Editore: Edizioni Turbo Srl - Palazzo di Vetro Corso della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) - Tel. +39 0362 600463/4/5/9 Fax. +39.0362.600616 - e-mail: [email protected] - Periodico mensile - Registrazione al Tribunale di Milano n. 27 del 10 gennaio 2008 Poste Italiane SPA - Spedizione abbonamento postale - D.L. 353/2003 - Conv. in Legge 46/2004 - Art. 1 Comma 1 - LO/MI - Stampa: Ingraph - Seregno (MB) - In caso di mancato recapito, inviare all’uff. post. di Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. NUMERO RECORD anno 7 - numero 5 - maggio 2014 direttore responsabile: angelo frigerio Siamo a Cibus - Padiglione 2 - Stand F 071 • Parma 5/8 maggio MIF © trend Vendite a valore MARKET INDEX FOOD Dati relativi all’intero comparto food confezionato Mese di Marzo 2014 vs Marzo 2013 in collaborazione con trend Vendite a volume Pressione promozionale -9,00% -10,17% 28,24% -1,88% *trend a prezzi costanti primo piano * PL = Private Label Alle pagine 14 e 15 Il paradosso dell’euro anno 7 - numero 5 - maggio 2014 direttore responsabile: angelo frigerio guida buyer speciale BURRO Le aziende, i prodotti, la distribuzione, l’andamento del mercato secondo i dati Iri. Referenze e vendite in crescita, che superano i 38 milioni di tonnellate di prodotto. Formati in calo. In aumento del 2,7% le vendite a valore. Cresce la private label (33%). Da pagina 47 a pagina 55 trend% vendite in valore delle pl La parità di cambio tra lira e marco tedesco e i suoi effetti sull’economia italiana. Con un’attenzione particolare alle aziende del settore agroalimentare, frenato anche dalla valuta. Ne parliamo con Roberto Brazzale, presidente del gruppo Brazzale e membro dell’High level forum della Commissione Ue. all’interno Che marzo fosse stato un mese negativo lo sapevamo. Ma i dati Iri sono, purtroppo, superiori alle aspettative. Se in febbraio le vendite a valore avevano tenuto, il mese successivo ha visto invece una riduzione dei consumi che si avvicina e addirittura supera, per le vendite a volume, la doppia cifra. Cresce la pressione promozionale, che si avvicina quasi al 30%. Un segnale inquietante che la dice lunga sulla “disperazione” del retail di fronte alla crisi che morde sempre di più. A confortare il dato, la notizia che quest’anno Pasqua è in aprile. Speriamo bene. l’intervista Alle pagine 16 e 17 “Difendiamo il Made in Italy” Parla Roberto Formigoni, presidente della IX Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato. scenari A pagina 18 Attenti a quei due Federdistribuzione e Coldiretti stringono un patto d’acciaio. In vista modifiche all’articolo 62? dati & statistiche Formaggi & Tecnologie Da pagina 42 a pagina 45 Il lattiero caseario e i mercati emergenti Aspettando il Dairy Forum Clal che si terrà a Bardolino (Vr) il 30 maggio. In anteprima, gli andamenti per India, Corea del Sud, Marocco, Turchia, Malesia, Singapore, Indonesia e Thailandia. Maggio 2014 pole position Storie di ordinaria follia (burocratica) Angelo Frigerio Direttore Responsabile ANGELO FRIGERIO Direttore editoriale RICCARDO COLLETTI Editore: Edizioni Turbo Srl Palazzo di Vetro Corso della Resistenza, 23 20821 Meda (MB) Tel. +39 0362 600463/4/5/9 Fax. +39 0362 600616 e-mail: [email protected] Periodico mensile Registrazione al Tribunale di Milano n. 27 del 10 gennaio 2008. Poste Italiane SPA Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 - Conv. in Legge 46/2004 Art. 1 Comma 1 - LO/MI Stampa: Ingraph - Seregno (MB) Periodico mensile Anno 7 - numero 5 - maggio 2014 Stampa: Ingraph - Seregno (MB) Una copia 1,00 euro - Poste Italiane SpA L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati personali in suo possesso. Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli abbonamenti e per l’invio di informazioni commerciali. In base all’Art. 13 della Legge n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a: Edizioni Turbo S.r.l. Responsabile dati: Riccardo Colletti 4 Questo numero è stato chiuso in redazione il 23 aprile 2014 Si fa un gran parlare, negli ultimi tempi, di burocrazia e dintorni. Di quanto ci costino le carte e le cartacce cui siamo costretti tutti, nessuno escluso, a fare i conti quando si tratta di pagare una multa, le tasse, aprire un conto corrente e chi più ne ha… Se ne parla molto ma non si fa nulla, o quasi, per eliminare questo moloch che assedia l’Italia e rischia di soffocarla. Per darvi un’idea di cosa significhi gestire i rapporti con i burocrati, ecco qualche esempio tratto dalla vita reale. Siamo in Brianza, terra operosa e ricca di imprenditori. Fra questi c’è il signor Redaelli (nome di fantasia) che, visto il buon andamento della sua “fabbrichetta”, vuole espandersi per coprire meglio il fabbisogno di prodotto, soprattutto dall’estero. Decide quindi di allargare il capannone, meglio di creare un’altra unità produttiva a fianco di quella già esistente. La trafila che ne segue la conosciamo tutti: acquisto del terreno, pratiche edilizie, approvazioni varie… Finalmente, dopo sette anni, (ripeto sette anni) il ‘sciur’ Redaelli riesce a strappare l’ultimo permesso al Comune. Chiama l’impresa edile raggiante: “Fra una settimana iniziamo i lavori”. Ma non ha fatto i conti con un particolare: la sua azienda confina con un parco. Chissenefrega, diranno i lettori. Invece no. Giunge infatti, due giorni prima di iniziare i lavori del nuovo capannone, la telefonata del presidente del parco: “Mi spiace signor Redaelli, lei non può iniziare adesso i lavori. Siamo in primavera e potrebbero disturbare la nidificazione del pettirosso”. L’imprenditore stupito se lo fa ripetere due volte. Non ci crede. Invece il presidente è proprio serio. Dopo il ‘vaffa’ di turno, al ‘sciur’ Redaelli non resta che andare in Comune, dove però allargano le braccia. Non si può fare nulla, lì comanda il presidente del parco. L’unica soluzione allora è rivolgersi al politico di turno per risolvere la situazione. Cosa che puntualmente avviene. Ma perché? Siamo nel laborioso Veneto. Qui vive un imprenditore che la crisi ha messo in ginocchio. La sua attività va a rotoli. E’ costretto a licenziare, a ridurre al minimo lo spazio dove lavorare, a comprare il materiale cash in quanto le banche non gli fanno più credito. Di più, arriva a malapena a fine mese. Per questo non paga l’affitto. Il padrone di casa, dopo varie insistenze, ricorre a vie legali. All’imprenditore arriva un’ingiunzione di pagamento: entro una certa data deve pagare 1.938 euro. Li raccimola piano piano, una mano gliela danno i parenti. Alla fine arriva giusto giusto alla somma. La versa in banca. Non tiene conto però che l’istituto richiede tre euro per il bonifico. La somma versata risulta dunque inferiore a quanto chiesto. Così arriva lo sfratto. Un provvedimento esecutivo per tre euro. Ma non si poteva chiamarlo e farsi dare i tre euro? Siamo nell’operoso Piemonte. Un imprenditore decide di “allungare” la sua fabbrica. Il terreno è area industriale ed è già di sua proprietà. Va in Comune ma scopre che, nel nuovo piano regolatore, laddove ha un impianto in funzione, passa una strada. Che, ironia della sorte, inizia in un prato e finisce in un altro. Inutile come un calzino con le infradito. La spiegazione della stranezza è semplice: “Il progettista ha utilizzato Google hearth per studiare la zona e non si è accorto dell’impianto”. Qualsiasi commento sull’architetto che lavora utilizzando Google hearth è superfluo… Ma andiamo avanti. Dal Comune fanno sapere che correggono l’errore. Però, in questi casi, si manda il nuovo Piano regolatore in Regione che ha tre anni per rivedere il tutto. Nel frattempo l’imprenditore rinvia il progetto. Quando quattro anni dopo lo riprende in mano pensa che tutto sia risolto. Per nulla. La Regione non ha modificato il Piano regolatore. Occorre dunque radunare una Conferenza dei servizi, ovvero un tavolo dove ci sono: Regione, Comune, Asl, Vigili del fuoco e altri ancora. La variazione viene approvata ma per arrivare alla decisione finale ci sono voluti altri tre mesi. Insomma, quattro lunghi anni per colpa di una architetto… internauta. I tre esempi la dicono lunga di quanta strada si deve fare. Il nodo di tutto non è solo la semplificazione delle pratiche, ma quanto la burocrazia incida a livello occupazionale. Una macchina da guerra che occupa centinaia di migliaia di persone. Attaccate, con le unghie e con i denti, alla loro poltrona, piccola o grande che sia. Che hanno tutto l’interesse ad allungare i tempi, a trovare cavilli, a frapporre ostacoli di vario genere e tipo. Altrimenti sarebbero inutili. Totò diceva che al mondo esistono cose reale e cose supposte, ovvero ciò di cui si occupa la burocrazia. Ma se mettiamo da parte quelle reali, le supposte dove le mettiamo? [email protected] Maggio 2014 pole position Numeri da record Riccardo Colletti Permetteteci, una volta tanto, uno strappo alla regola. Ovvero due editoriali al posto di quello classico. Insomma “dos is meglio che uan”. Perché? Il motivo è semplice: la rivista che state leggendo è da record per il nostro gruppo editoriale. (72 pagine + 16 di Formaggi & Tecnologie, ovvero 88 pagine in A3, o se volete 176 pagine in A4). Il quadro si completa con 92 pagine per Salumi & Consumi, a cui si sommano le 36 di Salumi & Tecnologie. E a cui si aggiungono DS DolciSalati (32 pagine) e The Italian Food Magazine (52 pagine). Una flotta compatta, quella che presentiamo a Cibus 2014. Una grande macchina da guerra al ser vizio del Made in Italy alimentare. Riviste su car ta dunque, ancora tanto amata da buyer e operatori del settore. Ma anche on line, grazie alle nostre news letter settimanali e al sito alimentando.info che ripor ta notizie di prima mano ogni ora. A questo proposito, proprio in occasione dell’evento parmense, abbiamo presentato un nuovo sito completamente rinnovato nella grafica e nei contenuti. A cui si è aggiunta anche una versione appositamente studiata per il mobile. Ma quali sono i motivi di questo successo editoriale? Lo ha sottolineato, nel corso di un recente incontro, Marco Limonta di Iri: “Avete intercettato e risposto a un bisogno che emergeva da tempo: ricevere informazioni e approfondimenti non sul food in generale ma in determinati settori ben segmentati”. E’ vero. Questo lo riconoscono tutti: dall’industria ai buyer, dai responsabili di fiere e manifestazioni al normal trade. Per non parlare poi di associazioni e consorzi. Non manca poi la politica, sempre più strategica per il compar to agroalimentare. Le riviste e le news letter sono molto lette e fatte oggetto di discussione anche in sede parlamentare. L’inter vista a Rober to Formigoni, presidente della IX Commissione permanente del Senato (vedi pagina 16) e l’ar ticolo sul governo Renzi (vedi pagina 34) ne sono un chiaro esempio. Piace il tono giornalistico. Non pubblichiamo fotocopie di comunicati stampa ma cerchiamo sempre, o almeno ci proviamo, di approfondire e commentare le notizie di cui veniamo in possesso. Piacciono molto gli editoriali di Frigerio, mi dicono. Da buon ragazzo dell’oratorio cerca di raccontare storie vere. Di evitare inutili retoriche. Di prendere posizione, in modo fermo e deciso, sui tanti fatti e fattacci di cui è piena la cronaca dei nostri giorni. Anche la forma ha il suo peso. Gli ar ticoli non sono mai leziosi o ampollosi ma snelli, ricchi d’immagini. Ci piacciono i dati e le statistiche. Leggere i numeri consente di osser vare la realtà in modo intelligente e dinamico. Non sulla scor ta dei discorsi di tanti soloni che ci raccontano come funziona il mondo. I cosiddetti professori o tecnici che, in un anno di governo hanno fatto più danni loro che tutti gli altri messi insieme. Ci piacciono anche le battaglie. E Dio solo sa quante ne abbiamo combattute: l’ar ticolo 62, il pagamento della Pec, l’origine del prodotto in etichetta. Ne abbiamo speso d’inchiostro… E qualcuna l’abbiamo anche vinta. Ecco allora che, alla fine di questa cavalcata delle Valchirie, vale la pena dare spazio ai ringraziamenti. A cominciare dai lettori che ci seguono fedelmente e con attenzione, fornendoci spunti, considerazioni, incitamenti, critiche e consigli. Agli investitori pubblicitari che, sempre più numerosi, ci stanno seguendo. Un applauso sincero va alla redazione e al repar to grafico, ai commerciali, alla segreteria, ai collaboratori esterni. Un bel gruppo di persone motivate, serie e responsabili. Di cui andiamo fieri. Da ultimo non posso che ringraziare il mio socio Angelo Frigerio. Da dodici anni condividiamo un’avventura editoriale unica. Che ci ha por tato a conoscere vari ambiti e settori. Angelo è il vero motore di queste testate, il trascinatore autentico e contagioso. La sua forza e la sua passione sono note e riconosciute, al pari delle competenze maturate. Lui è un fisico (nel senso di laureato in fisica) che è diventato uno dei massimi esper ti del settore agroalimentare italiano. Del resto, per guidare e tenere sempre in pole position queste riviste, “ci vuole un fisico bestiale”. 6 [email protected] Maggio 2014 Grana padano: produzione a +2,4% nel primo trimestre 2014 La produzione di grana padano nel mese di marzo, secondo i dati diffusi dal Consorzio di tutela, risulta in crescita del 2,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Grazie a tale recupero produttivo, il totale del primo trimestre raggiunge quasi 1,4 milioni di forme, pari ad un incremento della produzione del 2,4% rispetto al primo trimestre 2013. Esselunga: nel 2013 vendite a 6,9 miliardi. Utile in calo Il Gruppo Esselunga ha chiuso il 2013 con vendite per 6.957 milioni di euro (+1,7% rispetto al 2012) e con clienti in crescita dell’1%. L’utile netto ammonta a 210 milioni in calo dai 245 milioni del 2012. Gli investimenti sono stati pari a 387 milioni, per un totale di oltre 1,4 miliardi negli ultimi quattro anni. Il margine operativo lordo è stato pari a 505 milioni di euro (-6,7% rispetto al 2012) mentre il risultato operativo si è attestato a 328 milioni di euro dai 367 milioni del 2012. La diminuzione, come spiega il Gruppo in una nota, è causata sia dall’assorbimento dell’inflazione ricevuta dai fornitori e della crescita dell’Iva che non sono state trasferite a clienti, sia dall’aumento di alcuni costi operativi. Il gruppo ha fatto sapere anche che continua lo sviluppo della rete annunciato per il prossimo biennio, iniziato con l’apertura del primo negozio nel Lazio, ad Aprilia. Farinetti: nuovo Eataly a Verona, nel 2015 o 2016 Oscar Farinetti ha annunciato l’apertura di un nuovo store Eataly in Italia, a Verona, che dovrebbe vedere la luce a cavallo tra il 2015 e il 2016. E’ lo stesso Farinetti a darne notizia, nel corso di un incontro in scena a Vinitaly. La nuova apertura è resa possibile anche grazie all’accordo con la fondazione Cariverona, che metterà a disposizione del patron di Eataly un’area all’interno degli ex Magazzini Generali, proprio di fronte alla fiera dove si è svolta la kermesse dedicata al vino. La nuova struttura richiederà un investimento di circa 10 milioni di euro, a fronte di un fatturato previsto di 30 milioni di euro e, secondo Farinetti, darà lavoro a circa 250 giovani. 8 Expo 2015: a Fiere di Parma e Federalimentare il padiglione corporate La conferma è arrivata. Ad Expo 2015 ci saranno due spazi dedicati al nostro Paese: il Padiglione Italia, curato da Federalimentare e Federchimica che ospiterà le grandi aziende e il cosiddetto padiglione Corporate, dedicato alle piccole e medie imprese. A darne notizia è stato il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, durante l’edizione 2014 di Vinitaly, fiera dedicata al vino e ai distillati, andata in scena a Verona dal 6 al 9 aprile. Il padiglione Corporate sarà organizzato in pianeti, aree tematiche dedicate a latte, carne, dolci, verdure e così via e verrà realizzato da Fiere di Parma e Federalimentare attraverso una società creata ad hoc. Export agroalimentare, Renzi: obiettivo 50 miliardi di euro nel 2020 “Il nostro obiettivo è portare l’export agroalimentare italiano a 50 miliardi di euro nel 2020. Potremmo dire combattendo l’agropirateria, io mi limito a dire che ci sono degli spazi da riempire”. E’ quanto ha dichiarato il premier, Matteo Renzi, in visita a Vinitaly, fiera in scena a Verona che si è conclusa mercoledì 9 aprile. Lidl primo retailer in Olanda. Nuove aperture anche in Spagna Secondo i dati Nielsen, Lidl è diventato il primo retailer in Olanda, superando Aldi. La market share di Lidl è, infatti cresciuta nel 2013, arrivando al 9%, dal 7,5% del 2012. L’incremento si traduce in una crescita delle vendite di circa 500 milioni di euro. I prossimi piani di sviluppo della catena tedesca guardano alla Spagna, dove Lidl dovrebbe investire circa 180 milioni di euro quest’anno per l’apertura di 20 nuovi punti vendita che andranno ad aggiungersi al 525 già presenti. Produzione formaggi: Dop in crescita nel mese di febbraio Secondo i dati diffusi da Assolatte, nel mese di febbraio tutte le Dop lattiero casearie hanno registrato una crescita della produzione rispetto al 2012, all’infuori del pecorino romano, che ha fatto invece segnare un calo pari al 6,1%. Solo a febbraio, rispetto al mese precedente, si registrano aumenti produttivi per grana padano (+2,3%), gorgonzola (+8,5%), asiago (+2,3%), provolone valpadana (+12,4%) e quartirolo lombardo (+23,3%). In calo invece il parmigiano reggiano (-0,9%), il taleggio (-7,6%) e il pecorino romano (-7,1%). Il ricordo di Marco Trivelli Marco Trivelli si è spento, nella notte fra lo scorso Venerdì e Sabato Santo, stroncato da un attacco cardiaco. Aveva 59 anni ed era sposato con Laura Guidetti. Per diverso tempo aveva ricoperto la carica di responsabile dell’Agenzia pubblicitaria “Publitime” di Novara prima di assumere l’incarico di addetto stampa della società “Igor Gorgonzola” di Cameri e di amministratore dell’agenzia di comunicazione “Centromedia” con sede a Borgomanero. Nella stessa città era stato tra i fondatori del mensile “Noi” diretto dal professor Giuliano Ladolfi. Socio del Rotary Club Borgomanero Arona, aveva ricoperto la carica di presidente nel 2008 mettendosi in luce per le numerose iniziative programmate nell’annata sociale, tutte con finalità benefiche. Era un uomo perbene. Una persona solare. Sapeva affrontare le difficoltà, e Dio solo sa quante sono in un’agenzia di comunicazione, in modo propositivo. Senza mai arrabbiarsi. Con forza e determinazione. Ma sempre con il sorriso sulle labbra. Da tempo aveva affiancato la famiglia Leonardi ed era diventato il suggeritore e l’esecutore di tutte le iniziative di marketing e comunicazione di Igor. Qui l’ho conosciuto. E apprezzato. La notizia della sua scomparsa mi ha lasciato stupito e addolorato. Alla moglie Laura il cordoglio e l’affetto della redazione di Formaggi & Consumi. Angelo Frigerio Assolatte: al via il comitato latticini bio, guidato da Dino Mellano Sarà Dino Mellano, del Consorzio Natura e Alimenta, a guidare il nuovo comitato latticini bio in seno ad Assolatte. Ed è proprio lui a spiegare gli obiettivi del nuovo gruppo: “Il sistema europeo non sempre è sufficiente, spesso alcuni paesi richiedono ulteriori certificazioni. Ecco che il comitato vuole arrivare a definire un manuale di produzione che funzioni per tutti”. In Italia, le aziende bio del comparto lattiero caseario sono l’11,9% del totale dei produttori bio e rappresentano, con oltre il 22% di fatturato, la seconda voce nella spesa di prodotti biologici degli italiani, dopo quella ortofrutticola. Latteria di Soligo chiude il 2013 con un fatturato di 65 milioni di euro Una crescita di fatturato di 2,4 milioni di euro nel 2013, che porta il totale a 65 milioni di euro, contro i 62 dell’anno precedente. Sono i risultati diffusi da Latteria di Soligo al termine dell’assemblea dei soci, che si è riunita, sabato 29 marzo, nella sede della Cooperativa, per approvare il bilancio di esercizio e rinnovare le cariche sociali. Importante anche il risultato sui mercati esteri, che hanno inciso sul fatturato, nel 2013, per 1,2 milioni di euro. In Veneto, dove l’azienda sviluppa il 92% del suo fatturato, vanta anche una quota significativa nel mercato del latte fresco, pari a circa il 15%. Giorgio Mercuri confermato presidente di Fedagri Export, Assolatte: 2013 da record per i formaggi (+7,4%) Giorgio Mercuri (foto) è stato riconfermato per acclamazione alla guida di Fedagri-Confcooperative dall’Assemblea elettiva dei soci, in scena lo scorso 10 aprile a Roma. Oltre 300 i partecipanti, in rappresentanza di 3.400 cooperative aderenti. Mercuri, dopo essere stato vicepresidente, aveva assunto la guida di Fedagri nell’ottobre 2013 su nomina del Consiglio Nazionale, in sostituzione di Maurizio Gardini, passato alla guida di Confcooperative. Eletti, anche, i presidenti dei Comitati di settore di Fedagri: Adriano Orsi (vitivinicolo), Davide Vernocchi (ortofrutticolo), Nicola Cesare Baldrighi (lattiero caseario), Patrizia Marcellini (agricoli e servizi), Giovanni Bettini (zootecnico) e Gianni Torello (forestazione). Il 2013 ha fatto registrare un nuovo record per le esportazioni di formaggio, superando i risultati del 2012. A darne notizia è Assolatte, secondo cui le vendite all’estero sono andate oltre i 2 miliardi di euro (+4,2%), pari a 320mila tonnellate di prodotti esportati (+7,4%). Risultati che permettono all’Italia di classificarsi al quarto posto in Europa per le esportazioni di prodotti lattiero caseari, dopo Olanda, Germania e Francia. “A causa della crisi economica e per mantenere un buon livello competitivo, lo scorso anno abbiamo dovuto ridurre del 3% i prezzi medi dei nostri prodotti. E pur avendo visto crescere i volu- mi non ci aspettavamo di superare la barriera dei 2 miliardi di euro, chiudendo comunque con un ottimo attivo della nostra bilancia dei pagamenti caseari (245 milioni di euro)”, ha commentato Adriano Hribal, delegato alla presidenza di Assolatte. Dal punto di vista dei mercati di destinazione, si registrano importanti aumenti: Francia +7,6%, Germania +10,4% e Regno Unito +8,6%. Tra i Paesi extra europei, gli Stati Uniti sono al terzo posto per quantità di formaggi italiani importati, ma in leggero calo (-2,1%), in crescita la Svizzera (+2,8%) e la Russia (+35,3%). Infine le tipologie di formaggio: i prodotti più apprezzati restano la mozzarella e i formaggi freschi che nel 2013 hanno registrato un ulteriore aumento del 15% a volume, seguono grana e parmigiano (+5,9%) e i grattugiati (+4,0%). Bene anche il gorgonzola, con esportazioni che crescono del 5,1%. In calo solo le vendite estere di pecorino e fiore sardo (-6,4%). NEWS Lattebusche: nel 2013 superati i 90 milioni di euro di fatturato Parmigiano: aperte 600 forme tra Gran Bretagna, Canada e StatiUniti Oltre 600 forme di parmigiano reggiano sono state aperte contemporaneamente in altrettanti punti vendita della catena Whole Foods, che ha dedicato al “re” dei formaggi l’edizione 2014 dell’evento “Crack Heard Around the World”. I paesi coinvolti nell’iniziativa sono Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. Il via alla manifestazione è stato lanciato dal punto vendita Whole Foods di Brooklyn, a New York, dal presidente del Consorzio di tutela, Giuseppe Alai, che insieme al consigliere Aldemiro Bertolini, presidente della sezione di Modena, e allo chef tristellato Michelin, Massimo Bottura, ha personalmente tagliato una forma. In contemporanea, il personale del reparto formaggi de- gli altri negozi della catena si è cimentato nella stessa operazione, tra la curiosità di migliaia di clienti che hanno poi potuto degustare il prodotto e acquistarlo. “In molte aree – racconta il Consorzio in una nota – proprio il rapporto diretto con la distribuzione e i consumatori rappresenta una efficace forma di contrasto a quelle evocazioni delle denominazioni di Dop come la nostra, che le leggi locali ammettono (ad esempio proprio negli Usa, dove ora si è aperta la battaglia lanciata dalla Ue contro l’uso di termini come “parmesan” e altri), ma consentono anche di avvicinare maggiormente i consumatori al consumo di spicchi e di dimostrare come si presenta all’origine un prodotto che spesso vedono solo grattugiato”. A completare l’iniziativa anche un concorso che ha coinvolto food blogger e consumatori, invitandoli ad inviare un proprio pensiero dedicato al parmigiano reggiano. I vincitori saranno premiati con un viaggio di una settimana nella zona d’origine della Dop. Per Lattebusche, cooperativa di Busche, in provincia di Belluno, il 2013 si è chiuso con un fatturato che supera i 90 milioni di euro, in crescita rispetto agli 88,1 del 2012. In aumento anche la remunerazione del latte dei soci, pagato 51,11 centesimi di euro al litro contro i 51,05 dell’anno precedente. I dati sono emersi nel corso dell’assemblea dei soci della Cooperativa, che si è tenuta il 28 marzo a Busche. Dal punto di vista dei prodotti, il grana padano da solo ha inciso per 26 milioni di euro sul fatturato. Seguono il formaggio piave (15,50 milioni di euro), il latte fresco (9,14 milioni di euro), lo yogurt (3,67 milioni) e, infine, la mozzarella (2,42 milioni). Ogm: rinviata la sentenza del Tar del Lazio La tanto attesa sentenza del Tar del Lazio in merito al ricorso, presentato da Giorgio Fidenato, contro il decreto che proibisce la semina del mais Mon810 per 18 mesi, è stata rinviata. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, ha scelto di prendere tempo, riservandosi la decisione nei prossimi 45 giorni. In merito al pronunciamento del Tar, il governo aveva già fatto sapere di essere pronto a ripresentare il decreto. Assemblea parmigiano reggiano: bene i consumi, produzione in lieve calo Il piano di regolazione dell’offerta 2014, che prevede la produzione di 3.250.000 forme, 29mila in meno rispetto al 2013; la tradizione, l’innovazione, i legami con il territorio, i nuovi modelli di consumo, il rapporto qualità/prezzo e, in particolare, le relazioni commerciali e le modalità di comunicazione. Sono queste le linee guida di lavoro presentate il 2 aprile dal presidente del Consorzio del parmigiano reggiano, Giuseppe Alai (foto), all’assemblea annuale dei soci, con l’obiettivo principale di accrescere la redditività del com- parto. “Il “quanto” produrre – ha detto Alai – lo abbiamo già stabilito, così come il “come” (con un Disciplinare sempre più rigido nei vincoli con il territorio sia per la produzione che il confezionamento): oggi siamo impegnati su “quali” mercati e “quali” consumatori, con azioni specifiche sulla comunicazione (sempre più orientata sulle caratteristiche del prodotto e su testing in store piuttosto che su una notorietà ampiamente acquisita) e su nuovi accordi commerciali”. Positivi i dati di mercato, a partire da una produzione che nei primi due mesi del 2014 ha fatto segnare un -0,1%. Bene i consumi interni, in crescita dello 0,2%, mentre l’export nel 2013 è cresciuto del 5,62%. “L’obiettivo è di raggiungere una quota del 50% nei prossimi cinque anni. Nascono da qui – ha ricordato Alai – gli accordi con gli esportatori italiani e, al tempo stesso, le nuove intese con la grande distribuzione estera, che può offrire ai consumatori stranieri un prodotto naturale a condizioni accessibili, evitando speculazioni sui prezzi che limiterebbero inevitabilmente un consumo diffuso”. Alai affronta anche il tema delle trattative bi- laterali con gli Usa. “Su queste linee di rafforzamento dell’export sarà fondamentale l’esito della pressione che la Ue sta esercitando sugli Stati Uniti, nell’ambito degli accordi sul libero scambio, affinché sia cambiata una legislazione americana che ammette la produzione di formaggi con denominazioni simili a quelle del parmigiano reggiano (e tra queste anche “parmesan”). “Una battaglia che va sostenuta incisivamente, perché è con questi nuovi accordi diplomatici che si può raggiungere un obiettivo altrimenti impensabile”. 9 NEWS Maggio 2014 Concorso Alma Caseus: in scena a Cibus dal 5 all’8 maggio Roberto Brazzale è vicepresidente Export: latticini a +4,49% nel mese di gennaio. Bene grana padano e parmigiano reggiano (+3,21%) dell’Associazione lattiero casearia ceco morava Seconda edizione per Alma Caseus, il concorso promosso dalla Scuola internazionale di cucina Italiana Alma. La competizione, che vivrà il suo momento clou a Cibus, fiera dedicata all’agroalimentare in scena a Parma dal 5 all’8 maggio, si articola in tre sezioni: formaggi, in scena l’8 maggio, professionisti, il 5 maggio ed Istituti alberghieri, il 6 maggio. Direttore di Alma Caseus è Renato Brancaleoni, affinatore e docente di Alma, che commenta: “Sono convinto che nel panorama italiano mancasse una competizione come Alma Caseus: la peculiarità di questo concorso è quella di mettere al centro dell’attenzione non soltanto i prodotti, così ricchi di identità e storia, ma anche i professionisti del mondo del formaggio. Parliamo di quelle centinaia di operatori che quotidianamente scelgono, tagliano, servono e comunicano con passione il formaggio e che sono eredi e “difensori” di una grande tradizione alimentare italiana”. Incremento del 3,21% nelle esportazioni di grana padano e parmigiano reggiano a gennaio 2014, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Bene anche i grattugiati, che crescono del 4,34%, in calo invece (-3,95%) le esportazioni di gorgonzola. Sono i numeri diffusi da Clal su elaborazione dei dati Istat, che rivelano anche una crescita a volume del 21,28% per ‘asiago, montasio, ragusano, caciocavallo’ e del 10,66% per ‘formaggi freschi tra cui mozzarella e ricotta. Dati positivi anche per i ‘formaggi freschi tra cui mascarpone’ (13%), ‘pecorino e fiore sardo’ (+6,81%), provolone (+2,67%) e ‘taleggio e italico’ (+1,97%). Quanto al latte, crescono le esportazioni di confezionato intero (+185,72%), mentre calano il latte confezionato parzialmente scremato (-17,41%) e quello scremato (-38,14%). Nel complesso, a gennaio 2014, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, l’export di formaggi e latticini segna un incremento, a volume, del 4,49%, che scende all’1,89% a valore. In calo invece, a volume, le importazioni dall’estero (-0,68%), che fanno però segnare un incremento a valore (+8,67%). Mario Guidi confermato al vertice di Confagricoltura Mario Guidi, classe 1961, è stato riconfermato il 16 aprile alla presidenza di Confagricoltura per il prossimo triennio. A deciderlo l’assemblea della confederazione, che si è espressa a favore con 497 voti su 509. “Dal 2011 ad oggi – ha detto il presidente Guidi nella sua relazione – sono avvenuti cambiamenti profondi e irreversibili, a livello nazionale ed internazionale, ed è ormai chiaro che niente potrà tornare come prima. La direzione è segnata: uno Stato più “magro”, un welfare più efficiente, mercati meno ingessati, regole meno asfissianti; inoltre, attraverso riforme strutturali, la riduzione della spesa pubblica e delle partecipazioni dirette. In questo contesto anche le organizzazioni intermedie dello Stato, da quelle di rappresentanza alle istituzioni, comprese le province, i piccoli comuni, le camere di commercio, sono in discussione al pari della dirigenza pubblica”. A Cibus la prima forma di puzzone di Moena Dop Il Gruppo formaggi del Trentino ha scelto il palcoscenico di Cibus per il debutto della prima forma di puzzone di Moena Dop, presentata in anteprima esclusiva. Il riconoscimento della Dop, arrivato nel 2013, è giunto a termine con il sigillo ufficiale dell’Unione europea, grazie al quale il puzzone di Moena entra di diritto nel paniere di prodotti riconosciuti e tutelati direttamente dall’Ue. Il puzzone di Moena Dop (Spretz Tzaor, in lingua Ladina) deve il suo nome al suo sapore ed odore accentuati. Genuino e intensamente aromatico, a pasta semidura e semicotta con crosta umida, può venire prodotto all’interno di un’area che comprende le vallate alpine cui fanno da sfondo le Dolomiti, recentemente riconosciute “patrimonio dell’Umanità” dall’Unesco. Azerbaijan: facilitazioni in vista per le operazioni di import-export 10 Assocaseari comunica che, secondo quanto dichiarato dal ministro azero dell’Economia e dell’Industria, per gli imprenditori del Paese saranno a breve necessari solo due documenti per effettuare operazioni di esportazione e importazione. Per effetto delle modifiche di una serie di atti giuridici per il controllo doganale delle operazioni di import-export, saranno richiesti solo il documento di trasporto e la dichiarazione in dogana. In tal modo, il numero di documenti necessari per le importazioni diminuirà da undici, e per l’esportazione da otto, a due. Roberto Brazzale (foto), presidente del Gruppo Brazzale, è stato eletto vicepresidente di Českomoravský svaz mlékárenský, l’Associazione lattiero casearia ceco morava, che riunisce i player del settore. Brazzale, membro anche del Forum ad alto livello per un miglior funzionamento della catena alimentare dell’Unione europea e consigliere di Assolatte, con l’azienda del Gruppo a Litovel (Cz) è da tempo membro dell’associazione ceco morava, nata agli inizi degli anni 90, che vanta tra i suoi soci sia le latterie, sia le organizzazioni commerciali, i fornitori di tecnologie e di materiale d’imballo, oltre alle scuole specializzate del settore, le società di consulenza e di servizio. Dal punto di vista del volume di latte lavorato in Repubblica Ceca, l’associazione rappresenta circa la metà del totale. La mission dell’associazione è quella di difendere gli interessi dei suoi membri, oltre a rappresentare le latterie nelle organizzazioni internazionali. A partire dal 2004, inoltre, l´Associazione è membro attivo di Eda (Associazione lattiera europea) con sede a Bruxelles e di Assifonte (Associazione europea dei produttori di formaggi fusi). A presiedere l’associazione, di cui Brazzale è vicepresidente dal 9 aprile scorso, è Jiří Kopáček. Novacoop: inaugurata la nuova sede a Vercelli È stata inaugurata l’11 aprile a Vercelli, la nuova sede di Novacoop. La struttura si articola su tre piani, per una superficie totale di circa 10mila metri quadri e un investimento complessivo di circa 28 milioni di euro. “La nuova sede di Vercelli rappresenta una tappa importante della crescita di Novacoop”, ha affermato il presidente della Cooperativa, Ernesto Dalle Rive. “La scelta di un’unica sede produrrà vantaggi operativi e finanziari in termini di gestione”. Ue, importazione prodotti bio: autorizzazione richiesta dal 1° luglio Il termine ultimo per il rilascio delle autorizzazioni Ue all’importazione di prodotti biologici da parte degli stati membri è fissato al 1 luglio 2014. A darne notizia è il ministero delle Politiche agricole, con una nota inviata ad assessorati regionali e organismi di controllo. Nella quale comunica che, sulla base degli accordi fra gli stati membri dell’Unione, le autorizzazioni avranno validità di un anno solare e verranno rilasciate fino alla data del 30 giugno 2014. Il termine ultimo per la presentazione della richiesta da parte delle aziende è fissato per il 31 maggio. Cia Conad sperimenta l’every day low price, con il nuovo format “Spesa facile” È stato inaugurato ai principi di aprile a Rovigo, un punto vendita Conad City, con il nuovo format “Spesa facile”. Lo store fa parte di Cia (Commercianti indipendenti associati) Conad ed è gestito da Oriana Burato e Tommaso Boso (madre e figlio). L’offerta si caratterizza per l’approccio every day low price: “Offriremo un ‘prezzo basso tutti i giorni’ con cui il consumatore può entrare in negozio e risparmiare a occhi chiusi, senza pensare a volantini e offerte speciali”, spiega l’amministratore elegato di Cia-Conad, Luca Panzavolta, in un comunicato pubblicato sul sito legacoopromagna. it. “Questo nuovo format per noi è un esperimento importante, perché per la prima volta coniugheremo l’alta qualità a cui è abituato il consumatore Conad con una proposta di prezzi molto aggressiva tutti i giorni della settimana. Questo test è il primo a livello nazionale di una serie d’iniziative analoghe che coinvolgerà nei mesi a venire altre cooperative associate a Conad”. Qualivita, Poste italiane e Tuttofood insieme per l’e-commerce dei prodotti italiani Nasce un nuovo servizio di e-commerce, rivolto ai consumatori e dedicato alle imprese del settore agroalimentare certificato. A realizzare il progetto sono la Fondazione Qualivita, Poste e-commerce, piattaforma integrata di servizi del Gruppo Poste Italiane e Tuttofood. In particolare, i prodotti selezionati da Fondazione Qualivita appartengono alle aziende italiane che hanno ottenuto le più importanti certificazioni, riconosciute sia a livello nazionale che internazionale: Dop (Doc e Docg) Igp, Stg e biologico.“Qualivita e-commerce” sarà online dal 10 di aprile 2014 con il pacco selezione “Dispensa italiana”. All’interno del paniere, che resterà online fino al 31 maggio al prezzo promozionale di 64 euro, nove confezioni di sei prodotti certificati, tra cui vino, olio, pasta e riso Filiera bufalina: il tavolo interministeriale dice sì alla tracciabilità E’ andato in scena il 10 aprile il primo incontro del tavolo interministeriale sulla filiera bufalina. Diverse le questioni aperte, a cominciare dalla vicenda del doppio stabilimento per la Dop. Problema per cui pare si sia trovato un accordo: non ci sarà l’obbligo del doppio stabilimento, secondo i beni informati. Arriva anche il parere positivo per la tracciabilità di filiera. “La decisione assunta oggi a livello nazionale – spiega l’assessore regionale all’agricoltura della Campania, Daniela Nugnes – è per noi una grande vittoria, visto che già un anno fa avevamo promosso, insieme all’istituto zooprofilattico sperimentale per il Mezzogiorno, un sistema di tracciabilità totale della filiera ritenendo che questo fosse l’unico strumento necessario per dare trasparenza al comparto e per promuovere e garantire la nostra mozzarella che, troppo spesso, è stata al centro di numerose polemiche. L’incontro di oggi, che avalla il nostro sistema e, anzi, lo rende obbligatorio, è la riprova di quanto fossimo nel giusto”. Sulla questione, però, incombe il Tar del Lazio, che ha chiesto al governo delucidazioni in merito all’applicazione della legge, voluta dall’allora ministro per le Politiche agricole, Luca Zaia. NEWS Maggio 2014 Caseificio Defendi Luigi, formaggi dal 1865 Dal 1865, anno in cui Pietro Defendi inizia la lavorazione delle prime formaggelle, seguite poi negli anni dalla produzione di formaggi Dop quali gorgonzola, taleggio e quar tirolo, il Caseificio Defendi Luigi ha continuato nella sua ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. La creazione, negli ultimi anni, del nuovo stabilimento di Vidalengo, in provincia di Bergamo, dotato di tutte le più aggiornate attrezzature ed impianti in grado di garantire il mantenimento delle caratteristiche tradizionali dei formaggi ottenuti, ha permesso di sviluppare nuovi e caratteristici formaggi stagionati, che verranno presentati ai clienti nazionali ed internazionali in occasione del prossimo Cibus di Parma. Si tratta di due formaggi a base latte di bufala, raccolto in stalle selezionate della regione Lombardia: il Bufaletto ed il Blu di Caravaggio. Attualmente, il prodotto viene presentato in confezione intera per il banco gastronomia in negozi specializzati, solo successivamente verrà presentata una linea confezionata per il mercato del libero servizio delle catene di supermercati. Il Caseificio Defendi, attento alle esigenze di un consumatore sempre più esigente, maturo ed orientato alla ricerca della qualità e di prodotti salutistici, aderisce all’associazione Blue-Blanc-Coeur che ha come scopo la divulgazione di una filiera nutrizionale completa che si impegna ad offrire un’alimentazione più sana, più saporita e più equilibrata. A tal proposito verranno presentati alcuni nuovi prodotti caseari freschi e semistagionati provenienti da queste filiere (quindi con meno grassi saturi, più acidi grassi omega 3 ed un corretto equilibrio acidi grassi Omega 6/Omega 3). Dopo un 2013 che ha visto Caseificio Defendi crescere ancora, sia a livello di fatturato che di volumi, di oltre il 10% rispetto all’anno precedente, le premesse quindi per un 2014, ricco di novità e attenzione al cliente ci sono davvero tutte. Già i dati a consuntivo di questa prima par te dell’anno vedono lusinghieri risultati di vendita, che arrivano in modo par ticolare dal mercato estero, oltre all’America, dove opera la filiale di Defendi Usa, si stanno incrementando i mercati dell’est Europa e della Russia. Attualmente il valore dell’expor t per Defendi si avvicina al 50% del totale giro d’affari. A fare da leader i formaggi Dop della grande tradizione del Caseificio: il gorgonzola “Il Bacco”, il taleggio “Il Caravaggio“, il quar tirolo “Bianco e Gusto“. Il mercato italiano, coperto da una rete di agenti, vede anche quest’anno lo sviluppo di nuovi potenziali clienti della Gdo e dell’industria alimentare, per cui Defendi realizza prodotti a marca privata. I premi di eccellenza vinti alle varie manifestazioni Cheese, le cer tificazioni di prodotto, di processo e di sostenibilità ambientale, fanno di Caseificio Defendi un sicuro par tner per la clientela più attenta alla qualità sia sul mercato italiano che estero. 12 Selex: raccolte 297 tonnellate di prodotti alimentari. Presto nuove iniziative di solidarietà Nestlè: fatturato in calo del 5,1% nel primo trimestre Bilancio positivo per la raccolta alimentare promossa lo scorso 29 marzo da Selex. L’iniziativa “Metti in tavola la solidarietà”, promossa in collaborazione con la Croce Rossa italiana, ha permesso di raccogliere 297 tonnellate di prodotti alimentari, nei 617 punti vendita del gruppo che hanno aderito. A fine maggio verrà promossa un’altra campagna solidale “Metti un sorriso alla solidarietà”, dedicata alla raccolta prodotti per l’infanzia e la cura della persona. A dicembre, si svolgerà la raccolta fondi tramite “Donocard”, importante iniziativa con cui Selex vuole celebrare i suoi 50 anni di attività e con cui il Gruppo conta di mettere a disposizione delle famiglie in difficoltà beni alimentari per la preparazione di 300mila pasti. Nestlè ha chiuso il primo trimestre 2014 con un fatturato di 20,8 miliardi di franchi svizzeri, in calo del 5,1% rispetto allo stesso periodo del 2013. Una flessione legata soprattutto all’eccezionale maltempo verificatosi in Nord America, alla stagnazione del mercato europeo e a una Pasqua caduta ad aprile e non a marzo, spiega il colosso elvetico. Nestlè conferma anche le stime per il 2014, che prevedono un aumento delle vendite intorno al 5%, soprattutto grazie ad un secondo semestre migliore rispetto al primo. Al netto di cambi, acquisizioni e cessioni, i ricavi sono cresciuti del 4,2%. Il caseificio toscano Busti presenta la certificazione di filiera, dalla stalla al negozio Il caseificio toscano Busti presenta la tracciabilità di filiera per i propri formaggi, dalla stalla ai banchi dei negozi. Il progetto, dal titolo “Latte di pecora della nostra terra; tracciabilità e rintracciabilità di filiera nel settore lattiero caseario toscano” è stato presentato lo scorso 10 aprile. “L’obiettivo del “progetto toscano” è quello di collegare ogni lotto di formaggio di pecora prodotto dal caseificio”, si legge in una nota dell’azienda, “con il latte raccolto dalle aziende conferenti, tramite un sistema informativo che segue il percorso del latte a partire dalla raccolta. Un computer con tecnologia Gps, installato sulle autocisterne, è in grado di riconoscere le aziende conferenti in maniera univoca e di indicare la quantità, l’acidità e la temperatura del latte. Il latte conferito, distribuito nei serbatoi di stoccaggio, viene tracciato attraverso un numero progressivo di lotto che lo accompagnerà in tutte le fasi della trasformazione fino al confezionamento”. Prima della vendita, spiegano dal caseificio, su ogni forma di pecorino verrà applicata un’etichetta, con un Qr code, che consente di collegare il formaggio alla partita di latte di origine. In questo modo, con uno smartphone, o accedendo al sito www.toscopecora.it e digitando nell’apposito spazio il suddetto codice, il consumatore può risalire alle caratteristiche delle aziende di produzione e del latte utilizzato per tutte le forme di pecorino che rientrano in questo progetto. L’evento ha visto coinvolto l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, l’Ispettorato repressioni frodi di Firenze, l’Associazione toscana allevatori, Asl 5 di Pisa, l’ente di Certificazione Certiquality, la Coldiretti, la Cna, il Consorzio del pecorino toscano Dop, il Laboratorio Tecnal. Ue 28: consegne di latte in crescita del 4,7% Consegne di latte in crescita nell’Ue 28, che a gennaio di quest’anno segnano un incremento del 4,7% rispetto allo stesso periodo del 2013. Secondo i dati elaborati da Clal.it, inoltre, in Nuova Zelanda, nel periodo gennaio-febbraio 2014, si è registrato un incremento della produzione del 9,3%. Tra i paesi tradizionalmente esportatori, si segnala anche l’incremento della produzione in Turchia (+10,6%). In generale, crescono le produzioni di latte in tutti i paesi esportatori, per una media del 3,6%. Negli stessi paesi, si registra anche un incremento dell’export di polveri (wmp, smp), burro e formaggi nei mesi di dicembre 2013 e gennaio 2014, che si attesta a +13,06%. A sostenere le esportazioni, sempre secondo i dati Clal.it, sono in particolare burro, smp e wmp. Nasce l’osservatorio europeo sul latte Distretto Emilia Romagna: bene l’export alimentare. In calo la food machinery di Parma (-5%) Positivo il quadro per il distretto industriale dell’Emilia Romagna, che nel 2013 registra un incremento dell’export pari al 3,6%, raggiungendo così i 10,9 milioni di euro, record storico per l’export regionale. Nel dettaglio dell’agroalimentare e dell’industria collegata, bene le macchine per l’imballaggio di Bologna, che crescono del 7,6%, in doppia cifra il lattiero caseario parmense (+27,2%) e segnali positivi anche nei tre distretti dei salumi del modenese (+7,3%), di Parma (+6,8%) e di Reggio Emilia (+7,7%). Sono alcuni dei dati che emergono dal Monitor dei distretti industriali dell’Emilia Romagna curato dal Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo per Carisbo, Cariromagna e Banca Monte Parma, secondo cui appare più contenuto l’incremento per le macchine agricole di Modena e Reggio Emilia (+3%) e per l’alimentare di Parma (+3,3%). Risultati negativi, invece, per la food machinery di Parma (-5%) e il lattiero caseario di Reggio Emilia (-0,7%). In generale, si evidenzia una crescita più sostenuta dell’export verso i nuovi mercati (+7,2%), in particolare Turchia, Cina (compresa Hong Kong) e Ucraina, grazie agli ottimi risultati del distretto delle macchine per l’imballaggio di Bologna. Gli scambi sono aumentati anche sui mercati avanzati (+1,5%), trainati dal brillante andamento delle vendite negli Stati Uniti dei distretti delle piastrelle di Sassuolo e del lattiero caseario parmense. Un osservatorio europeo per il mercato del latte e dei prodotti caseari, con l’obiettivo di prevenire squilibri e crisi di mercato in vista della fine del regime delle quote latte. E’ questa l’iniziativa della Commissione europea, inaugurata il 16 aprile. Era stato il commissario europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos a chiedere la creazione di una struttura in grado di fornire in tempi brevi il numero maggiore di dati economici che consentano di aiutare il settore ad adattarsi alla liberalizzazione del mercato. La struttura lavorerà congiuntamente con operatori del settore, governi e Commissione europea per raccogliere dati statistici relativi alla produzione lattiero casearia, all’equilibrio tra offerta e domanda di prodotti, ai costi di produzione alle prospettive commerciali. Questo materiale, corredato di analisi e previsioni di mercato, verrà pubblicato on line. Ogm: rinviata la sentenza del Tar del Lazio La tanto attesa sentenza del Tar del Lazio in merito al ricorso, presentato da Giorgio Fidenato, contro il decreto che proibisce la semina del mais Mon810 per 18 mesi, è stata rinviata. