SOMMARIO
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Bolla Papale
“Come Maria, come Abramo,
affidato totalmente a Dio”
Intervento di Mons.Vito Angiuli
“Maestro e testimone del Vangelo
in Fines Terrae”
Omelia S.E. Mons. Mamberti
“La preghiera sia il cuore
di tutta la tua vita e missione”
Ringraziamento Mons. Antonazzo
“Maria il ponte che unisce
la divinità e l’umanità”
Festa Madonna di Leuca
“Don Gerardo scrigno di bontà”
Omelia S.E. Mons. Antonazzo
“Senza il Signore
le nostre vite sono vuote!”
Saluto di Don Gianni
“La gioia ti accompagni
nel tuo ministero”
Ingresso nella Diocesi di Sora
L’abbracio di Sora
a Mons. Antonazzo
alla presenza di 5000 fedeli
Saluto al sindaco di Sora
“Unica deve essere la passione
per la città degli uomini”
Omelia inizio ministero episcopale
“Il mio impegno è quello di stare
dalla parte dei più deboli”
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Don Gianni Leo
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RESPONSABILE
Michele Rosafio
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BOLLA PAPALE
BENEDETTO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO
al diletto figlio Gerardo Antonazzo, del clero della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e finora suo Vicario Generale, eletto Vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, salute e Apostolica Benedizione.
Costituiti sulla Cattedra del beato Pietro, poiché desideriamo provvedere alla Cattedrale della Chiesa di Sora-Aquino-Pontecorvo, sede italiana antica e illustre per
storia e per personalità civili e religiose, rimasta vacante dopo la nomina del Venerato Fratello Filippo Iannone, O. Carm., a Vice Gerente di Roma, sentito il parere della Congregazione per i Vescovi, te, diletto Figlio, dotato delle qualità necessarie e di esperienza pastorale, reputiamo degno di essere eletto Pastore di questa
diocesi.
Pertanto, con la Nostra Suprema potestà Apostolica, ti nominiamo Vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, con tutti i diritti e i doveri. Ti permettiamo di ricevere l’ordinazione episcopale da qualsiasi Vescovo cattolico fuori della città di Roma, a
norma delle leggi liturgiche e dopo aver fatto la professione di fede cattolica e aver
prestato il giuramento di fedeltà a Noi e ai Nostri Successori secondo il codice di
Diritto Canonico e la consuetudine.
Disponiamo inoltre che di questa Lettera vengano informati il tuo clero e il tuo popolo, che esortiamo ad accoglierti volentieri e a onorarti col dovuto rispetto. Abbi
cura, inoltre, diletto Figlio, di nutrire i fedeli a te affidati con le opere, l’esempio
e, soprattutto, con la Parola di Dio e l’amministrazione dei Sacramenti, mediante
i quali la vita di Cristo si diffonde tra i credenti ed a Lui essi si uniscono in modo
arcano e reale (cfr S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., III, q. 62, a. 5, I).
I doni sublimi dello Spirito Santo, per l’intercessione della Beata Vergine Maria,
assicurino sempre sostegno e gioia a te e a codesta comunità ecclesiale a Noi particolarmente cara.
Dato a Roma, presso S. Pietro, il 22 gennaio dell’anno del Signore 2013, VIII del
Nostro Pontificato
Benedetto XVI
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ORDINAZIONE DI MONS. GERARDO ANTONAZZO
“Come Maria, come Abramo,
affidato totalmente a Dio”
C
ome Maria, come Abramo. Così
mons. Gerardo Antonazzo, nuovo vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, ha descritto il suo stato d’animo nel messaggio che ha letto a conclusione della Messa Pontificale della
sua ordinazione a Santa Maria di Leuca, davanti a 4.000 fedeli venuti dalla
diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e dalla sua nuova diocesi lazialeabruzzese. Maria, che il giorno dell’Annunciazione si affida a Dio totalmente, anche senza capire; Abramo che
obbedisce senza esitazione al comando
di Dio che gli chiede di lasciare la sua
terra per “andare dove io ti indicherò”.
Con fiducia, con filiale abbandono, consapevole della propria povertà e limitatezza, “ripartendo da Dio” e “partendo
con Dio”. Tutto questo riassunto nella
straordinariamente ricca e potente, dal
punto di vista mistico, parola del vangelo di Luca al capitolo 1: “Non Temere!”. Parola cui mons. Antonazzo affianca quella del salmo 131: “Io resto
quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”.
La celebrazione dell’ordinazione
del nuovo vescovo salentino, presieduta dal mons. Dominique Mamberti e
co-presieduta dal nunzio apostolico
mons. Adriano Bernardini e dal vescovo di Ugento-S.M. di Leuca mons. Vito
Angiuli, insieme al Card. Salvatore De
Giorgi e ad altri 30 vescovi, è stata uno
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ORDINAZIONE DI MONS. GERARDO ANTONAZZO
stupefacente mix tra bellezza della liturgia e bellezza del creato, che qui in
questo promontorio consacra l’unione
tra Cielo e terra, Spirito e creato. Tutto
un altro significato hanno assunto i simboli tradizionali dell’ordinazione, impartiti nella navata di questa cattedrale
sotto il cielo: l’imposizione della mani,
la posizione del Vangelo sulla testa del
nuovo vescovo, l’unzione crismale, la
consegna dell’anello, della mitra, del
pastorale, il bacio dei confratelli.
Mons. Mamberti nella sua omelia ha
sottolineato la dimensione di servizio
del vescovo, richiamando a questo proposito la forza della parole che proprio
papa Francesco di recente ha detto. Il
ministero del vescovo, infatti, non è un
ministero del potere e dell’onore, ma
un ministero del “servo di Dio solo”,
“servo” che in questo caso è Padre e ha
cura di ognuno dei figli che il Signore
gli ha affidato: dal presbiterio ai fedeli
tutti, ai poveri soprattutto, agli indifesi,
a quanti hanno bisogno di aiuto e accoglienza e anche i lontani. Mons. Mamberti ha voluto poi richiamare anche la
memoria del Servo di Dio mons.
Tonino Bello, anche lui figlio di questa
terra, venerato ormai dalla chiesa intera, soprattutto dai giovani, indicandolo
al nuovo vescovo come esempio e modello, nella sua tenerezza, nella sua
capacità di allargare gli orizzonti della
evangelizzazione, nella sua profondità
spirituale e umana.
