Dipartimento di architettura di Firenze
Corso di analisi del territorio e degli insediamenti
Glossario
strumenti urbanistici
Corso di analisi del territorio e degli insediamenti
a.a 2013/14 – Iacopo Zetti
Iacopo Zetti
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Premessa: Le parole
Iacopo Zetti
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Dizionario, glossario, lessico, vocabolario
DIZIONARIO [dictionary] Elenco alfabetico dei termini di una o più lingue
dei quali si fornisce un determinato numero di informazioni
GLOSSARIO [glossary] Elenco alfabetico di termini, soprattutto in area
anglosassone frequentemente usato con valore di dizionario dei termini
propri di una determinata disciplina o gruppi di discipline
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Un glossario per la pianificazione
Un glossario è un dizionario
dei termini propri di una determinata disciplina
o gruppi di discipline.
Cominceremo a costruire un glossario
dei termini impiegati nella
pianificazione territoriale e urbanistica.
Il corso vi darà alcuni elementi
e vi indicherà delle direttrici di lavoro:
il glossario lo costruirete voi.
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Glossari di urbanistica:
piccola bibliografia virtuale
Un glossario italiano:
http://iuavbc.iuav.it/cri_daup/glossario_urbanistica.htm
Un glossario internazionale:
http://en.wikipedia.org/wiki/Category:Urban_studies_and_planning_terminology
http://www.lib.berkeley.edu/ENVI/planning_basics.html#dictionaries
http://knowledge.sagepub.com/view/urbanstudies/SAGE.xml
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Glossari di urbanistica:
piccola bibliografia cartacea
Roberto Barocchi, Dizionario di urbanistica,
F. Angeli, Milano 1982
Dino Borri, Lessico urbanistico annotato e figurato,
Dedalo, Bari 1985
Marco Venturi, Glossario di urbanistica,
Arsenale, Venezia 1990
Guido Colombo, Dizionario di urbanistica:
voci e locuzioni d’uso corrente in urbanistica applicata,
Pirola, Milano 1991
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AVVERTENZA:
le etichette e i contenuti
“Le parole sono le etichette delle idee”:
Ma etichette uguali possono coprire contenuti diversi
Per le parole chiave
(urbanistica, città, territorio, ambiente, pianificazione ecc.)
conviene registrare i diversi significati
che i diversi autori danno a quel termine
È utile costruire un
“glossario antologico”
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Gli strumenti urbanistici nella legge del 1942
Parleremo degli strumenti per la pianificazione, programmazione, attuazione delle
trasformazioni previsti dalla legge 1150 del 1942
Iacopo Zetti
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La legge urbanistica
La costituzione dello Stato italiano si accompagna a una
rapida trasformazione del paese
Nelle maggiori città il rapido sviluppo rende necessario
pianificare le trasformazioni urbane:
la razionalizzazione della città esistente
i suoi ampliamenti
Ma è solo nel 1942 che l’Italia si dà una legge che
definisce natura, caratteristiche, contenuti e procedure
degli strumenti urbanistici.
La legge 1150/42
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Negli altri paesi dell’Europa
Gran Bretagna: Town Planning Act, 1909;
Housing and Town Planning Act, 1919
Francia: prima legge, 1919; seconda legge,
1924
Olanda: Woningwet, 1901
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La legge urbanistica
La legge 1150 del 17 agosto 1942 è ancor oggi la legge
fondamentale in materia urbanistica.
nonostante il mezzo secolo trascorso,
nonostante che dal 1970 le regioni a statuto ordinario abbiano la
pienezza della potestà legislativa in materia,
nonostante le numerosissime “modificazioni e integrazioni”
intercorse con successivi atti legislativi,
l’impianto complessivo della pianificazione è ancora determinato, in
Italia, dagli istituti, i contenuti e le procedure stabilite dalla legge
1150/1942.
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Finalità e cuore
della lex 1150/1942
Finalità della legge è la disciplina de “l’assetto e
l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo
urbanistico in genere nel territorio del Regno”
(articolo 1). Tale disciplina “si attua a mezzo dei
piani regolatori territoriali, dei piani regolatori
comunali e delle norme sull’attività costruttiva”
(articolo 2).
Il cuore della legge è il “piano regolatore generale
comunale” (Prg). Esso dev’essere esteso all’intero
territorio comunale.
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Tre livelli di pianificazione
La legge 1150/1942 prevede
il livello comunale PRG-PPE
(piano regolatore generale comunale e
piano particolareggiato d’esecuzione)
il livello intercomunale PIC
(piano regolatore intercomunale)
il livello territoriale PTC
(piano territoriale di coordinamento
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Il piano regolatore: perché
Evitare, o almeno ridurre, il caos derivante dallo
spontaneismo
Programmare l’uso del territorio
Regolare le trasformazioni fisiche e funzionali
Valorizzare la rendita immobiliare (fondiaria ed
edilizia)
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Il piano regolatore:
che cos’è
come lo vedo: un insieme di parti disegnate (tavole di analisi e di
progetto) e di parti scritte (norme e relazione)
come nasce: l’espressione tecnicamente compiuta d’una volontà
collettiva, quindi politica
è strumento d’una volontà collettiva: perciò deve essere efficace:
deve trasmettere ordini e determinare comportamenti
è riferito al territorio: perciò l’efficacia precettiva deriva da una
corretta congiunzione tra la cartografia e la normativa
per l’operatore pubblico è soprattutto un programma
per l’operatore privato è l’indicazione delle opportunità e delle
condizioni (vincoli)
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Il linguaggio del piano regolatore
Due elementi principali:
il disegno di massima delle infrastrutture per il trasporto
la “zonizzazione”
La zonizzazione
suddivisione della città, esistente e futura, in zone caratterizzate da
diverse destinazioni d’uso e diverse quantità e tipologie di
edificazione
Gli indici
dimensione minima e massima del lotto edificabile
rapporto di copertura = tra la superficie copribile e quella del lotto
indice di fanbbricabilità = rapporto tra cubatura e superficie
altezza degli edifici (geometrica o sostanziale)
distacchi (dai confini, dalle strade ecc.)
