Corso di “Tecniche per le Energie Rinnovabili”
Prof. Giorgio Raffellini
A.A. 2004 - 2005
RACCOLTA DEGLI APPUNTI DELLE LEZIONI
DEL CORSO
(Rivisti dal Docente nel Gennaio 2005)
3° parte
1
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LE CELLE FOTOVOLTAICHE..........................................................................................3
13.1 Aspetti economici ............................................................................................................3
13.2 Incentivi...........................................................................................................................3
13.3 La progettazione fotovoltaica integrata.............................................................................4
13.4 Esempi di integrazione del sistema fotovoltaico in facciata ..............................................6
13.5 Esempi di integrazione sulle coperture .............................................................................7
13.6 Esempi di impianti fotovoltaici integrati :.........................................................................7
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ENERGIA EOLICA ed IDRAULICA..................................................................................8
14.1 Generalità. .......................................................................................................................8
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ENERGIA DALL’ACQUA ...............................................................................................11
15.1 Energia dall’acqua di mare.............................................................................................11
15.2 Energia dalle maree :......................................................................................................11
15.3 Energia dall’acqua dolce ................................................................................................16
15.4 Classificazioni delle Centrali..........................................................................................17
15.5 Quadro sintetico della tecnologia, degli impianti e delle macchine .................................18
15.6 Applicazioni...................................................................................................................19
15.7 Potenzialità ....................................................................................................................20
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ENERGIA GEOTERMICA (= calore dalla terra)...............................................................20
17
IDROGENO E FUEL CELLS............................................................................................22
17.1 CONSIDERAZIONI GENERALI..................................................................................22
17.2 ELENCO PROCESSI PER LA PRODUZIONE DELL’IDROGENO.............................23
17.2.1 FONTI FOSSILI ....................................................................................................23
17.2.2 FONTI RINNOVABILI .........................................................................................24
17.3 Tecnologie fotobiologiche..............................................................................................28
17.4 Tecnologie fotoelettrochimiche ......................................................................................28
17.5 STOCCAGGIO E TRASPORTO DELL’IDROGENO...................................................29
17.6 DESCRIZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA CELLA A COMBUSTIBILE............31
17.6.1 PRINCIPALI TIPI DI CELLE................................................................................32
17.7 COSTI ...........................................................................................................................36
17.8 RICERCA E SVILUPPO ...............................................................................................37
18
POMPE DI CALORE ........................................................................................................39
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13
LE CELLE FOTOVOLTAICHE
La conversione della radiazione solare, in parte diretta in parte diffusa, in una
corrente di elettroni avviene nella cella FV. Essa è costituita da un sottile strato,
compreso tra 0,25 e 0,35 mm, di materiale semiconduttore, molto spesso silicio,
mono o policristallino, che è l’elemento più diffuso in natura, dopo l’ossigeno. La
fetta di silicio viene poi di norma intrinsecamente drogata, mediante l’inserimento
nella struttura cristallina di atomi di boro. Una faccia dello strato viene invece,
drogata per diffusione ad alta temperatura, con piccole quantità di fosforo.
Nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio quando la cella è esposta
alla luce, si generano delle cariche elettriche, in misura tanto maggiore quanto più
elevato è l’irraggiamento solare e, se le due facce della cella sono collegate ad un
utilizzatore, si avrà in esso un flusso di elettroni sotto forma di corrente elettrica
continua.
La cella solare, generalmente quadrata, ha una superficie compresa tra 100 e 225 cm2.
Il monocristallino ha un rendimento del 15-17%, il policristallino del 12-14%.
13.1 Aspetti economici
Costo del kWh elettrico da fotovoltaico – Costo medio livellato dell’unità di energia
elettrica.
Il metodo utilizza, per il calcolo del costo attualizzato del kWh, l’espressione:
CkWh = (Ci . A + Cm) / N
In cui: A è il fattore di attualizzazione dell’investimento; Ci è il costo
dell’investimento; Cm è il costo annuale di manutenzione; N è il numero di kWh
prodotti dall’impianto in un anno.
Il fattore A di attualizzazione del costo dell’impianto dipende dalla durata t
dell’impianto, oggi stimata in 30 anni, e dal tasso di interesse reale r, cioè depurato
dal tasso di inflazione, qui posto pari al 3%, ed è valutabile mediante l’espressione:
A = r / 1 – (1 + r) -t
L’onere manutentivo Cm è stimato, sulla base dell’esperienza tratta dall’esercizio di
impianti sperimentali, come pari allo 0,75% del costo dell’impianto /anno. Dal
calcolo risulta:
- Famiglia tipo C kWh = 650 lire/kWh, iva esclusa
- Ufficio C kWh = 580 lire/kWh, iva esclusa
13.2 Incentivi
La principale barriera che rende oggi difficile la diffusione delle applicazioni
fotovoltaiche è costituita dagli elevati costi iniziali.
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Le applicazioni fotovoltaiche , se non supportate finanziariamente, trovano allo stato
attuale della tecnologia, convenienza economica e quindi possibilità di utilizzo solo
laddove l’energia elettrica non è a disposizione (es. isole, luoghi isolati, ecc..).
Risultano perciò necessari degli interventi pubblici che, riconosciutone il valore
sociale, incentivino l’adozione di tali sistemi, incoraggino le aziende a trovare nuove
soluzioni tecniche di processo e di prodotto.
Casi di retrofit: impianti fotovoltaici o sistemi misti che utilizzano il surriscaldamento
delle parti fotovoltaiche. Esempio : edificio per uffici a Berlino che usa il fotovoltaico
ai marcapiani, esposizione ottimale a sud. Oppure si può optare per una soluzione
mista: pareti di celle fotovoltaiche e vetro a bassa emissività; queste celle possono
essere anche policrome.
La sperimentazione si ha soprattutto sugli edifici scolastici con programmi di
incentivazione all’uso del fotovoltaico.
13.3 La progettazione fotovoltaica integrata
Recenti studi effettuati nei laboratori di ricerca in Giappone, hanno dimostrato che gli
attuali moduli fotovoltaici sono in grado di funzionare addirittura per cento anni;
installare un sistema fotovoltaico significa quindi acquistare in anticipo l’energia
elettrica che si utilizzerà nei prossimi decenni. Considerando quindi la lunga durata di
vita dei sistemi solari fotovoltaici e i reali costi e quelli ambientali dell’energia da
fonte tradizionale, il fotovoltaico è una tecnologia rinnovabile ancora più
interessante.
La progettazione architettonica per l’integrazione della tecnologia fotovoltaica in
edilizia rappresenta un passo importante che potrà rivoluzionare la concezione
dell’edificio che diventa strumento di produzione diretta di energia.
I continui progressi dell’industria fotovoltaica, consentono di realizzare moduli con
dimensioni sempre più simili ai componenti edilizi standard, come i componenti
strutturali dei moduli, realizzati in vetro, in metallo o materiale plastico, acquisendo
così una elevata caratteristica estetica e funzionale di integrabilità architettonica.
L’integrazione architettonica di un impianto fotovoltaico ha i seguenti vantaggi:
- Se l’impianto è parte integrante dell’edificio, i costi della sua struttura di supporto
e del terreno su cui insiste sono già coperti;
- La tecnologia fotovoltaica deve essere considerata come parte integrante
dell’edificio e come tale è migliore il suo funzionamento se associata ad una
corretta progettazione passiva dell’edificio;
- Nel caso di tipologie di integrazione legate anche a soluzioni bioclimatiche, come
i sistemi di ombreggiamento e le facciate ventilate, un componente costruttivo
fotovoltaico può anche incidere direttamente sulla riduzione dei costi di gestione
termica dell’edificio, ad esempio sul raffrescamento artificiale;
- Esiste un beneficio economico particolarmente interessante per gli edifici ad uso
commerciale, il consumo della maggior parte dell’energia richiesta avviene
durante il giorno, quando questa è più costosa;
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L’energia prodotta dal fotovoltaico fa risparmiare i costi di picco dell’equivalente
elettricità acquistata dall’ente erogatore. Inoltre l’elettricità prodotta in eccedenza
potrà essere ceduta dal proprietario all’ente erogatore e riacquistata all’occorrenza
in fasce più economiche, come quelle serali e notturne;
- I sistemi fotovoltaici connessi alla rete sono più economici di quelli non connessi
non dovendo essere supportati da batterie e la corrente viene generata sul posto
ove viene consumata.
Nei sistemi connessi alla rete gli impianti fotovoltaici operano in parallelo con la
rete di distribuzione elettrica, cosicchè una eventuale maggiore domanda di
energia se non coperta dall’impianto fotovoltaico è coperta dalla rete di
distribuzione elettrica.
- Esiste infine una componente sociale che caratterizza questo nuovo modo di
produrre energia: i generatori fotovoltaici convenzionali sono di solito di
proprietà di enti erogatori che vendono elettricità ai loro clienti. Il fotovoltaico
integrato alla costruzione invece, appartiene al proprietario dell’edificio.
L’energia prodotta è integralmente di sua proprietà e sarà in buona parte utilizzata
direttamente dalle sue utenze. In tal modo si creano i presupposti per un nuovo
concetto di produzione locale di energia, una sorta di distribuzione capillare del
sistema produttivo composto da medi, piccoli e piccolissimi generatori
fotovoltaici strettamente integrati negli elementi edilizi e nelle infrastrutture
urbane.
Gli elementi che costituiscono un impianto fotovoltaico sono i moduli. La selezione
dei moduli, le sue caratteristiche estetiche in termini di geometria, dimensione,
colore, sistema di montaggio (con telaio o senza), influirà sull’intero aspetto
dell’edificio e sul carattere architettonico dell’intervento. I moduli dovranno essere
generalmente posizionati in modo da evitare ombre che possano ridurre la loro
efficienza.
La forma, il colore e la struttura delle celle e del vetro costituiscono i più importanti
parametri estetici di un modulo. Il bilancio tra la quantità e la qualità del vetro e la
quantità e tipo di celle utilizzate in un modulo fa parte del processo progettuale
diventando rilevante sia per il modulo stesso sia per l’intero edificio. Queste
caratteristiche possono essere utilizzate come elementi di decoro ma anche
funzionali.
Esistono tre generali categorie per integrare i sistemi fotovoltaici negli edifici.
Per prima , l’integrazione nelle coperture che possono sostituire le coperture
tradizionali, sia inclinate che piane, con manti di copertura speciali fotovoltaici
(tegole fotovoltaiche, coperture metalliche con fotovoltaico, ecc.) (fig. 10). La
seconda categoria riguarda l’integrazione dei sistemi di facciata, sostituendo le
facciate vetrate tradizionali con altre integrate con sistemi fotovoltaici (fig. 11), ed
infine l’integrazione con i sistemi frangisole e schermi solari, che potranno essere
posti sia in copertura che in facciata (figg. 12, 13, 14).
-
5
Un corretto utilizzo termico dei moduli fotovoltaici integrati in edilizia, permette di
ottenere una riduzione dei consumi energetici per il riscaldamento invernale e il
raffrescamento estivo.
Il comportamento termico invernale, le caratteristiche di isolamento termico
dell’insieme dei moduli fotovoltaici e delle relative strutture di supporto e sostegno
devono essere tali da garantire una bassa dispersione del calore dall’interno verso
l’esterno. Il comportamento termico estivo è più complesso da valutare di quello
invernale perché oltre alla differenza di temperatura tra ambiente interno ed esterno,
che in genere risulta inferiore rispetto a quella invernale, entra in gioco anche
l’irraggiamento solare, il quale costituisce il contributo più significativo per ciò che
riguarda lo scambio termico.
