a lui fedele. Lo
stesso Carlo Felice invocò allora l’aiuto della Santa
Alleanza e l’Austria fu felice di intervenire, sconfiggendo a Novara l’esercito degli insorti. Anche
la rivoluzione piemontese finiva così con il ritorno
sul trono di un monarca assolutista e «reazionario per indole». Come a Napoli anche nel Regno
di Sardegna fu allora lanciata una campagna repressiva in grande stile contro tutti gli oppositori.
Dopo i fatti di Napoli e di Torino tutti i sovrani
allertati dall’Austria intensificarono i controlli e gli
atti repressivi contro ogni libertà di espressione e
di manifestazione di dissenso. In questi eventi va
inquadrata la spietata e feroce reazione del Duca
di Modena, che istituì un tribunale militare spe-
Silvio Pellico.
ciale che pronunziò ben nove condanne a morte,
poi commutate in carcere duro a vita, tranne quella riguardante il giovane sacerdote Don Giovanni
Andreoli, che fu giustiziato davanti alla rocca del
castello di Rubiera il 17 ottobre 1822. Per mettere
a tacere ogni idea liberale bisognava però soffocare anche la Costituzione spagnola e far tacere per
sempre quei patrioti del Lombardo Veneto che si
erano distinti nell’opposizione allo strapotere austriaco. Per ingraziarsi la Santa Alleanza, fu allora
lo stesso Carlo Felice a indire per l’ottobre 1822
un Congresso a Vienna, dove fu presa la decisione di restaurare l’assolutismo nella penisola iberica. A incaricarsi di quella missione fu la Francia
reazionaria di Luigi XVIII che, appena entrata a
far parte della Santa Alleanza, voleva dimostrare
di aver espiato le sue colpe rivoluzionarie. Così,
nell’aprile del 1822, l’esercito francese passava i
Pirenei e costringeva i liberali a lasciare Madrid e
a riparare a Càdice, dove opposero una dura resistenza asserragliandosi nella fortezza del Trocadero, prima di arrendersi alle preponderanti forze
nemiche nell’agosto del 1823. Tra quanti si distinsero nella repressione della rivoluzione spagnola,
soprattutto nell’assedio al Trocadero, c’era anche
Carlo Albero di Savoia.
Silvio Pellico e Federico Confalonieri
La rigorosa campagna di prevenzione contro qualsiasi aspirazione liberale aveva portato intanto
all’arresto di alcuni patrioti del Lombardo-Veneto,
dove tuttavia non si era verificato nessun moto rivoluzionario. Ma il governo austriaco sapeva che
Milano era in fermento e stava trasformandosi in
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La Sentenza che commutava la pena di morte in carcere duro
a vita allo Spielberg per i patrioti lombardi.
un pericoloso focolaio di idee e iniziative liberali.
Bisognava prevenire e stroncare sul nascere qualsiasi velleità democratica. Nella capitale lombarda le due maggiori società segrete, la Carboneria
e la Massoneria, avevano ricevuto un nuovo impulso dal diffondersi del Romanticismo, la nuova
corrente di pensiero, nata alla corte di Madame de
Staël a Coppet sul Lago Lemano, (vedi «La Rivista»
di aprile) per contrastare l’imperante Illuminismo
francese e favorire «l’affermazione della piena
libertà d’ispirazione e della creazione artistica»
con «il rifiuto di ogni imitazione dei modelli del
passato». In Italia, più che ogni altro Paese d’Europa, il dibattito si era trasformato ben presto da
letterario in politico. La lotta dei liberali, che si
battevano per la libertà e l’indipendenza dall’oppressione straniera e quella dei romantici per la
libertà della letteratura e dell’arte, avevano trovato
in Lombardia una casa comune nella cerchia di «Il
Conciliatore», un periodico fondato nel settembre
1818 da una società di intellettuali, tra cui c’erano
anche Federico Confalonieri, Giovanni Berchet,
Pietro Borsieri, Silvio Pellico, Gian Domenico Romagnoli e l’abate e marchese torinese Ludovico di
Breme, di ritorno dalle assise di Coppet. Tutti i collaboratori del battagliero foglio, pur limitandosi a
trattare argomenti letterari, giuridici e artistici, nei
loro scritti lasciavano comunque «trasparire vivo e
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irrefrenabile l’amore per la libertà e l’indipendenza» della Nazione italiana. Il termine romantico si
trasformò ben presto in sinonimo di liberale, che
dalle forze reazionarie allora imperanti fu interpretato come patriottico e quindi rivoluzionario.
Fu per questo che «Il Conciliatore» fu soppresso
dalle autorità austriache nell’ottobre del 1819.
Seguirono quindi gli arresti di alcuni suoi collaboratori, tra cui Silvio Pellico e Federico Confalonieri, e di altri patrioti, che si conclusero con varie
condanne a morte (1822-1823), commutate poi in
carcere duro allo Spielberg, una fortezza della città di Brno in Moravia.
Silvio Pellico, graziato nel 1830, fece ritorno in
Italia e scelse Torino come sua nuova dimora, ritirandosi completamente dalla politica attiva e
accettando di svolgere la mansione di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Il suo libro autobiografico Le mie prigioni, uscito nel 1832, si
trasformò comunque in una potente arma antireazionaria, che costò all’immagine dell’Austria «più
di una battaglia persa».
Federico Confalonieri uscì dallo Spielberg dopo
ben 13 anni di carcere duro, «indebolito di spirito
e di corpo» e solo dopo l’assicurazione di non far
più ritorno in Italia. Sarebbe poi morto esule, il 10
dicembre 1846, a Hospental, mentre da Lucerna
si stava recando in Ticino.
La Carica dei Bersaglieri a Porta Pia, di Michele Cammarano.
Scuderie del Quirinale (Roma) fino al 16 gennaio 2011
1861: I pittori del Risorgimento
di Augusto Orsi
© by Danilo Rea.
In occasione delle celebrazioni per il
150° anniversario dell’Unità d’Italia, le Scuderie del Quirinale (Roma) presentano una
grande mostra per illustrare come la pittura italiana abbia rappresentato gli eventi
che tra il 1859 e il 1861 portarono il nostro
Paese alla conquista dell’indipendenza e
dell’unità nazionale.
1861 i pittori del Risorgimento è un’esposizione
commemorativa che allinea numerose opere che
in questo filone sono ritenute, se non capolavori,
opere di primaria importanza sia come testimonianza di avvenimenti storici, sia come rappresentative della migliore pittura paesaggistica dell’Ottocento. Tele esortative sul piano socio-politico in
quanto evidenziavano l’importanza di eventi bel-
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lici che contribuirono a fare la nazione Italia. L’allestimento è pregevole anche sotto l’aspetto didattico in quanto le funzionali e dettagliate didascalie
permettono di mettere a fuoco e comprendere gli
avvenimenti rappresentati dai quadri nel loro contesto storico.
I due anni, dal 1859 al 1861, in cui l'Italia, divisa
per secoli, è diventata una nazione, sono stati memorabili anche per la storia dell'arte, in particolare per la pittura, chiamata a testimoniare questa
straordinaria vicenda.
Artisti come Giovanni Fattori, il pittore soldato
Gerolamo Induno, Federico Faruffini, Eleuterio Pagliano, Michele Cammarano s'impegnarono a narrare la dinamica e lo spirito delle celebri battaglie
della Seconda guerra di indipendenza ma anche a
rendere la passione che animò Garibaldi e le sue
L’imbarco a Genova del Generale Giuseppe Garibaldi,
di Gerolamo Induno.
La partenza dei coscritti, di Gerolamo Induno.
leggendarie Camicie rosse, trovando toni e forza
espressiva originali e innovativi, in opere, prive di
ogni retorica celebrativa, dove i veri protagonisti
sono gli umili soldati, spesso travolti dalla storia.
È ancora la vita del popolo risalta nei dipinti, in
cui i macchiaioli Fattori, Silvestro Lega, Odoardo
Borrani, ma anche i romantici lombardi Francesco
Hayez, Domenico Induno, o il siciliano Giuseppe
Sciuti, hanno saputo rappresentare i riflessi di quegli eventi storici all'interno delle mura domestiche
componendo l'altro volto del Risorgimento, quello
intimo e privato, in capolavori unici per intensità
emotiva o drammatico pathos.
Nell’esposizione sono messi a confronto, per la
prima volta, i monumentali dipinti di Giovanni
Fattori e Gerolamo Induno, per mettere in luce
come entrambi gli artisti, pur con linguaggi diversi,
ambissero al medesimo obiettivo: rappresentare le
fondamentali battaglie per la conquista dell'Unità
spostando l'attenzione dagli aspetti militari a quelli ideali e popolari.
Inoltre si ammira la celebre La Battaglia della Cernaia di Gerolamo Induno che partecipò personalmente alla Guerra di Crimea e alla famosa battaglia immortalata sulla tela in un'opera che costituirà un modello per tutta la pittura del periodo. Tra i
più conosciuti artisti dell'epoca, Giovanni Fattori,
invece, non partecipò direttamente alla Seconda
Guerra d'Indipendenza ma seppe rendere, forse
più di ogni altro, la dimensione epica del nostro
Risorgimento realizzando capolavori artisticamente assimilabili alle più belle pagine del Tolstoj
di Guerra e Pace. Nelle opere dei lombardi Eleuterio Pagliano e Federico Faruffini come in quelle
del napoletano Michele Cammarano si scopre,
poi, quel rivoluzionario e impressionante realismo
che ispirò l'immaginario cinematografico di registi
come Blasetti e Visconti che proprio al racconto del
Risorgimento dedicarono alcuni loro capolavori.
In mostra, quindi, il racconto di alcuni degli anni
e delle vicende più importanti della nostra storia,
i fatti rivoluzionari del 1848, indispensabile premessa per capire le vicende dal 1859 al 1861, il
mito delle Cinque giornate di Milano e quello di
'Roma ferita al cuore', la partecipazione popolare
e l'epica della storia nelle opere di Hayez, Molteni, Induno. E ancora, lo spirito popolare dell'epopea dei Mille, il mito delle camice rosse e la figura di Garibaldi interpretati da Fattori, Gerolamo
Induno, Filippo Liardo e Umberto Coromaldi.
Con le delusioni di Villafranca e di Aspromonte,
drammaticamente restituiteci dai capolavori di
Domenico e Gerolamo Induno, la mostra si avvia
a conclusione.
Il tragico dipinto del Fattori, Lo staffato, è l'opera
emblematica di questo periodo, il simbolo delle
riflessioni e delle inquietudini che caratterizzarono quegli anni, forse, come è stato da più parti
definito, il più vero e antiretorico monumento ai
caduti delle guerre risorgimentali.
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Il Risorgimento italiano
nel cinema (parte I)
Dalle origini alla fine della Seconda Guerra Mondiale
di Mattia Lento
N
el momento in cui ci apprestiamo a
festeggiare l’anniversario dei centocinquanta anni dalla nascita dello Stato
italiano, il nostro paese sembra soffrire
di un alto tasso di conflittualità che rischia di mettere a repentaglio proprio quell’unità tanto agognata e tanto sofferta. Sono note a tutti oramai le
tensioni secessioniste della Lega Nord - che non
sono state certo cancellate dall’ultima esperienza
governativa del partito di Umberto Bossi.
Tuttavia, appaiono sottovalutati i malumori del
sud della penisola e delle classi dirigenti che lo
rappresentano. Qualche giorno fa Angelo Panebianco, in un editoriale sul Corriere della sera
intitolato eloquentemente “L’altra secessione”, ha
parlato proprio delle tendenze centrifughe meridionali. Un atteggiamento non nuovo che si nutre
anche di interpretazioni storiche che leggerebbero il processo unitario come un mero episodio di
colonialismo economico e politico del Nord nei
confronti del Sud.
La divisione Nord e Sud non è certo l’unica a inficiare l’integrità culturale del nostro paese, ma
sembra quella più acuta e irrisolvibile al momento. I partiti politici della Seconda Repubblica, ad
esclusione di una realtà precaria e legata alle sorti
del suo leader come Forza Italia, non sono mai
riusciti veramente a configurarsi come compagini forti e stabili in tutto il territorio nazionale. Il
primo errore in questa situazione sarebbe quello
di nascondersi dietro alla retorica delle cerimonie
e dimenticarsi dei problemi che ci affliggono. Il
secondo, invece, sarebbe quello di non accettare
che il dibattito si trasferisca dal piano politico a
quello storico.
Combattere, però, il banale utilizzo della Storia
per fini politici meschini e contingenti non ci sembra affatto né operazione ideologica né patriottica.
Ha ragione lo storico milanese progressista Della Peruta che, nel bel mezzo delle polemiche per
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Un fotogramma di La presa di Roma, 1905.
l’anniversario garibaldino, si chiedeva quale sorte
sarebbe toccata alla penisola senza il processo di
unificazione. Lungi dal dimenticare le conseguenze negative e i drammi legati a questo processo, lo
studioso ha rimarcato i grandi risultati di tipo economico e culturale che si sono palesati soltanto
sul lungo periodo. I convinti sostenitori dell’unificazione come Della Peruta non mancano, anche
se le loro idee sono meno roboanti di quelle di chi
si lancia in analisi storiche azzardate.
Un settore della nostra cultura che si è sempre
distinto per una grande attenzione e simpatia nei
confronti del Risorgimento è il cinema. Sin dalle
origini, il cinema italiano dimostra una vera e propria adesione ai valori legati a questo momento
storico, tanto da divenire parte delle strategie di
costruzione dell’identità nazionale.
Tale rimarrà per molti anni, almeno fino a quando
il regime mussoliniano farà finta di dimenticarsi,
per ragioni di contingenza politica, delle tesi di
Bottai e Gentile sulla continuità tra Risorgimento
e il movimento fascista. Quando il cinematografo Lumière sul finire dell’Ottocento sbarca nella
penisola non trova un sistema industriale pronto
a sfruttarne le potenzialità economiche. Soltanto
a inizio Novecento, il cinema italiano si dota di
quelle strutture produttive che gli permetteranno
per tutti gli anni Dieci di divenire una delle realtà
più prestigiose al mondo. Il pioniere che ha il merito di far compiere questo salto di qualità al nostro cinema è Filoteo Alberini. Nel 1905, il primo
regista italiano, insieme all’amico Santoni, fonda
la società Alberini & Santoni. Il primo film che la
casa di produzione realizza nello stesso anno della fondazione è affidato ad Alberini stesso.