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Il Prg deve contenere:
1. La rete delle principali vie di comunicazione stradali,
ferroviarie e, laddove occorra, navigabili, concepita per la
sistemazione e lo sviluppo dell’abitato, in modo da
soddisfare alle esigenze del traffico, dell’igiene e del
pubblico decoro;
2. La divisione in zone del territorio, con precisazione di
quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano, e i
caratteri e i vincoli di zona da osservare nell’edificazione;
3. Le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o
sottoposte a speciale servitù;
4. Le aree da riservare a sede della casa comunale e della casa
del fascio, alla costruzione di scuole e chiese e ad opere e
impianti d’interesse pubblico in generale
(articolo 7)
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Gli standard urbanistici:
la misura degli spazi pubblici
All’avarizia con la quale i piani del dopoguerra e le politiche urbanistiche provvedevano
alla predisposizione di spazi da destinare agli usi collettivi,
si risponde nel 1967-68 con un decreto
che stabilisce gli standard urbanistici
Iacopo Zetti
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Ricordiamo…
Ricordiamo il ruolo decisivo che hanno svolto nel
processo di formazione della città
 le funzioni pubbliche, comuni, collettive ed i
luoghi ad esse destinati
Ma anche che
 nella città moderna e contemporanea gli spazi
pubblici diventano spesso del tutto marginali
sovente considerati dei residui, scampoli di terra
poco utilizzabili per altri usi,
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Eppure, la legge urbanistica…
Ricordiamo l’articolo 7 della legge 1150/1942, che
definisce il contenuto del piano generale.
Tra le cose che il piano deve definire la legge cita:
“le aree destinate a formare spazi di uso pubblico”
e quelle destinate “ad opere e impianti d’interesse
pubblico in generale”
Ma questa prescrizione della legge è stata molte volte
attuata in maniera solo formale: le aree destinate dai PRG
agli spazi pubblici restano marginali.
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Gli “standard urbanistici”
Nel 1966 una serie di episodi catastrofici
dimostra come l’assenza di un efficace governo del territorio
provochi disastri inaccettabili:
Agrigento, Firenze e l’Arno, Venezia
In attesa della “riforma urbanistica”,
una legge del 1967 introduce alcuni miglioramenti
alla legislazione e alla strumentazione urbanistica
tra l’altro, si stabiliscono degli “standard urbanistici”
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La “legge ponte” del 1967
La legge 6 agosto 1967, n. 765 (“legge ponte”):
 stimola la formazione dei piani regolatori imponendo
limiti all’edificazione nei comuni sprovvisti di piano
 stabilisce l’obbligo di definire dei “rapporti massimi tra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde
pubblico o a parcheggi”
Iacopo Zetti
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Parole: standard urbanistici
Lo standard è un valore minimo, considerato come “livello
di dotazione obbligatorio e come soglia minima al di sotto
della quale non si può considerare soddisfatto il disposto
normativo” (Iasm, Manuale delle opere di urbanizzazione, F. Angeli,
Milano, 1983)
Si intende per “standard urbanistici” la determinazione
delle quantità minime di spazi pubblici o di uso pubblico,
espresse in metri quadrati per abitante, che devono essere
riservate nei piani, sia generali che attuativi.
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Il decreto 1444/1968: tipi di attrezzature
Il decreto 4 aprile 1968, n. 1444, prescrive standard riferiti a
diversi tipi di attrezzature:
➨ “d’interesse locale”, cioè tali da dover essere direttamente
accessibili dagli utenti con percorsi pedonali o comunque
superabili in archi di tempo brevi (non superiori ai 20-25
minuti primi)
➨ “d’interesse generale” o “territoriale”, tali, per loro natura
o per la dimensione funzionale richiesta, da dover essere
localizzate in relazione a bacini d’utenza più vasti
Iacopo Zetti
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Il decreto 1444/1968: le quantità minime
Per le attrezzature d’interesse locale, o di quartiere, il decreto
stabilisce che ogni cittadino ha diritto ad un minimo di 18 mq di
spazio pubblico, così ripartiti: 4,5 per asili nido, scuole materne e
dell’obbligo; 2 per attrezzature di interesse comune (culturali,
assistenziali, amministrative, religiose, sociali, sanitarie, ecc.); 2,5
per parcheggi pubblici; 9 per il verde, il gioco e lo sport.
Per le attrezzature di livello territoriale il decreto stabilisce la
necessità di un’ulteriore dotazione di 15 mq di parchi territoriali, di
1,5 mq per attrezzature ospedaliere e di 1 mq per l’istruzione di
livello superiore, rinviando all’esame delle situazioni locali e alle
decisioni degli strumenti della pianificazione le quantità relative
agli ulteriori servizi richiedenti spazio.
Iacopo Zetti
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Virtù e limiti del decreto sugli standard
Virtù:
 per la prima volta è affermato il diritto dei cittadini a fruire
determinate quantità di spazi pubblici
 per la prima volta è stabilito che circa metà delle aree urbane
devono essere assegnate alle funzioni comuni
Limiti (nella prassi):
 interpretazione burocratica delle “zone omogenee”
 scarsa attenzione alla qualità delle attrezzature
 scarsa attenzione al “sistema” degli spazi pubblici
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