13.4 Esempi di integrazione del sistema fotovoltaico in facciata
The solar office, Inghilterra : si ha una facciata inclinata che utilizza varie strategie
passive; il fotovoltaico è usato come schermatura e ci sono bocchette d’aria per una
continua aerazione
_ Solar Zentrum, Friburgo : prevede il recupero dell’energia, delle acque piovane e
l’utilizzo di tetti verdi
_ Corinthia Panorama Hotel, Praga : utilizza celle cromatiche a vari colori per
esigenze estetiche
_
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Biblioteca a Matarò, Spagna : la facciata a sud è a doppia pelle; la prima è formata
da celle fotovoltaiche vetro-vetro e la seconda da vetri isolanti. Formano una camera
d’aria da cui l’aria viene immessa nell’impianto di riscaldamento
_
Accademia Mont – Cenis, Germania : la copertura è composta di pannelli
orizzontali e tra fascia e fascia sono inseriti gli elementi per la ventilazione
_ Deposito pompieri : la copertura curva con celle distanziate assicura il fabbisogno
della centrale
_
13.5 Esempi di integrazione sulle coperture
Questi sono più numerosi perché più semplici da progettare, da installare, da aerare.
Si chiama intervento integrato la realizzazione di una copertura fotovoltaica al posto
di quella tradizionale.
Studio a Roma : c’è un sistema di pilastri che regge i pannelli. Le celle sono di due
tipi: opache e semi-trasparenti.
Quelle opache non lasciano passare la luce e quindi vengono messe in opera
distanziate;
quelle semi-trasparenti invece permettono di guardarci attraverso, ma per ora sono
molto care.
Applicazioni frequenti :
_ solai tradizionali: nelle coperture in cotto vengono inserite celle fotovoltaiche, ce
ne sono varie soluzioni in commercio
_ case a schiera: in Inghilterra Bed Zed è un quartiere residenziale dove si usano tetti
verdi e celle fotovoltaiche
_ uffici del Bre in Inghilterra: si hanno torri di dispersione dell’aria calda
13.6 Esempi di impianti fotovoltaici integrati :
In Germania è stata fatta una grande campagna di sensibilizzazione, si può produrre
energia elettrica da vendere alla rete nazionale. Le soluzioni fotovoltaiche possono
essere interessanti in paesi in via di sviluppo non ancora raggiunti dall’energia
elettrica.
Esiste un tipo di celle a film sottile, è composto da vari strati plastificati, si vendono
in rotoli e possono essere messi sul tetto in modo semplice anche inchiodandoli..45
Il Ministero dell’Ambiente dal 2000 ha promosso una grande campagna per
incentivare l’uso del fotovoltaico in edifici pubblici e privati.
_ Municipio di Capannori (Lucca): le celle si trovano sulla parete inclinata, già di suo
orientata a sud-ovest ( orientamento non ottimale ). Nella parte centrale si ha il
recupero del calore con bocchette di aspirazione dell’aria calda che viene poi
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immessa negli uffici più interni. L’angolo ottimale per l’orientamento dei pannelli è
uguale alla latitudine, può oscillare di circa dieci gradi.
_ Scuola a Lucca: i lucernari permettono un accumulo di energia e un aumento di
calore nei corridoi; questi sono anche dotati di aperture verso nord per eliminare il
calore in eccesso durante l’estate
_ Liceo scientifico a Pisa: sono stati realizzati due tipi di intervento: uno sopra il
lucernario, su cui sono stati inseriti i moduli per dare elettricità alla palestra, e l’altro
interessa il fronte sud dove sono stati inseriti elementi frangisole su vari ordini di
finestre
_ Palestra a Livorno: sulla copertura in lamiera sono stati inseriti tre elementi
orientati, diversamente uno rispetto all’altro, per adattarsi alla forma della copertura
_ Ospedale Meyer a Firenze: sul corridoio di collegamento vetrato sono state poste
delle celle ad alta densità in alto e che, man mano che scendono, diventano semitrasparenti e permettono di vederci attraverso
_ Polo Scientifico di Sesto Fiorentino (finanziato dalla Comunità Europea e dal
Ministero dell’Ambiente): la struttura è in travi reticolari con sistema di celle in
silicio mono-cristallino nel grande atrio per dare energia alle aule
_“ Solar Mission “ progetto di un’azienda australiana, sfrutta l’en. eolica e quella
solare. Ogni centrale ha la capacità massima di 200 MW equivalente alla fornitura di
energia a 20000 abitazioni. L’impianto è formato da una torre alta 1 Km sotto a
migliaia di collettori solari.funziona come una gigantesca serra; l’aria sotto i pannelli
viene riscaldata dal sole e convogliata verso il camino per effetto camino. Alla base
della torre c’è una turbina azionata dall’aria calda. Il sistema funziona a pieno regime
anche di notte perché i pannelli solari rilasciano il calore accumulato di giorno.
L’aria riscaldata dentro la serra ha una temperatura maggiore di 35° rispetto a quella
esterna. La serra l’aria si sposa al centro del collettore dove c’e una torre che crea un
tiraggio dell’aria attraverso le turbine che vanno ad azionare en generatore elettrico.
l’aria nella torre raggiunge una velocità di 15 m/s che è ideale per l’impianto eolico.
14
ENERGIA EOLICA ED IDRAULICA
14.1 Generalità.
L’energia eolica e l’energia idraulica sono le prime forme di energia che l’uomo ha
utilizzato , ne sono esempio i mulini a vento (es. Sicilia, Sardegna, Olanda) o ad
acqua (fiumi o torrenti).
Di questi ultimi la città di Bologna ne offre un esempio: durante il 1500 sono stati
portarti in città con canali due fiumi (Reno ed Aposa), canalizzandoli e sfruttando un
certo dislivello presente all’interno della città, consentendo così agli artigiani di
sfruttare la forza dell’acqua come forza motrice per muovere i loro telai per la
tessitura delle sete. Questa energia ha consentito la fortuna degli artigiani e di riflesso
alla città. Le botteghe artigiane di tessitura delle sete, per almeno duecento anni
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famose in Europa, quindi si collocavano al piano terreno, mentre le loro abitazioni
erano al primo piano.
L’ energia idraulica è più facilmente utilizzabile dell’energia eolica perché la portata
di un fiume è pressoché costante e poi perché il peso specifico dell’acqua è circa
1000 volte superiore di quello dell’aria.
Per produrre energia elettrica tramite centrali termoelettriche si hanno emissioni
inquinanti di :
_ CO2 ( anidride carbonica ) ne viene emessa 1000 g / KWh ed è responsabile
dell’effetto serra.
_ SO2 ( anidride solforosa ) se combinata con l’acqua dà origine all’acido solforico
_ NO2 ( nitrato ) se combinato con l’acqua forma l’acido nitrico che insieme
all’acido solforico è nocivo e dà origine alle piogge acide.
Per le centrali eoliche c’è da considerare l’impatto visivo e il rumore, paragonabile a
quello del traffico metropolitano. Quando la velocità del vento è eccessiva per motivi
di sicurezza le pale si mettono fuori servizio.Gli impianti eolici in mezzo al mare si
dicono offshore.
Si elencano, schematicamente, gli elementi caratterizzanti dell’Energia Eolica
CONCETTO BASE: Risorsa che deve essere: 1. Accessibile
2. Tecnicamente utilizzabile
3. Economicamente giustificata
MACCHINE classificabili per:
TIPOLOGIA SOSTEGNO:
DISPOSIZIONE sul TERRENO
o sul MARE
1. Posizione asse di rotazione
2. Numero pale e dimensioni
3. Taglia e potenza
1. Palo acciaio
2. Palo cemento
3. traliccio
1. Quadrato o rombo
2. fila unica
3. file parallele
4. file incrociate (croce di Sant’Andrea)
5. casuale
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ELEMENTI COSTITUTIVI PRINCIPALI:
A. Sostegno
B. Navicella o sistema alloggiamento
C. Sistema orientamento e freno
D. Rotore e sottosistemi
E. Generatore elettrico e connessione rete
F. Controllo sistema.
E’ la trasformazione dell’energia cinetica del vento in energia meccanica, utilizzabile
per la produzione di energia elettrica, per usi vari (pompaggio, mole per macinare).
Di solito ad asse orizzontale
- con alberi di trasmissione (lento, veloce), ingranaggi (moltiplicatori,
demoltiplicatori);
- dispositivi terminali, rotore, gondola o navicella, che è in grado di ruotare, rispetto
al sostegno, per allinearsi istantaneamente alla direzione del vento;
- pale da 1 a 40 m di dimensione, in numero di 2 - ...), che azionano il rotore;
- inerzia del sistema (fermo per venti deboli);
- velocità minima 2,5−3 m/s ( ≅ 8-12 km/h), in genere 5-20 m/s (≅ 18-72 km/h), oltre
i 25 m/s disassamento per sicurezza.
POTENZA RACCOLTA = ½ ρ A ω =
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ρπr 2 ω 3 (c p )
2
cp adimensionale variabile in funzione di:
- posizione asse rotazione;
- taglia;
- n° pale;
- velocità rotore;
- regolazione;
- resa complessiva!
∆ω
varia con H , w/wo = (H/H0)α dove α = 0,1 ÷ 0,4; H > 6m sempre.
E/E0 = (H/H0)3n dove 3n = 0,3 ÷ 1,2.
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15
ENERGIA DALL’ACQUA
15.1 Energia dall’acqua di mare
Si prova ad utilizzarla sotto varie forme, ma si tratta ancora di modi futuribili e
acerbi, anche se sono già presenti alcuni impianti sperimentali .
_ Dt : per ora è ancora teorico. Si utilizza la diff. di temperatura tra la superficie e le
profondità marine, quindi considerandole due sorgenti a temperature diverse, tramite
una macchina operante fra di esse che fornisce lavoro (ciclo diretto).
_ Maree : riguardo al livello del mare si registrano variazioni dal giorno alla notte
che possono essere in alcune località (es. Mont Saint Michel in Francia) dell’ordine
anche di qualche metro.Tale valore di per sé potrebbe avere poca rilevanza ma va
considerata la grande portata d’acqua interessata da tale movimento. Sono in corso
degli studi sperimentali specialmente in Francia su questo fenomeno, almeno un
grosso impianto è già in funzione .
_ Moto ondoso : sono necessarie onde abbastanza grandi (altezza ed ampiezza). Si
può ottenere energia sfruttando il funzionamento di un galleggiante che si alza e si
abbassa con l’onda , che risulta simile ad una pompa a stantuffo, oppure si creano
cavità , simili a grotte, dove si intrappolano le onde, ed alla cui sommità si pongono
stantuffi o ventole , su cui vengono inseriti meccanismi per muovere alberi in acciaio,
e da qui l’alternatore. Ci sono primi impianti sperimentali in Inghilterra e Giappone.
_ Correnti : si utilizzano delle paratie, oppure delle grandi ventole immerse . Ci sono
impianti operanti nello stretto di Messina.
15.2 Energia dalle maree :
Definizione di MAREA: deformazione della superficie di un astro prodotta
dall’azione gravitazionale di uno o più corpi celesti. Per la Terra l'oscillazione di
livello del mare è causata dall'attrazione gravitazionale combinata del Sole e della
Luna.
La deformazione della massa acquea è periodica e regolare, in generale si manifesta
col ripetersi nell'arco di 24 h 50 minuti, corrispondente al giorno lunare medio, di due
innalzamenti (flusso o alta marea) e due abbassamenti (riflusso o bassa marea) del
livello marino. I due flussi e i due riflussi si alternano circa ogni sei ore generando
due correnti di senso opposto (correnti di marea).
