Foto ravvicinata di coralli
del genere Dendronephyta.
Questi coralli vivono ai
margini della barriera e si
Un paradiso
quasi perduto
Il fragile equilibrio della Grande barriera corallina è in pericolo, sotto
trasporto di carbone e gas dall’Australia. Il commercio di energie fossili
minaccia il clima e regala miliardi alle aziende minerarie. Ora l’Unesco
lancia l’allarme e annuncia di voler includere questo patrimonio
naturale dell’umanità nella sua famigerata Lista Rossa.
di Barbara Barkhausen; foto: Jürgen Freund
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L
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«Queste persone giocano con
il nostro reef.
Per loro si tratta
solo di merce
senza valore.»
Ginny Gerlach,
attivista ambientale australiana
e istruttrice di vela
pronta a suonare il campanello d’allarme: è intenzionata a includere il reef
nella sua Lista Rossa, ovvero la famigerata lista che raccoglie i patrimoni
mondiali la cui sopravvivenza è in pericolo (v. pag. 15). Finora la lista ha accolto essenzialmente paesi in via di sviluppo: per la ricca Australia sarebbe
verrà presa nel 2014.
Che il reef versasse in cattive acque è emerso nel 2011, quando il governo australiano non informò il Comitato
per il Patrimonio mondiale dell’Unesco
di aver concesso l’autorizzazione per un
impianto di estrazione di gas a Curtis
rono sul posto e avanzarono alcune richieste ma trascorse un anno senza risposta da parte del governo australiano.
patrimonio nella Lista Rossa puntando
soprattutto il dito, nel proprio rapporto, sulla pessima qualità delle acque del
reef.
Un ecosistema al collasso
La gravità della situazione venne a galla solo nell’ottobre del 2012, quando fu
pubblicato uno studio dai risultati allarmanti: negli ultimi 27 anni la barriera ha perso oltre metà dei suoi coralli.
A causa dell’acqua, sempre più calda e
acida a causa del surriscaldamento globale, i coralli crescono molto più lentamente rispetto al passato e la crescita
complessiva non riesce a compensare le
perdite. Oltre a ciò fattori locali come le
tempeste, le acque di scarico o le fughe
di petrolio, provenienti dalle navi che
attraversano continuamente il reef, non
fanno che aggravare la situazione. Anche la quantità di sedimenti, che negli
ultimi 150 anni è quadruplicata, assie-
W W F A U S T R A L I A , T O M S J O L U N D , J Ü R G E N F R E U N D ( 2 ) , M A R I T I M E Q U E E N S L A N D S A F E T Y, R A F F I N E R I E
clava, vicino a Rockhampton, la costruzione di un nuovo terminal per l’esportazione del carbone ha subito un brusco
stop ma all’origine della decisione ci
sono esclusivamente ragioni economiche. Glasenberg non si sbottona sul futuro del progetto in questione e non
vuole promettere nulla all’ambientalista. La situazione è tesa ma Gerlach ha
l’impressione che la sua visita in Svizzera non sia stata del tutto inutile: chi
vive all’altro capo del mondo deve sapere cosa minaccia il reef australiano.
La Grande barriera corallina è la
barriera di coralli più grande al mondo: 2300 km di lunghezza, 2900 banchi corallini, 1500 specie di pesci e 400
specie di corallo. Dal 1981 è patrimonio mondiale dell’Unesco. Proprio l’or-
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Casinò di Zugo ha una lunridoi coperti da morbidi
tappeti rossi, farebbe pensare agli affari, non sempre
puliti, dell’azienda che in queste sale ha
organizzato la propria assemblea generale. La Glencore Xstrata, azienda svizzera frutto di una recente fusione, opera nel settore delle materie prime. In
Australia sfrutta le miniere di carbone
senberg, CEO del gruppo minerario e
considerato da molti un manager dal
pugno di ferro, ha confessato al «Wall
Street Journal» che per lui le ferie non
esistono: «Da noi si lavora». Questa
mattina a Zugo si respirava un’aria diversa: il CEO, gioviale e affabile, ha trovato anche il tempo dopo l’assemblea
generale per scambiare due chiacchere
con Ginny Gerlach, attivista ambientale australiana.
ra proprio per informare gli azionisti e
l’azienda sulle gravi conseguenze che la
miniera di carbone della Glencore
Xstrata avrà sulla barriera corallina
lungo la costa nordest dell’Australia.
«Se la Glencore aprisse una miniera di
carbone nelle Alpi svizzere, di sicuro i
cittadini svizzeri protesterebbero»,
commenta Gerlach. Durante il suo intervento di cinque minuti davanti ai
duecento azionisti, l’emozione era palpabile: «Sentivo tutto il peso della responsabilità», commenta l’attivista ambientale. «Queste persone giocano con
il nostro reef. Per loro si tratta solo di
merce senza valore». Ma Glasenberg ha
ribattuto senza mezzi termini: «La nostra attività non ha un impatto sull’am-
Dragaggi: per i porti e le grandi
rotte mercantili vengono dragati milioni di metri cubi di fondale marino
nel reef. Il materiale risultante viene
poi scaricato altrove in mare.
