> S E T T I M A N A L E IDG
di Giarre
ANNO XXXIV • N. 4 • GIARRE, SABATO 15 FEBBRAIO 2014 • € 1,00 • A DIFFUSIONE REGIONALE • SPED. IN A.P.
ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FIL. DI CATANIA • PUBBL. INF. 45% • www.gazzettinodigiarre.it
> Promesse... “spazzate” dal vento?
> La solita “bolletta pazza”? No!
Luci ed ombre sulla tassa sui rifiuti, la più
“amata” dai giarresi, tra le più alte d’Italia
ma senza i necessari servizi collegati
> a pag. 2
Randazzo: notificata al Sindaco una maxi
richiesta di circa un milione di euro relativa
alla ricostruzione del dopoguerra
> a pag. 6
Come si “architetta” la nuova Giunta?
presidente del Consiglio ed il presidente della IV commissione consiliare.
Scalpitano infatti “Giarre Futura” che
rivendica il rispetto di un accordo pre
elettorale ed “Articolo 4″ che, da un
ruolo da “socio sostenitore”, vorrebbe
riconosciuto, invece, uno da protagonista nella gestione amministrativa
della città. Ma accontentare queste 2
formazioni potrebbe non bastare al
sindaco che, per ottenere una quadratura del cerchio con le forze politiche,
potrebbe giocarsi la carta delle nomine
del pool di esperti (5 avvocati ed 1
commercialista) per cercare di bilanciare eventuali malcontenti in Consiglio… Certo è che, per la prima volta,
il sindaco dovrà applicarsi non poco
per dipanare una matassa che rischia di
ingessare i lavori consiliari proprio
quando, ad esempio, all’ordine del
giorno arriva il “famigerato” Regolamento sulle strisce blu…
Corrado Petralia
>CONTINUA A PAG. 2
A
zioni ed è inevitabile che questo panorama debba trovare un nuovo equilibrio. E se prima il sindaco Bonaccorsi
avrebbe potuto permettersi di temporeggiare oltre, rimanendo sordo alle richieste del gruppo Giarre Futura (col
quale pare vi sia un accordo pre elettorale per un assessorato), adesso non
può non rimboccarsi le maniche per dipanare questa intricata vicenda che,
per quanto agli occhi dei non addetti ai
lavori possa apparire irrilevante, oggi è
strategica per il prosieguo dell’attività
amministrativa. Primo nodo da sciogliere, ed in tempi brevi, sarà la ricomposizione delle commissioni consiliari
dove appare ormai certo il cambio in
corsa della presidenza della II commissione, assegnata ad inizio legislatura a Patrizia Caltabiano di “Città viva”
ed al cui posto siederà certamente un
consigliere di maggioranza, così come
potrebbero essere a rischio la presidenza della III commissione di Francesco
Cardillo e della V di Salvo Camarda.
Ma la partita più “calda” si gioca sul-
l’eventuale ricomposizione della
Giunta. Ad oggi, politicamente parlando, appare evidente che l’attuale rosa
di assessori non rappresenti adeguatamente le forze di maggioranza ed il
probabile progetto del sindaco di mantenere questi assessori almeno fino all’estate sembra tramontare inesorabilmente. Attualmente in giunta dovrebbero essere rappresentati il ”Nuovo
centro destra” con Giovanni Finocchiaro e Nino Raciti e “RilanGiarre”
con Piera Bonaccorsi, mentre sembra
non avere nessun consigliere comunale di riferimento il vicesindaco Salvo
Patané, anche se gli viene attribuito un
buon “legame” con il sottosegretario
Giuseppe Castiglione, anch’egli appartenente al “Nuovo centro destra”.
Stante questa situazione le posizioni
esposte a maggiore rischio di sostituzione sono appunto quelle di Patané e
Bonaccorsi così come, a detta di alcuni, risulta ad oggi sovradimensionato
nei ruoli il ”Nuovo centro destra” che,
oltre ad i due assessori, annovera il
“M
anu Militari”! Proprio così: “Militarmente”! Locuzione, tuttora di uso comune,
quando si vuole sottolineare che un’operazione è stata condotta con l’ausilio delle armi o – in
senso metaforico – che una situazione si è sbloccata solo
grazie alla forza. La locutio – usata largamente nella lingua latina, per indicare un insieme di due o più parole,
tese ad esprimere un determinato concetto, e atta a costituire un’unità lessicale autonoma – è diffusa nella letteratura classica a cominciare dal quarto secolo d.C.: si
vedano, ma solo per indicare alcuni esempi, Servio
(Commento all’Eneide, 8,652), Lucifero Cagliaritano
(De regibus apostolicis, 7), Sulpicio Severo (Dialogus,
2,8,6; Chronica, 2,34,2) e poi Gregorio Magno (Epistulae, 4,20 e 6,35).
Si rende, davvero, necessario agire, giovane ductor
Matteo Renzi, “militarmente”: sì, alla luce delle tante,
numerose imprese ordite da ogni parte del mondo politico nel tentativo di scoraggiarti, di bloccarti, perché tutto
resti immutato, come per lunghi anni ci hanno abituati
tutti lor signori, per non perdere i loro tanti privilegi nei
quali stavano comodamente, mentre il popolo minuto viveva alla men peggio. Una vita, questa appunto del popolo minuto, che man mano però si è ridotta, divenendo
vera e propria infelicitas, E non solo, raggiungendo limiti mai prima conosciuti, neppure quando il Paese Italia
era uscito dalle lunghe vicende della seconda guerra
mondiale. Proprio così, dal momento che allora, per
quanto la vita fosse grama, il popolo minuto guadagnava
terreno: cresceva la speranza per un domani migliore.
Tempi sicuramente duri, quelli vissuti sino a tutti gli
anni Cinquanta, per divenire più vivibili negli anni Sessanta e accettabili infine negli anni Settanta e Ottanta. A
seguire poi un periodo di stasi, per giungere al terzo millennio, caratterizzato da un lento ma inesorabile declino,
ad una vera e propria disgrazia, a causa degli sperperi
senza fine che la classe politica ha messo in campo, sì,
d’intesa con il potere economico, e non solo nazionale, e
con le banche acchiappa tutto. I cui risultati sono quelli
che stanno ormai sotto gli occhi di tutti. Masse enormi di
denaro utilizzati per ogni e qualsivoglia desiderio da
soddisfare, senza ritegno alcuno: dalle case di lusso e dai
piaceri più sfrenati alle gite nei luoghi più optabiles. Situazioni, tutte queste, uscite alla luce del sole, appalesate, come per incanto, dagli organi di informazione.
Mentre il popolo, sì, il cosiddetto popolo minuto, è
sempre più costretto a stringere la cinghia, a mordersi le
labbra, per l’impossibilità di vivere come invece vorrebbe: in pace nelle proprie famiglie e con la muta speranza
di dare un avvenire ai propri figli, costretti, nel migliore
dei casi, a lasciare il Paese Italia per trovare, come un
tempo fecero i nostri padri, un quieto vivere all’estero.
Una vicenda che torna purtroppo a galla – poveri tutti
Giarre: maggioranza consiliare frammentata con 12 consiglieri sparpagliati in ben 7
grupppi e per il Sindaco si apre la delicata questione di garantire visibilità a tutti
nche se ancora, alla
luce della recente
composizione consiliare, sembrerebbe
essere prematuro, in
Consiglio Comunale il fermento, se non anche la tensione, aumenta di giorno in giorno. Infatti dalla scomposizione del Gruppo del
Pdl, originariamente composto da 6
consiglieri, sono nati 2 gruppi (uno
costituito da 2 consiglieri ma anomalo): “Nuovo centro destra” del senatore Pippo Pagano con Antonella Santonoceto, Mario Marano, Angelo Spina
e Francesco Longo e “Forza Italia”
con Francesco Cardillo ed un “indipendente Pdl” cioé Orazio Scuderi.
Questa ulteriore frammentazione si
aggiunge ad un già ben variegato assortimento di gruppi in Consiglio. Infatti ad oggi i consiglieri di maggioranza, che restano 12, sono sparpagliati in 7 gruppi distinti. Ai 2 già citati si
aggiungono “Articolo 4″ con Raffaele
Musumeci e Carmelo Strazzeri, “Giarre Futura” con Salvo Camarda ed Angelo Turrisi, “Tutti per Giarre” con
Giovanni Barbagallo e Vittorio Valenti e RilanGiarre con Vincenzo Mangano. È innegabile che adesso si rivoluzionino anche le dinamiche interne ad
una maggioranza che, se fino ad oggi
ha cercato di mostrare compattezza,
adesso inevitabilmente mostra le prime crepe dovute sopratutto alla voglia
di alcuni consiglieri che oggi non si
sentono rappresentati in Giunta di soddisfare legittime aspettative di partecipazione a scelte strategiche con, ad
esempio, una partecipazione in Giunta
o un maggiore peso nei lavori consiliari. Infatti, pur essendo la maggioranza
composta da tutti gli uomini della prima ora con il solo innesto di Raffaele
Musumeci, cambiando la geografia dei
gruppi consiliari mutano i rapporti di
forza che si erano acclarati dopo le ele-
Manu militari!
***
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giarre
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
di Giarre
Promesse... “spazzate” dal vento?
Luci ed ombre sulla tassa sui rifiuti, la più “amata” dai Giarresi, tra le più alte d’Italia
S
ul finire dello scorso anno i
cittadini Giarresi hanno fatto i
conti anche con la tassa sui rifiuti del 2013 nonostante che,
nello stesso anno, avessero finito di pagare quella del 2012.
L’Ente comunale, tuttavia, ha inviato delle
richieste di pagamento meno elevate rispetto alle precedenti, così come previsto dalla
delibera del Consiglio comunale (n. 86 del
29/11/2013) ed annunciato dal Sindaco Bonaccorsi durante la pubblica assemblea del
12 ottobre scorso. Tale riduzione doveva
ammontare al 10% e prevedere, inoltre, il
rimborso proveniente dai precedenti pagamenti per il quale l’Ente comunale ha incassato di
più (il 110%) rispetto al costo totale del servizio.
Nella realtà, l’Amministrazione comunale ha
dovuto rimandare tale rimborso all’aprile di quest’anno, e l’importo della bolletta si è abbassato,
esclusivamente, in quanto sono stati eliminati dal
computo la maggiorazione e l’addizionale “ex
ECA” che gravavano ognuna, rispettivamente, di
un 5%. Quindi, in totale, si ha il 10% che veniva
aggiunto sull’ammontare della tassa sui rifiuti. I
minori incassi saranno, tuttavia, recuperati dall’aumento dell’addizionale Irpef. I costi per metro quadro sono quasi i medesimi e tra i più alti
d’Italia: ad esempio 4,35 €uro al metro quadro
per le abitazioni, 8,50 €uro al mq per negozi di
generi non alimentari, 16,81 €uro al mq per supermercati ed ipermercati, 18,66 €uro al mq per i
pubblici esercizi che somministrano bevande.
Nel 2013, tuttavia, la tassa sui rifiuti (Tarsu)
è diventata tassa sui rifiuti e sui servizi (Tares) in
quanto ai cittadini è stato richiesto, in più rispetto
al passato, di contribuire sui cosiddetti servizi
“indivisibili” (pubblica illuminazione, polizia locale, anagrafe, la manutenzione del verde pubblico e delle strade) per una quota pari a 30 centesimi al mq, riservata allo Stato (introdotta dall’art.
14 comma 13 DL. 201/11). Tutto ciò accade a
Giarre mentre, dalle cifre ricavabili dal bilancio
di previsione 2013, recentemente approdato e votato dal Consiglio comunale, aumenta ancora leggermente per l’Ente il costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (da 4.693.641,65
€uro del 2012 siamo passati a 4.808.250,00 €uro
nell’anno 2013). Il dato sulla lotta all’evasione
appare, invece, basso ed invariato negli ultimi
due anni: appena 50.000,00 €uro nell’ultimo
biennio, rappresentano poco più dell’1% del costo del servizio, un’inezia se consideriamo che
nel nostro territorio esistono oltre 29.000 unità
abitative ed appena 14.000 utenti che ricevono la
bolletta (da questo dato sono pure escluse le imprese e si desume, quindi, un congruo numero di
utenti non conosciuti dall’Ente).
Inoltre Giarre, per diverse motivazioni di natura tecnica, ha ricevuto due K.O.
sul piano dei rifiuti da parte della Regione
e, pertanto, continua a non disporre del
piano e di un’isola ecologica. Da sottolineare, ancora, l’assenza di collaborazioni
ricercate con le città attigue, che permetterebbero di ottimizzare i costi e condividere delle aree. Così, il servizio di raccolta di rifiuti, da parte dell’Amministrazione a favore dell’attuale gestore, è stato
prorogato fino al prossimo aprile e non si
conosce ancora una data certa, ma solo
delle presunzioni, per l’inizio della raccolta differenziata. Ecco perché, visto l’attuale
panorama, ci si potrebbe chiedere quali speranze
di riduzioni della tassa si potranno garantire nell’immediato futuro al cittadino.
Intanto, l’effetto “contemporaneo” di questa
situazione è l’impossibilità del cittadino di conferire rifiuti differenziati o ingombranti presso la
vicina isola ecologica di Riposto in quanto, tale
servizio, è ormai riservato ai soli residenti del
Comune marinaro. Pure il servizio di raccolta degli ingombranti risulta sospeso ormai da mesi.
Causa della situazione è certamente la cattiva
pianificazione della gestione dei rifiuti da parte di
chi ha amministrato nel passato la nostra città.