IMPIANTI CHE SFRUTTANO L’AMPIEZZA DI MAREA :
Le centrali mareomotrici sono costituite da uno sbarramento artificiale sull’estuario
che comprende, sotto il livello del mare, una serie di tunnel contenenti turbine
collegate a generatori. L'acqua che scorre attraverso lo sbarramento passa all’interno
dei tunnel dove acquista velocità e fa girare la turbina. Durante la bassa marea l'acqua
dalla foce defluisce verso il mare aperto, mettendo in rotazione la turbina; quando il
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livello del mare comincia a salire e l'onda di marea è sufficientemente alta si fa fluire
l'acqua del mare nella foce e la turbina si mette nuovamente in rotazione. Le turbine
sono quindi reversibili e funzionano sia al crescere che al calare della marea.
Affinché la centrale funzioni correttamente e abbia un rendimento elevato, è
necessario che l’ampiezza della marea sia sufficiente. Nel Regno Unito ci sono
parecchi siti che sarebbero indicati per questo tipo di impianto, e il più grande
potrebbe essere sull’estuario di Severn. In Italia, considerando la modesta entità delle
maree nel Mediterraneo, non ci sono grandi potenzialità per questa fonte.
Es. Centrale mareomotrice di La Rance, Francia :
La centrale fu costruita tra il 1961 e il 1966, sulla foce del fiume Rance, in Bretagna,
tra S.Malo e Dinard.
Comprende una diga in pietrame, 6 chiuse di entrata e uscita per vuotare e riempire
rapidamente la foce e 24 turbine a bulbo con asse orizzontale, sulle quali agisce
direttamente il flusso d’acqua. I gruppi di turbine a bulbo della centrale di marea
bretone, sviluppate appositamente, comprendono una turbina, un generatore e una
pompa e funzionano con l'alta e con la bassa marea.
L’estuario viene riempito e svuotato due volte al giorno per il passaggio di un
massimo di 18.000 metri cubi di acqua al secondo. L’ampiezza della marea in questa
zona è di circa 13,5 m. La centrale che produce 240 MW di potenza, copre
annualmente il 3 % del fabbisogno elettrico della Bretagna.
La centrale di marea funziona anche da centrale a ripompaggio: l'elettricità in eccesso
viene utilizzata per pompare acqua nel corso del fiume a monte. Quando l'acqua
pompata è fatta nuovamente scorrere verso il mare attraverso la turbina, viene
generata nuova elettricità.
IMPIANTI CHE SFRUTTANO LE CORRENTI DI MAREA :
Nella sola Europa la disponibilità di energia di correnti di marea è pari a circa 75 GW
(75 milioni di Kilowatt) e la stima dell’energia sfruttabile è pari a circa 50 TWh
(TeraWattora equivalenti a 50 miliardi di Kilowattora), è che se questa fonte fosse
opportunamente sfruttata, sarebbe in grado di fornire un enorme quantità di energia
elettrica.
Poca attenzione, però, è stata prestata allo sfruttamento delle correnti di marea. È
bene notare che gli impianti che sfruttano le correnti di marea sono del tipo “non a
barriera”, al contrario di quelle che utilizzano l’innalzamento e l’abbassamento delle
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maree (come la struttura di La Rance in Francia) che dal punto di vista ambientale
sono particolarmente invasive.
TECNOLOGIA
Uso di una turbina idraulica (ad asse verticale o orizzontale), direttamente connessa al
generatore, capace di convertire l’energia cinetica posseduta dalle correnti marine in
energia di rotazione, la quale a sua volta viene convertita in energia elettrica.
Il sistema è molto simile, anche meccanicamente, a
quello eolico, con la differenza che l’impianto è
sommerso e la turbina viene mossa dal flusso d’acqua
anziché dal vento, le turbine a corrente marina
necessitano di dimensioni più piccole rispetto a quelle
eoliche; questo perché l’acqua è circa 1.000 volte più
densa dell’aria. Inoltre le turbine immerse possono
essere poste più vicine tra loro in quanto le correnti
marine, a differenza dei venti, sono generalmente
bidirezionali.
Rispetto alle centrali mareomotrici, che possono essere realizzate soltanto in luoghi in
cui l’ampiezza di marea e’ sufficientemente alta, le turbine possono essere collocate
anche nel Mediterraneo; un progetto attualmente in corso di perfezionamento
interessa lo Stretto di Messina.
Il progetto ENERMAR nello stretto di Messina :
Il progetto ENERMAR è stato realizzato dalla
Ponte di Archimede nello Stretto di Messina
S.p.A.
Il progetto, finanziato in parte dall'Unione Europea, in parte dalla Regione Sicilia ed
in parte dalla Ponte di Archimede, propone lo sfruttamento dell’energia rinnovabile
contenuta nelle correnti marine per mezzo di una innovativa turbina ad asse verticale
( KOBOLD).
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Un impianto pilota, che sfrutta appunto l’ energia delle correnti di marea, è stato
installato nello stretto di Messina, vicino alla costa siciliana, di fronte alla cittadina di
Ganzirri.
In questo sito è prevista una velocità massima della corrente di circa 2 m/s (4 nodi), la
profondità del mare è di 20 metri e l’impianto è stato ormeggiato a 150 metri dalla
costa.
La corrente non è mai ferma, ogni 6 ore circa inverte il verso di scorrimento, mentre
la sua intensità varia con un periodo di 14 giorni.
Gli obiettivi principali sono: ottenere un sistema con elevate caratteristiche di solidità
ed efficienza, che necessiti di poca manutenzione e promuoverne lo sviluppo
industriale e la sua commercializzazione.
La turbina KOBOLD, che ha una potenza nominale di 120 KW, nello Stretto di
Messina, dove la velocità della corrente
raggiunge al massimo 2 m/s, è capace di
produrre circa 25 KW che soddisferebbero il
bisogno di elettricità di circa 8 unità
abitative. Turbina a sei pale all’interno della
galleria del vento.
L’impianto ENERMAR montato su una
piattaforma galleggiante situata nello stretto
di Messina, è composto dalla turbina e da un
generatore elettrico.
La turbina KOBOLD, caratterizzata dal verso di rotazione indipendente dalla
direzione della corrente marina (bidirezionale), è stata progettata per raggiungere il
livello più elevato possibile di salvaguardia ambientale e di efficienza, e per rispettare
le necessità di bassi costi di costruzione e di manutenzione. Inoltre è caratterizzata
daun elevato valore della coppia all’avvio, che rende la turbina capace di avviarsi
spontaneamente, anche sotto carico, senza la necessità di qualsiasi sistema di avvio.
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Le prove condotte sull’impianto pilota hanno rilevato che anche con una corrente
lenta (circa 1.2 m/s), il rotore inizia a ruotare velocemente senza nessun aiuto esterno.
Attualmente sono in corso studi relativi alla trasmissione meccanica e alla
connessione con il generatore elettrico, atti a migliorare l’efficienza del sistema.
Le principali dimensioni dell’impianto sono le seguenti:
L’efficienza globale¹ è pari a circa il 23%, paragonabile, o addirittura migliore,
rispetto a quella delle turbine eoliche che godono di uno sviluppo più che trentennale.
Tale risultato è estremamente incoraggiante.
Dall’impianto di Ganzirri è possibile estrarre annualmente² una quantità di energia
utile pari a circa 219000 KWh, mentre uno studio ha rilevato che l’energia totale
estraibile in questo sito è pari a 538 GWh.
¹ Si definisce efficienza globale del sistema il rapporto tra la potenza elettrica erogata
e la potenza teorica connessa con la corrente marina che intercetta il rotore.
² Considerando che la corrente non è mai ferma: 25 KW · 8760 h = 219000 KWh.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, per il momento il costo dell’impianto è
molto elevato, il prototipo infatti è costato 620.000 Euro, ma se il progetto Enermar
venisse prodotto in serie il prezzo potrebbe abbassarsi sensibilmente.
Relativamente al problema dell’impatto ambientale, l’Università di Messina ha
condotto studi valutando la compatibilità dell’impianto ENERMAR con il mare, la
flora e la fauna marina. Gli studi hanno rilevato che l’impatto ambientale è
trascurabile, soprattutto perché la turbina ruota molto lentamente.
TURBINA: Diametro: 6 m
Altezza delle pale: 5 m
Corda: 0.4 m
Numero di pale: 3
15
PIATTAFORMA:
Galleggiante: Diametro: 10 m
Altezza: 2.5 m
Pescaggio: 1.5 m
Ormeggio: Numero dei blocchi di ancoraggio: 4
Peso dei blocchi (in cemento): 350 KN ognuno
Profondità: 18 – 25 m.52
15.3 Energia dall’acqua dolce
_ Mulini e similari : prima fonte di energia , ma ancora attuale
_
in certi paesi.
Idroelettrica
Energia idroelettrica è un termine usato per definire l'energia elettrica ottenibile a
partire da una caduta d'acqua, convertendo con apposito macchinario l'energia
meccanica contenuta nella portata d'acqua trattata. Gli impianti idraulici, quindi,
sfruttano l'energia potenziale meccanica contenuta in una portata di acqua che si trova
disponibile ad una certa quota rispetto al livello cui sono posizionate le turbine.
Si sfrutta l’equazione energetica di un sistema aperto con fluido a ρ densità
costante
w 2 − w1)
(
2
+ g ( z 2 − z1) +
(
P 2 − P1)
+ R = ±L
ρ
( en. Cinetica + en. Potenziale +
pressione + perdite di carico ) = lavoro
16
W = velocità media ( m/s )
g = accelerazione di gravità ( m/s2)
Z = quota ( m )
P = pressione esterna o atmosferica ( N/ m )
ρ = densità ( Kg / m3 )
R = perdite di carico o di pressione ( kJ/kg )
L = lavoro unitario speso o ottenibile ( kJ/kg )
La potenza ottenibile è data da :
P = L * M = (kW)
Potenza = lavoro unitario ottenibile * portata massica
2 principali sistemi di utilizzo:
- Tipica centrale idroelettrica: grandi portate e grandi salt i : diga e condotte,
- Grandi portate e piccoli dislivelli : deviando parte del corso di un fiume.
Questi impianti sono molto interessanti perché possono essere messi in funzione
quando ce n’è reale bisogno , basta aprire le paratie e l’acqua fluisce !, cioè quando la
richiesta è maggiore e l’energia costa di più. Si riducono così i costi. Trattasi di
impianti di maggior pregio.
Tali impianti sono talvolta integrati da bacini di accumulo con pompe ( durante la
notte, quando c’è poca richiesta di energia el. e quindi essa costa poco, queste pompe,
funzionanti con en. el. a basso costo, riportano l’acqua nel bacino superiore, per poi
farla ridiscendere quando la richiesta è molta ed il costo elevato. In questo modo,
negli anni scorsi, l’ENEL ha recuperato il 2 - 3 % della sua produzione complessiva).
Anche se sotto il profilo energetico questo sistema è dissipativo.
15.4 Classificazioni delle Centrali
In base alle potenze ottenibili
_ MICRO : fino a 100 kW
_ MINI : fino a 1000 kW
_ PICCOLI : fino a 10000 kW
_ GRANDI : oltre
In base alla portata
_ PICCOLA : fino a 10 m / s
_ MEDIA : fino a 100 m / s
3
3
17
GRANDE : fino a 1000 m / s
_ ALTISSIMA : oltre
N.B. Per riferimento: 1 rubinetto eroga 0,1 litri /s = 3,6 m 3 /h
In base al salto
_ PICCOLO :10 / 20 m
_ BASSO : fino a 50 m
_ MEDIO : fino a 250 m
_ ALTO : fino a 1000 m
_ MOLTO ALTO : oltre
Ci sono vari tipi di turbine e pale a seconda delle necessità perché quando diminuisce
il dislivello deve aumentare la portata.
Esempio : turbina Pelton a 6 introduttori.