La presa di Roma, XX settembre 1870 ricorda
l’episodio della breccia di Porta Pia e i produttori
decidono così di organizzare la prima proiezione il giorno della commemorazione dell’evento,
proprio nello stesso luogo in cui avvennero i fatti
storici. Il successo di pubblico e il plauso delle
autorità decreteranno il futuro successo del filone
risorgimentale. La stessa Alberini-Santoni, che nel
1906 prenderà il nome di Cines, continuerà a interessarsi al tema.
Mario Caserini, illustre regista del muto italiano,
dedica più opere a riguardo, mostrando una certa
predilezione per la figura di Garibaldi. Un personaggio storico tra i preferiti della casa romana che
nel 1909 gira una pellicola, da pochi anni restaurata e godibile in tutta la sua bellezza, intitolata
Il piccolo Garibaldino. Un’opera che contrariamente a La presa di Roma si connota per i forti
toni melodrammatici e per una minore adesione
ai valori della laicità. Il Risorgimento diviene tema
popolare per molte case di produzione della penisola: nel 1911 la società torinese Ambrosio gira
Le Nozze d’oro, pellicola che celebra i cinquanta
anni dall’Unità d’Italia.
Nei pieni anni Dieci la temperie dannunziana del
nostro cinema non porta a trascurare la tematica
risorgimentale che sovente s’intreccia con componenti drammatiche e melodrammatiche. Titoli
come I mille di Alberto degli Abbati, La lampada
della nonna di Luigi Maggi o il Ciceruacchio di
Emilio Ghione rappresentano il meglio della produzione coeva.
Anche la Rivoluzione francese, vissuta come presupposto necessario alle vicende ottocentesche
della penisola, è soggetto molto popolare; così
come tutti quei film in costume che rimandano a
vicende storiche in cui s’intravedevano sentimenti
patriottici e unitari. Durante la prima metà degli
anni Venti la cinematografia aderisce agli ideali
del fascismo e istituirà in anticipo sugli ideologi di
regime un collegamento diretto tra Risorgimento e
movimento fascista.
Ne Il grido dell’aquila di Mario Volpe del 1923,
ad esempio, il nipote di un ex garibaldino trova
nello squadrismo fascista un modo per continuare
le gesta del nonno. Un ballila del ’48 del 1927
La locandina di 1860 di Alessandro Blasetti.
gioca sul parallelo tra gioventù mazziniana e littoria. Anche il mito garibaldino rimane popolare
ed è presente in pellicole di Aldo De Benedetti,
Carmine Gallone e Silvio Laurenti Rosa. Il sonoro
fa perdere al cinema l’interesse per il Risorgimento: il regime prova oramai imbarazzo di fronte al
ricordo di un processo storico italiano avvenuto
grazie all’appoggio di Francia e Inghilterra. Tuttavia, in questo periodo viene girato uno dei più
grandi capolavori del cinema risorgimentale, ovvero 1860 di Blasetti.
Questa pellicola, amatissima da Scorsese, riflette
su quel coinvolgimento delle classi popolari nel
processo d’unificazione nazionale che Gramsci
aveva sempre negato, ma che Blasetti sostiene per
fini ideologici.
Questo film diverrà un modello anche per i cineasti del Neorealismo, soprattutto per il carattere
sostanzialmente antinarrativo. Così come l’adattamento del Fogazzaro risorgimentale di Piccolo
mondo antico, operato dal regista Mario Soldati.
Film molto importante per la capacità di rappresentare il paesaggio secondo schemi desunti dal
realismo ottocentesco. Proprio con l’avvento del
Neorealismo, il cinema nostrano sembra inizialmente non avere più tempo per soffermarsi sulle vicende del passato e comincia a riflettere sul
dramma presente della guerra. La Resistenza è nel
pieno del suo corso e aprirà presto un capitolo
ancor più ostico della Storia contemporanea del
nostro paese.
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Sequenze
di Jean de la Mulière
YOU WILL MEET A TALL DARK STRANGER
di Woody Allen
Il film si srotola attorno alle vicende di due coppie sposate - nella fattispecie quella formata da Alfie e Helena
e quella della figlia Sally e di suo marito Roy - mentre
passioni, ambizioni e ansie causano un crescendo di guai
e follie. Dopo essere stata lasciata da Alfie - che se ne è
andato per inseguire la perduta giovinezza e una ragazza
di nome Charmaine - Helena mette da parte la razionalità
e si affida ciecamente ai bislacchi consigli di una cartomante ciarlatana.
Dal canto suo Sally, intrappolata in un matrimonio infelice, si prende una cotta per l’affascinate proprietario della
galleria d’arte - nonché suo capo – Greg, mentre suo marito Roy, uno scrittore che attende con ansia una risposta
dalla sua casa editrice, resta folgorato da Dia una donna
misteriosa che cattura il suo sguardo attraverso una finestra di un immobile vicino.
Partendo da e chiudendo su una citazione shakespeariana dal retrogusto nichilista, Woody Allen prosegue con testarda coerenza, e con beffardo umorismo, nella sua smaliziata descrizione di quella roulette esistenziale che sono
(o sono diventati) per lui l’amore e i rapporti di coppia.
FAIR GAME
di Doug Liman
Ecco un film che rientra nella serie dei tentativi di far
emergere la verità sulla genesi delle ultime decisioni di
Bush e Blair che portarono nel marzo del 2003 alla guerra all’Iraq di Saddam Hussein proprio quando quest’ultimo si era convinto a lasciare il potere in cambio di un
esilio dorato. È basato sulla storia vera della spia della
Cia, Valeria Plame Wilson e di suo marito Joe Wilson, ex
ambasciatore e collaboratore di Fort Langley, entrambi
bruciati da uomini dello staff del vicepresidente Cheney
per non essersi prestati ad avallare anche con menzogne la storia delle armi di distruzione di massa e segnatamente quella balla che vide coinvolti anche non meglio
identificati soggetti del Sismi parallelo che si inventarono il cosiddetto “Niger gate”, cioè il fatto che Saddam
avesse acquistato uranio dal Niger per arricchirlo e farci
la bomba. Pur dilungandosi in fatti marginali e indugiando su immagini che sottolineano la trita retorica della
fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, il film è
un “j’accuse” potente e prepotente all’amministrazione
Bush per avere trascinato inutilmente il paese e il mondo nell’avventura bellica contro Saddam.
HOME FOR CHRISTMAS di Bent Hamer
Dopo aver vinto il Premio alla Miglior Sceneggiatura
a San Sebastian e aver conquistato il pubblico festivaliero di Toronto, Londra, Lubecca e Bergen, esce nelle
sale l’ultimo film di uno dei più noti filmmaker norvegesi,
A dispetto del titolo, non è un cinepanettone. Eppure lo
vedremo nel periodo delle feste. Natale ed il suo significato non sono però il punto di osservazione del regista:
“Le storie si svolgono nel periodo natalizio, ma hanno vita
propria”, ha commentato. Secondo Hamer, il Natale è
collegato ai ricordi d’infanzia, ai suoi sentimenti e alle sue
atmosfere più che alla celebrazione religiosa.
A differenza della gran parte dei suoi film precedenti, basati su sceneggiature originali, il regista ha attinto da una
raccolta di storie brevi dell’autore locale Levi Henriksen,
per legare insieme pezzi di vita interconnessi nella innevata e fittizia cittadina norvegese di Skogli. Le storie di
speranza, amore, amarezza, dolore e felicità compongono questo film corale segnato dal consueto umorismo impassibile di Hamer, ma con un maggiore coinvolgimento
emotivo, sottolineato dalle festività.
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Diapason
di Luca D’Alessandro
Aldo Romano - Complete Communion To Don Cherry (Dreyfus Jazz)
Donald “Don” Cherry, scomparso nel 1995, era uno dei grandi del Free
Jazz. Un artista che ha lasciato le sue impronte multietniche nella storia
della musica. Tra gli esperti del jazz vi sono voci che affermano che fu
Don Cherry a sviluppare il genere che oggi nell’uso comune viene chiamato
world music. Comunque sia, l’eredità di Don Cherry vibra fino ad oggi nelle
vene dei jazzisti contemporanei, coinvolgendo tra l’altro il batterista jazz
bellunese Aldo Romano, che in collaborazione con i «Complete Communion», un complesso composto da Henri Texier al basso, Géraldine Laurent
al sassofono e Fabrizio Bosso alla tromba, ha lanciato un tributo a questo
missionario della musica senza frontiere. Il disco ha suscitato un forte interesse, tanto da essere pubblicato presso la Dreyfus Jazz (Francia) e come
inserto CD nella rivista italiana Musica Jazz, la quale nel numero di ottobre
ha dedicato undici pagine a Don Cherry e a questo progetto.
Paolo Conte - Nelson (Universal)
Il titolo e la copertina dell’album sono dedicati al suo cane Nelson che ha accompagnato Paolo Conte per quattordici lunghi anni. I quindici brani inediti invece sono rivolti a Renzo Fantini, amico e produttore di Paolo Conte, scomparso
poco tempo fa. In Nelson, Conte continua il suo cammino artistico nell’ambito
della musica leggera colta italiana, collegandosi all’album Psyche, pubblicato
nel 2008. I brani sono brevi, pieni di creatività, cantati in italiano, dialetto napoletano, francese, inglese e spagnolo. Conte con maestria ingegnosa si serve di
stili dei tempi passati: del charleston, del mambo e dello stile classico di New
Orleans. Un artista rimasto autentico, che non ama farsi criticare, ma preferisce osservare i suoi brani da una prospettiva esterna, criticando se stesso.
Secondo un’intervista pubblicata sul sito internet del Sussidiario, Conte dichiara: «Vi cito uno scrittore inglese dell’Ottocento: chiedere a uno scrittore cosa
pensa dei critici, è come chiedere a un lampione cosa ne pensa dei cani».
Karima (Di and Gi srl.)
Nome e titolo combinati nell’album debutto di Karima Ammar, giovane cantante, nata nel 1985 a Livorno – da padre algerino e mamma italiana.
L’album è la conclusione di una serie di esibizioni di successo davanti ad un
grande pubblico, come ad esempio a febbraio 2009, quando Karima partecipa al Festival di Sanremo nella categoria Proposte con il brano Come in
ogni ora. Durante la terza serata del festival, Karima è accompagnata sul
palco da Mario Biondi e Burt Bacharach, quest’ultimo una vera leggenda
internazionale della musica e creatore di Come in ogni ora che al festival
arriva secondo nella categoria. La carriera della giovane cantante non nasce da Sanremo, ma nel programma televisivo Amici – condotto da Maria
De Filippi – dove Karima riesce a convincere il pubblico con la sua voce
soul meravigliosa, piena di carattere e maturità. Siamo quindi lieti di poter
proporre questo bel disco nel nostro diapason.
Nek - E Da Qui - Greatest Hits 1992 - 2010 (Warner)
Nek compie gli anni: alle spalle diciotto anni di carriera. Un anniversario
da festeggiare con un best of, una sintesi dei brani che non solo in Italia
ma in tutta Europa hanno riscontrato successo e che nelle rotazioni delle
emittenti radiofoniche oramai hanno un posto fisso. E Da Qui – Greatest
Hits 1992 – 2010, doppio disco prodotto da Nek, Alfredo Cerruti e Dado
Parisini per Warner Music Italy, secondo i promotori, vanta una completa
collezione dei più grandi successi del cantautore, compositore e musicista
modenese. Comunque sia, non tutti i brani fanno parte del passato di Nek,
tre sono inediti, E da qui, Vulnerabile, e È con te, quest’ultimo dedicato alla
figlia Beatrice Maria. Nek nei suoi anni di carriera diverse volte si è esibito
in Svizzera.
Ha avuto il pregio di vendere oltre otto milioni di dischi in tutto il mondo,
lanciando dieci album inediti.
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Intervista con Danilo Rea
La bella musica rimane in eterno
di Luca Scigliano
Era fine gennaio e fuori del Castello di
Elmau c’erano 15 gradi sottozero. Un luogo incantevole, dove la pace e la tranquillità si alternavano. Condizioni ideali per concentrarsi e togliersi dalla testa lo stress e i
nervosismi quotidiani. In mezzo alla sala
grande un pianoforte nero messo a lucido
per l’occasione ne ruba la scena. Come tradizione vuole, l’artista residente alla fine del
suo soggiorno, tiene un concerto per i pochi e fortunati ospiti del castello. Riproposti
vengono uno dietro l’altro i brani di uno dei
più grandi e popolari cantautori della scena italiana, Fabrizio De André. La grande
sala si riempie di jazz, di blues, di swing,
di free jazz. Così, nel silenzio di quella notte
incantata, avviene l’incontro con la musica d’autore e le note scivolano via creando
un’eco che valica le Alpi. L’artista e interprete di turno è il maestro Danilo Rea che
ci confida che il Castello di Elmau gli ha
trasmesso la giusta atmosfera per incidere
un disco in piano solo, per rendere omaggio a un artista profondo come De André:
«questa è la prima volta che dedico a un
artista italiano un CD completo e non poteva avere sfondo migliore di questo»
I
l progetto A Tribute to Fabrizio De André nasce
circa quattro anni fa quando Dori Ghezzi, la
moglie del cantautore genovese, contattò il Trio
di Rea dopo aver ascoltato le improvvisazioni
fatte col piano della Canzone di Marinella e della
Canzone dell’amore perduto. «Perché non fate un
programma di sole canzoni di Fabrizio?» propose.
«Questa cosa non si fece più perché non ci sentivamo forse ancora maturi per farla».
Passano gli anni e Danilo Rea venne invitato nella
tenuta dei De André in Sardegna per un concerto interamente dedicato a Fabrizio, dove di fronte
a più di 2000 persone esprime col suo pianoforte
un repertorio di circa 20 brani, i più cari nella sua
formazione musicale: «sono cresciuto con la sua
musica. Negli anni ’70 per noi ragazzi era il poeta
da ascoltare. C’era pure Battisti ma quando si trattava di andare più in profondità su temi sociali c’era
Fabrizio De André che era la parte più importante
della musica italiana».
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© by Danilo Rea.
Pensa che in futuro ci sarà spazio per un
cantautore che canta melodie come De André?
Lo speriamo tutti! Vedo però un futuro molto nero.
Per quanto riguarda i cantautori: non ne escono
più. Probabilmente il problema è ciò che i ragazzi
vedono e sentono, per cui è molto difficile che ci
sarà un altro personaggio come lui.