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, ha scelto di prendere tempo, riservandosi la decisione nei 45 giorni successivi al rinvio, arrivato il 10 aprile. In merito alla decisione del Tar, il governo aveva già fatto sapere di essere pronto a ripresentare il decreto. Alcuni celebri ‘No’ all’euro Giorgio Napolitano Margaret Thatcher Parole pronunciate da Giorgio Napolitano, allora deputato del Pci, a Montecitorio, il 13 dicembre 1978, durante una discussione riguardante l’adesione dell’Italia al Sistema monetario europeo (Sme). “L’euro è la più grande follia dell’era moderna. La Germania si ritroverà la sua naturale fobia dell’inflazione, mentre l’euro risulterà fatale per i paesi più poveri perché devasterà le loro economie inefficienti”. Maggio 2014 11º Presidente della Repubblica Italiana Maggio 2014 “[...]dal vertice è venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania, e in particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie di paesi della comunità. E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della comunità, o debba servire a garantire il Paese più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania, spingendosi un Paese come l’Italia alla deflazione. […]Il rischio è quello di veder ristagnare la produzione, gli investimenti e l’occupazione invece di conseguire un più alto tasso di crescita; di vedere allontanarsi, invece di avvicinarsi, la soluzione dei problemi del Mezzogiorno”. primo ministo britannico Milton Friedman economista “La spinta per l’Euro è stata motivata dalla politica, non dall’economia. Lo scopo è stato quello di unire la Germania e la Francia, così strettamente da rendere una possibile guerra europea impossibile, e di allestire il palco per i federali Stati Uniti d’Europa. Io credo che l’adozione dell’euro avrà l’effetto opposto. Esacerberà le tensioni politiche convertendo shock divergenti, che si sarebbero potuti prontamente contenere con aggiustamenti del tasso di cambio, in problemi politici di divisioni. Un’unità politica può aprire la strada per un’unità monetaria. Un’unità monetaria imposta sotto condizioni sfavorevoli si dimostrerà una barriera per il raggiungimento dell’unità politica”. Il paradosso dell’ uro Roberto Brazzale La parità di cambio tra lira e marco tedesco e i suoi effetti sull’economia italiana. Con un’attenzione particolare alle aziende del settore agroalimentare, frenato anche dalla valuta. Ne parliamo con Roberto Brazzale, presidente del gruppo Brazzale e membro dell’High level forum della Commissione Ue. 14 A cura di Alice Realini Il rapporto tra mondo agroalimentare, Unione europea e moneta unica è, da sempre, piuttosto travagliato. Senza dubbio, sul settore, incidono in maniera importante tutte le decisioni prese in ambito europeo. Basti pensare alla Politica agricola comune o, nel lattiero caseario, al tema controverso delle quote latte. Provvedimento che, comunque la pensi nel merito, ha senza dubbio cambiato per sempre il mercato europeo e quello mondiale. E, secondo l’opinione di molti, ha consegnato le chiavi del ‘forziere’ del latte Oltreoceano, in particolare alla Nuova Zelanda, oggi temibile e per certi versi inarrivabile competitor, in primis per ciò che riguarda tutte le economie emergenti. In questi mesi, la fine del regime delle quote latte è senza dubbio uno degli argomenti principali di preoccupazione del settore lattiero caseario. Ma è tutto il mondo agroindustriale italiano ad essere in fermento. Tensioni sui prezzi delle materie prime, comuni a tutti i settori, flessione della domanda nel Vecchio continente, difficoltà di accesso al credito, debolezza finanziaria all’estero sono alcuni degli argomenti che preoccupano uno dei settori comunque più dinamici e importanti per la nostra economia. Ma tutto questo non deve far pensare che, invece, per quanto concerne la moneta unica, i giudizi siano unanimi. Anzi, le voci di dissenso, complice anche l’evoluzione del quadro economico e la situazione di sostanziale deflazione dell’eurozona, si fanno sempre più forti. Tra questi, sicuramente, anche Roberto Brazzale, a capo di un gruppo che si trova ad operare quotidianamente con due differenti valute: l’euro e la corona ceca. Da sempre scettico verso la moneta unica, Brazzale lancia una chiara provocazione: “L’industria lattiero casearia italiana, così come quella alimentare in generale, stanno pagando un prezzo enorme all’avventura euro. Un prezzo troppo alto. E l’imminente fine del sistema delle quote latte, peraltro necessaria, provocherà un’ulteriore perdita di posizioni di mercato per l’industria casearia del nostro Paese”. Perché l’industria alimentare sta pagando a caro prezzo la scelta dell’euro? La parità forzata della lira con il marco tedesco e il fiorino olandese ha drogato la competitività relativa delle industrie alimentari di quei paesi nei confronti di quella italiana che, dalla fissazione della parità di cambio in poi, ha sempre più perso terreno. Le chiusure di stabilimenti e la sofferenza del comparto ne sono la riprova. Sempre più imprenditori italiani chiudono le loro aziende e, con la morte nel cuore, devono disperdere un patrimonio umano e tecnologico che rappresenta il frutto di immensi sacrifici di tutta la comunità. E, comunque, chi sopravvive non cresce. E il settore lattiero caseario, in particolare? Il sistema delle quote latte ne ha finora contenuto l’avanzata ma, dopo le quote, la crescita della produzione lattiera del nord Europa, che è già lanciata, porterà ad una intensificazione della pressione competitiva. Rischiamo di rimanere limitati alla cittadella protetta delle Dop e di vedere atrofizzarsi un sistema industriale dalle qualità straordinarie, che vale molto di più delle sole Dop. L’andamento delle esportazioni, in crescita, sembrerebbe smentirla… I compiaciuti annunci ufficiali nascondono un equivoco: stiamo crescendo nell’export, certo, ma molto meno di quello che potremmo, considerata l’imponente accelerazione dei consumi mondiali e l’apprezzamento delle nostre produzioni. Perdiamo continuamente quote di mercato relative. E andrà sempre peggio. Verso i concorrenti extraeuropei paghiamo anche lo scotto di un cambio con il dollaro che non ci appartiene. Oltretutto, l’Italia è un forte esportatore ma anche un grande importatore, perciò i colleghi nordeuropei che sono sul nostro mercato interno, grazie alla valuta bloccata, dispongono di una marcia in più. E non parliamo poi dei danni che l’euro-deflazione ha provocato al potere d’acquisto delle famiglie italiane. Perché parla di ‘parità con il marco tedesco’ piuttosto che di valuta comune? L’euro manca di un sottostante stato unico, con unico bilancio statale e unica banca centrale, perciò rimane un sistema di cambi fissi con valuta comune. Un mostro. E tale rimarrà. Organi comuni e politiche fiscali e di bilancio unitarie, non sono arrivate e non arriveranno mai. Non vorrà credere che i popoli rinunceranno alla propria sovranità sul bilancio o che i tedeschi accettino l’inflazione? Il guaio in cui hanno cacciati è che questo sistema, avendo introdotto una unica valuta circolante, ha reso impossibili le svalutazioni cioè gli aggiustamenti tra le valute dei singoli stati. Lo Sme, al contrario, lo permetteva. Ma la svalutazione non è sempre stata ritenuta un danno, a causa dell’inflazione? Sbagliato. In un’economia aperta la svalutazione di una divisa, come il suo apprezzamento, è un aggiustamento fisiologico, indispensabile. Il rapporto di cambio è un prezzo, un indice di scarsità e di squilibrio cui contribuisce a porre rimedio attraverso continui aggiustamenti, al rialzo o al ribas- Paul Krugman economista “Adottando l’euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”. Joseph Stiglitz economista “Questa crisi, questo disastro, è artificiale. E in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: l’euro”. Amartya Sen cambio medio mensile dm/lira 1950-2015 economista “L’euro è stato un’idea orribile. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa”. primo piano Il grafico elaborato da Roberto Brazzale e Rita Marchesini so, che frenano o accelerano i flussi commerciali e finanziari. In Italia la svalutazione riequilibrava import ed export e ad essa è sempre seguita un’inflazione di misura nettamente inferiore, perché la svalutazione viene da inflazione già accumulata. Non il contrario. Insomma, un favore al mondo industriale? No, si è sempre trattato di una compensazione risarcitoria, mai di un regalo. L’aggiustamento della lira svalutava le rendite improduttive e riconosceva al ceto produttivo un bilanciamento delle crescenti inefficienze del sistema. Compensava parzialmente, temporaneamente e successivamente, fino all’accumulo successivo, la zavorra che impediva alle imprese di competere con le rivali straniere, che operavano in stati più efficienti. L’industria è sopravvissuta così, creando ricchezza nonostante la sindacalizzazione, la spesa pubblica senza argini, la penalizzazione del lavoro a favore della rendita, il protezionismo clientelare e il deficit di concorrenza nel mercato di cui hanno beneficiato monopoli e cartelli del capitalismo, privato e pubblico. Ma l’euro non doveva rappresentare la soluzione a tutto questo? Pura incoscienza di chi ha voluto “mettere il carro davanti ai buoi”. Introdurre un elemento rigido come la valuta in economie così diverse significa porre le premesse per enormi squilibri, allontanandole ulteriormente. In realtà l’euro è stato la dichiarazione di fallimento della politica italiana, una resa senza condizioni che ha rimesso nelle mani dello straniero l’estremo tentativo di risanare il paese, attraverso il cosiddetto vincolo esterno. L’ex presidente Ciampi e Romano Prodi lo ammettono. Oggi è chiaro che l’azzardo è fallito clamorosamente, stiamo molto peggio di prima e senza possibilità di manovra. L’euro è l’ultimo tentativo del sistema politico consociativo di perpetuarsi grazie al debito pubblico, a costo di uccidere il sistema produttivo. La moneta unica ha portato anche vantaggi, però… Solo apparenti: un frutto avvelenato. All’inizio, la stabilità del cambio ha fatto affluire liquidità che ha gonfiato il debito privato, ma alla prima crisi questi capitali sono fuggiti, lasciando a secco il sistema bancario e quindi imprese e famiglie, molto indebitate. I tassi nominali sono bassi ma quelli reali alti, perché la deflazione riduce il valore dei beni sottostanti, così i debiti non si riescono più a pagare e si fallisce, nonostante i tassi a zero. Un classico. Oggi viviamo di droga monetaria e di merito di credito altrui. E lo ‘spacciatore’ ha un nome: Bce. Un’anestesia appesa alle decisioni della Germania, che a sua volta è terrorizzata di perdere i suoi crediti sul sistema di pagamento Target2. Un’impasse dalla quale nessuno sa come uscire e che non sarà certo risolta grazie al “fiscal compact”, impossibile da attuare. L’euro di fatto è per noi una valuta estera che ha reso insostenibile il debito pubblico e privato. Come il dollaro per l’Argentina. Quali possibili soluzioni, a suo avviso? L’Italia non sarà mai la Germania e la Germania mai l’Italia. Le mancano tremila km di coste balneabili a cinque minuti di motorino, come aveva intuito Goethe. Siamo troppo diversi, la riforma luterana non è nata per caso. Non saremo mai area valutaria omogenea che è presupposto di una valuta unica, ed è fantasia infantile immaginare un sistema di governo europeo sovrannazionale. Sgradito un “Anschluss”, l’unica soluzione realistica è quella di lasciare agire il cambio. Se ciò richiede l’uscita dell’Italia dall’euro, si badi bene non dalla Ue, l’opzione dovrebbe essere messa in cantiere con urgenza e decisione, da persone all’altezza. Ogni danno che si attribuisce ad una possibile svalutazione, in realtà, è già stato prodotto dall’euro e dai suoi squilibri. La svalutazione, semplicemente, lo acclara. Ma fuori dall’Euro significa fuori dalla Ue… Questa è una solenne sciocchezza. Ci sono paesi come la Repubblica Ceca, la Danimarca e altri che vivono benissimo nell’Ue mantenendo la loro valuta. Anzi, il disastro euro rischia di compromettere gli straordinari risultati del mercato unico, di creare forti tensioni tra popoli, ed estese proteste sociali, perfino indipendentiste, come il caso Veneto sta dimostrando. La Corea del Sud ha meno abitanti dell’Italia, ha una valuta propria ed è un colosso economico: anche la retorica delle dimensioni è una sciocchezza. Quanto dovrebbe svalutare l’Italia? Lo sbilancio accumulato è di circa il 35%. Nessun centro studi lo fa, così in azienda abbiamo realizzato un grafico che impressiona: quello del cambio tra lira e marco tedesco dal 1950 al 2015. Dalla fine degli accordi di Bretton Woods, negli anni Settanta, la lira si è sempre deprezzata rispetto al marco. Con una regolarità che suggerisce l’esistenza di un tasso “naturale”, una costante “k”, riflesso spietato, come lo è sempre la verità, della divergenza tra le opposte culture del bilancio pubblico e nella gestione della moneta. Mettendosi contro tale spinta naturale, i vari regimi monetari come lo Sme o altri a cambio fisso furono regolarmente travolti assieme alle riserve valutarie delle banche centrali che ci provavano. Ma almeno allora i cambi si potevano aggiustare perché le valute circolanti erano diverse e le svalutazioni intervenute, guarda caso, non furono mai smentite da successive rivalutazioni, a conferma che la svalutazione stava dentro “l’ordine naturale delle cose”. Il riferimento è anche alla crisi valutaria del 1992? Esatto. In quell’occasione Ciampi bruciò 50mila miliardi di lire di riserve nazionali per “difendere la lira”. Salvo poi capitolare miseramente. Dopo la svalutazione l’economia italiana ripartì. Nel 1997, contro la volontà della Bundesbank, avviene il “miracolo” dell’Italia nell’euro e la linea del grafico si appiattisce improvvisamente. Oggi è chiaro che era basato sul nulla. Perché? Semplice: l’Italia non aveva i parametri, e non ha compiuto, né allora né tanto meno in seguito, nessuna incisiva riforma per avvicinarsi alla Germania che, anzi, di riforme ne ha realizzate più di noi. E di grande efficacia. Torniamo al grafico…. Il grafico ci dice, con assoluta evidenza, La voce del sì Romano Prodi, fautore dell’ingresso dell’Italia nell’euro insieme ad Azeglio Ciampi, commenta a Mix 24 di Giovanni Minoli, in onda su Radio 24, le ipotesi di uscita dalla moneta unica, che si fanno sempre più insistenti: “Il problema è molto semplice: volete andare avanti o indietro? Io credo che bisogna andare avanti, altrimenti la storia ci uccide. Tutto qua. Non possiamo mica pensare che nella globalizzazione i singoli paesi possano resistere da soli. Se vogliamo uscire dall’euro possiamo farlo, certo. Ma pensare di tornare indietro sarebbe la fine. In questo modo l’Europa e i paesi europei non avranno nulla da dire per secoli. Penso che l’Italia da sola difficilmente potrà essere ascoltata, in questo momento oserei dire fortunatamente. Abbiamo altri paesi che condividono i nostri problemi, Romano Prodi cioè la Spagna e la Francia. E quindi bisogna avere una politica economica alternativa, volta allo sviluppo. Matteo Renzi sta lavorando nella giusta direzione, ma abbiamo bisogno di alleati, perché se picchiamo i pugni sul tavolo da soli ci rompiamo le dita e non otteniamo nulla”. che secondo la costante “k”, oggi una nostra divisa dovrebbe quotare a circa 1.550 lire sul marco (rispetto al dollaro Usa, a grandi linee, il marco dovrebbe oggi stare a 1,70 e la lira a 1,10 circa). Come pensiamo di avere economie tanto divergenti ed il cambio fermo a 989,999? La riposta è sotto i nostri occhi: solo a prezzo di una tremenda deflazione, il peggior male per l’economia e la convivenza sociale. Stiamo vivendo un’altra “quota 90”. Al posto di Benito Mussolini e Giuseppe Volpi, oggi ci sono Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi, e al posto del valore “90” sulla sterlina difendiamo il “990” sul marco. Un’autentica follia. Insomma meglio l’inflazione della deflazione… Per lavoratori e imprese senz’altro. E’ un grande conflitto tra rendita e lavoro. Oggi un Bot vale sempre uguale, mentre i salari si riducono, la disoccupazione dilaga, i valori delle case crollano, l’export si contrae ed i debiti diventano insostenibili, provocando fallimenti e crisi aziendali. Un precedente storico cui guardare, per evitare questi errori, non ci mancava. Ma, si sa, noi italiani non amiamo leggere la storia, preferiamo la Gazzetta dello Sport. A che cosa si riferisce? Alla “stabilizzazione monetaria” degli anni 20, voluta da Mussolini nel 1926 con il famoso discorso pronunciato dal balcone delle Poste di Pesaro. Un po’ euforico dopo abbondanti ed annaffiate libagioni, lanciò la famigerata “quota 90”, cioè un rafforzamento del cambio sulla sterlina, che era a 140. Un disastro completo, cui si aggiunse poi la crisi del ‘29. Tanto che, nel 1933, si dovette creare l’Iri di Alberto Beneduce che nazionalizzò banche e grandi aziende. E la vostra azienda? I nostri nonni riuscirono a superare la crisi, ma per tutta la vita ci raccontarono il dramma di quegli anni terribili in cui fallirono le banche e quasi tutti i concorrenti. Un insegnamento che abbiamo il dovere di non dimenticare. Anche la Confindustria allora era contraria. Oggi che posizione ha l’associazione degli industriali? Confindustria sulla questione nemmeno apre la discussione. Un tabù. Si è ridotta a lanciare appelli corporativi attorno a rivendicazioni irrilevanti. Sembra ormai un sindacato eterodiretto, che ha accolto troppi settori non industriali con interessi confliggenti, che subisce e asseconda le pressioni delle aziende di stato e delle banche. Spero che i miei colleghi industriali veri prendano coscienza del tritacarne in cui ci siamo infilati e trovino la capacità di reagire. E il mondo agricolo? Stupefacente è anche il silenzio dei sindacati agricoli: nessuno più degli agricoltori sta pagando il prezzo di questa irresponsabile operazione. E’ incredibile, le aziende soffocano e chi le rappresenta tace. 15 Maggio 2014 “La difesa del Made in Italy: un obiettivo prioritario” 16 Partiamo dall’attualità. Giovedì 27 marzo in commissione il ministro Martina ha presentato le linee guida del suo ministero. Come è andato l’incontro? Sono emersi temi di particolare criticità o attenzione dagli interventi dei commissari? Cosa pensa del programma di governo del nuovo ministro? L’audizione del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina sulle linee programmatiche del suo Dicastero si è collocata all’interno di una fase molto particolare e importante del lavoro della Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare che ho l’onore di presiedere. Abbiamo incardinato il disegno di legge collegato di cui sono relatore, che ci occuperà intensamente per le prossime settimane. L’accordo raggiunto unanimemente in Commissione è di procedere ad un suo esame quanto più rapido possibile, sia pure approfondito, e l’impegno è di approvarlo definitivamente prima dell’estate. Senza escludere la possibilità di perseguire, d’intesa con il Mipaaf e la Commissione Agricoltura della Camera, vie ancora più rapide per qualche disposizione urgente. La Commissione ha lavorato intensamente in questo primo anno di legislatura su temi come la semplificazione, l’imprenditoria giovanile, il riordino degli enti vigilati, che sono anche parte importante del contenuto del disegno di legge collegato. Il ministro Martina ha seguito personalmente quest’anno, nella sua veste di sottosegretario, il tema dell’Expo 2015, che ora rientra tra le sue competenze di ministro, e anche questo è un tema che ha giustamente attirato l’attenzione della nostra Commissione. Condividiamo gli obiettivi strategici che sono stati posti dal ministro alla base del lavoro del Mipaaf e presentati nel corso dell’audizione: “Innanzitutto, accelerare l’attuazione a livello nazionale della riforma della Politica agricola comune 2014-2020. In secondo luogo, promuovere la crescita del «Made in Italy» nel mondo, favorendo la propensione all’export e l’internazionalizzazione delle imprese, e tutelare i prodotti di qualità nei mercati esteri rafforzando il sistema dei controlli. Il terzo punto fondamentale è aumentare il grado di competitività del settore favorendo la crescita dimensionale delle imprese, la loro aggregazione, la semplificazione amministrativa e l’incremento dell’occupazione, soprattutto giovanile. In quarto luogo, rafforzare il ruolo dell’Italia in sede europea e internazionale. Il quinto obiettivo è assicurare massima trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa”. La commissione ha avuto modo di incontrare le diverse parti in causa del settore agroalimentare. Ci sono dei temi di preoccupazione comune tra i diversi attori? E, invece, quali sono, dal vostro osservatorio, gli argomenti di particolare frizione? Il sistema agroalimentare italiano rappresenta un volume di attività economica di 266 miliardi di euro, pari al 17% del Pil nazionale (ultimo dato disponibile 2012, fonte Inea-Istat). E’ una grande storia di qualità e successo. Mi auguro che prevalga, cogliendo l’occasione delle politiche strutturali 2014-2020, la volontà di costruire filiere produttive coese e capaci di raggiungere lusinghieri risultati sui mercati, a livello nazionale e, ancora di più, nel confronto mondiale. Indicazione d’origine in etichetta. Su questo tema vi sono notevoli divisioni tra la parte agricola e quella industriale. Cosa pensa a riguardo? Quali le possibili soluzioni? L’agroalimentare italiano si afferma per l’origine e la tipicità territoriale dei prodotti agricoli nonché per la capacità di trasformazione (secondo ricette italiane, tradizioni italiane, competenza e conoscenza italiane): fattori che mettono in evidenza la ricchezza organolettica ed antropologica della nostra cultura alimentare. L’enogastronomia è inoltre uno degli attrattori principali del turismo. 33 miliardi di euro costituiscono il volume delle esportazioni, il cui valore è in crescita (+6%) nel 2013 rispetto al 2012. Il legame dei prodotti agroalimentari con lo stile italiano costituisce il punto di forza di maggior importanza nella differenziazione sui mercati mondiali. Non siamo, come agricoltura italiana, nella condizione di poter garantire sempre un approvvigionamento di materie prime nazionali per tutta la prestigiosa produzione della nostra industria alimentare. Ma, certamente, nelle condizioni in cui si rivela possibile, valorizzare l’origine italiana anche dei prodotti agricoli di base rappresenta un ulteriore fattore di competitività che può diventare un segno distintivo. Relazione tra retail e mondo agricolo e produttivo. L’articolo 62, secondo lei, ha migliorato i rapporti? E’ necessario a suo avviso intervenire ancora in direzione di un maggiore equilibrio di forze? È un tema controverso. Vi sono elementi a favore ed anche alcune preoccupazioni. Avremmo bisogno di uno studio accurato. Chiedo che l’Inea o l’Ismea ci forniscano presto gli elementi per una riflessione realistica e ponderata. Il 2015 sarà un anno importante per l’agricoltura italiana ed europea, con la fine delle quote latte e l’avvio di Expo. Cosa può e deve fare la politica per accompagnare le aziende in questa occasione? La politica, nei diversi livelli e ruoli istituzionali, è chiamata ad offrire una prova, insieme di concretezza e di visione strategica, per consentire al nostro Paese di trovare la strada che ci porti fuori dalle difficoltà che bloccano da troppo tempo la società e l’economia. Proviamo a stendere un’agenda, sia pure non completa, delle scadenze che abbiamo di fronte nella politica agricola: entro aprile 2014, l’invio a Bruxelles per l’approvazione del documento “Accordo di partenariato”, cioè della piattaforma relativa a tutti i fondi strutturali europei; entro il 31 luglio 2014, l’approvazione di tutti gli atti nazionali d’applicazione dei pagamenti diretti (primo pilastro) della politica agricola comune; entro l’autunno, l’approvazione dei programmi operativi nazionali e dei piani operativi regionali sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell’Unione europea dal 1° luglio 2014; l’Expo 2015, che potrà e dovrà essere l’occasione per condividere un nuovo modello di sviluppo di Food Security e Food Safety con al centro la persona umana ed il suo rapporto con l’ambiente. A suo avviso un’Expo così concepita tutela e promuove davvero l’agroalimentare italiano? E rispetto al tema degli Ogm, su cui anche Confagricoltura ha espresso un parere molto forte? Sarà un’occasione straordinaria. Percepisco che questo paese, tanto abituato purtroppo a dividersi, sta però reagendo positivamente e mostra di voler operare scelte di valore per il sistema Italia. Per quanto attiene agli Ogm, ricordo l’impegno del ministro Martina di lavorare, d’intesa con i ministeri dell’Ambiente e della Salute, per ottenere, già nella riunione del Consiglio dei ministri dell’ambiente del 12 giugno prossimo, o al più tardi durante il semestre di nostra Presidenza, la tanto attesa modifica della normativa comunitaria, per consentire la piena facoltà agli Stati membri di decidere liberamente sull’ammissibilità della coltivazione degli Ogm. Auspico che il sistema della ricerca pubblica sia messo nella condizione di seguire anche l’evoluzione tecnologica internazionale riguardo agli Ogm. La questione Made in Italy agita i rapporti tra i diversi attori dell’agroalimentare, in particolare tra mondo agricolo e produttivo. Qual è la sua visione? La difesa del Made in Italy deve essere un obiettivo prioritario della politica nazionale in Europa e nell’ambito degli accordi internazionali e di commercio. Va ricordato il pregevole lavoro svolto dal Governo italiano e dalla Conferenza Stato-Regioni nel corso del 2013, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto di attuazione del Pacchetto Qualità, portato dal regolamento Ue n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Come si concilia il governo europeo dell’agricoltura con la valorizzazione delle produzioni locali e le funzioni di governo del territorio? La lenta procedura ordinaria di codecisione è giunta, con qualche ritardo sulla tabella di marcia ed uno slittamento di molte scadenze applicative al 1° gennaio 2015, al risultato di vedere pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (L347 del 20 dicembre 2013) i regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riforma della Pac ed ormai aspettiamo solo gli atti delegati per completare il quadro normativo proveniente da Bruxelles. Mi fa piacere dare ancora una volta riconoscimento agli italiani impegnati come parlamentari europei per il prezioso lavoro che hanno svolto (in Commissione agricoltura ed in Commissione per i bilanci) al fine di migliorare il testo iniziale presentato dall’esecutivo europeo. Quale agricoltura italiana porteremo al 2020? Sono trascorsi ormai più di tre anni da quando, dopo un primo dibattito pubblico ed una risoluzione del Parlamento europeo, la Commissione UE aveva messo in moto ufficialmente il cammino per la riforma della PAC, attraverso la comunicazione (COM 672 del 18 novembre 2010) dal titolo “La Pac verso il 2020: rispondere alle future sfide dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio”. Venivano individuati, in sintesi, tre obiettivi strategici: garantire la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare a lungo termine per i cittadini europei e contribuire a soddisfare la domanda mondiale di prodotti alimentari; sostenere le comunità agricole che forniscono ai cittadini europei una grande varietà di derrate alimentari di pregio e qualità (prodotte in modo sostenibile per preservare il paesaggio rurale, lottare contro la perdita di biodiversità, favorire l’adeguamento al cambiamento climatico e mitigarne gli effetti); preservare la vitalità delle comunità rurali, per le quali l’agricoltura costituisce un’attività economica importante in grado di creare occupazione locale. Il primo obiettivo è dunque quello produttivo. Rilanciare l’offerta agroalimentare, migliorando la struttura delle aziende agricole, la loro organizzazione orizzontale e di filiera, la loro redditività. Il secondo obiettivo coglie la peculiare caratteristica competitiva del nostro Paese, orientato alle produzioni di qualità in un contesto paesaggistico, ambientale e culturale che rende distintiva l’agricoltura nei diversi territori rurali. Il terzo obiettivo strategico è dedicato alle comunità rurali per evidenziare la multifunzionalità dell’agricoltura anche nella prospettiva occupazionale. Il quadro finanziario pluriennale offre una grande opportunità per l’Italia: si rendono disponibili oltre 5 miliardi di euro all’anno di risorse finanziarie europee fino al 2020. La sfida che le istituzioni politiche e la società civile sono chiamate ad affrontare è quella di dimostrare che è possibile garantire oggi cibo sufficiente, buono e sano ed uno sviluppo sostenibile. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso un nuovo approccio che sappia coniugare tutte le conoscenze scientifi- l’intervista Politico di lungo corso, Roberto Formigoni è oggi presidente della IX Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato. Con lui affrontiamo le problematiche del settore. Obiettivi, strategie, interventi urgenti. Roberto Formigoni che e tecnologiche, i risultati più avanzati della ricerca, la collaborazione tra istituzioni pubbliche e private dentro una consapevolezza del ruolo e della responsabilità che l’uomo ha di fronte alle risorse della natura. Quali sono secondo lei tre interventi urgenti da attuare subito per accrescere la competitività del settore? Come si può intervenire per migliorare la competitività della filiera italiana, oggi in difficoltà nella competizione con quelle di altri paesi? Il pregevole rapporto congiunturale dell’Ismea sull’accesso al credito delle imprese agricole ha mostrato nel 2013 una riduzione delle erogazioni concesse alle imprese italiane del settore primario, del 21% su base annua. In particolare, nelle regioni di Nord Ovest e nelle Isole maggiori la contrazione creditizia si è rivelata più intensa di quella media nazionale (in entrambi i casi del 34% su base annua). Sono dunque necessari interventi per migliorare l’accesso al credito, soprattutto dei giovani imprenditori agricoli, e per lo sviluppo del made in Italy all’estero. La difesa degli importanti risultati raggiunti dal settore agroalimentare italiano e la proposizione di obiettivi ancora più significativi, nel quadro della programmazione strutturale 2014-2020, impongono di assegnare un ruolo centrale al sistema dei controlli. Allo stesso tempo, c’è l’urgente esigenza di un’efficace semplificazione, soprattutto per evitare le duplicazioni che scaturiscono dalla complessità delle istituzioni e degli organismi pubblici preposti ai controlli. Ricordato l’ampio spettro di attività dei CAA (Centri di Assistenza Agricola), così come già delineato nel D.M. 27 marzo 2008 (articolo 2, comma 1), sembrerebbe coerente la collocazione all’interno della politica di sviluppo rurale di un intervento, nazionale e regionale, volto a rafforzare i CAA. La misura potrebbe contribuire al rafforzamento strutturale della rete di servizi CAA, alla semplificazione, nonché all’aumento della capacità di spesa delle Regioni nella programmazione 2014-2020. Quali sono le sue priorità come presidente della Commissione Agricoltura? Le produzioni agroalimentari sono una componente fondamentale delle eccellenze che l’Italia sa esprimere e che il mondo apprezza. Voglio contribuire a dare alle filiere agroalimentari le condizioni migliori per affrontare la competizione globale. In questo quadro, è assolutamente indispensabile avere un peso adeguato nell’Unione europea. Ci sono due appuntamenti decisivi: le prossime elezioni del Parlamento europeo ed il semestre di presidenza italiana. Angelo Frigerio 17 primo piano Maggio 2014 Attenti a quei due Federdistribuzione e Coldiretti stringono un patto d’acciaio. In vista modifiche all’articolo 62? 18 Un patto d’acciaio. Siglato da Federdistribuzione e Coldiretti. L’obiettivo? Modificare l’ar ticolo 62. Con uno scopo: mantenere agli agricoltori i pagamenti previsti dal decreto ma togliendoli all’industria di trasformazione. Sarà vero? Per ora di ufficiale non c’è nulla. Solo indiscrezioni. Trapelate nelle segrete stanze delle associazioni e della politica. D’altra parte, che Federdistribuzione l’ar ticolo 62 non l’avesse digerito, era noto da tempo. In più occasioni, dapprima in Parlamento e successivamente nei ministeri, gli sgambetti e le entrate a gamba tesa non sono mancati. A par tire dal 21 gennaio 2012, data in cui il consiglio dei ministri presieduto da Mario Monti, vara il decreto liberalizzazioni che contiene anche l’ar ticolo 62: ”Disciplina delle relazioni commerciali nella filiera agrolimentare”. Che, in buona sostanza regola, fra gli altri, i pagamenti fra agricoltori, industria e distribuzione. Fino al 19 ottobre quando, pur fra lacci e lacciuoli vari, viene varato il decreto attuativo. Ma la guerra non finisce qui. Chi non ricorda la data del 26 febbraio 2013? Al ministero dello Sviluppo economico arriva una lettera. Il mittente è la dottoressa Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, che chiede al dicastero di pronunciarsi: “Sul disallineamento che si è venuto a creare nel nostro ordinamento tra la disciplina contenuta nell’ar ticolo 62 e quella generale in materia di ritardi di pagamento”. Ma chi c’è dietro l’iniziativa degli industriali? Le ipotesi sono tante. Secondo qualcuno elementi della distribuzione che per l’appunto non hanno digerito per nulla il blitz tardo autunnale del ministro delle Politiche agricole, Mario Catania. Secondo altri, si tratterebbe di un regolamento di conti tra ministri. Tra le ipotesi c’è anche quella di alcune grandi aziende dell’alimentare che avrebbero spinto proprio Confindustria a questa mossa. Comunque sia, il colpo va a segno. A ridosso di Pasqua, infatti, arriva il parere dell’ufficio legale del Mise. Che, alla fine di un lungo ragionamento sulla disciplina europea dei pagamenti fa un’affermazione netta e chiara: “In conclusione… l’ar ticolo 62… è stato abrogato tacitamente ed oggi non è più in vigore”. Apriti cielo. Fonti solitamente bene informate parlano di una lunga telefonata fra l’allora ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e l’allora ministro dell’agricoltura Mario Catania. Che non sor tisce alcun risultato. La posizione del Mise rimane sempre quella. Da qui una comunicazione da par te del Mipaaf che ribalta la situazione. Anche in questo caso la replica è affidata all’ufficio legale. Si può facilmente sintetizzare così: “L’ar ticolo 62 è e resta in vigore”. Fioccano le reazioni delle organizzazioni di categoria. Per Federalimentare: “L’ar ticolo 62 è legge dello Stato e non si tocca”. Federdistribuzione plaude invece all’iniziativa del ministero dello Sviluppo. Confindustria chiede l’esplicita abrogazione della norma. Assolatte si schiera con il Mipaaf, come pure Assica. Si moltiplicano i comunicati stampa, i botta e risposta a distanza e le indiscrezioni. Si parla persino di grossi nomi dell’alimentare pronti ad abbandonare Confindustria. Il Consiglio dei ministri, che avrebbe dovuto risolvere la diatriba, viene rimandato. La querelle ha fine il 17 luglio quando il Tar del Lazio ribadisce in una sentenza che l’ar ticolo 62 è e resta in vigore. A seguito di questo pronunciamento, l’ufficio legale della presidenza del Consiglio dei ministri, in data 31 luglio, scrive ai dicasteri dello Sviluppo e dell’Agricoltura ribadendo la validità dell’ar ticolo 62. Tutto tutte le tappe della telenovela 21 gennaio Il governo Monti vara il decreto liberalizzazioni, che contiene anche l’articolo 62 “Disciplina delle relazioni commerciali nella filiera agroalimentare 24 marzo Il decreto viene convertito in legge.Manca il Decreto attuativo 8 ottobre Mipaaf e Mise mettono a punto la bozza di decreto attuativo, sottoposta al Consiglio di Stato, che esprime parere sostanzialmente favorevole, pur segnalando alcune correzioni 19 ottobre Viene emanato il Decreto attuativo.La norma è pienamente operativa 9 novembre Il nostro Paese recepisce la disciplina europea sui pagamenti,che presenta differenze rispetto all’articolo 62.Comincia a circolare l’ipotesi che le due normative siano incompatibili 6 febbraio L’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato emana il regolamento sulle procedure istruttorie relative all’articolo 62, che entra nel merito delle modalità di segnalazione all’autorità di comportamenti scorretti ai sensi del decreto legge 26 febbraio Il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, scrive al capo gabinetto del Mise chiedendo la conferma dell’incompatibilità tra la legge italiana e quella europea 26 marzo Il Mise, attraverso Raffaello Sestini, capo ufficio legislativo, risponde che in seguito al recepimento della disciplina europea sui pagamenti ritiene tacitamente abrogato l’articolo 62 2 aprile Sulla questione interviene il Mipaaf, che con una nota del proprio ufficio legale ribadisce: “L’articolo 62 è e resta in vigore” 17 luglio Anche il Tar del Lazio conferma: l’articolo 62 resta in vigore 31 luglio L’ufficio legale della presidenza del Consiglio dei ministri scrive ai dicasteri dello Sviluppo e dell’Agricoltura ribadendo, ancora una volta, la validità dell’articolo 62 a posto, tutto in ordine? Nemmeno per sogno. Da settembre 2013 in avanti, autorevoli esponenti della distribuzione, nel corso di convegni e manifestazioni varie, ribadiscono il loro parere negativo nei confronti della legge. Sottolineando che era stata pensata a favore dell’agricoltura e non dell’industria. Si arriva così ai giorni nostri. Nel corso di un convegno promosso da Adm, svoltosi in aprile a Bologna, l’Associazione per la distribuzione moderna presenta un rappor to Nomisma. Lo studio analizza il settore agroalimentare italiano, la formazione del valore e dei prezzi lungo la filiera. Interessanti i dati forniti. Fra questi si parla di utile netto. E chi guadagna di più nella filiera? L’industria naturalmente che, su una distribuzione per ogni 100 euro di spesa alimentare, ha un utile di 1,5 euro. Seguono il commercio all’ingrosso con 0.65 euro, la ristorazione con 0.6, l’agricoltura con 0.4 euro. Fanalini di coda la distribuzione moderna (0.15 euro) e il dettaglio tradizionale (0.1 euro). Nel corso del dibattito inter vengono in molti. Fra questi autorevoli esponenti del mondo agricolo: il presidente di Confagricoltura Roma Massimiliano Giansanti, il presidente della Cia Dino Scanavino (“… dobbiamo fare un patto, non cercare soluzioni a casa degli altri attori della filiera”), Giovanni Luppi, presidente di Legacoop agroalimentare (“Perché non immaginiamo che alcuni spazi degli ipermercati possa essere data in mano alla cooperazione agricola?”). Ma l’inter vento migliore è quello del presidente di Coldiretti Rober to Moncalvo: “I numeri aiutano a capire che c’è un’agricoltura che sta male, una Gdo che non sta tanto bene e un’industria che sta solo un po’ meglio”. Al convegno par tecipa anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Mar tina che dice tutto e non dice nulla: “Non è più tempo di discutere del nanismo imprenditoriale italiano. Imprese piccole hanno testa grande, altre sono piccole e restano tali. La polverizzazione non si risolve auspicando che il sistema cambi completamente perché la nostra storia è un’altra”. Ma non è finita qui. Il noto giornalista Luigi Rubinelli (vedi www.retailwatch.it) inter vista per l’occasione Giovanni Cobolli Gigli e gli pone questa domanda: “Come si può rendere efficiente la filiera agroalimentare nella quale la grande distribuzione è ovviamente collocata e come fare a remunerare il giusto agli agricoltori? Ecco la risposta del presidente di Federdistribuzione: “… Questo è un problema che va avanti da molti anni. E’ una lotta tra poveri perché i dati che sono stati mostrati in questo convegno fanno vedere che sull’utile totale della filiera gli ultimi, che prendono la par te più ridotta, sono gli operatori della grande distribuzione, seguiti con un maggior vantaggio, leggero, da quelli dell’agricoltura”. L’inter vista finisce poi con l’invito a concentrarsi e a rendere più produttiva l’offer ta dell’agricoltura: “Per poter garantire qualità e rispetto dei tempi e delle quantità nei confronti della grande distribuzione”. Insomma, una bella sviolinata che la dice lunga sul “micio micio bau bau” fra i due compar ti. E cosa potrebbe esserci dietro? Una bella richiesta al ministro Mar tina per modificare in senso restrittivo l’ar ticolo 62. Ovvero tenere fermi i tempi di pagamento dell’agricoltura ed eliminare quelli dell’industria. Fantaeconomia? Mah: “ A pensare male si fa peccato”, diceva Giulio Andreotti. “Ma s’indovina quasi sempre”. Angelo Frigerio il caso Maggio 2014 (S)Cartabellotta! Il presidente della Regione Sicilia, con un blitz notturno, azzera il consiglio. Dimissionando uno degli uomini più rappresentativi. Il mondo produttivo e agricolo insorgono. Rosario Crocetta La bomba scoppia a Vinimomento storico, per noi taly, la grande kermesse deproduttori, è fondamentale dicata a vino e spiriti, andata avere alle spalle una persona in scena dal 6 al 9 aprile a Vecapace e di fiducia come lo rona. Martedì 8 aprile infatti è stato in questi anni l’assesgiunge la notizia del “silurasore Cartabellotta. Al quale mento” di Dario Cartabelsi deve, tra l’altro, lo sviluppo lotta. Voluto dal presidente del marchio Born in Sicily del consiglio regionale della nel mondo, a cui va il meriSicilia, Rosario Crocetta. to anche di aver dato spazio Il cartello affisso allo stand della Sicilia L’assessore all’Agricoltura in occasione di Vinitaly alle piccole produzioni e ai non figura infatti nella lista territori della nostra Regiodegli assessori del Crocetta bis, governo che proprio ne. Un assessore importantissimo per tutti i settori in queste ore ha visto la luce, dopo diverse settima- dell’agroalimentare, non solo per il vino”. Ma perché ne di scontri in seno al Pd regionale. E proprio nello questa decisione? Prova a rispondere Maria Teresa Gastand della regione Sicilia a Vinitaly, alcuni imprenditori glio, imprenditrice, anche lei presente allo stand della del settore hanno attaccato un cartello (foto), vero e Regione: “La politica prevale sempre”, è il suo amaro proprio invito al presidente Crocetta, che recita: “La commento.“Si tratta di logiche politiche che poco hanSicilia che produce non può essere tradita”. Commen- no a che fare con la realtà produttiva della Sicilia e ta Enza La Fauci, imprenditrice vinicola, che il direttore dei suoi viticoltori, che rappresentano un settore fondi Salumi & Consumi, Angelo Frigerio, incontra proprio damentale per l’economia regionale. Ed è ancora più nello spazio regionale: “Abbiamo saputo da qualche scandaloso che questa decisione sia maturata proprio ora che Dario Cartabellotta non è più il nostro as- nei giorni in cui si tiene va in scena un appuntamento sessore e punto di riferimento. In questo particolare importante come Vinitaly”. Dario Cartabellotta 19 l’evento Maggio 2014 Un palcoscenico per il Made in Italy Dopo un lungo iter ha aperto i battenti, il 18 marzo a Milano, Eataly Smeraldo. Tre piani e quindici punti di ristoro per la nuova creatura di Oscar Farinetti. Nata sulle ceneri dello storico teatro. 