“… attinto dall’intuizione del mondo esterno e
reale, nonché dall’orizzonte che, su tale mondo, ci
ha dischiuso la realtà interiore dell’autocoscienza.”
schopenhauer
Le influenze culturali
PLATONE
La dottrina delle idee: forme eterne
sottratte alla caducità del mondo.
KANT
Impostazione soggettivistica della
gnoseologia.
Irrazionalismo; importanza dell’arte e
ROMANTICISMO della musica; tensione ad infinitum.
ILLUMINISMO
(filone materialista)
Analisi della vita psichica come
fisiologia del sistema nervoso.
SPIRITUALITA’
ORIENTALE
Il Velo di Maya; l’ascesi come
via di liberazione dal dolore.
L’opera magna
Il filosofo delinea una duplicità di prospettive che vengono fatte
corrispondere alla distinzione kantiana fra fenomeno e noumeno.
IL MONDO…
…come RAPPRESENTAZIONE
…come VOLONTA’
È la dimensione esteriore
che l’individuo conosce
applicando le categorie di
spazio, tempo e causalità.
È l’orizzonte che si schiude
all’individuo quando rivolge
lo sguardo alla sua interiorità.
È illusione, dimensione
onirica, il Velo di Maya.
È essenza della realtà,
accessibile al filosofo che
squarcia il Velo di Maya.
Il Velo di Maya
L’antica saggezza religiosa indiana, conservata nei versi
dei Veda, ritiene che: “è Maya il velo dell’illusione, che
ottenebra le pupille dei mortali e fa loro vedere un mondo
di cui non si può dire né che esista né che non esista; il
mondo, infatti, è simile al sogno, allo scintillio della luce
solare sulla sabbia che il viaggiatore scambia da lontano
per acqua, oppure ad una corda buttata per terra ch’egli
prende per un serpente.”
Le categorie
Schopenhauer ammette tre forme a priori: SPAZIO,
TEMPO e CAUSALITA’. Esse sono paragonate a dei vetri
sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma.
La rappresentazione è, per questo, considerata una
fantasmagoria ingannevole e la vita qualcosa di simile ad
una dimensione onirica.
Differenze con l’impostazione kantiana
KANT
Fenomeno
Unica realtà accessibile
alla mente umana
SCHOPENHAUER
Illusione,sogno, Velo di
Maya
KANT
Noumeno
Concetto limite che
serve da pro-memoria.
SCHOPENHAUER
Realtà nascosta dietro il
Velo di Maya.
La Volontà di Vivere: caratteri
INCONSCIA perché
è oltre la dimensione
fenomenica e si sottrae
alle forme a priori che la
caratterizzano.
UNICA perché esiste
al di fuori di spazio e
tempo che moltiplicano
e dividono gli enti.
VOLONTA’ DI
VIVERE
ETERNA perché è
oltre la forma del tempo
quindi non ha né inizio
né fine.
SENZA SCOPO
INCAUSATA perché
è oltre la categoria di
causa e si configura
come forza libera.
perché non ha una meta,
vuole se stessa.
Con questa caratterizzazione della Volontà, Schopenhauer approda alla
tesi di ateismo.
La Volontà di vivere
Ponendo la Volontà come essenza del reale, Schopenhauer
individua una irrazionalità di fondo nella realtà, che lo
pone agli antipodi della tradizione idealistica. Hegel,
infatti, aveva affermato che: “Tutto ciò che è reale è
razionale, tutto ciò che è razionale è reale.”
È fondamentale anche il rapporto fra l’impostazione
schopenhaueriana e quella platonica, che pure ha
influenzato il sistema del filosofo di Danzica.
Mentre Platone individua un dualismo fra l’essenza
noumenica -l’idea- e il fenomeno -la copia del mondo
sensibile-, per Schopenhauer, invece, l’essenza della realtà
- la Volontà - è immanente a tutte le sue manifestazioni.
L’ateismo
Nel doloroso universo schopenhaueriano non trova spazio
un Dio che sia ente unico, incausato, eterno: questi
caratteri, tradizionalmente attribuiti a Dio, qui, invece,
definiscono la Volontà di Vivere, unico e vero Assoluto.
Le oggettivazioni della Volontà
La Volontà di Vivere
si oggettiva nel
mondo fenomenico
attraverso due fasi
In un sistema di
forme immutabili,
aspaziali e
atemporali: le idee
Nelle realtà naturali,
strutturandosi in un
sistema gerarchico di
gradi
Dolore, piacere, noia
“La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la
noia, passando attraverso l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere.”
DOLORE
Posta la Volontà quale essenza della realtà e poiché
volere significa desiderare qualcosa che non si ha, lo
stato di tensione continua che ne deriva genera
sofferenza.
Schopenhauer
teorizza tre stati
esistenziali
PIACERE
Il godimento (fisico) e la gioia (psichica) è
cessazione del dolore, scarico da uno stato
preesistente di tensione, che ne è condizione
indispensabile.
