Rappresentanza e
organizzazione politica
I partiti politici
Nascita dei partiti di massa
Quando nascono i partiti di massa?
A questa domanda possiamo rispondere
– in modo complesso e comparativo rispetto alle realtà
nazionali novecentesche
– oppure possiamo fermare il nostro ragionamento al
momento in cui – nei diversi stati europei – giungono
a conclusione processi politici ed economici di lungo
periodo
• Scegliamo questa seconda ipotesi
ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE
•
Esistono almeno 5 elementi che differenziano la nascita della
rappresentanza e dell’organizzazione politica nel mondo
occidentale
–
A) i diversi momenti storici in cui si avvia e termina il processo di
formazione di uno stato unitario.
–
B) l’affermarsi di un processo di sviluppo economico di tipo capitalista
o collettivista (ma questo è già un elemento ‘900) che induce la
società a differenziarsi progressivamente in classi, secondo la
tipologia di lavoro, definendo contestualmente i caratteri di una
società di massa
–
C) le ideologie e le culture politiche che tra 800 e 900 contribuiscono
alla definizione, formazione e delimitazione di un proprio spazio
politico al cui interno – in funzione reciproca – trovano posto e si
riconoscono le diverse componenti della società di massa
ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE
–
C) esistono diversi modelli di sistemi di partiti.
•
•
•
•
•
Il caso di maggior differenziazione è quello inglese
(Labour party e TUC).
Il caso con maggior livello di comparazione è quello
franco/italiano
Un caso molto particolare e complesso è quello tedesco
che nasce fortemente condizionato dalle vicende e dalle
caratteristiche del processo unitario, dai caratteri della
società tedesca, e dalla conformazione istituzionale
Tutti seguono dei singoli e diversi processi storici di
formazione istituzionale, sociale ed economica, ma anche
quelle che sono le culture politiche che ad essi preesistono
Questi elementi di differenziazione sono indispensabili a
coglierne nel lungo periodo passaggi e trasformazioni
ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE
– D) in Italia possiamo parlare di nascita dei partiti di
massa
• con l’affermarsi dello stato unitario (non della sua
costituzione),
• con l’allargamento del suffragio e quindi degli spazi della
politica,
• con l’avvio del decollo industriale tra 800 e 900,
• con il riconoscimento che la classe dirigente liberale opera
nei confronti del mondo socialista all’indomani della crisi di
fine secolo (una crisi tra due anime della borghesia:
progressista e imprenditoriale rispetto all’anima conservatrice
che aveva appoggiato il progetto autoritario)
Il caso italiano
•
Rispetto alla nascita ed affermazione di un
moderno sistema di partiti di massa.
– datazione: tra ‘800 e primo decennio del ‘900
– l’ottocento italiano è uno spazio politico in
costruzione, al cui interno si muove prima di tutto la
questione della “legalità e legittimità dello stato
liberale (processo risorgimentale ed effettiva
costruzione postunitaria dello stato).
– Nel corso dell’800 si individuano alcune
caratteristiche che poi ritroviamo al momento della
genesi delle parti politiche.
Il caso italiano: caratteristiche
• A) È lo “spirito di associazione” proprio del futuro
modello partitico italiano ma – più in generale ed in
modo ancor più interessante - della storia della società
italiana. L’associazionismo è uno dei fulcri della
definizione e storia delle classi e delle strutture della
società italiana nel corso del ‘900.
• B) Questo spirito si presenta nell’800 in: circoli ed
associazioni di elites; associazioni economiche;
mutalismo; cooperazione e sindacato; professioni;
associazionismo patriottico (reducismo irredentismo
garibaldinismo). Da queste emergeranno o si
fonderanno alcune delle future forze politiche italiane
Il caso italiano: caratteristiche
• C) I primi effetti sono le cd. forme improprie o protopartitice anche
con caratteristiche di massa (il P.O.I.) ma, comunque, hanno un
peso decisivo nell’evoluzione delle forme e delle idee politiche che
entreranno o si affermeranno nel corso del ‘900.
