Caso clinico Titolo articolo anche lungo
[ Come
s i fa
]
Le infezioni nosocomiali
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014
74
Per il controllo della diffusione delle infezioni late onset in TIN
è strategico il ruolo degli operatori sanitari.
Dante Ferrara1
Domenico Cipolla2
Giovanni Moceri1
Giovanni Corsello1
1
Dipartimento Materno-Infantile
Università degli Studi di Palermo
2
Unità Operativa Complessa
Pediatrica Ospedale S. Cimino,
Termini Imerese
Vedi
e
an.c. h
.
pag. 82
Report clinico N.F., nato a 35 settimane di gestazione da taglio cesareo, con diagnosi
prenatale di idrocefalo congenito. Adattamento neonatale nei limiti per l’età gestazionale,
indici di flogosi negativi. Dopo stabilizzazione, in terza giornata di vita viene sottoposto
ad intervento chirurgico di derivazione ventricolare. Durante il decorso post-operatorio
in TIN sono stati utilizzati ampicillina-sulbactam e gentamicina. Due settimane dopo l’intervento è stato isolato da tampone rettale Escherichia Coli ESBL+, cioè produttore di
Beta-Lattamasi ad ampio spettro, un microrganismo gram negativo che è stato tipizzato genotipicamente (appartenente al clone ST131),
resistente a numerosi antibiotici che, in caso di
viraggio da colonizzazione ad infezione, può
diventare fatale. Questo neonato è diventato
il caso-indice di un outbreak di colonizzazione
che ha coinvolto 12 neonati, di cui nessuno ha
mostrato segni di sepsi, nell’arco temporale di
20 giorni. Sono state implementate tutte le misure di prevenzione da contatto, si è operata
una sanificazione ambientale straordinaria, sono
stati temporaneamente bloccati il ricovero di
altri neonati e il contatto fisico dei neonati con
i genitori. Con la dimissione dell’ultimo neonato
colonizzato il genotipo E. Coli è scomparso e non
è stato più individuato dal sistema di sorveglianza attivo presso la TIN.
Come si fa Le infezioni nosocomiali
Epidemiologia
L’
incidenza delle infezioni nosocomiali nei
Paesi sviluppati è compresa tra l’1 e il 4 per 1000 nati
vivi, contro i 6,5–38 per 1000 dei Paesi in via di sviluppo;
in Europa vi è una incidenza variabile compresa tra il 7
e il 19%, contro il 14% degli USA2. In Italia, secondo le
stime dell’Istituto Superiore di Sanità3, le infezioni si
manifestano nel 5–8% dei pazienti ricoverati; in età pediatrica il rischio è più elevato, a causa dell’alto tasso di
infezioni acquisite in comunità tra i bambini ospedalizzati
soprattutto durante le epidemie stagionali, dello stretto
contatto fisico tra il personale sanitario ed i bambini, della
frequenza in ospedale di ludoteche o spazi comuni che
offrono numerose opportunità per la trasmissione degli
agenti infettivi. Nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN)
la frequenza di infezioni nosocomiali è del 7–24,5%4, circa
il 40% in neonati di peso inferiore a 1.000 grammi e di
età gestazionale inferiore alle 28 settimane5, contro lo
0,3–3% dei neonati a termine sani, e sono rappresentate
per il 50% dei casi da sepsi, 25% da infezioni respiratorie,
15% da infezioni delle vie urinarie.
L
e prime circolari ministeriali emanate in tema di infezioni nosocomiali risalgono al 1985 (“Lotta
contro le infezioni ospedaliere”, con l’istituzione in ogni
presidio ospedaliero di una commissione tecnica responsabile della lotta alle infezioni) e al 1988 (“Lotta contro le
infezioni ospedaliere: la sorveglianza”). Nel 1998 furono
istituiti i Comitati di Controllo delle Infezioni Ospedaliere: sistemi di sorveglianza e di controllo, ma anche di
denuncia delle infezioni che insorgono in ospedale. Per
“sorveglianza” s’intende un’attività di raccolta, analisi ed
interpretazione dei dati continuativa ed orientata all’intervento, per l’attuazione della quale possono essere utilizzate varie metodologie con diversi gradi di efficienza. Da
un’indagine condotta nel 2004 risultava che nel 50% degli
ospedali tali Comitati non erano stati ancora istituiti.
