DIPARTIMENTO DI EMERGENZA
DIRETTORE: DR. GIOVANNI GORDINI
ECOGRAFIA IN MEDICINA DI URGENZA E EMERGENZA
CORSO TEORICO-PRATICO I LIVELLO
Bologna, 22-23 marzo 2012
SYLLABUS
GERARDO ASTORINO
ROBERTO BALDINI
ROXANA BAIGORRIA
LAURA CECILIONI
CARLO CONIGLIO
M.GIOVANNA MARRA
MARCO MICELI
CRISTINA ORLANDINI
ENRICA PERUGINI
STEFANO RAMILLI
CECILIA SCIALPI
SOCCORSA SOFIA
1. FISICA DEGLI ULTRASUONI
Dr. Laura Cecilioni
L’ecografia è una tecnica di diagnostica per immagini basata sugli echi prodotti da un fascio di ultrasuoni che
attraversa un organo o un tessuto. E’ una metodica ‘trasversale’ entrata ormai a far parte integrante di quasi
tutte le specialità mediche, patrimonio comune sia del radiologo sia del clinico della più diversa estrazione.
La sua diffusione è stata favorita dall’innocuità, dalla non invasività, dalla relativa economicità, mentre il
limite principale è rappresentato dal fatto che l’ecografia è operatore dipendente: la capacità tecnica,
l’esperienza e la cultura dell’operatore sono i fattori che condizionano, insieme alle caratteristiche tecniche
dell’apparecchio, il risultato dell’esame.
Cenni di storia dell’ecografia. Spallanzani dimostrò, nel 1794, che i pipistrelli usavano gli ultrasuoni per
orientarsi nel volo notturno.
Le prime applicazioni tecniche degli ultrasuoni sono state di tipo militare; il SONAR (SOund Navigation And
Ranging) è stato sviluppato tra le due guerre mondiali e montato sulle navi per l’individuazione di sottomarini
o su questi ultimi per l’individuazione di ostacoli, durante la navigazione in profondità. Il suo funzionamento
è basato sull’emissione di ultrasuoni e nella successiva rilevazione di eventuali echi provenienti da superfici
presenti in mare.
Sebbene le prime segnalazioni sull’utilizzo degli ultrasuoni in Diagnostica per Immagini risalgano agli anni
‘50, l’inizio della sua diffusione può essere fissato intorno agli anni ’70. In campo medico, gli ultrasuoni
furono inizialmente utilizzati per scopi terapeutici, sfruttando il loro effetto termico e distruttivo e nel corso
degli ultimi trent’anni le applicazioni in medicina si sono enormemente ampliate.
Caratteristiche fisiche degli ultrasuoni. Gli ultrasuoni sono un particolare tipo di onde meccaniche, cioè
elastiche, ad altissima frequenza (> 20.000 Hz), non udibili all’orecchio umano, le cui modalità di
propagazione dipendono dalle forze elastiche che legano tra loro le particelle dei mezzi attraversati. Queste
onde meccaniche, definite sonore, non possono, quindi, propagarsi nel vuoto in assenza di materia.
Un’onda sonora (e quindi l’ultrasuono) è caratterizzata da: frequenza (in Hertz, numero di cicli al secondo),
lunghezza d’onda (la distanza, in metri, tra due picchi successivi dell’onda), velocità di propagazione
(la distanza percorsa dall’onda nell’unità di tempo, in m/sec), l’intensità (l’ampiezza delle onde, in decibel)
e il periodo (tempo impiegato per percorrere una distanza pari alla lunghezza d’onda).
Caratteristiche del fascio ultrasonoro. Il fascio di ultrasuoni può essere descritto come un “pennello” i
cui i peli tendono ad allargarsi poco dopo essere usciti dalla sonda. Essi restano paralleli fra loro solo per un
breve tratto: il fascio resta coerente (cioè, con diametro pari a quello del cristallo) fino a una distanza che è
proporzionale al diametro del cristallo. Il tratto nel quale il fascio è coerente è detto “zona di Fresnel”; quello
successivo, “zona di Fraunhofher”. Il punto di passaggio tra le due zone rappresenta la zona focale del fascio
ultrasonoro. La focalizzazione, nelle vecchie sonde di tipo meccanico, era fissa. Nelle moderne sonde
elettroniche, la presenza di “lenti acustiche” permette di ottenere più di un punto di focalizzazione a
profondità variabili.
Produzione degli ultrasuoni - Effetto piezoelettrico. La generazione e la ricezione degli ultrasuoni
avvengono attraverso appositi strumenti definiti trasduttori, in grado di convertire energia elettrica in energia
meccanica ad alta frequenza, e viceversa. Il trasduttore utilizza un cristallo con proprietà piezoelettriche,
che, eccitato da un impulso elettrico, genera il fascio di ultrasuoni. I materiali piezoelettrici sono strutture
cristalline costituite da molecole asimmetriche, con cariche positive e negative separate ai due estremi, detti
dipoli. Se si applica tensione ai dipoli, questi si allineano e il cristallo varia di dimensioni (pochi millesimi di
millimetro). Appena la tensione elettrica cessa i cristalli riprendono rapidamente la forma originale. Questo
rapido ritorno elastico fa entrare in risonanza i cristalli determinando una piccola serie di vibrazioni che
generano degli ultrasuoni. I trasduttori sono contenuti all’interno delle sonde che quindi fungono sia da
sorgente sia da ricevente di ultrasuoni; dalla frequenza degli ultrasuoni emessi dal trasduttore dipendono la
risoluzione spaziale, la definizione dell’immagine e il potere di penetrazione degli ultrasuoni. Maggiore sarà la
frequenza, migliore sarà la risoluzione spaziale, minore però sarà la lunghezza d’onda e quindi il potere di
penetrazione. Per questo occorre scegliere le sonde in relazione alle specifiche indicazioni cliniche. Gli
ultrasuoni usati ai fini diagnostici hanno frequenza altissima (dai 2 ai 20 MHz), lunghezza d’onda cortissima
(di 0,07-1,5 mm) e periodi di decimo di microsecondo.
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Interazione ultrasuoni-materia. Il mezzo attraversato dagli ultrasuoni è caratterizzato dai seguenti
parametri:
- Impedenza acustica (Z): è una proprietà caratteristica di ogni mezzo, ed è il prodotto della densità del
mezzo (p), per la velocità di propagazione degli ultrasuoni (Z = pXc , unità di misura: Rayl). L’importanza
dell’impedenza acustica è data dal fatto che, in corrispondenza delle superfici di separazione tra mezzi a
impedenza acustica diversa (interfacce acustiche), hanno luogo i fenomeni di riflessione e di diffusione da
cui originano gli echi alla base della formazione delle immagini ecografiche.
-Velocità di propagazione (c): è la distanza percorsa dall’onda nell’unità di tempo, dipende in maniera
inversamente proporzionale dalla densità e dalla compressibilità del mezzo attraversato.
Le interazioni fondamentali che intervengono tra un fascio di ultrasuoni e il mezzo in cui si propaga e
che sono alla base della formazione dell’immagine, sono :
Riflessione: interazione tra un fascio di piccola lunghezza d’onda e una’interfaccia’ piana,di grandi
dimensioni, con un’incidenza perpendicolare (‘interfaccia speculare’). Se due tessuti hanno impedenza
acustica diversa, alla loro interfaccia una parte più o meno grande del fascio di ultrasuoni è riflessa e si
genera un eco.
Rifrazione: se l’incidenza del fascio è obliqua, l’eco ritorna dall’interfaccia a un angolo uguale a quello
d’incidenza. Il fascio trasmesso è deviato dalla linea retta proporzionalmente alla differenza nella velocità
degli ultrasuoni in ciascun lato dell’interfaccia. E’ responsabile di alcuni artefatti.
Diffusione o scattering: è la diffusione in tutte le direzioni che il fascio ultrasonoro subisce quando
incontra una superficie irregolare o tante piccole superfici orientate in modo diverso.
Assorbimento: è la trasformazione dell’energia acustica in energia termica (80%),che il fascio ultrasonoro
subisce nell’attraversare i tessuti.
Attenuazione: è la riduzione dell’intensità che il fascio ultrasonoro subisce nell’attraversare i tessuti;
dipende in gran parte dall’assorbimento ma anche da riflessione, diffusione e allargamento del fascio e
avviene secondo la relazione: 1dB/cm/MHZ (aumenta all’aumentare del percorso e della frequenza)
Costruzione dell’immagine ecografica. Quando il fascio incontra un’interfaccia tra due mezzi a diversa
impedenza acustica, gli ultrasuoni vengono in parte riflessi e in parte trasmessi con perdita di energia. Gli
echi di ritorno dai tessuti colpiscono il trasduttore, dove sono trasformati in impulsi elettrici e inviati al
convertitore che li rielabora in un’immagine in scala dei grigi. A ogni pixel dell’immagine è assegnata una
diversa luminosità proporzionale all’intensità degli echi riflessi corrispondenti: echi intensi (iperecogenoBIANCO) - echi intermedi (iso-ipoecogeno GRIGIO) - assenza di echi (anecogeno- NERO).
Le interfacce speculari (‘riflessione’) corrispondono alle superfici di organi, pareti di vasi e piani di clivaggio
tra strutture diverse: contribuiscono a determinare la forma degli organi e apparati in esame. Le interfacce
oblique o tra tessuti a diversa velocità di propagazione degli US (‘rifrazione’) sono responsabili degli
artefatti. Lo ‘scattering’ contribuisce alla struttura degli organi, cioè al ‘pattern’ di echi di piccola ampiezza e
dimensioni caratteristico dei parenchimi.
Per una corretta interpretazione dell’immagine ecografica è fondamentale la conoscenza degli artefatti, che
sono sia elementi semeiologici fondamentali (1 gruppo) che espressione di strutture biologiche reali, sia pure
distorte e modificate nelle loro caratteristiche biologiche (2 gruppi).
1° gruppo:
Riverberazioni: strutture molto riflettenti rimandano gli ultrasuoni alla superficie della sonda che li rimanda
ai tessuti, più volte.
Artefatto a coda di cometa: strutture di piccole dimensioni e a elevata impedenza acustica creano
riflessioni multiple degli ultrasuoni tra parete posteriore e anteriore dell’oggetto
Ring-down artifact: piccole quantità di liquido in contatto con micro bolle gassose entrano in risonanza ed
emettono un nuovo fascio ultrasonoro con frequenza propria
Cono d’ombra posteriore: strutture con impedenza acustica molto elevata provocano una completa
riflessione del fascio di ultrasuoni
Ombre acustiche: strutture rotondeggianti, composte da tessuti con velocità degli ultrasuoni diverse da
quelle circostanti
Rinforzo posteriore di parete: all’interfaccia tra un tessuto e una raccolta liquida, gli ultrasuoni non sono
riflessi e, nell’attraversare la raccolta, non subiscono alcuna attenuazione né assorbimento, cosa che invece
avviene nei tessuti circostanti la raccolta.
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2° gruppo:
Side-lobe artifact: la parte centrale del fascio produce l’immagine; le parti laterali, interagendo con
superfici molto riflettenti e inclinate, producono una banda ecogena più vicina alla sonda (esempio: studio
della vescica)
Effetto di volume parziale: si realizza quando una raccolta liquida è di dimensioni inferiori o superiori a
quella di un fascio di ultrasuoni
Artefatto da variazione della velocità di propagazione: Quando una struttura liquida o adiposa è
attraversata dagli ultrasuoni con velocità <o> rispetto alle strutture circostanti, la parete posteriore si sposta
distalmente o prossimalmente.
Effetto specchio: è causato da riflessioni multiple tra la superficie che agisce come uno specchio, e la
struttura posta a ridosso di essa, con conseguente allungamento del tragitto degli ultrasuoni e allungamento
del tempo per ritornare alla sonda. Questo viene interpretato dall’apparecchio come una maggior distanza
percorsa: la struttura in esame, oltre che nella sede reale, è riprodotta anche al di là della superficie
specchio, in sede speculare a quella reale.
Le sonde o trasduttori. Il trasduttore alterna le sue funzioni di: a) trasmissione, nella quale avviene
l’emissione dell’impulso ultrasonoro (un milionesimo di secondo); b) ricezione, durante la quale sono ricevuti
gli echi di ritorno dai tessuti, e c) di azzeramento del sistema, in preparazione di una nuova trasmissione.
Durante il funzionamento, la sonda trasmette piccoli “pacchetti” di ultrasuoni (di solito, 2 o 3 cicli) per l’1%
del tempo (circa 1-2 milionesimi di secondo); per il restante 99% (100-200 milionesimi di secondo), la
sonda resta in ascolto degli echi di ritorno che, facendo entrare in risonanza i cristalli piezoelettrici
determinando la produzione di un segnale elettrico. Secondo il ritardo con cui arrivano alla sonda, gli echi
vengono disposti nella matrice dell’immagine (echi precoci = zone vicine; echi tardivi = zone profonde). A
causa dell’attenuazione degli ultrasuoni nei tessuti, gli echi provenienti da strutture distali saranno meno
intensi di quelli provenienti da strutture simili ma più prossimali. Per compensare ciò, gli echi lontani sono
amplificati rispetto a quelli più vicini (T.G.C. Time Gain Compensation).
Le sonde producono immagini diverse a seconda delle loro caratteristiche:
‘PHASED-ARRAY’: Più cristalli vengono “eccitati” singolarmente per creare un fascio settoriale. Hanno una
piccola base d’appoggio, sono usate in “finestre” anatomiche strette (es. coste) e comunemente utilizzate in
cardiologia, pediatria e per applicazioni addominali. Hanno sostituito le precedenti sonde ‘settoriali’,
costruite con un trasduttore a cristallo singolo che oscillava meccanicamente descrivendo un angolo da 45°
a 60°, completando un ciclo elettroacustico per volta in ogni posizione adiacente del suo asse di oscillazione.
Producono un’immagine a ‘tronco di cono’ con base stretta.
LINEARE: 180-200 elementi piezoelettrici di piccole dimensioni affiancati, che vengono attivati in blocchi
sequenziali con modalità diverse a seconda delle apparecchiature, emettendo un fascio di onde parallele fra
loro ad alta frequenza (7.5-14MHz) garantendo una buona risoluzione per gli strati superficiali (tessuti molli),
un ampio campo visivo, ma una ridotta risoluzione in profondità. Producono un’immagine rettangolare.