• Volendo individuare delle cesure possiamo dire che
– Un primo punto di arrivo sarà la guerra 15/18 dalla quale emergerà una
radicale modifica di queste linee ottocentesche;
– Un secondo punto di arrivo, al di la del quale si entra nella seconda
parte del secolo, è – per l’Italia – il periodo 1943-45 (Resistenza) ovvero
– in modo più storico e meno netto come cesura cronologica – la
seconda parte degli anni Trenta con il precipitare del consenso al
regime fascista.
– Gli anni della Repubblica dove il definito e stabilizzato sistema dei partiti
gioca un ruolo centrale. In linea di massima e da un punto di vista
storico questo sistema giunge alla fine della guerra fredda. Da lì in
avanti si entra in quella che potremmo definire come terza fase (anche
per il cambio di legge elettorale e di rappresentanza che aveva
caratterizzato la prima repubblica).
Le culture politiche di lunga durata
• All’interno di questi elementi si definiscono culture
politiche che sono le origini dei partiti moderni e dei
partiti di massa:
– una cultura repubblicana/radicale (nel senso otto-novecentesco
del termine) legata a Mazzini e Garibaldi
– una cultura liberale protagonista del processo risorgimentale
legata alla monarchia ed alle elite risorg. e postrisorg, ma
incapace di esprimere un partito vero e proprio sia prima sia
dopo la 1GM
– una cultura socialista che esprimerà un moderno partito di
massa mantenendo le sue caratteristiche di “arcipelago” pur
rappresentando l’alveo di due grandi partiti di massa (PSI e PCI)
Le culture politiche di lunga durata
– una cultura cattolica che superata con difficoltà la crisi con lo
stato che non viene riconosciuto fino al periodo giolittiano; una
cultura che esprimerà partiti di massa (PPI, DC) tali da divenire
uno dei due assi principali del sistema e della storia politica
italiana.
– una cultura politica nazionalista che dal suo definirsi
ottocentesco
(nazionalitarismo
e
nazionalismo)
sarà
protagonista al pari di altre almeno fino alla caduta del fascismo,
assorbendo e sostanziando di una cultura un movimento come
quello fascista che cultura politica e radici storiche non aveva e
non poteva avere.
Il socialismo: le origini
• Dal 1889 (nascita seconda internazionale) in tutta Europa i partiti
socialisti si sono progressivamente trasformati in polo progressista
della democrazia rappresentativa contrapposta al polo conservatore.
• Hanno cessato quindi di essere partiti rivoluzionari e sono diventati
partiti della riforme con una base elettorale tra il 25 ed il 40% che li
ha fatti essere partiti di governo e di direzione politica.
• In Italia non è stato così fino agli anni repubblicani – pur rimanendo
il partito minoritario della sinistra con un ruolo baricentrico dal 1960
al 1989 - quando Craxi (dal 4 agosto1983 al 17 aprile 1987) e
Pertini (8 luglio 1978 – 29 giugno 1985) concretizzarono il ruolo
istituzionale e di guida dello Stato.
Il socialismo: le origini
• Le origini sono nel socialismo risorgimentale e federale
di Buonarroti e poi attraverso la fase della prevalenza
dell’anarchismo (I^Internazionale contrasto MarxBakunin) che prevale almeno fino agli anni Ottanta
compresi.
• Sul finire degli anni ottanta dell’800 il quadro delle
formazioni operanti nel movimento operaio e socialista si
cominciò ad articolare specie al nord (da questo punto di
vista inizia anche nel socialismo una sostanziale
divaricazione nord/sud legata ai diversi processi di
sviluppo e trasformazione economica)
Il socialismo: le origini
• Nel 1881 era nato il POI dalla confluenza del movimento
operaista di Costantino Lazzari e l’anima democratica
mazziniana di Osvaldo Gnocchi Viani protagonista
anche della diffusione delle CdL.
•
Con le trasformazioni sociali (sviluppo) e istituzionali
(riforma elettorale giolittiana suff.un.masc.) la sfera della
politica evolve da luogo della sociabilità, aggiungendo la
caratteristica di essere il mezzo per la tutela di precisi
interessi di parte.
• Comincia a diffondersi un tessuto connettivo per
un’organizzazione partitica di stampo moderno.