Certo, nel presente la situazione non migliora, e
quindi, se nel nostro territorio proliferano anche
delle microdiscariche, non diamo la colpa solo ai
cattivi costumi dei concittadini.
Armando Castorina
I “cunti” del demistificatore
Roberto Bonaccorsi, Primo cittadino di Giarre,
elegge Pietrangelo Buttafuoco a icona rappresentativa
della sua filosofia di vita
I
l processo di massificazione e di
omologazione scatenato dal fenomeno della globalizzazione,
ha determinato un appiattimento dei
valori tale da annebbiare la vista
dell’osservatore critico che tenta di
riconoscere, tra i componenti dell’universo che lo circonda, i soggetti
cui dare credito. Forse, solo ricorrendo all’espediente della decontestualizzazione dell’individuo esaminato, chi indossa i panni dell’osservatore potrebbe riuscire nell’impresa di carpire la vera essenza che
caratterizza la persona oggetto delle
sue indagini. Premesso ciò, esistono
alcuni soggetti i quali hanno compreso che remare controcorrente
rappresenti l’unica strategia da
adottare, al fine di non degradare la
propria quotidianità a frammento
dell’esistenza improntato, esclusivamente, alla tutela della propria sopravvivenza.
Il declino scaturito dal perseguimento di una politica i cui meccanismi inducono l’individuo ad uniformarsi ad un determinato modello,
ha suggerito, a quanti hanno intravisto in questa dinamica il rischio di
dover rinunciare al proprio io, l’idea
di impugnare la propria identità e rivendicarla, al fine di lanciare un
messaggio denso di quel fascino che
solo un’immagine improntata alla
diversità racchiude. Secondo questa
visione, quindi, solo sposando quel-
l’atipicità che rappresenta una cesura rispetto ai condizionamenti generati dall’appartenenza a un microcosmo, l’essere umano può riconquistare autorevolezza e autonomia.
Nella società odierna, sottrarsi all’omologazione potrebbe rappresentare un rischio per la qualità dell’esistenza, ma l’insipido risvolto di
una scelta condivisa comincia a
suggerire a qualcuno di provare una
strada alternativa.
È su questo aspetto che convergono i pensieri di Bonaccorsi e del
giornalista Buttafuoco, durante l’incontro svoltosi, presso la Sala
“Messina”. Il Sindaco di Giarre, in
linea con il pensiero del giornalista
de “Il Foglio”, secondo cui l’uomo
debba avere un’identità e non
un’appartenenza, ricorda, infatti, di
aver appoggiato, nella sua precedente esperienza amministrativa a
Catania, un Sindaco (non più in carica) come Stancanelli, distintosi
per la sua propensione a privilegiare
un interesse generale che non era la
sommatoria di interessi particolari.
Bonaccorsi addebita, pertanto, l’ultimo insuccesso elettorale di Stancanelli a quel provvedimento impopolare che indusse quest’ultimo ad
innalzare gli oneri fiscali e ad approvare un piano delle partecipate
che, sostanziandosi nella cessione
di queste, infliggeva un duro colpo
ad un privilegiato strumento di
espressione del clientelismo.
Riallacciandosi alla dissertazione di Bonaccorsi,
secondo cui occorrerebbe
affrancarsi dai vincoli di
matrice ideologica o partitica, Buttafuoco esplicita tutta la sua rabbia per una subcultura che ha portato il popolo siciliano ad essere, non
solo mercè delle istanze altrui, ma anche ostaggio delle logiche dell’invasore di turno, tese al
depauperamento della nostra terra.
Egli, poi, stigmatizza l’autonomia,
in quanto la storia della Sicilia ci
racconta di un popolo soggetto a dominazioni che testimoniano l’incapacità “sicula” di essere comunità in
grado di preservarsi.
Il giornalista esprime anche tutta la sua amarezza, non solo per gli
inganni di una sedicente politica locale che indossa i panni della redentrice, ma anche per la costante involuzione conosciuta da una regione
sempre più lontana dalla cultura imperniata sulla sacralità del libro. La
perdita di consapevolezza del valore
commerciale e umano che un libro
può racchiudere ha, infatti, trasformato la società siciliana in una
realtà ulteriormente schiava di un
mercato alieno al patrimonio di risorse isolane.
Diversamente, i tempi rispolve-
rati dal giornalista e afferenti alla
sua opera “Il dolore pazzo dell’amore”, sono quelli di una società in
cui i figli, assorbendo i contenuti dei
racconti tramandati oralmente, assimilavano un patrimonio di conoscenze che li rendeva, oltre che siciliani, cittadini del mondo. La riflessione sull’amore come sentimento
che assume un profilo eterno quando matura la consapevolezza del distacco, sembra, nella raccolta dei
“cunti” in questione, un espediente
con cui l’autore si rifugia, nostalgicamente, in quel passato lontano
dalle amarezze di un arido presente
siciliano. Ma sarebbe riduttivo limitarsi a tale disamina. Abbeverarsi
del dolore che gocciola dall’amore
perduto, significa infatti, oltre che
rivivere la percezione sensoriale di
certi momenti, custodire la propria
storia personale e dunque non rinnegare se stessi.
Umberto Trovato
C
La diciannovesima edizione della manifestazione eno-sciistica “Vineve”
ha fatto registrare una grande partecipazione di escursionisti
zione uno degli appuntamenti classici per gli appassionati della montagna. Testimonianza ne è il coin-
volgimento della maggior
parte delle sezioni siciliane
dei CAI (Catania, Messina,
Linguaglossa, Polizzi Generosa, Novara di Sicilia, Acireale), assieme ai componenti
dell’associazione “Etnaviva”
ed una folta rappresentanza
del CAI di Cosenza e Reggio
Calabria. Un appuntamento
che ha registrato la preziosa
collaborazione del Comando
dei Carabinieri di Sant’Alfio, del
Soccorso Alpino del Corpo Forestale e delle guide del Parco dell’Etna,
Convegno Lions al Palazzo
di Città di Giarre su “La riforma
del diritto di famiglia”
S
abato scorso l’elegante Sala degli specchi del Palazzo municipale di Giarre ha ospitato un convegno organizzato dal
Lions club Giarre-Riposto, presieduto dal dott. Carmelo Di
Natale, sull’attuale tema: “La riforma nel diritto di famiglia: 19752013”. I lavori sono stati aperti dai saluti dei Sindaci di Giarre,
dott. Roberto Bonaccorsi, e di Riposto, dott. Enzo Caragliano.
Quindi, alla presenza di un folto ed interessato pubblico (tra cui il
Giudice di Pace coordinatore di Giarre avv. Gaetano Gullotta, il
presidente dell’Associazione Giarrese Avvocati, avv. Giuseppe
Fiumanò, gli assessori di Giarre, dott.ssa Piera Bonaccorsi e di Riposto prof. Gianfranco Pappalardo Fiumara), il presidente Di Natale ha introdotto il tema sottolineando come il club service debba
occuparsi anche di tematiche attuali e sociali.
Ha preso poi la parola il notaio dott. Filippo Patti, condirettore
della scuola di notariato di Catania e socio fondatore del Lions locale, che si è soffermato, in particolare, sulle questioni relative al
regime patrimoniale della famiglia, e spiegando la differenza tra
separazione e comunione dei beni, avvalendosi della sua pluriennale esperienza professionale, ha precisato come non sempre il regime di comunione sia conveniente per la famiglia, auspicando un
ritorno a quello di separazione.
È poi intervenuto il secondo relatore, il dott. Giuseppe Fichera,
magistrato del Tribunale di Catania, il quale ha illustrato i passaggi legislativi che, dal 1942 al 1975 fino alle recentissime leggi del
2012 e 2013, hanno portato all’equiparazione dei figli, cancellando la distinzione tra legittimi, illegittimi e poi naturali; nonché l’eliminazione della potestà patria e genitoriale fino all’introduzione
della “responsabilità dei genitori”.
Il convegno è stato chiuso dal presidente del consiglio dei governatori Lions avv. Salvatore Giacona, da sempre vicino al sodalizio giarrese, il quale ha rivolto il proprio apprezzamento sia agli
illustri relatori che agli organizzatori.
Mario Vitale
da pag. 1 - Manu militari!
Un abbraccio alla montagna
ome era nelle previsioni una grande partecipazione di amanti
dell’escursionismo, con oltre
200 partecipanti, ha portato
al successo la diciannovesima edizione della manifestazione eno-sciistica Vineve
2014, organizzata dal Club
Alpino Italiano, sez. di Giarre, nell’ambito del programma annuale di attività promozionali.
Dopo la lunga esperienza del
passato si considera la manifesta-
Sotto il segno
dei tempi
che hanno assicurato l’ assistenza e
la sicurezza dei partecipanti.
Il percorso, come ogni anno, ha
interessato i territori altomontani di
tre Città del Vino dell’Etna
(Sant’Alfio, Piedimonte Etneo e
Linguaglossa), con partenza dal Rifugio Vitelli, percorso che si è snodato attraverso il sentiero natura dei
Monti Sartorius ed arrivo al Rifugio
di Monte Baracca, recentemente ristrutturato dalla Provincia regionale
di Catania, che ha offerto un libro
omaggio a tutti i partecipanti.
Sonia Santamaria
noi! – dopo aver assaporato anni di un qual certo benessere. Da
qui, allora, deve incominciare, giovane ductor Matteo Renzi, il tuo
per nulla facile compito di far cambiare verso all’Italia. Senza timore alcuno e se necessario anche “Manu militari”, sì, “militarmente”, dal momento che le resistenze al cammino da te intrapreso
sono state, sin dai primi tuoi passi, tante, numerose.
Questo, allora, dev’essere il tuo motto: “Frangar, non flectar”!
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di Giarre
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caleidoscopio
di Giarre
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
3
La memoria sempre viva H
H umanacconsilia
umana
di Urty Tagay
Mascali: un convegno, con l’intervento del prof. Antonino Alibrandi,
ha ricordato gli eventi miracolosi del 5 febbraio 1865
D
omenica 2 febbraio, nella
chiesa Madre S. Leonardo
Abate di Mascali, al termine
della Santa Messa pomeridiana, alla
presenza di un foltissimo e interessato pubblico e alla presenza del parroco sac. Rosario Di Bella, il professore
Antonino Alibrandi (Docente, Assistente di “Storia Moderna” e di “Storia della Sicilia” presso l’Università
degli Studi di Catania), su invito dell’associazione culturale Mascali e
della Confraternita S. Leonardo Abate di Mascali, presieduta da Concetto
Stagnitta, ha relazionato sugli eventi
miracolosi che hanno interessato la
cittadina il 5 febbraio del 1865.
La conferenza è stata tenuta per
spiegare perché ogni 5 febbraio il simulacro di San Leonardo Abate (Patrono di questa cittadina) viene portato, processionalmente, fin sul sagrato
del Duomo, fra spari di fuochi d’artificio, suono di banda musicale e notevole accorrere di fedeli. I Mascalesi
hanno immaginato che si sia sempre
trattato del ringraziamento per essere
stati salvati durante il terribile terremoto del 9-11 gennaio 1693 (quando,
al momento della maggior scossa
dell’11 gennaio, mentre si completava l’eccidio della popolazione della
Sicilia Orientale, fra il crollo quasi totale degli abitati dall’Etna a Capo
Passero – 80000 morti – l’abitato di
Mascali sì crollava quasi del tutto, ma
i Mascalesi, come ci testimoniano
cronache e documenti del tempo, si
salvarono quasi tutti – solo 4 morirono – perché si trovavano in processione, presso l’attuale borgo di Carrabba, “con le reliquie di San Leonardo,
lor Protettore”, mentre si recavano
verso il Santuario di Santa Maria la
Strada). Il prof. Alibrandi ha escluso
questo riferimento, perché non c’è
nessuna testimonianza documentale
in proposito e perché, con estrema
evidenza, non coincidono le date del
9-11 gennaio e del 5 febbraio. Inoltre,
molte sono le comunità siciliane che
ricordano il 1693, ma mai il 5 feb-
braio (data senza nessun collegamento con quell’evento, se non per essere
quella della festa di Sant’Agata, patrona della Città di Catania).
La soluzione data dal prof. Alibrandi non presenta, invece, possibilità di smentita. Infatti, una delibera
del Consiglio Comunale di Mascali,
datata 2 maggio 1865, chiarisce tutto;
ecco il testo: “Ritenuto che il giorno
cinque dello scorso febbraio questi
abitanti portavano in processione il
simulacro del glorioso patrono San
Leonardo presso l’incandescente lava vulcanica che minacciava questo
territorio e che, da quel giorno in poi
fermò questa ultima il suo violento e
gigantesco cammino verso l’est. Considerando che questo popolo desiderava che siasi fatto un solenne ringraziamento di un sì miracoloso beneficio accordatogli il consiglio all’unanimità per voti nominali delibera che siano spesi lire 100 per solennizzare una festa di ringraziamento
al glorioso patrono nel giorno otto
corrente”.
Dopo quell’anno, per logica conseguenza, la ricorrenza sarà stata celebrata proprio il 5 febbraio. Il 1865,
dunque, anno di una delle colate laviche più formidabili dell’Etna di questi ultimi secoli, e anno di un terremoto, nel mese di luglio, che, con 80
morti, incise sulle comunità rurali,
soprattutto, poste fra Giarre e Acireale.