20 La mattina del 18 marzo al Teatro Smeraldo è tutto pronto. Una vera e propria folla attende l’apertura, ordinatamente in coda, davanti al grande ingresso di vetro. E poi arriva lui, il patron Oscar Farinetti e la festa di Eataly Smeraldo può cominciare. Dello storico teatro milanese resta il nome, le foto in bianco e nero dei tanti artisti che negli anni hanno calcato le assi di questo teatro, come Gino Paoli, Mina e Adriano Celentano, solo per citarne alcuni, e un palco. Dove, promette Farinetti, ogni sera si esibiranno giovani artisti e celebrità del mondo della musica italiana. Ed è proprio il grande palco che domina lo store ad accogliere il patron Farinetti, con immancabile bottiglia da stappare, il sindaco Giuliano Pisapia e Carlin Petrini, fondatore di Slow Food. Parole entusiastiche, battute, molti sorrisi e poi le note di Alberto Fortis, che seduto al pianoforte canta la sua celeberrima ‘Milano e Vincenzo’ davanti al folto pubblico. “Non possiamo far dimenticare un luogo come lo Smeraldo, dove hanno cantato Bob Dylan e Ray Charles: per questo resterà il palco che ospiterà show e concerti. Eataly ha l’obiettivo di ridare vita a luoghi di pregio come ex librerie, ex teatri che oggi chiudono nel nostro Paese”, spiega Oscar Farinetti. Una superficie di 5mila metri quadrati, tre piani, banchi per la vendita di salumi e formaggi, 15 punti di ristorazione, un investimento di circa 40 milioni di euro e 350 di- pendenti: sono questi i numeri del 25esimo store della catena nel mondo. “Ogni Eataly - ha spiegato Farinetti - è una cosa a sé. Come i fratelli: valori di base in comune, ma caratteri diversi. Per noi si tratta di replicare un’atmosfera e questo è dedicato alla musica. Abbiamo scelto di aprire per le Cinque giornate di Milano perché Eataly puo’ essere una piccola metafora fisica legata a Risorgimento. Non saremo noi a far risorgere l’Italia, ma è un piccolo passo”. Eataly Smeraldo, inoltre, offre cinque luoghi dedicati alla produzione artigianale a vista: la pasta fresca di Michelis, la panetteria con il suo forno a legna, la pasticceria ‘Golosi di Salute’ curata da Luca Montersino, il panino ‘Ino’ di Alessandro Frassica, la piadineria dei Fratelli Maioli e il corner dedicato al mozzarella show, che per l’occasione diventa ‘Miracolo a Milano’. I milanesi, fino ad ora, sembrano aver molto apprezzato. Le code all’ingresso sono continuate anche nei giorni successivi all’inaugurazione, in particolare per affollare i tanti punti ristoro della catena. Spazi che però, secondo alcuni, tolgono un po’ di visibilità alla vendita dei prodotti made in Italy che riempiono gli scaffali. Non resta che attendere il primo bilancio, mentre Farinetti sta già pensando al prossimo Eataly, forse addirittura nella capitale francese. Alice Realini 21 L’EVENTO Maggio 2014 L’alimentare si mette in mostra Due padiglioni, su tre piani, con una superficie globale di 2.600 metri quadri. Che potranno ospitare 500 fra aziende, consorzi e organismi istituzionali. Questo il progetto di Federalimentare per Expo 2015. Realizzato da Fiere Parma. 22 Alcuni rendering, elaborati da Sermedia, che mostrano interni ed esterrni del padiglione Corporate Due padiglioni e circa 2.600 mq per raccontare l’agroindustria italiana ai visitatori di Expo 2015, in un viaggio interattivo per scoprirne i prodotti, i protagonisti, la ricchezza dei territori, i marchi e gli imprenditori che li hanno creati e sviluppati: queste le caratteristiche di Federalimentare 4EXPO. Un progetto di edutainment promosso da Federalimentare, la Federazione dell’industria alimentare italiana, con il suo partner operativo Fiere di Parma. E che costituirà il principale canale di comunicazione per la divulgazione e valorizzazione dell’immagine dell’industria alimentare all’Expo di Milano del 2015. Federalimentare 4EXPO vivrà in due padiglioni polifunzionali di circa 1.300 mq ciascuno, sviluppati su tre piani e collegati tra loro da una passarella di otto metri di larghezza. Coinvolgerà circa 500 tra aziende, consorzi e organismi istituzionali del made in Italy alimentare e ospiterà nei suoi spazi istituzionali fino a 200 eventi nei sei mesi della manifestazione. I padiglioni avranno un design interno e esterno armonizzato con quello del Padiglione Italia, di cui saranno lo “specchio industriale”, e si troveranno in una posizione strategica (NE 10 e NE 11), nella “testa” del “pesce” e in prossimità dell’ingresso Est, dal quale passerà il 40% del pubblico, ma la maggior parte degli operatori “professionali” che visiteranno Expo 2015. Il progetto, che non prevede attività commerciali e di vendita, sarà un percorso interattivo per far comprendere il valore delle filiere alimentari attraverso la galassia dei prodotti e delle aziende che hanno scritto la storia dell’Italia alimentare. Saranno nove i percorsi tematici di edutainment dedicati ai settori chiave dell’industria alimentare (latte, formaggi e derivati; conserve vegetali; condimenti; sfarinati, pasta e pizza; carni; ittico; bevande; dolci; spezie e coloniali). Nove viaggi esperienziali realizzati con scenografie “immersive” e proiezioni 3D, che le aziende renderanno concreti e tangibili grazie alle postazioni interattive (fino a 500) che sveleranno ai visitatori il loro patrimonio storico e culturale. Oltre all’area edutainment, Federalimentare 4EXPO sarà anche il fulcro di eventi e relazioni istituzionali per il settore: le due terrazze – caratteristica unica nell’architettura dei Padiglioni di Expo 2015 – e la grande sala eventi polifunzionale da 1.500 posti, situata al piano terra del padiglione NE 10. Spazi che, in sei mesi, ospiteranno circa 200 tra iniziative di promozione e comunicazione organizzate dalle aziende aderenti a Federalimentare. Oltre ai principali appuntamenti del settore come assemblee delle associazioni di categoria, convention aziendali dell’industria alimentare e altro ancora. Così commenta il progetto Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare, “L’agroindustria italiana riflette la ricchezza dei territori, dei prodotti e degli imprenditori che l’hanno creata e sviluppata. Processi e prodotti artigiani sono diventati industriali e hanno guidato lo sviluppo di un importante settore anch’esso leader nel mondo. Una ricchezza creativa e relazionale, che nasce da vicende industriali centenarie e vive nelle nuove generazioni di imprenditori e manager che alimentano lo sviluppo dell’Italian food nel mondo. Non esisterebbe made in Italy se alle spalle dei prodotti non ci fossero imprese che fanno della qualità una vera e propria ‘ossessione’: delle materie prime, dei processi, del confezionamento, dei prodotti. E attraverso questo progetto abbiamo la possibilità di raccontarlo”. “Si tratta di un progetto non commerciale di valorizzazione per l’industria alimentare”, sottolinea Paolo Zanetti, vice presidente di Federalimentare con delega Expo. “Siamo contenti che Expo 2015 si sia reso conto della validità di un progetto che abbiamo concepito e sviluppato assieme a Fiere di Parma fin dal 2010, con l’intento di valorizzare la storia, la cultura e la filiera dell’agroindustria italiana, secondo settore del manifatturiero italiano e ambasciatore del made in Italy, con un export di 26,2 miliardi di euro. Con questo padiglione educativo, che ha avuto anche l’apprezzamento del Mipaaf, verranno dati spazio e visibilità a chi produce il cibo che finisce ogni giorno sulle nostre tavole e su quelle di tutto il mondo, in un percorso coerente con i temi di una manifestazione che ha messo al centro del dibattito l’alimentazione e la nutrizione.” Gli fa eco Antonio Cellie, Ad di Fiere di Parma, partner operativo di Federalimentare:“La crescente fiducia nei confronti di Fiere di Parma da parte della business community dipende anche dall’approccio, scelto insieme a Federalimentare 12 mesi fa, rispetto alla grande opportunità di Expo. Secondo noi questo importante appuntamento deve essere anche un’occasione concreta di business per molte imprese italiane e quindi abbiamo immaginato e realizzato un modello di partecipazione per le aziende che sia rivolto anche ai professionisti della distribuzione e della ristorazione di tutto il mondo che si recheranno all’Esposizione Universale. Durante i sei mesi di Expo molti operatori chiave per il futuro del nostro agroalimentare verranno in Italia: all’interno dei padiglione Federalimentare 4EXPO la nostra industria alimentare potrà incontrarli per spiegare loro perché il nostro panorama produttivo è così meravigliosamente diversificato e perché, grazie a un tessuto di imprese e territori unico al mondo, i nostri prodotti sono ineguagliati per qualità e sicurezza.” Federalimentare 4EXPO potrà contare anche sul fondamentale contributo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che realizzerà un’analisi scientifica multidisciplinare per fotografare il sistema alimentare italiano e il suo ruolo nel panorama economico italiano. Così Lorenzo Ornaghi, presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “I marchi del sistema alimentare italiano disegnano la fisionomia di una vera e propria élite creativa, generatrice di ricchezza sociale, economica e anche culturale. Particolare attenzione verrà dedicata alla costante cura che tali realtà hanno per la qualità dei prodotti, per la loro gestione, per le iniziative che promuovono e sponsorizzano sul territorio e che le rendono punti di riferimento affidabili per le comunità locali. Questo studio economico-aziendale, politologico e sociale vuole scoprire ragioni e condizioni che hanno favorito la nascita e il consolidamento di queste aziende, spesso basate su un’architettura familiare. E sottolinea la necessità di un pieno riconoscimento e di una legittimazione della leadership del settore alimentare all’interno del più ampio sistema economico-sociale italiano.” Margherita Bonalumi L’EVENTO Maggio 2014 Gorgonzola a forza cinque Aumento della produzione. Crescita delle famiglie acquirenti. Export a +5%. Sono i dati presentati nel corso dell’assemblea annuale dei soci del Consorzio, il 17 aprile a Milano. Da sinistra: Gino Cinque, Renato Invernizzi, Stefano Fontana. Rispettivamente: presidente del collegio sindacale, presidente e direttore del Consorzio di tutela del gorgonzola 24 “Il nostro è l’unico formaggio a far registrare un aumento della produzione”: è con orgoglio che Renato Invernizzi, presidente del Consorzio del gorgonzola, ha introdotto l’assemblea annuale dei soci. Presenti, oltre agli associati, ospiti istituzionali e stampa, l’evento ha avuto luogo a Milano giovedì 17 aprile. In un anno difficile, come il 2013, in cui i prodotti caseari italiani Dop hanno subito una flessione media del 3,5%, il gorgonzola vede un incremento della produzione che, seppur lieve (+0,45%), può essere letto come una conferma del gradimento di questa Dop. E il trend positivo continua visto che nel primo trimestre di quest’anno la produzione di gorgonzola è aumentata del 7% circa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Interessanti e significativi i numeri presentati nel corso della relazione introduttiva di Renato Invernizzi: “Nel 2013 sono state prodotte 4.175.610 forme. Crescono le famiglie acquirenti (+2,6%) con un conseguente aumento dei volumi (+1,8%). Il gorgonzola viene acquistato prevalentemente in supermercati e ipermercati dove viene preferito il prodotto a peso variabile (47% sul totale) sul take-away (35,2% sul totale), che comunque risulta in ascesa”. Nella competizione fra dolce e piccante vince il primo. Il gorgonzola di tipo dolce rappresenta infatti il 91% della produzione, ma continua a crescere l’interesse dei consumatori per il tipo “piccante” che nel 2013 arriva al 9% con un leggero aumento rispetto all’anno precedente. Il gorgonzola, è utile ripeterlo, può fregiarsi del marchio “Dop” e viene prodotto esclusivamente con latte vaccino proveniente dagli allevamenti del territorio consortile che include solo due regioni italiane: Lombardia e Piemonte. E’ qui che sono dislocate le 40 aziende produttrici da cui parte il gorgonzola destinato al mercato interno e a quello mondiale. “La produzione nelle province piemontesi (Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbano-CusioOssola e il territorio di Casale Monferrato) rappresenta il 66,5% del totale”, sottolinea il presidente del Consorzio. “Ma crescono i volu- mi della produzione “made in Lombardia” (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia e Varese) con oltre 18mila forme in più rispetto al 2012. Il Nord-ovest rimane l’area dove l’erborinato italiano è più apprezzato, ma un aspetto molto interessante è sicuramente il gradimento in continua e costante crescita delle famiglie acquirenti residenti al Sud”. Significativi i dati relativi all’export: “Nel 2013 sono state esportate oltre 16mila tonnellate di prodotto (+5,1%)”, precisa Renato Invernizzi. “Francia e Germania assorbono oltre il 46% del totale esportato. In crescita anche le esportazioni verso Cina (da 9 tons. nel 2012 a 55 tons. nel 2013), Russia ed ex paesi sovietici. Mentre negli Stati Uniti i valori sono rimasti pressoché identici, in Estremo Oriente si è invece perso qualche punto in percentuale”. Il Consorzio dedica molta attenzione alla comunicazione: “Oltre il 70% del piano finanziario del Consorzio è destinato all’attività promozionale”, precisa il presidente. “Lo scorso anno grazie al progetto “Gorgonzola a scuola”, l’erborinato italiano è arrivato in 200 classi di quinta elementare piemontesi e lombarde, quattro delle quali hanno vinto il concorso tra elaborati aggiudicandosi una lavagna multimediale Lim a testa. A fine anno ha fatto molto parlare la campagna pubblicitaria, targata Thomas Adv, che puntava su frasi scherzose e che, grazie al Qr code, rimandava al sito su cui era possibile scaricare l’intero nuovo ricettario”. All’evento hanno partecipato inoltre Leo Bertozzi (presidente Comitato italiano federazione internazionale latte), che ha parlato dei formaggi Dop Italiani nel contesto Internazionale e Mauro Rosati direttore generale Fondazione Qualivita) che è intervenuto sul valore del made in Italy agroalimentare certificato. Da ultimo Antonio Cellie (amministratore delegato Fiere di Parma) ha illustrato le prospettive di Expo 2015, come supporto all’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari e dei Consorzi di tutela. Margherita Bonalumi LE INIZIATIVE DEL CONSORZIO Uniti si vince! E’ questo il principio che ha spinto il Consorzio gorgonzola a realizzare due importanti iniziative, una in Francia e l’altra in Italia, insieme ai formaggi Dop Italiani asiago, mozzarella di bufala campana, parmigiano reggiano e pecorino sardo. Innanzitutto Grandi formaggi Dop, ovvero una serie di incontri aperti a pubblico e ristoratori intorno al tema “La tradizione e l’innovazione in cucina e nei punti vendita”. Testimonial d’eccezione Carlo Cracco e Moreno Cedroni. Cracco sarà protagonista il 10 giugno a Milano con un evento nel suo nuovo ristorante sui Navigli; Cedroni, invece, accoglierà il pubblico di Roma martedì 17 giugno al “Teatro Centrale Carlsberg”. Due eventi di altissimo livello, totalmente gratuiti, per sottolineare l’importanza e promuovere la conoscenza dei formaggi italiani Dop. Dopo l’estate, il 17 settembre a Bologna e il 24 settembre a Bari, sono in programma invece due incontri dedicati a negozianti e banconieri tenuti dal direttore di Gdo Week Cristina Lazzati. L’esperta di retail guiderà gli operatori del settore alla riscoperta del valore della tradizione e dell’artigianato raccontato al cliente da uno scaffale o un banco gastronomia utilizzando anche mezzi innovativi, come una App o un sito web. Lo stesso intento, unito però anche a quello di far conoscere i formaggi italiani ad un pubblico estero, muove anche Fromages d’Italie, l’iniziativa di comunicazione che vede riuniti gli stessi cinque consorzi per iniziative rivolte al mercato francese. L’ultima in ordine di tempo è stata la partecipazione ad Omnivore, il più importante festival francese di alta cucina che si è svolto a Parigi (tutte le informazioni sulle due iniziative sono disponibili su www.grandiformaggidop. com e www.fromagesditalieaop.com). Sempre in Francia è stata pianificata una campagna promozionale intitolata “Dolce Gorgonzola” che ha utilizzato il web, in collaborazione con il sito marmiton.org, la stampa tradizionale, la stessa rivista di cucina Marmiton, e i negozi specializzati attraverso un concorso di vetrine e due serate a tema, una per giornalisti l’altra per gourmet. Ambasciatore d’eccellenza Luana Belmondo, affermata critico gastronomico e star della televisione francese. Infine l’attività promozionale del gorgonzola Dop è continuata anche in Inghilterra con degustazioni ed eventi per far conoscere a giornalisti, foodblogger ed esperti del settore il ciclo produttivo e l’origine del prodotto. Di notevole importanza è stata l’organizzazione di corsi di cucina per gli allievi del Westminster Kingsway College con l’ideazione di un concorso che ha portato alla creazione di 12 ricette, sei delle quali sono state pubblicate sul sito bbcgoodfood.com e poi realizzate in un evento presso l’autorevole Atelier des Chefs. L’AZIENDA Maggio 2014 Cinquant’anni di pecorini Dop a Manciano Il Caseificio Sociale, nato nel 1961, è oggi protagonista del mercato di questo formaggio a denominazione, in Italia. E per gli anni a venire punta anche su bio e prodotti salutistici, come il formaggio ‘Amico del cuore’. 26 1961: 21 allevatori dell’entroterra maremmano fondano il Caseificio Sociale Manciano. L’obiettivo, preciso, è quello di valorizzare la produzione di latte ovino della provincia di Grosseto, dove la pastorizia ha sempre rappresentato una delle fonti principali di sostentamento. “Oggi la cooperativa ha senza dubbio raggiunto quello scopo”, ci racconta Franco Gambineri, presidente. “I nostri soci sono circa 330, tutti produttori di latte ovino e vaccino, dislocati in un circondario comprendente 11 Comuni della provincia di Grosseto e 2 della provincia di Viterbo. E siamo leader di mercato per il pecorino toscano Dop”. Proprio questo formaggio è il prodotto principale della gamma del Caseificio, che anche quest’anno è presente a Cibus con un proprio stand, al padiglione due. I prodotti Oggi, oltre al classico pecorino toscano Dop, sia fresco che stagionato, il Caseificio di Manciano vanta diverse referente in assor timento. Si va da una gamma di caciotte di pecora e miste (vaccine-ovine) fresche e di media stagionatura, a prodotti par ticolari come gli aromatizzati al tar tufo, alle noci, al peperoncino, allo zafferano purissimo di maremma ed il Briaco nel Morellino di Scansano. “Inoltre, il nostro assor timento comprende anche il primosale di pecora freschissimo e delicato e la nostra famosa ricotta. A cui si aggiungono prodotti par ticolari quali il biologico, il pecorino delattosato, il pecorino Amico del cuore, l’Agriqualità, ed il pecorino toscano Halal”. Il pecorino toscano Dop Amico del cuore è la novità 2013 dell’azienda. Racconta Gambineri: “Si tratta di un formaggio con un contenuto di Cla pari a 500 mg ed Omega 3 pari a 300 mg per 100 grammi di prodotto. Questo prodotto è il coronamento di un progetto durato oltre due anni, che ci ha visto collaborare con prestigiosi par tner quali il consorzio del pecorino toscano Dop, l’università di Pisa, il Consorzio Agrario di Grosseto e la scuola superiore S. Anna di Pisa, insieme a cinque nostri soci allevatori ovini”. Ma qual è stata la risposta del mercato a questa novità? “Siamo davvero molto soddisfatti di questa nuova creazione. Abbiamo registrato molti contatti e richieste da consumatori di tutta Italia che hanno letto di questo nuovo pecorino. E che, già prima dell’uscita sul mercato, erano desiderosi di acquistarlo. Oggi si può trovare sul mercato in forme intere da circa 1.8 Kg oppure in porzioni sottovuoto da circa 350/400 grammi”. I formaggi del Caseificio Sociale Manciano sono presenti in par ticolare al banco gastronomia. “Ma siamo in grado di porzionarli e confezionarli sottovuoto, anche per il libero servizio”, precisa Gambineri. La qualità In casa Manciano c’è grande attenzione al tema della qualità, come il presidente Gambineri tiene molto a sottolineare. “All’interno del nostro stabilimento opera un laboratorio analisi che ci permette di porre in atto numerosi e tempestivi controlli, sia igienici che qualitativi, lungo tutto l’iter del processo produttivo, dall’arrivo del latte proveniente dalla raccolta presso i nostri soci fino alla spedizione dei prodotti ai nostri clienti. Inoltre, i controlli si estendono anche fuori dal nostro stabilimento, già a par tire dalla stalla del socio”. E proprio in tema di latte, il Caseificio ha fatto da tempo una scelta precisa. “Sin dai primi anni della nostra attività, abbiamo adottato un sistema di pagamento del latte conferito in base alla sua qualità, instaurando un meccanismo di premi e penalità basati su parametri chimici del latte, in par ticolare rispetto al contenuto di grasso e di proteine, su L’amico del cuore parametri microbiologici e sulla conta delle cellule somatiche, anticipando in cer ti casi anche le disposizioni normative degli ultimi anni”. Il mercato e i risultati economici Nel 2013, l’azienda, nonostante il generale calo dei consumi, ha registrato un leggero incremento di fatturato, sia a volume che a valore. In par ticolare, buone performance si sono registrate per il pecorino toscano Dop, sia fresco che stagionato, e per la ricotta. Complessivamente, pecorino, ricotta e caciotte rappresentano i tre gruppi di prodotto più performanti, con un’incidenza di circa il 60% sul fatturato complessivo. L’export Il Caseificio presidia anche i mercati esteri. “Siamo presenti in Usa, Russia, Belgio, Regno Unito, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Polonia, Giappone”, spiega Gambineri. “L’incidenza dell’expor t sul totale del fatturato, tuttavia, non raggiunge volumi rilevanti. Oggi, infatti, è pari a circa il 5%. E per il 2014 prevediamo di incrementare tale quota, ma sicuramente non si arriverà a livelli molto superiori”. Quanto ai prodotti più apprezzati oltreconfine, il quadro è molto simile a quello italiano. Si evidenzia, però, un par ticolare gradimento per la gamma di formaggi aromatizzati, come quello alle noci, al tar tufo, allo zafferano. “Riscuotono grande successo anche gli affinati un po’ par ticolari, come il pecorino Briaco”. Le novità per il 2014 Proprio in vista di Cibus, il Caseificio Sociale Manciano ha in serbo un’altra novità di prodotto, dopo quelle del 2013. “Già da maggio avremo a disposizione il pecorino toscano Dop Biologico, prodotto molto richiesto dal mercato e che si aggiunge alla vasta gamma firmata Manciano”. Alice Realini Nel 2013 il Caseificio ha lanciato sul mercato una nuova referenza: il pecorino toscano Dop ‘Amico del cuore’. “Si tratta di un formaggio con contenuto di Omega 3 pari a 300 mg per 100 grammi di prodotto e di Cla pari a 500 mg per 100 grammi di prodotto”, fanno sapere dall’azienda. Gli Omega 3 sono una categoria di acidi grassi definiti essenziali, in quanto l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli, ma devono essere assunti con la dieta. Nel latte e nei formaggi è presente un particolare acido grasso del gruppo degli Omega 3: l’acido alfalinolenico. “Tale acido grasso”, precisano dal caseificio, “oltre a svolgere il ruolo di precursore per gli altri acidi grassi dello stesso gruppo, possiede alcune proprietà riconosciute anche dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). In particolare, l’acido alfa-linolenico, se assunto nelle quantità giornaliere raccomandate dall’Efsa (2 g/d), è in grado di abbassare la colesterolemia. L’acido alfa-linolenico è presente naturalmente nel latte e nei formaggi di pecora, in quanto viene assunto con la dieta dagli animali e, quindi, trasferito al latte. Il latte ovino utilizzato per la produzione del formaggio Amico del cuore è ottenuto dalla combinazione di sistemi di allevamento tradizionali con tecniche innovative di alimentazione del gregge, in modo da garantire a circa il 15% della dose giornaliera raccomandata dall’Efsa (2g/d)”. L’Acido linoleico coniugato (Cla) fa parte di una classe di acidi grassi che è presente quasi esclusivamente nel grasso degli alimenti che originano dagli animali ruminanti (vacche, pecore, capre, bufali ecc.). Nella dieta dell’uomo, pertanto, si trova in quantità apprezzabili solo se tali alimenti sono assunti regolarmente. “In particolare, uno studio condotto in collaborazione tra i ricercatori dell’Ospedale Brotzu di Cagliari, dell’università di Cagliari e dell’Università di Pisa su soggetti ipercolesterolemici (pubblicato ad agosto 2012 sulla rivista British Journal of Nutrition) ha evidenziato che l’assunzione di 90 grammi di formaggio pecorino naturalmente arricchito nel suo contenuto di Cla consente di ridurre di poco meno del 10% la colesterolemia dei soggetti in prova”. Prodotto con latte di pecora pastorizzato, sale, caglio, fermenti lattici autoctoni, il formaggio pecorino Dop Amico del cuore ha una pezzatura di circa 2 chilogrammi ed è disponibile anche confezionato sottovuoto, a spicchi di un quarto di forma. E’ a pasta morbida di colore bianco paglierino, con piccole occhiature e dal sapore dolce e delicato, esaltato dal processo di maturazione. L’INTERVISTA Maggio 2014 “Rappresentare le imprese libere” Ogm, Expo, Pac, direttiva nitrati, latte. Con l’obiettivo di un sistema agricolo più moderno e imprenditoriale. E meno sindacale. Parla Matteo Lasagna, neo presidente di Confagricoltura Lombardia. Matteo Lasagna, imprenditore del settore zootecnico, quarant’anni appena compiuti, dal 4 aprile è il nuovo presidente di Confagricoltura Lombardia. Lo incontriamo a pochissimi giorni dall’insediamento, proprio nei suoi nuovi uffici, in viale Isonzo a Milano. Nonostante la fresca nomina, Lasagna è già al lavoro: ci sono persone in sala d’attesa, negli uffici della Confederazione fervono le attività e il neo presidente si divide tra vertici istituzionali, riunioni e scadenze. “Sono giornate molte intense. Ho già incontrato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava”, ci racconta. “Un appuntamento molto proficuo, si è cominciato subito a lavorare. E sono certo che, nei tre anni del mio mandato, la collaborazione tra noi continuerà ad essere significativa”. Lasagna, anche lui mantovano come l’assessore Fava, vanta una lunga militanza fra le file di Confagricoltura. E nonostante tradisca un po’ l’emozione del nuovo incarico, sembra avere le idee già molto chiare: “Il mio mandato sarà ispirato alle lezione del mio maestro e primo presidente mantovano della Federazione regionale lombarda: Sergio Cattelan. Voglio sfatare il mito che vuole Confagricoltura solo al fianco di grandi realtà. La nostra associazione rappresenta, semplicemente, le imprese libere”. 28 Quali sono stati gli argomenti dell’incontro con Fava? Ci siamo concentrati su tre temi di grande importanza per l’agricoltura lombarda: direttiva nitrati, Pac e Psr e sburocratizzazione. Cominciamo dalla direttiva nitrati… Questo è un tema cogente e scottante, soprattutto in Lombardia, su cui c’è totale concordanza con l’assessore, che ringrazio per la direttiva 121 su questo argomento. Fava si è già rivolto al ministero dell’Ambiente per modificare la direttiva nitrati. Ci sono, in particolare, due questioni sulle quali è urgente intervenire: le zone vulnerabili e le finestre di spandimento. Oggi, infatti, i nostri agricoltori sono assoggettati a una legislatura che prevede 90 giorni continuativi di divieto di spandimenti. Il nostro obiettivo è capire se, tenuto conto del clima e di tutte le variabili influenti, sia possibile prevedere lo spargimento del liquame sul terreno anche in quei tre mesi invernali. Quanto a Pac e Psr? In tema di Politica agricola comune, gran parte del lavoro è stato già fatto. Su alcune cose, però, c’è ancora spazio di intervento. Penso, ad esempio, agli aiuti accoppiati, come quello al 70% per la zootecnia che abbiamo richiesto. C’è piena concordanza con l’assessorato circa il tetto minimo al contributo Pac, che sarà compreso tra i 350 e i 400 euro. Una questione non secondaria, dal momento che una pratica Pac costa, alle imprese agricole lombarde, circa 320 euro. Anche Germania e Spagna si stanno muovendo in questa direzione. Ci sta a cuore anche il fatto che le zone montane non siano escluse dalla Pac, per questo, ma non solo, crediamo che occorra molta cautela quando si ragiona sul tema dell’agricoltore ‘attivo’. Inoltre, garantisco il mio impegno immediato per la redazione del nuovo Programma di sviluppo rurale, fondamentale per il futuro del comparto agricolo lombardo. Infine il terzo tema, la sburocratizzazione, molto di ‘moda’… Infatti, anche qui occorre fare attenzione. C’è una burocrazia buona, che non va combattuta e che tutela l’agroalimentare e i consumatori e aiuta a tenere alta la bandiera del made in Italy nel mondo. C’è, invece, una burocrazia cattiva, che va combattuta. Quella che, ad esempio, costringe un imprenditore agricolo a dedicare cento giornate di lavoro agli incartamenti burocratici piuttosto che alla sua azienda. Si è parlato anche di Expo? In questo primo incontro con Fava si è solo accennato al tema di Expo. A breve, Confagricoltura presenterà progetti importanti, in Regione, circa questo evento. Che non è solo una fiera, e non sono ‘solo’ 20 milioni di persone che arriveranno in Italia, ma deve essere soprattutto un punto di incontro della politica del fare con il tema dell’Esposizione, cioè ‘Nutrire il pianeta’. E’ l’occasione per mostrare e dimostrare l’operosità e l’ingegno dei nostri agricoltori, ma anche che nel settore è possibile arrivare a una sintesi politica. Cosa intende? Ad Expo abbiamo bisogno di tutti, compreso la produzione di nicchia che attira i turisti. Ma abbiamo l’obbligo di raccontare anche l’agricoltura intensiva, che oggi regge il settore. Se non raccontiamo tutto, compreso questo, non forniamo un quadro reale e veritiero. E anche la Gdo deve essere compresa. Un attore spesso accusato di non aiutare il settore… Se oggi le nostre eccellenze esistono e sono apprezzate, in Italia come all’estero, è anche grazie alla Gdo. Se l’agroalimentare sta reggendo questo Paese, come oggi è, parte del merito va anche alla Grande distribuzione. Quello che manca, in tema di distribuzione, sono i gruppi italiani all’estero, che aiuterebbero senza dubbio la diffusione dei nostri prodotti oltreconfine. Quindi, è essenziale sedersi a un tavolo per dialogare con la L’identikit di Confagricoltura “Confagricoltura è l’organizzazione di rappresentanza e tutela dell’impresa agricola italiana”, si legge sul sito istituzionale. “Riconosce nell’imprenditore agricolo il protagonista della produzione e persegue lo sviluppo economico, tecnologico e sociale dell’agricoltura e delle imprese agricole”. Nel dettaglio, Confagricoltura presidia il territorio con 19 Federazioni regionali, 95 Unioni provinciali e 2.143 delegazioni comunali. A queste si aggiungono poi le Federazioni di categoria e quelle di prodotto. L’organizzazione, a livello nazionale, è guidata da Mario Guidi ed ha sede a Roma, nello storico Palazzo Della Valle. E’ anche presente a Bruxelles, con un proprio ufficio, e in altri Paesi dell’Unione europea. Confagricoltura raggruppa oltre 145mila imprese agricole assuntrici di manodopera, 222mila imprese agricole diretto coltivatrici e 301mila altre imprese (contoterzisti, manutenzione del verde, concedenti a mezzadria e colonia, soccidanti). Ancora dal sito dell’organizzazione: “Confagricoltura rappresenta oltre il 45% del valore totale della produzione lorda vendibile agroforestale (47 miliardi di euro complessivi) e del suo valore aggiunto (27 miliardi di euro) e che copre circa il 38,5% (5 milioni di ettari) della Sau - superficie agricola utilizzata (13 milioni di ettari). I datori di lavoro associati a Confagricoltura rappresentano i due terzi del totale delle imprese del comparto e assumono oltre 500mila lavoratori”. Gdo. Ognuno deve cedere un pezzo della sua sovranità per riconoscere il valore dell’altro. Cosa pensa del tanto osannato Km 0? Non sono contro il chilometro 0, ma nemmeno contro il chilometro 15mila. Hanno ragione e titolo di esistere entrambi. E a proposito degli Ogm, tema alla ribalta in questo periodo? Quella degli Ogm è una questione spinosa. Che va affrontata. La mia posizione è in linea con quella del mio predecessore, Antonio Boselli: noi non siamo pro o contro gli Ogm. E non vogliamo fare una guerra santa perché si piantino gli Ogm in Italia. Quello che sosteniamo è la necessità di una conoscenza corretta e trasparente: dalla ricerca, all’etichetta per il consumatore. Quindi la questione è sempre l’educazione del consumatore? No, affatto. Il consumatore non va educato, è già educato. Gli vanno semplicemente fornite tutte le informazioni, con assoluta trasparenza.Tutto qui. Torniamo agli Ogm… Siamo onesti: sono cinquant’anni che mangiamo Ogm, cioè Organismi geneticamente migliorati. Perché è di questo che si tratta, di miglioramenti. Qui il tema è quello della conoscenza e della ricerca. Occorre capire quanto gli Ogm possano rappresentare per il nostro territorio. Vi faccio un esempio: in Spagna solo il 20% delle coltivazioni sono Ogm. La possibilità di piantarli non ha portato ad una coltivazione massiccia, come certi scenari apocalittici che qualcuno prefigura qui in Italia. Perché poi occorre tener conto del clima, delle capacità imprenditoriali, delle tradizioni e così via. Quello che serve sono, da un lato, regole certe. Dall’altro, occorre dare le chiavi della conoscenza alle università, perché ci aiutino a capire cosa si può fare con gli Ogm e quali effetti possono avere. Oggi importiamo il 95% di soia dall’estero. Se gli Ogm fanno male dobbiamo saperlo. E solo la ricerca può dircelo. Come giudica la dichiarazione di Renzi circa l’incremento dell’export a 50 milioni di euro entro il 2020? Questo è il tema, lo spirito e le aspettative che in agricoltura mancavano da tempo. Il settore agroalimentare è ancora la leva principale della nostra economia, quindi siamo soddisfatti che il governo rimetta al centro questo tema. Il made in Italy all’estero è molto ricercato, sia dal punto di vista della sicurezza alimentare che per la sua tipicità. E sono fiducioso sul fatto che questo governo possa realmente cambiare le cose. Cosa intende per tipicità? La tipicità sta nel legame con il territorio, inteso nel senso della valorizzazione e del miglioramento di ciò che si fa. Non dimentichiamo, che quello che per noi oggi è tradizione, per i nostri nonni era innovazione. E noi abbiamo la loro stessa responsabilità: dobbiamo dare ai nostri figli una finestra di innovazione, che loro chiameranno tradizione. La ricchezza di un territorio sta, prima di tutto, nella capacità imprenditoriale. Cosa si aspetta dal ministro Martina? Credo sia una persona capace e competente. Certamente, posso dire che avrà sempre Confagricoltura al suo fianco. Qual è, a suo avviso, la mission principale dell’associazione, per i prossimi anni? Avere una’agricoltura libera, realizzata da liberi agricoltori, a cui Confagricoltura deve fornire consulenza. Per esempio, a luglio firmerò l’accordo per il prezzo del latte in Lombardia. E sarà l’ultimo. Perché l’ultimo? Al tavolo della trattativa devono sedersi gli imprenditori, raggruppati in Op. Non si può pensare che i sindacati trattino il prezzo del latte. Al tavolo della trattativa, insieme alla parte industriale, ci devono stare quelli che il latte lo possiedono. Noi possiamo e dobbiamo consigliare, ma gli attori devono essere gli imprenditori agricoli, e con la mia presidenza lo saranno. Alice Realini e Paolo Frettoli Maggio 2014 La disfida delle indicazioni geografiche Tra i temi di dibattito per l’accordo di libero scambio c’è il riconoscimento delle denominazioni europee sul mercato Usa. Chiesto a gran voce dall’Ue e osteggiato dalla controparte americana. Uno scontro che finisce anche sul quotidiano The Wall Street Journal. Ttip, acronimo di Transatlantic trade Investment partnership. E’ qui che, in sede di discussione dell’accordo di libero scambio, si sta consumando un’aspra battaglia tra Unione europea e Stati Uniti. Uno scontro di culture, prima ancora che politico ed economico, che ruota attorno al tema delle indicazioni geografiche: Dop e Igp. Sigle a cui, in Europa, corrispondono tipicità alimentari tutelate, le cui produzioni sono regolate da disciplinari che stabiliscono luoghi di produzione, origine delle materie prime, modi e tempi di realizzazione, stagionatura, ove prevista, e confezionamento. E che, nel Vecchio continente, godono di un severo regime di protezione, che garantisce il rispetto dei nomi e delle produzioni. E qui sta il nodo della battaglia, perché i paesi europei vorrebbero almeno una normativa che riconoscesse anche sul mercato americano le indicazioni geografiche, come accaduto di recente con il Canada. Una realtà tutta europea, però, che gli americani non sembrano per nulla disposti ad accettare. Tanto che qualche settimana fa, più della metà dei membri del Senato Usa ha sottoscritto una lettera in cui chiede al governo americano di respingere il tentativo europeo di inserire le denominazioni nel Patto transatlantico. “La Ue – è la denuncia dei 55 senatori – utilizza gli accordi di libero scambio per imporre barriere all’export americano con la scusa della protezione delle indicazioni geografiche”. La faccenda è di primaria importanza per l’industria alimentare americana, un vero e proprio gigante sul piano economico. Basti pensare che, il solo settore lattiero caseario, vale 140 miliardi di dollari americani e conta oltre 50mila aziende. E, in generale, il comparto dei cibi ispirati alla tradizione europea, e italiana in particolare, incide in maniera significativa sui conti dell’industria alimentare a stelle e strisce. Secondo una stima di Federalimentare, il solo business dei prodotti ispirati al made in Italy fattura ogni anno 24 miliardi di euro. Per entrambi gli schieramenti, insomma, la posta in gioco è molto alta. E lo scontro, dai palazzi della politica è finito anche sulle colonne del The Wall Street Journal. Che, il 25 marzo, ha pubblicato un eloquente articolo dal titolo: “Cosa c’è di più americano del parmesan?”. Al pezzo, firmato da Brian M. Carney, risponde a stretto giro di posta il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, che dalle pagine dello stesso giornale difende la posizione europea e il regime delle denominazioni, con un pezzo pubblicato il 2 aprile a pagina 16. Di seguito riportiamo integralmente i due articoli, che vale senza dubbio la pena di leggere, anche per rendersi conto di quanto la partita sia sempre più simile a uno scontro ideologico e in apparenza sempre più lontana da una possibile soluzione. Alice Realini BOTTA... Cosa c’è di più americano del parmesan cheese? Ecco l’articolo integrale di Bryan M.Carney pubblicato sul quotidiano The Wall Street Journal 30 La scorsa settimana, oltre la metà dei membri del Senato degli Stati Uniti d’America si è levata in difesa del lattiero caseario americano, in quello che forse rappresenta un segnale di quanto sarà difficile formulare un accordo commerciale transatlantico esaustivo. Il problema nasce dalle regole dell’Unione europea in materia di Denominazione di origine protetta (Dop) e Indicazione geografica protetta (Igp). La legislazione europea consente ai produttori di molti generi alimentari - dal parmigiano, al prosciutto - di richiedere la protezione giuridica per i nomi dei loro prodotti. La Commissione europea decide poi se una denominazione sia divenuta generica o meno, e di conseguenza quanta protezione serva a un prodotto. Quindi, il cheddar non riceve alcuna protezione, ma la feta sì. E per essere prosciutto di Parma, il vostro prosciutto non deve essere solo stato prodotto vicino a quella città italiana, ma deve soddisfare una serie di requisiti, come quanto a lungo è stato invecchiato, di cosa sono stati alimentati i suini e così via. La ragione spesso dichiarata di tutto questo è il “fallimento del mercato.” I consumatori, cioè secondo questa tesi, non possono essere attendibili nel distinguere tra “il vero” prosciutto di Parma e le imitazioni scadenti. Ma, a parte l’evidente senso di superiorità che soggiace a questa visione, il diritto dei marchi ha già risolto questo non-problema. Supponiamo che un gruppo di produttori di parmigiano a Parma abbia deciso di comunicare l’adesione a determinati standard nella produzione del proprio formaggio. Potrebbero creare un marchio, registrarlo e richiedere ai casari che vogliono utilizzare quel marchio di ottenere la certificazione. Il formaggio senza marchio potrebbe essere migliore o peggiore, essere venduto a un prezzo scontato o premium, a seconda che i consumatori riconoscano o meno il valore di ciò che rende quel formaggio speciale. Il sistema europeo delle Dop e Igp non è solo un sostituto di questo genere di marchi, come si evince dalla controversia in atto su feta, asiago, stilton e parmigiano americani. Secondo la posizione ufficiale dell’Ue non può esistere una “feta americana”. Ma questo snobismo è causa di cattiva politica e confusione. E non è solo anti-americanismo. Nel 1996, la Commissione europea ha comunicato alla Danimarca che non poteva esistere nemmeno la feta danese, scatenando una battaglia decennale in Europa. Ma i casari americani non hanno certo intenzione di smettere di fare il formaggio, o di rinominare tutti i loro formaggi, per compiacere i burocrati di Bruxelles. E più di 50 membri del Senato hanno firmato una lettera in cui contestano la posizione negoziale dell’Ue sulle Dop. L’effetto di tanta opposizione rischia di essere quello di rendere impossibile la ratifica di un accordo commerciale. L’Unione europea, da tempo, ha convinto il Wto a riconoscere le indicazioni geografiche come una proprietà intellettuale, per vini e alcolici. E ha spinto i paesi aderenti ad accettare le sue norme anche per altri generi alimentari in occasione di qualsiasi negoziato per il libero scambio. In alcune occasioni, anche gli Stati Uniti hanno riconosciuto i toponimi come un marchio, ma non hanno mai stabilito un regime giuridico specifico per l’identificazione delle Igp. E come l’Unione europea sta scoprendo, ciò che è generico per un paese può avere una connotazione più specifica in un altro. Se l’Unione europea avesse deciso di avvalersi dei marchi tradizionali per tutelare questi prodotti, piuttosto che creare una nuova burocrazia ad hoc per regolamentare la questione, il problema non sarebbe mai sorto. I produttori a Parma potrebbero avere il loro marchio, e anche i produttori di parmigiano nel Wisconsin, potrebbero avere il loro. I consumatori sarebbero liberi di decidere se attribuire al parmigiano prodotto a Parma qualità uniche. Invece, la Commissione europea deve affrontare un flusso costante di istanze protezionistiche. Un articolo pubblicato su questo quotidiano, la scorsa settimana, riportava la notizia che la torta di carne di maiale ‘Melton Mowbray’ è protetta. Mentre il buon vecchio ‘cheddar’ non è stato ritenuto degno, lo stilton sì (ma non può essere prodotto a Stilton, in Inghilterra, stranamente); ai primi del mese di marzo, inoltre, la Commissione ha riconosciuto l’indicazione geografica per l’’Orkney Scottish Island Cheddar’ e il ‘West Country Farmhouse Cheddar’ è stato ritenuto denominazione di origine protetta. Se queste differenze possano essere superate in nome di un più ampio accordo di libero scambio, è tutt’altro che chiaro. L’Europa non ha evidentemente intenzione di abbandonare il suo regime di Dop e Igp, fuori strada com’è. E sembra molto improbabile che i caseifici Usa abbandonino i propri formaggi. È uno schifo di problema, in qualunque modo lo si voglia affettare. attualità ... e risposta Il vero parmigiano e le indicazioni geografiche L’intervento del viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sullo stesso giornale Nell’articolo “Cosa c’è di più americano del formaggio parmesan?”, sul The wall street journal del 25 marzo 2014, Brian M. Carney prende in giro le indicazioni geografiche (Ig). La sua tesi è che non servono perché la protezione dei consumatori e l’identificazione dei prodotti può essere realizzata più efficacemente tramite i marchi industriali. Vuoi che il parmigiano fatto a Parma venga riconosciuto come tale? Inventa un logo, registralo e a posto così. Questo atteggiamento mostra chiaramente, tuttavia, dove risiedano in realtà i fautori di maggiore burocrazia. Carney pensa che centinaia di migliaia di piccole imprese europee che realizzano prodotti protetti da Ig – dal vino, al formaggio, ai salumi e prosciutti – dovrebbero inventare un marchio poi registrarlo in tutto il mondo. A me questa pare solo un’imposizione burocratica. Ci sono due differenze chiave tra marchi industriali e Ig e sebbene abbiano funzioni simili, servono entrambi. Primo: chiunque può registrare Carlo Calenda un nuovo marchio, mentre ci sono voluti secoli e generazioni per perfezionare il parmigiano. Secondo: le Ig proteggono un intero settore di imprese che producono lo stesso bene in un determinato territorio, piuttosto che una sola specifica impresa che ha avuto una buona idea. Tradizionalmente queste imprese diffuse non utilizzavano un marchio: le centinaia di produttori di parmigiano non ne ave- vano bisogno, nonostante producessero tutti lo stesso formaggio. La regolazione delle Ig è il modo in cui Italia, Francia e Ue (e in seguito il Wto) sono riusciti a combinare la secolare tradizione delle produzioni artigianali di cibo e vino all’interno di una moderna economia capitalistica. Le Ig sono strumenti che garantiscono un’equa competizione ad imprese private che producono beni con specifici standard di qualità e di processo, in una determinata area geografica. Naturalmente, le Ig proteggono in maniera simmetrica i consumatori dalle truffe alimentari. Sono necessari avvocati e specialisti della proprietà intellettuale capaci di definire cosa rende unico, per esempio, il marchio Coca Cola, e in quale misura altre bevande possono o meno essere chiamate “quasi-cola”. Deridere i dettagli relativi a queste competenze non riduce l’importanza e l’utilità dei marchi industriali e delle Indicazioni geografiche come strumenti per proteggere la libertà d’impresa e la libertà dei consumatori. 