Il socialismo: dalla nascita alla 1GM
• Nel 1892 nasce il Partito lavoratori italiani che nel 1895
diviene PSI rompendo il legame con anarchici.
• La sua rete si fondava su associazioni ricreative/culturali
e socioeconomiche: un universo organizzativo che –
nonostante l’irrigidirsi della struttura non verrà mai
superato incidendo sull’effettiva disciplina partitica.
• Da qui deriva l’arcipelago socialista. Ciò specie dopo la
crisi di fine secolo quando viene conquistata (sciopero di
Genova del 1900) una piena agibilità e parziale
legittimazione sul piano socioeconomico e politico.
Il socialismo: dalla nascita alla 1GM
• In questo processo è determinante più di molte altre
cose l’affermarsi dell’organizzazione di rappresentanza
degli interessi (CGdL) che rimane a tutti gli effetti anche
oggi la più caratteristica organizzazione novecentesca
della storia d’Italia, l’unica che nata nell’800, attraversa
tutto il secolo ed entra con piena legittimazione nel
nuovo millennio.
• Questa forza – anche alle origini e nella prima fase –
faceva emergere ancor più la debolezza genetica del
partito cui (con Leghe, CdL, CGdL) in talune occasioni si
sostituiva.
Il socialismo: dalla nascita alla 1GM
• La crisi economica (1907) e l’incrinarsi del giolittismo
(1910-1913) fanno emergere le anime del socialismo:
– riformismo (gruppo Turati fino al congresso 1912 quando si
afferma una maggioranza massimalista e rivoluzionaria) regge
finché regge il compromesso politico di Giolitti che esclude le
estreme per favorire le mezze ali socialista e borghese; favorisce
di fatto la nuova classe operaia del nord
– massimalismo: minoritario fino al 1912 ma estremamente
combattivo, radicato anche nelle strutture sindacali. Anima mai
sopita dello spontaneismo e della mobilitazione (Mussolini e
l’anziano Lazzari)
– sindacalisti rivoluzionari: anima particolarissima (tra fascismo,
anarchismo, sorelismo etcc.)
Il socialismo: dalla nascita alla 1GM
– socialisti nazionali espulsi dal partito nel 1912 e
fondatori alcuni (come Bissolati e Bonomi) del
P.S.Riformista
– Gruppo parlamentare: riformista sotto la guida della
segreteria turatiana
– Gruppo de L’Avanti: parallelo al Gruppo ma anche in
opposizione (Mussolini) al riformismo
– Strutture di base: Case del Popolo e poi sezioni
(vivono e rappresentano la realtà locale)
– Federazioni di mestiere, CdL, CGdL
– Socialisti
anarchici
(come
evoluzione
dell’insurrezionalismo anarchico dell’800) ma a sua
volta anima diversa da altre del movimento libertario
Il socialismo: dalla nascita alla 1GM
• Il conflitto: dal 1912 la maggioranza turatiana è scalzata dalla guida
del partito, sostituita dalla corrente rivoluzionaria massimalista.
• La rottura nelle anime del socialismo avviene
–
–
–
–
–
Sull’intervento
Sull’internazionalismo
Sulla formula “né aderire né sabotare”
Sulla crisi caporetto
Sulla rivoluzione sovietica
• La componente riformista non riesce a cogliere le trasformazioni
indotte dal conflitto. Non è in grado di rispondere politicamente
all’affermarsi della società di massa nel dopoguerra ed a incanalare
le forze emergenti all’interno di un progetto politico riformista in
grado di essere accettato dalla classe dirigente.
• E’ la fine del mondo liberale postrisorgimentale che si incaglia ed
affonda sulla crisi del 1922
Dopoguerra, il PSI
• Settimana rossa (1914), biennio rosso (1919-21),
occupazione fabbriche (1920) sono alcuni fra
avvenimenti che segnano la crisi di un modello e di un
progetto politico che il riformismo socialista non era
riuscito a transitare al di là della guerra.
• Ciò avviene
– nel quadro di una legittimazione ritardata,
– per una incapacità della classe dirigente liberale di includere
pienamente nel mondo della legalità le rappresentanze politiche
e sindacali nate nel periodo di costruzione e stabilizzazione dello
stato.