TRAPEZOIDALI (CONVEX): Trasduttori a elementi multipli, disposti su una superficie curva (a raggio
piccolo o ampio) e attivati con modalità identiche a quelle descritte per i trasduttori lineari. Hanno una bassa
frequenza (2.5-5 MHz) con alto potere di penetrazione, adatte per lo studio addominale-pelvico. Producono
un’immagine a tronco di cono con base larga.
Ogni sonda è caratterizzata da una ‘frequenza fondamentale’ (indicata espressamente sulle sonde di vecchio
modello) che è quella del fascio di ultrasuoni che emette. Le sonde di attuale produzione sono generalmente
sonde ‘multifrequenza’, in grado cioè di emettere frequenze fondamentali in uno spettro più ampio che in
passato, con la possibilità di variarle secondo le condizioni dell’indagine, il tipo di paziente e la profondità alla
quale si trova il campo d’interesse.
Modalità di acquisizione del segnale ultrasonoro. Gli echi prodotti dagli ultrasuoni, una volta raggiunta
la sonda, possono essere visualizzati con diverse modalità:
A MODE (Amplitude Mode, Modulazione di Ampiezza) modalità di visualizzazione monodimensionale. L’eco è
rappresentato con dei picchi che modificano una linea su un oscilloscopio. L’ampiezza dei picchi è
proporzionale all’intensità dell’eco, mentre la profondità è proporzionale alla distanza delle interfacce che
hanno generato l’eco. L’A-mode, trova ancora residuali applicazioni nell’ecografia dell’occhio.
TM-MODE (Time Motion Mode) Negli organi provvisti di movimenti continui può essere utile visualizzare
questi movimenti lungo una linea di scansione fissa, soprattutto per eseguire misurazioni. Il TM mode è in
concreto un B-mode in cui lungo una linea di scansione fissa si hanno continui refresh della posizione dei vari
echi che, però, non vanno a sovrapporsi ai precedenti (come avviene nel B-mode RT) ma si affiancano in
successione l’uno all’altro comunicando così informazioni sulla motilità della parte indagata lungo quella
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singola linea di scansione nel tempo. Questa modalità di visualizzazione è classicamente molto utilizzata in
ecocardiografia, ma è di grande utilità anche in ecografia d’urgenza (pneumotorace,versamenti pleurici,
studio della vena cava inferiore).
B-MODE (Brightness Mode, Modulazione di Luminosità) gli echi sono rappresentati in sequenza lungo una
linea secondo la loro distanza dalla sorgente (determinata sulla base del ritardo con cui ritornano alla sonda)
e la loro intensità viene presentata in scala di grigi: il bianco corrisponde al massimo dell’intensità mentre il
nero all’assenza di echi; le sfumature intermedie rappresentano i vari livelli di intensità. Questa modalità di
rappresentazione, utilizzata in sequenza temporale o mediante multiple linee di scansione affiancate,
opportunamente sincronizzate, è la modalità di visualizzazione degli echi più utilizzata in ecografia. B MODE
REAL TIME: è la naturale evoluzione del B-mode; la singola linea di scansione è affiancata a molte altre
così da formare un “pennello” o un “ventaglio” che fornirà, quindi, immagini bidimensionali di sezioni di un
organo o di un tessuto (immagine di tipo tomografico). Gli echi dei singoli fasci ultrasonori arrivano ai cristalli
della sonda, con una sequenza opportunamente temporizzata, continuamente processati ed elaborati, così
da fornire “frame” che, se in numero adeguato (almeno 15 per secondo), daranno una sensazione di
“fluidità” alle immagini visualizzate sul monitor. Ciò permette la visualizzazione delle strutture “in tempo
reale”, cioè, in maniera dinamica, ottenendo, oltre a valutazioni di tipo morfologico, informazioni di tipo
funzionale (ad esempio visualizzando le contrazioni cardiache, l’attività peristaltica intestinale, ecc.).
2. SEMEIOTICA ECOGRAFICA
Dr. Stefano Ramilli
La semeiotica medica è la disciplina che tenta di formulare una diagnosi studiando i segni e i sintomi che i
pazienti presentano. Anamnesi ed esame obiettivo rappresentano l'approccio iniziale, completati poi dagli
esami laboratoristici e strumentali. L'ecografia è una metodica di imaging di notevole ausilio nell'estensione
dell'esame obiettivo, data la facile esecuzione, l'assenza di utilizzo di radiazioni ionizzanti e i costi sostenibili
dell'apparecchiatura necessaria.
La semeiotica ecografica ha il compito di descrivere le caratteristiche dell'immagine di tessuti normali e
patologici quando vengono attraversati dall'onda sonica. Il ruolo dell'ecografia nella medicina d'urgenza è,
inoltre riconosciuto in ambito internazionale come dimostrato dai numerosi e autorevoli protocolli nella
gestione del paziente critico (protocollo ACES, Emerg Med J 2009; 26:87–91, protocollo RUSH, Emerg Med
Clin North Am. 2010 Feb;28(1):29-56, protocollo BLUE, Chest 2008;134;117-125).
L'ecogenicità di un tessuto dipende dalla quantità di echi di ritorno che il tessuto stesso è in grado di
generare. Quando non avviene alcuna riflessione del fascio ultrasonoro, l'immagine è completamente nera e
viene detta “anecogena”. L'esempio di tessuto anecogeno per eccellenza è il liquido (acqua, sangue, bile,
urina). I tessuti solidi sono in grado di riflettere il fascio ultrasonoro in maniera più o meno marcata secondo
la loro composizione ed hanno una struttura più o meno “ecogena”. E' importante sottolineare che i termini
iperecogeno, isoecogeno e ipoecogeno sono termini di paragone. Una formazione è iper-ipo o isoecogena
rispetto a un tessuto circostante. Iperecogeno significa “a ecogenicità elevata” rispetto al parenchima
circostante. Un esempio di formazione iperecogena è il calcolo, costituito da materiale ricco di minerali, in
grado di riflettere interamente il fascio ultrasonoro, determinando il caratteristico aspetto spiccatamente
“bianco”. L'osso e le calcificazioni tissutali (come ad esempio le placche ateromasiche) presentano lo stesso
tipo di comportamento. Iperecogeno, tuttavia, non significa unicamente “ricco di calcio o di minerali”.
L'angioma epatico, tumore benigno del fegato costituito prevalentemente da tessuto endoteliale, è
tipicamente iperecogeno rispetto al parenchima, pur non contenendo calcio al suo interno. Iperecogeno
significa: “tessuto in grado di riflettere il fascio ultrasonoro in maniera maggiore rispetto al parenchima
circostante”.
Ipoecogeno significa “a ecogenicità ridotta” rispetto al parenchima circostante. Le neoplasie spesso
presentano una struttura ipoecogena rispetto al parenchima circostante, probabilmente in relazione alla
quota elevata di capillari (che contengono sangue e quindi liquido) presenti.
Isoecogeno significa “alla stessa ecogenicità” del parenchima circostante. Le formazioni veramente
isoecogene sono, pertanto, più difficili da individuare perché si differenziano poco dal tessuto circostante. Un
esempio tipico è dato dalla iperplasia nodulare focale epatica, misconosciuta molto spesso nelle ecografie
tradizionali, senza il mezzo di contrasto.
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3. STRUMENTAZIONE ECOGRAFICA E ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI
Dr. Cecilia Scialpi
Al momento l’industria fornisce tre gruppi di apparecchi ecografici, distinti riguardo alla trasportabilità
(carrellati, portatili, ultraportatili), ognuno dei quali offre prestazioni differenti ed è pensato per l’utilizzo in
specifici setting clinici. Gli apparecchi carrellati sono piuttosto grandi e rappresentano, di solito, il top della
gamma per prestazioni e accessori, utilizzati nella diagnostica convenzionale, per lo più ambulatoriale. I
portatili sono caratterizzati dalla compattezza e dalla leggerezza, possono essere dotati di più sonde ed
essere completi di color e Doppler. La caratteristica principale è l’estrema maneggevolezza che ne consente
una rapida mobilizzazione e pronta disponibilità e quindi li rende particolarmente idonei all’uso soprattutto
nell’emergenza sia intra che extra ospedaliera. Gli ultraportatili sono estremamente compatti (possono stare
nel palmo di una mano) dotati di un’unica sonda e di sistema di registrazione delle immagini e rappresentano
l’evoluzione tecnologica degli apparecchi portatili.
Principali comandi di un ecografo. L’ecografo, sommariamente, è composto da un monitor, da un
pannello di controllo e dalla sonda; per iniziare l’esame ecografico dobbiamo quindi conoscere i principali
tasti funzione di base.
Tasto di accensione (on/off): la sua posizione varia a seconda dell’apparecchio utilizzato.
Probe: è il tasto che permette di selezionare la sonda adatta all’organo che deve essere studiato. Le sonde
possono essere convesse o phased array (a bassa frequenza) o lineari (ad alta frequenza), ed endocavitarie
o transcutanee. Ciascuna sonda ha un marker in rilievo, spesso illuminato, che corrisponde di solito, per
convenzione, al lato superiore sinistro dello schermo, con un puntino o con il logo della marca
dell’apparecchio. L’esame ecocardiografico è eseguito con il marker al lato destro dello schermo, quindi molti
apparecchi sono dotati di una funzione che permette di modificare la posizione del marker sullo schermo.
Regolazione dei guadagni (GAIN): aggiusta l’intensità degli echi di ritorno. Incrementando il guadagno
si ottengono immagini più chiare, brillanti, viceversa riducendolo si ottengono immagini più scure. Non incide
sulla qualità dell’immagine (non modifica il numero di pixel per immagine), quindi, al fine di ridurre gli
artefatti, conviene regolare al minimo indispensabile i guadagni. La diversa ecogenicità corrisponde alla
struttura degli organi esaminati (che hanno differente impedenza acustica) e viene espressa con la scala dei
grigi: anecogeno (nero) per le strutture liquide, iperecogeno (bianco) e ipoecogeno per le strutture solide e
parenchimatose. La funzione guadagno è un po’ come la funzione volume dello stereo: aumenta o
diminuisce il volume emesso ma non modifica la qualità del suono.
Focus: la sua posizione è indicata sul lato destro dello schermo (freccia o punto) e può essere variata con il
tasto apposito. E’ una funzione che consente di posizionare la zona focale del fascio di ultrasuoni sul punto di
interesse, per migliorarne la risoluzione e quindi la qualità dell’immagine.
Profondità (DEPTH): modifica la dimensione dell’area rappresentata sullo schermo; utile per assicurare
che l’intera struttura d’interesse sia nello schermo.
Regolazione del time gain compensation (TGC): permette di aggiustare i guadagni a diverse
profondità. Gli echi hanno un’intensità direttamente proporzionale all’intensità dell’ultrasuono che li ha
generati. Poiché gli ultrasuoni si attenuano durante la loro progressione attraverso i tessuti, gli echi
provenienti dalle zone più profonde sono sempre meno intensi a prescindere dalla differenza d’impedenza
che li ha generati: per cui due interfacce di uguale differenza d’impedenza poste a differenti profondità
apparirebbero sempre diverse sul monitor. Per correggere il problema relativo gli apparecchi ecografici
usano un amplificatore che è regolato sul tempo che gli echi prodotti impiegano per ritornare alla sonda:
maggiore è il ritardo maggiore sarà l’amplificazione (TGC). In molti apparecchi ecografici, oltre alla
regolazione automatica operata dalla macchina, è possibile regolare manualmente il TGC degli echi che
ritornano alla sonda.
FREEZE (fermo immagine). E’ possibile bloccare la successione di frame dell’esame in tempo reale nel
momento in cui, a giudizio dell’operatore, si stia visualizzando al meglio una certa struttura o organo.
Sull’immagine così “congelata” è possibile inserire una serie di misure, note o scritte o frecce ecc.
ORIENTAMENTO DELLE IMMAGINI ECOGRAFICHE. L’esame viene condotto con il paziente supino,
disteso alla destra dell’operatore (tranne che nell’ecocardiografia convenzionale); se l’ esame eseguito viene
eseguito in un contesto di urgenza, non saranno rispettati i classici requisiti di base, ossia che il paziente sia
digiuno da almeno sei ore e con la vescica distesa (per lo studio dell’intero addome) e che l’ambiente sia
poco illuminato.
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Una volta scelta la sonda adatta allo studio che si deve condurre, bisogna controllarne il corretto
orientamento, che può essere contrassegnato sulla stessa in vario modo, e la sua corrispondenza al marker
sul monitor. In pratica, è comunque sufficiente porre la sonda orientata trasversalmente, appoggiare un dito
sul lato sinistro della sonda e controllare che sul monitor l’immagine compaia in alto a sinistra.
Mentre con la mano destra si impugna la sonda, con la sinistra si regolano i tasti base per ottimizzare la
risoluzione delle immagini ottenute.
L’esame viene condotto eseguendo scansioni trasversali, longitudinali e oblique.
E’ consigliato poi di non modificare più l’impugnatura della sonda e, nel passaggio dalle scansioni trasversali
o oblique a quelle longitudinali, semplicemente ruotare la stessa di 90° in senso orario. In tal modo la
rappresentazione sul monitor delle scansioni ecografiche corrisponderà a ciò che abbiamo definito come
modalità convenzionale.
Iniziato l’esame è indispensabile avere una corretta conoscenza dell’orientamento dell’immagine riprodotta
sul monitor. Per convenzione le immagini ecografiche sono visualizzate sul monitor in modo tale che nella
parte superiore sono rappresentati gli strati superficiali (quelli più vicini alla sonda) e nella parte inferiore
quelli profondi (i più lontani dalla sonda). Per esempio, nella scansione trasversale dell’ipocondrio destro,
nella parte superiore del monitor sono visualizzati il lobo destro del fegato e la colecisti e, nella parte
inferiore, il rene destro e la vena cava inferiore. Nelle scansioni di tipo trasversale, nella parte sinistra del
monitor è rappresentata la parte destra della sezione anatomica in esame, che corrisponde alla destra del
paziente, mentre nella parte destra del monitor la parte sinistra della sezione anatomica. Nelle scansioni di
tipo longitudinale, nella parte sinistra del monitor sono rappresentate le porzioni craniali dei visceri in esame
e nella parte destra del monitor, quelle caudali. In pratica è come se ci ponessimo a guardare gli spaccati
anatomici delle sezioni trasversali dalle gambe del paziente e quelli delle scansioni longitudinali dal fianco
destro del paziente.