Il vescovo Angiuli nel suo saluto,
richiamando le parole di Sant’Agostino
(cf. La Città di Dio, XIX, 19), ha fatto
gli auguri al nuovo vescovo: “In te, caro fratello, la contemplazione della verità sia strettamente unità al dovere della carità, cosicché la luce della verità si
riscaldi al fuoco della carità e la fiamma della carità irradi lo splendore della
verità”.
Luigi Russo
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INTERVENTO DEL VESCOVO MONS. VITO ANGIULI
“Maestro e testimone
del Vangelo in Fines Terrae”
Surrexit Dominus vere, alleluja!
Il gioioso annuncio pasquale, questa
sera, si riveste di uno speciale sentimento di lode al Signore per aver scelto Mons. Gerardo Antonazzo, presbitero di questa Chiesa di Ugento - S. Maria di Leuca, come Vescovo della Chiesa di Sora - Aquino - Pontecorvo.
Saluto e ringrazio Lei, Ecc.za Rev.ma
Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo titolare di Sagona e Segretario
per i Rapporti della Santa Sede con gli
Stati, per avere accolto l’invito a presiedere questa solenne Concelebrazione Eucaristica.
Eccellenza, attraverso la mia persona
e le mie parole, l’intera Chiesa di
Ugento- S. Maria di Leuca Le esprime
profonda gratitudine perché con l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria Lei, insieme con i Vescovi qui
presenti, invocherà su Mons. Antonazzo
il dono dello Spirito che lo costituirà
pastore secondo il cuore di Dio.
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A questa festa ecclesiale, ha voluto
prendere parte anche Lei, Eminenza Reverendissima, Card. Salvatore De Giorgi: la Sua presenza a questo sacro rito
manifesta ancora una volta l’affetto che
Lei nutre per le Chiese di Puglia e, in
particolare, per quelle del Salento.
Esprimo la più viva riconoscenza a
Lei, Ecc.za Rev.ma Mons. Adriano Bernardini, Nunzio Apostolico in Italia, per
la Sua presenza al rito di Ordinazione e
la Sua vicinanza spirituale agli inizi del
ministero episcopale di Mons. Gerardo
Antonazzo.
Eminenza ed Eccellenze Reverendissime le vostre tre persone, in modo
diverso, ci fanno avvertire in modo più
inteso la vicinanza del Papa emerito,
Benedetto XVI, che ha conferito nomina episcopale a Mons. Antonazzo e di
Papa Francesco perché l’Ordinazione
episcopale avviene agli inizi del suo
ministero petrino.
Rivolgo un fraterno saluto a Lei,
INTERVENTO DEL VESCOVO MONS. VITO ANGIULI
Ecc.za Rev.ma Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto e
Presidente della Conferenza Episcopale
Pugliese, e ai confratelli Vescovi di Puglia e delle altre Regioni ecclesiastiche
qui convenuti. La vostra presenza è segno dell’affetto e dell’unità che vige
nel Collegio Episcopale.
Sono riconoscente alle Autorità civili e militari e ai Rappresentati della
Istituzioni per la loro partecipazione a
questa solenne liturgia.
Ill.me Autorità, con questo gesto
dimostrate ancora una volta la vostra
premurosa attenzione verso la Chiesa e
la gente di questo territorio che voi servite con generosità e responsabilità.
Estendo l’affettuoso saluto a tutti i
sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose,
seminaristi e fedeli laici. La vostra commossa e gioiosa partecipazione a questa
liturgia manifesta il volto della Chiesa ed
esprime il servizio pastorale al quale il
Vescovo è chiamato: essere a servizio del
popolo di Dio come principale animatore della comunione e della missione.
Rev. mo Mons. Antonio Lecce e voi
carissimi sacerdoti e fedeli della Chiesa
la Sora-Aquino-Pontecorvo, la vostra
gioia è anche la nostra. Uno stesso gaudio accomuna le nostre due Chiese.
In questo solenne momento, la
nostra comune esultanza si trasforma in
un sincero augurio che insieme rivolgiamo a Mons. Gerardo Antonazzo con
le splendide parole di sant’Agostino:
“L’amore della verità ricerca la quiete
della contemplazione,
il dovere dell’amore accetta l’attività
dell’apostolato.
Se nessuno impone questo peso,
ci si deve dedicare alla ricerca e alla
contemplazione della verità;
se però esso viene imposto dev’essere
assunto per dovere di carità.
Ma anche in questo caso
non si devono abbandonare le consolazioni della verità,
perché non accada che, privati da questa dolcezza,
si resti schiacciati da quella necessità”
(La Città di Dio, XIX,19)
Eccellenza Rev.ma, carissimo don
Gerardo,
le parole di sant’Agostino ti siano di
guida nel tuo magistero e nel tuo ministero. La contemplazione della verità
(otium) sia strettamente unita al dovere
della carità (negotium) cosicché la luce
della verità si riscaldi al fuoco della
carità e la fiamma della carità irradi lo
splendore della verità.
Ti siamo vicini con la nostra preghiera e il nostro affetto. Ti affidiamo
alla Vergine de finibus terrae perché ti
protegga e ti aiuti a essere maestro e
testimone del Vangelo in fines terrae.
La gioia del Signore sia la tua forza!
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OMELIA DI SUA ECC. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI
“La preghiera sia il cuore
di tutta la tua vita e missione”
Eccellenze, cari Sacerdoti, cari fratelli e sorelle,
Sono molto lieto di rivolgere il mio
cordiale saluto agli Eccellentissimi
Vescovi di Puglia, a Mons. Vito Angiuli, che ringrazio per la benevola accoglienza, a Mons. Gerardo Antonazzo, ai
Sacerdoti, alle autorità civili e militari e a voi tutti qui
presenti. Desidero esprimere la gratitudine per avermi
invitato a presiedere questa
celebrazione eucaristica nella quale il nostro fratello
Gerardo riceverà l’Ordinazione episcopale, in questa
terra denominata sin dall’antichità “terra bianca”,
che si protende ad oriente e,
per questo, luogo di incontro di popoli e di culture.
Saluto, inoltre, i Sacerdoti e
i fedeli della comunità diocesana di Sora-Aquino-Pontecorvo,
che si stringono attorno al loro nuovo
Pastore. Alla riconoscenza unisco la
profonda gioia di parteciparvi l’affetto
e il saluto benedicente del Santo Padre,
il quale è a conoscenza di questa celebrazione e assicura la Sua vicinanza
spirituale con il ricordo particolare
nella preghiera.