Cos’è che l’ha portata ad accostarsi al genere pop
così diverso dal jazz non solo a livello musicale ma
anche di pubblico? Innanzitutto mi sono accostato
al jazz, perché avevo la necessità d’imparare l’improvvisazione, perché il jazz è il punto massimo
dell’improvvisazione. Mentre la musica pop ha altri
valori: oltre al testo ha anche la melodia. Per cui
alla fine non ho fatto altro che passare da uno stile
all’altro cercando di mettere tutti insieme: riuscire
per esempio a prendere una canzone dei Beatles e
improvvisarci sopra. Tutto sommato, questo nel jazz
non si usa fare perché il jazzista preferisce o com-
porre la propria musica oppure suonare i vecchi
standard ovvero le grandi canzoni degli autori americani. Di fronte all’improvvisazione della musica
pop il jazzista tipico si ferma, peccando di presunzione ritenendola non all’altezza. In realtà si tratta
solo di trovare un nuovo modo d’improvvisare.
E l’istinto quanto è importante nelle sue improvvisazioni? È fondamentale! Nella musica istinto e
energia sono indispensabili. Quando si suona soprattutto quando s’improvvisa, cerchiamo sempre
di mandare avanti l’istinto e, con esso scatta l’energia che è un catalizzatore nei confronti del pubblico. Il segreto dell’improvvisazione sta nel riuscire
sempre a equilibrare queste due variabili, nel senso
di non far mai cadere la tensione. Quindi, raccontare una storia senza dilungarsi, o diventare noiosi
o diventare troppo virtuosi, perché alla lunga anche
questo diventa noioso. È una cosa che richiede maturità e tanto esercizio.
Avendo suonato anche con dei giovanissimi, quando avviene questa maturazione? Partendo dal presupposto che ognuno suona ciò che è, è auspicabile che la maturazione avvenga il prima possibile
(sorride). In realtà un musicista parte da virtuoso,
perché, all’inizio della nostra carriera, siamo tutti
affascinati dalla bravura, dai virtuosi appunto! Ma
in realtà la musica è emozione per cui la maturità
dipende dal percorso che ogni singolo musicista fa
nella sua vita, quindi da ciò che cerca.
A proposito di emozioni, come può senza parole,
la combinazione di note procurare un’emozione?
La musica come forma d’arte è sicuramente la più
astratta quindi non ha parole ma note, frequenze.
Evidentemente le singole frequenze disposte in una
certa maniera riescono ad emozionare. Di sicuro
dietro c’è anche la memoria di ciò che è stato già
fatto. Ci sono brani nella musica classica che toccano le corde dell’emozione e qualsiasi pubblico
che lo ascolti sente che dietro questa musica c’è
l’emozione. È questo è il vero scopo della musica.
Sembra un paradosso! Lei ha appena detto che un
musicista oltre al talento deve esercitarsi molto,
essere maturo, mantenere l’equilibrio tra istinto e
energia ed ora entra in campo anche l’emozione.
A questo punto le sue improvvisazioni possono essere definite libertà?
Assolutamente! Finito il conservatorio davanti a
me avevo due strade. Quella di seguire la via del
concertista, quindi diventare pianista classico cosa
che, secondo la mia bravissima maestra, mi sarebbe riuscita discretamente. Però non ero portato per
questo, perché l’interpretazione di una sonata di
Beethoven, per esempio, è si meravigliosa, però
al tempo stesso non è la composizione di chi la
suona per cui sei dipendente dalla partitura. Invece
nel jazz questo non esiste: la musica può andare
ovunque! Libertà massima nel senso che sempre,
© by Andrea Feliziani.
quando salgo sul palco non decido nemmeno la
scaletta.
Quali consigli dare ai giovani musicisti?
Mi fa piacere questa domanda! Da due anni insegno
al conservatorio di Santa Cecilia a Roma e quindi
sono molto coinvolto con i giovani. Il consiglio che
darei loro è quello di imparare il più possibile e poi
dimenticare. Nel senso di filtrare tutto attraverso le
emozioni. E di cercare sempre una grande libertà
espressiva perché la musica non ha gabbie.
E dove cercare questa libertà? Questa la si trova
nella saggezza di ciò che si ascolta e di chi ha
composto prima di noi: ascoltare i grandi musicisti
senza mai pensare che siano passati di moda, perché ascoltare Ella Fitzgerald oppure Billie Holiday
o Louis Armstrong è e sarà sempre una grandissima
emozione. Quindi non sottovalutare la memoria
storica: per quanto riguarda la musica e non solo.
Un consiglio che penso sia valido per tutti i giovani, anche quelli che non sono musicisti.
Infatti! Negli anni Settanta, ad esempio, il Rock con
artisti come Jimi Hendrix per citarne uno, ha dato
dei livelli musicali pazzeschi. Allora perché i giovani dovrebbero scavalcare quel periodo solo perché
sono trascorsi 40 anni?! Bisogna rivalutare certe
cose, perché in fondo la musica è come la poesia,
praticamente non muore mai. Se una cosa è bella,
lo rimane per l’eternità.
Danilo Rea, nasce a Vicenza nel 1957. La sua
musica ha radici classiche ed ha suonato con
alcuni tra i più grandi jazzisti americani e non:
da Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman e Michael Brecker a Billy Cobham, Gato Barbieri, Joe
Lovano, Kenny Wheeler e John Scofield. Parallelamente alla musica jazz, è da tempo richiesta
la sua attiva collaborazione nell’ambito del pop
italiano al fianco di cantautori e interpreti come
Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Pino Daniele
o la grande Mina. Danilo Rea quando non è impegnato in concerti o incisioni, insegna al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.
Piano Works X: Danilo Rea at Schloss Elmau “A
Tribute to Fabrizio De André” ACT
la
Rivista
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Prosciutto di Parma
2000 anni per una storia
di successo
2000 anni di storia testimoniano il successo del Prosciutto di Parma: Catone il Censore, Strabone e Polibio parlano di allevamenti di suini e di cosce messe sotto sale.
Un'epigrafe che si trova nei Musei Capitolini recita nel menù del giorno oltre a pullum (pollo) e piscem (pesce) anche perna (prosciutto). La storia corre giù fino alla guida illuminata
di Maria Luigia (moglie di Napoleone e figlia dell'Imperatore d'Austria) che testimonia la
grandeur europea; la musica eterna di Verdi è sinonimo di vivacità e passione; i capolavori di Correggio e Parmigianino hanno sempre richiamato turisti da tutto il mondo. È lo
spirito di Parma: l'energia, l'amore per la vita, la sfida ad ottenere il meglio.... e la gastronomia parmense supera tutti i confini!
Enza e a ovest dal torrente Stirone. Solo in questa area
hanno luogo tutte le condizioni climatiche ideali per
l’asciugatura, ossia la stagionatura naturale che darà
dolcezza e gusto al Prosciutto di Parma.
L’aria delle colline parmense è profumata: il vento
marino della Versilia, una volta acquistato l’aroma
delle pinete, si strofina contro i monti carsici della
Cisa, perdendo tutto il salmastro, e infine si rotola sul
profumo dei castagneti; un’aria asciutta quindi, ideale
per la stagionatura dei Prosciutti.
Dal latino perexsuctum: “asciugato”
La parola “prosciutto” (dal latino perexsuctum, letteralmente asciugato) dice già tutto: la stagionatura
lenta e paziente ha origini antichissime, tradizioni radicate, vocazioni innate.
Solo da una cultura contadina così sagace, da uomini
esperti, da una passione che sfocia nel perfezionismo
poteva nascere un prodotto così.
In un’area geografica ben delimitata hanno luogo
tutte le condizioni climatiche ideali per l’asciugatura, ossia la stagionatura naturale che darà dolcezza,
gusto e armonia al Prosciutto di Parma. Non a caso
chiamano questa zona food valley. L’uomo migliora
quel che di meglio la propria terra offre. È il motore
dell’eccellenza, il segreto della qualità... ed è il significato profondo del riconoscimento internazionale di
Origine Protetta.
La zona tipica
Una condizione essenziale per ottenere il Crudo di
Parma è che l’intera lavorazione avvenga in “zona tipica”: un’area estremamente limitata che comprende
il territorio della provincia di Parma posto a sud della
via Emilia a distanza di almeno 5 Km. da questa, fino
ad un’altitudine di m. 900, delimitato a est dal fiume
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la
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La denominazione di origine
La denominazione di origine “prosciutto di Parma”
è riservata esclusivamente al prosciutto munito di
contrassegno atto a consentirne in via permanente
l’identificazione, ottenuto dalle cosce fresche di suini
nati, allevati e macellati nella ‘zona tipica’, prodotto
secondo le prescrizioni di legge e regolamentari stagionato nella zona tipica di produzione per il periodo
minimo di 10 mesi per i prosciutti tra i 7 ed i 9 Kg, e di
12 mesi per quelli di peso eccedente i 9 Kg. il periodo
di stagionatura decorre dalla salagione.
I pesi sono riferiti ai prosciutti con osso all’atto
dell’applicazione del contrassegno.
Le specifiche caratteristiche merceologiche del prosciutto di Parma sono:
a) forma esteriore tondeggiante: privo della parte distale (piedino), privo di imperfezioni esterne tali
da pregiudicare l’immagine del prodotto, con limitazione della parte muscolare scoperta oltre la
testa del femore (noce) ad un massimo di 6 centimetri (rifilatura corta);
b) peso: normalmente tra gli otto e i dieci chilogrammi e comunque non inferiore ai sette;
c) colore al taglio: uniforme tra il rosa ed il rosso, inframmezzato dal bianco puro delle parti grasse;
d) aroma e sapore: carne di sapore delicato e dolce,
poco salata e con aroma fragrante e caratteristico;
e) la caratterizzazione mediante l’osservanza di parametri analitici predeterminati.
Il Consorzio
Per difendere e tutelare la qualità del prodotto che
si diffonde sempre più nel mondo, nasce nel ‘63 il
Consorzio volontario del Prosciutto di Parma, organizzazione dei produttori (allora 23, oggi 189) che
utilizzano e salvaguardano il metodo tradizionale di
lavorazione. La Tradizione affida ai Maestri prosciuttai lo spirito artigianale, che raccoglie la sfida della
qualità e la lancia nell’organizzazione industriale,
operazione di carattere e prestigio che consente di
creare il famoso prosciutto dolce.
Le attività del Consorzio sono molteplici: riguardano
la gestione e la salvaguardia delle regole produttive,
la gestione della politica economica del comparto,
la vigilanza e la tutela delle disposizioni di legge e
dei regolamenti, la protezione del nome “Prosciutto
di Parma” e del relativo marchio (Corona Ducale). Il
Consorzio si occupa inoltre della valorizzazione del
prodotto in Italia e nel mondo sviluppando campagne di advertising e iniziative promozionali, e svolge
un importante lavoro di assistenza alle aziende pro-
duttrici. A riconoscimento di questo rigore, l’Unione
Europea ha attribuito la Denominazione d’Origine
Protetta (DOP) già nel 1996 al Prosciutto di Parma,
una tra le prime in Europa!
Il Consorzio si occupa della gestione e salvaguardia
del Disciplinare produttivo depositato presso l’Unione Europea per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta del “Prosciutto di Parma”.
Tale Disciplinare definisce tutta la regolamentazione
relativa agli aspetti della produzione del Prosciutto di
Parma: le razze suine utilizzate, le tecniche di allevamento, i requisiti dei suini destinati alla lavorazione
del Prosciutto di Parma, la provenienza della materia prima, la delimitazione della zona geografica di
produzione, i metodi e la durata della stagionatura,
le caratteristiche qualitative del prodotto finito. Tutto
quanto indicato nel Disciplinare è previsto, nello specifico, dalla Legge 13/2/90 n° 26, dal D.M. 15/2/1993
n° 253, dalle prescrizioni produttive e da Direttive e
regolamentazioni operative stabilite dai competenti
Ministeri e dal Consorzio.
I NUMERI DEL CONSORZIO
Produzione
164 Aziende produttrici di Prosciutto di Parma.
9.823.000 Prosciutti di Parma marchiati nel 2009.
Composizione della filiera
5.500 Allevamenti suinicoli.
120 Macelli.
3.000 Addetti alla lavorazione nel settore
Prosciutto di Parma.
Valore Prosciutto di Parma
800 milioni di euro Valore alla produzione
Prosciutto di Parma.
1.700 milioni di Euro Giro d’affari al consumo
Prosciutto di Parma.
Vendite Italia
1.340 milioni di Euro Giro d’affari al consumo
Prosciutto di Parma.
Vendite Estero
181 milioni di euro Fatturato export
del Prosciutto di Parma.
360 milioni di euro Giro d’affari al consumo Prosciutto
di Parma.
2.062.000 Prosciutti di Parma esportati nel 2009.
+1,6% Differenza 2009/2008
Preaffettato
56 milioni di confezioni (1.2 milioni di prosciutti)
Totale vendite.
16 milioni di confezioni (360.000 prosciutti)
Vendite Italia.
40 milioni di confezioni (806.000 prosciutti)
Vendite estero.
Differenza 2009/2008:
+7,8% sul totale
+8,2% vendite Italia
+7,6% vendite estero
la
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C
di Domenico Consentino
Convivio
Knode/Canederli.
Gli gnocchi
Sugosi, soffici, nutrono e appagano, si
cucinano in un attimo, sono digeribili ed
economici
T
radizionalmente alla base hanno le patate, e
non solo: dal Tirolo alla Sardegna, le tradizioni
e gli ingredienti sono tanti e le contaminazioni
gastronomiche infinite. Sono, ad esempio, i
Knodel tirolesi (Canederli), quelli che riclina con gusto il
pane raffermo, ammollato in latte, uova, noce moscata,
sale, impreziosito con formaggio, speck o erbette. I
bocconcini grandi quanto una pallina da golf, vanno cotti
per circa 15 minuti nel brodo.
Sono quelli di zucca: gli spicchi si cuociono a vapore, si
sbucciano e si privano dei semi, si asciugano, si passano
nel mix con aggiunta di uova, farina, latte, noce moscata.
Breve cottura in acqua salata, condimento con burro
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la
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fuso e parmigiano. Sono quelli al semolino: nella ricetta
romana latte e poco burro da bollire con sale e noce
moscata, si versa a pioggia il semolino e si completa
con groviera e tuorlo d’uovo. I dischetti si fanno dorare in
forno, guarniti con burro e parmigiano.
Sono i Pisarei: un piatto unico della campagna piacentina,
un mix di pane grattugiato - scottato con acqua o latte –
e farina. I piccoli gnocchi sodi si condiscono con fagioli
borlotti, stufati in salsa di pomodoro. Nella versione
rustica, strutto e pancetta.
Sono gli Gnudi, quelli di pecora, bufala o vaccina, la
ricotta viene lavorata con spinaci sbollentati, asciugati
e tritati, più uova, parmigiano, noce moscata, farina e
sale. Infarinati, prima di lessarli, gli Gnocchi-Gnudi della
Maremma toscana, si condiscono su piatti caldi con
burro fuso e salvia.