– La stradi di una piena collaborazione è interrotta dalle resistenze
conservatrici
Dopoguerra, il PSI
• Dall’altra parte il socialismo riformista nato nell’800 non
era in grado di contenere le sue anime cui cercava di
rispondere con una strategia ed un progetto politico
superato dall’irrompere della modernità. Segno evidente
è il diffondersi delle sue anime nei tanti movimenti che si
affermano (fascismo 1919, comunismo 1921)
• Le storia aveva progressivamente condotto ad uno
stemperamento dell’identità di classe del PSI,
esponendo il movimento alle tentazioni del radicalismo e
del massimalismo
Dopoguerra, il PPI
•
Prima del 1914 eccezion fatta per il PSI, la storia politica e parlamentare
italiana ignora la strutturazione di un sistema dei partiti (Chabod).
•
Solo il PSI e poi l’ANI hanno caratteristiche organizzative e di rigidità; il
resto delle sigle sono “elastiche” legate alla singola personalità, senza
un’organizzazione compatta e con un sistema a collegio uninominale che
attribuiva molta importanza al deputato e molto meno al partito.
•
Nel gennaio 1919 compare un secondo e vero e proprio partito politico il
PPI (da cui la DC ne riprenderà in pieno le radici) di don Luigi Sturzo.
•
Nel PPI confluirono le varie componenti del variegato mondo cattolico
italiano:
–
–
–
–
i conservatori nazionali di Santucci;
il sindacalismo cristiano di Achille Grandi e Miglioli;
i giovani democratici cristiani di Romolo Murri;
i clerico-moderati.
Dopoguerra, il PPI
• Cosa rappresenta in Italia la nascita di un partito cattolico:
– Una delle maggiori novità politiche rispetto all’800
– Il definitivo ritorno (ufficiale e di massa) dei cattolici nella vita politica
italiana (dopo il non expedit, ed il tentativo di smussare le rigidità con il
Patto Gentiloni del 1913 con la conseguente elezione di 29 deputati
nelle elezioni del 1913 rispetto ai 3 del 1904 ed ai 16 del 1909)
– Un segno evidente che non si poteva escludere un pezzo della cultura
politica dell’Italia risorgimentale e postrisorgimentale, così come non si
poteva escludere un elemento strutturale della società italiana: il
cattolicesimo, l’appartenenza religiosa, la presenza del Vaticano
– Nel 1919 conquista 100 deputati (contro 156 del PSI) portando alla fine
delle vecchie maggioranze liberali.
Dopoguerra, il PPI
– La maggioranza alla Camera (anche per l’introduzione del
sistema proporzionale) è dei due partiti di massa e i vecchi
gruppi liberali tendono a sparire: la lotta politica tende a divenire
vera e propria lotta fra i due partiti di massa
– Quale è la forza del PPI:
• 100 deputati e 20,5% dei consensi (elezioni del 16 novembre 1919
le prime con proporzionale e allargamento suffragio);
• alle amministrative (comunali) del 1920 conquista il 13% dei comuni
(il PSI il 24%);
• Possiede in breve 22 quotidiani e 93 settimanali,
• Controlla banche grandi e piccole (in genere le casse rurali nate
dalla componente non classista del movimento cooperativo)
• In val Padana costituisce 311 cooperative contro le 236 socialiste;
• Contribuisce alla fondazione della CIL
che nel 1920 conta
1.161.000 iscritti (950.000 nel mondo contadino).
Dopoguerra, il PPI
– Con la nascita del PPI, che si presenta come forza
indispensabile per il governo, termina anche la politica di Giolitti
(che mal sopporterà Don Sturzo che non è un deputato o un
senatore ma rappresenta un partito)
– Il PPI è un’organizzazione politica che segue le regole del
sistema dei partiti: la segreteria ha in mano la direzione e decide
la condotta politica.
– Il PPI è comunque un partito diviso all’interno (caratteristica
trasversalità del partito e poi della DC) con una parte fortemente
democratica (Sturzo, Miglioli) ed una parte conservatrice che lo
vede come mezzo per consolidare posizioni di potere.
Dopoguerra, il PPI
• Un partito non omogeneo quindi con una azione politica
conseguentemente complessa.