Strategie e funzioni dei comitati ospedalieri:
verifiche ambientali e sorveglianza nei reparti ad
alto rischio;
strategie di sterilizzazione e disinfezione;
controllo sulle modalità d’uso e consumo degli
antibiotici;
sorveglianza delle resistenze;
valutazione dei presidi medici, delle procedure invasive e della qualità dell’assistenza erogata;
redazione di linee guida condivise per le procedure
assistenziali;
formazione culturale, tecnica ed epidemiologica
del personale sanitario.
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75
L
e infezioni rappresentano un rilevante
problema di salute pubblica, nonostante i
progressi scientifici, assistenziali e tecnologici raggiunti negli ultimi anni. Il miglioramento del
management ostetrico-neonatologico ha permesso la
sopravvivenza di neonati estremi pretermine, con aumento dell’incidenza di problematiche correlate a causa
dell’immaturità del sistema immunitario, unitamente
alle strategie assistenziali intensive. Si definiscono “nosocomiali” le infezioni contratte in ambiente ospedaliero,
non evidenti né in incubazione al momento del ricovero,
che sono correlate alla degenza manifestandosi durante
o subito dopo. Nel periodo neonatale le infezioni nosocomiali sono definite “late onset”, ad insorgenza dopo
le prime 72 ore di vita1, distinte da quelle “early onset”
legate ad infezioni a trasmissione materno-fetale.
Comitati di lotta alle infezioni ospedaliere
Eziopatogenesi
I
neonati ricoverati in TIN costituiscono una
popolazione eterogenea estremamente vulnerabile,
in particolare i pretermine e quelli con basso peso alla
nascita: bassi livelli anticorpali trasmessi dalla madre,
ridotta capacità funzionale di molti componenti del sistema immunitario, deficit nutrizionali, immaturità della
barriera cutanea ed intestinale, colonizzazione di cute e
mucose da parte di microrganismi endemici, contaminazione di strumentazioni mediche come gli stetoscopi,
manipolazioni frequenti da parte degli operatori sanitari
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Premesse
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Come si fa Le infezioni nosocomiali
e sovraffollamento delle strutture6. Altri fattori di rischio
che entrano in gioco sono rappresentati dalla gravità
della patologia di base, dalla durata del ricovero, dai
trattamenti con antibiotici ad ampio spettro, con inibitori della secrezione acida gastrica, con steroidi sistemici, e anche dalle procedure diagnostico-terapeutiche
invasive come nel caso di intubazione endotracheale,
ventilazione meccanica, cateteri venosi centrali (CVC),
nutrizione parenterale totale (NPT) ed utilizzo di lipidi
endovena. In particolare gli inibitori della secrezione
gastrica, aumentando il pH gastrico, contribuiscono a
promuovere una crescita eccessiva di batteri e funghi
patogeni, con aumento del rischio di infezioni respiratorie e gastrointestinali, e di sepsi late onset; anche gli
steroidi possono contribuire alla diffusione di funghi a
livello intestinale dei neonati e per questo motivo il loro
uso deve essere limitato.
Le infezioni rappresentano la principale causa di
morbilità e mortalità nei neonati pretermine a causa di
trattamenti protratti, costosi e potenzialmente tossici,
crescita ponderale stentata, prolungamento della degenza, interruzione del bonding genitoriale, difficoltà nel
mantenimento dell’allattamento al seno materno. Negli
ultimi anni si è assistito a una graduale inversione nella
prevalenza dei microrganismi responsabili di infezioni
nosocomiali: mentre agli inizi degli anni ’90 erano soprattutto i cocchi gram positivi, oggi sono i gram negativi ad
essere isolati con maggiore frequenza. Questo fenomeno è
dovuto alla modificazione dell’ecologia microbica a causa
di un uso poco razionale degli antibiotici. Oltre il 60%
delle infezioni late onset in TIN sono causate da batteri
gram positivi (Staphylococcus Aureus, Enterococcus, Stafilococchi Coagulasi Negativi), con sviluppo di sepsi nel
50% dei casi: bradicardia, apnee con necessità di supporto
respiratorio, difficoltà all’alimentazione, distensione addominale, letargia, ipotonia, iperglicemia, acidosi metabolica.