_
3
APPLICAZIONI MICRO
_ Acquedotti locali ( esempio città con piccoli dislivelli; c’è stato anche un concorso
a Bologna dove c’è un piccolo salto nella centralina detta del Cavaticcio )
_ Canali di bonifica
_ Canali e condotte per superi portata
_ Circuito di raffreddamento di grandi impianti
_ Piccoli salti di acqua ( dove poter utilizzare ad esempio miniturbine RIVACALZONI ).
COSTI
1 KWh minidraulico costa mediamente sulle 100 lire = circa 5 cent €
IMPATTO AMBIENTALE
_ Attenzione alle variazioni di portata dei corsi d’acqua ed alle modifiche del
paesaggio (es. Val Venosta con chiesa sommersa)
_ Attenzione alle variazioni della qualità dell’acqua a livello industriale ( es. per le
ditte che estraggono materiali inerti del fiume ) e a livello ambientali ( vegetazione e
fauna )
_ Attenzione alle piene e agli eventi catastrofici ( es. Vajont )
15.5 Quadro sintetico della tecnologia, degli impianti e delle macchine
Pertanto la potenza di un impianto idraulico dipende da due termini: il salto
(dislivello esistente fra la quota a cui è disponibile la risorsa idrica svasata e il livello
18
a cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso la turbina) e la portata (la
massa d'acqua che fluisce attraverso la macchina espressa per unità di tempo).
Gli impianti possono essere poi:
A. ad acqua fluente;
B. a bacino;
C. di accumulo a mezzo pompaggio.
Una centrale è composta in genere da un'opera di derivazione (contenente uno
sbarramento), un'opera di adduzione (condotte di collegamento), una condotta
forzata, una centrale elettrica che contiene il macchinario di conversione e
generazione e un'opera di restituzione.
La derivazione di acque è regolata per legge sulla base di apposite concessioni
governative che risultano sempre a titolo oneroso e che sono soggette a rinnovo con
durata, in genere, almeno ventennale. La portata derivata da un bacino deve essere
tale da rispettare l'ambiente e l'idrologia del corpo idrico intercettato.
Una delle particolarità salienti di questi impianti è legata al fatto che per tipologia
impiantistica e taglia si prestano ad essere del tutto automatizzati. L'impiego di
macchinario elettromeccanico realizzato ad hoc consente in qualche modo di
ottimizzarne i costi ma va comunque tenuto presente che i costi legati a questa voce
non superano in genere il 10-15% del totale.
Il macchinario è costituito in genere da piccole turbine Francis e Pelton per gli
impianti con maggiori salti.
15.6 Applicazioni
In genere molti impianti di piccola taglia si trovano realizzati in aree montane su
corsi d'acqua a regime torrentizio o permanente e l'introduzione del telecontrollo,
telesorveglianza e telecomando ed azionamento consentono di recuperarli ad una
piena produttività, risparmiando sui costi del personale di gestione, che in genere si
limita alla sola manutenzione ordinaria con semplici operazioni periodiche (ad es. la
sostituzione dell'olio per la lubrificazione delle parti). Molti impianti di piccola taglia
attuano il cosiddetto recupero energetico. I sistemi idrici nei quali esistono possibilità
di recupero sono assai diversi e possono essere indicativamente raggruppati nelle
seguenti tipologie:
a. acquedotti locali o reti acquedottistiche complesse;
b. sistemi idrici ad uso plurimo (potabile, industriale, irriguo, ricreativo, etc.);
c. sistemi di canali di bonifica o irrigui;
d. canali o condotte di deflusso per i superi di portata;
e. circuiti di raffreddamento di condensatori di impianti motori termici.
19
15.7 Potenzialità
Secondo le analisi condotte da TONDI et al. (1999) esistono quote significative di
possibile crescita per gli impianti idraulici in Italia, e tali stime trovano conferma
anche nelle valutazioni dell'ENEA (1998)
secondo cui sarebbe possibile realizzare in Italia, entro il 2010, 850 MWe di impianti
idraulici di taglia small (P > 10 MW), avendone messi in funzione per circa 311
MWe entro il 2001 insieme a 450 MWe di impianti di taglia superiore a 10 MWe.
13.8 Aspetti economici
Il costo medio del kWh degli impianti mini-hydro varia dalle 0,05 € alle 0,07 € in
funzione delle caratteristiche del sito (salto e portata).
Per uno sviluppo di tutti gli impianti già individuati si è stimata una somma pari a
circa 500 milioni di euro, con un costo unitario della potenza installata pari a circa 1
milione di euro.
Un possibile incentivo alla realizzazione degli impianti, ipotizzati per le aree urbane
e/o suburbane, potrebbe venire dalla loro integrazione in sistemi DPS (piccoli
impianti distribuiti di accumulo a mezzo pompaggio del tipo proposti da
REYNOLDS (1995) ed in questo caso tali impianti potrebbero, significativamente,
partecipare al miglioramento della qualità del sistema di distribuzione elettrica a
livello locale, specie nelle aree appenniniche della penisola.
16
ENERGIA GEOTERMICA (= CALORE DALLA TERRA)
Cenni storici
Fin dal 270 a.C. era nota, in Toscana, la presenza di acqua calda sotterranea. Le
pozze d’acqua calda erano chiamate Lagoni. Queste acque venivano trattate per
ottenere il Boro usato come fissante nell’industria ceramica e per ottenere l’acido
borico ad usi farmaceutici.
Lardarello prende il nome da messier De Lardarel, ufficiale napoleonico che fondò
una società, con altri due ufficiali, per lo sfruttamento di questi lagoni. Questa prima
società fallì perché per fare evaporare l’acqua si usava della legna, prelevata dai
boschi vicini, e ciò non era economicamente vantaggioso.
De Lardarel successivamente fondò un’altra società, che prosperò, avendo egli avuto
la felice intuizione di usare la sorgente stessa quale fornitore di energia .
Nel 1905 sfruttando i soffioni si diede energia elettrica alle prime sei lampade ad arco
elettrico (marchese Ginori), ma solo un anno dopo (1906) a tutto il paese.
Nel 1915 fu installata una prima centrale con turbina e generatore elettrico da 2,57
MW.
Divisione delle acque:
_ Bassa entalpia
20
Media entalpia
_ Elevata entalpia
_ Le sorgenti a bassa entalpia sono utilizzate per le terme, ce ne sono sparse in tutta
Italia. Ci sono stati anche vari tentativi di utilizzo ad esempio per l’itticoltura , poichè
in acque tiepide i pesci crescono più velocemente, e per le serre, con coltivazione di
ortaggi. Riscaldandole con questi sistemi si possono ottenere primizie, praticamente
senza costi aggiuntivi.
Nei posti dove ci sono i soffioni di vapore, si è venuto a creare un bacino perché
l’acqua infiltratasi dal terreno ha incontrato uno strato impermeabile, che la blocca
formando una sorta di grande contenitore (pentola) e una fonte di calore dovuta al
magma, che la riscalda. Per ogni Km di profondità la temperatura aumenta di 30 ° C
circa, in zone particolari tipo Lardarello la temperatura aumenta di circa 50 °C per
ogni km di profondità.
Per mantenere le trivellazioni sempre in funzione i bacini vengono reintegrati
dell’acqua estratta.
Ci sono due tipi di pozzo:
_ Pozzo ad acqua dominante
_ Pozzo a vapore dominante
Torri evaporative: hanno la funzione di raffreddare l’acqua una volta che si è
espansa nelle turbine, per reintrodurla nel terreno. Hanno un forte impatto ambientale
come, del resto,le varie tubazioni (vedasi foto) .
Tubazioni : questi tubi sono fortemente isolati, fatti di acciaio speciale poiché le
acque hanno anche elementi fortemente corrosivi derivati dall’anidride carbonica ,
dallo zolfo, dal boro e dai silicati.
I tubi sono ricoperti da uno strato isolante e poi da un rivestimento esterno in
alluminio. Le tubazioni sono lunghe qualche km e, come tutti gli elementi solidi,
hanno una dilazione dovuta al calore. Hanno bisogno quindi di giunti di dilatazione
che possono essere di vari tipi . Il giunto a cannocchiale adotta appunto lo stesso
funzionamento del cannocchiale, i due tubi scorrono uno dentro l’altro. Il giunto a lira
o ad omega riprende la propria forma dal nome e collega due tubi rettilinei. Grazie
alla forma diversa assorbe la variazione di lunghezza, è importante però che siano
collegati saldamenti gli estremi ai tubi. Il giunto a soffietto, come quello che si usa
per i riscaldamenti, è un tubo con flange che ne collega altri due.
L’utilizzazione più diffusa dell’energia ottenuta è per produrre energia elettrica
tramite una turbina, che può essere di vari modelli , ed un alternatore.
_
21
17 IDROGENO E FUEL CELLS
CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE DELL’IDROGENO, DELLA
BENZINA E DEL GAS NATURALE
PROPRIETA’
Stato fisico a 20 °C
Densità (g/cm 3 )
BENZINA
(pura)
Liquido
0.73
GAS
NATURALE
Gassoso
0.78 10
IDROGENO
- 156 °C
4.8 10
Gassoso
0.84 10 (gas)
0.71 10 (liq. a –253
°C)
- 253 °C
12.5 10 4
37.3 10
10.4 10 3 (gas)
-3
-4
-1
Punto di ebollizione
Potere calorifico inf.
· Gravimetrico
(kJ/kg)
· Volumetrico
(kJ/m 3 )
Composizione di
combustione in aria
(% Vol)
Intervallo di
infiammabilità
nell’aria (%)
Velocità di fiamma
(m/s)
Temperatura di
fiamma (°C)
Temperatura di
ignizione (°C)
Luminosità di fiamma
Prodotti di
combustione
38/204 °C
4
3
1.76
9.43
8.52 10 (liquido)
29.3
1.4 – 7.6
5 – 16
4 - 75
0.40
0.41
3.45
2197
1875
2045
257
540
585
Alta
CO,CO2, H2O
Media
CO,CO2, H2O
Bassa
H2O
6
17.1 CONSIDERAZIONI GENERALI
L’idrogeno, l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, è assai raro sulla
Terra allo stato elementare, a causa della sua estrema volatilità – si trova, ad esempio,
nelle emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere, nelle fumarole – viceversa è
molto diffuso sotto forma di composti (acqua, idrocarburi, sostanze minerali,
organismi animali e vegetali) e può quindi essere prodotto a partire da diverse fonti.
L’interesse per il suo impiego come combustibile, sia per applicazioni stazionarie che
per la trazione, deriva dall’abbondanza con cui è reperibile nei composti, e dal fatto
che l’inquinamento prodotto è assai limitato; infatti, se usato in sistemi a combustione
produce vapor d’acqua e tracce di ossidi di azoto, oppure solo vapor d’acqua se
utilizzato con sistemi elettrochimici con celle a combustibile.
L’introduzione dell’idrogeno come combustibile – e più in generale come vettore
energetico – richiede che siano messe a punto le tecnologie necessarie per agevolarne
22
la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo. A titolo di esempio, solo per la
liquefazione a -253°C occorrono particolari tecnologie oltre che la predisposizione di
speciali containers per il trasporto.
Per quanto riguarda la produzione, si ricorda che le fonti primarie di partenza
possono essere sia fossili che rinnovabili, in modo da contribuire alla diversificazione
ed all’integrazione tra diversi tipi di energia.
17.2 ELENCO PROCESSI PER LA PRODUZIONE DELL’IDROGENO
Le tecnologie di produzione dell’idrogeno a partire dai combustibili fossili sono
mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto di vista
economico, energetico e di impatto ambientale. Dei circa 500 miliardi di Nm3 (1) di
idrogeno prodotti attualmente a livello mondiale, circa 190 miliardi rappresentano un
sottoprodotto dell’industria chimica (ad es. dagli impianti cloro-soda), mentre la
maggior frazione deriva da combustibili fossili, gas naturale e olio pesante, attraverso
processi di reforming (= ???) e di ossidazione parziale.