• Un partito in alcuni casi “eterodiretto” con una doppia autonomia:
verso la tradizione elitaria liberale e verso il conservatorismo
vaticano di inizio secolo (Foa, Questo Novecento)
• In questo quadro il peso del governo, con i socialisti all’opposizione
(ed in crisi fra massimalismo e riformismo) ed i cattolici “difficili
alleati”, diviene molto grave fino a dare spazio alla soluzione
fascista per pacificare l’Italia seguendo lo schema:
– di riportare l’insurrezionalismo rosso ad un livello accettabile
– di svuotare il movimento fascista della sua carica rivoluzionarie
– di riprodurre lo schema liberale giolittiano
Dopoguerra, il PPI
•
Nel suo programma il PPI sostenne,
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
•
l'integrità della famiglia
il voto alle donne
la libertà di insegnamento
il riconoscimento giuridico e la libertà dell'organizzazione di classe nell'unità
sindacale
la legislazione sociale nazionale ed internazionale
l'autonomia degli enti pubblici ed il decentramento amministrativo (Regioni)
la riforma tributaria sulla base dell'imposta progressiva
il sistema elettorale proporzionale
la libertà della Chiesa
la Società delle Nazioni
il disarmo universale
Simbolo, conservato dalla D.C., fu lo Scudo Crociato con il motto Libertas,
che rappresentava da un lato da difesa dei valori cristiani dall’altro il
legame con i liberi comuni medievali italiani, da qui il forte impegno per il
decentramento amministrativo ed uno Stato più snello.
Il Partito Popolare e il fascismo
• Dopo la marcia su Roma (1922), per frenare lo squadrismo e
l'azione di asservimento dello Stato, e nell'illusione di una
normalizzazione, il PPI accettò, contro il parere di Sturzo (il quale si
era espresso invece a favore di una collaborazione con i socialisti
proprio in chiave antifascista), che alcuni uomini entrassero, nel
primo governo Mussolini.
• Nell'aprile del 1923, la collaborazione venne meno perché il 4°
Congresso del partito, chiedendo il mantenimento del sistema
elettorale proporzionale e l'inserimento del fascismo all'interno del
quadro istituzionale, provocò le ire di Mussolini.
• la destra del partito si allineò sulle posizione filo-fasciste e di fatto
abbandonò il partito.
Il Partito Popolare e il fascismo
• Nelle elezioni del 6.4.1924, svoltesi in un clima di
violenze e brogli elettorali perpetrati dai fascisti, il PPI
riuscì comunque ad ottenere il 9,0% dei voti e 39
deputati e divenne il primo tra i partiti non-fascisti.
• Dopo l'assassinio del deputato socialista Matteotti
(agosto 1924), il PPI partecipò, contro la volontà delle
gerarchie ecclesiastiche, alla secessione dell’Aventino e
passò all'opposizione, dove rimase fino al suo forzato
scioglimento avvenuto (5.11.1926)
• Tutti i maggiori esponenti furono costretti all'esilio (don
Sturzo, Donati, Ferrari) o a ritirarsi dalla vita politica e
sociale (De Gasperi).
Dopoguerra e fascismo: PSI e PCdI
• Nel 1919-20 mancò l’effettiva capacità di influenza nelle
sedi istituzionali a causa della:
– scelta massimalista del 1912
– prospettiva rivoluzionaria conseguente la rivoluzione russa (una sorta di
“miraggio”
• Con il culmine del biennio rosso (occupazione fabbriche)
il PSI entra in una repentina crisi implosiva con
progressiva dispersione delle forze
• Gennaio 1921 nasce a Livorno il PcdI
• Ottobre 1922 la corrente riformista del PSI viene espulsa
dai massimalisti e va a formare il P.S.Unitario
Dopoguerra e fascismo: PSI e PCdI
• La costruzione di un partito comunista
con le
caratteristiche proprie di un partito di militanti e quadri
professionali avvenne:
– sull’onda del mito sovietico
– per l’incapacità
rivoluzionario
socialista
di
affermarsi
come
partito
– Per la simultanea incapacità del PSI di trasformarsi in vera e
propria forza riformatrice tale da modificare gli equilibri e le
scelte che stava per compiere la classe dirigente liberale,
tendenzialmente tesa ad appoggiarsi sul fascismo per contenere
la “paura” operaia
Dopoguerra e fascismo: PSI e PCdI
• I caratteri del PCdI sono antiborghesi, settari con la funzione di
educazione politica in senso rivoluzionario e di allestimento dei
mezzi necessari a tale scopo.