L’odierna solennità dell’Annunciazione del Signore ci orienta in modo
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ancora più profondo verso il mistero
della Pasqua, che in questi giorni stiamo vivendo. Infatti, il primo e l’unico
“si” del Figlio che facendo il suo ingresso nel mondo ha detto: “Ecco io
vengo per fare la tua volontà” (Eb 10,410), riceve la risposta del Padre, il
quale, dopo l’offerta dolorosa della Passione, sigilla
nello Spirito Santo, con la
Risurrezione di Gesù, la
salvezza per tutti nella santa
Chiesa. Sia la Parola di Dio,
sia i testi eucologici sottolineano il mistero dell’Annunciazione come il compimento della promessa del
Signore, invitando a riviverlo nella fede. È necessario questo sguardo unitario
del Mistero di salvezza per
accogliere nella nostra vita
l’Incarnazione del Verbo di
Dio. La celebrazione del “Verbo che si
fa carne” (Gv 1,14) è sostanzialmente
un avvenimento che dice come Dio ha
piantato le sue tende fra gli uomini, ha
voluto mostrarsi nella fragilità della
spogliazione e dell’abbassamento (Fil
2,5-8). La visita del Signore al suo popolo era stata preannunciata, ma come
sarebbe avvenuta restava qualcosa di
oscuro. Ed è qui che si manifesta l’assoluta novità di Dio, impensabile per la
OMELIA DI SUA ECC. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI
ragione umana. Egli non è passato tra
gli uomini, ma si è reso presente nel
cuore stesso dell’esperienza umana.
Pertanto la storia della salvezza è caratterizzata dalla scelta sconvolgente del
Signore di assumere tutto dall’interno.
Per tale motivo la solennità dell’Annunciazione del Signore, non è solo l’inizio, ma la chiave di lettura e di comprensione dell’agire di Dio.
L’esaltazione di Gesù, che lo costituisce “Signore” per sempre, non attenua il mistero dell’uomo Gesù, perché
Dio donandoci il Figlio nel tempo realizza la nostra adozione a figli (Gal 4,45). E in tale luce la Vergine Maria è presentata come colei che ha collaborato al
mistero della volontà salvifica di Dio.
Ella è invitata alla gioia messianica come vera Figlia di Sion, è oggetto del
favore di Dio perché è scelta da sempre
ad essere Madre del Verbo. Il saluto
rivolto alla Vergine Maria, facendo eco
agli annunci di salvezza rivolti alla figlia di Sion, esprime la gioia della buona novella, il Signore è presente in
mezzo al suo popolo come suo Salvatore. La grandezza della Vergine Maria è
nell’essere segno della presenza salvifica
di Dio. Il Signore è con Lei, perché sia la
Madre del Dio con noi. Nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium è
affermato: “i santi Padri ritengono che
Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò
alla salvezza dell’uomo con libera fede e
obbedienza. Infatti, come dice sant’Ireneo, essa “con la sua obbedienza divenne causa di salvezza per sé e per tutto il
genere umano”.(n. 58). La Vergine Maria ricolma della grazia di Dio, nella sua
profonda umiltà, diventa “serva” della
volontà salvifica del Signore per il suo
popolo. In tal modo, Ella è per tutta la
Chiesa modello di come amare e servire
il progetto di Dio ed essere collaboratori
della salvezza in ogni tempo. In particolare la Vergine Madre è “segno eloquente” per coloro che dal Signore sono stati
scelti e costituiti Pastori per il bene del
popolo di Dio.
Cari fratelli e sorelle, l’ordinazione
episcopale di Mons. Gerardo Antonazzo,
che avviene in questa solennità del Signore, si colloca nel contesto di una visione globale della storia della salvezza.
Sì, è un avvenimento che si iscrive nella
trama di questa storia. Non dobbiamo
considerarlo come un fatto isolato, personale, poiché attraverso la successione
Apostolica si riannoda con la missione
originale e fontale di Cristo e, quindi,
con l’iniziativa di Dio Padre, principio di
tutta l’economia della salvezza.
Con il conferimento dell’Ordinazione l’ordinato è posto al servizio della storia della salvezza. E questa storia,
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OMELIA DI SUA ECC. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI
pur distinguendosi nelle diverse tappe
di preparazione e prefigurazione dell’Antica Alleanza, di attuazione piena
in Cristo, di prolungamento nei tempi
della Chiesa, è una storia unica, come il
realizzarsi progressivo del progetto divino. Questo vincolo dell’ordinato con
tutta la storia della salvezza fa cogliere
il riferimento alla persona e all’opera
del Signore Gesù: “uno solo, infatti, è
Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli
uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha
dato se stesso in riscatto per tutti” (1
Tm 2,5-6). Egli è l’unico Sacerdote
della nuova alleanza ma per volontà
dello stesso Gesù esistono nella Chiesa
dei ministeri che derivano dalla missione, dal servizio dello stesso Gesù Cristo.
Ben conosciamo come il Magistero del
Concilio Vaticano II ha pienamente
accolto uno dei punti fermi della teologia dei Padri della Chiesa in riferimento
al ministero gerarchico. Infatti, la presenza di Cristo nei suoi ministri è intesa
come una presenza sacramentale, quindi
reale. Attraverso le parole e le azioni del
suo ministro, colui che opera veramente
è Cristo. Sant’Agostino afferma: “Pietro
battezza? È Cristo che battezza” (Trac.
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In Io. VI, 7: PL 35,1428). La comunità
cristiana riconosce la presenza salvifica
di Cristo nei suoi ministri. Tutto ciò
rende il Vescovo, nella Chiesa particolare, un “servitore” di Cristo e tutto il
ministero pastorale è un vero servizio
alla Chiesa e agli uomini di buona
volontà. L’identità del ministero del
Vescovo si caratterizza come segno
vivente del Cristo supremo Pastore del
popolo di Dio in vista della edificazione
della Chiesa. Solo in questa particolare
relazione a Cristo e alla Chiesa, il
Vescovo può vivere la sua identità e realizzare la sua missione.
Caro don Gerardo possa tu essere
coraggioso pastore e autentico apostolo
del Vangelo. La tua disponibilità e
generosità siano segno dell’amorevole
premura di Dio Padre, che in Cristo
realizza il suo progetto salvifico e nel
dono dello Spirito Santo rende ogni
uomo partecipe della stessa vita divina.