17.2.1 FONTI FOSSILI
TRASFORMAZIONE DEGLI IDROCARBURI: Lo steam reforming del metano
(SMR) è un processo ben sviluppato ed altamente commercializzato, attraverso il
quale si produce circa il 48% dell'idrogeno mondiale. Lo SMR implica la reazione di
metano e vapore in presenza di catalizzatori. Tale processo, su scala industriale,
richiede una temperatura operativa di circa 800 °C ed una pressione di 2,5 MPa. La
prima fase consiste nella decomposizione del metano in idrogeno e monossido di
carbonio. Nella seconda fase, chiamata "shift reaction", il monossido di carbonio e
l'acqua si trasformano in biossido di carbonio ed idrogeno.
GASSIFICAZIONE DEL CARBONE E DEI COMBUSTIBILI FOSSILI:
In generale, il processo di gassificazione consiste nella parziale ossidazione, non
catalitica, di una sostanza solida, liquida o gassosa che ha l'obiettivo finale di
produrre un combustibile gassoso, formato principalmente da idrogeno, ossido di
carbonio e da idrocarburi leggeri come il metano.
Tramite la gassificazione il carbone viene convertito, parzialmente o completamente,
in combustibili gassosi, i quali, dopo essere stati purificati, vengono utilizzati come
combustibili, materiali grezzi per processi chimici o per la produzione dei
fertilizzanti, è questa una tecnologia che trova numerose applicazioni commerciali,
ma è competitiva con la tecnologia SMR solo dove il costo del gas naturale è molto
elevato (per esempio la Repubblica Popolare di Cina e il Sud Africa). Inoltre la
gassificazione del carbone facilita il trasporto del combustibile.
(1) Nm3, simbolo che indica un metro cubo di gas misurato alle condizioni, dette normali, di pressione pari a
1 bar e di 25°C.
23
La produzione da fonti fossili, però, ha l’inconveniente di dar luogo – come prodotto
di scarto – all’emissione di grandi quantità di CO2, cosicché l’idrogeno – pur
utilizzabile in modo pulito – non è comunque incolpevole a causa dell’inquinamento
prodotto nel suo ciclo di estrazione.
Per ovviare a ciò occorrerebbe raccogliere e confinare (ovvero immagazzinare in
giacimenti geologici per impedire la reimmisione in atmosfera) la CO2 prodotta nei
grossi impianti, sfruttando l’esperienza in materia delle compagnie petrolifere. Per
queste si può ipotizzare anche una parziale riconversione che consenta di produrre
idrogeno dagli idrocarburi, idrogeno che verrebbe poi utilizzato negli autoveicoli
(conservando peraltro il profitto per le compagnie).
Dal punto di vista ambientale, questa soluzione ha il vantaggio di evitare le emissioni
di CO2 di una miriade di veicoli sparsi sul territorio, concentrandole negli impianti
petrolchimici da dove però potrebbero essere catturate con opportuni filtri,
trasformate in forma liquida o solida e poi immagazzinate in giacimenti geologici
profondi e di caratteristiche adeguate che ne dovrebbero impedire la reimmisione in
atmosfera. Nel nostro paese, come in altri, le opzioni principali sono due:
1.pompaggio nei giacimenti esauriti di gas e petrolio; 2.immissione nei cosiddetti
acquiferi salini (ammassi di rocce sedimentarie porose permeabili e sature d’acqua) e
in fondali oceanici situati a grande profondità (oltre 1.000 m sotto il livello del mare)
dove la CO2 si manterrebbe allo stato liquido a causa dell’enorme pressione ivi
esistente.
17.2.2 FONTI RINNOVABILI
IDROLISI DELL’ACQUA: Esistono vari processi per ottenere idrogeno dall’acqua:
Elettrolisi dell’acqua (H2 O): questo è sicuramente il processo più maturo per la
produzione industriale, e sono stati costruiti alcuni grandi impianti nelle vicinanze di
centrali idroelettriche che producono elettricità a basso costo.
E’ importante però ricordare che, dalla produzione di idrogeno mediante tale
processo elettrolitico si ottiene anche ossigeno puro (O2), da utilizzare in diversi
modi.
L'elettrolisi è il metodo più comune per la produzione di idrogeno anche se incontra
notevoli ostacoli per la quantità limitata di idrogeno prodotta e per i costi, ancora
troppo elevati, dovuti all'impiego di energia elettrica per ottenere tale effetto . La
produzione di grandi quantità è pertanto economica solo in quei paesi dove
l’elettricità può essere generata a costi convenienti, per esempio in Egitto, Islanda e
Norvegia, dove la maggior parte dell’energia elettrica viene generata in centrali
idroelettriche.
Attualmente, solo il 4% della produzione mondiale di idrogeno avviene per elettrolisi
dell'acqua e solo
24
per soddisfare richieste limitate di idrogeno, che però ha il vantaggio di essere
estremamente puro.
Il sistema dell’elettrolisi presenta anche alcuni svantaggi:
•
il costo per la produzione dell'idrogeno dall'elettrolisi è più alto rispetto a
qualsiasi altra tecnologia;
•
l'idrogeno attualmente viene prodotto in sito e su domanda, vengono quindi
trascurati i costi di immagazzinaggio e trasporto, che renderebbero il prezzo
dell'idrogeno "consegnato", anche se in quantità ridotte, ancor meno competitivo.
Il principio:
La decomposizione di acqua (H2O) in idrogeno e ossigeno per mezzo di elettrolisi
viene realizzata in celle elettrolitiche (elettrolizzatori) che sono recipienti contenenti
l’elettrolita e divisi in due compartimenti da un diaframma microporoso in grado di
far passare ioni. Nel nostro caso l’elettrolita è l’acqua, ma in pratica si tratta di una
soluzione acquosa di idrossido di sodio che ha migliori proprietà elettriche.
Nell’elettrolita sono immersi due elettrodi (conduttori
metallici) collegati ai poli ad un generatore (una pila o un
accumulatore: quindi corrente elettrica continua). L’elettrodo,
collegato al polo positivo, cioè l’ anodo, e quello collegato al
polo negativo, cioè il catodo, sotto l’azione del campo
elettrico continuo generato dagli elettrodi, fanno sì che gli
ioni presenti nell’elettrolita (acqua) migrano, ciascuno verso i
poli di segno opposto: quelli di carica positiva (cationi) verso
il catodo, quelli di carica negativa (anioni) verso l’anodo.
Giunti a contatto con il catodo, i cationi acquistano elettroni e formano specie neutre.
Gli anioni, giunti a contatto con l’anodo, cedono elettroni (cioè si ossidano) formando
analogamente specie neutre. L’idrogeno (H2) si accumula quindi dalla parte del
catodo e l’ossigeno (O2) da quella dell’anodo.
2H3O+ + 2e2H2O + H2
cat
2H2O
H3O+ + OH2OHH2O + ½ O2
Dissoluzione
an
dell’acqua
Usando come sorgente elettrica pannelli fotovoltaici o generatori eolici si pone il
problema della discontinuità dell’alimentazione, ma i moderni elettrolizzatori hanno
un comportamento dinamico e si adeguano al flusso discontinuo di energia elettrica,
pertanto possono in teoria essere facilmente combinati con sistemi che usano fonti
rinnovabili.
25
Fotolisi: Essa si propone di ottenere la dissociazione della molecola dell’acqua
fornendo l’energia necessaria sotto forma di radiazioni luminose solari. Per quanto
riguarda le applicazioni fotolitiche si sono fatti per ora solo alcuni esperimenti
usando come elettrodo un fotoelettrodo di rutilio o titanio.
IDROGENO DALLE BIOMASSE:
Le tecnologie per ottenere idrogeno dalle biomasse non sono ancora in commercio e
sono ancora in fase di ricerca e sviluppo. Gli esperti fanno questa distinzione tra i vari
metodi:
- conversione di biomasse solide (palline da coltivazione, residui di biomassa),
- fermentazione di biomassa liquida, e generazione biologica di idrogeno.
La cosa più interessante riguardo al fatto di generare idrogeno direttamente da
biomasse e’ che la
produzione di idrogeno deriva direttamente da fonti energetiche rinnovabili senza
dovere convertire
l’energia contenuta nelle biomasse in elettricità (per la qual trasformazione sarebbe
necessario il
processo di elettrolisi).
GASSIFICAZIONE DI BIOMASSA:
Il processo termico di riduzione della biomassa in vapore acqueo(gassificazione)
genera una miscela di gas che è composta da:
•
20% idrogeno
•
20% monossido di carbonio CO
•
10% biossido di carbonio CO2
•
5% metano
•
45% azoto
Usando ossigeno puro o solo vapore acqueo il gas prodotto non contiene azoto.
In questo processo, a causa del calore, le sostanze organiche si decompongono in
coke, condensato e gas di vario tipo.
Il processo è chiamato decomposizione termica o pirolisi: a causa della presenza di
ossigeno nel
reattore. I prodotti intermedi non sono trasformati, ma avviene una parziale
ossidazione. In una
seconda fase della reazione il monossido di carbonio insieme al vapore acqueo viene
trasformato in
26
idrogeno e biossido di carbonio. Dopo ciò la miscela di gas viene scissa in un
processo pressione-rotazione-assorbimento in idrogeno puro e gas residuali.
FERMENTAZIONE DI BIOMASSA:
Da biomassa molto umida e da liquame, il biogas può essere prodotto tramite una
fermentazione anaerobica. Nonostante il biogas contenga elevate frazioni di
monossido di carbonio e di metano e poco idrogeno, può essere utilizzato ugualmente
in celle a combustibile ad alta temperatura (MCFC). In questo caso, agevolato
dall’alta temperatura (circa 650 °C), il reforming del metano avviene direttamente a
contatto con l’elettrodo. Prima dell’uso in celle a combustibile PEM, il gas deve
essere trasformato in idrogeno in un processo di reforming.
IDROGENO DA ETANOLO:
Alcuni scienziati statunitensi dell’Università del Minnesota hanno ultimamente
presentato, nella rivista “Science” (febbraio 2004), un reattore portatile che trasforma
alcool in idrogeno. L’apparecchio ecologico potrebbe rivoluzionare il trasporto di
energia. Il reattore usa etanolo, un alcool ottenuto da biomassa (patate, grano e mais)
e facilmente trasportabile. Nella trasformazione di etanolo in idrogeno si forma anche
biossido di carbonio, ma la quantità di CO2 è la stessa che le piante hanno assorbito
dall’atmosfera durante la loro crescita.
Come spiega il suo inventore Gregg Deluga, il nuovo reattore è piccolo, portatile e
contiene già l’energia necessaria. In una prima fase, una parte dell’etanolo viene
bruciata per ottenere la temperatura necessaria alla reazione. Abbinato ad una cella a
combustibile, l’apparecchio sviluppa una potenza di un chilowatt (1 kW). La
struttura dell’apparecchio è semplice: tramite una valvola viene iniettata una miscela
di acqua ed etanolo nella camera preriscaldata dove il liquido evapora e si mescola
con l’aria. Un catalizzatore di rodio e di cerio trasforma poi la miscela in idrogeno e
biossido di carbonio. Secondo i ricercatori, oltre il 95 % dell’etanolo viene
trasformato in idrogeno. La durata del contatto con il catalizzatore ammonta solo ad
un centesimo di secondo e questo consente la produzione di grandi quantità di
idrogeno. Nella reazione si forma però anche monossido di carbonio non sopportato
dalle celle a combustibile previste per applicazioni mobili, per esempio in automobili.
Altri metodi di produzione:
La fotoconversione associa un sistema di assorbimento della luce solare ed un
catalizzatore per la scissione dell'acqua. Questo processo usa l'energia della luce
senza passare attraverso la produzione separata di elettricità richiesta dall'elettrolisi.