31 attualità Maggio 2014 Conto salato per Coop Estense “ Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar del Lazio. E condanna la Cooperativa al pagamento della sanzione di 4,6 milioni di euro. Comminata dall’Antitrust per abuso di posizione dominante nei confronti di Esselunga. esselunga A seguito dell’indagine dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che condannava con provvedimento in data 6 giugno 2012 Coop Estense per violazioni molto gravi della disciplina che tutela la concorrenza, poste in essere da Coop Estense in Modena e Vignola a danno di Esselunga e dei consumatori, il Consiglio di Stato ha confermato, in via definitiva, detto provvedimento. Esselunga esprime soddisfazione per la sentenza ed auspica che queste condotte poco lineari abbiano a cessare in futuro anche in altri ambiti territoriali. “ “ Coop Estense Nel prendere atto della sentenza del Consiglio di Stato, non può che esprimere sconcerto per un pronunciamento che, di fatto, va a ribaltare completamente l’orientamento assunto dal Tar del Lazio. La Cooperativa giudica questa sentenza preoccupante poiché va a sancire un principio che non ha precedenti, e cioè l’impossibilità che si determina per qualunque soggetto economico in possesso di alte quote di mercato, di intraprendere azioni di sviluppo se un concorrente volesse realizzarle al suo posto. “ 32 Coop Estense deve pagare: sì, no, di nuovo sì. L’ultimo capitolo nella vicenda giudiziaria che vede contrapposte la Cooperativa ed Esselunga, assegna vittoria all’insegna di Caprotti. Con una sentenza depositata lo scorso 8 aprile, il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso presentato da Esselunga e Antitrust, contro la sentenza del Tar del Lazio del 2 agosto 2013, pronunciamento con cui il Tribunale aveva giudicato illegittima la delibera della stessa Autorità, datata 6 giugno 2012, che condannava Coop Estense al pagamento di 4,6 milioni di euro, per abuso di posizione dominante. La vicenda si riferisce al tentativo di Esselunga di costruire un supermercato nell’area dell’ex Consorzio agrario di Modena e nel comune di Vignola (Mo). Progetti che secondo l’Antitrust sarebbero stati ostacolati in modo illegittimo da Coop Estense. L’Autorità, nel 2011, aveva avviato una procedura istruttoria, che si era conclusa con la delibera del giugno 2012, in cui si afferma esplicitamente che Coop Estense avrebbe “posto in essere un abuso di posizione dominante […] consistente in un’unica strategia escludente continuata nel tempo ed ar ticolata in compor tamenti tesi ad ostacolare, o quanto meno for temente ritardare, l’uso a fini commerciali di aree già nella disponibilità del concorrente, anche inter venendo in procedure amministrative in fase avanzata per il rilascio delle relative autorizzazioni”. Secondo l’Autorità, Coop Estense avrebbe quindi posto un freno, con metodi ben al di là della normale concorrenza, ai progetti di Esselunga. Accuse pesanti, smontate però dal Tar del Lazio. Che nella sua sentenza aveva rilevato come l’Autorità “incorre nei gravi vizi istruttori e motivazionali denunziati in gravame, che si riflettono nella mancanza assoluta di dimostrazione della sussistenza di un nesso causale, anche concorrente ma di rilievo determinante, tra la condotta di Coop Estense e l’esclusione di Esselunga”. Insomma, secondo il Tribunale amministrativo non era stato dimostrato che Coop Estense avesse abusato della propria posizione dominante nell’area, per condizionare “con atti ostruzionistici e dilatatori l’iter amministrativo in corso per il rilascio di autorizzazioni all’avvio di attività commerciali nei comuni di Modena e Vignola”. Ora la sentenza del Consiglio di Stato ribalta di nuovo il quadro. Come si legge proprio in una nota del Cds: “Occorre guardare all’intero compor tamento sostanziale di chi è in posizione dominante in un mercato, come lì era Coop Estense. Sicché legittimamente l’Antitrust aveva rilevato che sugli impedimenti amministrativi aveva pesato in modo determinante il compor tamento ostruzionistico di Coop Estense, esteso anche ad operazioni di acquisto di terreni a prezzi molto elevati, per contrastare il temuto arrivo di Esselunga”. Il Consiglio opera poi un impor tante distinguo tra il piano amministrativo e quello concorrenziale: “La strategia escludente di Coop Estense, concretata nell’intervento nell’ambito di due procedimenti di pianificazione urbanistica già avviati nei comuni di Modena e Vignola, era sì legittima in termini formalmente amministrativi ma illecita in termini concorrenziali. La legittimità del primo profilo non esclude infatti l’illiceità del secondo”. I commenti da par te degli interessati non si sono fatti attendere. Piccato, e non potrebbe essere altrimenti, il comunicato diffuso da Coop Estense: “Nel prendere atto della sentenza del Consiglio di Stato, Coop Estense non può che esprimere sconcer to per un pronunciamento che, di fatto, va a ribaltare completamente l’orientamento assunto dal Tar del Lazio. La Cooperativa giudica questa sentenza preoccupante poiché va a sancire un principio che non ha precedenti, e cioè l’impossibilità che si determina per qualunque soggetto economico in possesso di alte quote di mercato, di intraprendere azioni di sviluppo se un concorrente volesse realizzarle al suo posto”. Esselunga sembra voler attribuire alla decisione della giustizia amministrativa un valore esemplare, rispetto ad altre querelle con il mondo della distribuzione cooperativa: “Esselunga esprime soddisfazione per la sentenza ed auspica che queste condotte poco lineari abbiano a cessare in futuro anche in altri ambiti territoriali”. Al di là delle comunicazioni ufficiali, immaginiamo Bernardo Caprotti riprendere in mano il suo libro, Falce e Carrello, in cui elencava le proprie tesi sulla concorrenza sleale patita dalle Coop ed esclamare compiaciuto: “Ve l’avevo detto”. Paolo Frettoli PRIMO PIANO Maggio 2014 #campolibero all’agroalimentare italiano L’agricoltura nella rete E’ sicuramente la rete, al di là degli argomenti specifici previsti dal piano, la vera protagonista di Campo libero. A cominciare dall’hashtag, tradizione delle manovre di questo governo, o dalle slide, diventate anch’esse un rito delle manovre renziane. Campo libero, anzi #campolibero, dal momento della sua presentazione è un tormentone su Facebook e Twitter. E proprio su questi due mezzi viaggiano, fin da subito, gli incessanti appelli a contribuire, partecipare, commentare e proporre soluzioni e miglioramenti per l’agroalimentare italiano. Mai, come nella gestione Renzi, internet era stata tanto al centro dell’azione quotidiana del governo, che ha evidentemente scelto questo mezzo anche per comunicare con i cittadini e intercettare gli umori della piazza. Gli scatti di queste pagine, che sono solo un piccolissimo esempio di questa nuova modalità di comunicazione delle istituzioni, dimostrano la vivacità in rete dei componenti di questo governo. Il governo Renzi presenta un piano in 18 punti per il rilancio del settore. Semplificazione, lavoro e competitività le parole d’ordine. E non manca l’hashtag. “La filiera agroalimentare vale il 17% del Pil, risultato che deve ancora migliorare”. La dichiarazione è del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. Un commento, rilasciato nel corso di Vinitaly, che segue di poche ore quello del presidente del consiglio, Matteo Renzi, sempre in tema di agricoltura e alimentare. “Il nostro obiettivo è portare l’export agroalimentare italiano a 50 miliardi di euro nel 2020. Potremmo dire combattendo l’agropirateria, io mi limito a dire che ci sono degli spazi da riempire”. Proprio la Matteo Renzi fiera di Verona è stata l’occasione per presentare ‘Campo Libero’, il piano per il settore agroalimentare del governo Renzi. Sarà composto da 18 punti, che a partire dal mese di maggio dovrebbero essere dettagliati in progetti di legge e piani concreti di azione, il piano può vantare anche un hashtag dedicato, come ormai è consuetudine del premier: #campolibero. “L’agricoltura e l’agroalimentare - ha aggiunto il ministro Martina - hanno una centralità nelle politiche di sviluppo e di rilancio che questo Governo vuole mettere in campo nel suo percorso. Campo Libero è un piano di interventi che affronterà alcuni nodi cruciali per il sistema. Dalla sicurezza, con il rafforzamento di azioni per interventi nella Terra dei fuochi, al taglio dei costi agli enti e alle società vigilate dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Svilupperemo questo piano di azione e il lavoro sarà implementato grazie a una call aperta con il mercato (conclusa il 30 aprile, ndr). Immaginiamo di tirare le fila a maggio, mese cruciale anche per l’applicazione definitiva della Pac. Questi due binari, se viaggiano insieme, danno l’idea del grande disegno complessivo che questo governo, con il Parlamento, può costruire per l’agricoltura e l’agroalimentare italiano”. Fra le iniziative proposte rientrano quelle di sostegno ai giovani under 40 che vogliono investire in un’impresa agricola. “Nel piano, ci sono anche mutui a tasso zero per dieci anni - ha spiegato Martina - credito di imposta per ecommerce e per piattaforme distributive all’estero”. Toccato anche il tema del lavoro.“Per le assunzioni a tempo indeterminato, prevediamo un abbattimento del costo del lavoro degli under 40 in linea con il Job act di Poletti”, precisa Martina. In generale, le direzioni operative sono tre: competitività e lavoro, semplificazioni e sicurezza. In tema di lavoro, oltre al sostegno per gli under 40, ci sono gli incentivi all’assunzione dei giovani, con sgravio di un terzo sulla retribuzione lorda. In discussione, anche il tema dell’etichettatura, con la proposta di avviare una consultazione pubblica, dopo aver stabilito i termini per l’attuazione della legge in materia. Ampio spazio anche al tema delle semplificazioni, con la proposta, tra l’altro, di consentire l’apertura di nuove aziende agricole in 60 giorni riducendo i tempi del silenzio assenso, le semplificazioni in materia di vendita diretta, la de-materializzazione dei registri di carico e scarico e l’istituzione del registro unico dei controlli aziendali. Infine la sicurezza. Il tema principale è ancora quello della Terra dei fuochi, per cui si prevede un rafforzamento delle azioni, insieme all’attribuzione di più poteri di confisca dei beni contro chi trae profitto dal traffico illecito di rifiuti. Ma Campo libero non è solo un piano di rilancio e sviluppo per uno dei settori cruciali per l’economia italiana, ma anche, attraverso l’utilizzo in primis della rete, un tentativo di democrazia partecipata, che fa leva sulla necessità di un contributo generale. Scrive in proposito Martina, proprio sul suo profilo Facebook: “Stiamo lavorando a un piano di azioni per il settore agricolo e agroalimentare. Abbiamo bisogno anche del vostro aiuto, per questo valuteremo le proposte che ci arriveranno. Scriveteci”. Alice Realini i punti PRINCIPALI DEL PIANO Semplificazione “Una lotta senza quartiere alla devastante burocrazia che sta uccidendo l’Italia e in particolar modo questo settore”. 34 Matteo Renzi, presidente del consiglio lavoro e giovani “Riprendiamo punti già previsti nel collegato, come i mutui a tasso zero per imprese agricole condotte da giovani sotto i 40 anni. Inoltre, sono previste azioni per agevolare le assunzioni e la possibilità di introdurre un contratto di lavoro stabile nel settore, nell’ambito di tre anni, come in fondo è la filosofia del Jobs Act”. Competitività “Vogliamo valorizzare il tema del collegato agricolo per favorire la realizzazione di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento dell’e-commerce”. Maurizio Martina, ministro per le Politiche agricole focus on Maggio 2014 “Tutelare e valorizzare le nostre Dop” Il presidente di Comagri Paolo De Castro e l’eurodeputato veneto Franco Frigo in visita a Latterie Vicentine. Occasione per affrontare, con un tavolo tecnico, l’argomento dei formaggi a denominazione. 36 Quello dei formaggi a denominazione è un settore, e un tema, sempre di grande dibattito. Tanto più in questi mesi, preludio a un 2015 foriero di novità ed eventi per il lattiero caseario. Il prossimo sarà, infatti, l’anno della fine delle quote latte e quello della grande Esposizione universale, in scena a Milano da maggio a novembre. Ma già questi mesi appaiono di grande importanza, con l’approvazione della regolamentazione produttiva, sempre per i prodotti a denominazione, e le serrate trattative per il riconoscimento delle Indicazioni geografiche sui mercati extra Ue in seno al Wto (vedi articolo alle pagine 30 e 31). E sono proprio questi gli argomenti principali della tavola rotonda, in scena alle Latterie Vicentine lo scorso 19 marzo, che ha visto la presenza di Paolo de Castro, presidente uscente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo e Franco Frigo, europarlamentare veneto. L’occasione è la visita al nuovo polo produttivo dell’asiago Dop di Latterie Vicentine, a Bressanvido (Vi), inaugurato di recente. La giornata alle Latterie Una giornata densa di appuntamenti, cominciata proprio con la visita allo stabilimento di Latterie Vicentine, durante la quale i presenti hanno potuto osservare da vicino le fasi di lavorazione del latte. A seguire, l’atteso tavolo di confronto tecnico, con il comitato esecutivo della Cooperativa, al quale hanno partecipato, oltre ai due eurodeputati ospiti, anche Giuseppe (Leopoldo) Bortolan, sindaco di Bressanvido, Alessandro Mocellin, presidente della cooperativa che riunisce i 400 soci di Latterie Vicentine e il nuovo direttore generale, Franz J. Mitterrutzner. Il tavolo tecnico Ad aprire il dibattito è proprio il tema della programmazione produttiva. “Paolo De Castro è riuscito a spiegare a Bruxelles – commenta in merito Franz Mitterrutzner - le peculiarità della nostra agricoltura, a creare i presupposti necessari per il suo sviluppo, soprattutto attraverso la valorizzazione dei nostri prodotti Dop. Quello di De Castro è stato un intervento decisivo per favorire la programmazione produttiva delle Dop, un passo importante che va nella giusta direzione per risolvere un grave problema: la debolezza contrattuale dei produttori”. Anche De Castro, protagonista di molte normative in materia, ribadisce: “Questa è un’occasione straordinaria per dimostrare che l’Europa ha fatto tanto per la nostra agricoltura. Oggi siamo qui a Latterie Vicentine a degustare un prodotto straordinario come l’asiago che è riuscito ad aumentare recentemente il suo valore di mercato anche grazie alle leggi introdotte dall’Europa, come il pacchetto latte e la programmazione della produzione. Un’eccellenza come l’asiago Dop è quindi tutelata dalle norme europee che difendono il lavoro e la qualità italiana”. Il marchio Dop Il tema delle denominazioni si intreccia sempre con quello dell’utilizzo del marchio ombrello da parte dei produttori e della sua riconoscibilità presso i consumatori. Prosegue, in proposito, il direttore della Cooperativa: “La denominazione di origine protetta è un marchio attraente, differenziante, credibile e difendibile e quindi gode di tutti i requisiti per un posizionamento distintivo presso i consumatori. Da una parte ha tutte le potenzialità per essere un grande marchio globale, dall’altra però Da sinistra: Alessandro Mocellin, Franz J. Mitterrutzner, Paolo De Castro e Franco Frigo Da sinistra: Franz J. Mitterrutzner, Franco Frigo e Paolo De Castro La visita allo stabilimento Latterie Vicentine, Agriform e Lattebusche insieme a Cibus 2014 La Cooperativa vicentina si presenta a Parma per la XVII edizione di Cibus, salone Internazionale dell’alimentazione, insieme alla consociata Agriform e alla cooperativa bellunese Lattebusche. L’obiettivo della presenza comune è quello di rafforzare sempre di più il canale estero. I buyer della distribuzione avranno così la possibilità, da un lato, di incontrare l’azienda commerciale Agriform e, dall’altro, di dialogare direttamente con i produttori, rappresentati da Latterie Vicentine e da Lattebusche. In mostra, per l’azienda vicentina, soprattutto asiago Dop e grana padano, oltre a Brenta, Castelgrotta e Pan di Formaggio. viene utilizzato da moltissimi produttori che spesso non adottano una strategia comune nemmeno per coordinare le quantità e i prezzi offerti sul mercato. Una situazione intollerabile per la gestione professionale di un marchio. Inoltre il legislatore sancisce che la qualità (minima) deve essere certificata da un unico istituto indipendente secondo norme ben specifiche e con intensità di controllo spesso superiori ad altre produzioni alimentari certificate”. L’offerta dei prodotti a denominazione Il tema è sempre quello del posizionamento e dei prezzi, che nel caso delle Dop, non sono più solo affare delle singole aziende ma di tutto un comparto, e rischiano così di dare sempre più forza alla controparte. “E’ evidente che, offerti in questo modo sul mercato, i prodotti Dop appaiono un’arma in mano all’unico attore, che è già il più forte in questo momento: la distribuzione, con la quale i produttori non possono competere perché, a parità di marchio e qualità, preferirà sempre il fornitore con il prezzo più basso”. E qui entrano in gioco in maniera importante proprio le normative che regolano l’offerta di questi prodotti.“Se non avessimo strumenti che possano almeno definire la quantità offerta sui mercati e ogni produttore, appunto, potesse produrre quanto vuole, evidentemente continuerebbe un’asta al ribasso. Per porre rimedio ad una situazione tanto sbilanciata, è fondamentale poter programmare l’offerta sul mercato: un primo passo molto importante al quale ha dato un contributo fondamentale l’onorevole De Castro”. Le trattative internazionali Nel corso della tavola rotonda, Mitterrutzner suggerisce una visione più ampia sull’argomento, che tocca anche i temi della tutela sui mercati mondiali: “I prodotti Dop sono parte della cultura alimentare dei paesi di provenienza, riflesso del territorio nel quale nascono e crescono. E questo vale per tutto il mondo. E’ necessario che l’Italia, in collaborazione con Francia e Spagna, diventi portavoce di questo messaggio verso nazioni come Stati Uniti, Cina e altri e soprattutto verso i paesi anglosassoni, tradizionalmente più inclini a un sistema di mercato assolutamente libero e senza regole o protezioni di culture e tradizioni alimentari. E’ importante sensibilizzare questi stati che anche loro hanno produzioni da proteggere, come per esempio lo sciroppo di acero nel Vermont (Usa), oppure il Tequila messicano, già patrimonio culturale Unesco”. E’ cronaca di questi mesi anche il braccio di ferro internazionale, in corso al Wto, per il riconoscimento delle denominazioni europee. Un tema su cui alle Latterie Vicentine hanno le idee molto chiare. Conclude infatti Mitterrutzner: “Una cosa è certa: se solo l’Italia e pochi altri paesi d’Europa continuano ad avere prodotti Dop difficilmente riusciremo a far proteggerli in ambiti internazionali come quello del Wto”. A concludere l’incontro è Franco Frigo, che richiama anche il tema di Expo. “Da un’indagine recente si evince che su 100mila ristoranti aperti nel 2013 in tutto il mondo un terzo si ispira al food italiano. Questo non può che essere un vanto per l’Italia, un elemento che ci porta a guardare fiduciosi al futuro. E poi non dimentichiamo che il prossimo anno a Milano ci sarà l’Expo: una vetrina importantissima per l’agroalimentare e una grande opportunità per il nostro Paese”. Alice Realini cover story alle pagine IV e V Sistemi progettati su misura Busch Italia presenta la sua offerta. Una vasta gamma di pompe per il vuoto e di sistemi completi e personalizzabili, oltre ad attività di supporto tecnico, manutenzione e revisione. FOCUS ON supplemento a formaggi & consumi anno 7 - numero 5 - MAGGIO 2014 direttore responsabile: angelo frigerio TREND Export: una speranza per il futuro a pagina XI Fiere & manifestazioni Med Food: oltre la refrigerazione L’eccellenza tecnologica L’azienda di Cento, in provincia di Ferrara, propone espositori dal design unico, versatili e leggeri. Facilmente collocabili negli store. Personalizzabili e attenti all’ambiente. Veri e propri display a supporto del marketing e delle vendite. ATTUALITà Valore aggiunto e creatività L’importanza del packaging nel business moderno. Parla Massimo Luvié, professionista del settore, e titolare dell’omonimo studio. Appuntamento a Parma, dal 28 al 31 ottobre, con l’edizione 2014 di CibusTec., la rassegna organizzata da Fiere Parma e Ucima. Annapoorna World of Food A Mumbai, in India, dal 24 al 26 settembre, andrà in scena la fiera trade dedicata agli operatori nel subcontinente indiano. Anuga FoodTec a pagina X Dal 24 al 27 marzo 2015 la rassegna organizzata da Koelnmesse e Dlg. Un luogo di incontro privilegiati per l’industria mondiale food & beverage. Arriva la nuova serie di filatrici a vapore Discovery Plus Ipack Ima Il settore delle macchine alimentari si conferma fortemente influenzato dagli scambi internazionali. Che scandiscono i ritmi produttivi delle aziende italiane. E’ il frutto dell’esperienza e del know-how tecnologico, acquisito dalla società CMT in oltre 40 anni di attività al servizio dell’industria lattiero-casearia. a pagina XII a pagina X In scena, dal 19 al 23 maggio 2015 a Milano, la fiera che chiama a raccolta i fornitori di tecnologie e materiali per il processing e il packaging. alle pagina VI e VII pole position Maggio 2014 editoriale Angelo Frigerio Parola d’ordine: modularità II Direttore Responsabile ANGELO FRIGERIO Direttore editoriale RICCARDO COLLETTI Editore: Edizioni Turbo Srl Palazzo di Vetro Corso della Resistenza, 23 20821 Meda (MB) Tel. +39 0362 600463/4/5/9 Fax. +39.0362.600616 e-mail: [email protected] Periodico mensile Registrazione al Tribunale di Milano n. 27 del 10 gennaio 2008 Poste Italiane SpA - Spedizione Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 - Conv. in L. 46/2004 - Art. 1 Comma 1 - LO/MI Stampa: Ingraph - Seregno (MB) Supplemento a Formaggi & Consumi Periodico mensile Anno 7 - numero 5 maggio 2014 L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati personali in suo possesso. Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli abbonamenti e per l’invio di informazioni commerciali. In base all’Art. 13 della Legge n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a: Edizioni Turbo S.r.l. Responsabile dati: Riccardo Colletti Questo numero è stato chiuso in redazione il 23 aprile 2014 Quale futuro per l’industria alimentare? Se lo chiedono in molti. E, non a caso, il titolo dell’Expo 2015 è: “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”. Una domanda, quella sopra, che ne implica un’altra: come l’innovazione tecnologica modificherà la produzione e il consumo alimentare? Difficile rispondere. Il problema sta nel fatto che le prospettive tecnologiche che riguardano il comparto e le sue varie componenti (agricoltura, industria alimentare e trade) emergono in modo frammentato, molto specifico e settoriale, impedendo di vederne la matrice comune. In uno studio del professor Roberto Esposti si dice: “In un lavoro sulla tassonomia dei settori circa le traiettorie innovative, Pavitt classifica il settore agricolo e il trade come settori “dominati dai fornitori” e l’industria alimentare come settore a “elevata intensità di scala” (Pavitt, 1984). Ciò implica, nel primo caso, una sostanziale passività nell’impostare e realizzare strategie innovative, che finiscono per essere controllate da settori e imprese “basate sulla scienza” e “fornitrici specializzate”. Per quanto riguarda l’industria alimentare, invece, la sua maggiore propensione innovativa sarebbe comunque inferiore rispetto a grande parte degli altri settori manifatturieri. Nella Commuity Innovation Survey (CIS), l’Eurostat classifica i settori manifatturieri in alta, medio-alta, media, medio-bassa e bassa tecnologia. Ebbene, l’industria alimentare risulta considerata a bassa tecnologia. Più generalmente, l’industria alimentare non viene mai inclusa tra i settori “basati sulla scienza” o ad “alta tecnologia”, cioè quelli che in ultima analisi guidano l’evoluzione tecnologica di tutti gli altri comparti manifatturieri e non, di fatto fornendogli innovazioni”. Ma è proprio vero? La storia degli ultimi anni dimostra il contrario. Se c’è un settore che ha innovato è proprio quello dell’industria agrolimentare. D’altra parte è proprio il consumatore che lo vuole. Una recente ricerca di Iri lo dimostra. L’83% dei consumatori è propenso a sperimentare nuovi prodotti, il 52% ritiene che ce ne siano troppo pochi, l’85% è interessato a nuovi prodotti solo se hanno un prezzo sostenibile. Occorre dunque che l’industria risponda, e in maniera rapida, a queste sollecitazioni. Secondo un’indagine condotta dallo United States Department of Agriculture (USDA) nel periodo 2003-2013, negli Stati Uniti, sono stati realizzati ed introdotti nel mercato dal settore agro-alimentare tra 15.000 e 20.000 nuovi prodotti ogni anno. Un segnale inequivocabile. A cui le tecnologie alimentari devono dare una risposta. In che modo? E’ sempre il professor Esposti che risponde: “La parola che circola fra gli addetti è una sola: modularità. Ovvero un nuovo modo di organizzare la produzione secondo questi elementi fondanti: sviluppo di nuovi prodotti più rapido e meno costoso, numero di nuovi prodotti (quindi la varietà dell’offerta) di molto ampliato, complessità dei prodotti notevolmente aumentata (decoupling tasks, design freedom, continous upgrading e altri ancora, tutti termini indicanti la possibilità di “disegnare” il prodotto con molta più libertà, facilità e flessibilità). La ragione per cui tali elementi costituiscono un “fattore di rottura” in molti settori produttivi è che essi consentono di produrre on-demand a bassi costi. Cioè consentono la produzione di massa, quindi su larghissima scala e con costi unitari contenuti, di beni e servizi fatti però “su misura” per il cliente, individualizzati o personalizzati (mass-customization)”. Ecco dunque la sfida del futuro. Sviluppare tecnologie sempre più modulari e flessibili. Per rispondere alle esigenze del dell’industria. Ma soprattutto del consumatore. [email protected] Maggio 2014 Sistemi progettati su misura Busch Italia presenta la sua offerta. Una vasta gamma di pompe per il vuoto e di sistemi completi e personalizzabili, oltre ad attività di supporto tecnico, manutenzione e revisione. Presentare lo stabilimento di Nova Milanese, l’offerta e i servizi. Questo l’obiettivo della conferenza stampa che Busch Italia, filiale italiana della multinazionale tedesca specializzata nella creazione di pompe per la tecnologia del vuoto, ha organizzato lo scorso 2 aprile. L’incontro si è aperto con una visita alle sale montaggio e collaudi e al magazzino. Giorgio Guerri, responsabile service, e Marco Berti, responsabile sistemi per il vuoto, hanno illustrato alcuni momenti chiave della produzione e della manutenzione delle tecnologie. Alla postazione dei collaudi, Marco Berti ha spiegato che dall’head quarter in Germania arrivano pompe e componenti, mentre tutto il resto della produzione dei sistemi per il vuoto avviene interamente in Italia, dalla consulenza per i cienti all’ingegnerizzazione, dall’assemblaggio dei sistemi alla manutenzione. Giorgio Guerri, invece, ha descritto l’area dedicata alle riparazioni, dove le pompe vengono smontate, lavate, trattate e rese nuovamente operative dopo revisione. Per garantire al cliente consulenza e assistenza, la manutenzione ordinaria viene eseguita da tecnici italiani direttamente presso le aziende e, anche per quanto riguarda le riparazioni, ad occuparsene è sempre la filiale italiana. Dopo la visita all’area operativa, il nuovo direttore generale, Luigi Lionetti, ha raccontato la storia dell’azienda, la sua evoluzione e tutte le aree di applicazione in cui vengono utilizzate le pompe Busch nel mondo. A seguire, poi, l’intervento di Giovanni Del Pelo, system sales manager, incentrato sulla descrizione dei sistemi più idonei per il segmento della plastica e della gomma. “Ma la grande varietà delle pompe Busch, e dei sistemi realizzabili con esse, consente di trovare modelli che rispondano alle esigenze più diverse”, afferma il manager. Intensa l’attività di promozione: “Per far conoscere i vantaggi della nostra offerta, organizziamo presentazioni per gli operatori del settore, in cui dimostriamo che i nostri sistemi non solo consentono di ottimizzare i processi produttivi e di aumentare il livello qualitativo dei risultati, ma anche di ottenere un notevole risparmio energetico. Ad esempio, nel caso delle Mink, pompe a secco per il vuoto di ultima generazione, abbiamo anche ideato il sito www.risparmia-con-mink. it per il calcolo del risparmio energetico con i sistemi Busch. Inoltre, diamo la possibilità alle aziende interessate di provare a noleggio i nostri sistemi”. IV Il segmento alimentare Le pompe e i sistemi per il vuoto di Busch sono indicati per numerosi processi di lavorazione e confezionamento di carne fresca, insaccati, pasta, formaggi, pesce, prodotti da forno, affettati e prodotti precotti. L’obiettivo è quello di assicurare l’igiene e la non deperibilità del prodotto confezionato sotto vuoto e vendere porzioni che soddisfino le più attuali esigenze dei consumatori. Al mondo delle industrie e della grande distribuzione, ma anche ai punti vendita diretta più strutturati, il Gruppo Busch propone le pompe per vuoto R 5, adatte a qualsiasi realtà, dalle confezionatrici sottovuoto a campana, a vaschetta, a nastro, termoformatrici, alle confezionatrici con iniezione di ossigeno. “L’ingegnerizzazione, ottimizzata negli anni, rende le pompe per vuoto R 5 di Busch molto resistenti, caratterizzate da robustezza, durabilità, affidabilità e sicurezza. Le superfici sono smussate, facili da pulire e utilizzabili nel rispetto dei requisiti igienici di tutte le applicazioni di confezionamento. La progettazione è mirata a un pratico utilizzo, permette di non interrompere mai la produzione e garantisce una manutenzione semplicissima e a costi ridotti”. Inoltre, sono state create due versioni per adattare al meglio le pompe per vuoto R 5 alle molteplici esigenze del mercato. La versione Aqua è specifica per ambienti umidi e garantisce un’alta tolleranza al vapore acqueo. Può quindi essere impiegata nel confezionamento sottovuoto di prodotti alimentari caldi, così come nell’estrusione della pasta e in altri segmenti di mercato. La versione Oxygen, invece, è dedicata a tutti i processi industriali in cui si utilizzano alte percentuali di ossigeno (superiori al 21%) e pertanto a potenziale pericolo di esplosione. Tale rischio si riscontra in particolare nel confezionamento con l’uso di gas protettivo, tecnica adottata per gli insaccati. Questi prodotti, infatti, richiedono che la confezione sia prima svuotata e poi riempita con gas quali anidride carbonica, azoto, ossigeno o con una miscela di questi gas. “Per questo metodo, conosciuto come ‘confezionamento in atmosfera modificata’ (Map), le pompe Oxygen sono ideali perché sono progettate per gestire mix di gas con concentrazioni anche superiori al 21% e sono le prime a essere state certificate dal Bam (Federal institute for materialis research and testing)”. Per aumentare la potenza di aspirazione, le macchine termoformatrici di grandi dimensioni e con volumi elevati di confezionamento possono essere dotate, oltre che di una pompa per vuoto R 5, anche di una pompa per vuoto a lobi, comunemente chiamata Roots, nelle versioni Panda e Puma. “Si tratta di pompe con alta portata e bassa pressione di aspirazione, ideali da usare nei sistemi per vuoto centralizzati e abbinate a una pompa primaria. Non necessitano di lubrificazione, olio o acqua, perché le parti rotanti non entrano in contatto fra di loro. Sono affidabili, dotate di bypass, non hanno bisogno di manutenzione e sono fornite in diverse taglie per realizzare sempre il miglior rapporto fra potenza di aspirazione e consumi. Sono in grado di lavorare in ogni posizione di installazione (orizzontale, verticale, diagonale)”. Luigi Lionetti CARATTERISTICHE TECNICHE Pompe per vuoto R 5 Aqua: taglie da 25 a 630 m³/h R 5 Oxygen: 4 - 1600 m³/h (50 Hz); 4,8 - 1920 m³/h (60 Hz) e 0,1 - 20 hPa (mbar) Pompe per vuoto a lobi (roots) Panda: 265 - 4500 m³/h (50 Hz), 320 - 5400 m³/h (60 Hz), 53 hPa (mbar). Puma: 250 - 9535 m³/h (50 Hz), 300 - 11600 m³/h (60 Hz), 50 hPa (mbar). COVER STORY GRUPPO BUSCH Il Gruppo Busch, multinazionale tedesca che produce pompe e sistemi per vuoto, soffianti e compressori, nasce nel 1963 a Schopfheim (Germania), con l’ideazione della prima pompa per il vuoto specifica per il confezionamento alimentare. La volontà del fondatore, Karl Busch, e di sua moglie Ayhan Busch è quella di implementare e semplificare la tecnologia del vuoto per renderla accessibile non solo ai costruttori delle macchine per il confezionamento, ma anche agli utilizzatori finali. Ancora oggi Karl Busch dirige l’head quarter di Maulburg, in Germania, al confine con la Svizzera. Una holding che raggruppa circa 2.600 dipendenti nel mondo e 57 società in 39 paesi. Leader come partner delle industrie alimentari, produce tecnologie anche per l’industria della plastica, la chimica/ farmaceutica e per altri segmenti come quelli della meccanica, elettronica, ceramica, oil&gas, semiconduttori, solare, stampa, legno ed energie rinnovabili. BUSCH ITALIA In Italia, Busch è presente dal 1987. Nel 2002 è stata inaugurata la nuova sede a Nova Milanese (in provincia di Monza e Brianza) che si articola su circa 4mila m² di superficie, suddivisi fra uffici e sito produttivo. L’azienda detiene circa il 10% del mercato italiano delle pompe e dei sistemi per il vuoto. Il 15% del volume totale di affari in Italia è costituito dai sistemi per il vuoto personalizzati, progettati e realizzati interamente a Nova Milanese. Busch Italia opera inoltre con la propria organizzazione commerciale, con un magazzino di prodotti finiti (pompe e ricambi originali) e con attività di supporto tecnico, programmi personalizzati di manutenzione e revisioni. Il 2013 della filiale italiana di Busch si è chiuso con volumi di vendita che hanno superato gli 11 milioni di euro, in aumento di circa il 7% rispetto al 2012. V Maggio 2014 L’eccellenza tecnologica Appuntamento a Parma, dal 28 al 31 ottobre, con l’edizione 2014 di CibusTec., la manifestazione organizzata da Fiere Parma e Ucima. VI Andrà in scena a Parma dal 28 al 31 ottobre 2014 la prossima edizione Cibus Tec, il Salone internazionale delle tecnologie e soluzioni per l’industria alimentare, evento di riferimento in Italia per l’innovazione tecnologica nel settore. La manifestazione, organizzata da Fiere di Parma e Ucima e destinata agli operatori dell’industria food (top management, responsabili di produzione, direttori acquisti, ricerca e sviluppo), ha per protagonista la filiera completa delle tecnologie alimentari – raccolta del prodotto, ingredienti e materie prime, processo, confezionamento, imballaggio, etichettatura, gestione del fine linea, prodotti e attrezzature accessori, automazione industriale – e si propone di offrire soluzioni complete per tutte le esigenze del comparto. Nella scorsa edizione, quella del 2011, sono stati oltre 26mila i visitatori professionali (+ 10% rispetto all’edizione precedente), tutti altamente qualificati, con la presenza di tutte le principali funzioni decisionali delle aziende alimentari, nonché di un 17,5% di operatori esteri, provenienti da oltre 91 Paesi. Gli espositori sono stati complessivamente 775, il 20% dei quali provenienti dell’estero. Con questi risultati Cibus Tec ha potuto confermarsi piattaforma esclusiva di settore, nell’ambito della quale sono state proposte alcune tra le migliori tecnologie e soluzioni per il miglioramento delle performance nel campo della trasformazione e confezionamento alimentare. Anche quest’anno efficienza produttiva, sicurezza alimentare e sostenibilità dei processi di produzione saranno, come sempre, al centro della manifestazione. E non è tutto. Nel 2014 Cibus Tec si arricchisce infatti di una nuova sezione espositiva, Food Pack, dedicata alle migliori tecnologie per il confezionamento e l’imballaggio dei prodotti alimentari. Non solo esposizione fieristica, ma piattaforma completa al servizio di tutti gli operatori del settore, Cibus Tec - Food Pack offrirà un ricco calendario di eventi e appuntamenti tematici. Gli incontri saranno organizzati in collaborazione con partner internazionali ed importanti associazioni con ampia esperienza nei mercati di riferimento per tutti i settori coinvolti nella manifestazione. Con in primis pomodoro, carni, lavorazione del latte e IV gamma, i comparti chiave dai quali è partita la programmazione. Tra gli eventi in programma il Tomato Day e il prestigioso congresso internazionale dell’ Ehedg - European hygienic engineering & design group. In rappresentanza della filiera a Cibus Tec - Food Pack ci saranno, inoltre, alcune delle associazioni più importanti –tra cui Aipa, Assocarni, Assolatte - che porteranno la loro esperienza, offrendo ai visitatori la possibilità di scoprire nei vari comparti tutte le prospettive di crescita e le opportunità di sviluppo. www.cibustec.it A cura di Raffaella Cordera FIERE & MANIFESTAZIONI Anuga FoodTec Ipack Ima www.anugafoodtec.com www.ipack-ima.it Ferve l’attesa di espositori e buyer per la prossima edizione di Ipack Ima, in scena dal 19 al 23 maggio 2015 nei padiglioni di Fieramilano. La fiera, tra le manifestazioni internazionali di maggior richiamo per i fornitori di tecnologie e materiali per il processing e il packaging, si presenterà nel 2015 con un format completamente rinnovato. Per la prima volta la fiera si svolgerà in contemporanea con le sue specializzate Meat-Tech, dedicata all’industria delle carni, Fruitech Innovation, focalizzata sull’innovazione tecnologica del mondo ortofrutticolo, e Dairytech, la nuova fiera sulle tecnologie e gli ultimi sviluppi nel settore lattiero caseario. A queste si aggiungeranno Converflex, per le tecnologie di stampa su imballaggio e di converting, e Grafitalia, rivolta al mondo della stampa, della grafica e della comunicazione. Per la prima volta in Italia, grazie a un importante accordo tra Ipack-Ima e Deutsche Messe, sarà rappresentato anche il settore delle tecnologie per la logistica e la movimentazione industriale, con Intralo- gistica Italia. La contemporaneità di queste sette fiere internazionali, tra le più importanti di settore, oltre a garantire una perfetta sinergia tra i comparti industriali, rappresenta decisamente un valore aggiunto per le aziende e un evento unico nel suo genere, in grado di attrarre oltre 2.500 espositori e più di 100mila visitatori, grazie anche alla concomitanza con Expo 2015. Il successo di Ipack Ima – appuntamento tra i più strategici per fruire di un panorama di innovazioni, tendenze, scambi che sono alla base dello sviluppo del settore e del business aziendale - è da sempre legato alla capacità di attrazione di una fiera disegnata sui mercati di destinazione, allo scopo di offrire una vera e propria finestra sugli scenari futuri. E il network sviluppato da Ipack Ima con associazioni e grandi istituzioni internazionali è in grado di assicurare una forte affluenza di buyers dall’estero: 60% dall’Europa e 40% provenienti da altri 120 Paesi, con un tasso di internazionalità in continua crescita. annapoorna-world of food www.worldoffoodindia.com Andrà in scena dal 24 al 26 settembre 2014 al Bombay Exhibition Centre di Bombay la nona edizione di Annapoorna World of Food India, la kermesse organizzata da Koelnmesse YA Trade Fair e dalla Federazione camera indiana di commercio e industria (Ficci). Si tratta dell’unica fiera trade di rilevanza mondiale dedicata agli operatori del settore food & beverage ad andare in scena nel subcontinente indiano e offre l’opportunità di sviluppare contatti business con realtà presenti in India e territori vicini. L’edizione 2013 ha visto la partecipazione di 134 espositori, il 50,7% indiani e 49,3% esteri, con una presenza rilevante di Germania e Stati Uniti. Nel corso della tre giorni è stata registrata la presenza di oltre 6mila visitatori, per il 25% operanti nel mondo del retail, la maggior parte dei quali (circa 5.800) provenienti dalla regione indiana. Sono stati 192 i visitatori stranieri, da 30 Paesi diversi. International FoodTec Brasil www.foodtecbrasil.com Un concept unico, che rende protagonisti tutti gli attori della filiera food, dal processing al packaging fino alla distribuzione. Ma soprattutto un nuovo setting. Sono queste le caratteristiche di International FoodTec Brasil, la nuova fiera per l’industria food che debutterà in Brasile dal 5 al 7 agosto 2014, organizzata da Koelnmesse Group, grazie all’iniziativa e al supporto di 18 fornitori di tecnologie di primo piano a livello mondiale. La manifestazione si svolgerà in Curitiba, regione che costituisce il centro della lavorazione di carne in Brasile. Tra i mercati emergenti di primo piano, secondo maggiore produttore mondiale di carne e maggiore esportatore di pollame, il Brasile è luogo ideale per ospitare la nuova piattaforma business internazionale dedicata ai settori di lavorazione dei generi alimentari e food packaging. Obiettivo dichiarato della nuova manifestazione è diventare punto di incontro centrale per l’industria alimentare, specialmente all’interno dei settori carne, pesce e formaggi. Nonché futuro marketplace di riferimento per tutti coloro che intendono presentare le proprie soluzioni e i propri prodotti al pubblico di visitatori professionali provenienti dall’intero Sudamerica. Il luogo dell’innovazione. E’ questo lo slogan con cui si presenta Anuga FoodTec, la manifestazione organizzata ogni tre anni da Koelnmesse e Dlg, da sempre tra i luoghi di incontro privilegiati per l’industria mondiale food & beverage. Per la prossima edizione, in scena a Colonia dal 24 al 27 marzo 2015, si attendono oltre 43mila visitatori trade provenienti da 130 Paesi, pronti a trascorrere quattro intense giornate dedicate alle novità e agli ultimi sviluppi dei settori e delle tecnologie che ruotano intorno al mondo del food. Oltre 1.300 espositori presenteranno soluzioni e idee innovative per i vari comparti, dalla carne ai prodotti lattiero caseari, dalle bevande ai surgelati. I settori food processing, food packaging, food safety, food ingredients, services & solution saranno i principali protagonisti della manifestazione, la cui importanza cruciale si conferma anno dopo anno. Il bilancio dell’ultima edizione di Anuga Food Tec, quella del 2012, è stato oltremodo positivo, con un incremento del numero dei visitatori pari al 25%, per un totale di oltre 42mila persone provenienti da 131 Paesi. La percentuale dei visitatori provenienti dall’estero, dal 16% della precedente edi- zione, è salita al 58%, con una crescita significativa dei visitatori dell’Europa dell’Est (Russia, Ucraina, Repubblica Ceca e Polonia in particolare). SPS IPC Drives Italia www.spsitalia.it Tutto pronto per il quarto appuntamento con SPS IPC Drives Italia, che tornerà anche quest’anno dal 20 al 22 maggio a Parma. Sorella della tedesca SPS IPC Drives, la manifestazione - fiera di riferimento per l’automazione elettrica in Italia - è organizzata da Messe Frankfurt Italia, che riunisce fornitori e produttori del mondo dell’automazione industriale. Fiera di soluzioni e non solo di prodotti, si caratterizza per la presenza di tutti i principali fornitori di componenti e sistemi per l’automazione e per l’attenzione posta alle soluzioni tecnologiche e alla loro divulgazione nei vari settori industriali. Agorà di confronto e di informazione, la manifestazione offre ai visitatori aree espositive dedicate alle università, ai centri di ricerca, alle start-up e agli integratori di sistemi, risultando di particolare interesse sia per i costruttori di macchine sia per gli utilizzatori finali. Forte del successo ottenuto nel 2013 dalla terza edizione, che si è conclusa con una crescita del 24% del numero dei visitatori, oltre 18mila, SPS IPC Drives Italia si prepara a offrire di nuovo anche quest’announa proposta sempre più completa nel panorama dell’automazione industriale, declinata in 14 categorie merceologiche. Il progetto di SPS IPC Drives Italia trae linfa da un advisory panel composto da aziende di primissimo piano, e da un comitato scientifico nel quale sono coinvolti i responsabili di automazione, gli utilizzatori finali e i costruttori di macchine provenienti dalle maggiori realtà produttive italiane. PackEx India www.packexindia.com Dopo il bilancio positivo dell’edizione 2012, si rinnova l’appuntamento con PackEx India, salone internazionale dedicato ai materiali e tecnologie packaging che andrà in scena dal 14 al 16 novembre 2014 al Bombay Exhibition Centre di Mumbai, in India. La manifestazione, organizzata dalla Indian Pharma Machinery Manufacturer’s Association (IPMMA) in collaborazione con Koelnmesse YA Tradefair, si focalizzerà sugli ultimissimi trend di innovazione e tecnologie nel settore packaging, e presenterà ai visitatori professionali tecnologie, prodotti e servizi di alta qualità provenienti da tutto il mondo. L’obiettivo è quello di realizzare una vetrina che possa rispondere a tutte le esigenze del comparto packaging. Gli espositori protagonisti della manifestazione sono specializzati nella produzione di imballaggi per i settori più diversi, da food, bevande e prodotti lattiero caseari ai cosmetici, dal comparto farmaceutico al tessile. La scorsa edizione di PackEx India ha visto la partecipazione di oltre 11mila visitatori professionali, tra cui il 38% operanti nel settore food, il 16% nel beverage e un altro 16% nel comparto diary. Da segnalare anche la presenza di visitatori esteri, il 6%, provenienti da 45 Paesi. VII Maggio 2014 Valore aggiunto e creatività L’importanza del packaging nel business moderno. Parla Massimo Luvié, professionista del settore, e titolare dell’omonimo studio. Un tempo, il packaging rappresentava semplicemente la confezione di un prodotto, con