La comparsa di shock e l’improvviso peggioramento delle
condizioni cliniche sono spesso associati a gram negativi
(Escherichia Coli, Enterobacter, Pseudomonas, Klebsiella,
Serratia); le sepsi da funghi sono invece più frequenti in
neonati estremi pretermine e di basso peso7. L’eccessivo
utilizzo di antibiotici, in particolare di cefalosporine di
terza generazione, ha determinato un aumento dell’incidenza di infezioni e modifiche dell’ecologia microbica:
microrganismi resistenti ai β-lattamici e ai carbapenemi8,
e comparsa di germi “emergenti”, quali Staphylococcus Aureus Meticillino-Resistente, Enterococchi resistenti alla
Vancomicina, gram negativi multiresistenti. Il tratto gastrointestinale può rimanere colonizzato da questi batteri
per periodi prolungati senza evidenza clinica di malattia
e fungere da serbatoio per altri pazienti o per gli operatori sanitari che non eseguono una corretta igiene delle
mani, oppure diffondere attraverso materiali o oggetti
contaminati9.
Oltre alle mani del personale sanitario, che rappresentano generalmente sorgente e via di trasmissione più
frequenti, anche l’aria, l’acqua, gli alimenti, le soluzioni
per infusione, gli oggetti di uso comune, le incubatrici
e le superfici presenti nelle TIN giocano un ruolo determinante nella diffusione di microrganismi potenzialmente patogeni per i neonati. La sorveglianza integrata
epidemiologica e microbiologica si realizza attraverso
una attenta analisi dei dati al fine di consentire anche
una visione globale quantitativa e qualitativa dei casi
di infezione, e con l’isolamento laboratoristico dell’agente causale, cercando di stabilire se microrganismi
appartenenti alla stessa specie isolati in tempi differenti
abbiano una origine comune (identità clonale), al fine
di rilevare infezioni crociate nell’ambito di situazioni
endemo-epidemiche, e di identificare sorgenti e serbatoi
di infezione. L’interesse della ricerca clinica si è rivolto
allo studio di nuove strategie di prevenzione delle infezioni nosocomiali: l’igiene delle mani, la gestione dei
Tabella 1 – Fattori di rischio
Intrinseci
Estrinseci
Prematurità e basso peso alla nascita
Colonizzazione da microrganismi endemici
e contaminazione di strumentazioni
Deficit nutrizionali e immunitari
Immaturità barriera cutanea e intestinale
Patologia di base
Manipolazioni frequenti degli operatori sanitari e durata della degenza
Sovraffollamento dei reparti
Procedure diagnostico-terapeutiche invasive
Terapie antibiotiche, steroidee, con inibitori
della secrezione gastrica
Come si fa Le infezioni nosocomiali
L’interesse della ricerca clinica si è rivolto allo studio di nuove strategie
di prevenzione delle infezioni nosocomiali: l’igiene delle mani,
la gestione dei CVC e la diagnosi tempestiva di infezione.
G
li organismi responsabili di infezioni nosocomiali sono spesso trasmessi attraverso le mani
del personale sanitario. I Centers for Disease Control
and Prevention (CDC) raccomandano il lavaggio delle
mani con acqua e sapone e l’utilizzo di detergenti a
base alcolica prima e dopo qualsiasi contatto con i neonati, in situazioni di emergenza o come coadiuvante
in caso di un precedentemente lavaggio delle mani ma
potenzialmente ricontaminate11. L’utilizzo di dispositivi
di protezione individuale come i guanti monouso non
riduce in modo significativo la trasmissione di agenti
patogeni; è inoltre necessario togliere anelli, orologi,
braccialetti, tenere le unghie corte e pulite. Una corretta igiene delle mani rappresenta la più importante
misura per prevenire le infezioni, la contaminazione
dell’ambiente ospedaliero con germi potenzialmente
patogeni, e la trasmissione crociata di microrganismi fra
i pazienti12. L’incremento dell’adesione alle pratiche di
igiene delle mani si associa alla riduzione della frequenza
del 20–30% di infezioni nosocomiali e della diffusione
di microrganismi antibiotico-resistenti13.