Ci sono varie classificazioni principali di tecnologie:
tecnologie fotobiologiche;
tecnologie fotoelettrochimico;
27
centrali fotovoltaiche ad idrogeno.
17.3 Tecnologie fotobiologiche
I processi di produzione fotobiologici riguardano la generazione dell'idrogeno da
sistemi biologici, che usano generalmente la luce solare. Questo è possibile perché
alcune alghe e batteri sono in grado di produrre idrogeno sotto specifiche condizioni.
I pigmenti delle alghe assorbono l'energia solare e gli enzimi nella cellula agiscono da
catalizzatori per scindere l'acqua nei suoi componenti di idrogeno e ossigeno.
17.4 Tecnologie fotoelettrochimiche
I sistemi fotoelettrochimici usano
elettrodi semiconduttori in una cella
fotoelettrochimica per convertire energia ottica in energia chimica.
Esistono due tipologie di tali sistemi:
tecnologia che usa semiconduttori.
Un materiale semiconduttore è utilizzato sia per assorbire l'energia solare sia per
agire da elettrodo per la scissione dell'acqua. Si possono ottenere efficienze ancora
più elevate con l'aggiunta di una carica elettrica esterna per facilitare la reazione
chimica.
tecnologia che usa metalli complessi dissolti.
Il secondo tipo di sistemi fotoelettrochimici usa materiali complessi dissolti come
catalizzatori. Il materiale complesso solubile assorbe energia e crea una separazione
tramite carica elettrica che conduce alla reazione di scissione dell'acqua.
Un altro esempio dell’interazione tre energia solare e produzione dell’idrogeno è
fornito dalle centrali fotovoltaiche a idrogeno le quali costituiscono, attualmente,
l’unico esempio fattibile di impiego di fonti rinnovabili per la produzione di
idrogeno.
CENTRALI FOTOVOLTAICHE AD IDROGENO
Nel campo della produzione di energia elettrica si prevede la produzione dell'energia
dalla luce solare tramite una cella fotovoltaica la quale fornisce l'elettricità necessaria
per la produzione d'idrogeno tramite elettrolisi.
Tali sistemi rivestono interesse per i loro benefici ambientali ma due sono le
principali barriere alla loro realizzazione:
l'elettricità solare non trova sempre applicazione diretta, per esempio nei motori a
combustione;
l’elettricità è difficile e costosa da immagazzinare.
Il vantaggio fondamentale dei sistemi fotovoltaici ad idrogeno è quello di soddisfare
la richiesta di corrente continua necessaria per l'elettrolisi; sviluppare la potenzialità
28
dei sistemi fotovoltaici, tramite lo sviluppo di sistemi integrati, che comprendano,
oltre al generatore fotovoltaico, anche un sistema di accumulo stagionale dell'energia
previsto per particolari applicazioni o nicchie di mercato.
17.5 STOCCAGGIO E TRASPORTO DELL’IDROGENO
COMPRESSIONE DELL’IDROGENO: l'idrogeno in forma gassosa può essere
immagazzinato in appositi contenitori a pressioni molto alte, nell'ordine di 20 MPa
(200 bar), attraverso adeguati compressori. Ciò necessita ulteriore energia e costi
aggiuntivi, senza dimenticare che oltre a comprimerlo, l'idrogeno va mantenuto a tali
pressioni.
Per contenere il gas sono usate bombole in grafite/fibra di carbonio ad alta pressione,
che hanno il difetto di essere molto voluminose, nonostante il loro peso relativamente
esiguo. In alternativa l'idrogeno può essere immagazzinato, come gas compresso,
all'aperto oppure sotto terra, in caverne. Quest'ultima metodologia è più o meno
conveniente, in termini di costi, secondo che si sfruttino strutture preesistenti (miniere
saline, pozzi di gas svuotati ecc.) o ne sia necessaria la loro creazione (pozzi
artificiali ecc.).
La pericolosità e' simile a quella del gas metano. L'idrogeno già a contatto con l'aria
forma miscele esplosive che possono scoppiare, a differenza del metano però, grazie
alla sua grande leggerezza, l'idrogeno si disperde prima, diminuendo il rischio di
concentrazione critica.
LIQUEFAZIONE DELL’IDROGENO: i processi di liquefazione usano una
combinazione di compressori, scambiatori di calore, motori di espansione e valvole a
farfalla per ottenere il raffreddamento desiderato. Il processo di liquefazione più
semplice è il ciclo Linde o ciclo di espansione Joule–Thompson. Tramite questo
processo, il gas è compresso a pressione ambiente e quindi raffreddato in uno
scambiatore di calore prima di passare attraverso una valvola in cui è sottoposto al
processo di espansione Joule–Thompson producendo del liquido. Una volta rimosso
il liquido il gas ritorna al compressore tramite lo scambiatore di calore. L'idrogeno
può essere liquefatto sia per la produzione stazionaria di energia sia per il
rifornimento di veicoli. Successivamente, nella maggior parte dei casi, viene
immagazzinato ad una temperatura di -253 °C. L' inconveniente di questo sistema è
l'eventuale fuoriuscita di parte dell'idrogeno liquido ed il notevole dispendio
energetico dell’intero processo. Infatti circa il 30% dell’energia dell’idrogeno è
necessaria per il suo raffreddamento, inoltre sono necessarie particolari attrezzature
per il mantenimento dello stato liquido. Una delle preoccupazioni maggiori legate a
questo processo quindi, è quella della riduzione delle fuoriuscite di liquido. Dato che
l’idrogeno è immagazzinato ad una temperatura che corrisponde al suo punto di
ebollizione, qualsiasi passaggio di calore attraverso il liquido causa l’evaporazione di
una parte dell’idrogeno e qualsiasi evaporazione si riflette in una perdita
dell’efficienza del sistema. La fonte di tale calore potrebbe essere la conversione
29
della configurazione elettronica delle molecole d’idrogeno da orto a para, l’energia
del pompaggio, oppure la conduzione, convezione o irraggiamento diretto del calore.
L’impiego di contenitori criogeni isolati invece, può far fronte al problema del calore
generato per conduzione, convezione ed irraggiamento. Tali contenitori sono
progettati in modo da evitare qualsiasi trasmissione di calore dalla parete esterna al
liquido, per cui sono tutti costituiti da un doppio rivestimento il cui interno è vuoto
per impedire il passaggio di calore per conduzione o convezione. Per prevenire
l’irraggiamento diretto di calore invece, tra la parete interna ed esterna del contenitore
sono installati dei pannelli protettivi a bassa emissione di calore a base di plastica ed
alluminio. La maggior parte dei contenitori di idrogeno liquido hanno forma sferica
perché quest’ultima ha la più bassa superficie per il trasferimento di calore per unità
di volume. Inoltre, al crescere del diametro dei contenitori il volume aumenta più
velocemente della superficie esterna per cui contenitori più grandi, in proporzione,
provocano minori perdite per trasferimento di calore. I contenitori cilindrici, invece,
sono preferibili per la loro facilità ed economicità di costruzione. Anche se sottoposto
con cautela all’irraggiamento solare, una parte dell’idrogeno può evaporare ed essere
destinata ad aumentare la pressione nel contenitore o riciclata nel processo di
liquefazione oppure, in alcuni casi, semplicemente liberata. Riguardo questa
tecnologia, il costo operativo maggiore è dovuto all'elettricità necessaria per la
compressione per cui, attualmente, si stanno analizzando alcuni metodi per la
riduzione della quantità di energia richiesta.
Una delle possibili soluzioni, la liquefazione magnetica, è in fase di sviluppo. Per
quanto riguarda il rifornimento di veicoli, quello dell'idrogeno liquefatto potrebbe
sembrare uno dei metodi più adatti.
Comunque bisogna considerare i notevoli rischi legati, solo per fare un esempio, alle
perdite di carburante o ai problemi di sicurezza dovuti allo spazio ristretto a
disposizione dei parcheggi. Inoltre, si stanno progettando dei serbatoi ad alta
pressione leggeri ed impermeabili all’idrogeno. Lo scopo è quello di utilizzare tali
serbatoi in spazi ristretti ed in particolare a bordo di veicoli. Basato sul principio
fisico che i cilindri siano efficienti nel contenere la pressione interna, questi serbatoi
sono costituiti da più cilindri congiunti, con un reticolato rinforzato interno. Il
risultato è quindi quello di un contenitore "multi-cella" il cui numero è ottimizzato in
base al volume del liquido da immagazzinare. Con questo metodo è possibile
immagazzinare il 50% di idrogeno in più rispetto all’uso di serbatoi tradizionali
multipli. Attualmente sono stati già sperimentati i primi serbatoi formati da sole due
celle.
TRASPORTO DELL’IDROGENO COMPRESSO O LIQUEFATTO: l’idrogeno
come gas compresso può essere trasportato in cilindri ad alta pressione, autocisterne e
gasdotti . I cilindri ad alta pressione (40 MPa), pur consentendo un minore ingombro
sono molto pericolosi da maneggiare e trasportare. Le autocisterne invece, sono
spesso composte da diversi cilindri in acciaio montati su di un’intelaiatura protettiva
e possono contenere da 63 kg a 460 kg di idrogeno compresso ad una pressione di
soli 20 MPa.
30
Attualmente il trasporto ferroviario dell’idrogeno sotto questa forma non viene
ancora effettuato, forse anche perché questo metodo comporterebbe la costruzione di
particolari vagoni con materiali idonei al trasporto dell’idrogeno con conseguente
notevole incremento dei costi di trasporto. L’idrogeno liquido immagazzinato in
contenitori isolati, come già detto, viene trasportato tramite autocarri ed altri
automezzi in quantità elevate e con modeste perdite per evaporazione (0,3%-0,6% al
giorno). Per quanto riguarda il trasporto navale, a causa dei lunghi periodi di tempo
che richiede, è impiegato solo per l'idrogeno liquido.
UTILIZZO:
Le due principali utilizzazioni previste in futuro per l’idrogeno e per cui si sta
lavorando attualmente nei laboratori di ricerca applicata riguardano l’impiego come
combustibile per la generazione di energia elettrica e per il trasporto. Impianti per la
produzione centralizzata di energia elettrica e motori a combustione interna
alimentati a idrogeno sono già fattibili sulla base delle tecnologie esistenti e anche
con emissioni sensibilmente ridotte rispetto a quelle degli impianti convenzionali.
Deve tuttavia essere ulteriormente migliorato il rendimento e abbassati i costi; per
questo sono in corso di sperimentazione materiali e soluzioni innovative che
dovrebbero arrivare a maturazione nel giro di alcuni anni. Ma lo strumento principale
il cui sviluppo condizionerà pesantemente la reale affermazione dell’idrogeno come
vettore energetico pulito è senza dubbio la cella a combustibile.
17.6 DESCRIZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA CELLA A COMBUSTIBILE
Le celle a combustibile sono dei sistemi elettrochimici capaci di convertire l'energia
chimica di un combustibile (in genere idrogeno) direttamente in energia elettrica,
senza l'intervento intermedio di un ciclo termico e di organi meccanici in movimento,
e pertanto presentano rendimenti di conversione più elevati rispetto a quelli delle
macchine termiche convenzionali. Una singola cella produce normalmente circa 0.7
V, quindi per ottenere la potenza e il voltaggio desiderato più celle sono disposte in
serie, a mezzo di piatti bipolari, a formare il cosiddetto "stack”. Gli stack a loro volta
sono assemblati in moduli, per ottenere generatori della potenza richiesta.