l’unica funzione di proteggere e conservare il contenuto in modo funzionale. Oggi viene considerato come il biglietto da visita di un’azienda, percepito come vetrina per attirare il consumatore. E’ innegabile, infatti, che anche il consumatore più interessato alle caratteristiche intrinseche dei prodotti possa venire attratto maggiormente da un efficace impatto visivo. Perciò, per orientare la scelta del cliente al momento dell’acquisto, il packaging rappresenta un elemento fondamentale all’interno della strategia di marketing. Non si tratta più di prendere in considerazione soltanto gli aspetti relativi alle dimensioni, alla resistenza e flessibilità dei materiali, alle modalità di apertura ed eventuale chiusura e alla possibilità di trasporto. Bisogna puntare all’efficacia comunicativa, all’innovazione e alla riconoscibilità, senza dimenticare l’aspetto dell’ecosostenibilità. Un argomento, questo, sempre più importante in un mondo dominato da una contraddizione di fondo: da un lato l’esigenza di ridurre gli sprechi alimentari ricorrendo a confezioni monodose e monoporzione, dall’altro l’urgenza di gestire lo smaltimento di queste confezioni che, conseguentemente, sono in aumento esponenziale. Per le aziende, quindi, diventa importante affidarsi a partner e fornitori che sappiano proporre soluzioni innovative, per trasmettere i valori del marchio e le qualità del prodotto attraverso packaging originali e accattivanti. Massimo Luvié, titolare dello Studio Luvié di Milano e professionista nel campo creativo, ci racconta le sue esperienze in merito. “La mia realtà è attiva dagli Anni ’80. All’inizio un piccolo studio in un’ex latteria, poi l’occasione di lavorare per i rally del circuito internazionale, che ci ha fatto crescere e conoscere nuovi settori. Quello del packaging è uno dei campi nel quale trovo più soddisfazione a lavorare: la confezione è l’imma- gine di un prodotto che deve rappresentare sé stesso e la propria personalità. In questo campo, i casi più significativi da citare per noi sono l’ideazione dell’immagine di prodotto della Cantina Sociale di Torrazza Coste e Codevilla (Torrevilla), che produce vini nell’Oltrepo Pavese e, più recentemente, lo studio di packaging per alcuni marchi privati della grande distribuzione (Gruppo Lombardini e Picard Surgelati)”. Per ogni prodotto è necessario studiare una comunicazione ad hoc, prosegue Luvié: “Un’etichetta di vino, ad esempio, è un piccolo spazio che però fa una grande differenza: tutto dev’essere calibrato al millimetro, non ci sono possibilità di fughe creative, la banalità è in agguato. Una volta presi tutti gli elementi necessari a termini di legge, quelli utili all’immagine aziendale e quelli descrittivi del prodotto, è sempre difficile uscirne con qualcosa di veramente unico. Nel caso di Torrevilla, avevamo a che fare con tantissimi vini, troppi per differenziarli tra loro, mantenendo in modo predominante l’immagine della cooperativa dei viticoltori. La soluzione è stata quella di usare soltanto lettering nero su un fondo paglierino, semplificando il logo e riportando tutte le informazioni con gli stessi caratteri e gli stessi corpi, variando per ogni vino solo il tipo di composizione, vagamente futurista. Sembrava matematica, solo scritta in modo creativo”. Gli elementi da tenere in considerazione, quindi, sono molteplici. “Molto importante è il target. Qualsiasi cosa si faccia deve andar bene per qualcuno. Ma se questo qualcuno fossero uomini tra i 30 e i 45 anni, con reddito medio e che vivono da soli, significherebbe automaticamente sapere cosa piace loro e indovinare l’immagine da adottare? Il marketing è una cosa fantastica, ma mi guarderei bene dal farne una scienza esatta, prima di ritrovarci tutti con un bersaglio (target) sulla schiena. Comunque sia, dal mio punto di vista le idee vengono pensando al prodotto stesso, alle sue qualità”. Questo discorso vale anche e soprattutto per il packaging. “Effettivamente si può innovare e sviluppare tanta creatività. Però a me sembra che la produzione industriale e la grande distribuzione stiano da una parte limitando queste possibilità, dall’altra perdendo occasioni in termini di sostenibilità. Ad esempio, le confezioni dei fagioli cannellini sono tutte identiche: stesso barattolino di alluminio con lo stesso coperchio a strappo. Alcune sono prodotte proprio nello stesso stabilimento, quindi, probabilmente, lo studio del barattolo sarà stato fatto da qualche ingegnere o industrial designer della ditta che produce i barattoli stessi. Mentre chi si è occupato dell’immagine di brand e prodotto ha avuto a disposizione solo la fascetta di carta che gira attorno al barattolo. E se un designer si inventasse un packaging a forma di baccello, in un materiale che scompare sciacquandolo in acqua fredda? Non saprebbe a chi proporlo, perché chi gli chiede il packaging dei fagioli ‘deve per forza’ sottostare alla filiera produttiva. A me è capitato di vestire pizze surgelate, gamberi, gelati, cibo per animali, olio e medicinali sempre in questo modo. Per andare da un produttore e farsi fare dei fagioli cannellini ‘alternativi’, bisognerebbe crederci tanto e investire di conseguenza: e chi lo fa? Una volta, chiacchierando con un imprenditore della grande distribuzione, ho lanciato l’idea di una linea di prodotti a marchio privato da confezionare tutti nello stesso tipo di contenitore: o tutto alluminio o tutto vetro, con una stampigliatura di colore diverso a seconda dei generi merceologici, con la possibilità del ritiro del materiale, e conseguente trattamento e riuso, presso i punti vendita. Se compri i prodotti a marchio ‘tal dei tali’ nei rispettivi negozi ‘tal dei tali’ puoi anche smaltire il packaging nei negozi stessi, dove verrebbe poi rigenerato. Era una provocazione, forse un’utopia, comunque talmente lontana dalla realtà quotidiana di un imprenditore di quel settore da passare totalmente inascoltata. ATTUALITà Massimo Luvié Il fatto è che nessuno considera che molto spesso il prodotto stesso viene associato all’immagine di esso: io, ad esempio, sono stato colpito, molti anni fa, da un packaging per le sardine sotto sale fatto solo di sale. E ancora oggi me ne ricordo”. Anche per quanto riguarda l’aspetto della sostenibilità ambientale si potrebbe fare di più: “La prima macchina per il caffè che avevamo in ufficio utilizzava una striscia (con una serie di 50 rigonfiamenti che contenevano il caffè) realizzata in materiale completamente riciclabile: una volta esaurite le porzioni, veniva tutto gettato nell’umido. Purtroppo, dopo poco tempo, l’azienda ha sostituito le macchine con quelle ‘più moderne’ che utilizzano le attuali cialde, dall’ingestibile smaltimento, che tutti conosciamo. Probabilmente, se questo sistema venisse rispolverato, sembrerebbe una vera innovazione, un prodotto da premio Nobel”. Un altro elemento importante è l’aspetto multimediale. “I social network, i siti dedicati a qualche prodotto e i Qr code per raggiungerli sono senz’altro strumenti utili e interessanti. Vanno trattati però come mezzi (media), appunto, non di per sé come finalità. ‘Seguici su facebook’ scritto in un angolo solo ‘perché ci vuole’, non credo possa produrre risultati concreti, a meno che su quella pagina facebook non ci sia qualcosa di veramente sorprendente. Il mio approccio attuale è quello di studiare la materia e applicarla quando serve. Ma questo si è sempre fatto, il nostro non è mai stato un mestiere da tradizionalisti, solo che ora tutto cambia più velocemente. Diventa anche tutto più facile e possibile, basta usare gli strumenti nel modo giusto. La comunicazione, la grafica, il design, il packaging stesso hanno bisogno di tante conoscenze di cui tener conto al momento opportuno. L’uso degli strumenti digitali richiede solo conoscenze in più: alcune si riveleranno presto inutili, altre ne sostituiranno di più obsolete. Tutto qui”. CMT: arriva la nuova serie di filatrici a vapore Discovery Plus X Si chiama Discovery Plus la nuova serie di filatrici a vapore realizzata dalla società CMT (Costruzioni Meccaniche e Tecnologia) situata a San Lorenzo di Peveragno in provincia di Cuneo, e attiva dal 1970 al servizio dell’industria lattiero casearia. La serie Discovery Plus - disponibile diversi modelli per produzioni da 500 a 6.000 Kg/h, offre alcuni importanti vantaggi, tra i quali figurano la lavorazione di cagliate fresche e commerciali di qualsiasi provenienza o miscele delle stesse, la possibilità di lavorare con acqua e vapore, con riciclo del latticello oppure senza riciclo, il tutto per un aumento considerevole della resa da +0,5% a +3% (in funzione dell’umidità del prodotto in ingresso e dell’umidità finale desiderata). Ma ecco più in dettaglio le peculiarità della gamma. Le nuove filatrici a vapore serie Discovery Plus possono lavorare in manuale o in automatico, con ricette pre-impostate, filare cagliate sia tenere che dure (umidità prodotto dal 47% al 65%). La filatura a bracci tuffanti, per stiramento e senza compressione delle fibre, permette di ottenere un prodotto strutturato e con fibra molto allungata. Pertanto, consente un maggiore assorbimento e trattenimento dell’acqua con conseguente aumento della resa e maggiore shelf-life. Nel caso di produzione di pizza-cheese la struttura a fibra lunga consente di cubettare in linea il prodotto con un’umidità superiore a quella ottenibile con altre tecnologie. Inoltre, grazie ai bracci tuffanti si ottiene una perfetta e omogenea miscelazione fra cagliate fresche e cagliate commerciali, anche con pH diversi, evitando la formazione di striature di colori diversi nel prodotto finale. Il riscaldamento della cagliata è frutto della condensazione del vapore. Di conseguenza, si ottiene una filatura più omogenea e regolare. La pasta filata contiene tutto il grasso e la proteina presenti nella cagliata da filare ottenendo così massima resa. La filatura della cagliata può anche avvenire senza scarto di latticello, quindi tutto il sale immesso nelle vasche d’impasto viene assorbito dalla pasta, consentendo una salatura continua e costante del prodotto. La pasta in filatura rimane a temperatura di circa 63° per un tempo minimo di oltre dieci minuti, per questo si pastorizza e aumenta la durata del prodotto. E ancora: le filatrici Discovery Plus consentono un recupero energetico totale del 30% circa non essendoci scarico di sottoprodotti, quali latticello o acqua di filatura. Giova evidenziare che tutto il vapore addizionato viene conglobato nel prodotto finito. Di conseguenza si risparmiano i costi di recupero, scrematura, raffreddamento e smaltimento dei reflui. Tutte le superfici a contatto con il prodotto non sono più teflonate ma trattate con il nuovo trattamento antiaderente Vulcan, (un brevetto CMT). Proprio questo trattamento, a differenza del teflon che deve essere ripristinato a scadenze temporali determinate dalle condizioni di uso, ha una vita pressoché illimitata, non trattandosi di una ricopertura ma di un’azione meccanico-chimica sulla superficie. Da segnalare, infine, che le filatrici continue a vapore Discovery Plus sono disponibili anche nella versione ‘Top Plus’, connotata da una qualità ancora superiore, con display da 10 pollici, regolazione automatica portata acqua impasti e altre peculiarità ancora. Maggio 2014 Med Food: oltre la refrigerazione FOCUS ON L’azienda di Cento, in provincia di Ferrara, propone espositori dal design unico, versatili e leggeri. Facilmente collocabili negli store, sono personalizzabili e attenti all’ambiente. Veri e propri display a supporto del marketing e delle vendite. Med Food è nata nel 1995 come ufficio commerciale in Italia dell’azienda belga DRU (Display Refrigerator Unit), capofila nella produzione di espositori refrigerati dal design unico, versatili e leggeri, facilmente collocabili nei punti vendita, personalizzabili e attenti all’ambiente”, spiega a Formaggi & Tecnologie Marilena Maioli, amministratore dell’azienda. Nel corso degli anni, MedFood, che ha sede a Cento, in provincia di Ferrara, ha ampliato e arricchito la gamma di prodotti e servizi offerti ai propri clienti fino a sviluppare un network di oltre 150 tecnici frigoristi presenti sull’intero territorio nazionale in grado di intervenire tempestivamente sui punti vendita. L’attività di Med Food consiste nell’intera gestione e manutenzione della flotta di vetrine refrigerate di proprietà del cliente. E nell’offerta di un noleggio a breve o lungo periodo, che permette alle principali aziende agroalimentari, operanti sia nella Grande distribuzione organizzata che nel normal trade di svincolarsi completamente dalle preoccupazioni relative alla gestione di tali strumenti di vendita e di concentrarsi sul proprio core business. Con notevoli vantaggi, a parità di investimento, in termini di recupero di risorse interne, nonché di fatturato e benefici sia finanziari che fiscali. “Grazie al magazzino di stoccaggio e a un efficiente centro assistenza, dotato di un rifornito magazzino ricambi, Med Food è dunque una vera propria società di servizi, che sono stati raffinati e migliorati nel tempo”, sottolinea Marilena Maioli. “Ai nostri partner proponiamo un prodotto su misura e personalizzato, che tiene in considerazione le esigenze del cliente, riferite anche al punto vendita, e la sua destinazione. Forniamo stampa e applicazione grafiche e servizi di movimentazione, disimballaggio, smaltimento finale sino all’attività di merchandising in store”. Med Food è alla continua ricerca di innovazione, con particolare attenzione alla riduzione dei consumi e al miglioramento dell’impatto ambientale, rinnovando la pro- pria offerta con nuovi modelli e ampliando la capacità di personalizzazione dei processi e dei servizi. Mercato di riferimento è quello nazionale ma stanno arrivando anche i primi contatti dall’estero, Svizzera e Paesi dell’Est in particolare. “Nell’ultimo periodo stiamo intensificando le collaborazioni con il settore dell’ortofrutta”, spiega l’amministratore di Med Food. “Non solo quarta gamma e macedonie, ma anche smoothies, spremute, frutta fresca e piccoli frutti. Abbiamo già progettato diverse realizzazioni ad hoc per grandi aziende del settore, conosciute e attive a livello internazionale”. Conclude Marilena Maioli: “Con i nostri clienti non parliamo mai di frigoriferi, ma di display a supporto di marketing e vendite. Il nostro interlocutore infatti è il product manager o il responsabile marketing o vendite. Secondo una rilevazione Nielsen condotta in 13 punti vendita della Gd, che ha riguardato un periodo di 12 settimane, se un prodotto viene posto in un nostro espositore personalizzato, il rapporto di vendita passa, in modo forse prevedibile, da 1 a 7. Ma meno scontato è che, nel momento in cui il prodotto torna sullo scaffale, il rapporto resti di 1 a 3. Questo significa fare la differenza”. Maggio 2014 Export: una speranza per il futuro trend Il settore delle macchine alimentari si conferma fortemente influenzato dagli scambi internazionali. Che scandiscono i ritmi produttivi delle aziende italiane. La produzione della meccanica manifatturiera italiana arranca. Ma l’export, che si è attestato nel 2013 intorno ai 24 miliardi di euro, lascia spazio alle speranze. Le esportazioni di macchinari made in Italy si confermano in costante crescita sia nel 2013 (+1,2%) che in questi primi mesi del 2014 (+1,5%), per una quota export/ fatturato del 58% (fonte: elaborazione dati Ufficio Studi Anima su rilevazioni Istat genset 2013). “Gli scambi con l’estero trainano e dettano i ritmi produttivi all’interno delle nostre aziende. Solo quest’anno abbiamo riscontrato un picco di domande di prodotti italiani da parte dell’Australia (+107%) e della Federazione Russa (+30%)”, ha dichiarato Sandro Bonomi, presidente di Anima, Federazione delle associazioni nazionali dell’industria meccanica varia ed affine. “Rimane la preoccupazione scottante di un mercato domestico ormai agonizzante. Non possiamo accettare che le nostre tecnologie, richieste in tutto il mondo, non trovino adeguato spazio in casa propria”. A conferma che l’export è il volano della meccanica italiana, ogni macrosettore presenta un incremento delle esportazioni nel 2013 e delle previsioni 2014: in particolare, l’alimentare è cresciuto dello 0,3% lo scorso anno e crescerà dell’1,3% nell’anno corrente. Il comparto delle macchine per le lavorazioni di alimenti rappresenta una realtà produttiva fra le più solide e vitali del nostro Paese che, grazie all’elevato volume di esportazioni, colloca l’Italia ai primi posti nel mondo. Il costante confronto con i mercati esteri e la possibilità di attingere al grande patrimonio agroalimentare italiano, hanno fatto sì che l’industria di settore trovasse grande stimolo nella realizzazione di macchine in grado di coniugare il rispetto della tradizione con processi produttivi tecnologicamente avanzati. Secondo l’Ufficio Meccanica, Chimica, Energia, Ambiente di Ice, all’interno del macrosettore alimentare si sono tuttavia rilevate, fra il 2012 e il 2013, consistenti differenze di trend delle produzioni che compongono l’offerta italiana. Determinante rimane in ogni caso l’export, che continua ad avere un peso preponderante nel dato di produzione totale: la quota export/fatturato, seppure in contrazione, è tuttora molto elevata per il comparto alimentare nel suo insieme. Macchine per la lavorazione delle carni Le esportazioni totali delle macchine per la lavorazione delle carni è in forte controtendenza. Ha registrato nel 2013 una contrazione in termini di valore pari all’8%. Particolarmente pesante è stato il calo delle vendite sul mercato russo, che nel 2012 era il primo paese di destinazione del nostro export, e su quello francese, anch’esso tradizionalmente ai primi posti in questa graduatoria. Un incremento degli scambi si è invece registrato verso Stati Uniti e Germania, che hanno mostrato un maggiore apprezzamento verso le tecnologie italiane (vedi tabella 1). Attrezzature per l’industria lattiero casearia Tabella 1 Export macchine per la lavorazione delle carni Paese XII Export 2013 (milioni di Euro) Quota sul totale (%) Stati Uniti 14,9 13,3 Francia 9,5 8,4 Germania 5,7 5,1 Spagna 5,1 4,5 Russia 4,6 4,1 TOTALE MONDO 112,5 100,0 Fonte: Ufficio Studi ICE Variazione sul 2012 (%) +6,6 -21,8 +36,8 -24,3 -70,6 -8,0 La ricettività dei mercati esteri nei confronti delle macchine per l’industria lattiero casearia presenta forti variazioni su base annua, causate sia da dinamiche interne ai mercati stessi, sia dagli orientamenti delle multinazionali del settore, i cui investimenti indirizzano una parte consistente della domanda di attrezzature. Sul medio periodo sono tuttavia riconoscibili alcune tendenze di fondo, con l’area dell’ex-Unione sovietica e i partner storici europei che accolgono le quote più rilevanti del nostro export, seguiti da vicino dagli Stati Uniti (vedi tabella 2). L’industria per il confezionamento e l’imballaggio Anche il giro d’affari realizzato dalle realtà che producono macchine per il confezionamento e l’imballaggio è fortemente condizionato dagli scambi con l’estero. Secondo i pre-consuntivi raccolti dal Centro studi Ucima (Unione costruttori italiani di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), il fatturato del settore è infatti realizzato per l’82,9% sui mercati internazionali (4.557 milioni di euro), e soltanto il 17,1% proviene dalle vendite sul mercato italiano (941 milioni di euro). Il settore è costituito da circa 630 aziende, genera un volume di fatturato di 5.499 milioni di euro e occupa oltre 26mila addetti. L’analisi del comparto per classe di fatturato evidenzia una netta preponderanza di aziende di piccole dimensioni che contribuiscono però al fatturato di settore solamente per l’8,8%. Sono invece il 5,4% le aziende con fatturato superiore a 25 milioni di euro, che rappresentano la quota più significativa (63,5%) del volume complessivo della produzione. La maggior parte delle aziende è localizzata in Emilia Romagna, seguita da Lombardia, Veneto e Piemonte. L’Emilia Romagna si conferma al primo posto anche per quel che riguarda la quota sul fatturato di settore e sugli addetti totali. Il settore italiano dei costruttori di macchine per il packaging, invece, si conferma in ottima salute. Secondo i pre-consuntivi raccolti dal Centro Studi Ucima, il 2012 si è chiuso con un’ulteriore crescita del giro d’affari. Il fatturato di settore ha raggiunto i 4,5 miliardi di euro, in crescita del 4,7% rispetto ai già ottimi risultati del 2011. Determinanti, nel raggiungimento di questi importanti risultati, le esportazioni, che rappresentano ormai oltre il 90% del giro d’affari complessivo. In valore assoluto l’export si è assestato sui 4 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% sul 2011. L’Europa si è confermata la prima area di destinazione, assorbendo il 35,6% dell’export totale e in crescita del 9,8%. In calo del 3,9% invece le esportazioni italiane nel continente asiatico, compensate però dalle ottime performance in Nord (+10,7%) e Centro Sud (+12,4%) America. Buono l’andamento del mercato domestico che, nonostante la stagnazione dell’economia nazionale, ha registrato un giro d’affari di 455 milioni di euro (+1,1%). Al di là del risultato economico, l’Italia rappresenta un mercato molto importante per i costruttori italiani di macchine per il packaging in quanto altamente evoluto nella richiesta di soluzioni tecnologiche d’avanguardia. Tabella 2 Export Macchine per l’industria lattiero casearia Paese Export 2011-2013 (milioni di Euro) Quota sul totale (%) Bielorussia 24,2 13,4 Francia 13,8 7,6 Russia 13,6 7,5 Germania 7,8 4,4 Stati Uniti 7,3 4,1 TOTALE MONDO 180,1 100,0 Variazione 2012-2013 (%) -61,8 +3,1 +93,3 -30,9 +6,7 +26,9 NEWS Maggio 2014 Sealed Air nella classifica Most Admired di Fortune Anima: meccanica ancora negativa nel 2013 Ipack-Ima organizza Pack Expo Sealed Air, produttore di un’ampia gamma di materiali e sistemi di confezionamento per prodotti alimentari, ha ottenuto il primo posto nella propria categoria nell’ambito dell’inchiesta annuale Most Admired della rivista Fortune. L’azienda si classifica prima fra 12 società del settore del packaging e dei container e occupa il primo posto nelle sei categorie di base: innovazione, gestione delle risorse umane, responsabilità sociale, controllo qualità, qualità dei prodotti e competitività globale. “Questo riconoscimento del mondo dell’industria e degli analisti del settore sancisce l’impegno dei nostri 25mila dipendenti nel dare nuovo impulso alle nostre attività e ai progressi che abbiamo compiuto, passando in un solo anno dal quinto al primo posto”, ha affermato Jerome A. Peribere, presidente e ceo della società. La classifica Most Admired di Fortune si basa sulle valutazioni espresse da 3.900 fra dirigenti d’azienda, direttori e analisti che prendono in esame le attività di circa 700 società di tutto il mondo. La produzione della meccanica italiana arranca e chiude il 2013 con segno negativo (-1,1%), pari a un fatturato di 39,8 miliardi di euro. Il decremento viene quasi completamente recuperato nell’anno in corso, secondo le previsioni 2014 (+1%), accostandosi ai livelli 2012. In costante crescita l’export sia nel 2013 (+1,2%) che nel 2014 (+1,5%), che sale a una quota export/fatturato del 58%. Le esportazioni, che si attestano intorno ai 24 miliardi di euro, sono l’ancora di salvezza della meccanica manifatturiera italiana. Anche gli investimenti non registrano decrementi ma una lieve e costante crescita (+0,2%), sia come consuntivo 2013 che come previsioni 2014. Il dato occupazionale non offre ancora segnali positivi né nel 2013 (-0,3%) né nel 2014 (-0,2%). “Le imprese della meccanica testimoniano un indebolimento della produzione nel 2013 e, di conseguenza, una perdita di manodopera eccellente, tanto che gli addetti in un anno sono diminuiti, a livello complessivo, di altre mille unità” – ha dichiarato Sandro Bonomi, presidente di Anima – “Le esportazioni trainano e dettano i ritmi produttivi all’interno delle nostre aziende. Quest’anno abbiamo riscontrato un picco di domande di italianità da parte dell’Australia (+107%) e della Federazione Russa (+30%). Rimane la preoccupazione scottante di un mercato domestico ormai agonizzante. Non possiamo accettare che le nostre tecnologie, richieste in tutto il mondo, non trovino adeguato spazio in casa propria”. L’andamento dei sei macrosettori, che costituiscono il comparto della meccanica, testimonia una difficoltà ancorata nella produzione a livello di consuntivo 2013: macchine e impianti per l’energia e montaggio impianti industriali (-1,9%), logistica e movimentazione delle merci (+0,3%), tecnologie alimentari (0%), tecnologie e prodotti per l’industria (-2,7%), impianti, macchine e prodotti per l’edilizia (-0,5%), macchine e impianti per la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente (-0,9%). Le previsioni 2014, per i livelli produttivi, riportano respiro al comparto alimentare (+0,4%), che per quanto concerne l’export presenta un incremento delle esportazioni nelle previsioni 2014 dello +0,3%. Dal mese di aprile, Ipack-Ima spa è rappresentante esclusivo per l’Italia dell’intera famiglia di mostre di settore Pack Expo organizzate da Pmmi, l’associazione americana degli industriali produttori di macchine per il processo e il confezionamento. La prima manifestazione in calendario, Expo Pack Mexico, è già al completo e ora è in pieno svolgimento l’organizzazione dell’appuntamento di Chicago, Pack Expo International, fiera di riferimento per il settore del processing, packaging e converting che nell’ultima edizione ha visto più di 48mila visitatori provenienti da Stati Uniti, Nord America e altri 130 paesi e una superficie netta occupata di circa 100mila mq. In concomitanza con Pack Expo International avrà luogo Pharma Expo, il nuovo evento nato dalla collaborazione tra Pmmi e Ispe - International Society for Pharmaceutical Engineering - che mette in contatto il mercato farmaceutico, nutraceutico, dei dispositivi medici e dell’igiene personale, con i fornitori di tecnologie per il packaging e il processo, il tutto arricchito da un fitto programma di conferenze e seminari di prim’ordine. Gli eventi si svolgeranno presso il McCormik Place di Chicago dal 2 al 5 novembre 2014. Azerbaijan: in mostra a maggio food e industria agroalimentare Dal 22 al 24 maggio 2014 si svolgerà presso l’Expo Centre di Baku in Azerbaigian l’ottava edizione della fiera internazionale dell’agricoltura Agrihort e la ventesima edizione della fiera internazionale sull’industria alimentare Worldfood Azerbaijan, che prevedono la partecipazione di circa 300 aziende locali e straniere. Agrihort propone una vasto catalogo di temi espositivi: macchine agricole, impianti per produzioni alimentari e fertilizzanti. Worldfood Azerbaijan è invece interamente incentrata su prodotti e preparazioni alimentari. Interpack 2014: in scena a Düsseldorf dall’8 al 14 maggio Si terrà dall’8 al 14 maggio 2014, presso il comprensorio fieristico di Düsseldorf in Germania, la prossima edizione di Interpack, manifestazione dedicata agli imballaggi. La fiera è un punto di riferimento per l’industria del packaging e per tutte le tecnologie di processo correlate. 2.700 espositori provenienti da oltre 60 paesi presenteranno le loro ultime idee, per innovare concetti e visioni tecnologiche non solo in tema di macchinari e attrezzature per il confezionamento e la lavorazione, ma anche in strumenti di produzione di materiali di imballaggio e servizi per l’intero settore. In particolare la fiera ospiterà aziende che si occupano del confezionamento di prodotti alimentari e bevande, prodotti farmaceutici e cosmetici, beni di consumo (non alimentari) e beni industriali. XIII Maggio 2014 CAD PROJECT www.cadproject.it Nome della macchina Itdx, porzionatrice a peso fisso e taglio a lama ad ultrasuoni. Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Formaggi a pasta morbida e semidura. Punti di forza del prodotto L’impianto è stato progettato e costruito per il taglio in automatico dei formaggi a pasta morbida e a pasta semidura. Tramite pannello operatore si impostano tutti i dati di produzione. Le forme caricate sul nastro trasportatore, traslano fino alla postazione di centratura e pesatura: alcune fotocellule misurano le dimensioni del prodotto ed inviano i dati al Plc. Un gruppo automatico di taglio ad ultrasuoni provvede a porzionare la forma in pezzi a peso fisso o a peso variabile. Semplicità di utilizzo, sanificazione ed elevata produzione – 60 porzioni al minuto – costituiscono il punto di forza dell’impianto. Specifiche tecniche Materiale di costruzione: Inox Aisi 304/316. Funzionamento: elettrico-pneumatico. Dimensioni d’ingombro: 3500 x 1300 x H 1800 mm circa. Caseartecnica Bartoli www.caseartecnica.it Nome della macchina Rock 23, porzionatrice automatica a peso fisso. Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Forme e mezze forme di formaggi. Punti di forza del prodotto Porzionatrice automatica a peso fisso, ideale per tagliare le forme di formaggio in pezzi prefissati. Tra le caratteristiche principali: le dimensioni ridotte, la lavorazione sia di fette, sia di mezze forme, la pesatura automatica integrata. Specifiche tecniche Dimensioni ridotte (mm 800x1500xh2200); pesatura automatica integrata; tavolo ribaltabile di appoggio, con elemento amovibile multiplo per raccolta pezzi tagliati; ciclo di funzionamento completamente automatico a portello chiuso, senza necessità di operatore; taglio programmabile a peso fisso oppure a numero; ricette multiple per vari tipi di prodotto e taglio; opzioni di caricamento laterale automatico e di taglio a roccia. RIVAC www.rivac.it XIV Nome della macchina Vac100U. Punti di forza del prodotto Confezionatrice sottovuoto a campana per grandi derrate alimentari. Il modello VAC100U è caratterizzato da una grande vasca e una grande campana che si accoppiano formando un enorme camera per vuoto adatta a contenere molte buste di piccole dimensioni oppure grandi derrate alimentari. Le tre barre saldanti sono disposte a “U” permettono di confezionare numerose buste in un unico ciclo o singole pezzature di carne. Si adatta alle esigenze di caseifici, salumifici e impianti di macello. Specifiche tecniche Larghezza macchina 1.500 mm, profondità 850 mm + maniglia 80 mm, altezza 1.190 mm. Larghezza utile camera vuoto 1.370 mm, profondità 710 mm, altezza 370 mm = 120 mm + 250 mm. Barre saldanti a “U” 1.325 mm frontale + 2 x 640 mm parallele. Pompa vuoto 300 Mc/h, alimentazione elettrica 380-400 V 3ph+N 50/60 Hz, potenza assorbita: 6.800 W. Peso 378 Kg. ACS www.acs.re.it Nome della macchina LT32 Macchina pulitrice e rivoltatrice automatica per forme di formaggio (doppia pinza). Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Forme di formaggio a pasta dura tipo Parmigiano reggiano e Grana padano. Punti di forza del prodotto Macchina a doppia pinza LT32 per la pulitura e rivoltatura delle forme di formaggio a pasta dura, con movimento telescopico a tre sfili. E’ dotata di un sistema brevettato per la presa delle forme che assicura una lavorazione delicata del formaggio fresco. La macchina viene posizionata al centro della corsia e può lavorare automatica- mente senza nessuna modifica meccanica, operando indifferentemente sia sulla scalera di destra che di sinistra. Ha vari programmi automatici di lavorazione, selezionabili da tastiera, compresa l’esclusione di una testa, l’inserimento o meno della pulitura tavola, l’impostazione del tempo di spazzolatura. La capacità produttiva con operazione di pulitura e rivoltatura forma è di 140 forme/ora. Per la sola operazione di rivoltatura forma la produzione è di 320 forme/ora. Specifiche tecniche Peso 2.100 Kg, avanzamento automatico, struttura telescopica a tre sfili per un ridotto ingombro in altezza. Alimentazione: corrente alternata 400V. GELMINI www.gelminimacchine.com Nome della macchina Cubettatrice blocchetti Auriga. Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Formaggio a pasta dura tipo “grana”. Punti di forza del prodotto La macchina è indicata per produrre blocchetti o cubetti di formaggio partendo da listelli. Prezzo contenuto, precisione di taglio, versatilità, produttività e semplificazione per la fase successiva di confezionamento rappresentano i plus del prodotto. Specifiche tecniche Alimentazione elettrica: 380 Volt trifase; potenza installa- ta: 3 Kw; misure d’ingombro (in mm): 2.200 (lunghezza) x 1.400 (larghezza) x 1.500h; altezza massima listelli in ingresso: 60 mm; larghezza massima listelli in ingresso: 200 mm; produzione massima: 60 tagli al minuto (con blocchetti di 40 mm partendo da listelli lunghi 400 mm). KRUPPS www.krupps.it Nome della macchina Nuova linea Full. Punti di forza del prodotto Le nuove lavabicchieri con cesto 40x40 vanno ad arricchire la linea Full, appositamente studiata per le esigenze della ristorazione. Grazie al controllo elettronico EWC System con Energy Saving e consolle Touch, che consente di programmare fino a quattro cicli di lavaggio differenziati a seconda della tipologia di stoviglie, è possibile visualizzare più facilmente tutte le informazioni necessarie in qualsiasi momento del ciclo. Predisposte di serie con ricambio parziale/totale di ac- qua pulita a ogni ciclo di lavaggio, le lavabicchieri Full possono inoltre essere fornite di addolcitore automatico incorporato per ovviare a spiacevoli incrostazioni o, in alternativa, di break tank per un risciacquo a temperatura e pressione idrica costanti. Infine, come equipaggiamento standard, sono dotate di filtro vasca integrale e girante di lavaggio e risciacquo separate con getti stampati. Specifiche tecniche Dimensioni 47 X 55, 5 X 70h cm. Cicli di lavaggio 90/120/150/180 sec. MICVAC www.micvac.com Nome della macchina Metodo Micvac. Punti di forza del prodotto Sistema di cottura e pastorizzazione a microonde, adatto per la conservazione di piatti pronti freschi. Raffreddandosi la confezione va in sottovuoto automaticamente. Gli alimenti sono inseriti in vaschette su misura ad apertura facilitata con valvola espulsione vapore brevettata, che indica l’apertura (fine ciclo) con segnale acustico. Il cliente finale riscalderà così il piatto nel forno di casa finché la valvola fischiando lo avviserà che è pronto. Questo metodo consente di conservare i cibi per trenta giorni in banco frigo senza l’utilizzo di alcun conservante, mantenendo caratteristiche organolettiche eccellenti e il massimo contenuto vitaminico grazie al rapido trat- tamento termico. Specifiche tecniche Tunnel microonde da 36 a 108 kW. Confezioni (valvola + film + vaschetta) da 150 grammi a un Kg. schede prodotto MULTIVAC www.multivac.com Sacco www.saccosrl.it Nome della macchina Multivac T 600. Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Il principale settore di applicazione è il campo alimentare, dalla carne ai piatti pronti, dai prodotti ittici ai formaggi e ai prodotti ortofrutticoli. Punti di forza del prodotto La nuova Multivac T 600 completa la gamma delle nuove termosaldatrici Multivac posizionandosi tra il modello leggermente più piccolo T 300 ed il modello ad alta capacità T 700 e si dimostra sicuramente adatta per le aziende che desiderano raggiungere un più alto livello di automazione, oppure passare da un carico manuale ad una soluzione completamente automatica. La T 600 è adatta alla produzione di confezioni in atmosfera modificata, con o senza film LID, skin Isopack e Slicepac. Specifiche tecniche Termosaldatrice in linea estremamente compatta; ampio formato base 411x280 mm suddivisibile. E’ dotata di Multivac Clean Design per la massima igiene e una semplice pulizia. Cambio stampo, incluso riscaldamento, inferiore a 15 minuti. Capacità solo saldatura: fino a 15 cicli al minuto. Map: fino a 12 cicli al minuto. Alta affidabilità ed ergonomia per quanto riguarda il cambio delle ricette, il cambio del film e degli stampi. Semplice accessibilità grazie alle protezioni di sicurezza scorrevoli, ai pannelli laterali e ai nastri di trasporto removibili. Comando Ipc con interfaccia grafica Hmi 2.0. Costruzione in acciaio inox robusta e durevole; sistemi di azionamento a risparmio energetico; completamente lavabile (classe di protezione Ipc65). Nome del prodotto Colture speciali di protezione. Tipologia di latticini a cui è destinata la tecnologia Dal 1998 Sacco propone colture speciali di protezione. Ad oggi l’azienda ha selezionato un pool di fermenti lattici contro microrganismi inquinanti di yogurt, latti fermentati, formaggi freschi, semiduri e duri. L’offerta si suddivide in tre linee principali: contro muffe e lieviti, anti Listeria monocytogenes e anti Clostridia. Punti di forza del prodotto I fermenti di protezione aiutano a preservare i prodotti da alterazioni, ne migliorano la conservabilità e non devono essere necessariamente dichiararti in etichetta. Contribuiscono a migliorare lo standard del prodotto, rendendolo inoltre meno sensibile ai lunghi trasporti. Tutto ciò si traduce in una riduzione delle referenze non conformi e quindi dei costi aziendali. Specifiche tecniche Confezioni da 5, 10, 25 e 50 dosi; da 500 a 10mila litri di latte. INTERPULS www.interpuls.com Nome della macchina Zangola. Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura Ideale per la produzione di burro durante l’attività di pastorizia o in malga. Punti di forza del prodotto La zangola verticale di Interpuls è stata progettata e realizzata per ottenere il burro dalla panna, sfruttando l’effetto della centrifugazione. E’ costituita da un motore elettrico monofase e da una paletta in nylon alimentare con albero in acciaio Inox. Grazie a queste caratteristiche e alla struttura razionale, la zangola risulta facile da usare e da utilizzare. Specifiche tecniche Utilizzo ideale con il secchio Ecobucket da 23 litri. Funziona a 220V a 50Hz. MARECHAL ELECTRIC www.marechal.com/it Nome del prodotto Blocco Meccanico serie Marechal standard e Atex: DSN, DS, DN, DB e DXN. Punti di forza del prodotto Dispositivo lucchettabile (opzionale) che previene il rischio di alimentazione o utilizzo intempestivo di un macchinario/motore durante la fase di manutenzione o quando esso è sotto tensione. Grazie all’installazione di prese Marechal, che permettono di collocare un blocco con lucchetto personale in prossimità di ogni motore o macchinario, è possibile rispettare un procedimento di sicurezza denominato Loto (Lockout tagout - sezionamento con blocco lucchettabile di motori elettrici), per consentire a ogni operatore di auto-proteggersi durante le fasi di manutenzione. L’installazione dei Decontactor Marechal, robusti e a tenuta stagna, vicino ai motori, è sovente richiesta dai responsabili della Sicurezza. Dopo avere scollegato il Decontactor in tutta sicurezza, si ha la possibilità di apporre un blocco meccanico lucchettabile sulle due parti già fisicamente separate: sulla spina, sulla presa chiusa, sull’insieme spina/presa collegata (On oppure Off sulla serie Db). XV RETAIL Maggio 2014 “Le regole sono uguali. Per tutti” Con Berardino Abbascià, consigliere di unione Confcommercio, affrontiamo i grandi temi sul tappeto: dalla crisi, all’orario dei negozi, dal normal trade, alla Gd. La sua storia sembra davvero un film. Dove l’eroe di turno, nato in una cittadina della Puglia, arriva nella grande Milano e, gradino dopo gradino, riesce a “sfondare”. E’ la storia di Berardino, detto Dino, Abbascià, classe 1942. Attualmente proprietario, con i fratelli, di una Spa, consigliere di unione Confcommercio e presidente del Sindacato provinciale dettaglianti ortofrutticoli. Lo incontriamo a Cernobbio dove si svolge il Forum di Confcommercio. E’ l’occasione per parlare di giovani e anziani, maestri e alunni. E ancora: di crisi, normal trade, Grande distribuzione. Non manca poi un accenno, polemico, a Coldiretti. Berardino Abbascià, lei è un imprenditore di successo: da garzone a gioielliere della frutta di Milano. Come ha fatto? Tanto lavoro e qualche idea brillante. Quando sono arrivato a Milano, all’età di 13 anni, non potevo che contare sulla mia intelligenza vivace e su una grande volontà. Ho fatto molti sacrifici e mi sono concesso la mia prima vacanza a 40 anni. Credevo molto in me stesso e ho avuto il coraggio di prendere iniziative. Mi ritengo un uomo fortunato. Quali sono stati i suoi maestri? Ne ho avuti molti e non ho ancora finito di imparare. Ho sempre guardato agli anziani ascoltando i loro consigli. Oggi è necessario invece trovare il coraggio di apprendere dai giovani, che hanno molto da dare alla mia generazione. Sembra una cosa facile, ma non lo è. Bisogna mettersi in discussione ed evitare di pensare di avere sempre ragione solo perché si ha più esperienza. Secondo lei, oggi è possibile ripetere la sua avventura? Bella domanda. Io dico di sì, pur con le difficoltà presenti. Forse sono vissuto in un’epoca in cui era più facile. Mi trovavo di fronte a un’Italia in crescita, un paese in cui con grinta e passione si poteva costruire qualcosa. Oggi probabilmente le condizioni socio-economiche richiedono ancor più determinazione. E forse i giovani non sono più gli stessi. In che senso? Tendono ad arrendersi con facilità, probabilmente perché possono contare di più sulla famiglia. Questo è un handicap che rischia di rallentare volontà e determinazione. In molti mi accusano di essere una figura forte verso i giovani e verso i miei figli, ma io non ci sto. Del resto anche noi avevamo eccellenti esempi davanti. Ogni epoca nasconde rischi e opportunità e non si può liquidare la questione con un semplice: “Ai tuoi tempi era più facile”. Dai giovani passiamo ai piccoli: come vede il futuro dei negozianti in un mondo sempre più globale? Se avessi ancora degli anni “diversamente giovani” aprirei dei piccoli negozi per sfidare centri commerciali e globalizzazione. Certo il punto vendita non può più essere quello di 60 anni fa, quando bastavano cassette, qualche bel tavolo e Berardino Abbascià un po’ di buon gusto… Cosa serve allora oggi per valorizzare il negozio di vicinato? Sono necessarie tecnologie e innovazioni. Il bottegaio tradizionale non può più esistere, deve trasformarsi puntando su una maggiore formazione. Senza dimenticare il rapporto umano che, oggi come allora, sta alla base del commercio. Cos’è cambiato nelle esigenze del consumatore italiano? Rispetto a quello estero, il consumatore in Italia utilizza il centro commerciale ma ancora, soprattutto al Sud, vuole avere il negozio sotto casa. Una volta c’era la signora Maria oggi c’è la dottoressa Maria, ma il contatto umano è identico. Solo ci si aspetta di trovare all’interno del punto vendita un commerciante moderno. Che conosce e sa spiegare bene i prodotti che propone al suo cliente. Insomma c’è speranza per i rivenditori più piccoli… Il dialogo, il sorriso, l’ospitalità hanno ancora un valore. Mi stupisco sempre quando partecipo a workshop e convegni perché ancora si discute su come migliorare il rapporto clientevenditore. Ci vuole poco per conquistare il consumatore… Andiamo ad approfondire un po’ di questioni interessanti. Cosa ne pensa dell’ingresso di Coldiretti nel mondo del retail. Leggi Campagna Amica e mercatini di Natale? Queste iniziative sono nate in Italia tanto tempo fa. Il vecchio presidente di Coldiretti, Sergio Marini, ne è stato un fautore. Inizialmente le abbiamo combattute perché pensavamo ci sottraessero lavoro e vendite. Infatti… Si spieghi meglio. Quando, dieci anni fa, aprirono i primi mercatini di Coldiretti a chilometro zero ero già responsabile della mia categoria e mandai alcuni miei collaboratori in visita al consorzio agrario di Milano. Ci trovarono banane e melanzane con bollino spagnolo. Questo a lei sembra chilometro zero? Lo stesso successe a Mantova, Bari e Catanzaro. Inoltre non veniva minimamente considerata la questione dell’igiene e della sanità. Per non parlare della fiscalità. Siamo usciti dai mercatini con molta merce, ma senza nemmeno uno scontrino in tasca. Si chiama concorrenza sleale… Guardi, io sono favorevole alla vendita delle eccedenze da parte dei contadini. Provengo dal mondo agrario e conosco la fatica fatta da mio padre e mio nonno nei campi. Vedevo e vedo certamente con favore il produttore che si metteva e si mette ancora ai bordi della strada per vendere i frutti della sua terra perché non vadano buttati. A Roma negli anni ’60 li chiamavano i “vignaioli” e a Milano gli “ambulanti erranti”. Organizzarsi in mercati comuni è diverso però. Da produttori si diventa commercianti ed è quindi necessario sottostare a tutte regole che le leggi del commercio prevedono. Come vi siete comportati per arrivare a una soluzione condivisa? Per fortuna devo dire che, grazie a diversi dialoghi con Sergio Marini e altri responsabili di Coldiretti, sia in Lombardia che a livello nazionale, abbiamo chiarito le dinamiche che ci sembravano poco appropriate. Molti mercatini, come ad esempio quello di Mantova, sono stati chiusi. E oggi la situazione generale mi sembra migliorata. Anche perché le regole sono uguali. Per tutti: piccoli commercianti, agricoltori, Grande distribuzione. Ritornando a Coldiretti: qual è oggi il rapporto fra Confcommercio e questa associazione? Certamente c’è una maggiore comprensione fra i settori. Con Coldiretti abbiamo avviato una serie di accordi e stiamo collaborando affinché si garantisca il rispetto di regole condivise. Dobbiamo unire le forze perché i prodotti “nostrani” sono l’arma vincente dei piccoli commercianti. E i negozi al dettaglio, la forza dei produttori locali. E poi abbiamo un competitor comune… Ovvero? La Grande distribuzione organizzata. Che, negli anni, ha favorito la scomparsa di molte aziende agricole stritolate dai meccanismi della globalizzazione. Basta guardare per esempio cosa è successo in Emilia Romagna: molti produttori con frutta e verdura di straordinaria bontà sono spariti dopo essersi affidati a Coop. Sono diventati tutti bagnini oppure hanno costruito alberghi. C’è un bivio davanti a noi: o diventiamo partner o rischiamo di fare la fine del topo affogato. Cosa pensa invece della battaglia sulla provenienza della materia prima? Il mondo non si può fermare. Ci provò tanti anni fa Paolo Bonomi, fondatore di Coldiretti, con l’aiuto di 50 deputati. Ma mettere un freno al mercato globale blocca la competizione e quindi la crescita. Guardiamo per esempio cosa è successo con il mercato degli agrumi. A causa del blocco delle importazioni, i produttori del nostro Paese non capirono che la domanda si stava evolvendo in una maniera diversa. Le arance rosse rimangono un patrimonio della nostra Sicilia, nessuno le produrrà come loro, però il consumo mondiale andava verso le arance bionde. E nessuno lo capì. Quando il mercato fu costretto ad aprirsi all’Europa, l’Italia rimase indietro. Il risultato? Oggi siamo costretti a vendere le nostre arance a 20 centesimi. O meglio, a svendere. Qual è la soluzione? La tutela del prodotto locale e del nostro territorio è indispensabile. Io sono italiano al 100% e quando viaggio mi vanto in tutto il mondo di esserlo. Questo però non significa che tutto resti immobile. Se abbiamo voglia di mangiare un arancio o una mela fuori stagione, perché non possiamo rivolgerci all’Argentina, al Cile, al Sud Africa? L’agricoltura di quei paesi è stata comunque sviluppata dagli europei. Per esempio le grandi aziende cilene hanno nomi italiani, come Del Curto. Come giudica la liberalizzazione degli orari dei supermercati? Un grande abuso, una vera condanna. Credo che la Grande distribuzione faccia leva su questi argomenti per monopolizzare il commercio e le vendite.Vogliono farci credere di fare l’interesse del consumatore ma in realtà questa mossa è volta esclusivamente ad aumentare i loro profitti. Anche se poi abbiamo verificato che tenendo aperta un’attività 24 ore su 24 non si ottiene altro che distribuire le vendite su uno spettro più ampio. Senza nessun considerevole aumento delle transazioni. Ultima domanda: lei lavora nel mercato dell’ortofrutta, le piacciono le Fave? Dipende dall’età della Fava. Di solito, quelle vecchie sono un po’ indigeste. Angelo Frigerio 37 focus on Maggio 2014 Il Made in Parma strizza l’occhio ai foodies I supermercati trend setter Usa sono un’opportunità per l’agroalimentare emiliano. In un Paese in cui l’Italian sounding fattura 3,1 miliardi di dollari. Cresce l’attrazione per il cibo di qualità. La ricerca Mra per la Camera di Commercio. 