4. ANATOMIA ECOGRAFICA
Dr. Stefano Ramilli
ADDOME
Fegato. E' un organo dispari situato in ipocondrio destro al di sotto delle coste. L'ecostruttura del fegato
sano è omogenea (non isoecogena). All'interno del fegato possono essere visualizzati rami portali e le vene
sovraepatiche che si distinguono tra loro per lo spessore delle pareti (maggiore nei rami portali) e per il
decorso (le vene sovraepatiche congiungono tra loro verso la porzione inferiore del monitor per sfociare in
vena cava). Le vie biliari intraepatiche decorrono parallelamente ai rami portali e in condizioni fisiologiche
non sono visualizzate.
L'esplorazione epatica comincia a livello del lobo sinistro (sn) mediante una scansione trasversale effettuata
a livello epigastrico. Il lobo sn è a forma triangolare con il profilo rivolto alla sinistra del monitor. All'interno
del lobo sn sono visualizzabili il ramo portale sinistro e la vena sovraepatica sn. Il lobo destro viene esplorato
mediante scansioni sottocostali oblique oppure per via intercostale. All'interno del lobo destro sono
visualizzabili il ramo portale destro, le vene sovraepatiche media e destra e la colecisti.
La scansione intercostale, non risentendo del meteorismo intestinale, consente una visualizzazione ottimale
della colecisti e dell'ilo epatico, per la valutazione del calibro della via biliare principale.
Del fegato andranno valutati la regolarità dei profili, il parenchima e i vasi, con particolare attenzione per la
vena cava, importante nella valutazione emodinamica del paziente critico. La vena cava può essere
visualizzata mediante scansioni epigastriche longitudinali oppure mediante scansioni longitudinali, lungo la
linea ascellare media, per via intercostale.
Colecisti e Vie Biliari. La colecisti è un viscere piriforme localizzato a livello del lobo destro del fegato. Può
essere visualizzata mediante scansioni sottocostali oblique (va ricercata lungo il decorso della vena
sovraepatica media) oppure mediante scansioni intercostali oblique, possibilmente con il paziente in decubito
laterale. E' costituita da un fondo, un corpo e un infundibulo. Raggiunge il massimo volume durante il
digiuno poiché in queste condizioni vi viene immagazzinata la bile. Il calibro massimo trasverso non deve
superare i 4 cm. Le pareti, in condizioni fisiologiche durante il digiuno, sono sottili e quasi non percettibili.
Non è possibile effettuare una corretta valutazione delle pareti colecistiche se la colecisti è contratta (es.
paziente non a digiuno).
Le vie biliari si dividono in intra ed extraepatiche. Le vie biliari intraepatiche decorrono parallele ai rami
portali e in condizioni fisiologiche non sono visibili. La visualizzazione delle vie biliari intraepatiche, che fanno
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assumere ai rami portali intraepatici il caratteristico aspetto “a doppio binario”, deve essere considerata
patologica. La via biliare principale può essere visualizzata in condizioni ottimali per almeno i 2/3 prossimali
del suo decorso, sino al suo tratto intrapancreatico. Il calibro deve essere inferiore a 6 mm. Nel paziente
colecistectomizzato il coledoco assume una funzione ‘vicariante’, e il suo calibro è considerato normale sino a
10 mm. Sopra tali valori si parla di ectasia della via biliare principale.
Rene. Il rene è un organo pari localizzato nel retroperitoneo lungo i fianchi destro e sinistro. In assenza di
ptosi, è visualizzato mediante scansioni longitudinali lungo la linea ascellare media poco al di sotto dei
capezzoli. Può essere visualizzato, in condizioni di necessità, anche attraverso scansioni addominali anteriori
o dorsali. Ha un aspetto a forma di fagiolo ed è costituito da una porzione centrale iperecogena, il seno
pielico, e da una porzione periferica ipoecogena, il parenchima. Il parenchima renale è costituito da una zona
corticale e una zona midollare. La distinzione tra corticale e midollare, nel paziente adulto, non è in genere
ben valutabile data l'estrema sottigliezza della corticale e la sostanziale omogeneità di ecostruttura tra questi
due settori. Parlare, pertanto, di rapporto cortico-midollare in ambito ecografico può essere fuorviante. E'
invece importante ricordare che lo spessore del parenchima in toto non deve essere inferiore a 10 mm. Il
diametro bipolare del rene normale dipende dalla costituzione del soggetto ed è, in genere, compreso tra i 9
ed i 12 cm. In condizioni fisiologiche non sono presenti grandi differenze dimensionali tra i due reni.
Tra il rene destro e il fegato è presente una cavità virtuale detta spazio del Morrison. A paziente supino
rappresenta la parte più declive della cavità peritoneale e, quindi, lo spazio in cui si raccoglie, in prima
battuta, un eventuale versamento libero. La presenza di versamento libero nel Morrison non è mai fisiologica.
Pancreas. E' un organo dispari retroperitoneale situato in epigastrio, anteriormente all'aorta e all'arteria
mesenterica superiore. La scarsa visibilità in relazione alla presenza di meteorismo intestinale è molto meno
frequente di quanto si possa pensare. Nella mia esperienza personale una corretta visualizzazione della
porzione cefalica e del corpo del pancreas, se si escludono casi limite, è possibile almeno nel 70-80% delle
indagini effettuate. Il pancreas è visualizzato mediante scansioni epigastriche trasversali con la sonda ruotata
in senso antiorario di circa 20-30 gradi. Per una corretta visualizzazione del pancreas è necessario ricercare
la vena splenica poiché il pancreas decorre anteriormente a quest'ultima. Posteriormente alla vena splenica
decorre l'arteria mesenterica superiore. Questi due vasi insieme costituiscono il caratteristico “occhio con
sopracciglio” dove il sopracciglio è rappresentato dalla vena splenica e la pupilla dall'arteria mesenterica
superiore. Il pancreas si trova, nel monitor dell'ecografo, subito al di sopra del sopracciglio.
Il pancreas normale si presenta a forma di ferro di cavallo con la testa, globosa, sulla sinistra del monitor e
la coda che si dirige verso il basso, sulla destra del monitor stesso. Il corpo si trova subito sopra al
“sopracciglio”, rappresentato dalla vena splenica. Al di sotto della vena splenica troviamo la “pupilla”
dell'occhio (arteria mesenterica superiore) e ancora più in basso, l'aorta.
Milza. E' un organo dispari localizzato in ipocondrio sinistro. Contrae rapporti di contiguità con lo stomaco e
la coda del pancreas. La vicinanza con lo stomaco è di importanza pratica durante lo studio ecografico del
paziente critico, poiché fornisce importanti informazioni sullo stato di riempimento dello stesso fornendo
eventuali indicazioni sulla necessità di posizionare un sondino nasogastrico. La milza è visualizzata ponendo
la sonda lungo la linea ascellare posteriore poco al di sotto dei capezzoli. La sonda deve essere ruotata di
45° rispetto alla linea ascellare e indirizzata verso la spalla destra del paziente.
Il diametro bipolare della milza non supera i 12 cm mentre l'area di sezione è generalmente inferiore ai 45
cmq. Si parla di splenomegalia se tali valori sono superati (l'uno, l'altro o entrambi). La forma è a semiluna
con concavità mediale (ilo splenico). L'ecostruttura è omogenea ed è sovrapponibile a quella del fegato sano.
Aorta. L'aorta addominale è un vaso localizzato nel retroperitoneo a decorso longitudinale. A livello
dell'ombelico si biforca nelle due arterie iliache comuni. Viene visualizzata con scansioni longitudinali a livello
della linea xifo-pubica e con scansioni trasversali dall'epigastrio all'ombelico. Il calibro non deve superare i 3
cm.
TORACE e SEMEIOTICA PLEUROPOLMONARE
Lo studio ecografico del torace deve essere eseguito con sonde convex, meglio se di piccole dimensioni
(microconvex), o lineari. Le meno indicate sono le sonde phased array. L’esame non necessita di alcuna
preparazione del paziente, che può essere studiato tanto in decubito supino che seduto. Per studiare tutto il
torace devono essere fatte sistematicamente scansioni longitudinali dagli apici alle basi lungo le linee
anatomiche (parasternale, emiclaveare, ascellari, paravertebrali se si può attuare l’approccio posteriore) e
8
poi se necessario anche scansioni trasversali lungo spazi intercostali di interesse. I limiti dell’ecografia del
torace sono l’impossibilità di studiare le regioni posteriori o quelle coperte dalle ossa, le difficoltà imposte dal
dolore nella sede di fratture, l’enfisema sottocutaneo, la presenza di elettrodi o tubi di drenaggio.
Gli elementi fondamentali della semeiotica polmonare (normale e patologica) sono:
Coste e strutture ossee della gabbia. Come tutte le ossa, hanno superfici convesse o lineari fortemente
ecoriflettenti, con cono d’ombra posteriore, e ostacolano la visualizzazione delle strutture sottostanti.
Linea pleurica: linea iperecogena, parallela al piano cutaneo, localizzata al di sotto delle coste. Lo spazio
costale con la linea pleurica sottostante (costa-linea pleurica-costa) prende il nome di ‘bat-sign’ per la
somiglianza con un pipistrello. Se il polmone è a parete ed è mobile, la linea pleurica si muove in maniera
sincrona al respiro e tale movimento prende il nome di ‘sliding sign’. Lo sliding sign rappresenta lo
scivolamento del foglietto pleurico viscerale su quello parietale. L'assenza di sliding caratterizza il mancato
contatto tra i due foglietti per interposizione di aria (pneumotorace) o per aderenze infiammatorie o la
mancata espansione del polmone (atelettasia, assenza di ventilazione) o l’assenza di attività respiratoria
(apnea, arresto).
In M-Mode (figura a lato, a dx) è ben
visibile il segno della spiaggia
(‘seashore
sign’),
un'immagine
granulosa indicativa di movimento,
pertanto di sfregamento tra i due
foglietti pleurici. Un segno di questo
tipo
esclude
la
presenza
di
pneumotorace.
Linee A (figura a lato, a sn, frecce
orizzontali): Artefatti caratterizzati da
linee orizzontali, parallele alla linea
pleurica, non mobili, che sono una
rappresentazione speculare della linea
pleurica stessa (pleura parietale o
entrambi i foglietti) in un ambiente
aereo,
sia
quando
l’aria
è
intraalveolare sia quando è libera nel
cavo pleurico come nel pneumotorace. Il pattern A in presenza di sliding caratterizza il polmone ‘asciutto’.
Linee B: Artefatti da riverberazione
caratterizzati da linee iperecogene
verticali, a partenza pleurica, con
movimento sincrono alla linea pleurica
che cancellano le linee A. La loro
presenza caratterizza la presenza di
interfaccia liquido-aria. La presenza di
3 o più linee B in due spazi intercostali
adiacenti determina il pattern B che
identifica la sindrome interstiziale e
cioè un aumento di liquido a livello
dell’interstizio polmonare, comune a
molte situazioni quali lo scompenso
cardiaco, le fibrosi polmonari, le
patologie infettive o le contusioni,
l’ARDS e l’ALI.
Pattern C: aree di consolidamento
alveolare associate o meno a versamento pleurico (PLAPS). Le aree di consolidamento sono rappresentate,
in gravità crescente, da: ispessimento della linea pleurica → microconsolidamenti → macroconsolidamenti →
epatizzazione polmonare. Sia nel micro sia nel macroconsolidamento la linea pleurica è nascosta, e il profilo
iperecogeno che sottende il consolidamento può assumere aspetto a dente di sega (‘Shred Sign’) o essere
lineare (‘Quad Sign’).
9
Il consolidamento indica la presenza di fluido (liquido, pus,
sangue) a livello degli alveoli che sottendono la pleura. E'
tipico delle polmoniti e delle contusioni. Un focolaio di
broncopolmonite che non raggiunge la pleura, così come
una contusione (per quanto questa evenienza sia
relativamente rara) non potranno, pertanto, determinare il
profilo C.
Nei consolidamenti è possibile riconoscere delle bande
trasversali ecogene all’interno delle quali si possono
osservare: aria in movimento sincrono con gli atti del
respiro (‘broncogrammi aerei dinamici’) o immobile
(‘broncogrammi
aerei
statici’);
liquido
anecogeno
(‘broncogrammi aerei fluidi’). L’assenza di immagini di
questo tipo in un’area polmonare a ecostruttura
parenchimatosa (‘epatizzata’) identifica la possibile
presenza di un’atelettasia da ostruzione bronchiale
piuttosto che da compressione o di una contusione
polmonare.
CUORE
Il paziente viene studiato in decubito supino o se possibile – e se è nelle preferenze dell’operatore – in
decubito laterale sinistro. Può essere approcciato sia dal lato destro sia, come in cardiologia, dal lato sinistro.
Le sonde utilizzate sono tipicamente phased array.
Le scansioni utilizzate per lo studio del cuore sono:
1. parasternale asse lungo (PLAX, parasternal long-axis) e parasternale asse corto (PSAX, parasternal
short-axis),
2. apicale 4 camere (A4C, apical 4-chambers),
3. sottocostale 4 camere (SC-4C, subcostal 4-chambers),
4. sottocostale per vena cava inferiore (SC-IVC, subcostal inferior vena cava) e
5. transgiugulare (SSN, supra-sternal notch).
6. Esistono altre scansioni che hanno, tuttavia, meno rilievo nel setting dell'urgenza (es. A2C, apical 2chambers; A5C, apical 5-chambers; A3C, apical 3-chambers).
1. a) Parasternale asse lungo (PLAX) – scansione 2D
E' una sezione longitudinale del cuore che si ottiene
posizionando la sonda in sede parasternale con
repere posto in direzione della spalla dx. Si provano
in successione diversi spazi intercostali dal 2° sino
al 5° al fine di ottenere un'immagine che
comprenda ventricolo ed atrio sn, box aortico e
parte del ventricolo dx. L'apice non è generalmente
visualizzato.
Questa scansione evidenzia molte strutture e
fornisce un'idea generale del cuore.
È utilizzata per le seguenti misurazioni:
Diametro del ventricolo sn (vn < 6 cm
nell'uomo e 5,5 cm nella donna)
• Diametro dell'atrio sn (vn < 4 cm)
• Spessore del setto interventricolare (vn < 1
cm)
Calibro della radice aortica e dell'aorta ascendente (anulus < 3 cm; ascendente < 3,7 cm)
•
•
10
•
•
•
Valutazione calibro dell'aorta discendente (dipende dalla superficie corporea deve essere comunque
di calibro inferiore rispetto alla aorta ascendente misurato. La formula esatta è: calibro discendente
< 1,6 cm/BSA* m2) * BSA: body surface area
Funzione della valvola aortica e della mitrale (per misurazioni Doppler).