Una cella a combustibile funziona in
modo analogo a una batteria, in quanto
produce energia elettrica attraverso un
processo elettrochimico, a differenza
di quest'ultima tuttavia consuma
sostanze provenienti dall'esterno ed è
quindi in grado di funzionare senza
interruzioni, finché al sistema viene
fornito combustibile (idrogeno) e
ossidante (ossigeno o aria), mentre la
batteria deve essere ricaricata. Una FC
non immagazzina energia al suo
interno e non si scarica come succede
alla
batteria;
essa
converte
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direttamente il combustibile in energia elettrica, mentre la batteria deve rifornirsi di
energia elettrica da una fonte esterna.
La cella è composta da due elettrodi in materiale poroso, separati da un elettrolita. Gli
elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni di cella che consumano
fondamentalmente idrogeno e ossigeno, con produzione di acqua e passaggio di
corrente elettrica nel circuito esterno (ad esempio una lampadina o un motore).
L'elettrolita ha la funzione di condurre gli ioni prodotti da una reazione e consumati
dall'altra, chiudendo il circuito elettrico all'interno della cella. La trasformazione
elettrochimica è accompagnata da produzione di calore, che è necessario estrarre per
mantenere costante la temperatura.
Esistono diverse tecnologie di cella, con diverse caratteristiche e grado di sviluppo.
Normalmente le celle vengono classificate sulla base dell'elettrolita utilizzato (celle
alcaline, a elettrolita polimerico, ad acido fosforico, a carbonati fusi, a ossidi solidi) o
in base alla temperatura di funzionamento (celle a bassa e alta temperatura).
L'elettrolita determina o condiziona fortemente:
· il campo di temperatura operativo;
· il tipo di ioni e la direzione in cui diffondono attraverso la cella;
· la natura dei materiali costruttivi;
· la composizione dei gas reagenti;
· le modalità di smaltimento dei prodotti di reazione;
· le caratteristiche di resistenza meccanica e di utilizzo;
· la vita della cella.
17.6.1 PRINCIPALI TIPI DI CELLE
• Celle alcaline (AFC, Alkaline Fuel Cell), che usano un elettrolita costituito da
idrossido di potassio ed operano a temperature intorno a 120°C. Hanno raggiunto un
buon grado di maturità tecnologica soprattutto per usi speciali (applicazioni militari e
spaziali); Le loro caratteristiche (richiedono gas di alimentazione estremamente puri)
ne hanno limitato fortemente la diffusione, tanto che oggi non vi sono programmi di
sviluppo in corso
• Celle ad elettrolita polimerico(PEFC, Polymer Electrolyte FuelCell), che usano
come elettrolita una membrana polimerica ad elevata conducibilità protonica e
funzionano a temperature comprese tra 70 e 100 °C; sono sviluppate soprattutto per la
trazione e la generazione/cogenerazione di piccola taglia (1-250 kW)
• Celle ad acido fosforico (PAFC, Phosphoric Acid Fuel Cell), che operano a
temperature prossime ai 200 °C con un elettrolita costituito da una soluzione
concentrata di acido fosforico; rappresentano la tecnologia più matura per gli usi
32
stazionari, con commercializzazione già avviata per le applicazioni di cogenerazione
nei settori residenziale e terziario (100-200 kW)
• Celle a carbonati fusi (MCFC, Molten Carbonate Fuel Cell), che usano come
elettrolita una soluzione di carbonati alcalini fusa alla temperatura di funzionamento
della cella (650 °C) e contenuta in una matrice ceramica porosa; sono promettenti
soprattutto per la generazione di energia elettrica e la cogenerazione da qualche
centinaio di kW ad alcune decine di MW
• Celle ad ossidi solidi (SOFC, Solid Oxide Fuel Cell), che funzionano a temperatura
elevata (circa 900-1000 °C) per assicurare una conducibilità sufficiente all’elettrolita,
costituito da materiale ceramico (ossido di zirconio drogato con ossido di ittrio);
come le celle a carbonati, sono promettenti soprattutto per la generazione di energia
elettrica e la cogenerazione da qualche kW ad alcune decine di MW
• Celle a metanolo diretto (DMFC, Direct Methanol Fuel Cell), che operano a
temperature tra 70 e 120 °C e come le PEFC utilizzano come elettrolita una
membrana polimerica. Sono ancora nello stadio di ricerca di laboratorio. Nella figura
è riportato lo schema di funzionamento dei vari tipi di celle.
IMPIANTI CON CELLE A COMBUSTIBILE
Gli impianti con celle a combustibile sono costituiti da 3 sezioni principali:
1. una sezione di trattamento del combustibile (gas naturale, metanolo, olio
combustibile, carbone), che converte lo stesso in un gas di sintesi contenente
idrogeno, purificato secondo le necessità imposte dal tipo di cella. Raramente
l’idrogeno, nonostante sia l’elemento più abbondante dell’universo, è disponibile
nella sua forma pura. Dunque la FC è dotata di un reformer per ottenere idrogeno da
combustibili fossili ricchi di idrogeno.
33
La produzione di idrogeno viene ottenuta con sistemi che utilizzano processi di steam
reforming, ossidazione parziale, ecc. Il processo normalmente impiegato quando si
parte da idrocarburi leggeri (metano) è quello di reforming catalitico con vapore,
seguito da conversione dell'ossido di carbonio:
Cn Hm + n H2O = n CO + (m/2 + n) H2
n CO + n H2O = n CO2 + n H2
Il processo di reforming comporta l’emissione di CO2, in una quantità che è la metà
di quella generata dai tradizionali metodi di produzione di energia elettrica, e di NO
in tracce.
Nel processo occorre adottare condizioni di reazione che prevengano la formazione di
composti indesiderati (es. formazione di carbone) che comprometterebbero
l'efficienza del processo stesso.
Questa sezione non è presente se si utilizza idrogeno, se si impiegano celle ad alta
temperatura (MCFC e SCIFC) in cui la riforma del combustibile avviene all'interno
della cella stessa o nel caso di celle a metanolo diretto (DMFC);
2. una sezione elettrochimica, costituita dalle celle che producono energia elettrica
per via elettrochimica attraverso una reazione tra idrogeno alimentato all’anodo e
ossigeno alimentato al catodo; la trasformazione elettrochimica è accompagnata da
produzione di calore;
3. un sistema di condizionamento della potenza elettrica, noto come “power
conditioning equipment”, che trasforma l'energia, prodotta sotto forma di corrente
elettrica continua, in corrente alternata di opportune caratteristiche.
Inoltre converte la potenza DC a basso voltaggio in potenza AC ad alto voltaggio, che
viene utilizzata nelle case ed impiega una batteria per soddisfare il picco dei
fabbisogni energetici a cui la cella non può far fronte. Infine consente il controllo
della frequenza della corrente e mantiene le armoniche ad un livello accettabile.
34
Completano l'impianto un sistema di regolazione e di recupero del calore, che può
essere utilizzato sia all'interno dell'impianto (ad esempio, per il reattore di
conversione del combustibile), che per utenze esterne di cogenerazione e un sistema
di controllo che assicura il coordinamento delle diverse sezioni dell'impianto.
Analizziamo il funzionamento di una FC di tipo PEM (PROTON EXCHANGE
MEMBRANE).
Dopo che il reformer ha prodotto l’idrogeno, la FC combina l’ossigeno contenuto
nell’aria con l’idrogeno per ottenere energia elettrica e acqua.
L’idrogeno è alimentato all’anodo della FC, dove si trova un catalizzatore,
solitamente platino, che ha la funzione di separare gli elettroni carichi negativamente
dall’idrogeno, i quali confluiscono all’esterno della FC attraverso un circuito esterno
come una lampadina o un motore. I cationi (H+) dell’idrogeno attraversano la FC
contenente una soluzione elettrolitica fino a raggiungere il catodo.
Qui si ricongiungono gli idrogenioni (H+), gli elettroni provenienti dal circuito
esterno e l’ossigeno alimentato al catodo. I coprodotti della reazione elettrochimica,
chiamata idrolisi inversa, sono vapore acqueo, calore ed energia elettrica.
Teoricamente il vapore acqueo potrebbe essere riciclato per produrre idrogeno e il
calore potrebbe essere usato per riscaldare.
L’efficienza della FC è superiore a quella della combustione, che sappiamo essere
limitata dalla legge di Carnot. L’efficienza delle FC varia dal 35% al 90%. Impurezze
presenti nei gas di alimentazioni riducono le prestazioni di cella.
La produzione di idrogeno (H2) da fonti energetiche fossili (ligniti, carbone, petrolio,
gas naturale) si giustifica unicamente se l’anidride carbonica (CO2) viene sequestrata
nell’ambito del processo di reforming. In caso contrario il processo “fonte fossile idrogeno - motore a combustione interna” peggiora nettamente l’impatto ambientale.
Il consumo di energia primaria rimarrebbe pressoché pari a quello attuale scegliendo
il percorso “fonte fossile - idrogeno - cella a combustibile”. La sequestrazione della
CO2 resta pertanto una condizione “sine qua non”. Oggi l’unico percorso meritevole
di attenzione sia dal punto di vista ecologico che da quello economico e politico è il
35
seguente: “energia idroelettrica - idrogeno (elettrolisi) - cella a combustibile”. Si
potrebbe pure partire dall’energia nucleare, ma in questo caso il consenso socio
politico non sarebbe scontato. Il percorso “nuove energie rinnovabili (fotovoltaico,
eolico, biomassa, geotermia) - idrogeno - cella a combustibile” è interessante dal
punto di vista ecologico, ma rischia di rimanere ancora per lungo tempo proibitivo
dal punto di vista economico. E l’aspetto economico resta un criterio fondamentale
nell’ambito dello sviluppo sostenibile. È pure necessario poter disporre di dati
ecologici ed economici affidabili per quanto riguarda la gestione dell’idrogeno
(compressione, liquefazione, immagazzinamento, trasporto, sicurezza). Tutte queste
considerazioni invitano a diffidare di fronte a chi presenta l’idrogeno come la
soluzione definitiva ai problemi energetici mondiali, ma ciò non significa che si
debba restare passivi. Bisogna fare ancora molta ricerca e migliorare le tecnologie
prima di poter fornire risposte univoche e certe sul futuro dell’idrogeno.
La produzione di idrogeno e la successiva produzione di elettricità mediante cella a combustibile
(energia immessa alla fonte
56.3 kWh/kgH2). Emissioni specifiche di CO2.
17.7 COSTI
Uno dei primi a proporre un’economia mondiale basata sull’idrogeno è stato Cesare
Marchetti verso gli anni '60 e '70. Marchetti stesso tuttavia, faceva notare come la
sostituzione di una tecnologia con un altra richiede tempi lunghi e coinvolge enormi
costi, soprattutto se lasciata unicamente alle cosiddette “forze del mercato”. Marchetti
riteneva che i tempi naturali di sostituzione del petrolio con l’idrogeno fossero
dell’ordine dei 50-100 anni e aveva probabilmente ragione perchè nonostante le crisi
36
energetiche degli anni 70 non si è fatto quasi nulla a questo proposito. E’ una
questione di costi e di volontà politica combinate. Per dare un’idea dei costi che
abbiamo di fronte, verso la fine degli anni ‘80 si fece uno studio particolareggiato
sulla possibilità di creare un grosso impianto solare fotovoltaico in Algeria per fornire
energia elettrica a tutta la Germania del sud attraverso un idrogenodotto. Il costo
totale dell’impresa veniva a essere qualcosa come 150-200 miliardi di Euro. In se,
non è una cifra assurda, come ordine di grandezza corrisponde più o meno al costo
delle spese militari annuali dei paesi dell’Unione Europea. Se somme di questo
genere fossero dirottate sull’energia con uno sforzo coordinato da tutti i paesi
europei, in 10-20 anni potremmo mettere in piedi una struttura di base che ci
metterebbe al riparo dalle future crisi energetiche. In termini più generali, il
passaggio completo all'economia all'idrogeno a livello planetario potrebbe costare
qualcosa dai 10 mila ai 50 mila miliardi di dollari all'umanità. Questa è una cifra
immensa, ma che potrebbe essere sopportabile se diluita in 20-30 anni, nel qual caso
sarebbe dello stesso ordine di grandezza delle spese militari mondiali.