L’esempio e la santità dei Pastori di
questa terra ti sostengano nell’impegno
quotidiano di annunciare e testimoniare
la Misericordia di Dio, di fronte alla
quale si schiude il valore immenso di
ogni uomo. La tua fedeltà a Cristo ti
renderà sempre più attento e responsabile dei deboli, dei poveri e degli indifesi. Ad immagine del Buon Pastore
avrai cura di coloro che vivono nella
continua ricerca del volto di Dio.
Sostenuto dalla forza dello Spirito
mostrerai la vocazione di ogni uomo ad
entrare in dialogo con il Signore e, così,
sarai forte difensore della dignità della
persona umana, in ogni momento del-
OMELIA DI SUA ECC. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI
l’esistenza, soprattutto quando è segnata dalla malattia e dalla fragilità. E come maestro della fede sarai chiamato a
far emergere come le diverse conquiste
della conoscenza umana non possono
rinchiudersi negli stretti ambiti dell’apparire, ma insieme alla luce della fede
sia possibile incontrare la Verità che
dona significato alla vita quotidiana.
Sii costruttore di comunione, non solo
all’interno della famiglia di Dio, ma in
ogni realtà e situazione, consapevole
che essa viene dall’alto e, pertanto,
non annulla la ricchezza delle diversità.
Nelle molteplici attività della missione
apostolica terrai lo sguardo fisso su
Gesù, “autore e perfezionatore della
fede” (Eb 11,40), per essere, come il
motto episcopale In fines terrae esprime,
annunciatore instancabile e radunare gli
uomini nell’unità della fede. La preghiera sia il cuore di tutta la tua vita e missione; nell’incontro con il Signore attingerai luce e forza e a Lui consegnerai le
intenzioni, i desideri, i progetti perché la
comunità diocesana della quale sei servo
e pastore possa crescere nella fede e
testimoniare la novità perenne del
Vangelo per il mondo. Mi è caro dare
voce, in questo momento di gioia, ad un
testimone luminoso di questa terra, al
servo di Dio don Tonino Bello, Vescovo
di Molfetta, il quale rivolgendosi ai
sacerdoti affermava: “siamo sacerdoti
per una Chiesa protesa verso il mondo,
non per una Chiesa avviluppata dentro di
sé, per una Chiesa che si allarga, che apre
i cancelli e si spalanca sul mondo intero.
Una chiesa che sa di dover essere il sale,
di dover entrare e lasciarsi assorbire, per
dare sapore alla storia del mondo, alla
geografia del mondo” (Cirenei della
gioia, 26).
Cari fratelli e sorelle, affidiamo alla
materna intercessione della Vergine
Maria di Leuca de finibus terrae, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, il ministero episcopale del nostro
fratello don Gerardo e, in questo evento lieto, si elevi la nostra preghiera per
il Santo Padre Francesco, la Chiesa intera e il mondo perché in Cristo Risorto
trovino la gioia della salvezza.
Amen.
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RINGRAZIAMENTO MONS. ANTONAZZO
“Maria il ponte che unisce
la divinita e l’umanità”
“Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te…
Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”
(Lc 1, 28-30)
H
o vissuto spiritualmente questa
celebrazione liturgica come la
mia “casa dell’Annunciazione”. Oggi il Signore è entrato ancora
nella mia vita con un rinnovato invito
alla gioia, con una parola che, arrivando al cuore, penetra i timori umani e
parla di fiducia: Non temere!
È, allo stesso tempo, una parola seducente di chiamata, che dà origine a
una nuova pagina biografica, decide un
nuovo “inizio”, segna una svolta, riscrive imprevedibili progetti, e mi consegna ad un futuro inesplorato.
E’ una parola che racconta di una
nuova partenza, eco di altre parole con
cui Dio ha riscritto percorsi nuovi nella
vita di sempre, come è accaduto nella
vicenda biblica di Abramo: «Il Signore
disse ad Abram: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo
padre, verso la terra che io ti indicherò… Allora Abram partì, come gli aveva
ordinato il Signore” (Gen 12,1ss.)».
L’Apostolo Paolo ritorna su questo
testo, e la sua interpretazione è davvero
illuminante: “Di fronte alla promessa di
Dio (Abramo) non esitò per incredulità,
ma si rafforzò nella fede e diede gloria a
Dio, pienamente convinto che quanto
Egli aveva promesso era anche capace di
12
portarlo a compimento” (Rm 4, 20-21).
La Vergine di Nazareth, Maria,
come Abramo, è chiamata a ripartire da
Dio e a partire con Dio.
Nella casa di Nazareth scopre e accetta che sia solo Dio a riempire spiritualmente, e anche fisicamente, il “santo viaggio” della sua singolare umanità.
E accetta di obbedire alla parola divina
con tutta se stessa, forte soltanto del
fatto che era Dio a chiedere un Sì capace di dare carne umana al Verbo eterno,
a chiedere il Sì più grande della storia,
un Sì all’altezza di Dio.
Ha scritto Benedetto XVI, nella
Lettera per l’indizione dell’Anno della
fede: “Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio
che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione” (Porta fidei, 13).
RINGRAZIAMENTO MONS. ANTONAZZO
Al Dio dell’Annunciazione oggi voglio elevare, con Maria, il mio canto filiale di abbandono e di pace interiore, con le
parole del salmista: “Io resto quieto e
sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia”. (Sal 131).
Sono grato alla misericordia di Dio
che, senza mio merito, ha rivolto il suo
sguardo verso la mia immeritevole persona, chiamata e consacrata per il ministero episcopale.
In questo meraviglioso scenario della natura, dove la dimora della Vergine
congiunge i due mari, unisce l’Oriente
e l’Occidente, avvicina la terra e il cielo, Maria diventa il ponte che unisce la
divinità e l’umanità.
Sotto il suo materno sguardo inizio
oggi il mio ministero episcopale, che ho
voluto sinteticamente esprimere nel
motto “in fines terrae”. Desidero così
affidare e sottoporre tutta la mia vita alla
potenza e all’efficacia della Parola di
Dio, per rimanere fedele al compito di
primo annunciatore della fede che salva.
Carissimi fedeli e amici,
desidero ora salutare, con sentimenti di
sincera gratitudine, Sua Eminenza Reverendissima, il signor Cardinale Salvatore De Giorgi, pastore di nobile ani-
mo e premurosa cordialità.