Frazione di accorciamento [(Ø VSN diast - Ø VSN sist) / Ø VSN diast * 100] (vn compreso tra 2545%)
1. b) Parasternale asse corto (PSAX) – scansione 2D
Dalla scansione PLAX, senza modificare lo spazio intercostale ruoto la sonda di 90° in senso orario, puntando
il repere verso la spalla sinistra del paziente e ottengo la scansione parasternale asse corto (PSAX).
Vi sono più livelli di visualizzazione. Dall'alto (craniale) verso il basso (caudale) abbiamo: il livello che
comprende l'aorta, la valvola mitrale, il ventricolo sn a livello dei muscoli papillari e l'apice. Tali livelli si
ottengono basculando la sonda dall'alto verso il basso senza modificare la posizione dello spazio intercostale.
Il ventricolo sn (VSN), localizzato nella parte dx dello schermo presenta una forma rotondeggiante, con
pareti più spesse ed un volume maggiore rispetto al ventricolo dx (VDX). Il VDX si trova nella parte sinistra
dello schermo e si “appoggia” al VSN a guisa di cappello con la punta (si vede bene a livello medio e apicale).
Per ottenere delle buone immagini si deve ricercare una visione circolare del VSN e non oblunga o ovalare.
La PSAX è una scansione molto importante nell'urgenza poiché fornisce informazioni utili dal punto di vista
clinico e operativo, soprattutto per la valutazione della CINETICA VENTRICOLARE: viene generalmente
valutata a livello della scansione che comprende i muscoli papillari. Le pareti si devono ispessire in toto e il
cuore deve spostarsi verso il centro dello schermo. E' possibile visualizzare i territori di vascolarizzazione dei
principali rami coronarici e la POSIZIONE DEL SETTO INTERVENTRICOLARE. Se spostato verso il VSN sn fa
perdere il normale aspetto di “O” a quest'ultimo che assume l'aspetto della lettera “D” (D shape). Questo
aspetto è indicativo di un aumento di pressione a livello del VDX che può accompagnarsi all'embolia
polmonare.
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2. a) Apicale 4 camere (A4C) – scansione 2D
Teoricamente è ottenuta ponendo la sonda nel V spazio intercostale lungo la linea ascellare media (itto della
punta). Nella pratica si ottiene ponendo la sonda nel solco sottomammario partendo dalla linea ascellare
anteriore o media spostandosi in direzione mediale, verso lo sterno, seguendo il solco sottomammario sino a
ottenere l'immagine desiderata. La sonda generalmente è posta perpendicolarmente al piano cutaneo, o un
poco inclinata in direzione craniale.
•
•
E' importante cercare di visualizzare
una “croce” perfetta, con l'asse lungo
in posizione perfettamente verticale. Il
ventricolo sn presenta la sua normale
conformazione a “pallone di rugby”
troncato e l'apice deve essere
visualizzato. Le pareti visualizzate del
VSN sono la settale (a sn del monitor)
e la laterale (a dx del monitor).
Le informazioni che si ricavano da
questa scansione sono:
• la grandezza delle camere
ventricolari, in particolare del
ventricolo dx rispetto al sn (il
rapporto normale deve essere
< 0,6). Sono inoltre valutabili
le dimensioni degli
atri,
importanti per determinare la
cronicità di un'eventuale patologia sottesa. Il ventricolo dx è l'unica camera che può dilatarsi
acutamente. Una dilatazione atriale è sempre indicativa di una patologia cronica.
la cinetica del ventricolo sn. Il setto viene vascolarizzato per un breve tratto nella sua porzione
basale dalla coronaria dx (CDX) ma in gran parte è vascolarizzato dalla discendente anteriore (LAD)
sino all'apice. La parete laterale è vascolarizzata dal ramo circonflesso (CX)
la frazione di eiezione (FE, vn > 50%). La valutazione della FE può essere a colpo d'occhio, oppure
rapportando tra loro i volumi del VSN in sistole e diastole (algoritmo di calcolo automatico,
eventualmente incluso nel software dell’ecografo).
2. b) Apicale 2 camere (A2C) – scansione 2D
Si ottiene dalla A4C ruotando di 90° la sonda in senso antiorario. Sono visualizzati esclusivamente l'atrio e il
ventricolo sn.
Del ventricolo sn si valutano la parete
inferiore (a sn dello schermo)
vascolarizzata dalla coronaria dx e la
parete anteriore (a dx dello schermo)
vascolarizzata
dalla
discendente
anteriore. In questa scansione può
essere misurata la FE (in genere per
una misura precisa si fa una media tra
la FE in A4C e A2C)
FE = [(Volume VSN td - Volume VSN
ts) / Volume VSN td] x 100 (vn >
50%)
td= telediastole
ts= telesistole
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3. Sottocostale 4 camere (SC-4C) – scansione 2D
E' una proiezione fondamentale che non va mai omessa, in particolare nel setting dell'urgenza. Il paziente è
in posizione supina con il tronco sollevato a 45°. La sonda è messa in epigastrio sotto il processo xifoideo
con il repere verso la spalla sn. Si bascula sino a ottenere l'immagine sottostante. Un'inspirazione profonda,
ove
possibile,
migliora
la
visualizzazione.
E' la scansione migliore per valutare la
presenza di versamento pericardico e,
eventualmente,
di
segni
di
tamponamento cardiaco. In gravità
crescente il versamento determina
compressione del ventricolo dx e
dell'atrio dx. La presenza di un atrio dx
compresso rappresenta diagnosi sicura
di tamponamento.
Le camere dx vengono di norma ben
visualizzate. Del ventricolo sn si
valutano il setto (in alto) e la parete
postero-laterale (in basso). L'apice di
norma non è visualizzato.
Il setto interatriale viene ben
visualizzato, talvolta possono perdersi
gli echi della porzione più sottile (drop
out del setto interatriale).
4. Sottocostale per vena cava (SC-ICV)
Dalla SC-4C si sposta la sonda verso la spalla dx del paziente e si ruota in senso antiorario sino a visualizzare
la vena cava in longitudinale.
La vena cava ha generalmente un
calibro compreso tra 1,2 cm e 1,7 cm.
Al di sotto di 1 cm e, comunque,
quando è presente il segno del kissing
wall al M-mode si può parlare di
diminuzione del ritorno venoso (e.g.
ipovolemia). Tale valore si alza a 1,5
cm se il paziente è ventilato con PEEP
o EPAP.
Durante la respirazione normale si
assiste a un collasso inspiratorio che
normalmente deve essere superiore al
50%.
Mediante la valutazione del calibro
della vena cava e del collasso
inspiratorio si può risalire a una stima
della pressione in atrio dx – PVC
(Pressione Venosa Centrale).
Diametro (cm)
<1,7
>1,7
>1,7
>1,7
Collasso inspiratorio
>50%
>50%
<50%
Nessun collasso
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PVC
0-5 mmHg
6-10 mmHg
11-15 mmHg
>15 mmHg
5. Soprasternale (SSN) – scansione 2D
Si ottiene in decubito supino con tronco sollevato di 45° con la testa estesa sul collo (controindicata nei
traumi prima della valutazione rachide cervicale). Si mette la sonda a livello del giugulo con il repere
indirizzato verso la spalla sn del paziente. La finalità di questa scansione è principalmente la visualizzazione
dell’arco aortico.
5. REFERTAZIONE
Dr. Stefano Ramilli
La refertazione rappresenta un momento delicato dell'indagine ecografica per le ovvie ripercussioni di tipo
medico legale ma soprattutto perché in ecografia, a differenza delle altre tecniche d'imaging, il supporto
iconografico ha un valore limitato. E' pertanto di vitale importanza rispettare alcune regole di base.
Nel referto non possono mai mancare:
• i dati anagrafici del paziente (Nome, Cognome, Data di nascita)
• la data di esecuzione dell'esame (è bene aggiungere l'ora nel caso in cui si esamini un paziente in Pronto
Soccorso o al letto nel reparto)
•l'intestazione della struttura per la quale si lavora (si può tralasciare se si scrive l'ecografia in cartella clinica
o nel software del Pronto Soccorso)
• la firma del Medico (a penna o digitale).
Sarebbe opportuno che la stesura del referto fosse il quanto più possibile standardizzata e univoca, in modo
da evitare ridondanze di terminologie che possono portare a fraintendimento.
Per un utile confronto, si rimanda alle linee guida della SIUMB, scaricabili a questo indirizzo:
http://www.siumb.it/files/doc/linee_guida_esame_ecografico.pdf
Come concetto generale è importante ricordare che esistono ovvie differenze sul piano clinico tra l'ecografia
effettuata in urgenza e quella effettuata su pazienti stabili in condizioni ottimali (digiuno, ambiente poco
illuminato, nessun limite di tempo). Tali differenze si riflettono ovviamente sull'esecuzione dell'esame e,
pertanto, sul tipo di referto che si deve scrivere.
E' pertanto consigliato dichiarare esplicitamente la condizione in cui si fa l’ecografia all'inizio di ogni referto
con una formula simile a questa: “Indagine effettuata in urgenza/emergenza con sonda
convex/lineare/settoriale al letto del malato/in saletta emergenza/in Pronto Soccorso/in Rianimazione”.
L'ecografia d'urgenza è una metodica orientata a un obiettivo (goal directed) e difficilmente in Pronto
Soccorso/Rianimazione faremo un'ecografia addome completo tradizionale. Tale obiettivo deve essere reso
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esplicito nel referto: “Indagine mirata alla ricerca di versamento libero addominale/allo studio dell'aorta/allo
studio dei reni e delle vie escretrici in paziente con dolore addominale/sospetta colica renale/sospetta rottura
aorta addominale”. Tale frase giustifica la mancata visualizzazione di tutti gli organi che normalmente sono
visualizzati, ad esempio, durante un'ecografia tradizionale. Un paziente ipoteso con polsi femorali deboli deve
essere valutato in urgenza per escludere una rottura aortica, e non dobbiamo preoccuparci, dal punto di
vista clinico-ecografico, di escludere una neoplasia renale in urgenza. Dal punto di vista medico legale,
invece, la refertazione di un'ecografia addome completo, prevede anche lo studio dei reni e una mancata
visualizzazione degli stessi può essere intesa come un atto negligente.
Nella stesura del referto, infine, è bene ricordare che deve essere presente una parte descrittiva di ciò che si
vede e una parte interpretativa di ciò che si è scritto, con l'obiettivo di fornire una direzione diagnostica a chi
legge il referto, che non deve essere necessariamente erudito sulla terminologia ecografica.
Riporto, a titolo esemplificativo due esempi di refertazione dello stesso paziente.
“Indagine condotta con sonda convex, in saletta di emergenza, in paziente supino poli-traumatizzato mirato
allo studio del torace. Linea pleurica visualizzata a carico di entrambi gli emitoraci con sliding sign presente.
Si segnala incremento delle linee B a carico dell’emitorace destro lungo la linea ascellare anteriore sul 5 e 6
spazio intercostale. Non versamento pleurico, bilateralmente”
Questo referto, corretto dal punto di vista tecnico, è lacunoso dal punto di vista interpretativo. Chi legge
infatti, non deve essere a conoscenza del significato dello sliding sign né tanto meno del significato
dell'aumento delle linee B, né di cosa sia una linea B stessa.
Il referto corretto è il seguente:
“Indagine condotta con sonda convex, in saletta di emergenza, in paziente supino poli-traumatizzato mirato
allo studio del torace. Linea pleurica visualizzata a carico di entrambi gli emitoraci con sliding sign presente,
come da polmoni ventilati a parete. Si segnala incremento delle linee B a carico dell’emitorace destro
lungo la linea ascellare anteriore sul 5 e 6 spazio intercostale (quadro compatibile con incremento della
quota pleurica interstiziale, possibile segno di contusione polmonare). Non versamento pleurico,
bilateralmente”.
INTEGRAZIONE DELL’ECOGRAFIA NELLA GESTIONE DEL POLITRAUMA
Dr. Soccorsa Sofia
Il politrauma è connotato dalla presenza, nello stesso paziente, di un insieme di danni traumatici
potenzialmente fatali, con interessamento di più di una regione del corpo (testa, torace, addome ed
estremità) e un ISS (Injury Severity Score) superiore o uguale a 15. Endemico in tutto il mondo, il
politrauma è tuttora la principale causa di morte nella popolazione in fascia di età tra i 15 e i 44 anni, ed è
gravato da un’incidenza molto alta (>48% della mortalità) di morti ‘evitabili’, la maggioranza della quale è
intraospedaliera. Queste morti sono tipicamente tempo-dipendenti e riguardano:
1. La gestione delle vie aeree
2. I traumi toracici
3. Il controllo dello shock e dell’emorragia, dove l’emorragia rimane la causa principale di morte legata al
trauma (80%), seconda solo al trauma cranico.
Gli interventi ‘salvavita’ nella gestione di un politrauma sono quindi essenzialmente:
1. L’adeguata gestione delle vie aeree
2. La decompressione di un pneumotorace, di un tamponamento cardiaco, di un ematoma
epidurale acuto
3. Il controllo di emorragie massive nel torace o nell’addome
4. Il controllo di emorragie massive dall’anello pelvico o dagli arti
La diagnosi tempestiva e accurata di tutte le lesioni da trauma potenzialmente fatali, e di conseguenza il loro
trattamento precoce - ha pertanto priorità massima dopo l'ingresso in ospedale e – dove possibile - anche
prima di questa fase. Durante la cosiddetta 'Golden Hour' (la prima ora dall’arrivo del traumatizzato in
ospedale) se nei pazienti con politrauma e shock è presente un trauma addominale la probabilità di morte
aumenta di circa l'1% ogni 3 minuti di ritardo del trattamento. Si capisce come sia fondamentale riconoscere
tempestivamente se lo shock sia dovuto alla lesione emorragica di un organo della cavità addominale o se
bisogna cercarne altrove la causa. La FAST (‘Focused Abdominal Sonograhy For Trauma’) – la prima
applicazione storica e di successo dell’ecografia nei politraumatizzati - ha probabilmente indotto un
15
miglioramento nella cura del trauma perché si è dimostrata in grado di fornire una rapida valutazione dei
pazienti emodinamicamente ‘instabili’ per identificare la presenza di liquido peritoneale, pleurico o pericardico,
potenziali cause di questa instabilità.
