Aplasia cutanea congenita a Beira, Mozambico: un case report in un contesto a risorse
limitate
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Autori: Elena Cuppini , Raul Arego , Arlindo Muhelo2, Damiano Pizzol1, Oliver Wingi2, Liviana
Da Dalt3, Giovanni Putoto1.
Autore Presentante: Elena Cuppini, [email protected]
Affiliazione:
1
Medici con l’Africa Cuamm, Padova, Italia
2
Dipartimento di Pediatria, Hospital Central da Beira, Mozambico
3
Dipartimento di Salute della Mamma e del Bambino, Università degli studi di Padova
Introduzione
L’aplasia cutanea congenita è una rara malformazione caratterizzata dall’assenza locale congenita
della cute. L’incidenza di questa patologia è di 0,5-1/ 10000 nati vivi e il rapporto femmine/maschi
è di circa 7/1. Solitamente colpisce la cute del cranio, più raramente quella dell tronco e degli arti.
Clinicamente può manifestarsi come singola lesione o come parte di un complesso sindromico.
Il deficit può essere di varia severità, e presentarsi come semplice assenza di cute o come difetto a
tutto spessore coinvolgendo l’osso e la dura madre. Le lesioni possono essere complicate da
infezioni,emorragia e trombosi. Non esiste attualmente un approccio condiviso per la diagnosi e
terapia di tale patologia e diversi autori suggeriscono, tra gli esami più indicati in età prenatale il
dosaggio delle alfa-fetoproteine e dell’acetilcolinesterasi materne e fetale, mentre in epoca post
natale, oltre alle indagini laboratoristiche di routine, l’analisi del gene PUNK-77, ecografia,
radiografia, risonanza magnetica e biopsia con esame istologico.
Case Report
Presentiamo il caso di una bambina quintogenita, nata a termine da madre HIV positiva e in
trattamento con farmaci antiretrovirali da 2 anni, con peso alla nascita di 1480g, lunghezza 47 cm,e
circonferenza cranica di 33 cm. Non è stato possibile determinare l’Apgar score in quanto la
bambina è nata in casa. La neonata entra nell’Ospedale Centrale di Beira dopo qualche ora dalla
nascita e lo stato generale risulta già compromesso nonostante, il colorito sia roseo, il pianto valido,
il tono presente e la reattività buona. Presenta aree di discontinuità cutanea al cranio a livello delle
braccia, delle cosce e sull’addome. Non sono state rilevate altre anomalie. La diagnosi di Aplasia
della Cute Congenita è stata clinica non essendo disponibili test di laboratorio e un servizio di
diagnostica per immagini adeguato. lo schema terapeutico è stato il seguente: impacco umido con
sulfadiazina argentica, cefotaxime 70 mg ev per 12 ore, gentamicina 6 mg ev per un giorno,
azidotimidina 0,5 ml ogni 12 ore. Nei primi 5 giorni, pur alimentandosi e non registrando febbre,
convulsioni, emorragie o fenomeni trombociti, si registra un calo ponderale di 180g. Pur registrando
alcuni tentativi di cicatrizzazione, permangono aree di necrosi disseminate con fuoriuscita di siero.
Dal 6° al 10° giorno le condizioni si aggravano, la temperatura corporea raggiunge i 38°C,
aumentano aree di necrosi ed iniziano a lacerarsi. Al 15° giorno, il peso è di 1010g, presenta estese
aree di necrosi dei tessuti, desquamazione delle aree cicatrizzate, addome disteso, incapacità di
alimentarsi e irritabilità. È stata quindi somministrata vancomicina, cefepim e fluconazolo, si
prosegue la medicazione con gli impacchi di sulfadiazina argentica. Le condizioni generali si
aggravano inesorabilmente, continua il calo ponderale fino a 950 g, a livello addominale le aree
necrotiche tendono a creare fessurazioni che rendono visibili i visceri addominali e sono presenti
abbondanti secrezioni sierose.
Al 24° giorno, la neonata è morta.
Discussione e conclusioni
Per la presentazione del caso clinico è stato ottenuto il consenso informato scritto dalla madre,
unica detentrice della patria potestà della bimba.
Nonostante nella maggior parte dei casi l’ACC si manifesti con lesioni di piccole dimensioni,
isolate e a livello del cranio, in questo caso ci siamo trovati di fronte ad una malformazione
congenita molto estesa. Il meccanismo fisiopatologico di questa patologia non è ancora chiaro,
verosimilmente si tratta di un processo multifattoriale e sono condivisi alcuni fattori di rischio quali
l’esposizione durante la gravidanza a patologie infettive ad alcune classi di farmaci. Nel nostro
caso, pur non potendo avanzare ipotesi certe, possiamo immaginare come fattori di rischio la
positivitàdella madre e la terapia con antiretrovirali da due anni. Operando in un contesto a risorse
limitate non è stato possibile eseguire test diagnostici appropriati, consulenza da parte di un
chirurgo plastico e la terapia medica è stata impostata in modo empirico. Probabilmente analisi più
specifiche, non avrebbero modificato la prognosi della paziente ma è obbligo riflettere sulla
necessità di garantire un più appropriato approccio terapeutico e un follow up per la madre durante
l’età gestazione anche nei paesi a risorse limitate.
Figura 1. Evoluzione della patologia: A e B stadio della patologia al giorno 1 e C al giorno 21
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