Grazie, Eminenza, per aver voluto
esprimere personalmente la sua viva partecipazione a questo evento ecclesiale.
Rivolgo il mio profondissimo grazie
a Sua Eccellenza Reverendissima, mons.
Dominique Mamberti, per aver presieduto questa solenne celebrazione liturgica nella Solennità dell’Annunciazione del Signore, e per avermi generato, mediante l’invocazione dello Spirito
Santo, al ministero episcopale.
La Sua presenza, Eccellenza, è per
tutti noi un prezioso segno di ricca bontà,
nonché di delicata amicizia per la nostra
comunità diocesana e per la terra del
Salento. Attraverso Lei, giunga il nostro
filiale atto di obbedienza e la nostra
incondizionata adesione al magistero del
Santo Padre, il Papa Francesco.
Ringrazio Sua Eccellenza Reverendissima mons. Adriano Bernardini, Nunzio apostolico in Italia, per il suo costante ed edificante affetto, per il suo luminoso e intelligente consiglio.
A Sua Eccellenza Reverendissima
mons. Vito Angiuli, pastore della nostra
chiesa diocesana, la mia particolare riconoscenza per la stima e la fiducia che mi
ha sempre accordato, e per la benevola e
saggia fraternità con cui in questi mesi
13
RINGRAZIAMENTO MONS. ANTONAZZO
mi ha accompagnato nella preparazione
a questa nuova e impegnativa esperienza
di servizio a Dio e alla Chiesa.
Grazie vescovo Vito, perché in te il
Signore ha donato alla Chiesa un faro
luminoso di dottrina sicura e un pastore generoso di impagabile dedizione. In
te, ringrazio con indicibile amore tutta
la diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca.
La mia gratitudine si estende a tutti
gli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi per la viva e corale partecipazione. A tutti voi chiedo umilmente di
accogliermi con pazienza e comprensione, quali maestri e fratelli maggiori.
Nella persona dell’Amministratore
diocesano, mons. Antonio Lecce, dei
sacerdoti e dei tanti fedeli presenti, ringrazio e abbraccio con amorevole affetto la mia nuova famiglia, la diocesi di
Sora-Aquino-Pontecorvo.
Grazie per la simpatia e la benevola
cordialità che da subito mi avete gioiosamente manifestato.
Saluto ancora tutti voi, carissimi
Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religio-
14
se. Un cordiale saluto e ringraziamento
lo rivolgo al Rettore mons. Luigi Renna,
e ai Seminaristi del Seminario Regionale
di Molfetta, agli Educatori e Seminaristi
del Seminario Minore di Ugento.
Saluto e ringrazio la delegazione dell’Amministrazione comunale della Città di Sora, guidata dal sig. Sindaco, dottor Ernesto Tersigni.
Ringrazio tutte le altre stimate Autorità Civili e Militari presenti, i Rappresentanti delle Istituzioni pubbliche, della cui presenza mi sento profondamente onorato.
Un sentito ringraziamento alle Associazioni di Volontariato, alle Forze dell’Ordine, ai Volontari della Basilica con
le Suore Figlie di S. Maria di Leuca e le
Suore Compassioniste Serve di Maria,
agli Scout, al Coro e ai molti altri che
hanno collaborato per lo svolgimento
della solenne celebrazione liturgica.
Nel mio cuore conservo vivo il ricordo di tutti, la preghiera per tutti, l’arrivederci a tutti. Il Signore vi benedica.
Mater mea, fiducia mea.
FESTA DELLA MADONNA DI LEUCA
“Don Gerardo scrigno
di bontà e generosità”
I
l 13 aprile ricorre la festa della
Madonna di Leuca, quest’anno a
presiedere la solenne celebrazione
eucaristica è stato S.E. Mons. Gerardo
Antonazzo che ha impartito la cresima
a tre ragazzi della parrocchia. “E’ in
questo contesto - ha sottolineato Mons.
Antonazzo - che affido tutto il mio
ministero alla vostra preghiera preziosa, alla Madonna Regina degli Apostoli. Sono felice di condividere con voi
questo momento fraterno, di amicizia
spirituale, ringraziando il Signore e ciascuno di voi per il cammino breve, ma
molto intenso che ci ha accomunati nell’impegno, nella fraternità, nella stima,
nell’incoraggiamento, in tutto ciò che
ha potuto promuovere lo zelo verso la
Vergine Maria e l’accoglienza dei tanti
fedeli, pellegrini qui nella chiesa della
Madonna di Leuca”.
La celebrazione Eucaristica è stata anche l’occasione per i saluti a Mons.
Antonazzo. In rappresentanza del coro di Santa Maria di
Leuca è intervenuto il prof.
Antonio Sarinelli che ha
ripercorso l’anno trascorso
insieme: “Come non accettare con gioia una persona
che ha sempre il sorriso
sulle labbra, una parola
dolce o una battuta che ti
riempie l’anima di una bea-
titudine mai provata in precedenza?
Come non stimare un uomo che da subito, ha voluto imparare il nome di
ognuno di noi in modo da stabilire un
rapporto di amicizia e di cordialità?”.
Parlando della sua nomina a Vescovo di
Sora, Aquino e Pontecorvo ha evidenziato: “Abbiamo perso quello scrigno
di bontà, di disponibilità, di affettuosità, sebbene la notizia sia stata splendida per la comunità tutta e soprattutto
per il caro Don Gerardo”. “Porta con te
un minimo ricordo di noi, perchè noi
porteremo un grandissimo
ricordo di te”.
IL prof. Sarinelli, ha
concluso il suo saluto a
mons. Antonazzo con un
augurio: “Che la tua missione si compia come tu desideri e come Dio ti aiuterà a
compiere.
A noi dispiace che tu
vada via, ma se da Dio
accettiamo gli amici, dobbiamo accettare anche la
loro partenza”.
15
OMELIA S.E. MONS. GERARDO ANTONAZZO
“Senza il Signore
le nostre vite sono vuote!”