A partire dal ‘protocollo FAST’ (diventato poi acronimo di ‘Focused Assessment With Sonograhy For
Trauma’) - attraverso la E-FAST (‘Extended FAST’, integrata con la ricerca del pneumotorace) fino all’ attuale
proposta di approccio integrato US-‘ABCDE’ (Toward an ultrasound curriculum for critical care medicine.
L.Neri, E.Storti, D. Lichtenstein. Crit Care Med 2007 Vol. 35, No. 5 (Suppl.) S290), l’ecografia ha assunto un
ruolo crescente come strumento diagnostico efficace, rapido e versatile e come supporto per la guida alle
procedure praticamente nella gran parte degli step ‘obbligatori’ della valutazione e dell’assistenza al
politraumatizzato. L’ecografia nel trauma deve essere sempre interpretata in stretta integrazione ai dati
clinici, che restano comunque i principali ‘decisori’ nella gestione di questo tipo particolare e rischioso di
pazienti.
6. GESTIONE DELLE VIE AEREE (A)
Dr. Carlo Coniglio – Dr. Soccorsa Sofia
L’impiego degli ultrasuoni a supporto della gestione delle vie aeree, nel paziente traumatizzato e no (A) ha
due tipi di indicazioni:
1. Indicazioni ‘di base’: Valutazione predittiva della difficoltà delle vie aeree, conferma dell’intubazione,
eco “cricotirotomia”
2. Indicazioni avanzate: tracheotomia percutanea, visualizzazione delle patologie dell’epiglottide
Anatomia ecografica. La valutazione ecografica delle vie aeree richiede l’uso di sonde convex per ottenere
una visione panoramica e di sonde lineari per definire i dettagli, e di scansioni trasverse e sagittali (mediane
e paramediane). In sequenza (dalla superficie alla profondità) le strutture che si possono rappresentate
sono:
a. le ossa (iperecogene con cono d’ombra posteriore)
b. le cartilagini (ipoecogene)
c. superficie intraluminale anteriore della via aerea: una interfaccia aereo mucosa - brillante,
iperecogena. La superficie intraluminale posteriore non è visibile.
Una valutazione completa della regione prevede:
1. Il riconoscimento dell’osso ioide, che appare come una superficie iperecogena a U rovesciata, con
netto cono d’ombra posteriore
2. Una scansione panoramica alta sottomandibolare (scansione sagittale) per evidenziare l’epiglottide,
lo spazio preepiglottico e l’inlet laringeo.
3. La visualizzazione della membrana cricotiroidea, ottenuta con sonda lineare in scansione sagittale,
che appare come una sottile e breve superficie nettamente iperecogena, parallela alla sonda. È
posizionata tra la cartilagine tiroidea (a monte) e quella cricotiroidea (a valle) entrambe ipoecogene;
posteriormente alla c. cricotiroidea si riconosce un’interfaccia aereo mucosa iperecogena che
corrisponde alla superficie intraluminale anteriore della via aerea.
4. L’insonazione delle corde vocali, con sonda lineare in scansione trasversa posta a livello della
membrana cricotiroidea, che appaiono come un triangolo iperecogeno a base posteriore
(corrispondente ai legamenti vocali) ai lati dei quali sono disposte due strutture ipoecogene piuttosto
spesse, orientate anteroposteriomente e corrispondenti ai muscoli vocali. Inclinando leggermente la
sonda verso il basso, è possibile visualizzare le false corde, come due aree sfumate oblunghe
disposte obliquamente con orientamento AP, iperecogene per l’elevato contenuto lipidico.
5. La visualizzazione dell’esofago, riconoscibile per il decorso paramediano a sinistra, posteriormente al
lobo sinistro della tiroide (meglio visualizzato sotto il polo inferiore di questo), e per il tipico aspetto
‘a bersaglio’ nelle scansioni trasverse. L’aspetto a ‘bersaglio’ è caratteristico delle strutture intestinali
ed è dovuto al susseguirsi dall’interno all’esterno di almeno 5 strati ipo e iperecogeni alternati,
corrispondenti alle interfacce acustiche tra i vari strati della parete intestinale. La visualizzazione
dell’esofago può essere migliorata se il paziente deglutisce; al suo interno si apprezza allora un
flusso verso il basso di materiale iperecogeno (saliva o aria) associato a movimenti di parete;
ugualmente vi si può riconoscere un tubo endotracheale erroneamente posizionato come una linea
iperecogena parallela al lume del viscere.
Indicazioni.
1. Pre-intubazione
16
2.
3.
4.
5.
6.
• ◦ Valutazione vie aeree difficili anticipate: es. pazienti obesi, con sleep apnea
• ◦ Misura diametri, spessore dei tessuti molli…
In emergenza
• ◦ Ostruzioni, ascessi, tumori, epiglottide
Conferma IOT
• ETCO2
• Auscultazione 5 campi
……Ma se non è sufficiente o persiste il dubbio: … UltraSound!!!
◦ Tubo in trachea
◦ Lung Sliding
◦ Escursioni del diaframma
Cricotiroidotomia eco guidata
Conferma posizionamento del SNG
Tracheotomia percutanea eco guidata (indicazione ‘avanzata’)
7. POLMONE E CAVITA’ TORACICHE (B)
Dr. Soccorsa Sofia
La valutazione ecografica della ‘B’ (‘Breathing’) nel traumatizzato è finalizzata al riconoscimento di:
1. pneumotorace
2. versamento pleurico
3. contusione polmonare
Il paziente è generalmente in decubito supino obbligato. E’ consigliabile iniziare l’esame con una sonda
convex meglio se di piccole dimensioni (più adatta per gli approcci intercostali) che si potrà usare anche per
le finestre addominali. Questo approccio consente di avere una vista sufficientemente panoramica ma anche
accurata di tutti i reperti d’interesse. Se sarà necessario dettagliarne alcuni (alterazioni della pleura, ‘lung
points’, addensamenti subpleurici) e se il tempo a disposizione lo consente, si potrà usare in seguito una
sonda lineare per scansioni focalizzate. Può essere utile in alcuni casi l’uso del M-Mode. I limiti dell’ecografia
del torace sono l’impossibilità di studiare le regioni posteriori, le difficoltà imposte dal dolore nella sede di
fratture, l’enfisema sottocutaneo, la presenza di elettrodi o tubi di drenaggio.
PNEUMOTORACE (PNX). Nel paziente in decubito supino, l’approccio ecografico consigliato è
l’esplorazione iniziale delle aree più antideclivi progredendo in seguito verso i lati di entrambi gli emitoraci.
Lo PNX viene riconosciuto per:
• La presenza di uno o più ‘lung points’
• L’assenza di ‘lung sliding’
• L’assenza di linee B
• L’assenza di ‘lung punse’
Il ‘lung Point’ è il punto in cui la pleura normale giunge a contatto con il limite dello PNX. E’ il segno
ecografico più specifico, senza il quale lo PNX può essere solo sospettato. Lo studio sequenziale delle aree
anteriori e laterali del torace, dagli apici alle basi, e con scansioni trasversali, permette di riconoscere i limiti
dello PNX e quindi di quantificarlo, secondo la suddivisione in ‘Stage’ (I-II-III-IV) applicata da Liechtenstein
(Liechtenstein DA, Lasco N, Meier G, Gene A (2003) Ultrasound diagnosis off alveolar consolidations in the
critically ill. Intensive Care Med (http:// dx.doi.org/10.1007/s00134-003-2075-6), e quindi di porre le
indicazioni all’eventuale drenaggio. Non riconoscere alcun limite dello PNX negli approcci anteriori e laterali
significa avere uno PNX massivo. Nonostante i limiti della metodica, l’ecografia polmonare esclude più
accuratamente della radiografia del torace a paziente supino la diagnosi di PNX.
L’M-Mode può dimostrare un segno caratteristico
di PNX, lo ‘stratosphere sign’ (parte destra della
figura),
provocato
dalla
mancanza
di
scivolamento tra i foglietti pleurici. Nella parte
sinistra sono ben rappresentate le linee A (frecce).
Un pattern di tipo A, in assenza di ‘lung sliding’, è
sospetto per PNX.
17
Il ‘Lung pulse’ è un movimento verticale (da e verso la sonda) della pleura visualizzato come pulsazione.
Rappresenta la trasmissione del battito cardiaco a livello della pleura e pertanto è sempre presente
(ovviamente a meno di non trovarsi in condizione di sistola). Indica la presenza di polmone a parete quindi
non è mai visualizzato in caso di PNX. Il ‘Lung pulse’ è meglio visualizzato in assenza di sliding e, in questo
caso, indica la presenza di aria alveolare intrappolata (es. bronco non intubato).
VERSAMENTO PLEURICO. Nel paziente supino, l’approccio consigliato è quello laterale, con la sonda
(convex o phased array) messa sopra il diaframma sulla linea ascellare posteriore. Il versamento è
riconosciuto come uno spazio sopradiaframmatico generalmente privo di echi (anecogeno), tra la pleura
parietale e quella viscerale. Se sono presenti degli echi all’interno di questo spazio, si può trattare di un
essudato o di liquido emorragico, perché solitamente i trasudati sono anecogeni. La presenza di linee
iperecogene e aree di loculazione all’interno del versamento indica un versamento saccato.
Il M-mode permette di identificare un segno caratteristico dei versamenti pleurici, cioè il “sinusoid sign“,
dovuto all’ondulazione del polmone collassato all’interno del liquido pleurico, che conferma la natura fluida
del contenuto intrapleurico (Lichtenstein DA: Ultrasound in the management of thoracic diseases. Crit Care
Med 2007, 35:S250-S221). L’ecografia del torace è più accurata della radiografia a paziente supino e pari per
accuratezza alla TC nella diagnosi di versamento pleurico. La quantità di liquido pleurico di un versamento
può essere stimata ecograficamente misurando la distanza massima tra pleura viscerale e parietale a fine
espirazione (Sep), lungo una scansione trasversa all’asse del corpo ottenuta muovendo la sonda dal basso
verso l’alto alla base polmonare lungo la linea ascellare posteriore. Il volume di liquido pleurico può essere
misurato con la formula semplificata V= 20 X Sep (mm) (Balik M, Plasil P, Waldauf P, et al: Ultrasound
estimation of volume of pleural fluid in mechanically ventilated patients. Intensive Care Med 2006; 32:318 –
321).
CONTUSIONE POLMONARE. Può essere identificata mediante i seguenti segni:
• presenza di sliding pleurico, che può anche essere ridotto
• presenza di sindrome alveolo-interstiziale che può essere da lieve (linee B in numero di almeno 3 per
ogni spazio intercostale con scansioni longitudinali) a grave (‘White Lung’).
• presenza di addensamento polmonare:
I. Lesione sub pleurica, ipoecogena, con pattern tissutale (‘parenchimatoso’) e margini
irregolari senza insenature (broncogrammi) aerei e senza importante versamento
pleurico locale
II. Sfumate modeste lesioni ipoecogene con margini indistinti di dimensione costante
durante gli atti del respiro
Le contusioni possono essere indagate con ecografia solo in certe condizioni quali: 1. localizzazione periferica
o estesa fino alla pleura; 2. assenza di pneumotorace; 3. assenza di aria nel sottocute; 4. mancanza di
ostacoli esterni (superfici ossee, medicazioni). Caratteristica delle contusioni è di essere localizzate in
rapporto alla sede e al meccanismo del trauma e di non avere delimitazione lobare. La sindrome interstiziale
è identificata dalla presenza di artefatti pleuropolmonari multipli denominati linee B, artefatti da riverbero
verticali laser-simili legati all’ aumento dell’acqua extravascolare del polmone, che originano dalla linea
pleurica e si estendono fino al limite inferiore dello schermo senza dissolversi, e si muovono in modo
sincrono con lo sliding pleurico. Il consolidamento polmonare appare come un’area sub pleurica ipoecogena
o con ecostruttura ‘parenchimatosa’. L’accuratezza diagnostica dell’ecografia nella contusione polmonare è
del 95,4% se si considera la sindrome interstiziale e del 65,9% se si considera il consolidamento;
complessivamente è migliore della radiografia del torace rispetto al gold standard (TC) (Soldati G, Testa A,
Silva FR et al. Chest ultrasonography in lung contusion. Chest 2006; 130:533–538).
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8. ADDOME E CAVITÀ PERITONEALE- SHOCK TRAUMATICO
Dr. Soccorsa Sofia
La valutazione della C è riassunta nel ‘Protocollo FAST’ (vedi sopra).
SCANSIONI DELLA FAST
1. Sottoxifoidea. Sonda applicata
sotto lo sterno tangenzialmente alla
superficie dell’addome, orientata
verso la spalla sinistra: Cuore e
pericardio
2. Ipocondrio destro. Scansioni
intercostali e coronali per lo studio
della cavità pleurica destra e dello
spazio epatorenale (scavo del
Morrison).
3. Ipocondrio sinistro. Scansioni
intercostali e coronali per lo studio
della cavità pleurica sinistra e dello
spazio perisplenico e splenorenale.
4. Ipogastrio. Scansioni longitudinali e
trasversali per lo studio dello spazio
retto- uterino (Scavo del Douglas) e
vescico-rettale nel maschio.
5. Docce paracoliche (facoltative)
Scopo primario della FAST è il riconoscimento della presenza di sangue nelle cavità pleuriche, pericardica e
peritoneale, dati tutti da interpretare alla luce delle condizioni emodinamiche del paziente (presenza o no di
shock).
Versamento pericardico. Il pericardio normale appare come una linea iperecogena posta intorno al cuore
e immediatamente aderente al miocardio ipoecogeno o separata dall’epicardio per l’interposizione di un
sottilissimo alone anecogeno (una quota minima di versamento pericardico soprattutto nella porzione
posteriore del sacco è fisiologica). L’emopericardio ha le caratteristiche di tutti gli altri versamenti ematici e
appare anecogeno o corpuscolato in modo fine o grossolano a seconda della presenza o no di coaguli. Esso
si può disporre posteriormente, anteriormente o in tutta la circonferenza del sacco pericardico. In quest’
ultimo caso viene considerato generalmente abbondante, ma ciò che determina principalmente il significato
clinico del versamento pericardico non è la quantità, ma la rapidità di formazione e l’ associazione con i segni
ecografici di tamponamento cardiaco, rappresentati dal collasso diastolico della cavità del ventricolo destro e
quindi anche dell’atrio destro associati a dilatazione fissa della VCI con indice di collassabilità nullo o minimo.