• Questi elementi spiegano le capacità del PCdI di attraversare con
una struttura clandestina il fascismo ed affermarsi come forza
militare principale della resistenza.
• La sua struttura territoriale (al pari della scelta rivoluzionaria) gli
permette di superare a sinistra il PSI, muovendosi – primo in Italia –
su un’organizzazione che assume un carattere piramidale basato
sulle regole del “centralismo democratico” (accettazione
impegnativa delle decisioni degli organi superiori).
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
•
Contrariamente al PCI la ricostituzione del PSI e della DC sono più
complesse.
•
Solo nel 1942 si può parlare di forme organizzative clandestine del PSI e
della DC.
•
Nel 43 tutti i partiti partecipano alla resistenza nel quadro dei CLN e con
raggruppamenti partigiani propri (Brigate Matteotti, Brigate Garibaldi
•
Per il PSI riemergono i dilemmi sulla definizione della linea politica anche
per l’alleanza competitiva con il PCI e la possibile configurazione di massa
che mal si addiceva alla debolezza della presenza organizzata
•
Per il PSI la forza della tradizione e dei suoi leader risultò decisiva per la
sua connotazione di massa ma non fu sufficiente a creare una autonoma
capacità politica almeno fino al 1956.
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
•
La DC viene fondata in clandestinità nell'ottobre 1942 nell'abitazione
dell'industriale Falck, a cui concorsero De Gasperi, Malvestiti, Achille
Grandi, Jacini, Gronchi. Intorno ad essi si aggregarono poi Gemelli,
Dossetti, Fanfani, Giorgio La Pira.
•
Il 25 luglio 1943 Mussolini viene messo in minoranza nel Gran Consiglio del
fascismo e viene arrestato; nasce il primo governo Badoglio formato da
militari e tecnici (“la guerra continua”)
•
L'8 settembre 1943 (“armistizio”) Vittorio Emanuele III e Badoglio scappano
da Roma verso Pescara, e quindi a Brindisi, ove insediano il governo
(“Regno del Sud”)
•
Nel frattempo si costituisce il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) che
nel gennaio 1944, su delega del Comitato Centrale di Liberazione
Nazionale (CCLN), definisce la nascita a Milano del Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia (CLNAI), con la funzione di guida politica e militare
della resistenza nel Nord Italia.
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
• La Democrazia Cristiana si organizza nell'Italia liberata, e tiene tra il
dicembre 1943 e l'aprile 1944 tre Congressi: a Caltanissetta (1943),
a Bari (gennaio 1944), ed a Napoli (aprile 1944).
• La guida politica della DC, dal 1943, è affidata a De Gasperi.
• L'azione politica del CLN tende a far cedere le prerogative del re ad
un suo luogotenente, ed a costituire un nuovo governo che sia
diretta espressione dei partiti del CLN.
• Badoglio, dal febbraio 1944 si insedia a Salerno, si dimette il
17.4.1944 e costituisce il suo secondo governo,con i 6 partiti del
CLN.
• L’esperienza di Badoglio termina con la liberazione di Roma
(4.6.1944) e con la necessità politica di esprimere la guida del
governo direttamente da parte delle formazioni del CLN
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
• La DC rafforza il suo ruolo politico: De Gasperi è Ministro degli Affari
Esteri.
• Nell'aprile 1945 il governo Bonomi decide la convocazione di una
Consulta nazionale.
• La liberazione di Milano, il 25 aprile 1945, pone nuove questioni
politiche, con la necessità di integrare il Nord appena liberato dagli
Alleati e dalla Resistenza con il resto dell'Italia.
• La DC chiede la nascita di un nuovo governo, con il ritorno dei due
partiti "laicisti" PSIUP e Partito d'Azione.