Tuttavia, il prof. Alibrandi non ha
escluso che negli anni successivi al
terribile terremoto del 1783 (50000
morti per la Calabria meridionale e
nella città di Messina che fu tutta distrutta; terremoto avvenuto proprio il
5 febbraio, ma che non ebbe, però, riflessi su Mascali), vi sia stato proprio
il 5 febbraio una festa di ringraziamento, voluta propriamente, per tutte
le comunità dell’Arcidiocesi Messina
(alla quale, allora, Mascali faceva
parte) e su questo il prof. Alibrandi
sta operando puntuali ricerche.
Angela Di Francisca
Una nave, arrivata “tardi”
Riposto: 25 luglio 1879, la collisione della pirofregata “Principe Amedeo”
davanti alle coste Joniche
N
ell’agosto del 1865 nei Cantieri del Regio Arsenale di
Castellammare di Stabia, su
progetto dell’Ispettore Generale Giuseppe De Luca, fu impostata la Regia
Fregata Corazzata ad elica denominata “Principe Amedeo”. Il varo dell’unità avvenne il 15 gennaio 1872 e
l’allestimento si completò il 15 dicembre 1874.
Si trattava di una nave con scafo
in legno e corazza riportata in ferro.
Entrò in servizio nel 1875. Aveva un
dislocamento di 5.854 tonnellate che,
a pieno carico, raggiungeva le 6.274
tonn. Le dimensioni erano: lunghezza
metri 79,70; larghezza metri 17,50;
ed una immersione di metri 7,50. Era
dotata di un impianto di propulsione
con una motrice alternativa a vapore a
singola espansione, la potenza sviluppata era di 3.130 hp, con 6 caldaie cilindriche ed una elica. L’armamento
velico, a brigantino a palo, era formato da due alberi con vele quadre ed
un albero per vele auriche (a forma
trapezoidale), la superficie velica totale era di 3.800 mq. Raggiungeva
una velocità di 13 nodi ed aveva una
autonomia di 1.780 miglia con la velocità di 10 miglia orarie. Per l’impianto di produzione del vapore, le 6
caldaie consumavano 580 tonn di carbone. L’equipaggio era formato da
548 persone.
Le navi di questa classe, furono le
prime corazzate interamente progettate e costruite in Italia e furono nel
contempo le ultime corazzate con
scafo in legno. Mostravano un miglioramento rispetto a quelle della
classe Roma, ma essendo state varate
dopo 10 anni, dalla loro impostazione, risultarono superate al momento
dell’entrata in servizio. L’unità era di
scarso valore bellico e non prese mai
parte ad azioni, ma venne utilizzata
nei servizi coloniali.
La notte del 25 luglio 1879 alle
ore 3,40 la Principe Amedeo, davanti
la costa di Riposto, venne in collisione con la nave della Società Navigazione Florio “Mediterraneo”, che era
stata varata nel 1863 ed aveva una
stazza lorda di 1.664 tonn.
Il 12 giugno 1881 era presente a
Castellammare di Stabia al varo dell’incrociatore Flavio Gioia assieme
alla corazzata Duilio e all’ariete
Affondatore. Nel novembre del 1881
l’unità, che si trovava ormeggiata nel
porto di Napoli, affiancata dalla corazzata Roma, durante una forte burrasca quest’ultima ruppe gli ormeggi
e fece collisione con la Principe Amedeo, riportando però lievi danni.
Il 19 gennaio 1885 l’unità salpò
da Napoli come nave ammiraglia di
squadra, assieme alle navi pirofregata
Castelfidardo, l’incrociatore Amerigo
Vespucci, la pirofregata Garibaldi e
dagli avvisi Messaggerie e Vedetta
che componevano la squadra, per trasportare a Massaua 4 compagnie di
bersaglieri, una di artiglieria, reparti
del Genio e Sussistenza, per un totale
di 800 uomini. A Porto Said, la Principe Amedeo si incagliò su un fondale
sabbioso e venne rimorchiata in acque profonde senza subire danni. Il 4
febbraio 1885 le unità gettarono le
ancore nel porto di Massaua ed effettuato lo sbarco, le truppe occuparono
la città, dopo la resa dei 400 soldati
egiziani della guarnigione.
Al ritorno l’unità, ormai vecchia,
venne utilizzata per servizi secondari
e di addestramento. Nel 1895, venne
radiata e successivamente demolita.
Rosario Sessa
Genitori tra i banchi
L’Istituto scolastico comprensivo “Elio Vittorini” di San Pietro Clarenza e Camporotondo
Etneo, con ‘Open Day, ha accolto le famiglie mostrando strutture ed attività formative
P
resso l’Istituto Scolastico Comprensivo “Elio Vittorini” di San Pietro
Clarenza e Camporotondo Etneo, si
è svolta la manifestazione “Open Day”: i
plessi scolastici sono rimasti aperti al pubblico, per consentire alle famiglie di assistere alle attività didattiche che si svolgono quotidianamente, per conoscere gli insegnanti, le strutture, uffici di segreteria.
In mattinata, nell’auditorium comunale di
San Pietro Clarenza, si è svolto il “question time” preliminare alla costituzione
del Consiglio comunale dei ragazzi, a cui
hanno partecipato gli alunni di tutte le
classi V della scuola primaria e di tutte le
classi prima di scuola secondaria.
Nel pomeriggio, presso la sede centrale di via Dusmet, per la scuola materna,
primaria e secondaria, si sono tenute attività ricreative di manipolazione, riciclo,
scientifico, artistico, linguistico, musicale
e coro, lavori vari, lingua francese. Presenti la preside Angela Fiscella, con i docenti dei due Comuni; l’assessore clarentino Andrea Cavarra; il puparo Salvo Mangano, che ha presentato il pupo Orlando; il
presidente della Pro Loco, Concetto Bonaccorso; il presidente dell’associazione
animalista “Mi Fido”, Maria Grazia Pellegrino; Franco Bandieramonte. Per Camporotondo erano presenti il presidente del
consiglio Giovanni Torrisi con il consigliere Simona Arena. Ha assistito alla manifestazione il presidente provinciale Unicef, prof. Vincenzo Lorefice.
Michele Milazzo
onsilia
Q
Facta, non verba
Fatti, non parole
uesto motto, tuttora usato, è piuttosto tardo,
tant’è che appartiene al latino volgare. Lo si veda, ad esempio, al verso 43 dell’“Ad Astralabium” di Pietro Abelardo (1079 – 21.4.1142): «Factis
non verbis sapientia se profitetur» (“La sapienza trae
profitto dai fatti e non dalle parole”). Un modo di dire,
“Facta, non verba”, che, per la verità, era anche attestato in ambito classico: esso, infatti, può essere, a ben riflettere, collegato al contrasto fra “factum” e “verbum”,
che tanta e così importanza ebbe non solo nella retorica
greca ma anche in quella latina. E infatti, il motivo dell’opera che deve essere compiuta non a parole, ma con i
fatti, o quello dei fatti che devono comprovare le parole,
è evidenziato, ad esempio, in Cicerone (De amicitia,
20,72): «Qui hac opinione non modo verbis, sed etiam
ope levandi sunt», e cioè “Bisogna cercare di liberare
costoro da tale opinione, non solo con le parole ma anche con i fatti”, oltreché in Seneca (Lettere a Lucilio,
20,1): «Verba rebus proba», ovvero “I fatti devono provare la bontà delle parole”.
A questa tradizione, che contrappone una politica di
parole ad una di fatti, si collegano anche due passi
dell’“Eneide” (XI,378-379): «Larga quidem, Drance,
semper tibi copia fandi / tum, cum bella manus poscunt»: “In larga fiumana, o Drance, tu spargi parole /
proprio quando la guerra ne urge ad agire”; e ancora
«Sed non replenda est curia verbis, / quae tuto tibi magna volant» (XI, 380-381): “Ma non di parole che volan
superbe, / da te riparato al sicuro si deve colmare la sala”. Mentre Livio (Storie, VIII, 22,8) definisce la stirpe
dei Greci: «Lingua magis strenua quam factis», ovverossia “Più valente nella lingua che nell’azione”.
E infine, va rilevato che vari proverbi moderni sono
imparentati con il medievale «Verbum laudatur, si tale
factum sequatur»: “Le parole vengono lodate, se sono
seguite dai fatti”. Si veda, ad esempio, «Detto senza fatto ad ognun pare misfatto», per non dire che il motto
«Fatti, non parole» è frequente in tutte le lingue. Si legge, ad esempio, in “Zazie nel metrò” dello scrittore francese Raymond Queneau (Le Havre 21.2.1903 – Parigi
25.10.1976): «Tu causes, tu causes, c’est tout ce que tu
sais faire»: “Parli, parli, è tutto quello che sai fare”. Per
non dire ancora che una tradizione parallela afferma che
«Chi parla molto realizza poco», espressione che ha un
precedente nel motto medievale «Mare verborum gutta
rerum»: “Mare di parole, goccia di fatti”.
Gli italiani
ritornano a riparare
G
li Italiani comprano sempre meno e riparano sempre
più. Una tendenza ormai consolidata che inizia a
cambiare anche una fetta di economia e richiedere
una nuova generazione di riparatori. Il dato è ormai certo, lo
rileva un sondaggio, gli italiani comprano meno, piuttosto riparano, rattoppano, riutilizzano. Due su tre hanno ridotto
l’acquisto di vestiario, il 60 per cento hanno fatto ricorso a riparazioni di sartoria nell’ultimo anno e l’87 per cento tende a
recuperare un capo danneggiato e usurato. Discorso analogo
per gli elettrodomestici: in caso di rottura, solo il 13 per cento
dei connazionali ricorre a un nuovo acquisto, la stragrande
maggioranza, l’85 per cento, propende per la riparazione affidandosi, nel 43 per cento dei casi, a riparatori professionisti
e, nel 42 per cento, al fai da te, magari chiedendo aiuto ad
amici e parenti.
La tendenza a riparare è cresciuta esponenzialmente proprio dall’inizio della crisi, raggiungendo dal 2008 un più 48
per cento nell’abbigliamento, più 29 per cento nelle calzature
e più 21 per cento negli elettrodomestici. Gli esperti, tuttavia,
pur confermando che il motore di questa tendenza è proprio
la difficoltà economica delle famiglie, ci intravedono anche
inizio di un cambiamento culturale.
Il comparto, invece, dove l’acquisto resiste ad ogni sensibilità ambientale e vento di crisi è quello dell’elettronica di
consumo. Tra computer e telefonini la riparazione è ancora
una cenerentola, un po’ perché mettere le mani su un telefonino sembra roba da cervelloni, un po’ perché è difficile resistere alle sirene del marketing ed ai veloci sviluppi del settore. Un cambiamento che i pessimisti vedono come un ritorno
al passato e gli ottimisti come un ritorno al futuro, come possibilità, insomma, di ricominciare, partendo proprio dalla crisi.
Gaetano Bonaventura
4
> S E T T I M A N A L E IDG
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
catania e provincia
di Giarre
Sta tornando Re Burlone…
Con la presentazione ufficiale Acireale si appresta a regalare divertimento ed allegria con il suo “più bel Carnevale di Sicilia”
“I
l più bel Carnevale di Sicilia”,
edizione 2014,
avrà luogo ad
dai
Acireale
prossimi15-16
febbraio, 22-23 febbraio, e dal 26
febbraio al successivo 4 marzo. Il
Carnevale di Acireale è organizzato dalla omonima Fondazione, presidente il sindaco della Città, avv.
Antonino Garozzo, direttore artistico Giulio Vasta, ed è cofinanziato
dalla Città di Acireale, Regione Siciliana (assessorato al Turismo, Dipartimento Turismo, Sport e Spettacolo), Provincia Regionale di Catania, Credito Siciliano, e dalla partecipazione di sponsor privati.
E sabato 8 febbraio scorso, la
Fondazione del Carnevale di Acireale, nella sala del Consiglio comunale della Città, ha presentato,
in conferenza stampa, la manifestazione che è momento di sana gioia
e di grande coinvolgimento popolare: carri allegorici in cartapesta,
carri infiorati, costumi in maschera, musica, scherzi e coriandoli!
L’edizione 2014 vuole stupire, nel
segno della chiara tradizione carnascialesca acese, con sfilate mattutine, pomeridiane e serali dei Carri
allegorici (otto) e dei Carri infiorai
(otto), con concerti e discoteca in
piazza, bimbi in maschera e scuole
protagoniste nelle danze e nei costumi. Sono stati presenti vari operatori della carta stampata e Tv,
rappresentanti politici, forze dell’ordine, dirigenti scolastici, rappresentanti dei Clubs Service, di
associazioni di artigiani e commercianti e gli artigiani della cartapesta
e dei carri infiorati.
Manifestazione introdotta dal-
l’assessore al Turismo acese,
prof.ssa Nives Leonardi (nella foto
mentre interviene), che ha sottolineato i diversi aspetti che caratterizzano la manifestazione. A segui-
re, il presidente del Consiglio comunale, prof. Toruccio Di Maria,
che ha voluto sottolineare come il
Carnevale fa sistema ad Acireale
perchè momento economico signi-
ficativo; il dott. Santo Sciuto, responsabile Area commerciale Sicilia Orientale del Credito Siciliano;
il direttore artistico Giulio Vasta
(primo da sinistra in alto nella foto), che ha elencato le principali attrattive dell’edizione 2014, tra cui
la prima grande festa in maschera
in piazza.
A chiudere l’avv. Garozzo (al
centro in alto nella foto), nella sua
duplice veste: “Noi crediamo che il
Carnevale di Acireale debba essere aiutato nell’immane sforzo della
sua realizzazione perchè è una
grande risorsa che incentiva il turismo vero nella nostra isola. È
una manifestazione che offre uno
spettacolo la cui qualità è migliorata negli anni, riuscendo a riempire gli alberghi non solo della
città, ma dell’intero litorale”.