Stelle corona di spine: a milioni proliferano nel reef divorando i coralli. La
loro massiccia diffusione è originata
dai fertilizzanti agricoli.
Megaporti: il loro potenziamento devasta il patrimonio naturale.
Da qui transiteranno gas e carbone, materie prime che
contribuiscono ad aggravare il surriscaldamento del pianeta.
Quintell Beach
Cape Flattery
Cooktown
Sbiancamento dei coralli: il riscaldamento globale aumenta la temperatura e l’acidità dell’acqua, causa dello sbiancamento dei coralli.
F O N T E : W W W. F I G H T F O RT HE R E E F. O R G / W W F ; G R E AT B A R R I E R R E E F M A R I N E P O RT A U T H O R I T Y; Q U E E N S L A N D G OV E R NM E N T
Cairns
Mouriliyan
Lucinda
Legenda:
Area Patrimonio naturale
dell’UNESCO
Townsville
Abbot Point
Rotte mercantili
Bacini di sedimentazione e
ricchi depositi di materie prime
Mackay
Hay Point
navi l’anno)
navi l’anno)
Incidenti navali e fughe di greggio:
Nella foto il mercantile cinese MV
Sheng Neng 1 che nel 2010 devastò la barriera corallina per un
tratto di 3 km prima di arenarsi.
Alma
Miniere
Gladstone
Riquadro
della mappa km
0
500
AUSTRALIA
Brisbane
2500
Brisbane
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Un ecosistema vastissimo: la
Grande barriera corallina è
lunga 2300 km ed è grande
8 volte la Svizzera. A destra:
un canale naturale fra banchi
corallini dell’Hook Reef vicino
alle isole Whitsunday.
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«Il potenziamento dei
porti lungo la
costa avrà
conseguenze
incalcolabili.»
Richard Leck,
esperto di Reef, WWF Australia
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Oggi nella regione inserita tra i Patrimoni dell’umanità, sono attivi già dodici porti, cinque dei quali hanno dimensioni gigantesche. Qui carbone, gas, e
in futuro forse anche uranio, vengono
imbarcati su grandi mercantili diretti
verso Cina e India per soddisfare la loro
fame di energia. Per costruire i porti,
milioni di metri cubi di terra vengono
«È tempo
che questo
pericoloso
sviluppo
industriale
si fermi.»
Larissa Waters, senatrice verde,
Queensland
Tuffatevi nel meraviglioso mondo sottomarino della Grande
barriera corallina con il vostro computer! Scaricate le
immagini di questo articolo (per PC o Mac) alla seguente
pagina web e usatele come sfondo:
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che gestiscono i porti negano i danni arrecati al reef. Kieran Moran, della
Gladstone Ports Corporation, precisa in
una e-mail: «Ci sono centinaia di rapporto di Gladstone sia innocuo e non
abbia effetti negativi sulla Grande barriera corallina poiché situata a oltre 47
km di distanza». Alcuni ricercatori, tra
versity nel Queensland, hanno al contrario osservato nelle loro ricerche come
la qualità dell’acqua soffra dei sedimenti scaricati e come nella regione il numero di tartarughe, leoni marini e pesci diminuisca. L’ampliamento previsto
del porto di Alma nel delta del Fitzroy,
ad esempio, minaccia una specie di delva già lanciato l’allarme due anni fa ma
il ministero dell’ambiente ha fatto orecchie da mercante.
Il responsabile del progetto, in attesa di ricevere o meno il nullaosta, è il
Mitchell Group che, interpellato, non
ha rilasciato alcuna dichiarazione. La
ricezionista ha risposto per telefono che
la nostra richiesta era stata inoltrata e
che ora spettava ad altri decidere se rispondere. Di più non ci ha potuto dire.
non rispondere.
Il gruppo australiano Mitchell,
come la svizzera Glencore Xstrata, guadagna miliardi esportando le ricchezze
del sottosuolo del Queensland. Il carbone e il gas viene caricato sulle navi
che partono attraversando proprio la
regione della Grande barriera corallina. Si tratta di 4000 imbarcazioni ogni
anno, che potrebbero diventare persino 7000 entro il 2020. «Così tante navi
incagliò a est di Rockhampton, perse
petrolio e lasciò una vera e propria cicatrice di ragguardevoli dimensioni nel-
T R O Y M A Y N E / O C E A N I C I M A G E R Y. C O M
L’habitat di tartarughe, leoni marini e pesci a rischio
dragati. Il limo che ne risulta viene scaricato altrove in mare senza molte prera più estese di fondali marini e
soprattutto di praterie di zostera marina, un’importante componente della
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me a concimi e pesticidi impiegati in
agricoltura sono una minaccia per i coralli perché hanno favorito la proliferazione delle alghe, di cui sono ghiotte le
larve della vorace stella marina corona
di spine. La stella marina, che si sta moltiplicando oltre misura, divora gli ultimi coralli rimasti. «La Grande barriera
corallina è un ecosistema sottoposto a
un’enorme pressione», spiega Richard
Leck, esperto di reef per il WWF Australia. La barriera corallina si trova nella
fase di maggior vulnerabilità di tutta la
sua storia. «Il potenziamento dei porti
lungo la costa avrà conseguenze incalcolabili».