Lo studio del pericardio nella FAST è soprattutto importante nei traumi penetranti del torace, la cui mortalità
è principalmente legata al trauma cardiaco, per la possibilità di avere una diagnosi più precoce di quanto
fosse in passato e quindi di provvedere al trattamento più tempestivamente. Una pericardiocentesi de
compressiva ecoguidata può, dove possibile, concedere un transitorio ripristino anche parziale delle
condizioni circolatorie in un paziente tamponato prima di trasportarlo in sala operatoria per la toracotomia.
Emoperitoneo. Il versamento peritoneale appare come uno spessore anecogeno interposto tra visceri,
organi e peritoneo nelle posizioni declivi e prende tipicamente la forma della cavità che lo contiene. In alcune
circostanze il versamento è corpuscolato o francamente ecogeno, soprattutto quando colto in prossimità
della fonte di sanguinamento, dove ha luogo la formazione di coaguli. Lo spazio peritoneale nel quale
l’emoperitoneo si deposita preferenzialmente è lo spazio epatorenale o Morrison, per ragioni legate
all’idrodinamica peritoneale, influenzata da compartimentazioni anatomiche, dalla gravità e dai movimenti
respiratori del diaframma.
Quantità e misurazione. Benchè l’ecografia sia molto sensibile per il liquido addominale (in modo simile
alla TC), è riportato che solo per volumi > 500 ml si può trovare liquido libero nello spazio periepatico e
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perisplenico. Se la vescica è piena (non è garantito in condizioni di urgenza!), questa può agire come finestra
acustica aumentando la possibilità di trovare liquido libero nella pelvi. Non esistono al momento metodi
standardizzati per la misurazione dell’emoperitoneo, cosicché tra gli operatori prevale un metodo
‘semiquantitativo’ (“piccolo, moderato, grande” sulla base del numero dei compartimenti peritoneali
interessati) che risente ampiamente di soggettività e scarsa riproducibilità e può avere un sia pur scarso
senso se è lo stesso operatore a controllare lo stesso paziente.
‘Pittfalls’. Ogni paziente con trauma e versamento addominale libero fino a prova contraria sta
sanguinando in addome, ma bisogna tenere conto del fatto che le numerose cause ‘mediche’ di versamento
addominale (sindrome nefrosica, grave ipoprotidemia, scompenso cardiaco, carcinosi peritoneale, peritoniti,
cirrosi epatica, occlusione venosa del distretto mesenterico o epatico…) originano dei trasudati o essudati
spesso ecograficamente indistinguibili dal sangue, quindi ogni dato di questo tipo va interpretato nel
contesto clinico (anamnesi del paziente, stato emodinamico!) e in ultima analisi chiarito con una paracentesi
esplorativa, se necessario. Esistono altri avvertimenti riguardo ai risultati della FAST di cui bisogna tener
conto: 1. l’accuratezza nella diagnosi di liquido libero dipende dalla qualità della formazione e dall’esperienza
degli operatori. 2. L’area subfrenica è difficile da studiare a causa del gas intestinale e soprattutto della
flessura splenica (a sinistra). 3. Dal 26 al 34% dei pazienti con trauma ha danni intraddominali non associati
a liquido peritoneale libero, ma un quarto di questi pazienti necessita alla fine di intervento chirurgico. 4.
Nella gran parte delle donne in età fertile con trauma la presenza di liquido nello Scavo del Douglas non
indica un danno traumatico. 5. Un trauma del retroperitoneo (emorragie da frattura del bacino, traumi
vertebrali associati a lesioni muscolari o vascolari, traumi renali) si possono associare a versamenti
peritoneali anche rilevanti che NON SONO espressione di danno parenchimatoso, ma giungono in cavità per
filtrazione dal peritoneo parietale.
Danno traumatico degli organi addominali. Lo scopo della FAST è riconoscere la presenza di
emoperitoneo, che è considerato l’unico indicatore valido di danno traumatico dei parenchimi associato a
emorragia o a shock emorragico potenziale o in atto. La decisione su come proseguire la diagnosi o se
accedere direttamente dopo la FAST - quando positiva - alla laparotomia dipende esclusivamente dalla
condizione emodinamica e dal bilancio iniziale delle lesioni riportate dal paziente. La sensibilità dell’ecografia
per le lesioni parenchimatose e soprattutto viscerali addominali non associate a emoperitoneo è molto scarsa
in confronto ad altre metodiche (TC, ecografia con mdc), e questo induce a usare grande cautela e a
decidere per un periodo di osservazione in tutti i pazienti con segni di trauma addominale e FAST negativa.
Comunque l’ecografia nel trauma ha un valore predittivo negativo del 99% e la combinazione di un’ecografia
e di un follow up clinico negativi sono elementi sufficienti a escludere la presenza di lesioni traumatiche. E’
utile in ogni caso conoscere i segni ecografici delle lesioni traumatiche degli organi. L’organo meglio
valutabile è sicuramente il fegato, nel quale le lesioni traumatiche appaiono come formazioni lineari o ovalari
intraparenchimali o sottocapsulari, ipoecogene o iperecogene in dipendenza dal tempo trascorso. La milza
rappresenta un organo di più difficile valutazione, dove la metodica ha solo una media sensibilità. Quando
apprezzabili, le lesioni sono solitamente rappresentate da una disomogeneità diffusa dell’organo o da
alterazioni focali ipo o iperecogene, spesso associate a spandimenti ematici perisplenici. Reni e pancreas,
mostrano i più importanti limiti da parte della metodica. In questo caso sono d’aiuto alterazioni degli spazi
circostanti, nel caso dei reni soprattutto la presenza di ematomi perirenali.
Shock traumatico. L’emorragia e lo shock sono la principale causa di morte nei pazienti traumatizzati dopo
il trauma cranico, ma in questi pazienti vi sono altre cause di shock (le mielolesioni acute, l’ostacolo al
riempimento cardiaco causato dallo pneumotorace iperteso o un tamponamento pericardico) che vanno
riconosciute e differenziate in presenza di segni clinici non univoci. Inoltre, molti pazienti sono ipotesi per
cause non chiare o in alcuni pazienti (soprattutto giovani traumatizzati altrimenti sani) l’unico segno di
ipovolemia può essere la tachicardia. Utilissime informazioni per la comprensione dello stato emodinamico
del paziente e del suo stato di volume possono provenire dal completamento della FAST con lo studio del
cuore e della VCI. Esiste infatti una correlazione tra l’indice di collasso della vena cava inferiore e lo stato di
volume o le pressioni nell’atrio destro (vedi prima e dopo nel testo). Come per la misurazione della pressione
venosa centrale, non ci sono purtroppo per la VCI valori chiaramente normali né chiaramente patologici per
tutti i pazienti, e il diametro della VCI aumenta aspecificamente in caso di ipertensione polmonare, di
scompenso del cuore destro, di malattie valvolari indipendentemente dallo stato di volume. Tuttavia in
diverse categorie di pazienti (con IRC, nei donatori di sangue o nei traumatizzati) sono state dimostrate
correlazioni che possono essere utilmente integrate ai dati clinici per la gestione dei traumatizzati. Uno
studio pilota (Intensivist bedside ultrasound (INBU) for volume assessment in the intensive care unit: a pilot
study. J Trauma 2007, 63:495-500. discussion 500–2), valutando l’ indice di collassabilità come
IVC-CI = (IVCDmax) – (IVCDmin)/(IVCDmax)
riporta che la variazione respiratoria è più pronunciata nella ipovolemia con PVC anormalmente bassa e, in
assenza di consenso su quale sia il valore soglia del IVC-CI per l’ipovolemia, questo correla con l’ipovolemia
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tanto più quanto più si avvicina al 100%. In uno studio in cui il diametro della VCI viene misurato
serialmente durante la resuscitazione con fluidi in pazienti con shock iniziale, viene riportato che tutti i
pazienti inizialmente hanno avuto una buona riposta emodinamica alla fluidoterapia, ma quelli con diametri
della VCI minori dopo somministrazione del volume di liquidi erano più facilmente ‘border-line’ e richiedevano
più spesso intervento chirurgico (Hypovolemic shock evaluated by sonographic measurement of the inferior
vena cava during resuscitation in trauma patients. J Trauma 2007, 63:1245-1248).
9. ACCESSI VASCOLARI ECOGUIDATI
Dr. Carlo Coniglio – Dr. Soccorsa Sofia
L’approccio tradizionale agli accessi vascolari prevede di agire sulla base di reperi anatomici obiettiva bili.
Questo approccio si scontra con una serie di ostacoli, rappresentati da difficoltà legate all’anatomia, da
situazioni cliniche ‘difficili’ (ipovolemia, shock, ACR). La tecnica è alla “cieca”, con un certo rischio di
complicanze tanto maggiori quanto minore è l’esperienza dell’operatore.
L’associazione della procedura con l’ecografia consente
1. Un’agevole localizzazione delle arterie e delle vene
2. Una accurata valutazione della pervietà dei vasi
3. Una guida durante la manovra
La tecnica è riassunta dall’acronimo LAMP (Locate – Align – Mark – Puncture), e può essere eseguita per
incannulare sia la vena giugulare interna sia la vena femorale comune.
E’ richiesta una sonda lineare.
La tecnica può essere di tipo statico (‘ecoassistita’): l’ecografia è utilizzata solo per identificare il punto di
repere, o dinamico: l’ecografia è utilizzata come guida all’incannulazione in tempo reale, con operatore
singolo o in coppia, con insonazione della vena secondo l’asse corto o l’asse lungo.
Locate
Identifica la vena (comprimibile,
lontano dalla piega, scan su e giù,
mai posteriore all’arteria o al
nervo)
Align
o Operatore, sonda, vena,screen
su una linea ideale
o Allinea la vena al centro della
sonda
Mark
o
o
Segna la cute con penna o
cappuccio dell’ago
Ripeti sopra e sotto (2 cm)
Puncture
o
o
o
Asse corto
Asse lungo
Tecn. Mista
Tecnica ‘Statica’.
Vena ed ECO in “linea”
 Centrare la vena sulla sonda
 Test compressibilità
 Marcare
 Ripetere 1 cm sopra e sotto
. Procedere all’incannulamento della vena come da tecnica di Seldinger
Incannulamento eco guidato delle vene periferiche.
Anatomia:
◦ V. Basilica
◦ V. Cefalica
◦ V. Brachiale
US setting
◦ Profondità
◦ Orientamento
Tecnica
◦ 1-2 operatori
◦ LAMP
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Si usa una sonda lineare ad alta frequenza (10 MHz), con la quale si individuano l’arteria brachiale e le vene
satelliti in scansione trasversa alla piega del gomito medialmente. Quindi si procede al riconoscimento della
vena basilica con ulteriore spostamento mediale e craniale della sonda. I vasi sono identificati con la classica
tecnica: compressione graduale e valutazione della variazione del lume dei vasi
◦ Vene normali: collabimento completo
◦ Arterie normali: pulsazione
LOCALIZZA
• Laccio
• Identifica la vena (comprimibile, lontano
dalla piega, scan su e giù, mai posteriore ad arteria
o nervo)
SEGNA
• Segna la cute con penna o cappuccio
dell’ago
• Ripeti sopra e sotto (2 cm)
ALLINEA
• Operatore, sonda, vena, screen su una linea
ideale
• Allinea vena al centro della sonda
PUNGI
• Asse corto
• Asse lungo
• Tecn. Mista
La tecnica di incannulamento è la seguente
Posizionamento laccio (eventuale)
Individuazione del vaso venoso in sezione trasversa
Verifica comprimibilità (pervietà)
Centratura vaso nello schermo e definizione profondità
Preparazione campo
Puntura con agocannula, 2 cm caudalmente rispetto alla sonda, con angolatura adeguata in
rapporto alla profondità del vaso
La probabilità di successo della procedura è tanto maggiore quanto maggiore è il calibro del vaso periferico e
minore la sua profondità.
10. ECOGRAFIA POLMONARE NEL PAZIENTE CON DISPNEA
Dr. Cristina Orlandini
In medicina d’urgenza è utile poter avere rapidamente informazioni sulla possibile patologia polmonare che
determina dispnea. Questo permette di iniziare subito a trattare il paziente, prima di avere il risultato di un
esame radiologico; inoltre l’ecografia in alcuni quadri patologici presenta una sensibilità più alta della
radiografia convenzionale.
Una distinzione grossolana ma efficace in urgenza per porre un’iniziale diagnosi differenziale è quella tra
polmoni diffusamente edematosi (‘wet lung’) e polmoni non edematosi (‘asciutti’, ‘dry lung’).
I principali quadri patologici associati a ‘wet lung’ sono: edema polmonare cardiogeno, edema polmonare
lesionale, polmonite interstiziale, contusione polmonare, fase precoce di un addensamento o periferia di
addensamento. Il ‘wet lung’ è caratterizzato da un pattern polmonare di tipo interstiziale, cioè’ dalla
presenza di linee B: le linee B sono numerose, partono dalla superficie pleurica e si diffondono in profondità;
nei casi conclamati determinano la scomparsa delle linee A. Nell’edema polmonare cardiogeno le linee B
sono almeno 1 ogni 7 mm di superficie pleurica e più numerose alle basi polmonari in fase iniziale, quindi
estesi a tutta la superficie polmonare e confluenti, in relazione con l’entità clinica e radiologica dell’edema
polmonare. L’ARDS o edema polmonare lesionale è causato da molteplici patologie polmonari che sono
sostenute da meccanismi infiammatori comuni indipendenti dall’eziologia: è caratterizzato inizialmente da
una sindrome interstiziale associata a diminuzione o abolizione dello sliding pleurico con un pattern di linee B
disomogeneo e associato a piccoli addensamenti subpleurici con evoluzione in veri addensamenti; è
caratterizzato inoltre dal ‘lung pulse’ che esprime la pulsatilità della linea pleurica trasmessa dall’itto cardiaco,
in presenza di una scarsa espansibilità ed irrigidimento del polmone (con riduzione quindi dello sliding sign).
Tale quadro si associa alla contemporanea presenza di aree polmonari ‘risparmiate’. La polmonite si presenta
ecograficamente con l‘aspetto del consolidamento (pattern tissutale, origina dalla linea pleurica che si
presenta irregolare, interrotta, associato nel 60% a un versamento pleurico locale o basale) o del pattern di
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tipo B focale (zona circoscritta con presenza di numerose linee iperecogene che originano dalla linea
pleurica). Altre patologie che si possono presentare con il quadro della sindrome interstiziale, sono ad es. la
fibrosi polmonare interstiziale, che presenta però artefatti meno marcati e più brevi, un background
parenchimale marcato ed ecogeno con un ispessimento e irregolarità della linea pleurica.