17.8 RICERCA E SVILUPPO
ALL’ESTERO
I principali Paesi industrializzati nel mondo, in particolare Stati Uniti, Giappone,
Unione Europea hanno tutti programmi di ricerca e sviluppo in corso, sia a breve che
a medio termine, finalizzati a perfezionare la tecnologia delle celle e ad introdurre lo
sfruttamento dell’idrogeno nella produzione di energia nel giro di alcuni anni.
A livello europeo, nell’ottobre 2002, è stato costituito un gruppo di esperti composto
da rappresentanti di grandi industrie del settore automobilistico ed energetico, dei
servizi pubblici, di istituti di ricerca, con il compito di definire un programma e le
priorità per promuovere la diffusione e l’utilizzo dell’idrogeno.
Nel giugno 2003 a Bruxelles è stato da questi presentato un documento sulla “Visione
Europea” che, di pari passo con lo sviluppo delle celle a combustibile e delle
tecnologie correlate, prevede che intorno al 2050 l’idrogeno prodotto da fonti
rinnovabili rivestirà un ruolo importante nella produzione di energia.
IN ITALIA
In Italia, da un punto di vista energetico, la disponibilità di un vettore flessibile e
pulito prodotto a partire da fonti diversificate, sia fossili che rinnovabili, è di estremo
interesse per il nostro Paese, vista la sua dipendenza dalle importazioni di gas e di
petrolio e l’estrema vulnerabilità del sistema elettrico in caso di aumento dei consumi
o di difficoltà di importazione dell’energia.
Analogo interesse rivestono i risvolti ambientali connessi con tale scelta che potranno
favorire il conseguimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto e dare un
contributo significativo alla riduzione dell’inquinamento locale.
37
In particolare l’impiego dell’idrogeno nei trasporti contribuirebbe a migliorare la
qualità dell’aria nei centri urbani che, nonostante i grandi progressi realizzati e attesi
nei veicoli convenzionali e nei relativi sistemi di abbattimento, ancora presenta delle
criticità (smog fotochimico, particolato, poliaromatici, ecc.).
Infine, per ultimo ma non ultimo, tutti questi benefici si combinano anche con gli
interessi dell’industria nazionale: l’essere presenti nel mercato che si aprirà di qui a
pochi anni è indispensabile per aspirare a una posizione competitiva in questo
business.
D’altra parte, gli ingenti investimenti necessari richiedono il
coinvolgimento attivo e convinto dei principali attori nazionali interessati (governo,
società energetiche, industrie, utenti, strutture di ricerca); inoltre le numerose
competenze necessarie e i diversi interessi coinvolti devono essere gestite in un
quadro organico e unitario, che persegua in maniera coordinata obiettivi di interesse
strategico per il Paese, avvalendosi anche di collaborazioni internazionali.
Alcuni sistemi di celle a elettrolita polimerico a cui sta lavorando attualmente
l’ENEA:
Sistema da 15kWe a gas naturale (1999-2003) MIUR L:95/95.
Partner: CNR-IT, Nuvera Fuel Cells Europe, Politecnico di
Milano,Università di Roma Genova e Torino.
Realizzazione e sperimentazione di un sistema a propulsione a
idrogeno da 30 kW di tipo ibrido con celle a combustibile (PEFC
5 kW) per trazione.
Prototipi di diversa taglia (portatile da 150W, unità da 300W per
bicicletta elettrica).
Riassumendo, le attività previste in Italia per il breve-medio
termine riguarderanno:
per la produzione:
la generazione di idrogeno pulito a partire da
combustibili fossili;
•
la valutazione e la fattibilità delle opzioni disponibili
per il confinamento della CO2;
•
la produzione da fonti rinnovabili, in particolare
dall’energia solare;
la messa a punto di sistemi di trasporto e distribuzione; la creazione di una rete di
infrastrutture e di stoccaggio;
•
•
per l’utilizzazione:
•
•
la generazione di energia elettrica stazionaria, sia centralizzata in impianti di taglia
industriale, sia distribuita in sistemi portatili e per utenze familiari;
lo sviluppo di autoveicoli funzionanti a idrogeno.
38
18
POMPE DI CALORE
Questi sistemi si possono usare sia per raffreddare che per riscaldare, ma ci sono
alcune condizioni che devono essere soddisfatte per poterle usare efficientemente. Ad
esempio questi impianti funzionano meglio in climi caldi come quelli dell'Italia
centro-meridionale.
Una pompa di calore è in sostanza un gruppo frigorifero, di cui per l’estate
(condizionamento) si utilizza il calore di evaporazione (Qe), mentre per l’inverno
(riscaldamento) il calore di condensazione (Qc).
Un gruppo frigorifero è composto da quattro elementi principali , cioè : un
compressore che aumenta la pressione del fluido , due scambiatori di calore ( un
condensatore ed un evaporatore) , e da una valvola di espansione che abbassa la
pressione .
Il ciclo frigorifero consiste nel fornire lavoro e sottrarre calore all'evaporatore per
cederlo alla sorgente a temperatura più alta tramite il condensatore.
Il fluido frigorigeno in genere è costituito da elementi della catena del freon (tipo
Rx). Fino a poco tempo fa veniva molto usato come elemento frigorigeno il freon 22
(R22) che, però ora è stato messo al bando (protocollo di Kyoto).
Il compressore , azionato in genere dall'energia elettrica , comprime il gas da p1 ad
una pressione maggiore p2, compiendo lavoro, e lo scalda . Dal compressore esce ,
dunque , gas compresso e caldo, allo stato fisico di vapore surriscaldato, per poi
raggiungere il condensatore, ossia uno scambiatore di calore alettato, in cui il gas ,
che vi giunge più caldo dell'ambiente esterno , cede la quantità di calore latente Qc
condensando.
Dal condensatore, dunque, esce liquido alla pressione maggiore delle due di
funzionamento . A questo punto si fa passare il liquido attraverso una valvola di
espansione, che funziona come quelle delle bombolette spray, dove all’interno il
fluido è liquido e mentre esce dalla valvola , vaporizza .
Ora il fluido ha minore pressione ed è quasi tutto liquido con una parte di vapore, ed
è in questa condizione che raggiunge il secondo scambiatore alettato, ossia
l'evaporatore.
Attraverso l'evaporatore il fluido riceve la quantità di calore Qe dall'esterno (es.
calore dai cibi, dall’aria esterna), dove la temperatura è maggiore, e in virtù di questo
calore latente, esso evapora di nuovo , ma alla pressione minore.
A questo punto ho del gas caldo a bassa pressione che è pronto a ricominciare il ciclo
passando attraverso il compressore.
In realtà è lo stesso ciclo del frigorifero di casa, anche se il processo è leggermente
diverso , infatti sono le bevande ed i cibi caldi a cedere il loro calore al fluido ,
facendolo vaporizzare nell’evaporatore, invece nel condensatore a sua volta cede il
calore di condensazione all'ambiente. Dunque in questo processo avviene un doppio
39
scambio termico nei due scambiatori di calore (evaporatore e condensatore) , in
genere alettati .
L'effetto utile o frigorigeno nel ciclo frigorifero, dunque, è il rapporto tra il risultato
ottenuto (Qe) e la spesa (L) :
La pompa di calore si può considerare come lo stesso ciclo frigorifero , di cui , però ,
si usa il calore prodotto (Qc) . Dunque la macchina è sempre la stessa , solo che in
estate si usa per raffreddare e in inverno per riscaldare.
Della pompa di calore si può misurare il coefficiente di prestazione : C.O.P. = Qc / L
= 1+η
Le pompe di calore, frigorifero a ciclo reversibile, permettono tramite una valvola a
quattro vie regolabile, di decidere se farle funzionare per scaldare o per raffreddare ,
senza nulla cambiare se non mutando la posizione di una valvola , che cambia il
flusso del fluido frigorigeno.
In una stagione (estate) fornirò acqua refrigerata, dall’evaporatore, a 10° C , e
nell'altra acqua dal condensatore a 35° C.
L'impianto è esattamente lo stesso , si cambia semplicemente il verso con un pulsante
che agisce sulla valvola a quattro vie.
L’ uso della pompa di calore è molto importante perché consente di ottenere un
doppio servizio :
riscaldamento in inverno e raffreddamento in estate con la stessa macchina frigorifera
e con lo stesso impianto di utilizzazione (ad aria o con ventilconvettori).
E' importante ricordare , però , che la pompa di calore funziona bene in climi
abbastanza miti (es. Italia Centro Meridionale) , e che tale sistema è in genere
conveniente solo se adottato in situazioni d'uso in cui si usa sia per riscaldare che per
raffreddare , e non dove serve per uno solo di questi scopi.
Ma come si influenza il rendimento di queste macchine?
Il C.O.P. massimo sarebbe quello ottenibile nel ciclo di Carnot , cioè
Con Te e Tc rispettivamente temp. Kelvin dell’evaporatore , o sorgente fredda , e del
condensatore , o calda.
La pompa di calore è vantaggiosa se Tc-Te è un valore piccolo, ed in particolare se la
sorgente fredda ha una temperatura Te relativamente alta , mentre Tc non è troppo
elevata.
Quindi, se ad esempio a Firenze, ho una temperatura invernale dell’aria esterna Te =
10°C = 283K, e Tc è 45°C (UTA, ventilconvettori) = 318K, allora C.O.P.max teor =
318 / (318-283) = circa 9 quindi spendendo 1 ne ricavo 9!
40
Questo teoricamente se la macchina fosse reversibile (Carnot) , in realtà, tenendo
conto di tutte le irreversibilità presenti (attriti, passaggi di en. termica, ecc...) occorre
ridurre tale valore di almeno il 65 % , quindi il COP reale = 3 – 3,5 , che è pure molto
interessante sia dal punto di vista energetico che economico;
A Milano , invece se Te=0°C =273K , Tc = 80° C = 353K (radiatore)
quindi C.O.P.max teor=
= circa 4 , e quello reale 1,5 , molto meno, e non
proponibile.
Deve essere ben chiara la differenza fra C.O.P. teorici su macchine ideali di Carnot ,
e COP che nella realtà rispetto ai coefficienti teorici perdono sempre almeno i due
terzi , e quindi per essere interessanti queste macchine, sia dal punto di vista
energetico che economico, occorre che il loro COP reale sia almeno attorno a 3.
Quelli ipotizzati erano scambiatori aria-aria , che usano , cioè , come sorgente fredda
l'aria esterna , ma si possono anche usare altre fonti fredde , purché gratuite , quindi
vanno bene anche l'acqua se si è vicini a corsi d'acqua, laghi, o al mare , i pozzi
artesiani (se consentito!) o il terreno stesso. Anche il terreno dunque è ottimo come
sorgente fredda perché sotto 1 m dalla superficie in un anno la variazione di
temperatura massima è di circa 1-2°C , anche in funzione del tipo di terreno; dunque
ci si mantiene sempre sui 15°C , durante l’intero anno, e quindi questa è una
temperatura buona per un impianto a pompa di calore.
Le pompe di calore, in conclusione , sono molto proponibili a tre condizioni:
- che ci sia la sorgente fredda con temperatura adatta (8 -15 °C) , gratuita e di
grande capacità termica ,
- che la temperatura di utilizzo sia moderata (circa 40-50°C),
- che la situazione climatica del posto sia tale che i fabbisogni termici nelle stagioni
opposte (inverno,estate) siano circa gli stessi e circa della stessa durata in termini
di servizio richiesto in quella zona (es. Roma, Napoli) .
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turbina KOBOLD