• Il 21 giugno 1945 si insedia il nuovo governo guidato da Ferruccio
Parri, costituito nuovamente da tutte le forze politiche del CLN (De
Gasperi che continua a ricoprire il ruolo strategico di Ministro degli
Affari Esteri)
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
• L’11.6.1944 nasce il primo governo Bonomi, formato dai partiti del
CLN
• Il mese successivo la DC si dà una piena conformazione di partito
(Consiglio Nazionale; Segretario politico – De Gasperi)
• Le polemiche all’interno della compagine governativa, soprattutto tra
cattolici e "laicisti", portano alle dimissioni del I governo Bonomi, ed
alla nascita di un nuovo governo sempre guidato da Bonomi,
imperniato su DC, PCI e PLI.
• La situazione dell’Italia è particolarmente difficile, sul piano
internazionale (i rapporti con le potenze vincitrici) e sul piano interno
(rovine della guerra, situazione economica, ordine pubblico).
• 25.91945: si riunisce per la prima volta la Consulta Nazionale.
Resistenza e nascita della Repubblica:
DC, PSI e PCI.
• Parri non riesce a migliorare la difficile situazione del Paese.
• Il principale impegno per De Gasperi risiede nelle trattative per
arrivare alla formulazione di un Trattato di pace non punitivo per
l'Italia, verso la quale permangono diffidenze e sospetti
• La convivenza tra i sei partiti del CLN nel governo incontra crescenti
difficoltà, tanto che il Partito Liberale ritira i propri ministri dal
governo Parri il 21 novembre 1945. Anche la DC esce dal governo
• Dicembre 1945 nasce un nuovo governo, ancora una volta costituito
da tutti i partiti del CLN, ma il baricentro politico diventa De Gasperi
e la Democrazia Cristiana.
• De Gasperi Presidente Consiglio, Ministro Esteri e
l'Africa Italiana.
Ministro per
DC – PCI – PSI e la Costituzione
• Dal vento del Nord alla stabilizzazione: 1942/1943 (gli scioperi del
nord)-novembre 1945 (caduta governo Parri)
• La fase eccezionale e la fase ordinaria: settembre 1943-1 gennaio
1948: guerra di resistenza, istituzioni, politica e nuovi alleati
• Il compromesso costituzionale e il superamento momentaneo della
contrapposizione ideologica: 1945-1947
• Un risultato istituzionale che pone al centro il “lavoro”, in un quadro
di contrapposizione bipolare, in cui i protagonisti sono i partiti, le
culture politiche, gli uomini e le esperienze del ventennio e della
resistenza
• La fine dell’Unità Sindacale
La Repubblica: PSI
• Scissioni
– PSDI (1947 – Palazzo Barberini), contro la politica del frontismo;
– inizia la lunga marcia verso il centro sx (1962-63)
– la politica delle riforme di struttura (1962-63): nuova scissione
della sinistra socialista (PSIUP)
– l’implosione del centrosx assestò un colpo decisivo alle
ambizioni del PSI che rimase schiacciato dagli anni della
polarizzazione interna fra PCI e DC fino all’era Craxi.
La Repubblica: PSI
• Con l’ascesa di Craxi in un quadro di un acceso confronto a sinistra,
che prosegue dopo la morte di Berlinguer, si apre l’ultimo periodo
della Repubblica.
• Il governo Craxi rappresenta (primo presidente consiglio socialista)
la riapertura di un nuovo spazio politico per il socialismo italiano,
che – tuttavia – è ben diverso dalle sue origini e dai primi decenni
repubblicani
• Nel 1976, nel momento di massima polarizzazione fra DC e PCI, il
PSI ha quindi una mutazione antropologica rispetto ai caratteri del
socialismo italiano (congresso del Midas Palace)
• Il nuovo gruppo trasforma il partito da classista a partito di opinione
con i caratteri propri del radicalismo democratico attorno ad una
leadership forte ed al decisionismo di Craxi.
La Repubblica: PSI
• Su questa base
(con un max di 14.3% nel 1987 – ruolo
baricentrico) il PSI ha il duplice scopo
– riequilibrare i rapporti di forza a SX
– concorrere alla guida del paese nel quadro delle alleanze di
pentapartito. Dal 1983 per 4 anni Craxi è Presidente del Consiglio.