38 Specialty stores e wohlesales club. Negli Usa sono questi i nuovi punti di riferimento per gli appassionati di enogastronomia. Ossia per i cosiddetti foodies, i consumatori americani più esigenti. E dunque quelli più attratti dai cibi e dalle preparazioni autenticamente italiane, che presentino la garanzia di alti livelli qualitativi. Secondo lo studio Mra (Management Resource of America) presentato nel convegno “Parma a stelle e strisce, vendere il food negli Usa: istruzioni per l’uso”, organizzato da Parma Alimentare, è a questi nuovi interlocutori che si dovrebbe rivolgere il Made in Parma, nonché l’intero Made in Italy alimentare, per raggiungere i consumatori più golosi, ma anche gli scrupolosi salutisti, che vivono in Usa. La ricerca è stata illustrata lo scorso 16 aprile dal presidente della Mra Carlo Ber tozzi, e dal direttore della divisione consulenze Giovanni Grimaldi, alla Camera di Commercio di Parma, nel corso di un evento che ha visto la partecipazione di una cinquantina di aziende del settore alimentare parmense. Presenti anche diversi esponenti delle istituzioni, del mondo bancario e consulenziale, e i Consorzi dei prodotti del territorio. Dallo scenario prospettato dal repor t emerge che, all’interno del complesso mosaico della distribuzione statunitense, il dettaglio dei generi alimentari non è più rappresentato soltanto dal semplice supermercato. Sono ormai una realtà affermata quelle insegne a metà tra la drogheria di quar tiere e il supermarket, i cosiddetti ‘specialty stores’ appunto, format di negozio focalizzato su un assor timento di alto livello. I ‘wholesales clubs’, invece, sono punti vendita in cui è possibile acquistare le specialità in quantità maggiori e a un prezzo più conveniente, ma soltanto corrispondendo prima un abbonamento (‘fee’) annuale, come un vero e proprio circolo a cui ci si iscrive. Agli specialty stores e ai wholesales club non si rivolgono solo i gourmet, ma anche i consumatori statunitensi più attenti (a volte in modo quasi maniacale) agli aspetti salutistici della loro alimentazione e alla lettura delle informazioni sulle etichette e sulle tabelle nutrizionali. Realizzata attraverso l’analisi di 2.500 punti vendita, la ricerca Mra par te da una rassegna sulla regolamentazione statunitense nel campo del commercio alimentare (retail e food service). Dalla spedizione del prodotto all’etichettatura, dalla registrazione degli impianti ai dazi e alle tariffe, con specifiche su una selezione di prodotti agroalimentari del territorio. Si prosegue con la definizione dei foodies e dei consumatori ‘health conscious’ e con l’individuazione delle loro insegne preferite, accomunate dall’offer ta di un’esperienza d’acquisto piacevole e sofisticata e dalla scelta di referenze di alta qualità. Le catene individuate dallo studio (tra cui Costco, 429 punti vendita, Trader Joe’s, 362 e Whole Foods, 303) possiedono tutte dimensioni notevoli: quindi sarebbero in grado di garantire alla produzione agroalimentare buoni volumi di vendita. A questo punto si pone la fatidica domanda: cosa por tare sulla tavola degli americani? La ricerca Mra si è focalizzata sul “segmento specialità” per numerose categorie di prodotto più rappresentative dell’area di Parma. Quindi sughi per pasta a base di pomodoro, pomodori in scatola, olio d’oliva, paste fresche ripiene, parmigiano reggiano, prosciutto di Parma, salumi e prodotti ittici. Per ciascuna categoria, sono stati messi in luce brand e peso delle private label, prezzi, caratteristiche del prodotto in termini di ricettazione e ingredienti. Ed è stata stimata la diffusione del prodotto autenticamente italiano rispetto a quello imitativo. Si scopre così che negli Usa il segmento specialità/premium, in cui competono i prodotti made in Parma, esprime una grande vitalità. Ma ci si rende conto anche di quanto il fenomeno dell’Italian sounding sia radicato, anche nella categoria dei trend setting retailer. Rispetto alle categorie di prodotto elencate prima, il valore del mercato dell’Italian sounding è stimato infatti in oltre 3,1 miliardi di dollari al consumo, a fronte di un valore delle importazioni dall’Italia che non supera il miliardo di dollari (al consumo). Un dato che fa riflettere, ma che potrebbe anche aprire nuove prospettive. “Consideriamo l’Italian sounding non solo come una minaccia, ma anche come oppor tunità”, commenta Ber tozzi. “C’è stata un’evoluzione dei prodotti imitativi che hanno registrato un deciso incremento qualitativo rispetto al passato, presentandosi anche in modo migliore e più curato, con prezzi paragonabili a quelli del nostro prodotto impor tato. Il prodotto italianeggiante agisce da ponte e prepara il terreno alla produzione made in Parma, contribuendo a stabilire una relazione for te tra una determinata categoria di prodotto e il nostro Paese. Quello che dobbiamo fare è sottrarre quote di mercato a questi prodotti imitativi di ‘seconda generazione’ puntando a elevare ulteriormente la qualità del nostro prodotto espor tato”. E il rappor to Mra si propone proprio di offrire indicazioni concrete e risposte agli imprenditori agroalimentari del territorio interessati ad acquisire e consolidare quote di mercato negli Usa: “Oltre a fornire una panoramica sulle regole e sulle procedure che è necessario osservare per espor tare oltreoceano, offriamo un suppor to tecnico commerciale di base alle aziende parmensi”, sottolinea Cesare Azzali, amministratore delegato di Parma Alimentare. “Il progetto prevede inoltre una fase conclusiva di natura promo-commerciale con par tner del mercato statunitense”. Completano la ricerca informazioni utili per c o m - prendere le dinamiche commerciali presenti in Usa e quindi i consigli per affrontare le negoziazione con i buyer in modo efficace. Non mancano spunti ed esempi per impostare correttamente campagne di promozione di prodotto. Il ruolo del ‘sistema Parma’ nella valorizzazione delle produzioni alimentari del territorio sui mercati esteri viene rimarcato da Andrea Zanlari, presidente della Camera di Commercio: “I mercati più interessanti per i nostri prodotti tipici sono quelli dove maggiore è la sensibilità verso la qualità e quindi maggiori sono i margini per concludere affari proficui. Tra questi mercati ci sono gli Usa, dove conoscevamo già, grazie a precedenti ricerche da noi svolte, le potenzialità nel canale food service. Oggi abbiamo una fotografia delle oppor tunità presenti nel retail, dove scopriamo di poter arrivare direttamente al consumatore più attento alla qualità e agli aspetti salutistici del cibo. A Parma, attraverso la collaborazione con la Stazione sperimentale per l’industria delle conserve alimentari, Fiere di Parma e Alma, (scuola internazionale di cucina italiana), abbiamo tutte le competenze e le professionalità per promuovere e caratterizzare i nostri prodotti in modo idoneo e vincente. Le aziende di Parma si trovano quindi in una situazione di grande vantaggio che può essere sfruttata per ottenere risultati impor tanti sul mercato degli Usa”. Francesca Radaelli RETAIL Maggio 2014 Vi presentiamo il nuovo alimentando.info Debutta a Cibus il restyling del nostro portale. L’informazione di qualità. Declinata in una nuova veste grafica. Un sito più fresco, più fruibile, più moderno. Il restyling del nostro por tale www.alimentando.info asseconda l’evoluzione dell’informazione, che diventa sempre più digitale, visuale e interattiva, utilizzando una grafica più leggera, ponendo maggiore enfasi sulle immagini e ottimizzando la navigabilità. La struttura del sito web (con il classico scrolling ver ticale), il menu e la suddivisione in categorie sono rimasti simili alla vecchia versione, per mantenere un’interfaccia intuitiva e user friendly, che consenta un facile e veloce reperimento delle informazioni di interesse. Leggibile da tutti i più comuni browser, il por tale è stato perfezionato per ottimizzarne il posizionamento nei motori di ricerca. Le maggiori novità riguardano la release grafica. Lo sfondo del layout, completamente bianco, regala al sito un aspetto arioso e ordinato, per un impatto visivo decisamente moderno. Su sfondo bianco anche la testata, con la scritta “alimentando” in un elegante grigio antracite, che rimane accompagnata dal pay off “Il quotidiano del settore alimentare”, in un raffinato grigio chiaro. A fianco, la banda in grigio antracite riser vata a The Italian Food Magazine, che rimanda alla pagina dove è possibile sfogliare la rivista online dedicata al mercato estero. I nuovi font, inoltre, conferiscono un’immagine più pulita alle informazioni: l’arial, semplice e immediato, è utilizzato per i testi; il roman oswald, con tratti più decisi e al tempo stesso più leggibili, per i titoli. Si nota subito il maggiore spazio riser vato alle immagini, che sono diventate veri e propri link per accedere alle informazioni. La sezione highlights si è trasformata in una moderna fotogaller y con slide show a scorrimento orizzontale. Cliccando su ciascuna di queste immagini si apre la pagina con la rispettiva news, in fondo alla quale è possibile trovare i bottoni per il social sharing (facebook, twitter e google+), già presenti nella vecchia versione, e una fotogaller y dedicata. Dalla pagina di ogni notizia, inoltre, è possibile accedere direttamente alla news successiva o precedente, grazie alla pratica sezione inserita in fondo alla pagina, seguita dall’area ‘ar ticoli correlati’: una selezione di ar ticoli inerenti allo stesso tema della news selezionata. In home page, al di sotto della galler y principale, si trova l’elenco delle ‘ultime news’. Anche in questa sezione le immagini sono protagoniste e accompagnano le notizie, contraddistinte dalle tradizionali etichette colorate per ciascuna categoria tematica. Ogni pagina si chiude con un piede in grigio chiaro, in cui si trovano le informazioni, i contatti, le categorie. La sidebar sulla destra, semplificata rispetto alla vecchia versione e presente in ogni pagina del sito, contiene il box dedicato ai contenuti video, l’icona twitter che rimanda al profilo ‘@alimentando- news’, l’elenco ‘i nostri speciali’, la sezione ‘cerca’ i tag e l’altra per iscriversi alla nostra newsletter. Una delle novità più impor tanti è sicuramente l’introduzione del cosiddetto ‘responsive design’, ossia l’ottimizzazione del sito e del layout per una corretta visione sui diversi dispositivi, PC, tablet e cellulari. E’ stata infatti creata una versione per smar tphone, che si attiva in automatico quando l’utente accede al sito tramite dispositivo mobile. Questa visualizzazione, in stile web app, permette di leggere subito le notizie e di accedere a un pratico e completo menu di navigazione laterale. Ovviamente abbiamo mantenuto, in entrambe le versioni, la possibilità di dare visibilità agli inserzionisti attraverso i banner pubblicitari, disponibili in diversi formati e distribuiti in modo da non affollare troppo le pagine. Un’innovazione nella tradizione, dunque, un nuovo vestito per un por tale che abbiamo sempre inteso come il nostro strumento per informare gli operatori dei settori professionali. Un contenitore tempestivo e affidabile di notizie, inter viste, approfondimenti, indagini. Un prezioso suppor to, oggi ancor di più, per i nostri mensili. 39 Maggio 2014 “Stiamo lavorando per voi” L’incontro con il presidente Napolitano. La posa della prima pietra del padiglione tedesco. L’avanzamento dei lavori. Intervista a Giuseppe Sala, Ceo di Expo 2015. Adelante SALA. ma con juicio 40 “Adelante Pedro. Ma con Juicio”: la frase tratta dai Promessi Sposi descrive bene la situazione di Expo 2015. Il Manzoni la mette in bocca al cancelliere Ferrer ed è rivolta al suo vetturino che si fa largo fra una folla urlante e inferocita. Una situazione che ricorda le numerose polemiche che ogni giorno investono l’evento milanese del prossimo anno. Giuseppe Sala per ora è passato indenne dalle varie forche caudine che gli si sono parate davanti. Intelligente e molto preparato, il capo di Expo sta por tando avanti un progetto ciclopico. Reso ancora più duro dalle condizioni in cui lo si sta realizzando. Fa bene a tener duro. Expo 2015 rappresenta una vetrina unica e irripetibile per il Made in Italy. Giuseppe Sala, Chief Executive Officer di Expo 2015, il 2 aprile ha presenziato alla posa della prima pietra del padiglione tedesco dedicato all’evento che si terrà a Milano il prossimo anno. E’ l’occasione per verificare come stanno procedendo i lavori, al netto delle varie polemiche sorte intorno a Expo 2015. Parliamo del colloquio con il presidente della Repubblica che ha ricevuto di recente il vostro board. Quali le ragioni di questo incontro? Il meeting con Giorgio Napolitano è arrivato nel momento giusto. Non perché ci siano particolari problemi, ma, in certi momenti, è inevitabile che subentri un po’ di stanchezza. E poter incontrare il presidente della Repubblica è senza dubbio un aiuto. E’ già programmato anche un incontro col presidente del Consiglio? Ancora non è stato precisamente fissato, ma ci sono buone possibilità che avvenga la prossima settimana. Come valuta la cerimonia di oggi? La Germania è ovviamente il primo paese che si affaccia alla costruzione del suo padiglione. Si tratta del lotto più grande, di oltre 4.900 metri quadrati. Questo è il momento in cui diventa importante far vedere che i paesi arrivano, costruiscono e generano lavoro. Direi che i tedeschi, come è un po’ nelle loro caratteristiche, hanno lavorato con grande metodo. C’è sempre stata una buona collaborazione, ci siamo incontrati diverse volte per arrivare alla cerimonia di oggi e si è trattato sempre di incontri molto proficui. A breve, altri paesi cominceranno i lavori e parteciperemo ad altre cerimonie come quella di oggi. Quale sarà il prossimo paese? Credo si tratterà dell’Azerbaigian o del Giappone, che cominceranno i lavori nelle prossime settimane. In ogni caso, tutti i paesi partecipanti si stanno avvicinando a questo momento. La consegna delle aree è stata completata? Da questo lato del sito, dove ci troviamo oggi, la consegna è stata interamente completata. Dall’altro lato, invece, sarà completata a breve. Ma, d’altro canto, si è proceduto ad una verifica puntuale con gli altri paesi, per cui consegneremo a tutti le aree previste in tempo utile. Aiuta anche il fatto che tutti i partecipanti stiano accettando di far realizzare a noi scavi e fondazioni per i loro padiglioni. E questo porta a un notevole vantaggio, in termini di tempi e organizzazione dei lavori. Quanto tempo occorrerà per la costruzione di ciascun padiglione? Mediamente, ogni paese impiegherà tre o quattro mesi per la costruzione e circa tre mesi per l’arredo interno. Suppongo che arriveranno tutti a finirlo quasi all’ultimo momento, ragionevolmente in marzo, per garantirsi poi un mese di tempo necessario a completare tutti i test. In totale, si tratterà mediamente di circa sette mesi. Cosa può dirci sulle adesioni ancora in bilico? C’è ancora la possibilità che aderiscano nuovi paesi. Ma, come Expo, stiamo lavorando soprattutto per non perdere quelli già presenti. Come è noto, infatti, vi sono realtà dove fattori politici, anche non necessariamente legati all’Esposizione universale o a conflitti con il nostro Paese, come le elezioni, possono condizionare la scelta. Anche Expo, insomma, nel suo piccolo, può avere un ruolo nelle battaglie politiche interne dei singoli stati. Questo vale in Turchia e in India, ad esempio. L’Argentina, invece, intende partecipare ma solo a patto che sia Expo a costruire il padiglione dedicato. In generale, avendo ormai assegnato oltre il 98% delle aree, non si tratta più di una questione di numero dei partecipanti, ma solo di tempi. Questo è il momento di costruire. E di comunicare. Anche per questa ragione è stata importante la visita al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Perché? Noi, come è ovvio, possiamo e dobbiamo fare comunicazione, ma ci aspettiamo e abbiamo bisogno che anche a livello istituzionale, come tra l’altro espresso anche da Napolitano, ci sia la volontà di comunicare l’essenza di Expo. La Russia e le controversie internazionali che ruotano intorno alla vicenda ucraina avranno qualche ripercussione sulla costruzione del padiglione del Paese? Non per quello russo, però potrebbero sorgere dei problemi rispetto alla costruzione del Padiglione ucraino, anche se non abbiamo ancora segnali in tal senso. L’EVENTO FORMAGGI & CONSUMI LANCIA UN SONDAGGIO ONLINE RIVOLTO AL SETTORE Questo il link, pubblicato sulla newsletter di Formaggi & Consumi, con il questionario, a cui hanno risposto 240 operatori del settore. Il sondaggio di FORMAGGI&Consumi. Expo 2015: un’opportunità per le aziende del settore agroalimentare? Proprio in vista del grande appuntamento di Expo 2015, Formaggi&Consumi ha proposto ai suoi lettori un sondaggio, per conoscere le opinioni dei protagonisti del settore, l’eventuale par tecipazione all’evento e i nodi ancora critici. Al sondaggio hanno riposto 240 operatori del settore. I risultati, piuttosto univoci, mostrano senza dubbio le aspettative degli operatori del mercato, anche dei più scettici, ma allo stesso tempo evidenziano ancora poca chiarezza circa costi e modalità di par tecipazione. In tema di doppio padiglione per le imprese italiane, come si può vedere, il giudizio espresso non è unanime. Il timore, sia in questo caso che rispetto alla questione della presenza dei consorzi di tutela, è quello di una frammentazione eccessiva della presenza italiana. Pesa, sicuramente, in questo giudizio, l’esperienza delle fiere in scena all’estero, dove in genere l’Italia riesce, meno di altri paesi, a costruire una par tecipazione organica e di for te impatto. “La presenza frammentata, in due o più aree, rischia di rendere poco visibile la presenza italiana, soprattutto nei confronti di altre collettive (Francia, Germania, etc.), che si presenteranno in pompa magna”, commenta uno dei par tecipanti all’indagine. Qualche preoccupazione anche in merito alle in- A vostro avviso, c’è chiarezza sui contenuti di Expo 2015? SI 1 88,46% NO 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 26,67% STAND PROPRIO 6,67% 20 30 40 50 60 70 80 90 5 20,00% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 7 10 20 30 40 50 60 70 E’ preoccupato per i presunti ritardi e le inchieste che ruotano intorno ad Expo? SI 30 40 50 60 70 90 80 90 100 4 37,50% 54,17% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 6 0,00% 11,54% 88,46% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 8 100 68,00% 32,00% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Cosa pensa degli spazi concessi a Eataly e Slow Food? Saranno un’ottima vetrina per il made in Italy 32,00% 20 80 9 68,00% NO 100 A suo avviso, come dovrebbero presentarsi i consorzi di tutela di Dop e Igp? Ciascuno in modo distinto per rimarcare le proprie peculiarità 58,33% 0 90 Insieme per accrescere la visibilità 41,67% Rischia di frammentare la presenza italiana 80 100 Cosa pensate della possibilità di dedicare all’agroalimentare italiano due diversi padiglioni? E’ una buona soluzione 70 C’è stata una adeguata comunicazione sulle modalità di partecipazione? No, siamo ancora in attesa di informazioni chiare 40,00% Per nulla 60 8,33% Si, ma sono arrivate in maniera poco organica 28,00% Poco 50 Come giudicate i costi per la partecipazione a Expo? Si, le comunicazioni sono state puntuali 12,00% Abbastanza 40 100 A vostro avviso l’Expo così concepita valorizza davvero l’agroalimentare italiano? Molto 30 Non ancora perfettamente definiti 66,67% 10 20 TOPPO ALTI INIZIATIVE COLLEG. 0 10 PROPORZIONATI ALLA VISIBILITA’ 6,67% ALTRO 42,31% 0 3 CLUSTER 10 2 57,69% NO In che modo? 0 La vostra azienda o consorzio intende partecipare a Expo? SI 11,54% 0 chieste che in queste settimane hanno coinvolto Expo 2015 e ai tempi di realizzazione. “Siamo in Italia. Sarei inquieto se tutto fosse stato regolare e lineare”, è uno dei commenti. Infine, sembra poco apprezzata la scelta di affidare a Eataly e Slow Food spazi consistenti dell’esposizione universale. Commenta, in merito, uno dei par tecipanti al sondaggio: “Rappresentano entità ed interessi di par te; mentre le istituzioni che rappresentano il made in Italy alimentare devono avere un solo (massimo due) grandi spazi di riferimento e visibilità, all’interno dei quali inserire i prodotti (con un ricarico minimo per i singoli soggetti o consorzi)”. 10 12,50% Sono eccessivi rispetto allo spazio dedicato all’intera filiera italiana 87,50% 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 41 Maggio 2014 Il lattiero caseario e i mercati emergenti L’edizione 2014 del Dairy Forum Clal in scena a Bardolino (Vr) il 30 maggio. Con ospiti provenienti anche da India e Usa. Confermata la presenza di Francesco Pugliese di Conad e Paolo De Castro. Ecco, in anteprima, gli andamenti per India, Corea del Sud, Marocco, Turchia, Malesia, Singapore, Indonesia e Thailandia. 42 C’è grande attesa per la quarta edizione del Dairy Forum organizzato da Clal.it. Sarà ancora una volta la cittadina di Bardolino, in provincia di Verona, ad ospitare, all’Hotel Caesius, l’appuntamento annuale dedicato ai manager e ai rappresentanti istituzionali del settore lattiero caseario. Per quest’anno, i lavori analizzeranno in modo particolare le opportunità di export sui mercati mondiali, quali ad esempio la Cina, la Russia, i Paesi Asean, il Nord Africa e il Medio Oriente. Senza dimenticare le insidie che potrebbero arrivare dall’India, grande produttore di latte e quarto player mondiale nelle esportazioni di polvere di latte scremato (Smp). Per questa ragione, al Forum sarà presente Rupinder Singh Sodhi, Ceo di Amul, la più grande cooperativa lattiero casearia indiana e Liu Yan, Vp di Mengniu Dairy Group. Il nutrito parterre degli ospiti vedrà poi la partecipazione di Paolo De Castro, presidente uscente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo; Michael Griffin, senior policy officer Fao, che analizzerà i mercati Asean; Charles Piszczor del Cme Group di Chicago, che interverrà sul tema dei futures come arma di difesa contro la volatilità dei prezzi; Francesco Biella di Iri, che si concentrerà sui consumi di formaggi in Europa e, infine, Francesco Pugliese, direttore generale dell’insegna Conad. Tema principale del dibattito, saranno i paesi cosiddetti emergenti e tutti quei mercati che, sempre più, stanno acquisendo importanza nel settore lattiero caseario. A cominciare da quello indiano. L’India Quarto player mondiale, l’India è da tempo al centro dell’attenzione del settore, nonostante una legislazione che limita le possibilità di operare per le aziende estere. Ma oggi, quello indiano è anche un paese che fa paura agli storici player, in virtù della capacità produttiva e del suo ingresso in alcuni mercati storici, come quello del burro. Nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2013, le esportazioni di prodotti lattiero caseari sono cresciute del 225,31%. La parte del leone, dal punto di vista dei volumi, è rappresentata dall’Smp, seguita da burro e Wmp. Nel caso della sola polvere di latte scremato (Smp), le esportazioni, a gennaio 2014, sono cresciute del 91,2%. Nel caso del burro, sempre a gennaio 2014, la crescita è pari al 18,86%, con un incremento relativo anche all’Ue-28. La Corea del Sud Grande attenzione anche alla Corea del Sud, mercato che appare in crescita costante dal 2010 e che, nel 2013, ha fatto segnare, a volume, un incremento complessivo dell’import dei formaggi pari al 9,75%. Stati Uniti e Nuova Zelanda i principali paesi fornitori, anche se la Ue comincia a fare il suo ingresso, in particolare la Germania. Il Marocco Buone anche le performance del paese africano, che nel periodo compreso tra gennaio e novembre dello scorso anno ha fatto segnare una crescita dell’importazione di formaggi, prima di tutto dagli Stati Uniti, del 9,28%. Seguono poi Francia e Olanda, che nel 2013 hanno veicolato in Marocco rispettivamente 2.454mila e 1.784mila tonnellate di formaggi. La Turchia In costante crescita dal 2011 anche le importazioni di formaggi in Turchia, che nel 2013 hanno chiuso con un incremento del 7,53%. Anche l’Italia presidia questo mercato, con una quota che appare però in leggero calo rispetto al 2012. Malesia, Singapore, Indonesia e Thailandia I quattro paesi dell’area Asean presentano un quadro diversificato. Per quanto riguarda la Malesia e la Thailandia, il 2013 appare in controtendenza rispetto agli altri due, con cali delle importazioni complessive di prodotti lattiero caseari del 4,72% nel caso della Thailandia e del 7,15% in Malesia. A fare le spese di questo andamento, sono in particolare le polveri, soprattutto la Wmp, in calo in entrambi i paesi. Quadro diametralmente opposto a Singapore e Indonesia, entrambe in crescita. Per ciò che riguarda Singapore, si registra tuttavia un calo della Smp, compensato dalla crescita di Wmp e formaggi. Infine l’Indonesia, che chiude lo scorso anno con un incremento delle importazioni pari a 6,89%. In crescita, in questo caso, sia le polveri, Smp e Wmp, che burro e formaggi. Nel complesso, le importazioni hanno sfiorato quota 250mila tonnellate. Alice Realini Gli interventi IN AGENDA • Emanuele Balliana, produttore Latte Arborea Gestione dell’allevamento bovino da latte in Sardegna • Professor Holger D.Thiele, University of applied science Kiel and Ife (Institute of food economics Kiel) Il mercato lattiero caseario nel mondo e in Europa • Charles Piszczor - director commodity research and product development Cme Group (Chicago, Illinois) I futures in Europa e in Italia • Michael Griffin, senior policy officer Fao (Food and agriculture organization) Il mercato lattiero caseario nei paesi in via di sviluppo • Rupinder Singh Sodhi, managing director at Gujarat Cooperative milk marketing federation Ltd., Anand (Amul, India) Il mercato lattiero caseario in India e la strategia di Amul • Ms. Liu Yan - VP of Mengniu Dairy Group Il mercato lattiero-caseario in Cina e la strategia di Mengniu Dairy • Paolo De Castro, presidente Commissione agricoltura Parlamento europeo La nuova Pac e la volatilità dei prezzi • Francesco Biella, Iri I consumi di formaggi in Europa • Francesco Pugliese, direttore generale Conad Scegliere certezze Moderatore: Sebastiano Barisoni - Radio 24, Il Sole 24 Ore Paolo De Castro Francesco Pugliese scenari INDIA Export mensile di SMP Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro) - Export complessivo (La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente) 20.000 250 HS. 040210 - SMP HS. 040221 + 040229 WMP HS. 0405 - Burro Resto del mondo Malaysia 100 1.200 +73.460,0% 2.030 10.000 8.000 2.886 +65.428,6% +186,832,7% +1.186,1% +342.361,2% 989 2.629 3.218 1.416 4.000 +217,13% 6.546 6.465 0 Feb’13 Gen’13 Elaborazione CLAL su dati GTIS Mar’13 +34,42% 18 0 Gen-Dic 2009 Elaborazione CLAL su dati GTIS Gen-Dic 2010 2.000 -53,98% 37 Gen-Dic 2011 Gen-Dic 2012 Gen-Dic 2013 0405 Burro - Export totale paesi selezionati Australia Bielorussia Altri India Nuova Zelanda Stati Uniti Ucraina UE_28 12.234 9.271 13.870 1.302 1.485 5.930 5.871 5.918 6.150 6.115 Mag’13 Giu’13 Lug’13 Ago’13 Set’13 43.404 46.191 54.320 35.895 Resto del mondo Apr’13 Singapore Emirati Arabi Ott’13 4.929 4.805 Nov’13 Dic’13 6.015 Gen’14 Tanzania Nepal Kuwait 221 +5,1% 600 -12,0% 3.926 Gen 2011 3.616 5.233 4.465 3.927 Gen 2012 Gen 2013 Gen 2014 200 0 +54,4% -6,8% 363 158 196 Gen’13 Elaborazione CLAL su dati GTIS +18,1% 204 1.094 -37,3% 231 Elaborazione CLAL su dati GTIS 3.867 +168,1% 800 400 Gen 2010 1.895 1.428 7.183 1.200 tonnellate tonnellate 52.922 20.000 0 1.539 5.452 4.922 1.000 11.638 4.323 4.351 2.066 10.655 60.000 10.000 +11,3% 1.667 1.805 1.400 80.000 30.000 1.758 +62,2% (La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente) 90.000 50.000 1.380 1.460 1.225 1.051 3.861 1.600 Argentina +79,5% 1.375 Export mensile di burro (Esportatori UE-28,AR,AU, BY, CA, CN, IN, JP, MX, PH, NZ, RU, SG, CH,TH, UA, US) 100.000 +96,9% +230,5% 2.556 129 15 3.279 2.665 6.000 50 +91,2% 1.075 1.176 +15.784,5% 12.000 tonnellate +225,31% 150 40.000 Yemen +82,9% 14.000 70.000 Syria 16.000 200 (‘000) tonnellate Egitto Bangladesh 18.000 +88,1% 150 307 625 500 +19,7% 128 117 120 200 Apr’13 Mag’13 Giu’13 222 +43,3% Lug’13 229 164 Ago’13 Set’13 +55% 94 231 212 395 234 Mar’13 +14,9% 333 350 Feb’13 -0,9% 252 287 206 Ott’13 Nov’13 194 Dic’13 Gen’14 segue 43 Maggio 2014 corea del sud Prodotti lattiero caseari (Formaggi) - Import complessivo 140 Principali paesi fornitori di formaggio 100.000 HS. 0406 - Formaggi Stati Uniti Nuova Zelanda Australia Germania 90.000 120 80.000 70.000 100 80 +1,68% +25,01% +24,36% 60 76 40 60 49 20 23.883 +41,29% 50.000 40.000 Gen - Dic 2009 Elaborazione CLAL su dati GTIS Gen - Dic 2010 Gen - Dic 2011 Gen - Dic 2012 20.000 18.206 10.000 11.322 32.472 31.877 Gen - Dic 2011 Gen - Dic 2012 16.649 42.530 18.517 9.102 Gen - Dic 2008 Gen - Dic 2013 23.908 19.305 0 0 20.582 -10,61% 30.000 85 77 +6,45% +32,77% 60.000 +9,75% tonnellate (‘000) tonnellate +12,31% Gen - Dic 2009 Gen - Dic 2010 Gen - Dic 2013 Elaborazione CLAL su dati GTIS indonesia Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo 400 350 HS. 040210 - SMP HS. 04221 + 040229 - WMP HS. 0405 - Burro HS. 0406 - Formaggi 300 (‘000) tonnellate 250 +2,48% +10,96% +13,25% 200 22 67 61 132 127 136 Gen-Dic 2010 Gen-Dic 2011 Gen-Dic 2012 42 150 +6,89% 50 50 100 103 50 0 Gen-Dic 2009 154 Gen-Dic 2013 Elaborazione CLAL su dati GTIS marocco Principali paesi fornitori di formaggio Import mensile di formaggio (La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente) 2.000 14.000 Stati Uniti Francia Olanda 12.000 +9,28% +13,49% +29,21% 6.000 1.501 -16,83% 1.784 2.422 2.454 1.738 3.073 2.006 3.541 4.207 Gen-Nov 2008 Gen-Nov 2009 Gen-Nov 2010 Gen-Nov 2011 Gen-Nov 2012 Gen-Nov 2013 Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo HS. 040210 - SMP HS. 04221 + 040229 - WMP HS. 0405 - Burro HS. 0406 - Formaggi 140 +10,03% +1,69% 12 11 31 32 36 59 64 62 59 Gen-Dic 2010 Gen-Dic 2011 Gen-Dic 2012 Gen-Dic 2013 120 +23,17% (‘000) tonnellate 200 0 thailandia 100 80 60 -4,72% 12 32 23 40 50 20 Gen-Dic 2009 Elaborazione CLAL su dati GTIS 44 800 600 Elaborazione CLAL su dati GTIS 0 1.000 400 1.428 1.384 2.284 160 1.200 1.324 1.956 2.000 1.565 1.458 1.882 1.910 2.248 4.000 1.490 1.400 (‘000) tonnellate Tonnellate +17,89% 8.000 180 Stati Uniti Francia Olanda Nuova Zelanda Tunisia +139,7% 97 1.600 10.000 0 Resto del mondo 1.800 Nuova Zelanda 252 +7% 163 +69,3% +73,3% +6,9% 205 237 135 179 -14,9% 124 +0,9% 96 -26% 107 134 173 282 153 151 140 178 112 661 303 297 369 531 397 436 96 99 386 261 227 158 158 153 177 +42,6% +63,2% +37,6% 196 +160,3% -4,1% 104 291 +82,3% 119 241 340 +19% 130 104 -33,9% 168 164 312 145 285 142 140 132 231 235 328 233 162 207 272 253 94 342 352 264 95 449 372 253 395 109 526 467 344 310 282 378 286 181 245 487 +80,9% 338 100 -23,5% +15,4% +1,4% 140 140 +29% +11% 139 198 318 278 334 -19,9% 209 280 223 216 199 221 175 564 240 454 694 280 249 452 433 236 285 430 291 209 270 116 111 Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 13 13 13 13 13 13 13 13 13 Elaborazione CLAL su dati GTIS Ott Nov 13 13 SCENARI singapore malesia Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo 250 250 HS. 040210 - SMP HS. 04221 + 040229 - WMP HS. 0405 - Burro HS. 0406 - Formaggi 200 (‘000) tonnellate 7,57% 150 -0,34% 23 20 100 24 82 73 -2,96% 23 25 81 +5,47% +8,97% 150 +1,65% 100 61 Gen-Dic 2009 60 Gen-Dic 2010 59 Gen-Dic 2011 -7,15% 15 16 29 14 19 29 24 87 95 104 84 101 Gen-Dic 2009 Gen-Dic 2010 Gen-Dic 2011 Gen-Dic 2012 Gen-Dic 2013 50 61 28 14 89 74 50 0 HS. 040210 - SMP HS. 04221 + 040229 - WMP HS. 0405 - Burro HS. 0406 - Formaggi +10,45% 200 (‘000) tonnellate 300 54 Gen-Dic 2012 Gen-Dic 2013 Elaborazione CLAL su dati GTIS 0 Elaborazione CLAL su dati GTIS turchia Principali paesi fornitori di formaggio 9.000 Turk. Rep. of Cyprus Irlanda Stati Uniti Italia 8.000 7.000 +7,53% +16,49% Tonnellate 6.000 +24,79% 5.000 +110,42% -13,28% 4.000 1.001 2.000 3.033 1.000 0 1.641 1.203 1.113 3.000 1.382 2.020 Gen-Nov 2008 Elaborazione CLAL su dati GTIS 2.447 3.157 3.681 3.918 fine Gen-Nov 2009 Gen-Nov 2010 Gen-Nov 2011 Gen-Nov 2012 Gen-Nov 2013 45 focus ON Maggio 2014 Il labirinto burocratico: un ostacolo per le imprese Contratti da stilare, documenti da firmare, moduli da compilare: per il 40% delle piccole e medie industrie sono inutili formalità. Che comportano un notevole dispendio economico e una rilevante perdita di tempo. L’ultima grande manifestazione contro burocrazia e fisco risale allo scorso 18 febbraio. Organizzata dalle cinque associazioni che compongono Rete Imprese Italia (Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti), ha raccolto in piazza del Popolo a Roma più di 50mila partecipanti, tra imprenditori, artigiani e commercianti provenienti da tutto il Paese. Obiettivo principale: esprimere il profondo disagio dovuto alle condizioni sempre più difficili in cui le aziende sono costrette a operare e, soprattutto, chiedere al governo interventi concreti per il rilancio dell’imprenditoria. Priorità assolute, secondo il presidente e portavoce Marco Venturi, sono la riduzione della pressione fiscale (che ha raggiunto il livello record del 54%) e, non meno importante, la sburocratizzazione (ogni anno, alle piccole e medie imprese, la burocrazia costa 30 miliardi di euro). Da parte sua, il nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha sempre sostenuto la necessità di semplificare e alleggerire il carico burocratico, ma questa rimane, senza ombra di dubbio, una battaglia difficile. Il comunicato stampa diffuso il 12 marzo dal consiglio dei ministri, elenca alcuni provvedimenti a favore delle aziende, come la riduzione dei costi Inail, la diminuzione del 10% dell’Irap e agevolazioni del 10% sul costo dell’energia. Ma a livello burocratico, per ora, gli unici punti affrontati sono la smaterializzazione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva) e la semplificazione della contrattualistica per i rapporti di lavoro. Una ricerca relativa al condizionamento che la burocrazia esercita sulle piccole e medie imprese in Italia è stata commissionata a Ipsos Public Affairs (società specializzata in sondaggi) proprio dal Cna. Pubblicata nel mese di dicembre 2013, offre interessanti spunti sull’argomento. La rilevazione dei dati è avvenuta nel periodo tra l’8 e il 29 ottobre 2013. E’ stato interpellato telefonicamente un campione di 200 persone, tra lavoratori autonomi e imprenditori della Pmi (aziende fino a 50 dipendenti. Ma la maggior parte delle realtà contattate, il 40%, conta un massimo di due addetti). Il campione è composto da attività nel settore manifattura/produzione (67%) e nei servizi (33%). Dal sondaggio emerge che la principale conseguenza negativa che la burocrazia produce è la perdita di tempo (42%). Le pratiche burocratiche, lunghe e farraginose, sottraggono infatti al titolare una media di 45 giorni l’anno, che si somma alla media di 28 giorni l’anno per i dipendenti. Questo aspetto, a detta degli operatori, provoca un ulteriore e grave effetto; quello di limitare la capacità di innovazione e crescita delle attività. L’area burocratica più complessa risulta essere il fisco (64%), seguono poi le pratiche relative a sicurezza/ambiente e infine, paradossalmente, quelle legate al lavoro vero e proprio. Oltretutto, queste ultime, sono ritenute di chiara utilità, mentre le pratiche legate a fisco e ambiente/ sicurezza (in primis) vengono maggiormente percepite come inutili formalità. Oltre al tempo sottratto al lavoro, un altro elemento che le aziende considerano inaccettabile sono gli oneri da sostenere a causa della burocrazia. E ci si riferisce non solo ai costi delle pratiche in sé (che nel 32% dei casi appaiono attribuiti indebitamente all’impresa), ma anche alle spese legate all’esigenza, quasi obbligata, di affidarsi a professionisti esterni che se ne occupino (il 98% degli imprenditori si avvale, almeno in parte, di un supporto a pagamento). Questi dati bastano a dimostrare come, per le aziende, la burocrazia rappresenti un motivo di preoccupazione, un antagonista che sottrae tempo prezioso a imprenditori e dipendenti, consuma i fatturati, ostacola gli investimenti e, limitando innovazione e progresso, riduce la competitività delle imprese italiane nel mercato globale. Irene Galimberti Spese addizionali Il peso della burocrazia Completamente in disaccordo (voti 1-3) Abbastanza in disaccordo (voti 4-5) Abbastanza d’accordo (voti 6-7) Completamente d’accordo (voti 8-9) Negli ultimi anni ci sono meno adempimenti burocratici La maggior parte degli oneri burocratici sono utili per il controllo dell’attività Gli adempimenti burocratici sono oggi più semplici perchè automatizzati 1 2 3 89 69 28 22 9 -38 24 25 11 -28 41 40 20 7 -78 Base totale rispondenti (200) Problematicità Il campione indica l’aspetto più problematico tra quelli elencati aspetto più problematico in assoluto % 46 Totale citazioni Quanto le aziende si affidano a un supporto esterno (a pagamento) per l’adempimento delle pratiche burocratiche Prima citazione Impatto negativo sull’attività perchè richiede tempo Imprenditore 56+ anni: 18% 25 19 Il numero delle informazioni richiesto è eccessivo 17 Complessità degli adempimenti/difficoltà a comprenderli 15 Stessa informazione più volte 9 14 La complessità espone l’impresa ad un alto rischio di errore e a sanzioni 9 14 Grande difficoltà a trovare le informazioni richieste 8 11 Sono un costo 4 Contratti di appalto: 30%; lavorano in cantiere 25%; fatturato <250.000 euro: 24% 19 Imprese nei servizi: 21% 16 8 % Sì, completamente 2 21 No Sì, in parte 5 34 98% 95% Contratti di appalto: 23% fatturato >250.000 euro: 20% 77 Fino a 2 addetti: 17%; fatturato < 250.000 euro: 16% Imprenditore 56+ anni: 17%; fatturato <250.000 euro: 12% 3-9 addetti: 16%; fatturato >250.000 euro: 12% Limite alle possibilità di innovare/crescere 3 7 Adempimenti fiscali 4 5 Lavorano in cantiere: 17% Interfacciarsi con gli enti 3 5 Lavorano in un cantiere: 17% Continui cambiamenti della normativa/leggi 34 Base totale rispondenti (200) ricorso al supporto esterno per l’assolvimento delle pratiche burocratiche nell’area... 4% NON SA/NON RISPONDE Totale pratiche 27 29 44 10+ addetti: 9% 61 Fisco 79% per imprenditori che la indicano come area più gravosa Fonte: Ipsos 25 73% Ambiente e sicurezza 3% NESSUNO 22 53 Lavoro 78% Base totale rispondenti (200) % Accordo-disacordo Il campione intervistato ha assegnato un voto per esprimere l’accordo/disaccordo relativo a tre affermazioni guida buyer Maggio 2014 speciale BURRO “ Giovannino Perdigiorno, gran viaggiatore e famoso esploratore, capitò una volta nel paese degli uomini di burro. A stare al sole si squagliavano, dovevano vivere sempre al fresco, e abitavano in una città dove al posto delle case c’erano tanti frigoriferi. Giovannino passava per le strade e li vedeva affacciati ai finestrini dei loro frigoriferi, con una borsa di ghiaccio in testa. Sullo sportello di ogni frigorifero c’era un telefono per parlare con l’inquilino. Pronto. Pronto. Chi parla? Sono il re degli uomini di burro. Tutta panna di prima qualità. Latte di mucca svizzera. Ha guardato bene il mio frigorifero? Perbacco è d’oro massiccio. Ma non uscite mai di lì? D’inverno, se fa abbastanza freddo, in un’automobile di ghiaccio. E se per caso il sole sbuca d’improvviso dalle nuvole mentre la Vostra Maestà fa la sua passeggiatina? Non può, non è permesso. Lo farei mettere in prigione dai miei soldati. Bum - disse Giovannino. E se ne andò in un altro paese. Gianni Rodari, Gli uomini di burro ” Le aziende, i prodotti, la distribuzione, l’andamento del mercato secondo i dati Iri. Referenze e vendite in crescita, che superano i 38 milioni di tonnellate di prodotto. Formati in calo. In aumento le vendite a valore del 2,7% e la private label (33%). Analizzando le vendite per ripartizione territoriale, risulta evidente una concentrazione nelle regioni del Nord Italia. Considerando il sell out nei canali di vendita, i supermercati detengono la leadership con un totale che supera i 27 milioni di tonnellate. segue 47 guida buyer - speciale burro Maggio 2014 Un mercato da… spalmare Referenze e vendite in crescita, che superano i 38 milioni di tonnellate di prodotto. Formati in calo. In aumento le vendite a valore del 2,7% e la private label (33%). Fotografia del comparto e dei suoi produttori. Il mercato del burro, negli ultimi mesi, si è arricchito di molte novità di prodotto e mostra trend di mercato piuttosto evidenti, come quello della riduzione delle pezzature e dell’ingresso dei prodotti light e funzionali. Ma la parte del leone, dal punto di vista del sell in, resta sempre appannaggio del burro normale, che nell’anno terminante a gennaio 2014 (dati Iri - Totale Italia Iper+super+Lsp) ha registrato vendite a volume per oltre 38 milioni di tonnellate, con un calo anno su anno dello 0,4%. In crescita, invece, il dato a valore (+3,3%). Nel complesso, il mercato del burro ha registrato, a volume, una flessione dello 0,8%, con un dato in controtendenza a valore, dove chiude con un +2,7%. I primi tre produttori a valore, cioè Lactalis, Parmareggio e Prealpi, coprono il 16,2% del mercato (dati Iri). Analizzando i singoli comparti, se il burro salato, che sviluppa quantitativi piuttosto ridotti (circa 430mila tonnellate At gennaio 2014), chiude l’anno con un sostanziale pareggio dei volumi (+0,1%), burro leggero e altri tipi di burro registrano una significativa flessione, pari rispettivamente a -10,2% e -12%. Dato confermato anche a valore dove, a differenza degli altri tipi di burro, i cui prezzi registrano una crescita, il calo appare evidente (-10,7% per burro leggero, -5,6% per altri tipi di burro). Analizzando le vendite per ripartizione territoriale, risulta evidente come in Italia il business del burro si concentri ancora nelle regioni del Nord, che insieme rappresentano oltre la metà dei volumi veicolati, pari a più di 25 milioni di tonnellate. Quanto all’allocazione nei canali, invece, sono i supermercati il primo e più importante per le vendite di burro, con un totale che, sempre nell’anno terminante a gennaio 2014 (dati Iri) supera i 27 milioni di tonnellate. Ma anche il discount è sempre più fondamentale per le vendite di burro, una referenza che trova sempre più spazio e attenzione da parte di questo retailer. E che, grazie a politiche di prezzo aggressive ma costanti, attrae anche molti produttori. Di grande importante è anche la private label, che incide per ben il 33%. Infine i player esteri. Il mercato del burro, sempre vivace grazie anche agli stoccaggi privati e alla grande incidenza del canale industria, vede sempre crescente il valore dei concorrenti rappresentati non solo da mercati maturi, ma anche da quelli emergenti, come l’India. Alice Realini Dimensioni e trend del Mercato Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) At Gennaio 2014 Burro Burro Normale Burro Salato Burro Leggero Burro Altri Tipi Di Burro Allocazione nei Canali e nelle Aree At Gennaio 2014 Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) Nord-ovest Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) Nord-est Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) Centro + Sardegna Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) Sud Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) LSP Supermercati Ipermercati segue 48 250 grammi, poiché tradizionalmente è quello consumato nelle diverse occasioni da parte di tutta la famiglia. L’evoluzione delle abitudini alimentari ha