Si parte, dunque. Da sabato 15
febbraio (inizio ore 17) con la consegna delle chiavi della Città a Re
Burlone da parte del sindaco Garozzo, la grande parata di apertura
con bande comiche e folkloristiche, provenienti da varie regioni
d’Italia, e con la sfilata del Carro
Allegorico del cantiere vincitore
dell’edizione del 2013, sul quale
salirà Greta Carbonaro quale “reginetta del Carnevale”. Alle ore
21,00, in piazza Duomo, “Discoteca Nazionale” da RTL 102,5 con
Angelo Baiguini e Angel Gravagno. Martedì 4 marzo, giornata finale, l’ultima sfilata dei carri allegorico-grotteschi, carri infiorati,
bande comiche e majorettes, Brasil
Show e le Charlie’s Angel band, e
alle ore 21,00 (piazza Duomo),
premiazione ed un arrivederci all’edizione 2015.
Camillo De Martino
Le radici storiche nel territorio
Un’escursione alla ricerca della casa di Pietro Paolo Vasta nelle campagne di Santa Venerina
U
na passeggiata lungo la via
rurale XXV Aprile a Santa
Venerina, in parte basolata
in epoca remota per il passaggio
dei carretti ed in alcuni tratti rimasta con semplice selciato naturale,
per esplorare un’area, la contrada
Fago, una volta appartenente all’ex
Contea di Mascali e che oggi fa da
confine tra i Comuni di Santa Venerina e Giarre. Sono in compagnia
dell’ing. Leonardo Russo che in
quei pressi, assieme ad alcuni suoi
parenti, possiede dei terreni con dei
fabbricati e conosce benissimo
quel territorio, non solo per averlo
frequentato, ma anche per aver sviluppato una ricerca storica, tramite
atti notarili dei passaggi di proprietà in tutto il circondario, per ragioni professionali, dovendo individuare le particelle e i loro titolari
di ieri e di oggi per fini “volturali”.
Un’escursione molto interessante,
perché contribuisce ad integrare la
conoscenza dei luoghi e delle vie
poco frequentate del territorio comunale ed a esplorare altarini ed
edifici di alcuni secoli fa.
Soprattutto, però, il mio interesse si è concentrato su una casa in
mezzo alla campagna, ma non molto distante dalla stradella sopra indicata, di cui fu proprietario il noto
pittore acese Pietro Paolo Vasta e
successivamente il figlio Alessandro. Da testimonianze scritte e da
studi effettuati, oltre che da me, da
altri studiosi di storia locale, risultava questa presenza dei Vasta in quest’area che faceva da spartiacque tra le Terre di Aci
e l’antica Contea di Mascali. Presenza che veniva
messa in relazione con la
presenza nella Chiesa Madre Santa Venera (edificata nel 1749) di uno dei
quadri più belli di Pietro
Paolo Vasta, recentemente restaurato, che raffigura
la Sacra Famiglia e si trova collocato nel coro a destra dell’altare maggiore.
Altri due quadri del figlio
Alessandro raffigurano
l’Immacolata e San’Antonio Abate (anch’essi restaurati), il primo di fronte
a quello dipinto dal padre
e l’altro in alto sul lato destro dell’ingresso principale della chiesa.
Paolo Vasta, da buon acese, volle
rendere il suo tributo alla patrona
della sua città S. Venera e alla nuova chiesa edificata da acesi al confine tra i due territori, anch’essa dedicata alla santa.
La casa si trovava all’interno di
una zona “vitata e arborata” ed era
funzionale per una vita semplice
ma con le “comodità” comuni dell’epoca. La casa mantiene tuttora le
sue caratteristiche settecentesche,
mentre invece la cantina allocata
poco distante ha subito dei rifacimenti in tempi più recenti ed il cancello in ferro originario è stato trafugato. Attualmente, i due edifici
sono condivisi dagli proprietari
(Fichera e Pulvirenti) dei due appezzamenti di terreno, i quali hanno provveduto a separare le parti di
propria pertinenza.
Paolo Vasta, dopo aver dominato la scena artistica per tanti anni
affrescando le principali chiese di
Acireale, nel 1755 fu colpito da ictus cerebrale e, per ben cinque anni, rimase paralitico fino alla morte, che intervenne all’età di 63 an-
ni, il 28 novembre 1760. Aveva
avuto sette figli da Isabella Adami,
che aveva sposato durante il suo
periodo di perfezionamento artistico a Roma tra il 1714 e il 1730. La
malattia di cui venne colpito impedì a Vasta di continuare il suo lavoro e si trovò in cattive acque,
mancandogli le risorse finanziarie
per il mantenimento della numerosa prole. Dovette ipotecare i suoi
beni, richiedere prestiti e fruire dei
frutti del fondo della sorella Teresa. Una testimonianza interessante
è quella raccolta nell’archivio storico di Acireale da Gaetano Grava-
gno, il quale riferisce che, con atto del
19 aprile 1745 del
notaio
Mariano
Gambino, ricevettero, lui e Alessandro,
unico figlio maggiorenne, un aiuto di
venti onze dalla
“Venerabile Arciconfraternita S. Maria del Suffragio delle Anime Purganti”,
ma dovettero dare in
garanzia
proprio
questo terreno di
contrada Fago a
Santa Venerina, e
nel 1755 il Vasta fu
costretto ad assumere nuove obbligazioni per 130 onze per
far fronte ai debiti
scaduti. Mesta fu l’ultima parte
della vita del grande pittore, non
soltanto per le condizioni economiche, bensì anche per la cattiva condotta del figlio Rosario che gli procurò dolore e ulteriori spese legali.
Oggi, Vasta è stato finalmente
riconosciuto nella sua grandezza e
studiosi d’arte autorevoli ne hanno
messo in risalto la genialità e le
qualità artistiche. La passeggiata in
contrada Fago, dunque, mi ha riportato indietro nel tempo perché
in quei luoghi si ha l’impressione
di trovarsi in un posto ancora in-
Sicily & Co.
Via Novaluce, 38
Tremestieri Etneo (CT)
www.favolesiciliane.it
contaminato e l’immaginario si
scatena, al pensiero che in quel sito
figure illustri vi svolgevano parte
della loro vita, contribuendo allo
sviluppo del territorio e lasciando
tracce indelebili della loro arte.
L’occasione è stata propizia
anche per scoprire nella confluente
via Napoleone Colajanni, che segna il limite tra S. Venerina e Giarre, un altarino dedicato a San Giuseppe, recentemente restaurato da
volontari. In ogni angolo del territorio, infatti, a protezione dei residenti e dei passeggeri, venivano
edificati questi altarini con l’effigie
della Vergine Maria o di altri santi.
Dalla visione degli atti di successione apprendiamo, inoltre, che in
contrada Fago parte dei terreni furono di proprietà di Mariano La
Rosa, che fece parte della commissione nominata dal senato cittadino
di Acireale, nel 1837, per recarsi a
Napoli per chiedere al sovrano, tra
l’altro, l’elevazione di Acireale a
Capo di Distretto e che fu eletto,
nel 1848, componente del “Comitato provvisorio”, per reggere la
cosa pubblica in occasione della rivolta che aveva interessato la città.
Dunque, un’immersione nel passato, per consolidare la conoscenza
delle radici storiche di questo territorio.
Giovanni Vecchio
Azienda Agricola “La Contea”
Via Novaluce, 69
Tremestieri Etneo (Ct)
www.cantinelacontea.it
> S E T T I M A N A L E IDG
attualità
di Giarre
N. 4 • Sabato 15 Febbrai o 2014
Amy Lyon: l’orribile vendetta
Nelson non mostrò alcuna umanità ed Emily non si comportò diversamente.
Anzi, si racconta che le criminali esecuzioni le procurassero brividi di piacere
I
l primo ad aprire il catalogo
delle vittime illustri fu il
commodoro Francesco Caracciolo. Questi, dopo aver
accompagnato il re in Sicilia, aveva chiesto e ottenuto
il permesso di tornare a Napoli, precisando che si sarebbe trattenuto il
tempo necessario per sbrigare alcune
faccende familiari. Ma a Palermo
avevano atteso invano il suo rientro.
L’ammiraglio si era schierato con i
giacobini, assumendo il comando
dei pochi legni, una fregata e qualche brigantino, che formavano la
marina repubblicana. Probabilmente, la sua prima intenzione era stata
quella di farsi da parte, di ritirarsi a
vita privata. A fargli cambiare idea,
una volta giunto a Napoli, erano stati
gli amici impegnati nel governo rivoluzionario, i quali avevano chiesto
insistentemente il suo aiuto, sapendo
di seminare in un terreno fertile.
Cavaliere dell’Ordine gerosolimitano, gentiluomo di camera e
maggiordomo di settimana di Sua
Maestà, Francesco Caracciolo di
Brienza aveva subito, negli ultimi
tempi, una serie di delusioni. Già
turbato dalla crescente influenza degli inglesi negli affari napoletani e
dalla fuga del re, che considerava un
tradimento, era stato anche ferito
dalla decisione della famiglia reale
di imbarcarsi per la Sicilia su una nave straniera e dall’autoaffondamento
nel golfo di Napoli di alcune delle
migliori unità della flotta. Questo
era il dramma dell’ammiraglio napoletano quando, in una città dilaniata
dalla guerra civile, gli era stato proposto di difendere gli ideali giacobini, lasciandosi alle spalle una lunga e
onorata carriera al servizio del re. La
decisione, sofferta, era maturata dopo qualche giorno. Poi, era entrato in
azione senza tentennamenti. Aveva
firmato proclami contro i Borbone e
contro gli inglesi, ritenuti i principali
responsabili delle sventure napoletane, e aveva attaccato più volte il naviglio borbonico, danneggiando tra
l’altro nelle acque di Procida la fregata che era stata ai suoi ordini e sulla quale sarebbe stato impiccato.
Per tali motivi, ordini severi erano stati dati da Nelson, perché Ca-
racciolo non cadesse in potere
della plebe reazionaria né venisse pugnalato come assassino; era un provvedimento di
precauzione per soddisfare la
sua vendetta personale in modo più atroce. Caracciolo, tradito da un servo, fu consegnato a Nelson, che, insieme ad
Emily, ne decretò l’impiccagione all’albero di trinchetto
della fregata Minerva e ordinò
di gettare il suo cadavere in
mare, rifiutandosi di accogliere l’ultimo desiderio del collega napoletano: un colpo di pistola alla tempia invece dell’impiccagione.
Nelson non mostrò, in diverse circostanze, le sue doti
migliori, come hanno riconosciuto del resto autorevoli storici inglesi, concordi nel ritenere che
un senso di umanità sarebbe stato
auspicabile. Ed Emily non si comportò diversamente. Anzi, si racconta che le criminali esecuzioni dettate
dall’ammiraglio inglese le procurassero, addirittura, brividi di piacere.
L’11 luglio avvenne la resa di
Castel Sant’Elmo. Il giorno prima
era giunto nelle acque di Napoli re
Ferdinando, trasferitosi subito a bordo del Foudroyant, dove sarebbe rimasto per circa quattro settimane
senza scendere mai a terra, per tornare poi a Palermo in attesa che nella
capitale le turbolenze si fossero
completamente placate. Per lui, superstizioso fin dalla tenera età, l’arrivo fu traumatico. Infatti, a pochi
metri dalla nave affiorò improvvisamente il cadavere dell’ammiraglio
Caracciolo. Il re si impressionò negativamente. Si rasserenò soltanto
quando qualcuno gli sussurrò all’orecchio che l’ammiraglio era venuto
a chiedergli cristiana sepoltura. Immediato, a questo punto, fu l’ordine
di recuperare il cadavere e trasferirlo
in città, dove venne sepolto nella
chiesa di Santa Maria della Catena,
nel popolare quartiere di Santa Lucia.
Tornando ai terribili provvedimenti adottati da Nelson, va detto
che nella triste storia della repressione della Repubblica Partenopea fa-
ceva spicco, oltre, alla ferocia della
reazione, la qualità degli uomini che
vi furono sacrificati: nobili di antico
e illustre casato, intellettuali, giuristi, valorosi soldati. Più di cento repubblicani vennero impiccati o decapitati (la decapitazione spettava
come privilegio ai nobili, anche se
non sempre fu osservata questa macabra distinzione), e molti di questi
furono giudicati o tenuti per qualche
tempo prigionieri sul Foudroyant o
su altre navi inglesi. Venne impiccato il generale Oronzio Massa e fu addirittura squartato, dopo il supplizio,
Nicola Fiani; fu ghigliottinato il generale Federico Federici, mentre
venne impiccata sulla piazza del
Mercato (17 agosto 1799), nonostante il suo titolo di marchesa, Eleonora de Fonseca Pimentel, animatrice principale del Monitore napoletano.
Il rovello della regina, lasciata
volontariamente a Palermo da re
Ferdinando, e quindi impossibilitata
ad eseguire di persona le sue vendette, fu grande ed è documentato da
una serie di lettere fra querule, furibonde e amareggiate, inviate a lady
Hamilton (luglio 1799) nelle quali si
evidenzia, oltre la crudeltà, soprattutto, la sua miopia politica e la sua
ristrettezza mentale.