Il quadro del “dry lung” si presenta nella BPCO, nell’embolia polmonare e nel polmone normale. E’
caratterizzato dall’assenza di segni ecografici specifici: dalla presenza di linee A e dalla possibile
dimostrazione di addensamenti.
Con l’esplorazione ecografica del torace è inoltre possibile dimostrare la presenza di versamento pleurico e
consentire una diagnosi differenziale nel quadro di “emitorace bianco” all’Rx, o ad esempio nell’innalzamento
diaframma vs versamento pleurico basale.
In letteratura sono stati proposti vari algoritmi che guidano nell’orientamento diagnostico del paziente con
dispnea, partendo dall’osservazione della linea pleurica o dal pattern polmonare presente. I dati ecografici
del torace possono anche essere integrati alla ricerca ecografica di patologia trombotica dei principali vasi
venosi degli arti inferiori (CUS) nel sospetto di embolia polmonare.
11. VALUTAZIONE ECOGRAFICA DEL CUORE
dalla lezione della Dr. Enrica Perugini
Paziente critico: Paziente con shock/bassa portata, dispnea grave,dolore toracico.
L’ecografia del cuore può essere normale, oppure dimostrare i segni di:
4. Infarto miocardico e sue complicanze
5. Embolia polmonare
6. Disfunzione acuta del ventricolo sinistro
7. Disfunzioni valvolari o protesiche acute
8. Tamponamento cardiaco
9. Dissezione aortica
Nell’embolia polmonare l’ecocardiogramma può essere normale o dimostrare un ventricolo destro dilatato o
ipocinetico. Si può inoltre dimostrare un aumento della pressione polmonare.
Il tamponamento cardiaco è riconosciuto mediante:
• Collasso diastolico del Vdx (P intrapericardica> P diastolica Vdx)
• Collasso diastolico dell’Adx (riempimento)
• Variazioni respiratorie del riempimento >20%
• Dilatazione della VCI con ridotte escursioni
• Swinging heart (alternanza elettrica all’ECG)
Nel sospetto infarto del miocardio l’ecocardiogramma deve soprattutto:
• Valutare la cinetica e funzione sistolica (stratificazione prognostica)
• Diagnosticare le complicanze meccaniche (rottura papillare, DIV, rottura di cuore)
• Escludere altre cause di dolore toracico/alterazioni ECGrafiche
ischemiche
12. VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLO STATO DI VOLUME
Dr. Cristina Orlandini
L’ecografia è un utile strumento per avere informazioni sullo stato di volume di un paziente.
Tali informazioni ci sono fornite attraverso lo studio del diametro della vena cava inferiore e delle cavità
cardiache, in particolare del ventricolo sn.
Nella pratica clinica indicazioni sullo stato di volume del paziente sono molto utili in particolare quando di
fronte ad un paziente ipoteso vogliamo dirimere se lo stato ipotensivo sia causato da ipovolemia o non sia
invece l’espressione di uno shock ostruttivo o di un deficit di pompa.
La vena cava inferiore decorre nello spazio retroperitoneale a dx dell’aorta e dopo aver raccolto il sangue
delle vene sovraepatiche passando posteriormente al fegato, attraversa il diaframma e sbocca nell’atrio dx.
Si studia attraverso scansioni longitudinali ascendenti in epigastrio o, quando l’esplorazione ecografica in tale
regione non è ottimale, con scansioni longitudinali nella regione laterale dell’ipocondrio dx, utilizzando il
fegato come finestra acustica.
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I parametri che sono valutati sono il diametro e l’indice di collassabilità della vena cava inferiore (VCI). Il
diametro normale è di < 2 cm circa, tuttavia non esistono valori chiaramente normali per tutti i pazienti; si
può affermare tuttavia che con alta probabilità si avrà ipovolemia se la VCI presenta un diametro < 1 cm.
Oltre allo stato di deplezione di volume, il diametro della VCI si presenta ridotto quando si ha un’aumentata
pressione intraddominale. Viceversa tale calibro aumenta in concomitanza con ipertensione polmonare,
scompenso del cuore dx, e alcune valvulopatie, indipendentemente dallo stato di volume.
L’indice di collassabilità si riferisce alla fisiologica variazione di calibro del vaso durante le escursioni
respiratorie: nell’inspirazione infatti si ha una riduzione della pressione intratoracica cui consegue una
riduzione di calibro della VCI perché è facilitato il suo svuotamento nel cuore dx.
Nei pazienti in ventilazione meccanica tende ad avvenire l’inverso: l’inspirazione corrisponde ad aumento
della pressione intratoracica per cui la VCI tende ad aumentare di calibro.
L’indice di collassabilità = 100x (diametro max - diametro min)
diametro max
I valori normali sono attorno al 40-50%. L’indice di collassabilità’ è aumentato quando è > 40-50% e
corrisponde a un diametro della v.cava inferiore < 2 cm e a una p in atrio dx <10 mmHg;è diminuito quando
è < 40-50% con valori di calibro della VCI > 2 cm e una p in atrio dx > di 10 mmHg.
I valori di diametro della VCI e dell’indice di collassabilità sono utili anche nella valutazione della risposta al
riempimento del paziente.
Per quanto riguarda il cuore, il parametro che presenta la migliore correlazione con la volemia è il LVEDA:
Area del ventricolo sn a fine diastole (correla con perdita di sangue e con precarico). Nell’ipovolemia avrò un
ventricolo sn piccolo, ipercinetico e con pareti ventricolari vicine (‘kissing walls’). La scansione per valutare
l’area del ventricolo sn in diastole è la parasternale in asse corto all’altezza del m. papillare medio; per la
valutazione della cinetica e del volume si usano invece le scansioni sottocostale o apicale. L’osservazione di
un ventricolo sinistro “piccolo” indica la presenza di ipovolemia, che può’ essere assoluta o relativa (ES nella
sepsi: ridotto il post carico per cui il ventricolo sn si svuota bene). Un ventricolo sn “grande” indica un
adeguato riempimento oppure può essere l’espressione di una disfunzione ventricolare: i reperti riscontrati
sia nella valutazione della VCI sia nella valutazione del cuore vanno sempre correlati al quadro clinico del
paziente.
Lo studio ecografico integrato di polmone, VCI e cuore al letto del paziente fornisce informazioni che sono
un utile completamento diagnostico all’esame obiettivo e che consentono di avere rapidamente un quadro
più accurato sullo stato volemico del paziente; lo studio ecografico integrato permette inoltre di orientarci
sulle possibili condizioni patologiche che determinano variazioni dello stato di volume.
13. CUS
Dr. Gerardo Astorino - Dr. Soccorsa Sofia
Edema, dolore, rossore cutaneo sono criteri clinici di sospetto con scarsa accuratezza diagnostica per la
trombosi venosa profonda (TVP). La diagnosi differenziale deve tenere in considerazione: Idrarti, Ematomi o
altre masse muscolari, Linfedema, Insufficienza venosa, Ischemie degli arti, Edemi di natura sistemica,
Affezioni cutanee e dei tessuti molli, Rottura di cisti poplitea, Immobilizzazione (qualsiasi causa), Edemi in
gravidanza o da ‘pillola’, Malattie neurologiche.
La TVP può avere sede prossimale (distretto femoro-popliteo) o distale (distretto tibiale e peroniero).
Il circolo venoso prossimale comprende la v. femorale comune, la v. femorale superficiale e la v. poplitea.
Il circolo venoso distale comprende le vene tibiale anteriore, tibiale posteriore e peroneale.
Almeno il 50% dei pazienti con TVP prossimale degli arti inferiori ha un’embolia polmonare (EP)
asintomatica (Pesavento et al. Min Card 1997;45:369), mentre una TVP (asintomatica) si ritrova in circa
l’80% dei pazienti con EP (Girard et al. Chest 1999;116:903).
Un metodo semplice e rapido per la diagnosi di TVP si basa:
1. sulla probabilità pre-test valutata con i criteri di Wells (alta, media, bassa; probabile/improbabile)
2. sulla CUS (Compression UltraSonography), un metodo ecografico basato sulla compressione con
sonda ecografica delle vene prossimali degli arti inferiori
La Comprimibilità Venosa consiste nel fatto che ogni vena il cui lume sia pervio, se sottoposta a una
compressione esterna, mostra un’abolizione o riduzione del suo calibro a <2 mm. Viene valutata facendo
una scansione trasversale a livello di due reperi anatomici, il legamento inguinale e la fossa poplitea (‘Two
points Ultrasonography), e esercitando una pressione gentile sulle vene con la sonda.
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L’incomprimibilità è tipica dei vasi arteriosi (la cui pulsatilità aumenta sotto compressione) e dei vasi venosi
ostruiti da trombi, il cui lume rimane più o meno invariato sotto compressione.
La CUS ha numerosi vantaggi (semplicità di esecuzione, riproducibilità, disponibilità - si può eseguire anche
con apparecchi e sonde non dedicate), ma ha il grande svantaggio che non esclude la trombosi delle vene
del polpaccio.
La CUS è applicabile con sicurezza per la diagnosi della TVP ai pazienti sintomatici al 1° episodio, mentre nei
pazienti asintomatici o con sospetta embolia polmonare può essere utilizzata solo per il suo valore predittivo
positivo. Il suo valore nel guidare la diagnosi di una TVP aumenta se viene associata al dosaggio del DDimero.
14. ECOGRAFIA DELL’AORTA ADDOMINALE IN EMERGENZA
Dr. Roberto Baldini
Il tratto aortico addominale ha origine dall’orifizio aortico del diaframma (XII vertebra toracica).
Decorre nello spazio retroperitoneale, davanti alla colonna vertebrale, a sinistra della linea mediana, per una
lunghezza di circa 13 cm.
Contrae anteriormente rapporti con i vasi splenici, il corpo del pancreas, la vena renale sn, la porzione
orizzontale del duodeno; più a valle è coperta anteriormente dal peritoneo parietale.
A livello della IV vertebra lombare si biforca nelle arterie iliache comuni.
L’aorta e le arterie iliache sono vasi di grosso calibro, hanno pareti molto ricche in tessuto elastico.
Il normale processo di invecchiamento determina un aumento delle fibre collagene a discapito di quelle
elastiche (fibrosi diffusa), con riduzione della compliance parietale.
L’esame ecografico viene condotto in B-mode dallo jato diaframmatico sino alle arterie iliache
- nelle Scansioni trasversale,longitudinale coronale per valutare diametri,decorso, morfologia parietale,
rapporti, origine dei rami principali,.
Lo studio eco-color-Doppler è utile nella migliore visualizzazione delle arterie renali e mesenterica inf, e delle
caratteristiche flussimetriche.
DIAMETRO Nei soggetti adulti (età > 50 aa) il calibro dell’aorta decresce progressivamente:
- dai 2 cm del tratto prossimale a 1,5 cm in prossimità della biforcazione.
valori normali = 1,7 – 2,4 cm
Le patologie di interesse ecografico sono: Aneurisma, Rottura, Ulcera Penetrante, Ematoma Intramurale,
Dissezione, Endoleak, Rottura Traumatica.
L’aneurisma è una dilatazione permanente di un’arteria, che presenta un incremento di almeno il 50% del
suo diametro normale. Parliamo di aneurisma dell’aorta addominale con diametro > 3 – 3.5 cm. Quadro
clinico della rottura di aneurisma: classica triade sintomatologica: Dolore addominale e/o lombare intenso,
massa pulsante palpabile, ipotensione.
Ulcera penetrante – Fissurazione: Ulcerazione di una placca ateromasica o di un trombo parietale con
sangue che penetra attraverso l’intima e la lamina elastica nella tonaca media o sub-avventiziale.
Ematoma intramurale: La soluzione di continuo di una placca ateromasica determina il passaggio di
sangue attraverso l’intima e la lamina elastica nella tonaca media
Dissezione: Emorragia dei vasa vasorum, con frammentazione della tonaca media; Distacco longitudinale
dell’intima; Foro di ingresso (lacerazione dell’ intima prossimale); Fori di rientro (lacerazioni dell’intima
distali).
Rottura: può avvenire nello spazio retroperitoneale , con fistola aorto-enterica, con fistola aorto-cavale.
Endoleak: presenza di flusso ematico fuori dalla PROTESI ma dentro l’ANEURISMA.
15. GRAVIDANZA EXTRAUTERINA
Dr. Maria Giovanna Marra
La diagnostica per immagini rappresenta la prima linea per la valutazione clinica di una paziente con dolori
pelvici acuti. L’ecografia pelvica è la metodica di scelta per la sua affidabilità diagnostica, per la rapidità di
esecuzione e i costi relativamente inferiori rispetto ad altre metodiche. L’utilizzo dell’ecografia con sonda
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transaddominale (TA) e/o transvaginale (TV) consente, dopo sei settimane di gestazione, la diagnosi di
certezza di gravidanza, la precisazione della sede d’impianto della camera gestazionale (intrauterina o
ectopica) e la diagnosi di evolutività della gravidanza stessa, mediante la rilevazione del battito cardiaco
fetale (BCF). Il BCF è evidenziabile, con sonda TV dalla 4-5° settimana, quando la lunghezza vertice-sacro
(CRL) dell’embrione è di almeno 3-7 mm; utilizzando la sonda TA individua il sacco (o camera) gestazionale
dalla 5-6° settimana, quando l’embrione è visibile (CRL di 5-10 mm) ed è generalmente possibile rilevare la
presenza del BCF.
Lo scopo principale dell’ecografia pelvica TA in paziente con dolori pelvici è di visualizzare la gravidanza
intrauterina, quindi di escludere quella ectopica. I criteri ecografici diagnostici di gravidanza intrauterina sono
la presenza di: sacco gestazionale con sacco vitellino, polo fetale, embrione, BCF. L’attendibilità diagnostica è
aumentata dall’utilizzo integrato dell’ecografia e del dosaggio della β-hCG. La zona di discriminazione è il
livello di β-hCG al quale una gravidanza intrauterina è visibile al 100%. 1500 UI/mL è il valore di β-hCG al
quale si visualizza una gravidanza intrauterina con l’ecografia TV mentre 4.000-6.500 UI/mL è il valore di βhCG al quale si visualizza una gravidanza intrauterina con l’ecografia TA, se ciò non avviene va posto il
sospetto di gravidanza extrauterina.