certamente ridotto la quantità media di burro consumato, quindi i formati più piccoli sono oggi senza dubbio prediletti”. Per l’azienda si tratta di un business di grande importanza. Commenta Margherita Montanari: “Realizziamo con crema di latte e burro circa la metà del nostro fatturato. Lo scorso anno, quindi, circa 30 milioni di euro”. Dai prodotti ai canali di vendita. Nel caso della crema di latte, quello preponderante, per l’azienda di Sant’Ilario d’Enza, è l’industria. “Per quanto riguarda il burro ci rivolgiamo rispettivamente ad industria (29%), ingrosso (24%), Gdo (18%), ristorazione collettiva (16%) dettaglio tradizionale (13%)”. Ma qual è il rapporto con la Grande distribuzione, chiediamo a Montanari? “Le nostre referenze si posizionano nel canale Gdo come prodotti di fascia medio alta o premium, in quanto vantano specifiche caratteristiche distintive. Possiamo sicuramente implementare la nostra presenza nel canale Gdo, ma riteniamo che al momento il nostro prodotto sia adeguatamente valorizzato”. Per quanto riguarda il segmento burro, l’azienda nel 2012 ha lanciato il progetto ‘Burro Nobile’. “Si tratta di un prodotto senza lattosio, ottenuto da latte di bovine nutrite con alimenti ricchi di Cla (acido linoleico coniugato), naturalmente anticancerogeno, e Omega 3”, racconta Montanari. E anche per il 2014 l’azienda ha in serbo delle novità. “Crediamo nella lavorazione in purezza del latte proveniente da razze bovine del territorio, quindi nella valorizzazione dei prodotti da esse de- Vendite in Valore Var. % Vendite in Valore su Anno Precedente 2,7 3,3 5,1 -10,7 -5,6 -0,8 -0,4 0,1 -10,2 -12,0 312.342.143 293.463.054 5.022.045 12.470.018 1.387.026 Vendite in Volume Sales Location in Volume Vendite in Valore Sales Location in Valore 40.273.220 14.260.658 11.093.165 9.031.618 5.887.779 6.945.679 27.299.313 6.028.229 100,0 35,4 27,5 22,4 14,6 17,2 67,8 15,0 312.342.143 112.943.134 86.309.141 67.338.045 45.751.822 57.916.665 209.022.474 45.403.004 100,0 36,2 27,6 21,6 14,6 18,5 66,9 14,5 40.273.220 38.556.427 436.351 1.181.516 98.927 Fonte: Iri Montanari & Gruzza “La nostra gamma offre circa 15 marchi propri di burro. Considerando le diverse pezzature di ogni marchio, il nostro assortimento comprende circa 80 referenze”, esordisce così Margherita Montanari, responsabile marketing di Montanari & Gruzza, azienda di Sant’Ilario d’Enza (Re) specializzata nella produzione di burro e parmigiano reggiano. “Il nostro burro”, precisa Montanari, si distingue perché, non soltanto è italiano, ma viene prodotto con sola crema di latte raccolta nella zona nell’area di Parma e Reggio Emilia, con mezzi propri tutti i giorni per preservarne le proprietà e lavorarla fresca”. All’interno della gamma Montanari & Gruzza vi sono marchi di fascia premium, burro biologico, senza lattosio e ricco di Cla e Omega 3. “Il nostro burro vanta l’83% di materia grassa e ben cinque mesi di shelf life. Il punto di forza è in primis l’essere totalmente emiliano. La crema di latte impiegata, inoltre, è omogenea perché proveniente da caseifici accomunati dalla stessa lavorazione casearia e dallo stesso disciplinare, quello del parmigiano reggiano, il più rigoroso in Italia. Il prodotto è bianchissimo, aromatico e cremoso, dal gusto delicato”, precisa Montanari. Diversi i formati disponibili, dalla monoporzione per hotel da 10 grammi fino ai pani per l’industria da 25 Kg. All’interno di questo intervallo, si trovano molte pezzature: 62,5 grammi, 100 grammi, 125 grammi, 200 grammi e 250 grammi, sia classico che formato casalingo, 500 grammi, 1 e 5 Kg. Quanto al packaging, è disponibile l’incarto in alluminio o carta pergamena, ma anche la scatola di latta per il marchio premium. “Il formato più richiesto dal mercato nazionale è sicuramente il Vendite in Var. % Volume Vendite in Volume su Anno Precedente rivanti. In quest’ottica è stato realizzato un nuovo progetto che lanceremo quest’anno”. Le iniziative di Montanari & Gruzza vanno anche nella direzione di riabilitare il consumo del burro, dopo anni di cattiva informazione che ha allontanato alcuni consumatori. “Senza dubbio, si cerca di dotare il prodotto di caratteristiche salutistiche (biologico, senza lattosio o alleggerito in termini di grassi) per riabilitarlo al suo storico ruolo di alimento base nella nostra dieta, dopo una campagna discriminatoria sui grassi saturi, portata avanti a partire dagli anni 80 a favore dei grassi vegetali, che si sono invece poi rivelati veri nemici della nostra salute”. Per Margherita Montanari vi è però un tema che andrebbe regolamentato. “La mancanza di una normativa che obblighi il produttore a dichiarare in etichetta il tipo di panna utilizzata per produrre il burro (di centrifuga, d’affioramento o di siero) fa sì che tutte le referenze vengano considerate di medesima qualità, solo in virtù della denominazione burro. Questo ovviamente appiattisce l’offerta e svilisce taluni prodotti, ma soprattutto rende il burro una commodity: un mero ingrediente o un semplice grasso e il consumatore non comprende chiaramente i diversi posizionamenti prezzo all’interno dell’offerta sul mercato”. Infine l’estero, dove l’azienda presidia in particolare il canale degli importatori e distributori di specialità. “Esportiamo il nostro burro connotandolo dal punto di vista della sua origine: italiano, ma soprattutto emiliano. La sua lunga shelf life ci consente di veicolarlo anche sui mercati esteri senza alcun tipo di problema”. www.montanari-gruzza.it Fatturato 2013: 60 milioni di euro circa Trend rispetto al fatturato 2012: + 12% Certificazioni aziendali e di prodotto: Iso 9001:2008; Brc; Ifs; Bio Ccpb; Halal Iniziative di sostenibilità ambientale: In collaborazione con l’Università di Bologna, un progetto di progresso in ambito agronomico e zootecnico nell’alimentazione delle bovine, con alimenti ricchi di omega3 che migliorano il benessere dell’animale e la qualità dei prodotti che ne scaturiscono guida buyer - speciale burro Maggio 2014 Brazzale Un’incidenza del 30% sul fatturato dell’azienda, per un prodotto che da sempre appartiene alla tradizione casearia della famiglia Brazzale: il burro. Disponibile per il consumatore con i brand Burro delle Alpi, Paesanella, Alpilatte, Brazzale e Gran Moravia, questo prodotto, diretto anche al canale industria e al retail, è presente in assortimento in formati che vanno dai sei grammi della porzione hotel ai 25 chili per industria e ristorazione. Indirizzato al consumatore finale, in particolare, si trovano sul mercato le confezioni da 125, 250, 500 e 1.000 grammi. “Inoltre, realizziamo oltre 200 marchi per industria e Gd-Do, con un’incidenza della private label sul fatturato che supera il 60%”, precisa Gianni Brazzale, amministratore delegato dell’azienda. Proprio la gamma Burro delle Alpi è stata oggetto, alla fine del 2013, di una importante novità: il progetto Nutriclip. “Le Nutriclip di Burro delle Alpi”, racconta Gianni Brazzale, “sfruttando la tecnologia Qr code, disponibile sia per iPhone che per Android e Symbian, grazie al codice quadrettato presente su tutte le confezioni, consentono di accedere a brevi clip in cui il professor Pier Luigi Rossi, Medico Specialista in Scienza della Alimentazione, spiega in maniera chiara, semplice e completa tutte le qualità nutrizionali del burro, le sue caratteristiche, gli importanti benefici sulla salute e sul metabolismo”. Dalle novità, alle referenze. Il prodotto più performante della gamma, canale consumer, è la confezione da 250 grammi, disponibile per tutti i diversi brand. “Certamente, oggi, è sempre il tradizionale burro classico, da cucina, a registrare le migliori performance di vendita e ad incontrare la preferenza dei consumatori. Il consumatore sembra oggi meno condizionato dalle mode effimere e suggestive dei prodotti “vegetali” o “light” indotte da enormi investimenti pubblicitari che hanno cercato maliziosamente di screditare il burro e sottrargli fette di consumo. La verità delle cose sta riemergendo, e i medici per primi, come abbiamo dimostrato grazie alle Nutriclip, affermano che il burro è alimento insostituibile in un’alimentazione sana ed appetitosa, di gran lunga più sano dei suoi surrogati vegetali o sgrassati. Senza dubbio si sta assistendo da diverso tempo ad una importante riscoperta del burro, anche grazie a questa rivalutazione nutrizionale del suo valore e dell’importanza che questo alimento riviste nell’alimentazione quotidiana portata avanti dalla classe medica”. Quanto alla canalizzazione delle vendite, il 35% del burro Brazzale è diretto all’industria, il restante 65% al retail. “Nella Gd la parte del leone è rappresentata dal 250 grammi, seguito dal formato 125 grammi. Nel canale catering, invece, il prodotto più venduto è il 500 grammi. All’industria è destinato invece, in particolare, il formato da 1.000 grammi. Si tratta di una clientela, quella del canale industria, che richiede flessibilità e capacità di rispondere velocemente ad ogni particolare esigenza, due fattori sui quali riteniamo di essere molto competitivi e a cui, quindi, dedichiamo sempre molte risorse ed attenzione”. Dal punto di vista della politica prezzi e della pressione promozionale, Brazzale nota: “Senza dubbio, i discount hanno eroso grosse quote di mercato, anche nel burro. Si tratta di un canale in crescita, a discapito prima di tutto di iper e super. Che, per difendersi dalla concorrenza del discount, scelgono oggi di inserire nel loro assortimento anche burro di ‘primo prezzo’. Quanto alla Gd, inoltre, la pressione promozionale, anche per il burro, si mantiene su livelli piuttosto elevati”. L’azienda, per fronteggiare il complesso quadro di mercato, ha adottato una politica precisa: “La nostra strategia è stata quella di eliminare ogni tipo di offerta e veicolare il burro di nostra produzione a un prezzo basso e costante”. Non mancano, anche nel burro, i trend che vedono la riduzione dei formati. “Dal punto di vista del sell in, negli ultimi anni ad imporsi è anche il mercato delle porzioni hotel. La nostra offerta in questo segmento è piuttosto ampia. Le porzioni sono da sei, otto e dieci grammi. E possono essere confezionate in blister, secondo le esigenze del cliente”. Una referenza molto importante anche sui mercati esteri che, con il burro, Brazzale presidia per un’incidenza che supera il 30% Consorzio Latterie Virgilio Il Consorzio mantovano Virgilio, che raggruppa cooperative produttrici di formaggio grana padano e parmigiano reggiano, tra la sua ampia gamma di prodotti anche referenze dedicate al comparto burro, che si intrecciano proprio con le origini del Consorzio. La storia Virgilio, infatti, comincia negli anni Sessanta come Consorzio Latterie Sociali Mantovane. In questi primi anni il Consorzio si occupa in particolare della produzione di burro e creme fresche., tanto da guadagnarsi il nome: “la Cremeria”. Ancora oggi, core business Virgilio è la lavorazione delle creme d’affioramento derivanti dalla produzione di grana padano e parmigiano reggiano per ottenere burro, oltre a panna Uht e mascarpone. “La missione del consorzio Virgilio è portare sulla tavola di milioni di consumatori un prodotto italiano di altissima qualità, garantito da una filiera di produzione controllata e certificata, prodotto con le più moderne tecnologie nel rispetto della tradizione”, fanno sapere dall’azienda. Dalla storia, ai prodotti. Il burro è protagonista dell’assortimento dell’azienda. A Marchio: Virgilio Data di nascita: 1966 Soci conferitori: 70 Certificazioni: Ifs (International featured standard); Gsfs ex Brc (Global standard for food safety); Dtp.019 per i prodotti della cremeria (attestazione di origine italiana) segue 50 marchio Virgilio, infatti, si trova sul mercato il Burro Virgilio con fermenti lattici. Questo prodotto è disponibile nei formati da 125, 250, 500 e 1.000 grammi. A cui si aggiunge la confezione da un chilo con all’interno otto panetti da 125 grammi. “La più antica produzione Virgilio è la Cremeria, che comprende in primis il burro 100% italiano, prodotto per affioramento della panna del nostro latte fresco, a cui ai aggiungono anche il mascarpone tipicamente lombardo, la panna da cucina e da montare completamente naturali, genuine e prive di additivi, e la besciamella”. Il burro Virgilio è caratterizzato dalla stessa grafica che connota le altre referenze del Consorzio mantovano, con in evidenza la dicitura “Italiano da sempre”. Attualmente Virgilio è un consorzio che vanta circa 70 soci, delle zone di Mantova, Brescia e Vicenza. Grazie alla sua posizione geografica, è l’unico Consorzio che riunisce conferenti sia di grana padano che di parmigiano reggiano. www.consorzio-virgilio.it del fatturato. A Gianni Brazzale, infine, chiediamo quali siano i plus del burro Brazzale. “Senza dubbio la qualità costante, l’attenzione alle materie prime e al prodotto. Frutto di una tradizione antica, di passione e del supporto delle più moderne tecnologie, infatti, il nostro Burro delle Alpi ha un sapore dolce, lieve e delicato e un aroma gradevole e caratteristico”. www.brazzale.com Fatturato 2012: 165 milioni di euro Fatturato 2013: 156 milioni di euro Marchi: Burro delle Alpi, Alpilatte, Brazzale, Gran Moravia, Paesanella Canalizzazione delle vendite: Industria 35% - retail 65% Export burro: 32% guida buyer - speciale burro Maggio 2014 Fattorie Fiandino Burro 1889 e Burro 1889 salato, nei formati da 100 e 200 grammi e in quello da 5 Kg per usi professionali. E’ questo l’assortimento di Fattorie Fiandino, che presidia da molti anni il segmento del burro. “Il nostro è un prodotto di alta gamma, realizzato per centrifuga ed in un’unica lavorazione, esclusivamente dal nostro latte, senza aggiunta di panne di siero”, esordisce Mario Fiandino, titolare dell’azienda insieme al cugino, Egidio Fiandino. “L’alta qualità del nostro latte, la lavorazione in giornata per centrifuga e le ‘panne riposate’ conferiscono al nostro burro caratteristiche di morbidezza, spalmabilità e delicatezza veramente uniche. La lavorazione in un’unica soluzione, senza rifusioni o passaggi intermedi, ci permette inoltre di offrire una shelf life di 120 giorni, senza alcuna aggiunta di conservanti”. Il burro rappresenta una voce di business importante per l’azienda di Villafalletto (Cn), che incide sul fatturato per circa il 10%. Il più performante, tra i formati in assortimento, è quello da 200 grammi, per Burro 1889, mentre nella versione salata è quello da 100 grammi. Ma qual è il target di consumatori di Burro 1889? “Non so se esiste un target definito “amanti delle cose buone”, perché proprio in questa particolare categoria di consumatori si trovano i nostri migliori e affezionati clienti”, risponde Fiandino. Anche i canali di vendita rispettano questa filosofia. “Botteghe di paese e gastronomie sono sicuramente quelli che prediligiamo, anche se la Gdo si sta rivelando sempre più attenta ai prodotti di qualità. E, quindi, al nostro Burro 1889”. Quanto alla distribuzione territoriale, invece, Burro 1889 è molto presente, in particolare, sugli scaffali del Nord est mentre è quasi del tutto assente nel Sud Italia. L’azienda presidia con questo prodotto anche i mercati esteri, in particolare Usa, Canada, Australia, Germania, Uk, Austria, Svizzera, Finlandia. Infine, a Mario Fiandino, chiediamo quali siano le nuove tendenze nel mercato del burro. “Nonostante il difficile momento economico notiamo che i prodotti di qualità ad un prezzo “corretto” (e in questa fascia inseriamo anche i formaggi delle Fattorie Fiandino) sembrano andare in controtendenza. Anche Burro 1889 gode di questa prerogativa che lo vede protagonista, spesso unico italiano, tra le più pregiate marche di Burro internazionali. Speriamo che la ripresa che tutti auspichiamo contribuisca a rafforzare e consolidare il mercato del burro di qualità”. www.fattoriefiandino.it Fatturato 2013: 12 milioni di euro Trend rispetto al fatturato 2012: stabile Certificazioni aziendali e di prodotto: Halal, Iso 9001:2008, Iso 14001:2004 sostenibilità ambientale, Iso 22000:2005 Iniziative di sostenibilità ambientale: Eliminazione di ogni particolare plastico “non riciclabile” laddove possibile, come ad esempio l’abolizione della plastificazione delle scatole, dando precedenza a carta, cartone e materiali riciclabili Inalpi Burro classico e chiarificato. Sono questi i due prodotti con cui Inalpi presidia il mercato del burro per i consumatori. Proprio le referenze destinate al consumatore finale sono di recente state oggetto di un restyling del packaging. “Abbiamo realizzato per questi prodotti il marchio Latterie Inalpi e dato maggior forza a uno dei plus principali delle referenze, cioè la filiera Inalpi, che garantisce l’utilizzo in fase di produzione di latte di provenienza 100% piemontese. Un risultato reso possibile dalla rete degli oltre 400 allevatori della regione, che ogni giorno conferiscono 500mila litri di latte crudo alla nostra azienda”, commenta Ambrogio Invernizzi, presidente dell’azienda. Questa nuova veste riguarda anche il burro classico e il burro chiarificato. Il burro classico Latterie Inalpi, che viene prodotto con panna di centrifuga da latte vaccino fresco proveniente da aziende agricole locali, è disponibile nel panetto da 250 e 1.000 grammi. Il burro chiarificato di panna fresca, sostanzialmente quasi del tutto privo di acqua e lattosio, è invece proposto nel panetto da 250 grammi. Infine, grazie al progetto della tracciabilità attivato da Inalpi, il consumatore può scoprire la provenienza del latte contenuto nel prodotto consultando la mappa multimediale Inalpitraccia sul sito www.inalpi.it. Digitando il numero di lotto riportato sul retro del panetto, con un Latteria Soresina segue 52 15 referenze, con confezione come la lattina, l’eco pack e il blister. E’ l’offerta a marchio di Latteria Soresina per il segmento del burro, storicamente presidiato dalla Cooperativa lombarda. Celebre per la caratteristica lattina gialla, già sul mercato sin dalla fine della seconda Guerra mondiale, Latteria Soresina è stata tra le prime aziende a confezionare burro in modo “automatico” in Italia. “Oggi Tutto il burro Soresina viene prodotto a partire da panne fresche ottenute per centrifugazione di latte, affioramento naturale o centrifugazione del siero entro 36 ore dalla mungitura”, racconta Gianluca Boschetti, direttore marketing dell’azienda. La gamma Latteria Soresina, nel dettaglio, comprende: tre referenze di burro in lattina, nella caratteristica confezione gialla, da 125, 250 e 500 grammi; due referenze di Burro della Latteria, nel formato 125 e 250 grammi; quattro referenze di burro Soresina Classico (125, 250, 500 e 1000 grammi), il burro Ecopack, con incarto compostabile, da 250 grammi, e due referenze di burro senza lattosio (125 e 250 grammi), che rappresentano una delle ultime novità dell’azienda. A questi si aggiungono il burro porzioni blister (12,5 grammi), quello porzioni hotel (8 grammi) e il burro Gourmet, dedicato a ristorazione e pasticceria, nel formato da 1.000 grammi. Per Latteria Soresina il burro rappresenta circa il 6,4% del fatturato. “Il burro in pani incide per il 2,5%, quello Gourmet l’1,9%, mentre il burro in scatola lo 0,6% e quello in porzioni lo 0,23%”, precisa Boschetti. Il prodotto più performante, per il consumatore finale, è il classico Soresina da 250 grammi. “Per ristorazione e pasticceria, invece, il burro Gourmet da 1.000 grammi, che è anche il formato più venduto in assoluto”. Dal punto di vista dei canali di vendita, il prodotto registra i volumi principali in Gdo. “Ma per Latteria Soresina è anche fondamentale presidiare canali come il tradizionale e l’Horeca, che valgono più del 30% del fatturato della nostra marca e che risultano in costante crescita”. Ma il burro, chiediamo a Boschetti, è un prodotto adeguatamente valorizzato dalla Gdo? “Se si pensa ad altri segmenti, si riscontra una profondità di assortimento elevata, con un peso delle private label non così importante e con notevoli variabilità di prezzo. Ciò significa che esiste una fascia preponderante di consumatori molto legata alla marca, che sa riconoscere i valori sensoriali, e più in generale quelli di prodotto, attribuendo al burro un valore aggiunto importante. Da questi punti di vista la Gdo offre sicuramente soddisfacenti prestazioni di servizio, mostrando buon interesse verso le innovazioni”. Infine, in merito alle difficoltà del comparto, Boschetti commenta: “Stiamo parlando di un mercato molto frazionato e di dimensioni tali da non permettere ad una singola marca di capitalizzare eventuali ed importanti investimenti in comunicazione. Tuttavia, sarebbe importante poter insegnare alle nuove generazioni la cultura del burro che da un punto di vista del contributo sensoriale ha capacità eccellenti. Trasferire gli importanti valori del burro anche a generazioni più giovani è, infartti, il primo nostro obiettivo”. www.latteriasoresina.it Fatturato 2013: oltre 325 milioni di euro Trend rispetto al fatturato 2012: +4,7 % Certificazioni aziendali e di prodotto: Iso 9001/2008; Iso 22005; Dtp 035 Csqa Filiera controllata; Brc; Ifs Iniziative di sostenibilità ambientale: proprio nel segmento burro Latteria Soresina è stata la prima a proporre un burro con incarto compostabile, che dopo l’utilizzo può essere smaltito nella frazione umida. Si tratta del burro Latteria Soresina denominato Ecopack, oggi disponibile nel formato da 250 grammi click è possibile visualizzare tutti gli elementi utili relativi alla materia prima: dati, immagini e video di presentazione delle stalle fornitrici del latte utilizzato per produrre il lotto in ricerca ed ulteriori informazioni riguardo la razza bovina prevalente, l’alimentazione e i valori medi di materia grassa e proteica del latte fornito. www.inalpi.it Fatturato 2013: 110 milioni di euro Marchi: Latterie Inalpi Certificazioni aziendali e di prodotto: Iso 9001:2008, Iso 14001:2004, Brc, Ifs, Fssc 22000, Sa 8000:2008, Kosher, Halal, certificazione aziendale provincia di Cuneo. Maggio 2014 guida buyer - speciale burro Parmareggio E’ un prodotto strategico per Parmareggio che, dal 2012, ha avviato un vero e proprio Progetto Burro. Ne parliamo con Maurizio Moscatelli, direttore commerciale dell’azienda. Quante referenze di burro comprende la vostra gamma? Da anni abbiamo in assortimento il Burro Parmareggio da 200 grammi, che è la nostra referenza principale presente sul mercato. Nel 2012 abbiamo avviato un vero e proprio Progetto Burro, concentrando importanti risorse aziendali nello sviluppo del Burro Parmareggio, che ci ha portato a creare una gamma più ampia che potesse soddisfare maggiormente i bisogni dei consumatori. Da aprile 2012 è stato lanciato il formato da 100 grammi, seguito dal formato da 400 grammi. Questi sono stati pensati per andare incontro alle esigenze attuali che, dato il persistere di condizioni economiche non favorevoli e i mutati comportamenti di consumo, fanno spostare la scelta del consumatore su prodotti con grammature ridotte e con battuta di cassa inferiore, oppure su formati che permettono un maggiore risparmio. Infatti il primo è stato pensato in una logica di servizio per chi ha un consumo basso e meno frequente di burro (soprattutto per un nucleo familiare con un unico componente). Il secondo invece per chi vuole unire qualità del prodotto ad un prezzo €/kg più conveniente, dovuto a una pezzatura più grande. I due nuovi formati si affiancano alle monoporzioni, un formato ideale per la prima colazione, per gli hotel e i bar, vendute in Horeca e in Gdo e ai formati da 500 grammi e da 1Kg realizzati per il canale professionale e per l’industria. Di quali tipologie di prodotti si tratta? Il burro è un mercato maturo e con scarsa innovazione. Parmareggio ha cercato di innovare puntando principalmente sulla prove- nienza della materia prima. Da sempre, i nostri caseifici producono due importanti prodotti: il parmigiano reggiano e le creme del latte. E’ proprio quest’ultima risorsa che abbiamo sviluppato. Abbiamo quindi raccolto le creme del latte dei caseifici di Modena, Parma e Reggio Emilia, già lavorate nel nostro burrificio, e abbiamo prodotto il Burro Parmareggio, dallo standard qualitativo elevato, dal sapore unico e dal gusto delicato e cremoso, finalizzando un business che avevamo già al nostro interno. Ed è sulla provenienza e su questi valori nutrizionali che abbiamo puntato come elemento innovativo e distintivo. Per differenziare il nostro burro dagli altri tradizionali. In un mercato dove l’arricchito e il light rappresentano soltanto dei piccoli segmenti. Qual è il formato più venduto? Le risorse che Parmareggio ha dedicato a fine 2012 e per tutto il 2013 hanno portato importanti incrementi del venduto sia a volume sia a valore. Nel 2013 le referenze a marchio Parmareggio hanno registrato un aumento del 122% a volume e del 144% a valore. Infatti ad oggi Parmareggio è leader di mercato con una quota a volume del 6,6%. In particolare, nella categoria burro la referenza più performante è il formato da 200 grammi, prodotto consolidato e presente da più tempo nella nostra gamma. Quest’anno abbiamo superato le 1.500 tonnellate di vendita, aggiudicandoci il primo posto come referenza più venduta nel canale Iper + Super (Fonte: AC Nielsen Scan Track Iper+Super - dati al 29/12/2013). Questi risultati sono stati ottenuti anche grazie alla campagna televisiva mandata in onda per la prima volta a novembre 2012 e riproposta nei primi mesi del 2014. Parmareggio è stata la prima azienda in Italia a realizzare una pubblicità su questa referenza, producendo lo spot “Parmareggio e la fonte della bontà”, con protagonisti i nostri Topolini Intenditori. Con che metodo sono realizzati i prodotti della vostra gamma? Il parmigiano viene realizzato con il latte intero della mungitura della mattina e con il latte scremato della mungitura della sera. Sono le panne provenienti da tale affioramento, ed esclusivamente queste, particolarmente naturali e pregiate, che vengono inviate dai caseifici allo stabilimento Parmareggio di Modena per la produzione di burro. Lo stretto contatto con i fornitori, consolidato negli anni, permette un accurato controllo fin dalle prime fasi della filiera produttiva, mentre controlli qualitativi attenti ed accurati durante le fasi di burrificazione e confezionamento nello stabilimento produttivo di Modena, permettono di mantenere sempre un alto livello di sicurezza e qualità alimentare. A quale target di consumatori si rivolgono i vostri prodotti? In generale, il responsabile d’acquisto di Parmareggio è rappresentato da donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, prevalentemente con figli conviventi (in sostanza le famiglie italiane). Per questo motivo Parmareggio ha sviluppato la propria strategia commerciale e di marketing non solo sul parmigiano reggiano, più adatto per un consumo adulto, ma anche su altri segmenti, come quello dei Formaggini e Fettine, format dedicato anche ai più piccini, e dei due nuovi prodotti Filoncino e lo SpalmaRÉ Parmareggio, senza dimenticare il burro. Si tratta di referenze innovative sia in termini di prodotto sia in termini di formati, che offrono un maggiore servizio al consumatore e permettono un uso più versatile in cucina del Re dei formaggi. Qual è il peso del comparto burro sul vo- stro fatturato? Il Burro Parmareggio incide per circa il 15% sul fatturato aziendale. A quali canali di vendita sono rivolte le vostre referenze? I canali dove principalmente viene venduto il Burro Parmareggio sono i Super per il 42,2% e gli Iper per il 41,5%. Il restante viene suddiviso fra Liberi Servizi e Traditional Grocery, oltre all’Industria con i formati da 500 e 1000 grammi. Si tratta di un prodotto adeguatamente valorizzato dalla Gdo? Sicuramente il marketing del burro, complice la crisi che ha fatto riscoprire la colazione “in casa”, ha avuto degli andamenti positivi ed anche la Gdo sta riadottando e valorizzando maggiormente tutta la categoria. Quali le nuove tendenze nel mercato del burro? Qualche soddisfazione per il futuro potrebbe arrivare da alcune nicchie come il delattosato, il salato e altro ancora. Ma, a nostro parere, soprattutto da un burro “Gastronomia” di alta qualità. Infine l’estero. Esportate queste referenze? In quali formati e in quali paesi? Il Burro Parmareggio nasce per il mercato interno e per il momento non prevediamo particolari strategie di sviluppo estero. www.parmareggio.it Fatturato 2013 del Gruppo: 251 milioni di euro Certificazioni aziendali e di prodotto: N.CEE: IT 0876 CE, IT 08137 CE, IT 08 50 CE (burro) Certificazioni: Brc, Ifs, Dtp 019 (certificazione di italianità per il prodotto burro), Biologico (Ccpb), Sqms (McDonald’s), Islo 9001, Iso 14001, Ohsas18001, Haccp Un 10854 Iniziative di sostenibilità ambientale: durante la ristrutturazione degli impianti di processo e di servizio, sono stati realizzati interventi finalizzati a contenere e ridurre i consumi d’energia, che hanno determinato un evidente risparmio. In particolare, la stima delle emissioni d’anidride carbonica evitate è di -444,1 ton/anno Meggle fine 54 Ricca la gamma di burro prodotta da Meggle. Un’offerta che comprende numerose referenze: dall’originale tedesco di alta qualità Fiore Bavarese, il più venduto a marchio Meggle, alla referenza premium Alpenbutter, classico o leggermente salato, il rinomato burro dalle regioni alpine. Si passa poi alle specialità di burro alle erbe e con tartufo, entrambi ottenuti con l’utilizzo di ingredienti puri, erbe aromatiche fresche e scaglie di tartufo nero dell’Umbria, uniti al burro di alta qualità Meggle. L’ultimo arrivato è invece il burro leggero Butterfly senza lattosio, il prodotto più performante della gamma, ad appena un anno dal lancio sul mercato. È unico nel suo genere in quanto combina la leggerezza (50% grassi in meno rispetto al burro tradizionale) con l’assenza di lattosio e glutine, perfetta risposta a queste intolleranze e alle richieste del segmento benessere, pur assicurando un gusto ricco derivato esclusivamente dal latte, senza aggiunta di componenti vegetali. Nella gamma Meggle si trovano anche diversi formati: dal porzionato 10 grammi x12 ad alto valore di servizio, all’80 grammi in vasetto di vetro, 125 e 250 grammi, anche in rotolo. La gamma si estende inoltre ai formati professionali, in rotolo, pani e foodservice monoporzionato in vaschetta o stagnola. La garanzia di qualità di alcune delle referenze più vendute è fornita dalla lavorazione tipica tedesca: esclusivamente da centrifuga e dalla prima panna del latte. Ciò conferisce al burro Meggle estrema spalmabilità, sapore ricco e intenso di latte, colore giallo paglierino e ottima resa nella lavorazione. Il lungo processo di lavorazione mantiene inoltre intatte le principali proprietà nutritive che fanno del burro un elemento così prezioso, in particolare se consumato a crudo. www.meggle.it Siti di produzione: Germania e altre località in Europa Dipendenti Meggle Italia: 15 presso la sede di Verona Totale dipendenti Gruppo: 2.500 Fatturato 2013: 21,3 milioni di euro Trend: +6,2% sul 2012 Marchi: Meggle, SalzburgerMilch (prodotti dalla cooperativa austriaca Alpenmilch di Salisburgo) RETAIL Maggio 2014 Amazon Fresh, la spesa a portata di click Il colosso delle vendite online apre le porte ai beni alimentari. Inizialmente disponibile solo nell’area di Seattle, il servizio si è ampliato a Los Angeles e San Francisco. E potrebbe presto sbarcare anche in Europa. 56 Agli albori della diffusione su scala globale di Internet, gli statunitensi sono stati tra i primi a intuirne le potenzialità commerciali. Se la rivoluzione in termini di facilità di comunicazione da un capo all’altro del mondo era stata ben compresa da tutti, negli Stati Uniti si è presto intuito il grande potere commerciale del world wide web, e si è assistito a una vera e propria proliferazione di siti di ecommerce. Certo, versioni estremamente primitive rispetto a cui siamo abituati al giorno d’oggi, ma pur sempre l’inizio di un business che avrebbe gonfiato le tasche di molti pionieri nel settore. Sebbene il campo alimentare non sia, per natura, particolarmente adatto all’acquisto sul web – molti di noi desiderano vedere in prima persona le caratteristiche fisiche di qualcosa che poi mangeremo, e spesso siamo restii ad acquistare a scatola chiusa – sin dalla fine degli anni 90 c’è chi ha investito in questo ambito, con più o meno fortuna. Adesso anche Amazon, il sito principe delle vendite online, si è lanciato nel mondo alimentare, con il servizio Amazon Fresh. Attraverso il portale fresh. amazon.com è possibile decidere sul web che cosa acquistare – frutta, verdura, carne, formaggi, cibi confezionati – e vederselo recapitare a casa in tempi ragionevolmente brevi. Quello di Amazon è un esperimento cominciato già nel 2007, limitatamente ad alcune zone di Seattle, ma nel 2013 ha fatto il salto di qualità con l’estensione del servizio all’area di Los Angeles e, successivamente, a quella di San Francisco. Come funziona? Per usufruire del servizio è necessario essere prima iscritti al programma premium a pagamento Amazon Prime, che consente di godere di un numero illimitato di spedizioni con consegna garantita entro due o tre giorni lavorativi. Dopo un periodo di prova gratuito di 30 giorni, per Amazon Fresh la quota di sottoscrizione è di 299 dollari l’anno, per un servizio che garantisce la consegna a domicilio in giornata dei beni acquistati, che diventa gratis nel caso in cui la spesa superi i 35 dollari. Ordinando entro le 10 di mattina, è possibile ricevere la merce direttamente a domicilio prima di cena. Mentre per gli ordini portati a termine prima delle 10 di sera, il pacco arriva, come si legge sul sito, “per l’ora di colazione” del giorno successivo. La scelta è piuttosto ampia, e conta oltre 500mila prodotti, inclusi quelli freschi e quelli locali. Dai libri, agli articoli per la cura della persona e della casa, fino alle pietanze da mettere in tavola, Amazon Fresh si propone come un sostituto efficace ed efficiente della spesa fatta nei grossi department store statunitensi. Un altro vantaggio di Amazon Fresh è la mobilità: attraverso una semplice app è possibile scegliere che cosa comprare in qualsiasi momento della giornata, direttamente da smartphone o tablet. Non solo, è possibile anche tenere traccia degli acquisti precedenti, salvare le proprie liste e portare a termine la spesa in pochi click, risparmiando noiosi giri tra le corsie del supermercato e lunghe file in cassa. In un Paese che ha letteralmente inventato il take away, appare poi particolarmente interessante la partnership che Amazon Fresh ha stretto con alcuni punti vendita locali per la consegna a domicilio di autentici prodotti gourmet: noodle, ramen, donuts, cupcake, fino alle specialità italiane, di cui gli statunitensi sono particolari estimatori. Per 16 dollari è possibile vedersi recapitare a casa un raffinato piatto preconfezionato di prosciutto di Parma, fichi e burrata, o alcune delle più classiche pietanze della tradizione italo-americana, come una porzione dei “fettuccini Alfredo” a 7,49 dollari, o gli spaghetti con le polpette di carne a 14,99 dollari. Sinora l’esperimento di Amazon Fresh sembra funzionare, tanto che alcune voci parlano di una sua prossima estensione anche alla Costa Est degli Stati Uniti e persino all’Europa. I Paesi che potrebbero essere interessati da questa picco- la grande rivoluzione nell’e-commerce sono Gran Bretagna e Germania. In particolare, secondo quanto riportato dal quotidiano Bild, sul territorio tedesco si starebbero già realizzando quattro centri di distribuzione per lo sviluppo del progetto. E In Italia? Un recente studio Agriventure/Campagna Amica, pubblicato da Coldiretti, ha evidenziato notevoli prospettive di crescita per questo tipo di commercio. Nel 2013 in Italia sono stati spesi 132 milioni di euro nell’acquisto online di beni alimentari, +18% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, solo il 9% degli utenti che scelgono di acquistare su Internet comprano in ambito alimentare, con un peso sul fatturato complessivo dell’e-commerce intorno all’1,2% – la percentuale più bassa nell’Unione Europea, molto lontana dal 5,5% della Gran Bretagna. Oltre il 29% degli italiani dichiara di effettuare ricerche sul web per confrontare prezzi e caratteristiche dei cibi. Tuttavia, i dubbi su questa forma di acquisto sono ancora molti. Si va dalla deperibilità dei prodotti in vendita alla preoccupazione per le loro caratteristiche qualitative. Cresce invece l’interesse per gli acquisti di prossimità, anche direttamente dal produttore a chilometri zero. Insomma, se negli Stati Uniti Amazon Fresh sta riscuotendo un buon successo, non è detto che lo stesso modello di business sia applicabile ad altri Paesi del mondo, incluso il nostro. Di certo il colosso guidato da Jeff Bezos dovrà superare molti pregiudizi, e offrire un servizio impeccabile sotto ogni punto di vista, per riuscire a conquistare il cuore degli italiani anche in ambito alimentare. Ma, considerato quanto Amazon stia spopolando nelle altre categorie merceologiche, è un potenziale competitor da tenere d’occhio con molta attenzione… Annalisa Pozzoli … e il made in Italy? Abbiamo provato a collegarci al sito di Amazon Fresh nell’area di San Francisco, l’ultima raggiunta dal ser vizio e a cercare alcune specialità italiane (o presunte tali) che potrebbero finire sulle tavole dei nostri amici della West Coast. Il primo prodotto che abbiamo cercato è stato il gorgonzola: negli Stati Uniti sembra andare per la maggiore una versione a cubetti (o “crumbled”), ben lontana dalla nostra idea di zola, confezionato per essere consumato come snack o come ingrediente aggiuntivo per pasta e pizza. Diversa la situazione nel caso del Parmigiano reggiano, per il quale esistono dei prodotti che sembrano avvicinarsi di più all’autentico made in Italy. Per 23,99 dollari, ad esempio, è possibile acquistare una confezione di 450 gr. di Parmigiano-Reggiano distribuito da The Pasta Shop e prodotto dalla famiglia Cravero, che nella descrizione lo consiglia come ingrediente per cucinare, ma anche come specialità da gustare a sé, magari accompagnata da un bicchiere di vino rosso come Barolo o Barbaresco. Digitando invece “parmesan cheese”, appaiono invece tre pagine di referen- ze, tra cui ad andare per la maggiore è il formaggio tagliato a striscioline o grattugiato, e in molti casi sulla confezione compare una bandiera o un qualche riferimento all’Italia. In generale, per quanto riguarda le specialità del nostro Paese, Amazon Fresh sembra affidarsi a fornitori specializzati, come il già citato The Pasta Shop, da cui si può acquistare prosciutto crudo, salsicce di maiale e pancetta. Ma si riescono a trovare anche prodotti più specifici, come soppressata calabrese, salame toscano e persino la ‘nduja, tutti prodotti su suolo statunitense ma ispirati alle tradizioni del Bel Paese, spesso per mano di aziende dalla chiara origine italoamericana. PRIMO PIANO Maggio 2014 Il (presunto) valore dell’origine L’indicazione della provenienza del latte, usato come ingrediente, valorizza davvero la filiera nazionale? O rischia solo di aggravare i costi e penalizzare l’intero settore? Uno studio di Agra Cea Consulting e Areté mostra i possibili scenari. E offre alcuni spunti. La salvezza viene dall’etichetta. No, non siamo diventati improvvisamente sostenitori del galateo. Ci riferiamo all’etichetta alimentare e, più precisamente, all’indicazione dell’origine della materia prima latte utilizzata come ingrediente. Questione al centro del dibattito in sede europea e molto discussa anche a livello nazionale, con l’indicazione d’origine proposta da molti soggetti della filiera (organizzazioni agricole e allevatoriali in primis) come uno strumento per valorizzare le produzioni italiane e limitare l’utilizzo da parte dell’industria di trasformazione di materia prima estera. Un assunto che si basa sulla certezza che il consumatore italiano sia prettamente nazionalista in fatto di scelte alimentari e che la materia prima estera sia, a prescindere, di qualità inferiore rispetto a quella italiana. Tutto possibile, ma da verificare. Prescindiamo da un discorso strettamente qualitativo (differenze tra produzione lattiera nazionale ed estera) e quantitativo (deficit strutturale nella produzione di latte), per affrontare la questione dalla parte del consumatore. L’origine degli alimenti è sicuramente un fattore importante di scelta, ma sembra non così decisivo al momento dell’acquisto. Uno studio, realizzato da due agenzie specializzate - Agra Cea Consulting e Areté - e utilizzato dalla Commissione Ue, nella relazione presentata lo scorso dicembre al Parlamento europeo per illustrare le conseguenze dell’eventuale applicazione dell’obbligo d’indicazione d’origine delle carni utilizzate come ingredienti, offre alcuni dettagli interessanti. Tra i vari aspetti della questione, la ricerca approfondisce la reale necessità del consumatore di essere informato sull’origine del latte utilizzato nell’industria casearia. Sulla base di un sondaggio condotto su un campione, non enorme, ma comunque rappresentativo, di 3mila persone da 15 diversi paesi europei, si evince che il consumatore è sicuramente molto interessato a ricevere maggiori informazioni sull’origine della materia prima, ma 58 non lo è altrettanto al momento di dover pagare un prezzo più alto per acquistarla. Con tanti saluti alla valorizzazione della filiera. Il fattore economico è centrale anche per altre ragioni. Lo studio analizza infatti il possibile aggravio dei costi, dovuto alla necessità di implementare il sistema di etichettatura, a seconda dei diversi possibili scenari normativi. Lo scenario limite, con il dettaglio più preciso possibile, porta a rincari fino al 50%. È il prezzo da pagare per il “bigino” in regalo con l’acquisto del formaggio. Possiamo immaginare l’effetto di simili rincari sui consumi nazionali, che già non vivono un momento esaltante. Di nuovo: addio valorizzazione della filiera. Ma una domanda viene spontanea: è proprio indispensabile inserire l’obbligo (e si sottolinea l’obbligo) d’indicazione della materia prima? Perché girando tra gli scaffali della grande distribuzione si scopre che molte aziende produttrici indicano già, come un plus, l’origine della materia prima italiana dei propri prodotti, con claim specifici. E non obtorto collo, ma in piena libertà di mercato. O quasi, salvo che i disciplinari di produzione non lo impediscano. Senza parlare dei diversi sistemi di certificazione volontaria di filiera, che un’azienda è libera, anzi liberissima di adottare e pagare. Contando sull’apprezzamento da parte del retailer e del consumatore finale. Si potrebbe pensare quasi che le persone siano in grado di poter scegliere se acquistare un prodotto di cui conoscono l’origine o fregarsene, di poter esprimere autonomamente le proprie scelte di consumo, la distribuzione di raccoglierle e suggerirle all’industria e quest’ultima di soddisfarle. Si potrebbe addirittura insinuare che, almeno un po’, il mercato sia capace di regolarsi da solo e magari abbia bisogno solo di qualche azione correttiva. Si parla molto di sburocratizzazione nel sistema imprenditoriale e agricolo, di riduzione di norme e regole inutili. Forse, ma forse, il primo provvedimento è quello di non chiederne e inserirne di nuove. Maggio 2014 LO SCENARIO ITALIANO L’indagine di Dnv circa salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ha riguardato anche aziende italiane. Ecco i principali spunti emersi dallo studio, che forniscono un quadro della situazione nel nostro Paese. • per il 96% delle aziende italiane, la gestione della salute e della sicurezza sul lavoro rientrano a pieno titolo tra gli elementi presi in considerazione dalle strategie aziendali • il 94% dichiara di adottare policy di tutela ad hoc, andando oltre, con queste misure, agli obblighi di legge • l’88% delle aziende italiane dichiara di implementare in maniera efficiente, le politiche per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro I principali rischi secondo le aziende italiane, da cosa derivano? • agenti fisici come rumori, vibrazioni o radiazioni (47%) • fattori ergonomici (35%) • presenza di sostanze chimiche (35%) • organizzazione del lavoro (34%) Quali attività sono ritenute particolarmente efficaci dalle aziende, in tema di sicurezza? • controlli medici per i lavoratori (57%) • attività di assessment dei rischi potenziali (49%) • manutenzione (48%) • formazione (47%) Quali sono le ragioni principali che spingono le aziende a occuparsi di salute e sicurezza sul lavoro? • rispetto delle leggi (94%) • rispetto delle politiche interne (74%) Qual è il rapporto costi/benefici? • il 43% ritiene che i benefici siano superiori ai costi (14% in meno rispetto alla media mondiale) • il 39% pensa che costi e benefici si equivalgano • solo l’8% che i costi superino i benefici Le aziende italiane hanno ottenuto benefici tangibili dall’implementazione di iniziative di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro? • il 65% ne ha beneficiato in termini di diminuzione del numero degli incidenti • il 64% ha migliorato le relazioni con i propri dipendenti • il 35% ha migliorato i rappor ti con le autorità • il 17% ha migliorato i rappor ti con gli altri stakeholder La tutela di salute e sicurezza sul lavoro può essere un asset per migliorare le performance di business? • il 32% dichiara di aver beneficiato in termini di ritorno di marca a seguito dell’implementazione di iniziative specifiche • il 26% di aver ottenuto un risparmio • il 21% di aver guadagnato un vantaggio rispetto ai competitor Quali sono i principali motivi che impediscono alle aziende italiane di progredire ulteriormente in materia di tutela di salute e sicurezza? • mancanza di risorse economiche (31%) • necessità di focalizzarsi sui risultati di breve periodo (22%) Quale riduzione dei rischi operativi si aspettano, per il futuro, i professionisti italiani? • legati