Febbrile ed intensa era l’attività
di Emily, in quel luglio veramente
infernale. Oltre ad occuparsi
di Nelson, sia come interprete sia come amante, doveva leggere tutte le suppliche di centinaia di persone
in vario modo implicate nella Repubblica Partenopea; e
poi, ancora, seguire le pratiche trasmessile da Maria
Carolina per commutazioni
di pene, in meglio o in peggio, prigionieri da liberare (e
talvolta, persone ancora libere da imprigionare) e, come se ciò non bastasse, esercitare la funzione di “grande
elemosiniera” della regina,
allorché questa le inviava
somme da distribuire ai bisognosi e ai meritevoli (600
ducati il 20 luglio, 1.000 ducati il 30).
Per avere contezza del potere
esercitato da Emily, in quel periodo,
basta scorrere la lunga lettera scritta
dalla stessa, il 19 luglio, all’amico
Charles Greville, nella quale spiega i
suoi molteplici impegni, come diretta rappresentante di Maria Carolina,
a sostegno della riconquista borbonica: «(…) Sua Maestà il re è a bordo con noi e qui tiene ogni giorno i
suoi consigli con i ministri (…) La
regina non è venuta a Napoli, ma mi
ha inviato qui come sua delegata,
poiché io sono molto popolare: parlo napoletano e sono considerata,
con sir William, un’amica del popolo. (…) Io ho costituito qui il “partito della regina” e ora ella sta ritrovando un po’ della sua popolarità.
(…) Comunque, per quanto io ne
posso giudicare, sarà di vantaggio
ai napoletani aver gustato un po’ di
repubblicanesimo. Ma quale gloria
per il nostro re, per il nostro paese e
per noi stessi di avere avuto, noi, la
nostra brava flotta e il nostro grande Nelson, la gioia di restaurare il
re di Napoli sul trono (…)». In
realtà, anche se non ufficialmente,
lady Emily Hamilton era divenuta
“viceregina di Napoli”.
(16. – “Amy Lyon: una lady alla
Corte di Napoli” 2013-2014)
Roberta Mangano
Salvatore Musumeci
«La maggior parte delle donne non ha quasi principi: esse si lasciano guidare dal cuore, e dipendono quanto a costumi da coloro che amano» (Jean de la Bruyere)
5
Uno sport
che sa crescrere
Grande ammirazione e successo
per la “Associazione Nazionale
Bastone Siciliano” con il presidente
Nuccio Tomarchio al 2° Gran Galà
delle Arti Marziali a Nicosia
“Il Maestro Tomarchio con il gruppo di maestri
ed atleti allo Stage”
L
a città di Nicosia (EN) è stata, per un giorno, la capitale
delle Arti Marziali quando, presso il Palazzetto dello
Sport, è stata celebrata la seconda edizione del “Gran
Galà delle Arti Marziali”, organizzata egregiamente dal Maestro
Francesco Occhipinti. Erano presenti i seguenti settori sportivi:
Karate e Difesa personale, con il Maestro Francesco Occhipinti;
Judo, con il Maestro Antonino Tomarchio; Aikido, con il Maestro Antonio Morgano; Bastone Siciliano, con i Maestri Giovanni Tomarchio, Sebastiano Di Mauro, Fabio Spina, Silvestro Del
Popolo e Giovanni Bonfiglio; Ju-Jitsu con il Maestro Bartolomeo Buscami; Kick–Jitsu, con il Maestro Sebastiano Todero;
Krav Maga, con il Maestro Salvo Grasso; Kick-Boxing, con il
Maetsro Giovanni Giustiniano.
Erano presenti circa duecento tra Atleti ed i Tecnici provenienti da tutta la Sicilia, seguiti da un folto pubblico che, sin dalle prime ore della mattinata, hanno riempito il palazzetto e seguito i vari docenti nelle lezioni. La fase più importante dello
stage è stata quando gli atleti delle diverse discipline hanno seguito le lezioni degli altri stili, e proprio l’“Associazione Nazionale Bastone Siciliano” ha riscosso grande ammirazione e successo di partecipanti durante la lezione di Bastone Siciliano.
Tanti sono stati gli interventi dei Maestri e degli Atleti per conoscere meglio questo sport, e molti hanno chiesto informazioni
per intraprendere il percorso per l’insegnamento del Bastone Siciliano stesso. Il Maestro Giovanni Tomarchio, è stato intervistato da un’emittente televisiva di Nicosia sullo sport del Bastone Siciliano, ed insieme al Maestro Nuccio Tomarchio hanno ricevuto i complimenti da parte dell’assessore allo Sport del Comune di Nicosia.
A fine stage gli atleti, i Tecnici ed i Docenti hanno ricevuto
un diploma di partecipazione, il Maestro Nuccio Tomarchio ha
ricevuto l’invito, da parte del Maestro Occhipinti, di ritornare a
Nicosia per uno stage di Bastone Siciliano, data la notevole richiesta dei partecipanti.
Mario Di Nuzzo
In cucina con Dadra
Pasta con crema
di ricotta e pistacchio
verde di Bronte
L
asciate che la pasta venga avvolta e
travolta da questa crema di ricotta,
sapida, gustosa ed al contempo delicata, resa preziosa dal verde smeraldo di
Sua Maestà il Pistacchio di Bronte! Ci sono svariate salse a base di pistacchi per
condire la pasta che, per quanto ottime,
sono molto “strutturate”, un po’ “ridondanti” ma pur sempre squisite. In ogni caso, ecco come io interpreto la pasta col pistacchio… E volete mettere la comodità
di un condimento che si prepara in pochi
minuti e senza bisogno di fornelli?!
Dosi per 2 persone
180 gr di pasta
200 gr di ricotta
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
2 cucchiai di granella di pistacchio
Pepe nero macinato al momento q.b.
Sale q.b.
1 pizzico di cannella
Mettete sul fornello la pentola con
l’acqua per cuocere la pasta… il resto è
una passeggiata!!! Quanto al formato della pasta vi consiglio un formato corto, sicuramente, e rigato, per trattenere meglio
il condimento; nella foto ho usato un for-
mato molto piccolo di tortiglioni che è
stato molto apprezzato
Preparate la crema di ricotta: setacciatela direttamente dentro una capace terrina, che poi andrà anche in tavola, quindi
sceglietela con cura. Non è fondamentale
setacciarla ma questo passaggio renderà
la vostra crema più raffinata. Unite tutti
gli altri ingredienti, il sale, il pepe, il parmigiano grattugiato, l’olio ed un solo cucchiaio di granella di pistacchio. La cannella, spezia profumatissima e sicuramente molto apprezzata in pasticceria, non è
molto usata nelle pietanze salate in Italia,
ma vi assicuro che la sua fragranza darà
un “nonsochè” inedito alla vostra pasta,
quindi fidatevi di me e mettetene un pizzico nella crema di ricotta.
Per
ammorbidire la
crema, fluidificarla leggermente e fondere meglio tra
loro i vari ingredienti, unite
2 cucchiai dell’acqua di cottura della pasta. La crema è
pronta! Potete prepararla in anticipo senza problemi ma, in questa eventualità, tiratela fuori dal frigo almeno un quarto
d’ora prima di unirla alla pasta.
Non resta che scolare la pasta al dente
(mi raccomando!) e versarla nella terrina,
mescolare bene, spolverizzare sopra il secondo cucchiaio di granella di pistacchio
e servire ben calda!
Il mio blog:
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catania e provincia
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
Andare oltre le emergenze
Riposto: il lungomare “E. Pantano”, ancora una volta
danneggiato dalle mareggiate, ritorna con la mente
ai giorni in cui era salotto “buono”
P
assato il vento della tempesta, le onde che flagellano
la costa e la pioggia che
gonfia torrenti e trasforma
le strade in fiumi in piena,
arriva il tempo della ricostruzione. Tra polemiche e progetti, ricomincia il “balletto” delle dichiarazioni, dei sopralluoghi, degli interventi
tampone e, soprattutto, si ricomincia a
parlare di interenti urgenti. Ancora una
volta, ad essere stato sottoposto ad un
martellamento furioso da parte delle onde è stato il lungomare che, tra muretti
abbattuti e “caverne” aperto sotto la massicciata, da
risorsa diventa problema.
Eppure, da tempo, il
lungomare, pur nella mancanza di interventi di riqualificazione radicale (mancano i fondi per progetti ad
ampio respiro…), era tornato ad essere protagonista
delle passeggiate domenicali dei ripostesi. La pista
ciclabile, sottratta all’invasione delle auto, accoglieva ciclisti (dai più esperti
alle famigliole con bambini piccoli) e seguaci del jogging, sul muretto ci si sedeva nuovamente per una
chiacchierata. Davanti a questa lenta riconquista, purtroppo, rimangono alcune
“situazioni” che andrebbero fatte oggetto di interventi di manutenzione. Una di
queste situazioni riguarda il muretto che
delimita il marciapiede. Nonostante alcuni cantieri di lavoro lo abbiano interessato, appare evidente il continuo “saliscendi” dovuto alle diverse altezze dello stesso muretto. Altezze che, quasi di
fronte all’ex Ostello, raggiungono pochi
centimetri, costituendo un pericolo soprattutto per i bambini, che potrebbero
benissimo cadere sulla spiaggia sottostante nel caso sfuggissero al controllo
di chi riaccompagna. Eppure, nonostante la situazione sia presente da tanti anni, non si è riusciti a trovare le somme
necessarie per intervenire, livellando il
muretto da una altezza univoca, che
consenta in piena sicurezza il passeggio
anche di bambini piccoli.
E cosa dire delle due piazzole (una
nei pressi della cosiddetta “cupola di
ferro” e una di fronte al ristornate “La
Torretta”) che, una volta, ospitavano alcune semplici ma utili attrezzature per
svolgere semplici esercizi ginnici? Le
attrezzature, efficaci nella loro semplicità, costituivano una sorta di “percorso
ginnico” messo in opera al tempo dell’Amministrazione Mirone, assessore
allo Sport il prof. Rosario Guarrera. Apprezzate da sportivi e praticanti, le strutture, non sottoposte a periodica manutenzione, andarono man mano rovinandosi e, ad oggi, restano soltanto alcuni
pali e nulla più. Perché non ripristinare
questo percorso, peraltro molto apprez-
zato? Anche qui, piccoli
interventi di manutenzione potrebbero ridare il
giusto valore al lungomare.
Ed ancora, perché
non riportare in atto l’idea di un concorso grafico, riservato alle scuole,
per abbellire con graffiti
e disegni il percorso ciclabile del lungomare,
dando così ai ragazzi
l’opportunità di diventare “protagonisti”
di una rinascita di quello che, per molti
anni, era il “salotto” dove passeggiare,
non solo per i ripostesi ma anche per
tantissimi visitatori.
Certo, non si tratta di realizzazione
da rendere effettive in pochi giorni, ma
già cominciare a riconsiderarle potrebbe
davvero essere un inizio incoraggiante.
Anche perché, considerando gli interventi da effettuare sul lungomare per ripristinare i luoghi dopo i gravi danni
provocati dalla mareggiata, queste piccole realizzazioni potrebbero trovare
una loro collocazione nell’ambito dei
più ampi progetti. E si potrebbe anche
realizzare un risparmio sugli stessi interventi di manutenzione. Cosa che, in questi periodi bui, non guasta!
Corrado Petralia
Riceviamo e pubblichiamo
Al sig. Direttore del Gazzettino
Giarre
C
on il comunicato stampa del Comune di Riposto, pubblicato a
pag. 6 del Gazzettino dell’8 febbraio 2014 sotto il titolo “Occorre fare
chiarezza... subito”, si dà notizia che il
sindaco dott. Vincenzo Caragliano, dopo gli ingenti danni provocati dalla mareggiata della settimana precedente, ha
presentato, presso il Comando Compagnia della Guardia di finanza di Riposto
un esposto denuncia. Nel comunicato
stampa alla notizia segue una lunga dichiarazione del sindaco, nella quale, fra
l’altro, è detto che, dopo quanto avvenuto con l’ultima mareggiata, si è reso necessario richiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria per verificare se a carico dei progettisti, dei tecnici e degli
amministratori pro tempore siano ascrivibili illeciti, anche di carattere penale,
nella progettazione e costruzione nonché nella gestione dei finanziamenti
pubblici utilizzati per la costruzione del
bacino del porto di Riposto.
L’esposto indirizzato alla Guardia
di finanza, se si esclude che esso sia stato presentato per rinviare a tempo indeterminato l’accertamento della verità,
appare un atto del tutto insensato. La
Guardia di finanza e l’Autorità giudiziaria, dati i tempi della giustizia penale,
supposto che siano stati commessi reati
(il che io categoricamente escludo), potrebbero dirci qualcosa in via definitiva
tra otto-dieci anni.
Il sindaco avrebbe dovuto seguire
una strada ben diversa, da me indicata
con un atto ispettivo del 3 febbraio u.s.:
affidamento a un esperto di rilievo nazionale dell’incarico di esaminare tutti i
progetti relativi al porto a partire dal piano regolatore generale per accertare se e
a quale livello siano stati commessi errori; immediato intervento per eliminare
i danni causati dall’ultima mareggiata
ed evitare l’aggravarsi della situazione;
esplorazione di tutte le vie per la realiz-
zazione con assoluta rapidità del molo
pennello in massi.
Ritengo a questo punto opportuno
formulare alcune rapide considerazioni
per offrire ai lettori una corretta informazione sulla problematica in oggetto.