• Dal 78 al 85 Pertini è Presidente.
• A quel punto il PSI diviene una macchina per la gestione del potere
impegnato a contendere spazi alla Dc; il partito del leader si era
ritrovato senza una praticabile strategia politica e senza uno
sfondamento a sinistra.
• Il centenario segna la fine del PSI, sopravvivono spezzoni minoritari
non più rappresentativi della risorsa simbolica e culturale della
tradizione
La Repubblica: PCI
• Nel 44 con il rientro di Togliatti il partito già stava portando a frutto il
lavoro organizzativo e politico svolto nella clandestinità.
• Il processo di rifondazione avviene in un clima di incontro di diverse
generazioni fatto che, secondo alcuni, rende il PCI più permeabile di
altri gruppi (anche del PCF) alla democrazia occidentale, senza
rinunciare – nella prima parte della Repubblica - al mito URSS ed
alla fedeltà al sistema internazionale
• Con 2.252.000 iscritti ed una rete organizzativa capillare è nel 1947
un vero e proprio partito di massa e di classe
• Per il PCI: antifascismo e resistenza sono l’atto fondativo della
repubblica
• PCI – CGIL: un rapporto non sempre facile.
La Repubblica: PCI
• 1948-1956/1968:
– sconfitta del fronte.
– Marginalizzazione: “conventio ad excludendum”, fino – in parte alla
“solidarietà nazionale”
– Confronto bipolare con due passaggi centrali per il percorso che viene
compiuto: da Budapest a Praga
– La fine della cinghia di trasmissione – rapporto organico con CGIL
• Tra gli anni sessanta e settanta mutamenti importanti:
– prassi pluralista interna – autonomia della CGIL
– allontanamento dal movimento internazionale
– processo di lenta autonomia da Mosca dal 1969 (delegazione PCI a
Strasburgo),
all’accettazione
della
NATO,
alla
formula
dell’eurocomunismo.
• Muta – di conseguenza - il rapporto con i processi di integrazione
La Repubblica: PCI
• Con l’avvio del terrorismo rosso il PCI si trova in un orizzonte
politico gravitante fra la solidarietà nazionale e la politica di
compromesso storico prospettata da Berlinguer dopo il 1973
• Una politica di compromesso che sembrava far rivivere lo spirito
unitario tra le principali tradizioni politico culturali fondative della
repubblica
• Il fallimento di questa prospettiva a fine decennio comportò l’avvio di
un periodo di declino segnato significativamente dalla morte di
Berlinguer nel1984 e dalla sconfitta sul referendum contro il taglio
della scala mobile (1985)
• Occhetto tra 89 e 90 conduce una difficile e traumatica transizione
verso un nuovo partito conclusasi nel 91 con la nascita del PdS e di
Rifondazione
La Repubblica: la DC
• Un partito trasversale e interclassista
• Un partito di governo al centro della politica repubblicana:
– parlare della DC significa parlare della storia dell’Italia repubblicana
• Le radici sociali della DC corrispondono al tessuto di fondo del
Paese
• Ruolo e peso nei processi di integrazione europea e nella nuova
collocazione internazionale dell’Italia post-bellica e negli anni
Cinquanta
La repubblica: DC
•
Le formule politiche:
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fase transitoria (1943-1947)
centrismo (1947-1953)
intermezzo (1953-1959)
Centro SX (1959-1973)
Unità nazionale (1973-1979 ca.)
Pentapartito (anni 80) e C.A.F. (1989-1992)
•
DC, PCI e PSI nella Repubblica tra legittimità costituzionale e area della
governabilità.
•
Alcuni degli snodi della storia politica repubblicana: le riforme del centro
sinistra, 1969 (pensioni), 1970 (Statuto lavoratori) 1974 (referendum
divorzio) 1978 (legge 194 sull’aborto), 1981 (referendum contro aborto).
•
Lo scenario internazionale della guerra
decolonizzazione: i nuovi attori mondiali
fredda
e
i
processi
di
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Nascita rappresentanza politica - Università degli Studi di Teramo