Sono quelli della bava: gnocchi in versione montana che
vede protagonisti i latticini d’alpeggio: fontina, toma,
Gnocchi di patate pronti per essere cotti.
maschera tagliati a tocchetti e mischiati col burro. Dopo
la cottura, si ripassano in padella o si lasciano in forno,
fino a “far la bava”.
E poi ci sono i molloredus (gnocchetti sardi) campidanesi,
quelli conditi con salsiccia e pecorino, e quelli alla
sorrentina, conditi solo con pomodoro e mozzarella.
Infine, quelli con le Patate. I più classici. Si lessano in
acqua salata patate farinose con la buccia, si pelano ancora calde – si passano subito nello schiacciapatate.
Si aggiunge poca farina e un uovo e si dà una rigatura ai
tocchetti con una forchetta.
Basta condirli con sapienza
E pensare che un tempo gli gnocchi erano fatti solo con
farina e acqua. Poi quando la patata giunse dal Nuovo
Mondo e si impose in tutta Europa, allora l’impasto si
arricchì con nuove varianti. Sempre più sofisticate.
In casa di mia nonna i migliori gnocchi, quelli coi
fiocchi, dovevano essere morbidi, sugosi, soffici,
leggeri: si dovevano sfarinare in bocca, sciogliere come
una caramella. E la santa donna, ”purista” in cucina,
puntigliosa, metodica, gli gnocchi, li preparava quasi
sempre il giovedì. Venerdì, sosteneva lei, è giorno che
i cristiani dedicano alla penitenza, dunque, si deve
mangiare pesce! Sabato preparava il brodo e il bollito
misto, mentre la domenica, giorno di festa, faceva “A
pasta china”: Un timballo di pasta ziti, candele spezzettate
o penne, condite con il pomodoro, farcite con polpettine
di carne di maiale, uova sode, fette di salame piccante e
cotta al forno. Ma il giovedì – e non ho mai saputo perché
– mia nonna facendosi aiutare da mia madre, preparava
gli gnocchi.
Perché, ripeteva all’infinito, oltre ad essere buoni,
gli gnocchi nutrono ed appagano, sono economici,
digeribili, si cuociono in un attimo e acquistano cento
sapori diversi: “basta condirli con sapienza!” E per
ottenere gnocchi morbidi, soffici, sugosi, iniziava dalle
patate, sceglieva quelle giuste: sane, vecchie, farinose,
coltivate e provenienti dall’Altopiano Silano.
Poi la farina, poca, pochissima, quel poco che bastava
per assemblare il delicato impasto di patate e farina.
Infine, l’uovo! Un dilemma. Un diverbio, una guerra: Mia
madre che sosteneva che l’aggiunta dell’uovo donava
all’impasto maggiore coesione e permetteva agli gnocchi
di non disfarsi cuocendo, mia nonna, contraria: “’L’ovu
non cintra ca’ ricetta classica –gridava in dialetto – e
poi fa i gnocchi tosti comu “paddhi e lupara”, L’uovo non
è contemplato nella ricetta classica, sosteneva, e poi
rende gli gnocchi duri simili a pallettoni di fucile o lupara.
Di solito, vinceva mia nonna.
A completamento dei suoi “gioielli”, mancava spesso
l’ultimo passaggio alla rifinitura degli gnocchi: il rito
della “rigatura”. A quello – con il permesso di nonna
-ci pensavo io. Assicella di legno, forchetta o grattugia
(girata al contrario) in pugno, con la rapida e soffice
pressione del pollice della mano destra, tracciavo un paio
di impronte (rigavo) sul tocchetto d’impasto infarinato,
per permettergli di accogliere, una volta cotto, la giusta
quantità di condimento.
Chi come me, ha conservato memoria del palato, fatica
molto a ritrovare l’antico piacere con la maggior parte dei
prodotti industriali. Rispetto agli gnocchi che preparava
mia nonna, la qualità è scadente: troppa farina rispetto
alle patate, per non parlare di quali e quante uova vengono
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Gnudi/Gnocchi di spinaci e ricotta.
Gnocchi di spinaci e ricotta.
aggiunte all’impasto. Risultato, quelli che si trovano sul
mercato oggi – come sosteneva mia nonna - sono piccoli
sassi indigeribili e impermeabili al condimento.
A Imola, non solo gnocchi
L’annuale rassegna enogastronomica e culturale
edizione 2010 – almeno secondo l’invito arrivatomi –
prevedeva, oltre a convegni, menù e scuole di cucina
anche degustazioni di saporiti intingoli che danno,
di solito, al viaggiatore goloso, il piacere di “fare la
scarpetta” abbinati a pasta, polenta, bolliti, arrosti, ma
soprattutto gnocchi, e trasformano per 16 giorni Imola
e il suo territorio in un grande palcoscenico su quale
si avvicendano storici, grandi chef, gastronomi, artisti,
produttori, tutti accomunati dal desiderio di trattare cibo
e tavola in modo non banale e ripetitivo.
Proveniente da Sud, dopo aver percorso l’Adriatica e fatta
una breve pausa ad Ascoli Piceno per salutare alcuni amici
e comprare delle Olive Ascolane, Il viaggiatore goloso è
“sbarcato” ad Imola. Ed è in Emilia e Romagna - terra di
Pellegrino Artusi, padre della cucina regionale italiana e
figlio di una terra che sa valorizzare il cibo; terra dei due
volti della piadina di Rimini; terra dell’Aceto Balsamico
Tradizionale di Modena; terra della Food Walley; terra
di ALMA, la Scuola di Cucina Internazionale Italiana di
Colorno; terra del parmigiano reggiano e del prosciutto
di Parma; terra di tagliatelle, tortellini e mortadella
di Bologna; terra di Rocche e Castelli con i sapori e i
profumi dei suoi salumi - che il viaggiatore goloso ha
ritrovato, fra le tante prelibatezze che offre questa terra
generosa e grassa, anche i suoi gnocchi.
A Imola, in pieno centro storico, il viaggiatore goloso
ha mangiato, per primo, l’amatissimo gnocco fritto,
battezzato anche “lo gnocco“ nella campagna modenese,
dove si serve con salumi e formaggi freschi, e il suo
impasto è di farina, strutto, lievito, latte (o acqua), sale.
Fritto per immersione nello strutto, di solito, si presenta
in rettangoli gonfi e dorati.
Quando gli gnocchi si chiamavano “maccheroni”
In un bellissimo saggio apparso l’anno scorso su
Repubblica, “Quei Maccheroni di Bengodi…”lo storico
Massimo Montanari sostiene che i maccheroni di
Boccaccio erano gnocchi.
Precipitavano sui fianchi della “montagna tutta di
formaggio parmigiano grattugiato” situata nel bel mezzo
di Bengodi, dopo essere stati cotti lassù in cima dentro
un enorme paiolo: e giù in fondo “chi più ne pigliava più
se n’aveva”. Secondo Montanari, fu Luigi Messedaglia, il
primo vero storico dell’alimentazione italiana a spiegare
che quei maccheroni erano in realtà gnocchi, perché in
origine era questo il senso della parola – da maccare
cioè ammaccare, impastare. Vivanda cara alla cucina
contadina, gli gnocchi erano come una variante delle
polente, le pultes, i pulimenta. I ricettari del tardo
Medioevo e del Rinascimento ce ne forniscono le prime
ricette, all’insegna della più assoluta semplicità: farina
o pane grattugiato, mescolati con formaggio o rossi
d’uovo, fino ad ottenere polpettine da cuocere in acqua
bollente (o meglio ancora in brodo di cappone, come
accadeva a Bengodi).
O, come accade ancora oggi ormai da alcuni anni ad
Imola, in provincia di Bologna, sempre in autunno dalla
fine di ottobre alla metà di Novembre. L’appuntamento
è di quelli golosi. È il “Baccanale!”, che nulla ha che fare
con l’antico rituale orgiastico e isterismo di massa delle
“menadi” dedicato a Bacco, dio della mitologia romana
conosciuto tra le divinità Greche come Dioniso, dio della
fertilità e del vino.
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Rivista
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LA RICETTA
GNOCCHI DI PATATE CROCCANTI
CON FONDUTA DI PARMIGIANO
È questa una ricetta classica degli gnocchi, dove le
patate non vengono lessate, ma cotte al forno, dopo
essere state ricoperte di sale grosso e, una volta lessati,
si fanno croccanti e si uniscono alla delicata sapidità
del parmigiano. La Ricetta è dello chef Andrea Berton,
Trussardi alla Scala, Milano. Il viaggiatore goloso l’ha
provata e l’ha trovata eccellente. La propone, dunque,
ai lettori della Rivista quale primo piatto per le prossime
feste di Natale e Anno Nuovo. Auguri!
Ingredienti per 4 persone: 500 gr di patate rosse, 40 gr
di farina tipo00, 2 uova, 40 gr di parmigiano reggiano
grattugiato, sale grosso, sale, pepe bianco.
Per la fonduta: 250 di panna fresca, 50 gr di parmigiano
grattugiato, 60 gr di burro chiarificato, 1 mazzetto di
erba cipollina, sale.
Come li preparo: Lavo accuratamente le patate preparo
su una placca un letto di sale grosso, adagio le patate
intere con la buccia, ricopro con il sale e metto a
cuocere al forno per 2 ore a 160°C. Una volta cotte
pelo le patate e le passo al setaccio. Stendo sul piano
di lavoro, insaporisco con sale, pepe bianco e aggiungo
la farina, una manciata di parmigiano e le uova intere;
impasto gli ingredienti fino a ottenere una consistenza
morbida e liscia. Ricavo dal panetto d’impasto dei rotolini
spessi 2 cm e li taglio a pezzi per ottenere gli gnocchi;
arrotondo gli gnocchi e li rigo premendoli e arrotolandoli
sui rebbi di una forchetta infarinata. Cuocio gli gnocchi in
acqua bollente salata finché vengono a galla, li scolo e
li trasferisco in acqua e ghiaccio per fermare la cottura
e mantenere la forma. Appena raffredati, li asciugo con
un foglio di carta alimentare. Per la fonduta verso in una
casseruola la panna fresca e lascio ridurre sul fuoco
fino alla metà; la travaso in un recipiente, aggiungo il
parmigiano grattugiato, aggiusto di sale ed emulsiono
con il mixer a immersione, finché il composto sarà
cremoso e vellutato. Sciolgo in una padella una noce
di burro chiarificato e rosolo gli gnocchi da entrambi i
lati, in modo che diventino dorati e croccanti; dispongo
poi ad asciugarli su carta alimentare. In ciascun piatto
da portata verso una base di fonduta di parmigiano,
posiziono gli gnocchi croccanti e decoro con germogli
di erba cipollina.
Il Vino: Per questo piatto, lo Chef Andrea propone un bianco
dal colore giallo paglierino e dall’odore caratteristico e
fragrante: Colli Tortonesi Timorasso DOC.
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
Il viaggiatore goloso ha poi rimangiato per l’ennesima
volta quelli di zucca, quelli di spinaci e ricotta, quelli di
patate e robiola, quella alla romana e alla sarda, ma di
due piatti, di tutti quelli gustati ad Imola, il viaggiatore
goloso, porterà per sempre un grande ricordo:
Gnocchetti di Baccalà e tartufi di mare e Gnocchi di
patate croccanti con fonduta di parmigiano reggiano.
Viva Italia
Cucina tradizionale!
Da noi apprezzerete la vera italianità con le nostre
specialità tipiche, che normalmente solo in Italia potete apprezzare.
Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo e da un
servizio impeccabile, dalle nostre eccellenti pizze, preparate
secondo le ricette originali del campione del mondo di pizzaioli e
con il marchio «Vera Pizza napoletana DOC», dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. E se amate le tradizioni culinarie
del bel Paese, da noi troverete consiglio sui migliori, eccellenti vini
selezionati da tutte le regioni italiane.
«Buon appetito!»
Il team Molino si fara piacere di accoglierla alla
sua prossima visita con un cordiale «benvenuto»!
Nei 17 Ristoranti MOLINO in Svizzera,
Lei è un ospite sempre gradito durante tutti
i 365 giorni dell’anno:
MOLINO Berna
Waisenhausplatz 13
3011 Berna
Telefono 031/ 311 21 71
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Rue du Simplon 45
1800 Vevey
Telefono 021/ 925 95 45
MOLINO Dietikon
Badenerstrasse 21
8953 Dietikon
Telefono 044 / 740 14 18
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Glattzentrum
8304 Wallisellen
Telefono 044 / 830 65 36
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93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
Telefono 026 / 322 30 65
MOLINO Winterthur
Marktgasse 45
8400 Winterthur
Telefono 052 / 213 02 27
MOLINO Ginevra
Place du Molard 7
1204 Ginevra
Telefono 022 / 307 99 88
MOLINO Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
Telefono 044 / 261 01 17
MOLINO Ginevra
Centre La Praille
1227 Carouge
Telefono 022 / 307 84 44
MOLINO Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
Telefono 044 / 240 20 40
LE LACUSTRE Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
Telefono 022 / 317 40 00
FRASCATI Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
Telefono 043 / 443 06 06
MOLINO Montreux
Place du Marché 6
1820 Montreux
Telefono 021/ 965 13 34
SEILERHAUS
MOLINO Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
Telefono 027 / 966 81 81
MOLINO S. Gallo
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Telefono 071/ 223 45 03
MOLINO Thônex
106, Rue de Genève
1226 Thônex
Telefono 022 / 860 88 88
MOLINO Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
Telefono 044 / 940 18 48
la
Rivista
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www.molino.ch
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M
di Graziano Guerra
Motori
Jaguar: Auto belle e veloci
Al volante dell’ammiraglia
XFR 5.0 V8 S/C
Sfida le consuetudini e fissa regole proprie, questa Jaguar XFR Supercharged. Coniuga
stile e prestazioni da gran sportiva con la raffinatezza e lo spazio di una berlina di lusso.
L’ammiraglia è stata oggetto delle nostre speciali attenzioni.
N
ell'operazione di rivitalizzazione del marchio Jaguar, la nuova generazione di auto belle e veloci,
denominata XF è celebrata come elemento chiave, ma, oggi, la macchina che definisce il lusso
sportivo di Jaguar è ancora migliore, con importanti modifiche alla catena cinematica e un’appassionante XFR sovralimentata. Audace l’orientamento stilistico, ma il piacere di
guida supera le attese create dalla sua bellissima linea. La
potenza è erogata da un V8 a iniezione diretta da 5.0 litri,
con 510 CV di potenza e 625 Nm di coppia, trasmessa da
un cambio a sei rapporti ZF a controllo elettronico Jaguar.