Raccomandazioni di base
sul lavaggio delle mani
Quando:
prima e dopo ogni contatto con il neonato;
prima di manipolare un dispositivo invasivo per
l’assistenza;
prima di preparare e somministrare farmaci o latte;
in caso di passaggio nel corso dell’assistenza da un
sito corporeo contaminato ad uno pulito;
dopo il contatto con fluidi e secrezioni corporee,
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Latte materno
L
e proprietà antinfettive del latte materno
fresco sono ormai consolidate, superiori sia al latte
formulato ed anche al latte da donatore di banca, soprattutto grazie all’alto contenuto di alcune sostanze
bioattive (lisozima, lattoferrina, oligosaccaridi, fibronectina, immunoglobuline, citochine, ecc.) insieme ad
una spiccata azione bifidogena14. L’avvio precoce dell’alimentazione enterale con latte materno è in grado di
prevenire la colonizzazione intestinale da parte di germi
saprofiti, l’instaurarsi di atrofia gastrointestinale attraverso uno stimolo diretto della maturazione intestinale
e delle barriere mucose e di favorire lo sviluppo dell’immunità innata ed acquisita, oltre a contribuire alla riduzione della durata della NPT e dell’utilizzo di CVC.
L’efficacia sembra essere dose-dipendente, e quindi gli
episodi infettivi si riducono quando il latte materno è
la principale fonte nutrizionale del neonato15.
77
Lavaggio delle mani
membrane mucose, cute non integra;
dopo la rimozione dei guanti;
dopo contatto con oggetti inanimati, inclusi i presidi sanitari;
dopo l’uso dei servizi igienici.
Come:
con acqua e sapone oppure soluzioni idroalcoliche
(se le mani non sono visibilmente sporche);
la temperatura dell’acqua consigliata è di 37 °C: a
temperature inferiori si ha vasocostrizione e restringimento dei pori che impediscono la penetrazione dell’antisettico, a temperature superiori
invece si può irritare la cute con passaggio in superficie di germi residenti in profondità;
la cute delle mani deve essere integra e non presentare ferite ed escoriazioni;
tenere le unghie corte, ben curate e senza smalto;
non indossare orologi e monili;
asciugare le mani tamponandole, senza strofinarle.
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CVC, e la diagnosi tempestiva di infezione al fine di
intraprendere la terapia efficace e di riconoscere precocemente le sepsi neonatali, limitando l’uso di antibiotici
non necessari10.
Come si fa Le infezioni nosocomiali
Crescita
stentata
Difficoltà
nell’allattamento
al seno
materno
Interruzione
bonding
genitoriale
Prolungamento
della degenza
Infezioni
neonatali
Tossicità
da farmaci
enterica17. È in grado inoltre di promuovere la maturazione
e la differenziazione funzionale degli enterociti, accelerando la chiusura della gap junctions e promuovendo la formazione dell’orletto a spazzola negli enterociti immaturi18.
Probiotici
Compromissione
sviluppo neuro
comportamentale
Costi sanitari
Mortalità
Figura 1. Esiti.
Lattoferrina
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L
a lattoferrina è una glicoproteina presente in notevoli quantità nel colostro umano, circa 7 mg/
ml, che decresce progressivamente nei giorni successivi
al parto fino a circa 1–2 mg/ml; inoltre è maggiormente
contenuta nel latte di madri che hanno avuto un parto pretermine16. La lattoferrina bovina, ad omologia strutturale di
circa il 77%, utilizzata in terapia riduce i tassi di NEC e di
infezioni batteriche e fungine ed è in grado di determinare
un ambiente intestinale a favore della crescita di microrganismi saprofiti, con ostacolo alla colonizzazione da parte
dei patogeni. L’azione antimicrobica verrebbe espletata sia
attraverso un meccanismo diretto ‒ con effetto anticorpale
contro componenti target delle membrane batteriche e
fungine (lipopolisaccaridi, acido lipotecoico, lipoproteine,
ecc.) ‒ sia indiretto tramite l’azione ferro-chelante, insieme
ad una attività immunomodulante e bifidogenica sulla flora
I
l neonato pretermine è a rischio di alterazioni
a carico dell’intestino per trattamenti protratti con
antibiotici ad ampio spettro, per difficoltà nell’instaurare e
mantenere l’alimentazione enterale, e per la colonizzazione batterica e fungina del tratto intestinale19. Bifidobatteri
e Lattobacilli (Casei, Ramnosus, Reuterii, GG), presenti
nel latte materno, a livello intestinale si oppongono alla
colonizzazione patogena, migliorano la tolleranza all’alimentazione enterale e lo svuotamento gastrico, potenziano l’attività immunomodulante. Tali proprietà fanno
sì che i probiotici trovino indicazione nella prevenzione
della NEC e delle sepsi late onset, soprattutto nei neonati
pretermine e di basso peso, in cui l’antibioticoterapia e la
NPT possono aumentare la suscettibilità alla colonizzazione intestinale da parte di patogeni. Ulteriori studi sono
in corso, allo scopo di ottimizzare le specie e i dosaggi.