Carissimi,
noi stiamo vivendo esattamente ciò che
è avvenuto nel giorno della Pasqua;
Gesù Risorto, ci dicono i Vangeli, apparso alle donne al mattino di quel
primo giorno dopo il sabato, e invitandole a tornare dagli altri per dire a tutti
che era risorto, aveva vinto la morte,
ormai era il Vivente, cosa che poi le
donne fanno, riportando a tutti gli altri,
prima di tutto a Pietro e poi a Giovanni,
e poi agli altri apostoli questo lieto
annuncio; la sera, ci dicono i Vangeli,
di quello stesso giorno, la sera del giorno della Pasqua, mentre gli apostoli
erano chiusi nel cenacolo per timore, la
paura dei Giudei che una volta crocifisso il Maestro potevano anche incalzare
contro i suoi seguaci, quindi chiusi nel
cenacolo per paura, improvvisamente
accolgono in quel cenacolo, a porte
chiuse, colui che non ha più bisogno di
aprire le porte per entrare, ma che entra
non conoscendo limiti né di spazio e né
di tempo per essere in mezzo ai suoi,
nella sua famiglia, in mezzo agli apostoli, con il saluto con cui anche noi
oggi abbiamo iniziato la celebrazione:
“Shalom”, “Shalom aleichem”, pace a
voi! E gli apostoli passano dalla paura
alla gioia, rivedere il Signore e sentirsi
dire: “Ricevete lo Spirito Santo”. Dicevo, quello che Gesù ha vissuto con i
suoi nel giorno della sua Risurrezione è
16
ciò che noi, dopo duemila anni, abbiamo la gioia e la grazia di rivivere insieme, in questo cenacolo il Signore ci ha
detto: “La pace sia con voi!”, Lui, il Risorto è realmente presente, è in mezzo
a noi e la gioia del cuore ce lo dice dentro che il Signore è veramente risorto, e
la prova migliore che il Signore è davvero in mezzo al suo popolo, nel cuore
della sua Chiesa, noi che stiamo in preghiera in questo cenacolo, e tra poco
dirà anche questa sera: “Ricevete lo
Spirito Santo”. Lo dice a tutti noi, perché in ogni celebrazione eucaristica si
rinnova l’effusione dello Spirito Santo,
perché è lo Spirito che anima la parola
e la fa diventare per noi Parola di Dio,
non parola di uomini; è lo Spirito che
anima l’altare e trasforma il pane e il
vino nel Corpo e nel Sangue del Signo-
OMELIA S.E. MONS. GERARDO ANTONAZZO
re Gesù; è lo Spirito che anima le nostre
intenzioni, facendoci diventare non più
massa, ma popolo di Dio, corpo di Cristo organico, unito nella carità, cementato nella carità, è quello Spirito che
trasfigura e trasforma la nostra vita:
“Ricevete lo Spirito Santo”. Ma questa
sera, questo dono il Signore lo farà in
modo del tutto speciale a tre adolescenti della nostra parrocchia, qui nella Basilica, a Francesco, a Francesca e a
Paolo che, concludendo questo primo
tratto di strada, ricevendo lo Spirito,
vengono abilitati, cioè resi capaci di
intraprendere, con la loro crescita, lo
sviluppo della fede, non è il congedo, è
l’inizio di una nuova tappa, di una
nuova stagione della vita.
Ebbene, allora, è bello per noi vivere in pienezza questa esperienza della
Pasqua, la Risurrezione e il dono dello
Spirito, tanto è vero che diversi studiosi della Bibbia dicono che, realmente,
la Pentecoste che noi celebriamo cinquanta giorni dopo, è molto probabile,
quasi sicuro, che di fatto, storicamente,
sia avvenuta la sera della Pasqua, quando i suoi apostoli erano nel cenacolo e
Gesù dona lo Spirito, sia del perdono,
della riconciliazione: “A chi rimetterete
i peccati saranno perdonati, a chi non
gli rimetterete non verranno perdonati”; ma anche lo Spirito della missione,
perché da quelle porte chiuse gli apostoli usciranno e diranno a tutti, senza
più paura, che Il Signore è il Risorto, il
Vivente, Colui che salva chiunque
crede in Lui. E allora siamo dentro un
vortice di grazia che ci coinvolge tutti,
noi come assemblea nella Chiesa, che
celebra la Pasqua e riceve lo Spirito
sempre, e questi ragazzi che, in modo
speciale, ricevono la pienezza dello
Spirito Santo con la Cresima per unirsi
al popolo di Dio, che siamo tutti noi,
come testimoni, ciascuno per la sua età,
ciascuno per la sua formazione spirituale, ciascuno secondo il suo cammino
spirituale, ma tutti incamminati nel
mondo come testimoni del Risorto. Il
Vangelo di oggi è particolarmente suggestivo e ci conferma in questa grande
prospettiva pasquale e pentecostale; ci
conferma nel significato della Pasqua e
nel significato dello Spirito e quanto il
dono dello Spirito nella vita cristiana è
fondamentale per vivere della Pasqua e
per vivere da credenti nel mondo. Che
cosa avviene nel brano del Vangelo? Ci
sono, facciamo sintesi per non disperderci e anche per meglio memorizzare
il messaggio del Vangelo, facciamo sintesi attorno a tre parole chiavi di questo
brano; la prima, riconoscere, riconoscere il Risorto; la seconda, amare il Risorto; la terza, pascere, guidare. Riconoscere, amare e pascere. Gesù dice:
“Pasci i miei agnelli” a Pietro, lo dice a
ciascuno di noi, pasci, guida! Il primo
verbo del brano del Vangelo è riconoscere e gli apostoli, sono sette menzionati in questo brano, sembrano tornare
ormai alla vita normale di tutti i giorni,
all’arte del pescatore, sono sul lago di
Tiberiade, sono intenti a pescare, la pesca non va bene, le reti sono vuote e
improvvisamente si sentono e si vedono raggiunti da una presenza, è Gesù, è
il Risorto! Nella ferialità del loro mestiere, tra fatiche e speranze, Gesù li
17
OMELIA S.E. MONS. GERARDO ANTONAZZO
raggiunge ancora una volta lì dove li ha
chiamati la prima volta, lungo il mare
di Tiberiade; è lì che ha detto la prima
volta: “Venite, vi farò diventare pescatori di uomini”, Gesù sembra far ricominciare ancora una storia vocazionale,
ritorna su quel lago per farsi vedere da
loro come Risorto; fanno fatica all’inizio, non hanno capito che è il Signore,