Il cambio ha un sistema d'innesto adattivo, che consente
cambiate molto fluide e ottimizza costantemente le prestazioni e l'economia. Si adatta continuamente allo stile
di guida, che può variare dallo sportivo al più attento ai
consumi, e include il software per la funzione di innesto
sequenziale semi automatico attivabile con una delle due
levette al volante. Il differenziale e il sistema di sospensioni
a controllo elettronico, ottimizzano la trazione in fase di
rapida accelerazione e in curva, l'ideale per una vettura da
250 km/h (Velocità limitata elettronicamente) e che passa
da 0 a 100 all’ora in 4,9 secondi. Più importante nella guida quotidiana, e indice di grande flessibilità è la velocità
con cui si passa da 90 a 120 Km/h: 1,9”.
Il motore soddisfa i requisiti delle normative anti-inquinamento EURO 5 e US ULEV II/Tier 2 Bin 5 (Due anni prima
dell‘entrata in vigore). Il rapporto di sterzata è molto rapido.
L'Advanced Emergency Brake Assist (Sui modelli a benzina
5.0 V8 e 3.0 V6 diesel) utilizza il radar del sistema ACC
per calcolare la distanza e la velocità di avvicinamento al
veicolo che precede. Predispone la pressione nel condotto
del freno per ridurre al minimo la velocità di un eventuale
impatto, emette un chiaro segnale acustico di allarme per
il guidatore. Ma sono numerose le tecnologie di grande
utilità per l'automobilista, tra queste il cruise control con
limitatore automatico di velocità (ASL), il sistema di monitoraggio dell’angolo cieco che grazie al radar segnala la
presenza di un altro veicolo a fianco, mentre la telecamera
posteriore per il parcheggio garantisce una chiara visione
sul touch screen a colori, con linee guida che sullo schermo si spostano in base all'angolo del volante per indicare
l'area nella quale l'auto effettua la retromarcia.
La quattro porte si riconosce di primo acchito per gli esclusivi cerchi da 20", il frontale con prese d'aria cromate, i
quattro terminali di scarico lucidi, l'aerodinamico spoiler
sul cofano del portabagagli, le soglie laterali e gli stemmi
“R”. Suscita l'entusiasmo di una coupé, ma è in grado di
ospitare cinque adulti in un abitacolo che offre dettagli realizzati con la massima cura artigianale: Cuciture a contrasto degli inserti di pelle, padiglione in tessuto scamosciato,
tappetini in pile con bordatura a contrasto e logo ricamato,
sedili raffreddati e riscaldati tramite ventilazione.
La gamma XF (Che comprende pure un V6 twin-turbodiesel
3,0 di nuova generazione) ha un ventaglio prezzi da CHF
69'900.- a 136'900 ed è disponibile nelle colorazioni: Ultimate Black, Indigo, Liquid Silver, Lunar Grey, Porcelain, Botanical Green e, esclusive per la XFR, Kyanite Blue e Salsa.
La Jaguar XFR 5.0 V8 Supercharged è disponibile al prezzo
base di CHF 136'600, vettura in test 149‘330.
la
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n. 12 - Dicembre 2010
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Alfa Romeo Giulietta 1.4 Turbo MultiAir
G
iulietta è la macchina che negli anni Cinquanta ha
reso per la prima volta possibile il sogno di avere
un’Alfa Romeo. Oggi come allora, unisce comfort
di alto livello all’eccellenza tecnica. Porta in dote i
dispositivi elettronici più sofisticati per il controllo del comportamento dinamico: VDC (Vehicle Dynamic Control), DST
(Dynamic Steering Torque), differenziale elettronico Q2, selettore Alfa DNA. Sistemi che garantiscono la sicurezza di
guida, la motricità della vettura e prestazioni da vera Alfa
Romeo. È una sportiva capace di esprimere sia grande
agilità sui percorsi più impegnativi sia doti di abitabilità e
comfort sui percorsi di tutti i giorni. È compatta, ma le
misure garantiscono un’ottima abitabilità, è lunga 4350
mm, alta 1460 e larga 1800. Il passo è di 2630 mm e il
bagagliaio ha una capienza di 350 litri. In termini di tenuta
di strada, agilità e sicurezza cerca confronti, grazie alle
raffinate soluzioni tecniche scelte per le sospensioni, al sistema sterzante di nuova generazione, alla struttura rigida
e leggera. Gli interni riprendono un’impostazione vintage:
Linee tese e leggere con plancia a sviluppo orizzontale. I
comandi a “bilanciere” sono invece richiami espliciti alla 8C
Competizione. La ricercata cura del dettaglio e l’alta qualità
dei materiali rappresentano, ieri come oggi, l’espressione
più evoluta dello stile “made in Italy”. In test la versione
1.4TB MultiAir da 170 CV, con sistema “Start&Stop” per la
riduzione dei consumi e delle emissioni. Sospensioni, ster-
zo e impianto frenante sono progettati per dare il massimo
equilibrio, anche nelle manovre al limite. Giulietta, che ha
in termini di sicurezza ha le 5 stelle Euro NCAP, è disponibile presso tutti i concessionari ufficiali del Marchio con un
ventaglio prezzi da CHF 28‘900 a 39‘900; vettura in test,
Distinctive 170CV, CHF 35‘700.
Nuova Mazda5
Multi Activity Vehicle
Il nuovo modello è stato rivisitato secondo la filosofia giapponese definita Toitsu-Kan (“Sensazione Armonica di Guida
Dinamica”), che ha dato come risultato una grande linearità
in accelerazione, in curva e in fase di arresto. La sensazione di marcia è gradevole, per il conducente e per i passeggeri. I progettisti hanno adottato nuove sospensioni, sterzo
ed aerodinamica in grado di offrire una risposta più lineare
dello sterzo, di conseguenza, rispetto al modello precedente è aumentato il controllo e la prevedibilità. È il primo modello provvisto del Sistema Mazda di Priorità dell’Impianto
Frenante. Con un passo di 2.750, una larghezza di 1.750
e un’altezza di 1.615 mm, accoglie confortevolmente fino
a 7 persone. L’estetica segue il più attuale look Mazda, ma
il design è stato ottimizzato anche ai fini di migliorare la
portanza, sia anteriore sia posteriore. Due porte scorrevoli
(larghezza 686 mm, altezza 1.083 mm) offrono facile accesso. La strumentazione è stata ottimizzata.
Fra i due quadri strumenti si trova un nuovo indicatore di
cambio-marcia che “chiede” il rapporto più idoneo alle effettive condizioni di guida, per consumi di carburante ottimali e prestazioni armoniose. Il nuovo motore MZR 2.0 DISI
a benzina, con tecnologia i-stop, offre riduzioni a due cifre
nei consumi di carburante e nelle emissioni di CO2. In Sviz-
78
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zera la nuova Mazda5 è disponibile con un ventaglio prezzi
da CHF 29’790 (New Youngster 1.8) a 35'990 (Sport 2.0
DISI i-stop).
Ducati Diavel
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l nome della nuova moto deriva dalla parola “Diavolo” in
dialetto bolognese. Un giorno, nelle fasi iniziali del processo di sviluppo, il prototipo ormai completato venne
mostrato per la prima volta ad un gruppo di ingegneri e
tecnici Ducati. Qualcuno, ammirando le linee del retrotreno,
esclamò in dialetto bolognese: “Ignurànt comm’ al diavel!”
che significa: “Cattiva come il diavolo!” Ricordando l’origine
del nome “Monster” che risale a quasi 20 anni fa, in Ducati
hanno voluto sottolineare la territorialità bolognese anche
per il DIAVEL, un modo di dare forma al futuro del motociclismo pur restando saldamente ancorati alla tradizione. Per
gli appassionati di tecnologia, il Diavel dispone dei sistemi
ABS, Ducati Traction Control e i Riding Mode Ducati. Il look
affascinante e la potenza Ducati fanno di questa nuovo
modello una lifestyle motorcycle comoda e sportiva. La
nuova biposto DIAVEL sarà disponibile dalla fine di gennaio prossimo in due versioni: DIAVEL e l’ammiraglia DIAVEL
Carbon, con uno stimolante mix di caratteristiche estetiche
e prestazionali grazie all’uso di componenti che vanno dalla
carena in carbonio agli esclusivi cerchi Marchesini forgiati
e lavorati alla macchina. Il motore è un bicilindrico 1200cc
testastretta da 162 CV.
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la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
79
Starbene
Sifilide: In Italia
1500 casi all’anno
Europa: raddoppiano
i decessi per cocaina
La sifilide, malattia sessualmente trasmissibile
quasi scomparsa fino
all’inizio del nuovo millennio, oggi sta pericolosamente ricomparendo
sia in Europa che negli
Usa, tanto che in Italia si è passati da 150-200 casi all’anno nell’ultimo decennio a oltre 1.500. Lanciano l’allarme
gli esperti degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che nei primi
dieci mesi del 2010 hanno trattato già 90 casi, tra cui 15
donne in gravidanza, 10 giovani con meno di 25 anni e 3
con meno di venti. «L’incidenza della sifilide è in crescita
- afferma Anna Di Landro, dermatologa dell’Ambulatorio
Malattie trasmesse sessualmente (Mts) degli Ospedali Riuniti - soprattutto per i costumi sessuali più liberi e
l’aumento di viaggi e flussi migratori dall’Africa, dall’est
Europa e dall’America centro-meridionale, dove la malattia
è endemica».
La principale causa sono i rapporti sessuali non protetti
e i primi sintomi non sono eclatanti così spesso vengono sottovalutati dai pazienti fino a quando interessano gli
organi interni causando infarti, ictus e cecità. La malattia
colpisce senza distinzioni d’età o di nazionalità, ma è più
frequente nei soggetti sieropositivi e nelle giovani donne
straniere che spesso scoprono di esserne affette durante
i controlli in gravidanza. Questo può diventare molto pericoloso per la mamma e per il piccolo perché l’agente che
provoca la malattia è trasmesso al feto in ogni fase della
gestazione e il mancato trattamento può causare aborti, morte neonatale o gravi handicap. Se si teme di aver
contratto la malattia, anche se non si è nelle categorie a
rischio, è importante diagnosticarla precocemente rivolgendosi a uno specialista o agli ambulatori Mts.
La cocaina continua a
essere, dopo la cannabis, la droga più amata
dagli europei. Quasi
14 milioni di adulti tra i
15 e i 64 anni l’hanno
provata; quattro milioni
nell’ultimo anno. E l’Italia resta ai vertici delle classifiche
(2,9% di consumatori sulla popolazione generale), dopo
Spagna e Regno Unito (che tocca un inquietante 6,2%). I
dati sono quelli della Relazione sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa, presentata dall’Agenzia europea
delle droghe (Oedt) a Lisbona e Roma, e si riferiscono
alla situazione (prevalentemente aggiornata al 2008) dei
27 Stati membri dell’Unione europea, dei Paesi candidati
Croazia e Turchia e della Norvegia.
L’attrazione verso gli stupefacenti non riguarda solo i giovani: un tossicodipendente su cinque ha 40 o più anni.
Preoccupa il boom di decessi: nel 2008 sono raddoppiati,
passando dai 500 del 2007 a mille. Nello stesso anno
70mila europei hanno cominciato a curarsi dalla dipendenza da polvere bianca, il 17% di tutti i nuovi pazienti
che si sottopongono a trattamento. Troppi europei considerano ancora il consumo di cocaina come un accessorio
relativamente innocuo di uno stile di vita di successo.
Per quanto riguarda l’eroina, il rapporto dell’Oedt segnala
che in Europa il problema non è in calo. L’agenzia europea
stima che i tossicodipendenti da oppioidi (essenzialmente
eroina) siano 1 milione e 350mila. Stabili anche amfetamine ed ecstasy, ma il problema riguarda in particolare i Paesi del Nord Europa. Il consumo delle prime (amfetamina
o metamfetamina) rimane nel complesso inferiore rispetto
a quello di cocaina, ma in diversi Paesi sono la sostanza
stimolante usata più comunemente.
Il vaccino “universale” efficace contro polmonite,
meningite e setticemia
Gettate le basi per un
vaccino “universale” efficace contro polmonite,
meningite e setticemia
grazie alla scoperta di
un ingranaggio molecolare che attiva il sistema
immunitario a reagire prontamente a infezioni causate da
svariati ceppi di Streptococcus pneumoniae. Un vaccino
capace di indurre l’attivazione di questo ingranaggio potrebbe funzionare contro un batterio responsabile di oltre
un milione di morti tra i bimbi ogni anno. Resa nota sulla
rivista PLoS Pathogens, la scoperta è di Ed Lavelle del
Trinity College di Dublino. Gli esperti hanno visto che le difese del nostro corpo sono attivate dalla tossina batterica
pneumolisina. Questa attiva un gruppo di proteine chiamate NLRP3 che formano il cosiddetto inflammasoma, una
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squadra di molecole protettive. L’inflammosoma è quindi
una piattaforma di proteine che, assemblate insieme, portano all’attivazione di una cascata di reazioni di difesa:
una volta acceso, cioè, l’inflammosoma attiva a sua volta
altre proteine di difesa come le interleuchine inducendo
processi infiammatori.
I ricercatori hanno scoperto che la tossina di Streptococcus pneumoniae, la pneumolisina, accende l’inflammosoma e che ciò avviene indipendentemente da altre risposte
che contemporaneamente le nostre difese mettono in atto
contro il nemico, offrendo quindi un nuovo meccanismo
d’azione da sfruttare per la messa a punto di vaccini. Gli
esperti credono che un vaccino che mimi l’azione della
pneumolisina potrebbe essere universalmente valido contro polmonite, meningite, setticemia. Un vaccino proteico
protettivo contro vari ceppi di pneumococco sarebbe di
enorme valore.
Aids: nuovi dati
da un vaccino italiano
In Svizzera sempre
più numerosi i depressi
Aiuta e rigenera il sistema immunitario, il vaccino terapeutico contro
l’Aids messo a punto in
Italia, dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e
giunto alla fase 2 della
sperimentazione. I risultati ottenuti finora su 87 pazienti di età compresa fra
18 e 58 anni, tutti in cura con la terapia antiretrovirale
(Haart), sono pubblicati sulla rivista Plos One. Frutto di
una ricerca che ha portato finora a 10 brevetti da parte
di una struttura pubblica come l’Iss, il vaccino terapeutico
agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all’interno
del virus Hiv: è il motore che gli permette di replicarsi e
diffondersi nell’organismo. I ricercatori hanno rilevato che
visto che il vaccino arriva dove i farmaci si fermano. I farmaci antiretrovirali riducono infatti il numero delle particelle di virus in circolazione, ma non riescono ad azzerarle. Il
virus continua a essere presente e si rifugia in “santuari”,
costringendo il sistema immunitario a un continuo stato di
allerta. Il vaccino sembra riportare il sistema immunitario
verso uno stato di equilibrio.