Chi redige un piano regolatore portuale, nell’ambito del quale viene previsto un porto turistico, deve indicare tutte
le opere indispensabili perché il moto
ondoso nel bacino turistico non crei situazioni incompatibili con l’esigenza di
sicurezza delle imbarcazioni ormeggiate. Deve, pertanto, verificare che in
qualsiasi condizione la situazione interna al bacino turistico sia caratterizzata
da un’oscillazione del livello dell’acqua
nei limiti di 20-30 centimetri.
La mareggiata del 2009 ha messo in
rilievo una situazione anomala. Si è ipotizzato allora che sugli effetti della mareggiata nel primo bacino avesse influito il mancato completamento della diga
foranea fino all’attuale progressiva.
Mancato completamento dovuto alle note vicende della ditta appaltatrice. l tecnici, tuttavia, hanno suggerito la realizzazione di un molo in massi trasversale
rispetto al molo di risvolto, qualificando
tale opera di adeguamento funzionale. Il
progetto di tale molo è stato approvato
dal Comune con la deliberazione della
Giunta n. 126 del 12 ottobre 2010, adottata con la partecipazione dell’attuale
sindaco nella qualità di assessore. Lo
studio preliminare ambientale redatto
dall’ing. Luca Cavallaro è stato acquisito dal Comune il 17 giugno 2013, cioè
dopo le elezioni amministrative.
Nulla si è fatto in oltre sei mesi per
dare impulso al procedimento per l’appalto dei lavori di realizzazione del molo in massi, opera oggi assolutamente
indispensabile perché nel primo bacino
del porto turistico si abbia quella condizione di quiete presupposto della sua
agibilità. Solo il 24 gennaio 2014 è stato
pubblicato nella Gazzetta ufficiale della
Regione siciliana l’avviso pubblico con
il quale il sindaco ha reso nota la tra-
smissione all’Assessorato territorio e
ambiente del progetto e dello studio di
prefattibilità ambientale relativo alle
“Opere per la protezione dello specchio
acqueo del 1° bacino del porto turistico
di Riposto” per gli adempimenti connessi alla verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto
ambientale.
Le ultime mareggiate hanno ulteriormente messo in rilievo l’assoluta necessità del molo predetto, da me ribadita
nel corso del dibattito in consiglio comunale dedicato alle problematiche del
porto. Il completamento della diga foranea fino all’attuale progressiva non si è
rivelato idoneo a garantire l’agibilità del
primo bacino del porto turistico. Non
sono in grado di precisare in quale misura abbiano influito sugli effetti della mareggiata nel primo bacino il carattere riflettente del molo divisorio dei due bacini realizzato dalla società Marina di Riposto e la circostanza che tale molo nella parte est, lato nord, sia stato realizzato
sulla base di una variante del piano regolatore del porto a suo tempo approvata dall’organo tecnico competente.
Se valutazione erronea c’è stata, essa è da imputare ai tecnici che hanno effettuato oltre venticinque anni fa lo studio idraulico-marittimo finalizzato alla
costruzione del porto turistico. Essi sono i medesimi che negli anni ottanta
hanno redatto il piano regolatore del
porto. Tecnici di grande valore fra i quali, con funzione di coordinatore, un prestigioso ingegnere docente universitario, che ha progettato in Sicilia numerosi
porti turistici. Alla luce delle suesposte
considerazioni l’inutilità della denuncia
alla Guardia di finanza appare di un’evidenza solare anche alla persona più
sprovveduta. Perché allora la denuncia è
stata presentata?
Con l’occasione La ringrazio e porgo il mio deferente ossequio.
Riposto, 12 febbraio 2014.
Carmelo D’Urso
consigliere comunale
di Giarre
Randazzo: “cartella pazza”? No!
Notificata al sindaco Mangione una maxi
richiesta di circa un milione di euro relativa
alla ricostruzione del dopoguerra
I
l Settantesimo anniversario
dai bombardamenti Alleati
del luglio-agosto 1943 contro la città di Randazzo – che ridussero in un cumulo di macerie il pregevolissimo patrimonio
architettonico di origine medievale –, nei giorni scorsi, ha riservato alla “sfortunata” comunità un’amara notizia. Infatti, si
è tanto parlato di una cartella di
pagamento, di circa un milione
di euro, notificata al sindaco
Michele Mangione a conclusione di un’ingarbugliata e macchinosa istruttoria contabile e amministrativa
che preoccupa non poco gli amministratori
locali ma, soprattutto, i malcapitati cittadini
che temono una stangata per le nuove imposizioni fiscali che potrebbero gravare sulle
loro tasche. La notifica dell’esoso fardello – a
dir il vero – non è arrivata al Municipio di
sorpresa, né si tratta di una “cartella pazza”.
In tempi, come quelli attuali, caratterizzati da
una grave crisi finanziaria, lo Stato tenta di
far quadrare i conti raggranellando ogni “briciola” disponibile. L’ingiunzione di pagamento di euro 964.336,23, emessa da Riscossione Sicilia Spa su incarico della Ragioneria
territoriale dello Stato di Catania, si riferisce
all’estinzione di un annoso debito – oggi
comprensivo d’interessi di mora e altre spese
– contratto dal Consiglio comunale nel 1949
per finanziare l’esecuzione di opere pubbliche inerenti all’attuazione del “Piano di ricostruzione”, progettato dal Prof. Ing. Giovanni
Rizzo nel 1946.
Sì! Ancora una volta loro, i bombardamenti Alleati del 1943 che unitamente alla ricostruzione postbellica, a pieno titolo, possono essere considerati per Randazzo – senza
tema di smentita – la più grande sciagura di
tutti i tempi.
Il debito erariale pendente, cui oggi lo
Stato chiede l’immediato rimborso, fu concesso dal Ministero dei lavori pubblici ai sensi dell’art. 15 della legge 27 ottobre 1951, n.
1402 e si riferisce alla tranche finale (lotti
VII, VIII e IX) di un maxi finanziamento di
più progetti. Tale onere fu originariamente
garantito e pagato dal Comune con l’imposizione di una sovrattassa sui terreni e sui fabbricati e dalle imposte di consumo. La prima
parte del finanziamento (lotti I-VI) fu estinta
dal 1970 in poi, mentre i rimanenti lotti (VII,
VIII e IX) non sono mai stati saldati. Con il
finanziamento in questione furono realizzati i
seguenti lavori: sistemazione via Tagliamento (da piazza Tutti i Santi a piazza Rabatà),
realizzazione via Salemi, P. S. Mattarella e
piazza Vagliasindi, proseguimento di via Basile, realizzazione via IV Novembre (da via
Galliano a via Turati), sistemazione piazza
XI Bersaglieri, via Veneto e piazza Loreto,
completamento vie IV Novembre e Basile,
sistemazione delle vie Portale, Archimede,
Turati, Magro, Lombardia e Papotto. Stante
la documentazione, le somme cui lo Stato ha
intimato il recupero forzoso riguarderebbero
il ripristino di opere comunali diverse da
quelle danneggiate o distrutte dagli eventi
bellici, il che aggraverebbe la posizione del
Comune.
È evidente che, negli anni, in questa vicenda si sono commessi diversi errori. Innanzitutto, non c’è stata chiarezza da parte dell’amministrazione statale, né c’è stato rigore
da parte delle amministrazioni comunali e dei
burocrati che nel tempo, verosimilmente,
hanno sottovalutato la grave situazione debitoria nei confronti dell’erario; complice, probabilmente, la ristrettezza delle risorse finanziarie dell’Ente che non ha consentito di
prendere una decisione risolutiva. Lo Stato e
la Regione Siciliana, dal canto loro, da sempre, sono rimasti insensibili alle suppliche invocate dal Consiglio comunale e dagli amministratori che fin dagli anni Cinquanta hanno
rappresentato la difficile situazione, tanto dei
danni causati dalla guerra, quanto dalla mancanza di reddito per la popolazione e di gettito fiscale per l’ente.
Del debito che oggi è stato iscritto a ruolo, si iniziò ad avere contezza tra il 1995 e il
2000, quando la Direzione provinciale del tesoro trattenne coattivamente dai trasferimenti
dello Stato la somma di euro 34.386,52. Nel
1995, il debito ammontava a euro 599.856,29
mentre nel 2004, dopo alterne vicende, accrebbe a euro 737.064,02. Il 9 marzo 2000, il
Comune fece richiesta, tanto al Ministero del
Tesoro, quanto all’ufficio provinciale del Tesoro di Catania, affinché il debito fosse totalmente abbuonato o, in subordine, ulteriormente rateizzato a lunga scadenza. Tuttavia,
nonostante le richieste, al comune non è pervenuta mai nessuna risposta. Il 13 agosto
2003, l’argomento dell’estinzione del debito,
mediante esenzione, fu oggetto di una mozione presentata in Consiglio comunale dall’ex
consigliere Mariano Caggegi. La mozione
impegnava l’amministrazione a intraprendere ogni utile iniziativa affinché la situazione
debitoria fosse definita mediante abbuono.
Da indiscrezioni trapela che il Comune,
oggi, non è in grado di quantificare l’esatto
importo eventualmente dovuto all’erario,
poiché il flusso di denaro derivante dall’originario finanziamento non transitò dalle casse del Comune. Infatti, la contabilità con i relativi pagamenti a favore delle imprese appaltanti, nel tempo, fu curata direttamente dal
Genio Civile di Catania. Pertanto, l’ente,
benché fosse titolare del debito, non ebbe
nessun controllo, diretto o indiretto, ma si limitò solamente a presentare i progetti per ottenere il finanziamento. La materia risulta
complessa ed estremamente delicata per il
comune e presenta delle criticità difficilmente superabili senza un intervento di natura politico-amministrativa e legale.
«Sicuramente – afferma l’ex sindaco Ernesto Del Campo – è stato un errore pensare
di potere definire la questione esclusivamente per via amministrativa. Durante i miei due
mandati – rileva l’ex Sindaco – il dirigente
dell’ufficio di ragioneria ha tentato più volte
di concordare le possibili soluzioni con i funzionari del Ministero recandosi a Roma e ricevendo qualche rassicurazione verbale». In
realtà, questi “viaggi della speranza”, di volta
in volta, hanno fatto rientrare temporaneamente l’emergenza senza che, tuttavia, il Comune ottenesse provvedimenti ufficiali dal
Ministero circa possibili dilazioni del debito
o altri interventi. Ciò sino alla fine del 2012,
quando fu notificata, all’allora sindaco Del
Campo, un’ingiunzione di pagamento che,
non essendo stata impugnata, ha comportato
il consolidamento dell’attuale credito vantato
dallo Stato.
«Oggi, alla luce degli ultimi sviluppi, –
dichiara l’ex sindaco Del Campo – si può affermare che il fatto di non essere intervenuti
con forti pressioni politiche è stata un’ingenuità. Ovviamente – conclude – si deve recuperare e tentare ora un intervento “politico”
molto forte, anche perché nel frattempo le
condizioni finanziarie dei comuni sono mutate e Randazzo non può permettersi di far
fronte all’ingente richiesta di pagamento, al
di là della possibile legittimità dello stesso».
Il sindaco Michele Mangione, intanto, ha
già conferito a un legale di fiducia il mandato
per opporsi al pagamento della cartella: «Siamo di fronte ad un colmo – dichiara –: uno
dei centri abitati maggiormente distrutti dai
bombardamenti aerei del secondo conflitto
mondiale chiamato a pagare i costi della ricostruzione, dopo aver già pagato in termini
di vite umane ed enormi danni materiali tra i
quali monumenti architettonici, beni archivistici, librari e archeologici d’inestimabile
valore. Se poi si pensa – rimarca il Sindaco
Mangione – che la città di Randazzo è stata
insignita della medaglia d’argento al valore
civile, proprio per i danni di guerra, siamo
all’assurdo».
Pertanto, ci sarà un contenzioso e il sindaco Mangione vorrà raggiungere l’obiettivo
dell’estinzione del debito puntando anche sul
valore della medaglia d’argento al Merito Civile, conferita dal Presidente Ciampi il 25
gennaio 2005, al termine di una pratica avviata dall’ex sindaco Salvatore Agati: «Tenteremo – dichiara ancora il Sindaco Mangione – anche un’azione politica che faccia notare ai più alti vertici istituzionali le peculiarità di Randazzo e della sua storia durante la
seconda Guerra Mondiale. In merito, ho già
reso noto ad alcuni membri del Governo la
questione e non escludo di scrivere pure al
Capo dello Stato. Certo, una maggiore solerzia amministrativa in occasione delle richieste “bonarie” avanzate dallo Stato negli ultimi anni, anche se in maniera discontinua, ci
avrebbe forse visto oggi in una posizione più
favorevole».
Gaetano Scarpignato
> S E T T I M A N A L E IDG
alcantara
di Giarre
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
7
«Giù le mani dall’ospedale di Taormina!»
Un appello che il politico e sindacalista di Giardini Naxos, Giuseppe Russo, ha rivolto al Governatore Crocetta ed
all’assessore regionale alla Salute Borsellino, intenzionati a chiudere diversi reparti del nosocomio di contrada Sirina
I
governanti italiani annunciano continuamente “interventi concreti” atti a risolvere i problemi della popolazione da essi amministrata. Ma sta di fatto che,
ormai da alcuni anni a questa parte,
l’unica “concretezza” si vede solo
ed esclusivamente nell’adozione di
provvedimenti che “concretamente” accrescono i disagi per il cittadino. Trattasi di “manovre” che, a
detta dei loro ideatori, dovrebbero
portare ad una riduzione della spesa pubblica; ma il risultato è che finiscono con l’incidere negativamente sui portafogli dei privati, visto che sopprimendo (alla faccia
del decentramento!...) questo o
quel servizio in loco, chi vuol far
valere, ad esempio, i propri diritti
non troverà più la sezione staccata
del Tribunale a pochi chilometri da
casa, ma dovrà dirigersi alla volta
delle lontane città capoluogo affrontando notevoli spese di viaggio
e perdite di tempo. Lo stesso dicasi
per i servizi sanitari che, sempre in
nome del “Dio Risparmio”, dei
“patti di stabilità” e della “spending review”, starebbero per essere
ridimensionati anche nel comprensorio di Taormina (che, tornando
all’esempio di prima, è stato recen-
temente “scippato” del proprio Tribunale).