NOIA
Subentra quando viene meno l’aculeo
del desiderio o il pungolo delle
preoccupazioni.
Il piacere
La concezione del piacere come cessazione del dolore era
stata già sostenuta da Pietro Verri e da Giacomo
Leopardi. Schopenhauer, in uno scritto, cita
esplicitamente il poeta Leopardi manifestando grande
apprezzamento per “l’italiano che ha saputo rappresentare
in maniera profonda il dolore”
Il dolore
Poiché la Volontà di vivere si manifesta in tutte le cose, il dolore non
riguarda solo l’uomo ma investe ogni creatura. Tutto soffre: dal fiore che
appassisce all’animale ferito, dal bimbo che nasce al vecchio che muore.
L’uomo, tuttavia, soffre più d’ogni altra creatura perché è dotato di
maggiore consapevolezza ed è destinato a sentire in maniera più vivace e
distinta il pungolo della Volontà. Fra tutti gli uomini, poi, il genio
sperimenta la più acuta sofferenza: “chi aumenta il sapere moltiplica la
sofferenza” (Ecclesiaste I, 18).
Anche a questo proposito è evidente l’analogia con il pensiero
leopardiano. Il poeta italiano, infatti, scriveva nel suo Zibaldone di
pensieri: “Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà
sempre infelice di necessità. Non il genere umano solamente ma tutti gli
animali. Non gli animali soltanto ma tutti gli esseri al loro modo. Non
gl’individui, ma le specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi”.
Pensieri, LXVIII
La noia
Se finora si è rintracciata una sostanziale analogia fra la
filosofia leopardiana e quella schopenhaueriana, le due
linee di pensiero divergono a proposito della concezione
della noia. Per Leopardi, infatti, la noia è prova della
grandezza e della nobiltà dell’uomo, in quanto segno di
sproporzione tra la nullità e l’insufficienza delle cose
terrene e la grandezza del nostro desiderio.
“La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti
umani: considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il
numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che
tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio…”
L’iter salvifico
L’influenza delle sentenze pessimistiche del pensiero orientale
(“esistere è soffrire”), di Platone (“è meglio non essere nati
piuttosto che vivere”) e della tradizione biblico-cristiana (“la vita è
valle di lacrime”) inducono Schopenhauer alla teorizzazione della
forma più radicale di pessimismo mai formulata nella storia del
pensiero occidentale. Egli stesso però, rifiutato il suicidio come
fuga da questo universo doloroso, individua un percorso salvifico
che conduca l’uomo alla liberazione dal dolore.
L’arte
Le vie di
liberazione
dal dolore
L’etica della pietà
L’ascesi
Il rifiuto del suicidio
non è negazione della Volontà ma, al
contrario, la sua stessa forte
affermazione: “il suicida vuole la vita
ed è solo malcontento delle
condizioni che gli sono toccate”
Schopenhauer
rifiuta il
suicidio
perché
il suicidio è negazione di una sola
manifestazione della Volontà, la
quale, pur morendo in un
individuo, rinasce in mille altri.
L’arte
L’arte è una forma di conoscenza che si rivolge alle idee,
ossia alle forme pure, ai modelli eterni delle cose. Ciò
avviene perché in una qualsiasi produzione artistica questo
amore, questa guerra, questa sofferenza vengono sublimate
per rappresentare l’amore, la guerra, la sofferenza. La
contemplazione di un’opera d’arte permette all’uomo di
svincolarsi dalla realtà, dalla dimensione del particolare;
ma solo temporaneamente: subito dopo, infatti, l’uomo
ricade vittima della Volontà.
L’etica della pietà
Questo secondo momento dell’iter salvifico implica, a
differenza del primo, un impegno concreto nel mondo a
favore del prossimo. La morale schopenhaueriana non
nasce da un imperativo categorico, come per Kant, ma
da un sentimento di pietà attraverso cui l’individuo
avverte come proprie le sofferenze degli altri
(compassione). Ai suoi massimi livelli la pietà consiste
nel far proprio il dolore di tutti gli esseri passati e presenti
e nell’assumere su di sé la sofferenza cosmica. Ma anche
l’etica della pietà permette una liberazione solo parziale
dalla Volontà: sarà con l’ascesi che l’uomo si riscatterà
definitivamente dalla condizione di vittima della Volontà
di vivere.
L’ascesi
L’ascesi è l’esperienza attraverso cui l’uomo si propone di
espiare il proprio desiderio di esistere, godere, volere. Essa è
preparatoria allo stato di Nirvana, in cui i legami con il mondo
sono completamente azzerati. A questo punto la Volontà, vinta in
un solo individuo, poiché unica, perisce tutta.
Castità perfetta
Le tre tappe
del processo
di ascesi
Digiuno
Povertà
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