Secondo gli ultimi dati,
relativi al 2008, pubblicati dal bollettino dell’Ufficio federale della sanità 13 consultazioni su
1.000 presso il medico
di base concernevano
la depressione. Questo
significa che quell’anno
circa 345.000 pazienti sono andati dal dottore per questa
malattia psichica. Le differenze regionali sono marcate: in
Romandia si arriva a quote di 21 su 1.000, contro il 2,5
su 1.000 registrato in Ticino e nei Grigioni. Anche il sesso
fa differenza: due terzi dei pazienti che si presentano per
la prima volta dal medico per depressione sono donne.
Questo concerne però soprattutto i casi di infermità meno
gravi: più la patologia diventa grave, più si fa equilibrato
il rapporto fra i generi. Gli stranieri (22% della popolazione totale) sono all’origine del 18% delle consultazioni. Il
fatto che negli ultimi anni siano costantemente aumentati
in Svizzera i casi di depressione è legato alla maggiore
accettazione sociale di questa malattia: i pazienti sono
così più disposti a cercare un aiuto.
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Il
Mondo in fiera
Motor Bike Expo: Veronafiere
21 - 23 gennaio 2011
Grande attesa per il primo
evento dell’anno dedicato
alla moto
SIGEP: Rimini Fiera
22 - 26 gennaio 2011
La grande occasione
di business
Macef Primavera 2011
fieramilano RHO
27 – 30 gennaio 2011
Accento sui settori della tavola
e della cucina
Chiusa la 5a edizione
di Triestespresso expo
Trieste si conferma capitale
mondiale del caffè espresso
e volano economico
FIERE
Motor Bike Expo: Veronafiere, 21 - 23 gennaio 2011
Grande attesa per il primo evento dell’anno
dedicato alla moto
Fedele alla collocazione invernale, dal 21 al 23 gennaio
2011, nell’ormai consueta sede di Veronafiere, andrà in
scena Motor Bike Expo, il primo grande evento dell’anno
dedicato alla moto.
Diventato ormai un classico del settore, il salone dedicato
agli appassionati più puri occuperà un lungo week end in cui
l’attenzione sarà concentrata esclusivamente su Verona.
Elettrizzante il programma: l’esposizione statica si coniugherà ancora con gare ed esibizioni nelle aree all’aperto,
test-drive, premiazioni, incontri con campioni e personaggi
ed altre iniziative all’insegna dello spettacolo e dello svago.
Le stime attuali prevedono, per dare spazio a circa 800
espositori, di occupare 7 padiglioni del quartiere fieristico,
per un totale di 72.000 mq, e 7 aree esterne per esibizioni
e test-drive, per un ammontare di circa 35.000 mq. “I dati
sulle presenze delle aziende sono molto positivi” annuncia
Francesco Agnoletto, patron della manifestazione. “Nella
scorsa edizione abbiamo sfiorato i 100.000 visitatori. Un
risultato straordinario se consideriamo che è stato raggiunto in soli tre giorni, di cui uno lavorativo, nel pieno della
stagione invernale”.
È confermata la formula vincente, economica e veloce, molto gradita agli espositori. L’appuntamento è ormai di quelli
imperdibili anche per il pubblico che sa di trovare il mondo
della moto al completo ed in tutte le sue declinazioni, in un
quartiere fieristico estremamente comodo da raggiungere,
con parcheggi ampi e funzionali.
Verona si confermerà sede dell’unica tappa italiana del
Campionato mondiale costruttori moto custom, che radunerà 200 gioielli hi-tech provenienti da tutto il Continente (e
anche oltre) e ospiterà i bike – show più esclusivi, riservati
alle moto special e personalizzate, trasformate in vere e
proprie opere d’arte.
Il panorama del mondo custom sarà riunito al completo:
alla consueta parata di stelle provenienti da tutto il mondo
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si aggiungerà infatti, grazie all’accordo con la Federazione
Italiana Customizer, tutto il settore nazionale, una vera miniera di creatività e professionalità alla quale Verona offrirà
una degna opportunità per fare passerella.
Non mancheranno le più importanti case mondiali, che
esporranno la produzione di serie, con le novità 2011, insieme ai produttori di accessori ed abbigliamento, mentre
un ampio settore sarà riservato al mototurismo, attività che
appare solo sfiorata dalla crisi e che innesca benefici effetti
sull’economia delle aree interessate.
Proprio Motor Bike Travel, l’inedita area riservata al turismo
su due ruote, sarà una delle principali novità di Motor Bike
Expo 2010: una grande “piazza”, come quelle che ospitano i motoraduni, confortevole ed accogliente, dove i mototuristi incontreranno le aziende di promozione turistica,
le Regioni, gli organizzatori, gli organi di informazione, le
agenzie, le strutture sportive. Un’occasione per conoscersi
e incontrare l'offerta del settore pensata per il mondo della
moto, una grande opportunità per pianificare week end ed
escursioni alla vigilia della migliore stagione climatica.
Due le iniziative: “Scoperto, con la moto”, riservata ai turisti su due ruote che, attraverso internet, proporranno foto
di mete particolari o sconosciute, raggiunte con la propria
moto, e “Moto Incoming”, destinata agli operatori che presenteranno un pacchetto, un’iniziativa o un progetto mirato
ad incentivare il mototurismo. Per entrambe sono previsti
riconoscimenti assegnati da giurie specializzate.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
e-mail: [email protected] - www.ccis.ch
SIGEP: Rimini Fiera, 22 - 26 gennaio 2011
La grande occasione di business
La 32a edizione di SIGEP - Salone Internazionale della Gelateria, Pasticceria e Panificazione artigianali, a Rimini Fiera
dal 22 al 26 gennaio 2011 - oltre che per i grandi eventi
internazionali si caratterizzerà con una serie di innovativi
progetti che puntano alla totale soddisfazione dell’espositore sul fronte delle opportunità di business connesse alla
partecipazione alla manifestazione.
“Per quantità e qualità di nuovi strumenti orientati al business – commenta Patrizia Cecchi, direttore business
unit di Rimini Fiera – SIGEP 2011 sarà un’edizione unica
al mondo. La manifestazione è leader nel suo settore e
affronta con decisione le domande di sviluppo e internazionalizzazione delle imprese. Per questo, in risposta alle
esigenze dei clienti, abbiamo perfezionato ulteriori occasioni di incontro utili a sviluppare affari e quindi ordinativi.
Parallelamente all’organizzazione di eventi di profilo mondiale, abbiamo messo a punto nuovi strumenti a favore
degli espositori”.
SIGEP 2011 potenzierà ulteriormente lo strumento di 'Marketplace', la piattaforma virtuale di dialogo fra domanda
ed offerta già testata nel 2010, che consentirà, un mese
prima della fiera, ad espositori e top buyer esteri (distributori, importatori, catene di pasticcerie, gelaterie, ristoranti
ed hotel di fascia alta) di confrontarsi sull'oggetto preciso
dell'incontro da svilupparsi poi fisicamente durante i cinque giorni di manifestazione.
L’efficacia dello strumento, a pieno regime nel 2011, è
nei numeri degli incontri svolti e nei giudizi di chi l’ha già
potuto utilizzare.
Nell’edizione 2010 sono infatti stati 386 i business meeting organizzati, con 94 espositori e 51 buyers coinvolti,
provenienti da 14 Paesi di Europa, Nord Africa e Asia. A
partire dall’ottima esperienza del 2010, SIGEP ha triplicato gli investimenti per supportare gli espositori nel loro
business.
L’obiettivo per la prossima edizione è quello di ospitare a
SIGEP 100 buyer che svilupperanno più di 1.000 incontri
con gli espositori. I buyer proverranno dal bacino del Mediterraneo, Est Europa, Sud Est Asiatico e Medio Oriente.
Un’altra iniziativa a supporto del business degli espositori è Sigep direct. Si tratta di una serie di opportunità di
comunicazione, diretta prima e durante l’expo, verso una
community formata da 150.000 potenziali clienti.
Sigep news è una newsletter già testata nelle edizioni scorse e che è diretta a 34.000 iscritti in Italia e nel mondo.
La newsletter ha cadenza prima mensile e poi quindicinale
a ridosso di SIGEP.
Sigep sms consente di comunicare con i visitatori ricordando date ed eventi, le modalità di accesso a tutte le
informazioni per organizzare la visita, oltre ad un breve
messaggio spedito nei mesi antecedenti alla manifestazione. Sigep blue è il servizio ultimo nato e in questo caso
consente di comunicare mediante la tecnologia bluetooth
ai visitatori già presenti in fiera. Exhibitors Video Gallery,
la nuova vetrina visibile sul sito www.sigep.it che offre agli
espositori la possibilità di caricare dei video o spot pubblicitari e promuovere prodotti, servizi e novità prima della
fiera.
Infine, sul fronte dell’assistenza alle imprese, nel 2011 debutterà Sigepneo, servizio realizzato in collaborazione con
le Associazioni di categoria e rivolto ai futuri imprenditori e
neo imprenditori del settore..
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
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la
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n. 12 - Dicembre 2010
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Macef Primavera 2011: fieramilano RHO, 27 - 30 gennaio 2011
Particolare risalto ai settori della tavola
e della cucina
Il prossimo Macef Primavera si svolgerà da giovedì 27 a
domenica 30 gennaio 2011 (e non più dal 28 al 31); l’anticipo di un giorno sulla tradizionale cadenza venerdì-lunedì
è stato consigliato dal rilevante successo di pubblico (e
anche dal gradimento espresso dagli espositori) dell’ultima
edizione di Settembre, con i visitatori cresciuti di oltre il 6%,
con quattro giorni pieni di contrattazioni, con una migliore
cadenza di giorni per i buyer internazionali e, comunque,
con una migliore distribuzione del pubblico nelle quattro
giornate. Quella di Macef Gennaio 2011, peraltro, sarà la
90a edizione; una serie incominciata nel settembre 1964
(dopo sette edizioni annuali il Macef ha poi assunto l’attuale
cadenza biannuale) e che ha accompagnato e promosso
per oltre quarant’anni lo sviluppo di un settore industriale
importante e creativo come quello della casa.
“Una ricorrenza che non passerà inosservata – commenta
86
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n. 12 - Dicembre 2010
Marco Serioli, direttore operativo di Rassegne, la società
che organizza il Macef -; coglieremo l’occasione, infatti, per
accentuare e per promuovere le caratteristiche di unicità di
questa mostra, fra le più grandi e importanti al mondo. A
gennaio un risalto del tutto straordinario sarà dato al settore della Tavola e della Cucina (che occuperà il padiglione
1-2-3-4), che sarà presentato e raccontato attraverso le categorie della tradizione e dell’innovazione, cioè gli elementi
che ne hanno favorito fino a oggi il successo commerciale e che promettono ulteriori importanti sviluppi, grazie ai
formidabili investimenti che le aziende stanno riversando
sui nuovi rivoluzionari prodotti e materiali che stanno per
essere immessi sul mercato; un processo che Macef intende supportare con decisione, nell’ambito della stretta
partnership instaurata con le aziende più creative, nazionali
e internazionali, presenti sul mercato”. La nuova data, fra le
altre cose, favorirà in modo particolare i visitatori interessati all’area della festività. In questo modo, infatti, si creerà un
giorno di sovrapposizione (appunto giovedì 27) fra Macef
e Festivity - Salone degli addobbi natalizi, giocattolo, carnevale, decorazioni per le feste, carta e packaging - che si
terrà, sempre in fieramilano, dal 23 al 27 gennaio.
PER INFORMAZIONI
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Chiusa la 5° edizione di Triestespresso expo
Trieste si conferma capitale mondiale
del caffè espresso e volano economico
L’evento è cresciuto del 24,2% rispetto
alla passata edizione. 8757 i visitatori
provenienti da 86 Paesi, 105 i giornalisti
accreditati da 18 Paesi. 5 milioni di euro
l’indotto economico per il territorio
La quinta edizione del TriestEspresso Expo (28-30 ottobre)
si è chiusa facendo registrare un nuovo record e soprattutto la soddisfazione di tutti gli espositori, produttori e
visitatori arrivati da tutto il mondo a Trieste per una tre
giorni dove la filiera del caffè espresso è stata protagonista. Tutto il mondo del caffè si è dato appuntamento a
Trieste ed i numeri di questo evento internazionale ne fotografano bene la portata e l’importanza. Gli 8757 visitatori
provenienti da 86 Paesi sono stati ampiamente superati
con una crescita del 24,2% rispetto alla passata edizione
(2008) ed i 230 espositori provenienti da 22 Paesi (Austria,
Burundi, China, Colombia, France, Germany, Great Britain,
Guatemala, India, Indonesia, Israel, Italy, Poland, Portugal,
Russia, Rwanda, Slovenia, South Korea, Switzerland, USA,
Vietnam, Yemen) hanno chiuso contratti per milioni di euro
ed aperto nuovi canali commerciali.
Il TriestEspresso Expo, dopo la Barcolana, è il secondo
evento capace di garantire sul territorio provinciale importanti entrate economiche con ricadute per un giro d’affari
per la provincia (alberghi, ristoranti, musei, negozi, trasporto) stimato in 5 milioni di euro. 105 i giornalisti accreditati
provenienti da 18 Paesi. Per l’edizione 2010 del TEE sono
stati utilizzati tutti gli 11000 mq del comprensorio fieristico
di Montebello.
Nato nel 2000 il TriestEspresso Expo (fiera biennale) ha
fatto registrare un continuo trend di crescita arrivando
alla completa saturazione delle aree espositive nell’edizione di quest’anno. La quinta edizione del TriestEspresso Expo è stata caratterizzata anche da una giornata
aperta al pubblico che ha dato la possibilità ai visitatori
non professionali di girare tra gli stand presenti in Fiera.
“Questa edizione del TriestEspresso Expo – commenta Franco Bazzara dell’Associazione Caffè Trieste – si è
caratterizzata per la qualità e capacità produttiva di tutti
gli attori presenti. Si è trattato della migliore edizione di
TriestEspresso per quanto riguarda il giro d’affari che è
riuscita a produrre soprattutto in considerazione del complesso momento economico che anche questo comparto
sta vivendo. Ritengo sia fondamentale continuare su questo binario per non far perdere a Trieste l’ormai accreditato
ruolo di capitale mondiale del caffè espresso”.