In pratica, nell’ottica della
spietata logica del risparmio e della
razionalizzazione, la Regione Siciliana sarebbe in procinto di accorpare (ossia chiudere) diversi reparti
dell’ospedale taorminese “San
Vincenzo - Sirina”. Tale “inquie-
tante” prospettiva ha messo in allarme il sindacalista e politico di
Giardini Naxos (anche se originario del Comune alcantariano di
Graniti) Giuseppe Russo il quale,
nella sua veste di presidente dell’associazione culturale “Tradizione, Ambiente e Turismo”, ha preso
carta e penna per inviare al presi-
dente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, ed all’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, un’apposita missiva al riguardo.
«L’Ospedale “S. Vincenzo” di
Taormina – scrive Giuseppe Russo
(nel riquadro sulla foto dell’ospedale in questione) – oltre ad essere
punto di riferimento sanitario per
ben duecentomila persone residenti nei numerosi Comuni ricadenti
tra le province di Messina e Catania, insiste in un comprensorio turistico di livello internazionale
che, soprattutto nel periodo estivo,
ospita utenti di tutte le parti del
mondo; tale struttura, pertanto,
rappresenta anch’essa, insieme all’offerta turistica, una cartina al
tornasole importante delle nostre
capacità di accoglienza e di civiltà.
Eppure tale ospedale è stato realizzato in una zona strutturalmente
inadeguata (carente di parcheggi e
strade d’accesso) per il miglioramento della quale le varie autorità
si sono in questi anni prodigate a
promettere interventi e potenziamenti, salvo poi, come apprendiamo da recenti notizie di stampa,
predisporre l’“intervento concreto” della… soppressione, nel nosocomio in questione, di diversi servizi essenziali. Sarebbe, invece, opportuno che i risparmi e le razionalizzazioni andassero ricercati
altrove, e non in ciò che serve a garantire la soddisfazione dei diritti
fondamentali del cittadino: la gestione “trasparente ed oculata”
deve innanzi tutto passare dall’eliminazione dei veri sprechi, a co-
minciare dalla riduzione del numero dei parlamentari e dei rispettivi
portaborse e dall’eliminazione di
quegli “stipendifici” che sono le
Regioni. E tutti coloro che sperperano denaro pubblico (parlamentari, assessori, funzionari di partito, ecc.) non vanno semplicemente
arrestati (per poi, magari, essere
scarcerati…), ma occorre anche
procedere alla più utile confisca
dei loro beni, altrimenti il popolo
italiano continuerà ad essere privato di quei soldi sperperati e che,
invece, si sarebbero dovuti impiegare in servizi ed interventi utili alla collettività. Per quanto sin qui
considerato, oltre che nella sensibilità del Governatore e del suo assessore alla Salute, confido anche
in un impegno serio ed efficace dei
sindaci del territorio direttamente
interessato ed, in particolare, di
quelli di Taormina, Giardini Naxos
e Castelmola».
Si apprende, intanto, che martedì prossimo (18 febbraio) l’assessore alla Salute, Borsellino e la
Commissione Regionale Sanità saranno a Taormina per discutere con
gli amministratori comunali sulle
sorti del locale presidio ospedaliero.
Rodolfo Amodeo
Francavilla: il “suicidio”
del Consiglio Comunale
Prove di dialogo
tra renziani e grillini
Le valutazioni del capogruppo della maggioranza relativa,
Giuseppe Di Natale, sulla probabile decadenza del civico
consesso ed i suoi “j’accuse” contro gli esponenti
delle opposizioni che l’avrebbero “immotivatamente”
determinata rifiutandosi di votare il Bilancio 2013
Il Circolo “Big Bang” di Francavilla di Sicilia
ha affidato all’attivista del M5S Antonino Immesi
il compito di risollevare le sorti dell’artigianato
e del commercio nella cittadina dell’Alcantara
N
on essendo più in vita il
compianto ex sindaco Salvatore Puglisi, il dirigente
delle Poste in pensione Giuseppe Di
Natale (“Peppuccio” per gli amici)
è sicuramente l’attuale decano della
politica francavillese avendo frequentato il Palazzo di Piazza Annunziata sin da quando portava i
calzoni corti, rivestendo, nei vari
decenni, i ruoli istituzionali di consigliere comunale, assessore e vicesindaco. Adesso ricopre la carica di
capogruppo consiliare della maggioranza (ormai relativa), anche se,
pure per lui, le ore potrebbero essere contate visto che il civico consesso della cittadina dell’Alcantara è a
serio rischio di scioglimento non
avendo approvato il Bilancio 2013,
nemmeno nella recente seduta appositamente convocata da un commissario “ad acta” inviato dalla Regione Siciliana. E quella “maledetta
sera” dell’appena trascorso mese di
gennaio ha costituito per l’ex democristiano Di Natale (nella foto) il
momento forse più amaro della sua
lunga vita politica.
«Essere protagonista e testimone diretto della fine della democrazia nel nostro Comune – dichiara
indignato il capogruppo di “Per
Francavilla – Monea Sindaco” – mi
ha profondamente rattristato. Anche perché si è trattato di un vero e
proprio “suicidio”, visto che è stata una parte di noi consiglieri comunali ad impedire, senza alcun
valido motivo, l’approvazione dello
strumento finanziario, determinando, così, il probabile scioglimento
dell’organo rappresentativo dei cittadini francavillesi».
- Perché parla di una bocciatura del Bilancio “senza alcun valido motivo”?
«Essenzialmente perché, nella
fase in cui eravamo giunti, quanto
portato in aula dal commissario regionale (che ha semplicemente ratificato il Bilancio predisposto dall’Amministrazione Comunale) non
poteva più essere emendato; tanto
valeva, dunque, approvarlo anziché
paralizzare i servizi erogati alla
cittadinanza (mensa scolastica, assistenza domiciliare, ecc.) ed, addirittura, provocare la “morte” dell’intero organo consiliare eletto
appena un anno e mezzo fa. In ogni
caso, la richiesta di rinvio della seduta per ulteriori approfondimenti,
avanzata da alcuni colleghi consiglieri appartenenti a gruppi diversi
dal mio, la si sarebbe potuta approvare, visto che in aula gli avversari
dell’Amministrazione Monea sono
in maggioranza (otto contro sette);
ma, alla prova del voto, le due opposizioni non si sono ritrovate compatte e, pertanto, nessuno ci venga
adesso a dire che siamo stati noi
della cosiddetta “maggioranza relativa” ad aver “ucciso” la democrazia a Francavilla: ognuno si assuma le proprie responsabilità!».
- Ma, prima di approdare a
questo “tragico epilogo”, i consiglieri comunali dei vari schieramenti erano stati messi nelle condizioni di poter avere voce in capitolo nella formulazione del Bilancio?
«Certamente! Nell’arco del
trascorso autunno sono state convocate tutta una serie di riunioni di
commissioni e di conferenze dei capigruppo dedicate proprio al Bilancio ed agli atti propedeutici a quest’ultimo (tra cui il Piano Triennale
delle Opere Pubbliche). Ma a chi
preferisce fare politica stando in
piazza o al bar anziché andare a
documentarsi, a discutere ed a confrontarsi nelle opportune sedi istituzionali, non è poi consentito lamentarsi di essere stato estromesso
dalle decisioni e dalle scelte».
- E’ vero che, nei giorni precedenti alla “drammatica” seduta
sul Bilancio, gli esponenti dei due
gruppi consiliari d’opposizione
avrebbero voluto incontrarsi con
il commissario regionale e che tale possibilità sarebbe stata loro
negata?
«Per quanto mi riguarda, poiché, a differenza di “altri” colleghi
consiglieri, sono avvezzo a frequentare la casa municipale, non ho
avuto alcuna difficoltà ad incontrare il commissario ed a discutere
con lui. Lo stesso avrebbe potuto
fare qualunque altro consigliere
comunale. Ma, a quanto ho capito,
coloro che si lamentano si sono rivolti ad “interposte persone”, che
del commissario non sono certo i
“segretari particolari” e che, come
tali, non hanno titolo per prenotare
appuntamenti ed incontri con tale
funzionario regionale. Anche in
questo caso, dunque, noi consiglieri della maggioranza relativa (o
“moneiani fedelissimi”, come siete
soliti etichettarci voi giornalisti…)
respingiamo ogni addebito».
- Ma, secondo lei, il Consiglio
Comunale di Francavilla decadrà
veramente?
«Non so se il commissario regionale possa avere una qualche
discrezionalità in materia, nel senso di poter convocare una nuova
seduta per esperire un estremo tentativo di approvazione del Bilancio.
So solo che, dovendoci rigorosamente attenere al dettato della normativa vigente, il civico consesso
francavillese si è autodistrutto con
le proprie mani».
R.A.
Da sinistra: Antonino Immesi, Giuseppe Vaccaro e Roberto Buemi
U
no “scossone” alle logiche politiche tradizionali: è quello che dichiara
di voler dare Matteo Renzi, neo
segretario del Partito Democratico, il cui esempio viene seguito
dalla rete di associazioni culturali “Big Bang” da lui fondata ed
articolata in diversi Circoli territoriali. E quello di Francavilla di
Sicilia, costituitosi qualche mese
fa e guidato dal giovane coordinatore Giuseppe Vaccaro, non
sfugge a questa “regola”.
Nei giorni scorsi, infatti, tale
Circolo si è dotato di quattro “tavoli di lavoro” tematici, per
ognuno dei quali è stato designato un referente tenendo conto
delle rispettive esperienze professionali e delle competenze
personali anziché (come la cosiddetta “vecchia politica”, invece, vorrebbe) della vicinanza a
questo o a quell’altro “ambiente”.
Per il tavolo che dovrà occuparsi di “Artigianato, Commercio e Promozione”, ad esempio,
il “Big Bang” francavillese ha
nominato come referente il noto
artigiano restauratore Antonino
Immesi, il quale non ha mai fatto
mistero di essere un attivista del
“Movimento 5 Stelle”, che per il
“rottamatore” fiorentino non nutre eccessive simpatie. Il maestro
Immesi si è, quindi, premurato a
diramare una nota di chiarimento
al riguardo.
«Sono stato invitato ad una
pubblica riunione del nuovo Circolo “Big Bang” di Francavilla
di Sicilia – precisa Antonino Immesi – nel corso della quale associati e non, riconoscendomi
competenze e qualità, mi hanno
pregato di rivestire l’incarico di
responsabile del tavolo attinente
ai settori di cui quotidianamente
mi occupo. E devo dire che tutti,
a cominciare dal coordinatore
Vaccaro, hanno accettato la
condizione da me categoricamente posta, ossia quella di rimanere un libero cittadino francavillese non iscritto né al Circolo “Big Bang” e né al Pd. Il
regolamento del M5S, del resto,
non vieta affatto di confrontarsi
con altre forze politiche, ma anzi
ci consente di lavorare insieme
ad esse per il perseguimento del
bene collettivo. Questo perché
fare politica non significa dialogare solo tra individui che la
pensano alla stessa maniera: viceversa, un vero ed effettivo
cambiamento si può ottenere
confrontandoci tutti insieme e
con le nostre diversità al fine di
innescare delle virtuose sinergie
in grado di incidere nella realtà
e, nel caso che mi riguarda, nel-
l’asfittica economia francavillese, che versa in condizioni oltremodo critiche».
La nota di Antonino Immesi
è stata subito commentata da Roberto Buemi, dirigente del Circolo “Big Bang” di Francavilla di
Sicilia in qualità di tesoriere.
«Come ha già ufficialmente
dichiarato il coordinatore Giuseppe Vaccaro – sottolinea Buemi – la nostra associazione intende stimolare la partecipazione alla vita pubblica di quanta
più gente possibile, al di là delle
appartenenze politiche. Ed il nostro Statuto tende a favorire effettivamente la meritocrazia,
consentendoci di affidare ruoli
di responsabilità anche a personalità, come Antonino Immesi,
non iscritte a questo Circolo né a
qualsivoglia partito, ma che
hanno dimostrato professionalità, competenza ed interesse per
la comunità in cui viviamo. E visto l’attuale andazzo della politica locale, oggi più che mai si avverte la necessità di creare a
Francavilla un clima di dialogo,
superando le vecchie contrapposizioni, più personali che ideologiche».
R.A.
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> S E T T I M A N A L E IDG
attualità
N. 4 • Sabato 15 Febbraio 2014
Ricomincerà la politica?
L
Giardini Naxos: nuova linfa al Consiglio comunale con la surroga
del consigliere decaduto cui subentra Nino Bonavenutara
’anno 2010 fu un anno
politicamente straordinario per la città Patria
di Tisandros, l’eroe
naxiota, vincitore di
ben quattro olimpiadi.