alle condizioni oggettive di lavoro (14%) • influenzati dal compor tamento dei lavoratori (7%) Cosa temono, invece, maggiormente? • rischi legati ai fattori psicologici (2,6%) • rischi legati alle carenze strutturali (1%) • rischi legati alla presenza di cancerogeni (0,5%) Su quali aree di rischio manterranno alta l’attenzione le aziende? • presenza di agenti fisici (37%) • organizzazione del lavoro (30%) • fattori ergonomici (28%) 60 A quali attività le aziende faranno maggiormente ricorso in futuro? • attività di assessment dei rischi (63%), • implementazione dei sistemi di gestione (60%) • training per i lavoratori (58%) Gli italiani continueranno a investire in tutela di salute e sicurezza? • il 66% manterrà investimenti in salute e sicurezza • il 28% aumenterà i propri investimenti L’Italia al vertice. Anche per salute e sicurezza Una ricerca mondiale, condotta da Dnv Gl e Gfk Eurisko su oltre 3.800 aziende, mette in luce comportamenti, aspettative e timori rispetto a questo delicato tema. “Molto è cambiato nell’atteggiamento delle imprese in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Si è passati dal reagire semplicemente agli incidenti, come avveniva anni fa, a una gestione consapevole delle criticità operative. C’è però ancora molto da fare per lo sviluppo di una vera cultura della tutela di salute e sicurezza da parte delle imprese. L’Italia è uno dei Paesi più attenti e sensibili al tema, con una legislazione scrupolosa, ma è importante che le imprese si facciano protagoniste di questo cambiamento e continuino a lavorare su questi aspetti anche in tempi di crisi”. Luca Crisciotti, Ceo di Dnv Gl – Business Assurance, commenta così i risultati dell’indagine mondiale che l’Ente ha condotto, insieme a Gfk Eurisko, sul tema della sicurezza e della salute negli ambienti di lavoro. Un argomento indubbiamente sempre più sentito, e al quale le aziende dedicano molta attenzione, spesso andando ben oltre ai requisiti imposti dalle normative. Nel mondo si registrano atteggiamenti diversi. Per i nordamericani la tutela di salute e sicurezza sul lavoro è un aspetto cruciale per salvaguardare l’azienda, per norvegesi e svedesi è invece la persona l’elemento centrale. Gli asiatici ritengono di dover ancora lavorare sugli aspetti strutturali ma, comunque, si rileva un’evoluzione positiva del quadro complessivo. Quanto alla realtà italiana, dalle dichiarazioni dei manager, le aziende del nostro Paese risultano tra le più attente al mondo in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il sondaggio, condotto su più di 3.860 aziende di vari settori in Europa, Nord America, Centro e Sud America e Asia, ha mostrato come la gestione della salute e della sicurezza sul lavoro rientri a pieno titolo, per il 96% delle imprese italiane, tra gli elementi presi in considerazione nelle strategie aziendali. Gli italiani, come si diceva, non si limitano a rispettare le leggi, ma vanno oltre. Ben il 94% dei professionisti interpellati, infatti, dichiara di adottare policy di tutela specifiche, rispetto a una media mondiale che si attesta al 76%. Ma non è tutto oro quello che luccica. Se da un lato, infatti, le aziende italiane si dichiarano particolarmente attente, dall’altro gli ultimi dati diffusi dall’Inail evidenziano la presenza di irregolarità nell’87% delle imprese sottoposte a controlli nel corso del 2012. Tuttavia, l’Istituto rileva anche un significativo trend di diminuzione delle denunce degli infortuni sul lavoro, pari al 9% rispetto al 2011 e al 23% rispetto al 2008. Dati che si confermano in calo anche esaminando le morti sul lavoro, diminuite del 9% rispetto al 2011 e del 27% rispetto al 2008. I principali rischi individuati dalle aziende L’approccio delle aziende in materia di salute e sicurezza sul lavoro sta cambiando, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Il primo dato evidente è che l’industria sta abbandonando l’attitudine semplicemente reattiva che ha connotato il passato, in favore di una gestione attiva dei rischi operativi. Un atteggiamento che fa ben sperare per lo sviluppo di una vera e propria cultura della tutela di salute e sicurezza dei lavoratori da parte delle aziende di tutto il mondo. Interrogati su quali siano i principali rischi, i professionisti si concentrano soprattutto sugli aspetti operativi. Nel caso delle aziende italiane, ciò che risulta focus on in particolare è il timore dei rischi che possono derivare da agenti fisici come rumori, vibrazioni o radiazioni (47%), dagli aspetti ergonomici come la ripetitività del lavoro (35%) e dalla presenza di sostanze chimiche (35%). Gli interventi La ricerca mostra che, piuttosto di focalizzarsi su strategie di prevenzione, le aziende ritengono meglio intervenire direttamente sull’operatività. La classifica globale delle azioni più efficaci è guidata, infatti, dalle attività di manutenzione (48%) e dalle misure d’emergenza (46%). In fondo alla classifica, invece, le iniziative che puntano a regolare l’organizzazione aziendale, come le attività di valutazione dei potenziali rischi (37%) e l’adozione di misure precauzionali (35%). Quanto alla situazione italiana, in testa alla lista si trovano i controlli medici per i lavoratori (57%) e, a differenza di quanto avviene nelle altre aree del mondo, le attività di assessment dei rischi (49%). Un risultato che mostra chiaramente come gli italiani, per ciò che concerne gli aspetti operativi, siano da considerare un passo avanti rispetto alla media dei colleghi stranieri. concentrarsi sui risultati di breve periodo. I fattori che spingono verso la gestione del rischio Come facilmente prevedibile, sono in primo luogo il rispetto delle leggi (94%) e delle politiche interne aziendali (74%) a spingere le aziende italiane ad occuparsi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Sembrano non essere considerate, invece, le ripercussioni di queste politiche sulle performance di mercato. Infatti, la continuità del business (24%), la protezione del marchio (21%), il soddisfacimento di esigenze del cliente (19%) o l’opinione pubblica (17%) rappresentano spinte ancora decisamente minori rispetto a quelle generate dagli obblighi di legge. Quello della sicurezza e della salute sul lavoro, insomma, non è ancora vissuto dalle imprese, anche all’estero, come un driver del business e come elemento chiave in termini di strategie di marketing e comunicazione. Gli ostacoli principali delle politiche di gestione del rischio? Su tutti, la parte del leone è rappresentata dalla mancanza di fondi, seguita a ruota dalla necessità di Le previsioni per il futuro Nei prossimi anni i professionisti coinvolti nell’indagine, in tutto il mondo, si aspettano una riduzione dei rischi operativi. Le previsione positive non sembrano per fortuna far allentare la guardia, anzi, le aziende dichiarano di non voler rinunciare a intraprendere azioni di tutela. Le attività di assessment dei rischi (63%), l’adozione di sistemi di gestione dei rischi (60%) e la formazione per i lavoratori (58%) saranno quelle a cui ricorreranno maggiormente le aziende italiane, passando, così, dagli aspetti più strettamente operativi a quelli organizzativi e di prevenzione. Senza dubbio, la ricerca mostra chiaramente che l’attenzione rimarrà alta in Italia nei prossimi anni. Nonostante le difficoltà economiche, infatti, il 66% dei professionisti italiani interpellati non rinuncerà agli investimenti e il 28% dichiara, anzi, di volerli incrementare. Alice Realini Numeri e metodologia dell’indagine Dnv-Gl Il sondaggio è stato realizzato nell’ottobre 2013 su un campione di circa 3.860 professionisti di impor tanti aziende dei settori primario, secondario e terziario, appar tenenti a compar ti diversi, tra cui quello agroalimentare, in Europa, Nord America, Centro e Sud America e Asia. • Il campione è qualitativo e non rappresentativo dal punto di vista statistico • Il 23% delle aziende coinvolte conta meno di 50 addetti, il 32% fra 50 e 249, e il 45% 250 o più • Il 67% dei partecipanti svolge funzioni direttamente connesse con la gestione tecnico-operativa • La maggior parte delle aziende coinvolte appartiene al settore secondario, in particolare ai comparti dell’alimentare (5%), della chimica (6%), della metallurgia (11%), della meccanica (9%) e delle forniture elettriche (4%) 61 Maggio 2014 I numeri della filiera agroalimentare italiana 62 ‘Agricoltura e moderna distribuzione: valore e valori’, questo il titolo del convegno organizzato, lo scorso 3 aprile al Centro Congressi ‘Roma Eventi-Fontana di Trevi’, da Adm (Associazione Distribuzione Moderna) in collaborazione con Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad. Durante l’incontro si sono affrontati temi quali l’efficienza della filiera agroalimentare italiana, la ripartizione dei costi e dell’apporto alla costruzione del valore aggiunto tra produttori, commercianti, fornitori di mezzi tecnici e sistema dei servizi. Dopo i saluti di Luca Sani, presidente Commissione agricoltura Camera dei deputati, sono intervenuti Sergio De Nardis e Denis Pantini, rispettivamente capo economista e direttore Area agricoltura e industria alimentare della società di studi economici Nomisma, per presentare la ricerca commissionata da Adm: ‘La filiera agroalimentare italiana: formazione del valore e dei prezzi alimentari lungo la filiera’. Questo studio ha portato alla luce da un lato i numeri positivi della filiera, ma dall’altro anche i suoi limiti. Il settore dell’agroalimentare svolge un ruolo importante nel contesto dell’economia italiana. Infatti, il valore dei consumi alimentari nel 2013 corrisponde a 220miliardi di euro, di cui 147miliardi sono i consumi domestici e 73miliardi quelli extradomestici, provenienti dal canale della ristorazione (ristoranti, bar, mense e catering). Inoltre, nel 2011 il peso della filiera sul Pil ha raggiunto l’8,7%, per una cifra di 119 miliardi di euro. Mentre i lavoratori impegnati nella produzione e distribuzione dei prodotti agroalimentari, sempre nel 2011, hanno raggiunto quota 3,3milioni, ossia il 13,2% degli occupati in Italia. Una realtà che potrebbe probabilmente diventare più efficiente se non fosse condizionata da deficit infrastrutturali e da elevati costi ‘di sistema’ (un costo del trasporto superiore a quello degli altri Paesi europei e un costo dell’energia elettrica più alto del 70% rispetto alla media comunitaria). Condizioni, queste, che costituiscono un freno allo sviluppo del settore, si ripercuotono sia sulla competitività delle imprese sia sulla formazione dei prezzi al consumo e che riducono al minimo i guadagni degli operatori. fase produttiva La filiera agroalimentare: le diverse fasi E gli attori Numero imprese Distribuzione a Libero Servizio (di cui: attive con partita iva) 1.620.884 (829.134) Aziende dell’agricoltura; Istat, 2010 e Movimprese, 2010 Industria alimentare di trasformazione 57.805 Industria alimentare e delle bevande; Censimento 2011 Commercio all’ingrosso Grossisti ed intermediari di prodotti agricoli, alimentari e bevante; Censimento 2011 fase distributiva e commerciale Un settore rilevante per l’economia. Frenato da deficit infrastrutturali e da costi esterni eccessivi. 86.458 Dettaglio tradizionale Commercio al dettaglio in esercizi specializzati (a postazione fissa e mobile) in prodotti alimentari e bevande (tutti gli esercizi a prescindere da dimensione); Censimento 2011 133.567 Distribuzione a Libero Servizio Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari, bevande e tabacco (tutti gli esercizi a prescindere da dimensione); Censimento 2011 All’interno della Distribuzione a Libero Servizio la Distribuzione Moderna rappresenta il 90% del fatturato 49.432 Ristorazione 256.724 Ristoranti, bar, mense e catering; Censimento 2011 fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat, Istat, Nielsen L’individuazione del numero degli attori che operano all’interno della filiera agroalimentare italiana permette di rilevare quanto sia frammentata la filiera stessa. Nella fase produttiva figurano le aziende agricole (produttrici di materie prime e prodotti freschi per il consumo) e le imprese dell’industria alimentare (dedite alla lavorazione delle materie prime in prodotti trasformati). Nella fase distributiva e commerciale rientrano i grossisti di prodotti agricoli e alimentari e i diversi canali che servono il consumo finale, ossia il dettaglio tradizionale e la distribuzione a libero servizio, oltre al canale della ristorazione, costituito da ristoranti, bar, mense e catering. Anche il grado di concentrazione all’interno del canale della distribuzione moderna è ampiamente al di sotto rispetto all’estero. Per esempio nel 2011, l’incidenza sul fatturato totale della Dm dei primi tre attori italiani (Coop, Conad e Selex) ha raggiunto solo il 34%, contro il 53% dei primi tre attori della Spagna, il 54% della Francia e il 61% di Germania e Inghilterra. Dati Eurostat del 2010, che rilevano la quantità di imprese commerciali e distributive ogni 100mila abitanti (in Italia, Francia, Germania, Spagna, Inghilterra), dimostrano come anche questo anello della filiera sia soggetto a una frammentazione maggiore nel nostro paese, rispetto agli altri stati europei (tabella seguente). grado di concentrazione nella fase distributiva e commerciale (numero di imprese ogni 100.000 abitanti; 2010) Canali commerciali IT FR GER SPA UK 69 35 23 111 26 Dettaglio tradizionale 175 101 48 213 40 Distribuzione a Libero Servizio 84 44 31 85 46 Ristorazione - fuori casa 314 209 565 182 fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat -10 -5 0 Prodotti agricoli 5 10 15 20 25 30 12,652 5,973 -6,679 Prodotti alimentari 26,019 27,443 2013, miliardi di euro Ingrosso 414 dipendenza dall’estero: ruolo di import ed export nella filiera Import 1,424 Export Saldo Un altro dato da segnalare, nel caso dei prodotti agricoli, è il rapporto fra import ed export che, nel 2013, si è chiuso con un saldo negativo del valore di 6679milioni di euro. In questo senso, l’Italia risulta molto dipendente nei confronti dei paesi esteri in fatto di materie prime come il frumento, la carne e il latte. DATI & STATISTICHE la scomposizione del valore aggiunto Sulla base di campioni costruiti sulla banca dati dei bilanci Aida Bereau Van Dijk, è possibile capire si distribuisce il valore aggiunto per ogni attore della filiera agroalimentare Anni 2008 -2011 formazione del valore - % su consumi alimentari trend ultimo decennio Anni Anni Anni 1999 2004 2008 -2001 -2006 -2011 (media)(media)(media) (A) VALORE AGGIUNTO FILIERA AA 65,5% 58,9% 54,8% Va agricoltura e pesca 19,3% 16,2% 14,2% Va industria alimentare e delle bevande 13,2% 12,1% 11,2% VA commercio ingrosso di prodotto Agroal. 6,9% 6,1% 5,5% VA distribuzione a libero servizio 6,4% Va dettaglio tradizionale VA ristorazione 3% 5% 5,5% 2,6% 1,6% 16,7% 17% 16,9% (B) COSTI ESTERNI 22% (C) import netto 4,6% 4,1% 3,2% (d) imposte indirette (iva) 29% 34,1% 8% 8% 7,9% fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat ed Eurostat distribuzione per ogni 100€ di spesa alimentare: confronto temporale 11% 4% 3% 5% 10% 29% 3% 3% 5% 11% 9% █ Import netto █ Utile netto █ Costi del finanziamento █ Imposte dirette (nette) e indirette █ Rinnovo capitale aziendale (ammortamenti) 34% █ Costi esterni di filiera █ Costo del lavoro 38% 35% Anni 2004-2006 Anni 2008-2010 Negli anni compresi fra il 1999 e il 2011 la media del valore aggiunto della filiera agroalimentare italiana sui consumi alimentari è diminuita in tutti i comparti, tranne che in quello della ristorazione, che ha mantenuto valori pressoché stabili. Ad esempio, il Valore Aggiunto di Agricoltura e Pesca è passato dal 19,3% (valore medio 1999/2001) al 14,2% (valore medio 2008/2011), mentre il Valore Aggiunto della Distribuzione a libero servizio è diminuita rispettivamente da 6,4% a 5,5%. Sono invece aumentati i costi esterni alla filiera (costituiti da servizi essenziali quali trasporto, packaging, logistica, energia, mezzi tecnici e beni strumentali). Queste spese, sommate a quelle dell’import, agli ammortamenti, ai costi dei finanziamenti, alle imposte e al costo del lavoro (retribuzioni), dimostrano che l’utile netto per gli operatori della filiera, su 100 euro pagati da un consumatore, corrisponde solamente a tre euro (tabella seguente). Numerosità Costo campione del lavoro Costo Rinnovo capitale dei finanz. (ammort.) Saldo PA (imposte dirette -contributi) Utili netti Agricoltura 6.935 63,4% 27,7% 12,2% -6,2% 2,9% Industria alimentare 6.891 51,9% 20,3% 7,2% 6,9% 13,6% Ingrosso 9.596 54,6% 16,6% 8,9% 8% 11,9% Distribuzione lib. servizio 3.530 69,9% 18,5% 5,8% 3,2% 2,6% Dettaglio tradizionale 1.177 68,1% 13,2% 6,1% 6% 6,6% Ristorazione 10.089 72,9% 12,5% 6,5% 4,7% 3,4% L’agricoltura, attraverso i contributori PAC, è un percettore netto nei confronti della pubblica amministrazione fonte: elaborazioni Nomisma su dati Aida Bureau Van Dijk Inoltre, analizzando i dati raccolti da Aida – Bureau Van Dijk negli anni fra il 2008 e il 2011, Nomisma ha delineato un quadro relativo alla scomposizione del valore aggiunto per ogni attore della filiera. Dal prospetto si evince che gli utili netti più consistenti vengono percepiti dall’industria alimentare (13,6%) e dall’ingrosso (11,9%). Mentre gli utili più bassi vanno all’agricoltura (2,9%) e alla distribuzione a libero servizio (2,6%). 63 Maggio 2014 focus shop ARMETTA IL SALUMIERE - PALERMO IL CUORE GASTRONOMICO Della città Sono solo 41 metri quadrati, ma racchiudono il vero sapore di Palermo e della Sicilia. Dal 1926, Armetta Il salumiere apre ogni mattina al civico 6 di via dei Quartieri, nel capoluogo siciliano. E’ qui, infatti, che 85 anni fa, Totò Armetta apriva la sua gastronomia. Che, oggi, è guidata dal figlio Angelo insieme alla moglie Teresa. La passione per le cose buone e per la Sicilia è ancora la stessa. “La nostra bottega ha radici nelle produzioni di qualità, l’offerta spazia tra formaggi a latte crudo, di pascolo e di transumanza”, racconta Teresa, “Formaggi con la F maiuscola, dietro ai quali c’è storia, cura degli animali, salvaguardia della tradizione e del territorio”. Tra i prodotti troviamo la provola dei Nebrodi, il maiorchino, la tuma persa, il piacentino ennese Dop, il pecorino siciliano Dop. Ma anche la Vastedda del Belice, i caprini di Girgentana e il ragusano Dop. In questi lunghi anni, il negozio non ha smesso di essere un importante punto di riferimento per il mercato locale e siciliano nel suo complesso. “Quello che ci distingue è la ricerca sul campo e la volontà di sostenere rarità e produttori, anche segnalandoli ad altri commercianti”, prosegue Teresa, “raccontiamo con entusiasmo le nostre delizie al consumatore e instancabilmente cerchiamo ricette per valorizzarne il gusto”. Non a caso, il 14 novembre del 2005, la gastronomia ha ottenuto dalla Camera di commercio di Palermo la certificazione Negozio storico ed entrambi i titolari sono diventati maestri assaggiatori di Formaggio Onaf iscritti all’albo nazionale. Anno di nascita: 1926 superficie: 41 mq Formaggi proposti: formaggi a latte crudo, di pascolo e di transumanza, tra cui la provola dei Nebrodi, il maiorchino, la tuma persa, il piacentino ennese Dop, il pecorino siciliano Dop, la vastedda del Belice, i caprini di Girgentana e il ragusano Dop Sito web: www.armettailsalumiere.it E-mail: [email protected] LANZANI BOTTEGA & BISTROT – BRESCIA DA COLAZIONE A CENA: BUON CIBO TUTTO IL GIORNO Fino a qualche anno fa, Lanzani era una storica macelleria, nella prima periferia bresciana. Cos’è oggi? “ Un frullatore del gusto che gira tutto il giorno”, racconta il patron Alessandro Lanzani. E prosegue: “Nel 2010 abbiamo cambiato anima offrendo buon cibo dalla colazione all’una di notte. Il nostro è un locale multifunzione che comprende bottega, con le carni in primo piano, tavola calda, bistrot, ristorante, enoteca e champagneria”. L’intento è stato quello di creare un locale, che con lo spazio esterno può arrivare fino a 100 coperti, in cui trascorrere bene ogni ora della giornata. “Una tradizione iniziata nel 1940, con nonno Ercole, che si è arricchita con il trascorrere del tempo. Il tutto alle porte della Franciacorta e ai piedi del Parco delle Colline di Sant’Anna a Brescia”, prosegue il titolare. I differenti format dell’offerta sono uniti da un minimo comun denominatore: attenzione alle materie prime e tanta ricerca. Fra i prodotti presenti in gastronomia troviamo, tra gli altri, il formaggio Castelmagno, caprini Le Frise e Bagoss stagionato. Mentre tra i salumi mortadella Pasquini, prosciutto crudo Sant’Ilario e Pata Negra. Diversi i riconoscimenti prestigiosi per il locale polifunzionale bresciano, come le Tre Bottiglie del Gambero Rosso e il premio del 2012 come migliore aperitivo dell’anno, sempre secondo Gambero Rosso. Anno di nascita: 1940 Numero di negozi: 1 locale multifunzionale Salumi proposti: tra le molte specialità, anche mortadella Pasquini, prosciutto crudo Sant’Ilario e Pata Negra Formaggi proposti: ampia offerta, tra cui il formaggio Castelmagno, i caprini Le Frise e il Bagoss stagionato Sito web: www.gastronomialanzani.it E-mail: [email protected] IL MONTANARO – ZOCCA (MO) DALL’ITALIA A TOKYO CON PRODOTTI DI ECCELLENZA 64 “Nel 1977 lavoravo come portiere notturno in alcuni alberghi all’estero. Non facevo che pensare al buon cibo italiano e così rientrato a casa ho rilevato una salumeria e ne ho fatto un negozio di specialità”. Ivano Porstrati, detto “Il montanaro”, racconta così l’inizio di questa avventura che nel 2010 lo ha condotto fino a Tokyo.“Grazie alla nostra specialità, le tigelle fatte a mano, con il Consorzio del culatello di Zibello, siamo stati invitati alla festa del cibo italiano organizzata annualmente dai magazzini del lusso giapponesi Isetan”. E prosegue: “E’ stata una bellissima esperienza per me e la mia famiglia ed è stato bello vedere file interminabili di giapponesi disposti ad attende ore per gustare il tipico prodotto modenese, condito con il classico trito di lardo, pancetta, aglio e rosmarino”. Oltre alle tigelle, Il montanaro offre ai suoi clienti un’ampia gamma di salumi e formaggi, fra i quali spiccano quelli artigianali, formaggio al tartufo Moro, asiago Dop, selezione castagna, e parmigiano reggiano Latteria Monte Cimone. Nel punto vendita è inoltre presente una serie limitata di specialità, prodotte direttamente con l’aiuto di esperti artigiani del luogo. Tra queste troviamo varie confetture ai frutti di bosco, sciroppi, liquori e miele. Anno di nascita: 1977 Numero di negozi: 1 Salumi proposti: Ampia selezione di salumi provenienti da tutte le regioni d’Italia, oltre a specialità artigianali Formaggi proposti: prodotti artigianali, formaggio al tartufo Moro, asiago Dop, selezione Castagna e parmigiano reggiano Latteria Monte Cimone Sito web: www.ilmontanaro.it E-mail: [email protected] CONVIVIUM – FIRENZE ARTE E CIBO: UN ATELIER GASTRONOMICO “Il cibo per noi è arte. Per questo abbiamo scelto come simbolo della nostra gastronomia il Leone rosso rampante, utilizzato dal 1300 per rappresentare la così detta arte minore degli oliandoli e pizzicagnoli, in dialetto toscano i gestori di negozi o botteghe che vendono salumi, formaggi o altri generi alimentari”, spiega Paolo Razzolini, uno dei responsabili della gastronomia Convivium. “Il simbolo rappresenta l’originale filosofia sulla quale nasce e si sviluppa la nostra azienda, ossia l’attenzione costante a riscoprire e preservare i valori dell’antica tradizione della cucina fiorentina e toscana”. Nata nel 1980 in un piccolo negozio fiorentino, Convivium Firenze si è poi trasferito in una splendida casa Colonica, accuratamente ristrutturata, dove al piano terra è possibile trovare una gastronomia di alto livello corredata di una selezionata cantina. Il primo piano è invece dedicato al ristorante “Canto al Paradiso”. All’interno della gastronomia il cliente ha la possibilità di trovare prodotti toscani ma anche provenienti da tutto il territorio nazionale e internazionale. In particolare formaggi francesi, prosciutti spagnoli, salmoni norvegesi e pasta. Oltre a prodotti freschi e pietanze espresse è possibile scegliere anche tra una vasta gamma di marmellate, sottoli e cioccolate. “Selezioniamo personalmente e visitiamo tutti i nostri fornitori”, conclude Razzolini, “è l’unico modo per garantire al cliente una qualità impeccabile”. Anno di nascita: 1980 Numero di negozi: 1 Salumi proposti: prodotti toscani, nazionali e internazionali Formaggi proposti: Formaggi toscani, francesi, nazionali ed esteri in generale Sito web: www.conviviumfirenze.it E-mail: [email protected] FORMAGGERIA FRATELLI PANIZZI – COURMAYER (AO) “NESSUN COMPROMESSO SULLA QUALITA’” “Dal 1968 vendiamo prodotti tipici del nostro territorio, la Valle D’Osta, una regione dove la bellezza della montagna si unisce al gusto del buon cibo”, racconta Paolo Panizzi, titolare dell’omonima formaggeria. “La nostra offerta è estremamente variegata e include sia formaggi che salumi. In particolare fontina, tome, lardo di Arnad e moccetta. I prodotti provengono principalmente da fornitori locali selezionati e in parte sono di nostra produzione”. Oltre all’attività di vendita, infatti, l’azienda produce formaggi con grande cura e attenzione. “Siamo molto fieri delle nostre referenze”, precisa Panizzi, “recentemente abbiamo ampliato la gamma con lo yogurt naturale, alla frutta e ai cereali, che ci sta regalando notevoli soddisfazioni”. Ai primi due punti vendita di Courmayeur, con il tempo si sono aggiunti quelli di Morgex e la Thuile: “La nostra espansione è il frutto di un’attenzione estrema alla qualità dei nostri prodotti, apprezzati sia dalla popolazione locale che dai turisti”. Anno di nascita: 1968 Numero negozi: 4 Salumi proposti: mocetta, lardo di Arnad e altri prodotti tipici locali e nazionali Formaggi proposti: ampia selezione nazionale, tra cui fontina e tome e formaggi di produzione propria Sito web: www.panizzicourmayeur.com 65 Maggio 2014 CASEIFICIO GIORDANO www.caseificiogiordano.it Nome prodotto Mozzarella di latte di bufala. Breve descrizione del prodotto Tipica mozzarella di latte di bufala, arrotondata, di colore bianco perlaceo, di elasticità e consistenza caratteristiche. Ingredienti Latte di bufala, fermenti lattici, caglio, sale. Caratteristiche Mozzarella prodotta con latte fresco di bufala raccolto da selezionate stalle di Piemonte e Lombardia. Caratteristiche organolettiche tipiche del prodotto. Certificazioni Ifs e Brc. Peso medio/pezzature 50,125, 250 grammi. Shelf life 21 giorni. LATTERIA TRE CIME - MONDOLATTE www.3cime.it Nome prodotto Originale Dobbiaco. Breve descrizione del prodotto Formaggio semiduro da taglio. Ingredienti Latte intero e magro, fermenti, sale, caglio, lisozima da uovo. Caratteristiche Formaggio da taglio delicato, con gusto unico. Occhiatura a forma di lente, stagionatura di circa quattro settimane. Peso medio/pezzature 5,5 Kg/forma. Shelf life 60 giorni. GILDO CIRESA www.gildociresa.net GRUPPO FORMAGGI DEL TRENTINO www.trentingrana.it FRANCIA LATTICINI www.francialatticini.com Nome prodotto I Quattrosapori. Breve descrizione del prodotto Confezione in legno di pioppo con quattro diverse robiole stagionate. Caratteristiche La nuova confezione Quattrosapori del caseificio Ciresa contiene quattro forme da 450 grammi ciascuna: una forma di robiola stagionata Grignola, una robiola stagionata a latte crudo Gildoc, una robiola stagionata di capra Roccaprina e una robiola stagionata al tartufo Trifola. Peso medio/pezzature 1,8 Kg variabile, quattro pezzi da 450 grammi. Nome prodotto Casolet val di Sole. Breve descrizione del prodotto Tipico cacio di montagna a pasta cruda, tenera e a latte intero tradizionale della val di Rabbi e della val di Sole. Ingredienti Latte termizzato, caglio, sale senza conservanti e additivi. Caratteristiche Formaggio di consistenza morbida. La pasta al taglio si presenta di colore bianco o leggermente paglierino, con un’occhiatura assente o leggera. Peso medio/pezzature Forme da 2,5 Kg per vendita al banco tradizionale; 0,5 Kg per vendita al banco tradizionale. Nome prodotto Mozzarella bufala campana Francia. Breve descrizione del prodotto Mozzarella di bufala campana Dop in bicchiere da 250 grammi (cinque pezzi da 50 grammi cadauno). Ingredienti Latte di bufala pastorizzato, siero-innesto naturale, sale e caglio. Caratteristiche Mozzarella di bufala dal sapore delicato. Peso medio/pezzature 250 grammi. Shelf life 13 giorni. MONDELEZ ITALIA www.mondelezinternational.com Nome prodotto Sottilette Senza Lattosio. Breve descrizione del prodotto Nuova referenza della gamma Sottilette pensata per i consumatori intolleranti al lattosio. Il prodotto è inoltre senza glutine. Ingredienti Formaggio, acqua, proteine del latte, sali di fusione (citrati di sodio), burro, sale, correttore di acidità (acido lattico). Caratteristiche Specialità di formaggio fuso a fette, senza lattosio, dal gusto inconfondibile. Peso medio/pezzature Confezione da 150 grammi. Shelf life 210 giorni. 66 Caseificio Pugliese F.lli Radicci www.spega.it Nome prodotto Stracchino di capra, da 100 e 250 grammi. Breve descrizione del prodotto Formaggio fresco a pasta molle da tavola. Caratteristiche Lo stracchino Spega è fatto solo con latte di capra italiano. Ha una forma caratteristica di panetto regolare in ogni superficie, con aspetto uniforme. Vanta un sapore gradevole, delicatamente acidulo. L’odore è tipico di un prodotto fresco latteo e la pasta si presenta morbida, cremosa, con tessitura omogenea, uniformemente compatta, priva di occhiature marcate, di facile spalmabilità. Ingredienti Latte di capra pastorizzato, fermenti lattici, caglio, sale. Peso medio/pezzature 100 grammi a peso fisso, 250 grammi a peso variabile. Shelf life 21 gg. Nome prodotto Robiola Occelli. Breve descrizione del prodotto Formaggio appetitoso dalla bella crosta a guscio di noce edibile. Ingredienti Latte di vacca, sale, caglio. Caratteristiche Il prodotto è consigliato per accompagnare aperitivi, da gustare a cubetti nelle insalate, sul pane abbrustolito o a fine pasto. Peso medio/pezzature 280 grammi. Shelf life 30 giorni. CASEIFICIO TOMASONI www.caseificiotomasoni.it GANASSA FORMAGGI www.ganassa.com Nome prodotto Taleggio Dop Valmontis. Breve descrizione del prodotto Formaggio a pasta molle dal color avorio ottenuto dalla lavorazione di latte vaccino pastorizzato. Ingredienti Latte vaccino pastorizzato, caglio, sale, fermenti lattici (streptococcus termophilus, lactobacillus bulgaricus). Caratteristiche Presenta una crosta molto sottile, quasi assente, morbida, di colore aranciato; pasta a struttura unita, mantecata, morbida e cedevole, più fondente verso l’esterno, con sapo- Beppino Occelli www.occelli.it re dolce ma intenso, il tutto garantito dalla lunga stagionatura che si protrae fino a 60 giorni. Peso medio/pezzature 2 Kg. Shelf life 30 giorni. Nome prodotto Stracchino Probiotico. Breve descrizione del prodotto Formaggio con fermenti probiotici che si aggiungono al normale contenuto di ingredienti della linea Tomasoni. Ingredienti Latte, fermenti lattici e probiotici (L.Acidophilus, Bifidobacterium), sale, caglio. Caratteristiche Il prodotto si contraddistingue per la presenza di fermenti probiotici (dal greco “favorevoli alla vita”), microrganismi che arrivano all’intestino vivi e che, se assunti regolarmente, hanno effetti positivi e aiuta- no a ristabilire la microflora intestinale con la sua corretta funzionalità. I ceppi utilizzati sono riportati sull’incarto. Peso medio/pezzature 200 grammi. Shelf life 20 giorni. SCHEDE PRODOTTO Caseificio Pezzana www.pezzana.it Nome prodotto Tomin Cotto. Breve descrizione del prodotto Il sapore del buon latte italiano incontra la delicatezza di un prosciutto cotto di alta qualità, tradizionale e genuino. Il tomino piemontese sposa il salume più diffuso in un piatto salutare povero di sali e grassi e ricco di proteine, vitamine e minerali. Ingredienti Formaggio (latte, sale, caglio), prosciutto cotto 8% (carne di suino, sale, destrosio, saccarosio, aromi naturali, antiossidante: ascorbato di sodio, conservante: nitrito di sodio). Caratteristiche Ottimo in padella, accompagnato da verdure di stagione o morbido e filante al cartoccio. Peso medio/pezzature 100 e 1.000 grammi. Shelf life 25 gg in vaschetta sigillata a 4°C. MONTEGRAPPA [email protected] Nome prodotto Morlacco del grappa. Breve descrizione del prodotto Formaggio prodotto usando il latte crudo scremato proveniente dalle due mungiture della giornata. La pasta si presenta leggermente occhiata dal colore bianco e morbida al palato. Il gusto è intenso e saporito con lievi sfumature amarotiche. Profumo persistente. Ingredienti Latte crudo vaccino, fermenti lattici selezionati, sale e caglio. Senza conservanti aggiunti, crosta non edibile (formaggio a crosta lavata). Caratteristiche Altezza 5/7 cm con crosta sottile rigata dal colore rossiccio. La pasta è di color bianco, al tatto si presenta morbida dal gusto deciso con lievi sentori erbacei. Stagionatura di almeno 60 giorni. Peso medio/pezzature 5 Kg. Shelf life 120 giorni a una temperatura compresa tra +4°C e +10°C. LATTERIA SOCIALE MERANO www.bellavita-merano.it Nome prodotto Bella Vita free. Breve descrizione del prodotto Linea di yogurt leggero e senza lattosio. Disponibile nelle versioni bianco e frutta. Ingredienti Bianco - yogurt: latte parzialmente scremato senza lattosio, fermenti lattici (Streptococcus Thermophilus e Lacotabacillus bulgaricus). Frutta - yogurt: latte parzialmente scremato senza lattosio, fermenti lattici (Streptococcus Thermophilus e Lacotabacillus bulgaricus), preparato di frutta (8% frutta). Caratteristiche Yogurt leggero (grassi: 1,8% bianco, 1,5% frutta) senza lattosio (inferiore allo 0,01%). Si presenta cremoso e non denota nessuna differenza rispetto alla normale produzione di yogurt Latteria Merano. Prodotta con solo latte dei masi dell’Alto Adige, la linea è totalmente senza glutine. Peso medio/pezzature Cluster da 250 grammi - 2 vasetti da 125 grammi. Shelf life Minima 33 giorni alla consegna. SOCIETA’ AGRICOLA GIANSANTI www.agricolagiansanti.it Nome prodotto Parmigiano reggiano. Breve descrizione del prodotto Il parmigiano reggiano è il noto formaggio Dop, a pasta dura, prodotto esclusivamente con latte crudo derivante dagli allevamenti delle zone limitrofe di Parma e Reggio Emilia. Il latte, parzialmente scremato per affioramento, viene lavorato senza l’aggiunta di additivi o conservanti. Ingredienti Latte, sale e caglio. Caratteristiche Il parmigiano reggiano, essendo prodotto con latte parzialmente scremato, ha un contenuto di grassi inferiore a quello di molti altri formaggi. E’ un alimento ricco di aminoacidi essenziali e di calcio, facile da assimilare e praticamente privo di carboidrati. Peso medio/pezzature Forma Intera 38/40 Kg; porzioni sottovuoto da 0.5 Kg, 1 Kg, 2 Kg e 5 Kg; grattugiato in confezioni da 100 o 1.000 grammi. Shelf life Porzionato 6 mesi; grattugiato 3 mesi. 67 Maggio 2014 ALPE DEL GARDA www.alpedelgarda.it Nome prodotto Formagella di Tremosine. Breve descrizione del prodotto Formaggio tipico di Tremosine a pasta morbida, occhiata, dal sapore fragrante e dal profumo delicato delle essenze dei prati di montagna. Ottenuta con latte di vacca di razza bruna appena munto. Prodotto nelle stalle dell’altipiano di Tremosine, nel cuore del Parco Alto Garda bresciano. Sapientemente stagionata in locali con muffe selezionate. Ingredienti Latte, fermenti lattici vivi, caglio e sale. Caratteristiche Formaggio semigrasso a pasta semicotta. Peso medio/pezzature Da 1,4 - 1,8 Kg circa. Da conservare in ambienti a temperatura controllata. Bassi www.bassiformaggi.it 68 BAYERNLAND www.bayernland.it Nome prodotto Emmental bavarese 250 grammi. Breve descrizione del prodotto Il Bayernland Emmental bavarese è disponibile nelle confezioni da 250 grammi a peso fisso. La sua pasta di colore gradevolmente avorio, morbida ed elastica, è cosparsa dai classici “occhi” grandi come noci. Il gusto è dolce ed aromatico, e diventa più intenso con il prolungarsi della stagionatura. Ingredienti Latte, fermenti lattici, sale, caglio. Peso medio/pezzature 250 grammi. Caratteristiche Aspetto esterno: crosta di colore giallo, giallo scuro. La pasta è di colore avorio, occhiatura regolare della grandezza di una ciliegia, elastica e morbida. Il sapore è dolce, aromatico. Shelf life Tmc garantito alla consegna: 60 gg. Agriform www.agriform.it Nome prodotto Gorgonzola Dop Elit dolce. Breve descrizione del prodotto Prodotto top di gamma con minimo 70 giorni di stagionatura, rigorosamente selezionato. E’ la massima espressione delle qualità organolettiche tipiche del gorgonzola Dop, secondo gli standard di produzione sanciti dal disciplinare di produzione del Consorzio di tutela del formaggio gorgonzola. Ingredienti Latte, fermenti lattici, sale, caglio, muffe selezionate. Caratteristiche Formaggio molle, grasso, a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero pastorizzato. Peso medio/pezzature Forma intera, mezza forma, quarti, ottavi e sedicesimi di forma. Porzionato in vaschette termosaldate da 150 a 200 grammi a peso fisso. Shelf life Da 60 a 30 giorni in funzione del confezionamento. Nome prodotto Grana padano Stravecchio Oro del Tempo incartato 200 gr. Breve descrizione del prodotto “Stravecchio Oro del Tempo” rappresenta il vertice della qualità del grana padano. Un pregio conferito da una stagionatura di 20 mesi, che regala al formaggio un sapore straordinariamente ricco, intenso e fragrante. Il prodotto incartato è confezionato in atmosfera protettiva. Che grazie alla totale assenza di ossigeno, conserva al meglio le caratteristiche organolettiche del formaggio. L’incarto con carta alimentare, realizzato a mano, dona al prodotto un’immagine di pregio e qualità. Ideale per confezioni regalo. Ingredienti Grana padano Riserva stagionato oltre 20 mesi: latte, sale, caglio, lisozima (proteina dell’uovo). Peso medio/pezzature Confezione: 250 grammi. BOTALLA www.botallaformaggi.com Nome prodotto Maccagno. Breve descrizione del prodotto Il formaggio Maccagno è un prodotto tipico biellese che si differenzia grazie alla consistenza morbida della pasta e agli aromi e profumi che scaturisce durante la degustazione. Viene prodotto nel caseificio Botalla con la ricetta tradizionale e stagionato su assi di abete per circa 60 gg. Il Maccagno può essere degustato come ingrediente per rendere saporito ma delicato un ottimo risotto o semplicemente accompagnato da un vino rosso non troppo corposo. Ingredienti Latte, sale, caglio. Caratteristiche Formaggio a pasta semicotta. Peso medio/pezzature 2 Kg circa. Shelf life 90 giorni. CASEIFICIO SOCIALE DI PREDAZZO E MOENA www.puzzonedimoena.com Nome prodotto Puzzone di Moena. Breve descrizione del prodotto Formaggio caratteristico e ricercato, riconoscibile per la crosta umida, ricoperta da una patina untuosa, per il particolare odore acuto e per il sapore inconfondibile. Al taglio si presenta con una pasta piena di colore bianco o paglierino con un’occhiatura sparsa. Si ottiene da latte crudo e viene stagionato minimo 90 giorni fino ad un massimo di 8-10 mesi. Ingredienti Latte crudo, sale, caglio. Caratteristiche E’ un formaggio gustoso che incontra il favore dei consumatori che apprezzano i sapori decisi delle cose di un tempo. Il nome è stato introdotto all’inizio degli anni settanta, quanto il formaggio, dall’autoconsumo è passato ad una progressiva commercializzazione fuori dalle zone di produzione. Il nome “Puzzone” definisce chiaramente le caratteristiche del prodotto; il termine “Spretz Tzaorì” ne è la traduzione in lingua ladina. Peso medio/pezzature Forma cilindrica con scalzo di 9 – 11 cm e con diametro di 32 – 36 cm. Peso della forma dai 9 ai 12 Kg. Shelf life Confezionato sotto vuoto, e mantenuto in luoghi adeguati, un pezzo di puzzone di Moena ha scadenza di 90 giorni. In forme intere invece, in appositi locali può stagionare anche 8/10 mesi. Latteria Montello www.nonnonanni.it Nome prodotto Formaggini Nonno Nanni. Breve descrizione del prodotto Una nuova referenza che offre al consumatore la genuinità e la freschezza dei formaggi Nonno Nanni, unite ad una particolare cremosità, data dagli ingredienti, tra i quali spicca lo Stracchino Nonno Nanni. Senza conservanti e polifosfati, i nuovi Formaggini Nonno Nanni, sono particolarmente cremosi e facili da spalmare. Ingredienti Stracchino Nonno Nanni 30% (latte, sale, caglio), acqua, formaggi, burro, siero di latte in polvere, proteine del latte, sali di fusione: citrati di sodio (E331), correttore di acidità: acido citrico (E330). Caratteristiche Ricchi in calcio e vitamina A e dal gusto delicato di stracchino, i Formaggini Nonno Nanni vantano una consistenza cremosa e spalmabile. Peso medio/pezzature I Formaggini Nonno Nanni sono disponibili in confezioni da 140 grammi, ciascuna con otto pezzi (da 17,5 grammi) incartati singolarmente. Shelf life I Formaggini Nonno Nanni vanno conservati in luogo fresco e asciutto e hanno una shelf life di 150 giorni. F.lli Oioli www.oioli.it Latterie Vicentine www.latterievicentine.it Nome prodotto Castelgrotta. Breve descrizione del prodotto Formaggio legato al territorio della Pedemontana Vicentina, stagionato in grotta per oltre cinque mesi a temperatura e umidità senza condizionamenti forzati. Ingredienti Latte, fermenti lattici, sale e caglio. Caratteristiche Formaggio prodotto con latte intero, a pasta molle. L’affinamento in grotta naturale gli conferisce un gusto unico, dal sapore marcato e deciso, per palati più esigenti e raffinati. Peso medio/pezzature 11 Kg a forma. Shelf life 120 giorni. Nome prodotto Gorgonzola Dop Dolce Arianna Oro. Breve descrizione del prodotto Il gorgonzola Dolce Arianna Oro figura nelle selezioni di prima scelta del caseificio F.lli Oioli. Per questo marchio il formaggio scelto è a pasta prevalentemente chiara, con poche venature, la consistenza è morbida e cremosa e, rispetto ad altre varietà, il gusto dolce e delicato prevale sulla componente saporita delle muffe. Ingredienti Latte vaccino pastorizzato, caglio, sale. Caratteristiche La pasta è di colore bianco-paglierino con venature verdi, la consistenza è morbida, l’odore caratteristico e il sapore, pur essendo gustoso, tende al delicato. Peso medio/pezzature Forma intera (13 Kg circa), mezza forma, quarto, ottavo e sedicesimo. Shelf life 60 giorni dal confezionamento. SCHEDE PRODOTTO QUATTRO PORTONI www.quattroportoni.it Nome prodotto Blu di bufala. Breve descrizione del prodotto Formaggio erborinato prodotto al 100% con latte di bufala. Ingredienti Latte di bufala intero pastorizzato, sale, caglio. Caratteristiche Di forma quadrata, con il lato di 20 cm e alta 13 cm, presenta una crosta asciutta e rugosa grigio ambrato. La pasta è cremosa, di colore panna chiaro, percorsa da caratteristiche venature blu. Il profumo è gradevolmente intenso e il sapore persistente. Si percepisce la dolcezza del latte di bufala, che attenua le note piccanti dell’erborinatura. E’ prodotto con tecniche artigianali direttamente nell’azienda agricola Gritti Bruno e Alfio di Cologno al Serio, nel territorio del Parco Naturale del Serio, dove si coltivano i foraggi e si allevano le bufale che forniscono il latte necessario alla produzione. Peso medio/pezzature Forma da circa 3,8 Kg. Shelf life 60 giorni. CONSORZIO LATTERIE VIRGILIO www.consorzio-virgilio.it Nome prodotto Formaggini al grana padano Dop. Breve descrizione del prodotto I formaggini al grana padano Dop sono ideali per insaporire i piatti più semplici o da gustare con pane e grissini. La pratica confezione di cartone contiene otto porzioni triangolari, facili da portare con sé anche per uno snack veloce e gustoso. Il prodotto coniuga il sapore e le proprietà nutrizionali del grana padano con la praticità e la creatività in cucina. Ingredienti Grana padano Dop 25% (latte, sale, caglio, conservante: lisozima proteina dell’uovo), acqua, siero latte concentrato, burro, proteine del latte, siero di latte in polvere, sali di fusione: polifosfati di sodio, citrati di sodio; sale, correttore di acidità: acido citrico. Caratteristiche Fettine triangolari, dall’aspetto liscio ed omogeneo, di colore bianco-paglierino. I formaggini hanno il sapore tipico del grana padano e presentano una consistenza morbida e compatta. Peso medio/pezzature 140 gr. Shelf life 120 gg. MARIO COSTA www.mariocosta.it Nome prodotto Gorgonzola dolce Dop Cuore di gran riserva. Breve descrizione del prodotto Formaggio prodotto secondo lo standard di produzione di cui al D.P.R. N° 1269 del 30.10.1955. Riconoscimento Dop 12.06.1996 (Reg. CEE N° 1107/96). Ingredienti Latte, caglio, sale. Caratteristiche Formaggio molle, grasso, a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero pastorizzato. La forma viene incartata con una fascetta di legno (e successivamente con la carte pergamin) e la parte di crosta superiore viene tagliata e riposizionata, dopo l’inserimento di due dischi trasparenti per facilitarne l’apertura. Peso medio/pezzature Forme da 12 chili ca. Shelf life 30 gg. dalla data di confezionamento. Brazzale www.brazzale.com Nome prodotto Gran Moravia Walt Disney “snack” da 20 grammi in busta. Breve descrizione del prodotto Cinque barrette da 20 grammi ciascuna di Gran Moravia dal gusto più dolce, confezionate singolarmente in pratiche buste Atp da 100 grammi. Questo prodotto si propone come una merenda sana, nutriente e sicura per il bambino, e suggerisce inoltre uno stile di vita corretto e rispettoso per sé e l’ambiente attraverso la promozione dello sport e l’utilizzo sul pack dei personaggi Walt Disney impegnati in attività all’aria aperta. Ingredienti Latte, sale, caglio da coltura vegetale, lisozima (proteina dell’uovo). Caratteristiche Dal sapore amabile e attento al gusto dei piccoli consumatori, ma pensato anche per tutta la famiglia. Peso medio/pezzature Confezione di cinque barrette di formaggio Gran Moravia da 20 grammi, confezionate singolarmente, in buste da 100 grammi. Shelf life 120gg. 69