Procedure diagnostiche e terapeutiche
invasive
L’
utilizzo di dispositivi invasivi, come i CVC,
utilizzati per l’assistenza dei neonati in TIN e ancor di più i giorni di permanenza, è direttamente correlato al rischio di sepsi nosocomiale. Inoltre sono da
rispettare specifiche precauzioni durante l’inserzione
Le infezioni nosocomiali continuano a costituire ancora oggi
un problema rilevante di salute pubblica,
per l’importante impatto economico e per le sequele cliniche.
Come si fa Le infezioni nosocomiali
Igiene
delle mani
Probiotici
Lattoferrina
·
·
·
Infezioni
nosocomiali
Corretto uso
degli antibiotici
Gestione
CVC
Terapie
sperimentali
(Ig, FC neutrofili,
antibioticoprofilassi)
Identificazione
precoce
con marcatori
specifici
Coortaggio
e isolamento
Sorveglianza
attiva
periodica
Figura 2. Prevenzione.
·
·
dei dispositivi solo nei casi e nei tempi
· impiego
strettamente necessari;
disinfezione della cute e profilassi delle
· adeguata
ferite.
Profilassi antibiotica
I
tentativi di individuare una strategia preventiva basata sulla somministrazione di immunoglobuline o di fattori stimolanti la crescita di neutrofili non
hanno portato risultati convincenti, così come la somministrazione di antibiotici a dosaggio ridotto o con posologie alternative23. Uno strumento efficace per ridurre
le infezioni nosocomiali è limitare il ricorso a terapie
antibiotiche empiriche ad ampio spettro, e quindi anche
l’emergere di organismi multiresistenti24. Circa il 50%
dei neonati in TIN è in terapia antibiotica, e almeno
il 35% riceve almeno un trattamento inappropriato, più
frequentemente legato al proseguimento del trattamento
piuttosto che al corretto inizio25. Per la scelta degli antibiotici è opportuno tener presente l’ecologia batterica
del reparto e lo spettro di sensibilità dei microrganismi
più comunemente isolati. La terapia antibiotica empirica
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Profilassi
antifungina
con
fluconazolo
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percutanea, per evitare contaminazione e colonizzazione
da parte di microrganismi; il set di infusione deve essere
sostituito ogni 24 ore o ogni 48–72 ore a seconda che
siano presenti o meno lipidi nella NPT. Il CVC deve
essere immediatamente rimosso in caso di positività
dell’emocoltura, con outcome e sopravvivenza significativamente migliori se la rimozione avviene entro 24 ore
per i batteri20 o entro 72 ore per i funghi21. L’aggiunta di
eparina nelle sacche di NPT, secondo alcuni studi, sembrerebbe ridurre il rischio infettivo intrinseco22. Molte
altre procedure praticate per l’assistenza dei neonati in
TIN sono a rischio infettivo, e per queste andrebbero
rispettate delle necessarie precauzioni: exanguinotrasfusione, drenaggi chirurgici, intubazione endotracheale,
aspirazioni delle vie aeree, prelievi, sondini nasogastrici,
ventilazione meccanica, ecc.
Raccomandazioni per l’uso delle procedure invasive:
protocolli di assistenza e procedure standardizzati;
materiali di assistenza dedicati per singolo neonato
(stetoscopi, lacci emostatici, termometri, sfigmomanometri, ecc.) o accuratamente disinfettati prima di essere usati per gli altri neonati;
utilizzo di set di ventilazione monouso;
manovre di intubazione ed aspirazione tracheale
in asepsi;
mobilizzazione precoce e fisioterapia respiratoria;
posizionamento CVC: adeguata scelta del sito
d’inserzione, antisepsi cutanea per un tempo di
contatto di almeno 1 minuto, utilizzo di dispositivi
sterili (preparazione del campo, vestizione dell’operatore), uso di dispositivi di protezione (guanti,
maschere, copricapo);
gestione CVC: antisepsi della cute, ispezionare
quotidianamente il sito d’inserimento per evidenziare la presenza di segni di infezione locale,
disinfettare i dispositivi ad ogni accesso al sistema
ed i tappi di gomma delle soluzioni da infondere,
rilevare qualsiasi sintomo, quale il dolore, il bruciore, il gonfiore o il sanguinamento;
riduzione cateterizzazioni vescicali a permanenza
e di cateteri a circuito chiuso;
esami colturali dei presidi invasivi dopo la rimozione;
Alimentazione
enterale
con latte
materno
Come si fa Le infezioni nosocomiali
prolungata è associata ad un rischio doppio di sviluppare
sepsi late onset, motivo per cui andrebbe sospesa 48 ore
dopo l’esito negativo degli esami colturali26.