Fu l’anno della svolta: l’anno che vide il trionfo del candidato a sindaco,
Nello Lo Turco, vincitore assoluto
nelle competizioni elettorali del maggio 2010. La sua affermazione alimentò la speranza dei giardinesi per
un domani migliore e, soprattutto, più
produttivo, dopo anni di stasi amministrativa e inattività. Nello Lo Turco
era riuscito ad annullare gli avversari,
conquistando un voto su tre: una affermazione mai vista. Anche se non
era una faccia nuova nella politica
paesana, era riuscito a convincere e,
convincendo, vincere. E la città cominciò a sperare.
Ma la vita amministrativa non fu
facile. Non tutto andò liscio. L’Amministrazione appena nata fu scossa
da uno scandalo: il primo degli eletti,
nella lista vincitrice, la lista del Sindaco Lo Turco, venne coinvolto in
uno scandalo di tangenti. Inquisito,
venne arrestato e condannato per concussione. L’Amministrazione riuscì a
sopportare lo scandalo, ma il Consiglio fu privato di uno dei suoi consiglieri. Per quasi tre anni il Civico
consesso di Giardini Naxos ha operato con un consigliere in meno. Il con-
sigliere condannato non è stato ancora surrogato.
È stato sempre un Consiglio vivace, non sempre omogeneo e disciplinato nelle determinazioni dove maggioranza e minoranza, spesso, si sono
confuse, stampellandosi a vicenda,
generando dubbi e perplessità. Un
Consiglio comunale anomalo, dove
non è stato facile, per un osservatore
obiettivo ed imparziale, capire dove
finiva la maggioranza e dove cominciava la minoranza. Scontri e prese di
posizione individuali si sono avuti,
specialmente, quando l’argomento da
discutere riguardava “concessioni
edilizie e lottizzazioni”.
Non sempre è stato facile individuare chi fossero i difensori dell’am-
biente, del territorio, del paesaggio e
chi, invece, vista la mancanza di lavoro causata dalla crisi che ha investito il mondo, era per una più larga
interpretazione delle disposizioni che
regolano e disciplinano l’edilizia paesana. Tre anni passati con consiglieri,
spesso litigiosi, che hanno, a volte,
paralizzato la vita amministrativa del
paese.
Ora le cose stanno per cambiare.
Finalmente, il consigliere condannato
è stato dichiarato decaduto e potrà essere surrogato. Verrà sostituito dal
geometra Nino Bonaventura, un tecnico nel campo dell’edilizia. La domanda che corre sulla bocca dei giardinesi è questa: quale sarà il comportamento del nuovo entrato? Sposerà
la tesi ambientalista e della protezione del paesaggio e del territorio, già
compromesso quasi in modo irreversibile dagli scempi del passato, o sarà
sensibile ai bisogni lavorativi della
classe operaia ed imprenditoriale,
mostrando disponibilità per una più
ampia interpretazione nel campo delle costruzioni?
Fino ad ora, maggioranza e minoranza si sono scambiati i ruoli, mostrando un ibrido equilibrio, che è stato basato sui voti ballerini di determinati consiglieri. La nomina di Nino
Bonaventura modifica profondamente il comportamento del Consiglio. Il
suo voto sarà determinante nelle lottizzazioni che verranno presentate. Il
futuro di determinate scelte, sempre
rimandate, per la indeterminatezza
della parità, sta ora nel suo voto, il
quale sarà determinante e, quindi,
condizionerà qualsiasi decisione. Il
tempo ci dirà come evolveranno le situazioni.
A Nino Bonaventura, dalle pagine di questo giornale, vogliamo dare
un consiglio: ogni qualvolta ci sarà da
prendere una decisione importante,
mediti, rifletta e ricordi che le esigenze del paese, profondamente martoriato e offeso, sono prioritarie e stanno al di sopra di ogni interesse personale o di schieramento.
Francesco Bottari
“Personne n’est exclu”
All’insegna dell’inclusione sociale
la mostra con gli scatti di Jessica Hauf
che ritraggono azioni teatrali degli
spettacoli di “Néon”, compagnia siciliana
con attori portatori di handicap
G
ià dal titolo “Personne n’est
exclu” (Nessuno è escluso),
un pezzo di Sicilia, dopo
aver oltrepassato l’Italia, è diventata
protagonista di una interessante mostra allestita a Losanna, in Svizzera,
all’insegna dell’inclusione sociale.
Lo scorso 10 febbraio, infatti, nella
città elvetica, è stata inaugurata la
mostra della fotografa svizzera Jessica Hauf che ha per soggetto le azioni
teatrali di alcuni spettacoli quali
“L’incanto”, “Il coraggio è una cosa”
e “Thank you mister Down”. Si tratta
di spettacoli messi in scena, in Sicilia, dalla “Nèon”, l’associazione culturale fondata nel 1989 a Catania da
Piero Ristagno e Monica Felloni, che
ha dato vita al “Teatro delle diversità” e a diverse compagnie tra le
quali «Bagnati di luna–AIPD», gruppo formato in prevalenza da attori
down.
Fino al prossimo al prossimo 10
marzo ci saranno ventitre fotografie,
in formato 50x70, esposte per un mese nella prestigiosa “Ècole d’études
sociales et pédagogiques”, che rega-
leranno ai visitatori uno spaccato fotografico dell’esperienza teatrale, originale e appassionata, di una compagnia che rivela sul palcoscenico la diversità e l’unicità di ogni singolo artista. Durante il periodo di apertura
della mostra, è prevista, inoltre, la
partecipazione degli studenti delle
scuole cittadine e il 17 febbraio sarà
realizzato un collegamento in videoconferenza con Catania, che consentirà ai giovani partecipanti e visitatori
svizzeri di dialogare con Piero Ristagno, Monica Felloni e con gli attori
della compagnia “Bagnati di luna”.
A creare questa cornice davvero
unica per intensità e significato sociale, sono gli scatti di Jessica Hauf, fotografa specializzata, sin dall’inizio
della sua carriera, nel settore dei
grandi eventi culturali. Ha lavorato
per il teatro e per il cinema ed è l’ideatrice di un programma di scuola
per fotografia e una galleria d’esposizione permanente per un gruppo di
giovani rifugiati a Belgrado. Un progetto meritorio che ha ricevuto vari
premi, proprio a sottolinearne la va-
lenza culturale ma, soprattutto, sociale. Dal 2004, si è dedicata anche al
“Teatro delle Diversità”, seguendo
molti lavori teatrali con attori portatori di handicap.
«Questa mostra – ha sottolineato
Jessica Hauf – nasce da tanti anni di
lavoro a fianco di molti giovani portatori di handicap psichici o fisici,
che ho avuto la fortuna di veder crescere in teatro. Ho avuto la possibilità di tastare l’evoluzione di questi
ragazzi e di assistere alla realizzazione di quello che sembrava impossibile. L’opportunità di fotografarli mi
ha permesso di seguirli in questa meravigliosa avventura che è il teatro».
Un traguardo che ha emozionato,
non poco, i fondatori di Néon, Piero
Ristagno e Monica Felloni: «La nostra esperienza teatrale, da sempre, è
volta a creare, attraverso l’arte del
teatro, una cultura basata sul valore
esistenziale dell’essere umano. Ogni
persona, secondo l’originale visione
di Néon, diventa poesia che si manifesta attraverso tutte le forme alle
quali è possibile accedere: corpo, voce, movimento, istinto. Il teatro diventa, quindi, una sorta di scrigno
dal quale è possibile estrarre e scoprire nuove e infinite forme di arte e
di poesia».
Salvatore Rubbino
Due mondi, tra cuori e stelle
Pazzo San Valentino: una scuola rimane chiusa
e università aperta di sera. Ma a tutto c’è una spiegazione
I
l quattordici febbraio è, da sempre, una giornata un po’ particolare. Una data maledetta per tutti i
“diversamente accoppiati”, a cui non
resta che sospirare in attesa di incontrare l’anima gemella. E non è una festa molto più gradita neanche ai portafogli dei mariti e dei fidanzati meno
romantici. Ma a Grammichele, in
provincia di Catania, va meglio agli
oltre 200 alunni che possono beneficiare di un giorno di vacanza.
Rimbalza velocemente sul web la
singolare ordinanza che vede protagonista il liceo artistico “Raffaele Libertini”: a San Valentino l’istituto rimane chiuso, esattamente come se si
trattasse di una data rossa sul calendario. Dietro la decisione del dirigente scolastico Salvatore Inzirillo, però
non c’è l’intenzione di istituzionalizzare la famosa festa degli innamorati,
ma semplicemente buon senso. Di
fronte alle assenze degli studenti che
si sono verificate negli anni passati,
l’istituto ha deciso di utilizzare uno
dei quattro giorni di vacanza annuali
a disposizione delle scuole. E così, fidanzatini e single “vissero tutti felici
e contenti”, verrebbe da aggiungere.
Ma come spiegare invece l’apertura serale dell’ex monastero dei Benedettini che ospita oggi il dipartimento (facoltà) di Lettere, Filosofia e
Lingue? In nome dell’amore? Sì, ma nei confronti del nostro pianeta: per
una sera sono state spente
le luci per aderire alla
campagna di sensibilizzazione “M’illumino di meno”. Giunta alla sua decima edizione, la maratona
nazionale del risparmio
energetico, lanciata dalla trasmissione radiofonica Caterpillar, ha fatto
tappa anche a Catania. Dopo un concerto strumentale in rigorosa penombra, sono state organizzate delle visite guidate all’interno dei sotterranei e
delle cucine dell’antico monastero,
di Giarre
Tessuti di parole
per l’anima
Nel cromatismo bianco dal
riflesso nero vive il “Vestito
zebrato” di Roberta Musumeci
V
ellutate parole tessono tele di liriche
che vestono l’anima con l’antitesi cromatica
per eccellenza. Poesie color bianco, ma dal riflesso
nero. E viceversa. Questo è
il “Vestito zebrato” di Roberta Musumeci.
Il giorno e la notte proteggono strane ed indifese
creature del reale, come il
“Ragno cavato”, immobili
“Giraffe” di pelouche, o un
“Topolino” impaurito, che potrebbero benissimo abitare le
pagine del celebre “Alice nel paese delle meraviglie” di
Lewis Carroll. Ed indifeso è l’animo della poetessa, immersa
nelle problematiche del quotidiano, tra sinusoidali alti e bassi, piccoli momenti di forza ed altrettanti di debolezza, tipici
dell’essere uomo “(…) Dovrei darti più sicurezza / smettere
di essere gelosa // Per oggi / posso solo girarti / lo zucchero
nel caffè”.
C’è tutto un vissuto, un vivente ed un vivere in divenire,
tra le pagine di questa silloge: un’esplorazione a 360 gradi
del globo terrestre e delle esperienze che gravitazionalmente
ne fanno parte, problematiche socio-politiche incluse, come
in “Annunciazione” (“Seduti / davanti alla TV / attendiamo /
che durante la pubblicità / venga annunciato / il nostro prossimo nemico (…)”), o in “Laureati” (“Siamo stati illusi / di
essere in difetto / se privi di certificazione (…)”), dalla quale
emergono le “attese tradite”.
Si sfiora e poi si penetra la sfera dei rapporti interpersonali come in “Scuse accettate” ed “Amicizia strisciante” dall’incisivo incipit (“Con solenne investitura / venni eletta /
destinataria / di inusuali confidenze / malcelate in sorrisi irriverenti / e scandite da notifiche / invadenti (…)”).
Manipolazioni, un tempo alchemiche, si convertono alla
tecnologia (“Ho comprato potenti lampadine / per ricreare
il giorno di notte // Soli artificiali / che scacciano pazzie notturne (…)”). Ed i “Castelli in aria” della Musumeci, non sono i comuni castelli di sabbia che il vento solleva da terra e
distrugge, bensì sofisticate ed eleganti opere di ingegneria
edile nel segno dell’unicità “Ho costruito / castelli in aria /
con decori / barocchi // Progettati / da architetti / viziosi e
ambiziosi (…)”.
La poetessa, dunque, si mette a nudo vestendo unicamente di bianco e nero, con motivo zebrato, attraverso cui
può penetrare solo la sensibilità di chi osserva con minuzia
dalla lente di un microscopio e non da quella di un cannocchiale. Quest’ultimo può servire ad osservare la luna, certamente, ma occorre prima conoscere le piccole cose, quelle
più intime, per poi apprezzare appieno la grandezza degli
astri.
È così che si offre alla poesia Roberta Musumeci con l’opera prima “Vestito zebrato”, edita da Prova d’Autore. La
silloge è stata presentata lo scorso 19 gennaio, nello splendido e gremito “Salone degli Specchi” del Palazzo di Città di
Giarre, dalla dott.ssa Renata Governali, dalla prof.ssa Francesca Taibbi, e dal direttore letterario della stessa Casa Editrice, il prof. Mario Grasso, che ha curato anche la prefazione
della silloge. Alcune liriche del libro sono state lette dalla
stessa autrice e dalla dott.ssa Lucia Marino.
Francesco Foti
C
ontinuerò
a crescere
con illuminazione a “impatto zero”.
Perché, spegnere per una sera le luci,
può essere utile per ”risparmiare” alla
nostra cara terra una quantità ingente
di CO2. O per creare l’atmosfera giusta per esprimere tutti i propri sentimenti romantici.
Antonio Percolla
Dipingo il tuo viso con le mie parole,
i tuoi occhi sono pieni di colori.
Voglio respirare il tuo amore,
per poter percorrere le strade,
che ci sono dentro di te.
Con il profumo della mia terra,
continuerò a crescere…
e non smetterò mai di guardare il mare.
Vito Cutuli
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Gazzettino 15-02-2014