Nel corso del TriestEspresso Expo si è tenuta anche
la quarta Partnership fra Musei europei del caffè. Dopo
quello con Museum für Kaffeetechnik-Probat Werke in Germania nel 2004, con Caferama-Badilatti in Svizzera nel
2006, con Kaffee Kompetenz
Zentrum di Vienna nel 2008,
ora è stata la volta del Musée de l’aventure Peugeot
qui a Trieste. L’evento ha visto la presenza del delegato
del francese Musée de l’aventure Peugeot (società nata
esattamente 2 secoli fa quale fabbrica di lame, seghe per
legnami e macinini da caffè) Fabrizio Taiana (segretario del
Club Storico Peugeot Italia).
Sono intervenuti la console onorario a Trieste della Repubblica di Francia Christia Leggeri che ha relazionato sul
rapporto fra Trieste e la Francia il docente al Mib Stefano
Pilotto. E’ stato invitato anche il presidente del TCC Furio
Suggi Liverani. A fare gli onori di casa il presidente dell’Associazione Caffè Trieste Vincenzo Sandalj e Gianni Pistrini,
curatore dell’iniziativa.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - 8027 Zurigo
Tel. 0041 44 289 23 23 - Fax 0041 44 201 53 57
e-mail: [email protected] - www.ccis.ch
la
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n. 12 - Dicembre 2010
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È IL MARCHIO CHE DISTINGUE
LA MIGLIORE OSPITALITÀ ITALIANA.
CERCATELO E TROVERETE
ACCOGLIENZA DI QUALITÀ.
Lo espongono alberghi, ristoranti, agriturismo, camping
e stabilimenti balneari che hanno ottenuto la certificazione
rilasciata dalle Camere di Commercio d’Italia.
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Il
Mondo in Camera
Nuovi soci CCIS
MJ Haute Couture
Seminario a Ginevra
Italian-Swiss Tax
and Legal Forum
Delegazione svizzera
in visita ad Alenia Aeronautica
La certificazione
di lingua italiana: PLIDA
Tipicità lucane
per buyer svizzeri
Ricette di Osterie d’Italia
Der kleine Johnson 2011
Il mondo in camera
Nuovi soci CCIS
MJ Haute Couture
Magdalena Jedrkowiak è una giovane stilista ventiquattrenne di origini polacche.
Grazie alle sue “mani d’oro” il suo talento si è rivelato e
rapidamente esploso durante gli studi di moda effettuati
alla HTW di Berlino. Altrettanto velocemente è nato il suo
marchio, MJ Haute Couture, il cui logo si presenta decorato
con drappeggi, vivaci colori e curiosi dettagli.
La moda è per la giovane stilista l’espressione del proprio
io: “Così come ogni donna è unica, anche i miei vestiti
lo sono”, afferma Magdalena. Le sue creazioni nascono
dall’ispirazione musicale. I suoni ed i ritmi le trasmettono
la necessaria libertà che, immergendola nel suo mondo
interiore, le consente di sfruttare una dimensione d’arte
inesplorata. “È la stessa stoffa a dirmi dove vuole andare
Seminario a Ginevra
Italian-Swiss Tax
and Legal Forum
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con la Camera di Commercio di Ginevra, ha
organizzato Mercoledi 17 Novembre la quarta edizione
del seminario “Italian-Swiss Tax and Legal Forum”.
Come ogni anno il seminario è rivolto ad un pubblico
altamente specializzato (avvocati, consulenti, banchieri,
fiduciarie).
Al messaggio di benvenuto del Segretari Generale Dr.
Andrea G: Lotti, è seguita l’introduzione dell’avvocato
Massimo Calderan che ha illustrato gli argomenti affrontati dal seminario: Il contratto d’agenzia, il contratto di distribuzione commerciale (Mediazione, Franchising, etc,)
e l’apertura di filiali e succursali in Italia.
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coinvolgendomi in un ballo di coppia” dice la stilista immersa nei suoi pensieri.
I suoi vestiti sono senza tempo. MJ non si lascia condizionare dalle nuove tendenze, resta fedele al suo stile e offrendo
una sua personale interpretazione di bellezza.
Giocose, femminili e sexy sono le creazioni di MJ, che spaziano dal casual, all’elegante sino a giungere alle confezioni
per cerimonie. I vestiti rigorosamente cuciti a mano evidenziano l’amore per il dettaglio e si presentano tutti come
pezzi unici creati su commissione. Il più grande sogno di
Magdalena è quello di presentare una propria collezione su
passerella e, con l’accompagnamento della musica, mostrare al pubblico la sua arte invitandolo a conoscere il mondo
del drappeggio e della Haute Couture. Il suo atelier si trova
a Zurigo, di cui la giovane stilista si è semplicemente innamorata. “della città e delle persone, e quante volte succede
nella vita di innamorarsi? Avrebbero potuto ospitarmi città
della moda come New York o Parigi, ma qui mi sento a casa
ricevo l’ispirazione e la forza di cui ho bisogno”.
www.mj-hautcouture.com
Ottime e puntuali le delucidazioni sull’argomento da parte dei relatori che hanno animato i lavori:
gli avvocati Alberto Crosti, Mattia Dalla Costa, Maximilien Gaslini e il Dr. Mauro Michelini.
Nonostanter la complessità dell’argomento, il dibattito
è risultato interessante e vivace grazie anche ad una
partecipazione attiva dei presenti. I complimenti ricevuti
dal pubblico hanno testimoniato l’ottimo lavoro svolto
dai relatori.
Delegazione svizzera in visita ad Alenia Aeronautica
Nei giorni 25 e 26 ottobre si è tenuta a Torino una visita di
una delegazione politico-istituzionale della Svizzera presso
gli Headquarters e stabilimenti aeronautici di Alenia Aeronautica. La delegazione - guidata dal segretario generale Andrea
G. Lotti, e organizzata dalla CCIS su incarico del Consorzio
multi paese EADS, di cui il Gruppo Alenia Finmeccanica fa
parte, in quanto partner italiano nella costruzione del velivolo militare Eurofighter - aveva lo scopo di promuovere la
partecipazione italiana al consorzio, la tecnologia e l’offerta
Alenia presso le istituzioni svizzere al fine di accrescere le
collaborazioni tra Svizzera ed Italia anche nel comparto aeronautico ed aerospaziale.
DELEGAZIONE SVIZZERA
Simone Bernasconi (Responsabile Industria Aeronautica –
CCIAA Lugano)
Maria Luisa Bernini Burkhardt (CEO Swiss Communicationa Agency)
Stefano Bertocchi (CEO Ti-Promotion e Consulente politico
di Normann Gobbi, Consigliere Federale della Lega Ticinese,
supporter del Progetto Eurofighter)
Giovanni. Giunta (Segretario Esecutivo del GRPM: Group
of Defense and Security Equipment Manufacturers of Western Switzerland)
John Hussy (Responsabile Comunicazione dell’associazione AVIA Luftwaffe)
Michel Jaquet Direttore dello Swiss Aerospace Cluster
Filippo Lombardi (Consigliere agli Stati)
Andrea G. Lotti (Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
P. Lüthi (Membro dello Swiss Aerospace Cluster e Direttore
dell’Agenzia di Sviluppo Economico del Canton Nidwalden)
Philippe Meyer (Direttore del dipartimento commercio
estero della Camera di Commercio di Ginevra)
Jack Niklaus (GRPM - responsabile del Cluster Aviazione)
DELEGAZIONE DI CASSIDIAN
Welf Degel (Typhoon Campaign Director)
Frank Liemandt (Sales Director Eurofighter Campaign
Switzerland)
DELEGAZIONE ALENIA/FNM
E. Biserti (Area Manager Northern Europe)
M. Ciollaro (EF 2000, Collaborazioni Internazionali ed Export)
Mr. G. Cucchi (Finmeccanica)
E. Monforte (EF Product Manager)
A. Nappi (Gestione Contratti - Velivoli Difesa)
C. Panvini Rosati (Typhoon Export)
LA CERTIFICAZIONE DI LINGUA ITALIANA: PLIDA
Il PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) è un diploma ufficiale di Certificazione della conoscenza della lingua italiana
rilasciato dalla Società Dante Alighieri d’intesa con l’Università La Sapienza di Roma (convenzione del 29.06.2004) e in
base a una Convenzione con il Ministero degli Affari Esteri (Convenzione n. 1903 del 4.11.1993). La Certificazione della
lingua italiana costituisce titolo preferenziale nella candidatura ad incarichi professionali ove sia richiesta la conoscenza della
lingua italiana.
SOCIETÀ e SCUOLA DANTE ALIGHIERI e CCIS
La Società Dante Alighieri e La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera hanno stipulato una Convenzione, il 17.11.2001,
per la somministrazione della Certificazione dell’Italiano economico commerciale (PLIDA Commerciale) in Svizzera.
I livelli della Certificazione PLIDA (PLIDA Lingua A1 - C2; PLIDA Commerciale B2 - C1 e PLIDA Juniores A1 - C1) si conformano ai livelli
stabiliti dalla Divisione Politiche Linguistiche del Consiglio d’Europa come indicato nel documento: Modern Languages; Learning,
Teaching, Assessment: A Common European Framework of Reference, Strasburgo 1998 (rif. CC-Lang (95) 5 rev.V).
Per informazioni sul PLIDA
Rivolgersi alla Dante Alighieri: [email protected]
Per informazioni sul PLIDA Commerciale
Rivolgersi alla Camera di Commercio Italiana per la svizzera: [email protected]
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Tipicità lucane per buyer svizzeri
Nei locali della Camera di Commercio di Potenza la due giorni di incontri tra Pmi agroalimentari e buyer della Svizzera, mercato dalle grandi prospettive.
I segretario generale della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, Andrea G. Lotti, che ha guidato la delegazione svizzera, e
il presidente della Cciaa potentina, Pasquale Lamorte salutano i convenuti.
La Sala Economia della Camera di Commercio di Potenza
è diventata per un giorno il punto di incrocio tra produttori
delle tipicità agroalimentari lucane e i buyer svizzeri partecipanti all’incoming organizzato dall’Ente camerale con il
supporto dell’azienda speciale Forim e la collaborazione di
Mondimpresa e della Camera di Commercio Italiana in Svizzera. Per tutta la giornata si sono susseguiti gli incontri beto-be (secondo un’agenda personalizzata) e degustazioni
tese a far conoscere i prodotti che potrebbero far breccia
nel cuore dei consumatori elvetici: “L’Italia è il secondo partner commerciale per la Svizzera, con un volume di affari
che supera i 40 milioni di franchi – ha spiegato il segretario
generale della Camera di Commercio Italiana in Svizzera,
Andrea Lotti che ha guidato la delegazione svizzera -. Siamo i primi esportatori di vino, con 64 milioni di litri (contro i
37 della Francia), primi nei formaggi e secondi nei distillati.
Nel rapporto reddito pro capite/spesa per prodotti italiani,
la Svizzera ha il maggior tasso di investimento nel made in
Italy, da sempre considerato sinonimo di eccellenza”.
Ampi margini di permeabilità, dunque, per le tipicità lucane,
soprattutto quelle che esprimono piccoli marchi familiari
che trasmettono l’immagine della tradizione e della genuinità: “Spesso ci lamentiamo del nostro essere piccoli,
come regione – ha commentato il presidente della Cciaa
potentina, Pasquale Lamorte - ma è indubbio che la qualità
è un fattore che ci appartiene, su cui possiamo far leva per
penetrare in un mercato così interessante”.
La missione di incoming è proseguita l’indomani, con la
giornata dedicata alle visite aziendali, importanti per collegare prodotto e territorio e per approfondire il contatto tra
importatori e produttori.
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Queste le 19 aziende lucane che hanno partecipato all’incoming: Azienda Agricola Eubea, Cantine Madonna delle
Grazie, Casa Maschito, Eleano vini, Azienda Agricola Musto
Carmelitano, Azienda Agricola Laluce Michele, Lagala Viticoltori in Vulture (vino); Di Carlo Spa, Frantoio Oleario dei
F.lli Pace, F.lli Masturzo Srl (olio); Salumificio della Lucania
srl, Soc. Coop. Agrocarne Sud (salumi); Clematis srl (sughi
e condimenti pronti); Torrefazione Escaffè (caffè); La Lucana snc (fagioli), Apicoltura Rondinella, De Angelis Atonia
(miele); Alica srl (pasta); Centola srl (prodotti da forno).
Le aziende hanno incontrato Eduard Loetscher AG (grossista importatore di vini e oli), Saporeautentico (importatore
di vini, grappe, oli, aceti, salumi), Walter Schmocker Weine (importatore di vini, oli e salumi), Franz Fricker GmbH
(vini, salumi, pasta, prodotti di confezionamento), Vino Bolè
(vini), ASA International e V.I.M. Swiss SA (vini e oli), Wein
am Egge (vini, caffè e altri prodotti alimentari).
Ricette di Osterie d’Italia
Die besten Rezepte
echter italienischer Regionalküche
Die italienische Küche gibt es genau genommen gar nicht.
Sie besteht aus einer Vielzahl von Regionalküchen, die sich
oft sogar von einem Ort zum nächsten unterscheiden. Italienreisende, die diese traditionellen, zum Teil nur innerhalb
einer Familie bewahrten Küchenschätze probieren möchten, werden am ehesten in den sogenannten Osterie fündig,
die eben jene, ursprüngliche Kochtradition hochhalten. 630
Rezepte solch überlieferter, authentischer Gerichte bietet
das bei Hallwag erschienene Ricette di Osterie d‘Italia von
Slow Food Editore erstmals auch in deutscher Sprache.
Zusammengestellt im Sinne der Slow Food-Philosophie versammelt das Kochbuch auf über 460 Seiten leichte wie anspruchsvolle, bekannte wie fast vergessene Gerichte aus
sämtlichen Regionen Italiens.
Da gibt es zum Beispiel „Canederli con finferli“ (Pfifferlingsknödel), die der Leser vielleicht während seines letzen
Südtirol-Urlaub schon einmal gekostet hat. Oder „Peperonata“ (Geschmorte Paprikaschoten), ein Gericht aus der
Emilia, das aber heute in vielen Varianten in ganz Italien verbreitet ist. Ob “Reh in Teroldego-Sauce“, “Lammkeule mit
Radicchio aus Treviso“, “Lachsforelle mit Mandeln“ oder
“Schwertfisch mit Zitrusfrüchten und Pistazien“, das Buch
bietet einen Querschnitt durch die Küchen der italienischen
Osterien von heute.