ma poi l’amore, che arriva sempre per
primo, Giovanni grida a tutti gli altri:
“Ma è il Signore!”, “Dominus est!”, è il
Signore! E lì esplode quel riconoscimento comunitario, di tutto il gruppo,
che raggiunta la riva, abbracciano la
presenza del Signore e Gesù offre loro
la possibilità di mangiare ancora insieme il pasto della cena, il pasto fraterno
era un segno caratteristico che contraddistingueva la comunità cristiana, e fa
comunione con loro. Riconoscere,
fanno fatica, l’amore di Giovanni, il più
giovane, grida a tutti: “Ma è il Signore
in mezzo a noi!”. Ecco, cari fratelli,
amici, cari ragazzi, è importante nella
nostra vita, e questa è grazia della fede,
riconoscere il Signore Risorto. Educare
nella fede, cari genitori, significa non
imporre nulla, il Signore c’è già, c’è già
di sua iniziativa, non lo facciamo risorgere noi, il Signore è il Vivente, non
dobbiamo imporre il Signore nella vita
degli altri, il Signore c’è già, noi dobbiamo soltanto risvegliare, creare l’attenzione ai segni di Dio, ai segni della
Sua presenza, cioè imparare a riconoscere il Signore; il Signore è presente,
ma non è evidente, la nostra formazione di fede lo rende non solo presente,
ma anche evidente, cioè ce lo fa rico18
noscere, la nostra fede lo risveglia e lo
riconosciamo il Signore nell’amore di
chi ci vuole bene, nella convivenza
della nostra famiglia, nella bontà di
tante persone che si impegnano nella
nostra vita, ma poi lo riconosciamo,
oltre che nella natura, nella creazione,
nella bellezza di ciò che ci circonda, lo
riconosciamo soprattutto nei segni
della fede, la Parola di Dio, i due discepoli di Emmaus solo alla fine possono
riconoscere e gridare: “ Ma non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre Lui ci
parlava…”; si, la Parola di Dio ci
riscalda il cuore e quando questo accade siamo sicuri che è il Signore che ci
sta parlando. Ecco allora il segno della
sua presenza, la Parola e poi la mensa
eucaristica, dove il pane non è più
pane, il vino non è più vino, ma è il
Corpo, è il Sangue, è il mistero del
Signore; allora, “quando Gesù (dice il
Vangelo di San Luca) spezzò il pane (il
gesto della frazione del pane), si aprirono i loro occhi e lo riconobbero”, il
cuore si riscalda con la sua Parola, gli
occhi della fede si aprono con il segno
del pane e del vino, “Dominus est!”, è
il Signore! Ecco allora come anche noi
siamo invitati sempre, ogni giorno, a
OMELIA S.E. MONS. GERARDO ANTONAZZO
riconoscere, a risvegliare i segni di Dio
e a dire: il Signore è veramente presente nella mia vita e quando Lui mi incontra, perché io riesco ad aprirmi il
cuore, gli occhi della fede, l’ascolto
della mia mente e della mia anima, il
Signore che cosa mi dice? Ecco la seconda parte del Vangelo, il secondo
verbo: “Mi ami tu? Mi vuoi bene?”.
Tutte le mamme, tutti i papà, tutti gli
zii, più o meno, ai propri figli, ai propri
nipoti dicono: “Quanto bene vuoi alla
mamma?” Ed educhiamo noi il bambino a dire: “Tanto, tanto, tanto…”, e più
allarga le braccia per dire quanto bene
ci vuole, più noi siamo gratificati, “beh,
ci vuole veramente bene!”. Tant’è vero
che se tentenna a dire: “Tanto”, cerchiamo di allargargli le braccia comunque, perché ci fa piacere sentirci dire
che il piccolo ci vuole veramente bene.
Ecco, il Signore Risorto fa un po’ questo gioco! “Quanto bene mi vuoi?”,
“Mi ami tu?”, lo dice a Pietro, non perché lo chiede soltanto a lui, Pietro ormai nella comunità cristiana ha un
ruolo specifico, è la roccia su cui Gesù
ha voluto edificare la Chiesa, lo chiede
a lui per chiederlo a tutti noi: “Mi vuoi
bene? Mi ami?”. Nel verbo greco c’è
un tono che si alza sempre di più, perché inizialmente Gesù dice: “Mi vuoi
bene?”, come un amore di amicizia, ma
dopo gli chiede qualcosa di più: “Mi
vuoi bene?” ed usa il verbo che dice un
amore capace di tutto, il verbo “Agapao”, “Agàpe”, l’amore, non soltanto la
“Philìa”, cioè l’amore di amicizia, poi
Gesù alza la dose e dice: “Ma mi vuoi
bene ancora di più?”, perché la prima
volta Pietro dice: “Si! Ti voglio bene!”,
come dire: “Ti sono amico”, ma a Gesù
non basta questo! “Mi vuoi bene? Mi
ami ancora di più?”.
L’“Agàpe”, quell’amore gratuito,
capace di tutto, capace di prova, capace
di sofferenza pur di donarsi all’altro;
“Tu Pietro, sei pronto ad amarmi così?”. Pietro dice: “Sì, Signore, Tu sai
tutto, Tu sai che ti amo!”. Ecco l’amore del Signore! Perché Pietro è capace
di dire: “Sì, Signore, Tu sai tutto, Tu sai
che ti amo”? Perché ha capito che Gesù
gli vuole bene! Allora riconoscere il Signore per amarlo con tutta la nostra vita
e metterlo al centro della nostra vita,
riconoscere i segni del Signore Risorto
per sentirmi interpellato da Lui: “Mi
vuoi bene?”. Ma che cosa è la fede?
Non è il catechismo! Voi avete fatto
catechismo per diversi anni, si parte da
quello, ma se la nostra formazione dottrinale non arriva a toccare il cuore per
sentire che Gesù mi ama e ha dato la
vita per me, la dà sempre, nell’Eucaristia si ripresenta sempre il dono della
Sua vita, perché io possa dire: “Signore, davanti a tanto amore, anch’io ti
voglio bene!” Se arriviamo a questo,
allora la fede è matura, diversamente la
19
OMELIA S.E. MONS. GERARDO ANTONAZZO
fede è ancora qualcosa di astratto, è
concettuale e non incide, non trasforma, non cambia la mia vita, perché io
non cambio se non per Colui che amo!
E se amo il Signore, cambio per Lui,
cambio grazie a Lui; quando riconosco
il Signore e divento capace di dire al
Signore: “Ti voglio veramente bene!”,
allora Lui mi dice: “Pasci le mie pecorelle”, allora sì, guida la tua vita, pasci
la tua vita! Sei diventato capace d guidare, di essere tu a guidare la tua vita
nella giusta direzione.