La diagnosi ecografica di gravidanza extrauterina (GEU) è difficile, ed è necessaria una stretta correlazione
tra i dati ormonali (dosaggio di β-hCG) e morfologici ecografici per poter differenziare una gravidanza
intrauterina normale sia da una gravidanza intrauterina anormale che da una gravidanza ectopica.
L’ecografia –effettuata con sonda EV-costituisce l’esame strumentale di scelta nella valutazione di queste
paziente poiché permette di individuare la camera gestazionale intrauterina una settimana prima rispetto
all’ecografia TA e si basa su un attento rilievo di segni di certezza e di segni di probabilità, uterini e
annessiali. E’ altresì sempre raccomandabile un preliminare esame TA per identificare dati non visibili all’eco
TV (es. fluido nel Morrison indicativo di probabile emoperitoneo). L’unico segno ecografico di certezza per
gravidanza extrauterina è dato dalla dimostrazione di un embrione vivente (con attività cardiaca) in sede
ectopica. Questa evenienza tuttavia accade in una minoranza di casi (15-28% circa con ecografia EV; la
sensibilità è ancora più bassa con ecografia transaddominale). Anche la visualizzazione di un sacco
gestazionale tipico in sede extrauterina è considerato diagnostico per GEU specialmente alla presenza di
versamento endoperitoneale. Il sacco gestazionale ectopico (tubarico nel 98%dei casi) è generalmente più
piccolo rispetto all’epoca di amenorrea, presenta una caratteristica parete iperecogena spessa (cosiddetto
“tubal ring”); al suo interno si riconosce a volte il sacco vitellino; di frequente appare semplicemente come
una massa a struttura mista disomogenea (“compie mass”).
16. Colica Renale
Dr. Roxana Baigorria
L'ecografia rappresenta l'indagine di prima scelta nello studio del rene e della vescica essendo un'indagine
riproducibile, non invasiva, innocua, ben tollerata dal paziente e a basso costo. Tuttavia possiede alcune
limitazioni come l'obesità’, il meteorismo e l'operatore dipendenza che possono compromettere l'accuratezza
dell'indagine.
Lo studio ecografico dei reni va eseguito in posizione supina, in decubito obliquo o laterale dx e sinistro; si
utilizzano sonde per scansioni profonde (convex 3.5 MHz); le scansioni da eseguire sono sottocostali e
intercostali; l'esplorazione della vescica va eseguita in posizione supina ed vescica occorre che quest'ultima
sia distesa mediante un carico idrico di 1.5-1 L circa 90 minuti prima dell'indagine. Il digiuno non è
obbligatorio per quadri acuti come la colica renale.
Aspetti ecografici
I calcoli si evidenziano ecograficamente come formazioni fortemente iperecogene con o senza cono
d'ombra posteriore in relazione alla loro dimensione; a differenza dell'esame radiologico diretto dell'addome,
gli ultrasuoni sono in grado di evidenziare i calcoli indipendentemente dalla loro composizione.
La visualizzazione dei calcoli dipende dalla loro sede e dalla loro dimensione; gli ultrasuoni sono in grado di
evidenziare calcoli anche di piccole dimensioni (> 3 mm) e quando localizzati nelle vie escretrici intrarenali
(calici-pelvi), nella giunzione pelvico-ureterale, nell'uretere distale intramurale (specie se provoca dilatazione
della via escretrice a monte) e in vescica.
I millimetrici calcoli che per piccola dimensione sfuggono all'esplorazione ecografica standard, se a contenuto
prevalentemente calcico, possono essere identificati in modo indiretto applicando la metodica color Doppler;
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in corrispondenza del cono d'ombra posteriore della piccola formazione litiasica si verifica un tipico artefatto
rosso-blu definito "twinkling artifact".
I calcoli localizzati nel tratto intermedio dell’uretere non sono esplorabili ecograficamente per l'interposizione
delle anse intestinali.
In tali casi possiamo avere come segno indiretto della loro presenza una dilatazione omolaterale del sistema
calico-pielico definita idronefrosi, provocata dall''ostruzione ureterale a valle; ricordiamo tuttavia che
l'dronefrosi può mancare nelle fasi più precoci della colica renale; se ne distinguono 3 gradi:
- lieve o di I grado: dilatazione della pelvi renale che si presenta come area anecogena nel contesto
dell'iperecogenicita' del seno renale;
- moderata o di II grado: l'area anecogena diventa di maggiori dimensioni e alla quale confluiscono i calici
renali anch’essi dilatati;
- severa o di III grado: il rene appare come una formazione anecogena con setti che corrispondono alla
parete dei calici; il parenchima si assottiglia, la morfologia renale è alterata.
Nell'idratazione forzata del paziente per eseguire l'esame ecografico è possibile trovare un quadro di
idronefrosi lieve ma bilaterale e non monolaterale come nell'ostruzione da parte di un calcolo.
L’‘ureteral jet’ è un getto di urina densa visualizzato al momento in cui viene espulsa dall’uretere nell’urina
più diluita della vescica. Si può visualizzare in corrispondenza degli sbocchi ureterali, ciclicamente, durante
un breve periodo di osservazione della vescica con scansioni oblique o trasverse, sia con metodica standard
che utilizzando l’ecocolordoppler. È utile per valutare la pervietà degli ureteri.
Un altro segno indiretto di ostruzione ureterale da parte di un calcolo è il cosiddetto urinoma, stravaso di
urine sotto la capsula renale provocato dall'incremento della pressione a monte dell'ostruzione;
ecograficamente si evidenzia come una raccolta anecogena perirenale.
In conclusione l'ecografia nella colica renale mira a cercare i seguenti principali segni:
- l'idronefrosi, per la quale gli ultrasuoni hanno sensibilità e specificità elevate; ricordando tuttavia che tale
segno puo' mancare nelle fasi precoci della colica;
- la presenza della formazione litiasica per la quale la specificità risulta elevata, mentre la sensibilità è
purtroppo variabile in relazione alla sede ed alle dimensioni del calcolo.
In casi dubbi si puo' utilizzare la combinazione diagnostica di due metodiche: ecografia + Rx diretta
dell'addome che possiede un’elevata sensibilita' per i calcoli radiopachi o far ricorso alla TC senza mezzo di
contrasto che attualmente rappresenta la metodica gold standard, indagine tuttavia non sempre disponibile
e di elevato costo.
17. COLICA BILIARE
Dr. Marco Miceli
Unità Operativa di Radiologia Diagnostica Ospedale Maggiore di Bologna e San Giovanni in Persiceto
(Bologna)
Nella colica biliare il compito dell’ecografia, in urgenza, impiegata quale metodica di primo livello, è
fondamentalmente differenziare le colecistopatie semplici da quelle complicate, escludendo o meno
complicanze di tipo chirurgico e confermando o meno il sospetto clinico di colecistite acuta.
Si distinguono segni ecografici maggiori o minori di colecistite acuta; tra i maggiori vi sono: calcolosi
colecistica; edema parietale; gas parietale; Murphy ecografico positivo; tra i minori vi sono: fluido
pericolecistico; ispessimento parietale > 3 mm; echi irregolari intraluminali; sovradistensione colecistica;
forma globosa.
La calcolosi colecistica è soprattutto presente nel dotto cistico o nel colletto.
L’edema parietale si evidenzia come rima ipoecogena attorno alla colecisti o come zone ipoecogene
intraparietali.
Il gas parietale, dovuto a microrganismi anaerobi e tipico delle colecistiti enfisematose, si caratterizza per la
presenza di riverberazioni aeree di parete.
Il segno di Murphy ecografico è rappresentato dal vivo dolore alla pressione della sonda in sede sottocostale,
in corrispondenza del punto colecistico. L’associazione di tale segno con la colelitiasi ha un valore predittivo
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positivo per colecicistite acuta variabile dal 60 al 90%; in particolare esso può mancare nei pazienti anziani
e nella colecistite gangrenosa.
La presenza di raccolta fluida pericolecistico è dovuta a peritonite localizzata o a perforazione colecistica; la
sua sensibilità per la diagnosi di colecistite acuta è del 27% con ecografia e del 77% con la RM, a fronte di
una specificità del 100% con ecografia e del 77% con RM.
L' ispessimento parietale colecistico, in paziente a digiuno, può essere causato dall' edema e da focolai
emorragici parietali, ma non è specifico, riscontrandosi anche in epatopatie acute e croniche, ascessi epatici
e sub frenici, pancreatici, ulcera peptica, pielonefriti acute, insufficienza renale cronica, mieloma multiplo,
ipoprotidemia. Esso si manifesta con differenti pattern ecografici: 1) aspetto striato per alternanza di strati
multipli ipoecogeni, separati da zone ecogene; 2) ispessimento parietale uniformemente ecogeno; 3) strato
centrale ipoecogeno demarcato da due strati iperecogeni interno ed esterno; 4) ispessimento parietale
asimmetrico. Segno specifico è lo slaminamento delle pareti colecistiche, con aspetto discontinuo e irregolare
per alternanza di bande ipo e iperecogene (VPP dell’ecografia di circa il 100%). Importante è anche il
riscontro d’ipervascolarizzazione parietale al color-power Doppler.
L’incremento volumetrico del viscere si riconosce quando il diametro antero-posteriore è > 4 cm e il suo
volume > 30 ml.
La forma globosa è un segno incostante e aspecifico.
Nessun singolo segno ecografico è sufficientemente accurato per la diagnosi di colecistite acuta, ma essi
hanno elevato valore diagnostico positivo solo se combinati; in particolare la sensibilità dei segni ecografici
maggiori è dell’81-86% e la specificità del 94-98%, ma in associazione a un segno minore la sensibilità sale
al 90-98%.
Le alterazioni istologiche vanno da una lieve flogosi acuta con edema (colecistite semplice o catarrale) alle
forme da contaminazione batterica della bile (empiema, colecistite flemmonosa, enfisematosa) fino alla
necrosi (colecistite gangrenosa).
Tra le complicanze vi è la perforazione colecistica in territorio libero, con formazione di raccolte ascessuali
subepatiche o in prossimità della parete intestinale, con presenza di fistole colecisto-enteriche, con possibilità
anche che il calcolo migri in visceri adiacenti; quando si ferma nel bulbo duodenale o nel piloro può
determinare un’occlusione intestinale alta (sindrome di Bouveret); migrando fino all’ileo terminale o alla
valvola ileo-cecale può essere scarsamente sintomatica o determinare anch’essa un’occlusione intestinale
(ileo biliare).
Nei pazienti defedati vi è la possibilità di formazione di raccolte ascessuali pericolecistiche, che appaiono
ecograficamente come raccolte ipo-anecogene a margini sfumati, irregolarmente corpuscolate, con presenza
di echi sospesi o sedimentati all' interno.
Altre complicanze sono la peritonite generalizzata, la colangite ascendente e la setticemia.
La colecistite acuta alitiasica rappresenta il 5-10% delle flogosi acute della colecisti e circa il 50% di quelle
postoperatorie per interventi su organi addominali. Sono più frequenti nel sesso maschile e in pazienti > 65
anni, negli ustionati, politraumatizzati e in caso di pancreatite acuta.
Nel sospetto di colecistite acuta l’esame ecografico è l’indagine strumentale di prima istanza per la buona
accuratezza diagnostica complessiva e il buon rapporto costo/beneficio, oltre al possibile impiego al letto del
paziente. La TC e la RM, pur avendo elevata accuratezza diagnostica, non sono proponibili come indagini di
primo livello e sono particolarmente utili in caso di discrepanza clinico-ecografica e in presenza di
complicanze (l’accuratezza diagnostica della TC è del 100% in caso di complicanze a fronte del 66% di quella
ecografica). La colangio-RM è più sensibile dell’ecografia nel riconoscimento dei segni tipici e delle possibili
cause (calcoli nel dotto cistico). Uno studio comparativo ha evidenziato che nella diagnosi di ostruzione del
dotto cistico l’accuratezza diagnostica dell’ecografia è del 77% e della colangio-RM del 97%;
nell’ispessimento parietale rispettivamente del 94 e 71%;
La colangite acuta, cioè l’infiammazione acuta delle vie biliari intra ed extraepatiche, è caratterizzata nel 70%
dei pazienti da febbre con brivido, dolore in ipocondrio destro e ittero (triade di Charcot). Il quadro
ecografico di normalità non esclude la presenza di tale patologia. Le forme di rilevanza ecografica sono la
colangite acuta focale, suppurativa, piogenica ricorrente, acuta alitiasica.
Nella forma acuta focale l’ecografia evidenzia la litiasi intraepatica e la dilatazione dei dotti biliari a monte .
Nella forma acuta suppurativa vi sono ecograficamente marcata dilatazione delle vie biliari intra ed
extraepatiche, idrope della colecisti con microcalcoli e fango biliare, litiasi della via biliare principale e talvolta
trombosi portale.
Nella forma piogenica ricorrente la colecisti di solito non è interessata e l’ecografia evidenzia la dilatazione
delle vie biliari intra ed extraepatiche e la presenza di calcoli nei dotti nell’85-90% dei casi.
Nella forma alitiasica l’ecografia mostra un ispessimento parietale segmentale delle vie biliari intra ed
extraepatiche.
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Le complicanze possono essere shock settico, rottura in peritoneo di un dotto bilare o fistolizzazione nel tubo
digerente o pancreatite acuta.
Negli itteri ostruttivi, inoltre, l’ecografia evidenzia la presenza di dilatazione delle vie biliari , il livello e la
natura dell’ostruzione.
Nella dilatazione delle vie biliari la sensibilità e specificità dell’ecografia sono del 99 e 87%; si considera
dilatata la via biliare principale se > 6 mm (negli anziani o colecistectomizzati > 10 mm); a livello ilare lo
aspetto classico delle vie biliari dilatate è a canna di fucile o a doppio binario, ben apprezzabile quando il
calibro della via biliare è simile a quello dell'adiacente vaso portale. A livello intraepatico la dilatazione delle
vie biliari si evidenzia ecograficamente sotto forma di strutture tubulari ecoprive, con rinforzo di parete
posteriore e morfologia arboriforme, andamento parallelo ai rami portali, con possibili aspetti a spider o
stella.
L’accuratezza diagnostica dell’ecografia è del 92-99% nel riconoscere il livello di ostruzione e del 71-88%
nell’individuare la causa (le principali sono litiasiche, neoplastiche, infiammatorie e chirurgiche).
CENNI BIBLIOGRAFICI
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