Ricette di Osterie d’Italia
Der meist gekaufte Weinführer der Welt - vollständig aktualisiert und überarbeitet
Ist der 2008er Rioja aus meinem Keller schon trinkreif? Welcher Lugana im Regal meines Weinhändlers ist sein Geld
wirklich wert? Soll ich besser weiter zu den mir bekannten
Namen greifen oder lohnt es sich, auch einmal einen neuen Produzenten auszuprobieren? Der kleine Johnson 2011
hilft hier den Überblick zu bewahren! Seit nunmehr 34 Jahren verlassen sich Weinliebhaber ebenso wie Profis auf die
Informationen zu inzwischen 15.000 Weinen, Produzenten
und Jahrgängen, die Hugh Johnson und sein Expertenteam
getestet haben.
Die Einträge zu Rebsorten und Weintypen wurden gründlich
überarbeitet sowie die neuesten Trends und Entwicklungen
bei den Produzenten und in den Regionen der Weinwelt berücksichtigt. Alternativen gefällig? Neben Hugh Johnsons
persönlichen Lieblingsweinen runden diesmal zusätzliche
Weinempfehlungen zu bestimmten Weinstilen das Kompendium ab: So empfiehlt Hugh Johnson zum Beispiel
Liebhabern von Pouilly Fumé auch einmal einen Assyrtiko
von Santorin zu verkosten. Beiden Weinen ist eine intensive Mineralität und lebhafte Säure zu eigen. Doch während
man bei letzterem eher „an Zitronentarte und Wildkräuter
denkt“, assoziiert man bei ersterem „geschnittenes Gras
und nasse Kieselsteine“, so der Autor. Wer bekommt da
nicht Lust, selbst zu probieren?
Neu in dieser Ausgabe ist zudem der ausführliche, vierfar-
Ein Extra-Kapitel “Saucen, Pestos und Eingemachtes“ hält
von “Senfsauce mit Früchten nach Art von Cremona“ bis
“Pesto nach Art von Pantelleria“ Grundrezepte bereit, die
sowohl Fleischgerichte wie auch Pasta begleiten. Und da
auch bei dieser Rezeptsammlung die Desserts nicht fehlen
dürfen, hat der Leser angefangen bei “Esskastanienpüree
mit Schokoladenguss“ über “Frischkäse mit Weinschaum
und Torrone“ bis hin zu “Ricottakuchen mit Limoncello“ die
Qual der Wahl. Unter Verwendung natürlicher, regionaltypischer Produkte haben erfahrene Köche und Wirte italienischer Osterien die Speisen überliefert und rezeptiert.
Informative Kommentare zum Ursprung sowie unterhaltsame Anekdoten ergänzen die Rezepte und machen die
Sammlung zu einem unverzichtbaren Kompendium für alle
Liebhaber der authentischen italienischen Küche.
Slow Food Editore
Ricette
di Osterie d’Italia
Die besten
Rezepte aus
Italiens Regionen
Hallwag Verlag München
464 Seiten
Format 18,5 x 24,2 cm
Hardcover
CHF 42,90
bige Sonderteil zum Thema Spanien: Er gibt einen spannenden Überblick über die expandierende Weinindustrie
des Landes und stellt neue, hochinteressante Winzer vor.
Hugh Johnson gilt weltweit als der führende Weinautor.
Bereits mit seinem ersten Buch Wine (1966) errang er
einen Platz in der vordersten Reihe der Weinautoren. Es
folgten viele weitere, darunter Der große Johnson, und Der
Weinatlas (alle bei HALLWAG). Nach zahlreichen internationalen Ehrungen, darunter der begehrte Literaturpreis der
Akademie von Bordeaux und der Orden “Chevalier des Arts
et Lettres“, verlieh ihm 2007 Königin Elisabeth II. den “Officer of the Order of the British Empire“ für seine Verdienste
um die Wein- und Gartenbaukunst.
Hugh Johnson
Der kleine
Johnson 2011
15.000 Weine
Produzenten
und Jahrgänge
aus aller Welt
Vollständig aktualisiert
und überarbeitet
Hallwag Verlag München
472 Seiten
Format 9 x 19 cm
Hardcover
CHF 34,50
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Contatti Commerciali
DAL MERCATO ITALIANO
Offerte di merci e servizi
Vino
Tenuta Mainardi
Località Mainardi
I – 84020 Aquara SA
Tel. 0039/0828 189 74 65
Fax 0039/0828 189 74 64
E-mail: [email protected]
www.tenutamainardi.it
Pasta fresca
Parma PaSt sas
Via Naviglio Alto 69
I – 43100 Parma
Tel. 0039 0521 798120
Fax 0039 0521 705612
E-mail: [email protected]
www.parmapast.it
Quadri multi orologio
per risparmio energetico
Sanviti elettrocostruzioni srl
Via Palermo 5b
I – 43100 Parma
Tel: 0039/0521 774774
Fax 0039/0521 270780
E-mail: [email protected]
www.sanviti.it
Pasta fresca
Pasta Julia Spa
Via Piemonte Loc. S. Luciola
I – 06038 Spello PG
Tel: 0039 0742 3017 61
Fax: 0039 0742 3601812
E-mail: [email protected]
www.pastajulia.it
Tessuti per arredamento
Triade srl
Via Marconi 3
I – 22079 Villa Guardia CO
Tel. 0039/031 563132
Fax 0039/031 563311
E-mail: [email protected]
www.triade.it
Vino
Azienda Agricola Roccasanta
via Cortemilia Alessandria, 4
I – 12074 Perletto
Tel. 0039 0173 81795
Fax 0039 0173 81795
[email protected]
www.aziendagricolaroccasanta.it
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Macchine per la trasformazione
della plastica
01 Machinery srl
Via Bettisi 12
I - 48018 Faenza (RA)
Tel. 0039/ 0546 662625
Fax: 0039/ 0546 662625
E-mail:[email protected]
www.01machinery.com
Macchine agricole
Maschio Gaspardo Spa
Via Marcello, 73
I – 35031 Campodarsego PD
Tel. 0039/049 9289842
Fax. 0039/049 9289601
E-mail: [email protected]
www.maschio.it
Distributori automatici
IVM Italia srl
Via Dolomiti 10/2
I – 35018 S. Martino di Lupari PD
Tel: 0039/ 049 5953443
Fax 0039/ 049 5951307
E-mail: [email protected]
www. ivm-italia.it
Prosciutti di Parma
Italfine srl
Via Provinciale 46
I – 43020 Beduzzo di Corniglio PR
Tel. 0039/0521 887160
Fax 0039/0521 887477
E-mail: [email protected]
www.italfine.it
Vini
Azienda Agricola Lamoretti
Località Casatico – Strada della Nave 6
I – 43013 Langhirano PR
Tel. 0039/0521 863590
Fax 0039/0521 863663
E-mail: [email protected]
www.lamorettivini.com
Tende e schermi termici
Iti Industriale
Via F.lli Bandiera, 13
I – 20016 Pero MI
Tel. 0039/02 3394 9905
Fax 0039/02 3534958
Email: [email protected]
www.iti-industriale.com
Prodotti cosmetici
Davines
Via Ravesini 9a
I – 43126 Parma
Tel. 0039/0521 965611
Fax 0039/0521 965716
Email: [email protected]
www.davines.com
Salumi
Devodier Prosciutti srl
Via Ponticella 4
I – 43037 Mulazzano Ponte di Legnano Bagni PR
Tel. 0039/0521 861070
Fax 0039/0521 861071
[email protected]
www.devodier.com
Formaggi
Caseificio Busti
Via Marconi 10
I – 56043 Acciaiolo di Fauglia PI
Tel. 0039/050 650565
Fax 0039/050 659057
[email protected]
www.caseificiobusti.it
Richieste di ricerca
agenti-rappresentanti
• Società leader da oltre 30 anni nella
produzione e commercializzazione
di apparecchi elettronici che rispettano totalmente l’igiene e consentono
un risparmio di acqua fino all’80%. Il
Gruppo DMP Electronics desidera
oggi arricchire il suo staff commerciale per affrontare nuove sfide. Uomo o
donna che abbia un’esperienza commerciale di minimo 3 anni, età 25/40
anni, che sappia comunicare in tedesco, francese e italiano, persona dinamica, autonoma e perseverante, disponibile a spostamenti in tutto il territorio
svizzero.
• La ditta Togni Spa di Ancona è una
affermata realtà attiva da oltre 50 anni
nel settore della produzione di vini spumanti ed acque minerali. Grazie alla
sua profonda esperienza e conoscenza
nella lavorazione delle uve, l’azienda ha
assunto una posizione di leadership nel
mercato italiano e soprattutto per ciò
che riguarda lo spumante è fornitore di
punta della GDO in Italia. La ditta Togni
Spa è alla ricerca in Svizzera di aziende
interessate alla distribuzione dei propri
prodotti all’ingrosso con cui avviare una
collaborazione di lungo termine.
La ditta Euroclima Spa di Brunico è una
affermata realtà attiva da oltre 40 anni
nel settore della produzione di centrali
per il trattamento dell’aria. Costruzioni
e soluzioni funzionali caratterizzate da
perfezione tecnica garantiscono l’affidabilità delle unità. Uno sviluppo costante
dei prodotti e dei metodi di produzione,
così come l’impegno a favore dell’innovazione, sono per l’azienda un fattore di
primaria importanza. La ditta Euroclima
Spa è alla ricerca in Svizzera di piccole
aziende interessate alla distribuzione
dei propri prodotti all’ingrosso con cui
avviare una collaborazione di lungo termine.
Società Chimica offre gestione in
un proprio capannone 400 - 700
m2 deposito solo per merci europee Via Casilina San Cesareo Roma
prezzo legato a volume e movimenti.
Per ulteriori informazioni è possibile
contattare direttamente:
Ing. Corrado Carboni
Via A.Gallonio 18
I - 00161 Roma
Tel. +39 0644232172
Fax +39 0644290941
E-mail: [email protected].
• La ditta Ars Food srl di Varese Ligure
è una ditta attiva dal 2003 attraverso il
marchio Le bio bontà di Varese Ligure
nella realizzazione di yogurt biologico.
Gli innovativi processi di produzione
garantiscono la sicurezza e la qualità
del prodotto, realizzato nel pieno rispetto dell’ambiente. Non a caso, in
pochi anni, Ars Food è diventata leader
nella produzione di yogurt biologico a
marchio privato per le principali catene
della Grande Distribuzione. La ditta Ars
Food srl è alla ricerca in Svizzera di importatori e grossisti specializzati nella
distribuzione di prodotti caseari e fre-
schi con cui avviare una collaborazione
di lungo termine.
• Ing. Luca Pala, inventore e ricercatore
in possesso di proprietà industriale e
di brevetto internazionale “Impianto di
sfruttamento contemporaneo di energia eolica e solare con produzione di
energia elettrica in proprio ricerca soci
collaboratori e finanziatori per acquisto
e sfruttamento del diritto di priorità del
brevetto succitato.
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera, Seestr. 123
casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23
Fax 044/201 53 57
[email protected], www.ccis.ch
Fax +41 31 950 16 16
E-mail: [email protected]
www.haco.ch
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera, Seestr. 123
casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23
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[email protected], www.ccis.ch
Offerte di merci e servizi
Trasporti internazionali
Huber Transport AG
Riedstrasse – PF
CH – 6343 Rotkreuz
Tel.: ++41 417901188
Fax: ++41 417901061
[email protected]
www.hubertransport.ch
DAL MERCATO SVIZZERO
Ricerca di merci e servizi
Filati e prodotti tessili per la casa
Schlossberg Textil AG
Tösstalstrasse 15
CH – 8488 Turbenthal
Tel. 0041 52 396 23 37
Fax 0041 52 396 22 02
[email protected]
www.schlossberg.ch
Gioielli
Sautebin Bally
grand-chêne CP 7393
CH – 1002 Lausanne
Tel. 0041 213236973
Pasta pronta ripiena
HACO AG
Worbstrasse 262 PF 96
CH – 3073 Gümligen
Tel: +41 31 950 14 04
Trasporti internazionali
Planzer Transport AG
Lerzenstrasse 14
CH - 8953 Dietikon
Tel: +41 447446222
E-mail: [email protected]
www.planzer.ch
Materiali edili
PA. MA IMPORT – EXPORT GmbH
Olsbergerstrasse 6
CH - 4310 Rheinfelden
Tel: +41 61 831 44 59
Fax +41 61 831 02 82
E-mail: [email protected]
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla:
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Fax 044/201 53 57
[email protected], www.ccis.ch
Tagliando d’abbonamento
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Tel. ....................................
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Intendo sottoscrivere un abbonamento annuo
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Data e firma ..................................................................................
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n. 12 - Dicembre 2010
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ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente
ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo
consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio
tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma
dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e comprende tra l‘altro:
- Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti,
commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi: Italia e Svizzera
- Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
(disponibili on-line in giornata)
- Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti
- Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri
- Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con
l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato
- Recupero di crediti commerciali, con particolare riguardo alla
ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali
PUBBLICAZIONI
-
La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno)
Calendario delle Fiere italiane
Annuario Soci
Indicatori utili Italia-Svizzera
Agevolazioni speciali per i Soci
Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo
Tel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57
http://www.ccis.ch, e-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
- Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani, nonché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche
- Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale
- Assistenza e consulenza in materia doganale
- Informazioni statistiche ed import/esport
- Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese
italiane e svizzere
- Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento
di brevetti
- Azioni promozionali e di direct marketing
- Arbitrato internazionale
- Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti
gli insediamenti in Svizzera ed in Italia
- Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità
- Traduzioni
- Viaggi di Studio
- Certificato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Roma
- Swiss Desk Porti italiani
- La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di VeronaFiere
- Recupero crediti in Svizzera
- Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione
della Camera Arbitrale della CCIS
- Compra-vendita di beni immobili in Italia
- Costituzione di società affiliate di imprese estere in Italia
- Il nuovo diritto societario italiano
- Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99
e-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
RECUPERO IVA ITALIANA
RECUPERO IVA SVIZZERA
Il servizio, offerto a condizioni
molto vantaggiose, è rivolto sia
alle imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia che
alle imprese italiane che recuperano l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera
la legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani il rimborso dell’IVA svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, la
legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ottenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
recapita l’istanza di rimborso in Italia all’Autorità fiscale
competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra pratica tramite il suo
ufficio di Pescara;
• fornisce assistenza legale
La CCIS:
• fornisce un servizio di informazione e prima consulenza;
• diventa il Vostro rappresentate fiscale;
• esamina la completezza della Vostra documentazione;
• invia la documentazione alle autorità svizzere e segue l’iter
della vostra pratica.
Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
+41 (0)44 289 23 23
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
96
la
Rivista
n. 12 - Dicembre 2010
Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere
che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata
ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo
ed identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili
interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le aziende
target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed efficace
ingresso sui rispettivi mercati di riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected]
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