Raccomandazioni sull’uso degli antibiotici:
eseguire sempre esami colturali prima di iniziare
una terapia antibiotica;
test di laboratorio come la PCR sono aspecifici per
la diagnosi di sepsi;
trattare le sepsi, non le colonizzazioni;
usare sempre antibiotici a spettro più ristretto;
non iniziare terapie empiriche con cefalosporine
di terza generazione o carbapenemi;
limitare la durata dell’antibioticoterapia empirica
a meno di tre giorni, in pazienti asintomatici e con
esami colturali negativi;
opportuno sospendere dopo 2–3 giorni la terapia
antibiotica se le colture sono negative;
sistemi di sorveglianza della prescrizione e consumo;
sensibilizzazione ed informazione del personale
sanitario;
campagne informative rivolte alla popolazione;
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80
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· sostegno
resistenze.
Fluconazolo
L’
incidenza delle infezioni fungine è aumentata notevolmente negli ultimi anni: attualmente
rappresentano la terza causa di sepsi late onset nei neonati very low birth weight (VLBW ), con una incidenza
compresa tra il 5,5 ed il 10%27. La prematurità, il basso
peso alla nascita, le procedure assistenziali invasive, l’uso prolungato di antibiotici in particolare cefalosporine
di terza generazione, l’impiego di lipidi nella NPT, la
colonizzazione di cute e mucose rappresentano fattori
di rischio per lo sviluppo di infezioni fungine. Sono
gravate da sequele neuroevolutive, disabilità motorie,
neurosensoriali, intellettive, con una mortalità stimata tra il 25 e il 60%28. Diversi studi riportano che la
somministrazione profilattica di fluconazolo nei neonati VLBW riduce in modo significativo il rischio di
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Come si fa Le infezioni nosocomiali
P
er il controllo della diffusione delle infezioni late onset in TIN è strategico il ruolo degli
operatori sanitari, con la promozione di una serie di provvedimenti “a basso costo” ma estremamente efficaci: la
corretta igiene delle mani, il reclutamento e l’isolamento
dei neonati, lo screening dei neonati e di tutti gli operatori
sanitari tramite l’attuazione di una sorveglianza attiva
periodica con esami colturali per l’identificazione di eventuali colonizzazioni31. Un approccio mirato con analisi
epidemiologiche, protocolli di sorveglianza settimanale,
entrambi associati all’ammissione selettiva per i neonati
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Conclusioni
precedentemente ricoverati sembra essere efficace nel fornire informazioni sui germi circolanti e sulle probabilità di
farmacoresistenza32. Negli ultimi anni si è puntato anche
sull’identificazione precoce dei neonati a rischio mediante
specifici marcatori, come il Mannose Binding Lectin e
la H-Ficolina, fattori di rischio per sepsi rispettivamente
da batteri gram negativi e gram positivi33. Nonostante le
strategie di prevenzione messe in atto nei diversi centri, le
infezioni nosocomiali continuano a costituire ancora oggi
un problema rilevante di salute pubblica, per l’importante
impatto economico e per le sequele cliniche34, rappresentando un vero e proprio “effetto collaterale” dell’assistenza
sanitaria, utile come indicatore di efficacia e di qualità
delle cure erogate
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014
infezioni fungine invasive e la mortalità29 attraverso
una significativa e imponente riduzione dei tassi di
colonizzazione dal 29% al 9% circa e dei tassi di infezione dal 13% al 3%. Il suo impiego non è associato
a significativi effetti collaterali, e non sembra inoltre
causare alcuna selezione di resistenze30.
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Le infezioni nosocomiali