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la barriera allorché lo scafo, ingovernabile, entrò in contatto con i coralli. In
quell’occasione si stima siano andati distrutti 290 000 m2 di reef.
Mentre le organizzazioni ambientaliste lanciano l’allarme, il mondo politico tenta di placare gli animi del paese con il denaro: sono stati stanziati
200 milioni di dollari per migliorare la
qualità dell’acqua nella regione del reef.
Andrew Powell, ministro locale dell’ambiente, afferma che il suo Stato, da solo,
stanzia 35 milioni all’anno per la barriera corallina. Ma per Larissa Waters,
prima senatrice verde del Queensland,
chiede che le raccomandazioni e i desiderata del Comitato dell’Unesco per la
legge. «È tempo che questo pericoloso
l’industria del carbone a portare soldi
nelle casse dello Stato australiano. Il
reef genera sei miliardi di dollari all’anno di introiti grazie al turismo e offre
impiego a quasi 60 000 persone.
Larissa Waters, Richard Leck o
Ginny Gerlach godono di un nutrito appoggio popolare. Secondo un sondaggio del WWF effettuato all’inizio del
2013, per il 91% degli australiani la protezione della barriera corallina è la
principale questione ambientale
dell’anno. Molto si è messo in moto: numerosi contadini hanno infatti deciso
di cambiare i loro metodi di coltivazione e anche una parte della popolazione
Townsville alcuni aborigeni hanno avviato un progetto di ricerca sulle tartarughe per capire come mai nel recente
passato si siano ammalate così tante testuggini.
Quanto tempo ci resta per evitare
un disastro ambientale nella Grande
dentemente resistente», afferma Ginny
Gerlach. «Ma ci troviamo di fronte a una
svolta. Dobbiamo invertire la rotta».
A
ttualmente 38 dei 1000
patrimoni naturali e
sono stati inseriti nella
«lista dei patrimoni a
rischio». Il motivo può
essere una catastrofe naturale ma
nella maggior parte dei casi la causa
principale sono guerre, inquinamento
ambientale, espansione urbana incontrollata o un turismo intensivo e senza
regole. Con la Lista Rossa, l’Unesco intende fare pressione a favore della conservazione dei patrimoni e insieme introdurre misure di aiuto. Per alcuni
governi l’inclusione nella «Lista Rossa» è un segnale di speranza, per altri
un motivo di vergogna. Se un territorio perde le proprie ricchezze, può anche perdere lo status di patrimonio
mondiale. È accaduto alla Valle dell’Elba a Dresda: a causa della costruzione
di un ponte a quattro corsie la regione
è stata depennata dalla lista.
Parco nazionale delle Everglades,
L’area alluvionale tropicale del sud
degli Stati Uniti è una zona umida di
importanza globale. Dal 1993 (salvo
un’interruzione di tre anni) il parco è
incluso nella «Lista Rossa». La regione è minacciata dai fertilizzanti dell’agricoltura e dall’aumento del consumo d’acqua dei bacini idrici
circostanti. Quello delle Everglades è
l’unico patrimonio mondiale a rischio
situato in una nazione occidentale.
Madagascar
Alcuni dei patrimoni
naturali a rischio
sono ben sei Parchi nazionali, in alcuni dei quali opera anche il WWF. Il
Cinque parchi nazionali,
Repubblica democratica del Congo:
Grandi Laghi è la causa dell’inclusione dal 1994 dei cinque patrimoni naturali della Repubblica Democratica
del Congo nella lista dei patrimoni a
rischio. Tra di essi, anche il Parco nazionale del Virunga, dove il WWF si
impegna da anni per i gorilla di montagna. Il parco è minacciato da future
trivellazioni petrolifere (v. pag. 4).
taglio illegale di legno di palissandro
e di ebano nonché il bracconaggio dei
lemuri hanno spinto l’Unesco a includere la regione nella lista dei siti a ricritica il fatto che il governo malgascio
consenta l’esportazione di legno illegale. – lis
©
F R I T Z P Ö L K I N G / W W F, E D WA R D P A R K E R / W W F - C A N O N , N A T U R E P L . C O M / B R U C E D A V I D S O N / W W F - C A N O N
quando non avremo capito qual è effettivamente la posta in gioco», chiarisce
La «Lista Rossa» dei paradisi
naturali a rischio
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Il fragile equilibrio della Grande barriera corallina è in pericolo, sotto