Ognuno di noi deve imparare saggiamente a guidare la propria vita, è un
mestiere difficile guidare bene la propria vita, diventa ancora più difficile
quando dobbiamo anche guidare la vita
degli altri, e qui l’arte di essere educatori, i genitori, tutti coloro che sono nel
campo educativo, per noi sacerdoti e
per i vescovi, pascere, guidare la vita
degli altri, guidare la fede degli altri,
illuminare la coscienza dei fedeli, indicare le vie di Dio, l’opera di Dio, la
volontà di Dio, una cosa difficile, ma
importantissima: “Pasci i miei agnelli!”. Cari ragazzi, voi che vi preparate a
ricevere il sigillo dello Spirito Santo,
oggi, aiutati dai genitori, dai padrini, da
tutta la comunità, dalla Chiesa intera
rappresentata dal vescovo, significa
che tutti noi vi aiutiamo e preghiamo
perché voi sappiate riconoscere sempre
il Signore, come il Signore, non come
l’ultima persona della nostra vita, dire
Signore significa dire la prima Persona,
metterLo al centro e al primo posto
20
della nostra vita, perché senza di Lui le
nostre vite sono come le reti di Pietro,
di Giovanni, degli altri… vuote, vuote!
Soltanto quando Gesù dice: “Gettate le
reti dalla parte destra, si riempiono di
centocinquantatre grossi pesci”. La
nostra vita senza di Lui è vuota, possiamo riempirla di tante cose, su questo
siamo bravissimi, ad ingolfarla di tanti
oggetti, di tante specialità, di tante abilità tecniche, informatiche, di ogni genere,
di tutto e di più, e ciononostante le reti
sono vuote, sono vuote di senso, sono
vuote di significato, sono vuote di valori.
Il Signore è colui che riempie le reti
della nostra vita! E allora sappiatelo
amare e chiedete ai vostri padrini, ai
vostri genitori, ai vostri parenti, alla
Chiesa, dovete aiutarci a riconoscere
Gesù, aiutateci ad amare il Signore, per
diventare tutti capaci di guidare bene la
nostra vita nella giusta direzione, lì
dove, dice Gesù, possiamo trovare il
cibo e l’alimento della vita piena, Gesù
la chiama vita eterna, la vita piena, la
vita bella; noi siamo chiamati alla vita
bella, non siamo chiamati alla bella
vita..è un’altra cosa!
Siamo chiamati alla vita bella, bella
perché piena di Dio e Gesù viene a portarci il calore, il cuore, l’amore di Dio!
Lo Spirito Santo che ricevete vi rende
capaci, se voi lo volete, Lui vi rende
capaci, ma se voi lo volete, vi rende
capaci di riconoscere il Signore, di
amarLo e di diventare con Lui esperti
navigatori della vostra esistenza e della
vostra vita.
SALUTO DEL RETTORE PARROCO DON GIANNI LEO
“La gioia ti accompagni
nel tuo ministero”
Ecc.za Rev.ma, Caro Don Gerardo,
sono passati cinque giorni dal
grandioso evento della tua ordinazione episcopale, ma ancora risuona il canto di gioia e
di lode innalzato a Dio, come
rimbalzano nei nostri occhi i
gesti semplici e profondi della
liturgia uniti ai sorrisi e alle
lacrime di tanta gente che ha
vissuto con commozione questo momento.
È stata una grazia di Dio!
Il film di questo luogo, antico
nella fede e generoso di avvenimenti nella storia, si è arricchito di un altro fotogramma,
che a memoria di cronaca mancava e
che dona ulteriore luce allo già splendente scenario di S. Maria di Leuca.
È raro gustare nelle nostre comunità la
bellezza di un’ordinazione episcopale,
ma viverla sotto lo sguardo della
Vergine De Finibus Terrae è
espressione di tenerezza nel
dono grandioso che Dio ha
fatto alla sua Chiesa.
Questo promontorio porta a
guardare lontano, verso il
mare, verso il cielo e verso la
terra. Ma questo sguardo non
si perde nel vuoto e propone
sempre una meta ben precisa
perché si scopre che vi è un
grande compagno di viaggio
che non lascia da soli: Gesù
Cristo.
Se tu ora hai lo sguardo lontano, verso un gregge che con
trepidazione ti aspetta per gioire e vivere la meravigliosa
esperienza di essere Chiesa in cammino,
anche il nostro sguardo, non senza un
filo di nostalgia, si protenderà lontano,
riscoprendo che la Chiesa, nostra madre,
ha ragione nel sottolineare che in ogni
angolo del mondo vi è un pezzo di noi
21
SALUTO DEL RETTORE PARROCO DON GIANNI LEO
stessi nel quale palpita un cuore desideroso di portare Cristo ai fratelli.
Un grazie la comunità del Santuario di
Leuca ti rivolge per essere stato, in questo anno, presenza viva e vivificante.
Per la passione e l’amore che a questa
piccola, ma nello stesso tempo, grande
comunità le hai rivolto; come anche per
la fiducia e il confidente abbraccio che
hai richiesto da subito alla nostra
Vergine De Finibus Terrae.
Questi tre ragazzi (Paolo, Francesco e
Francesca) sembrano rappresentare un
segno del legame fra te e questo
Santuario. Il Sacro Crisma che ha sigillato con la Cresima la loro fede, diventa oggi ulteriore sigillo di consacrazione (sacramentalmente ricevuto con
l’ordinazione episcopale) che ti lega in
modo pieno ed eterno ad esso nell’annuncio “In fines terrae”, fino alla fine
di ogni ambito della terra, a cominciare
dagli ultimi.
Permettimi, ora, di rivolgere un grazie
mio personale a te, Don Gerardo, fratello maggiore, per tutto ciò che sei stato in
questi miei 24 anni di sacerdozio.
Nei momenti belli e quelli difficili, di
vicinanza e condivisione, ma anche di
22
lontananza e ombre che abbiamo avuto
in questi anni.
Il disegno di Dio ha voluto che indegnamente seguissi le tue orme e mi
costringesse a confrontarmi con la tua
figura, nel bene o nel male. Ho imparato tanto, ma ti chiedo scusa se ho mancato in qualche modo.
Permettimi, insieme a questa comunità e
a tutti coloro che ti conoscono e ti
vogliono bene, di affidarti alla Vergine
De Finibus Terrae ancora una volta.
So che non ti mancherà la protezione di
Maria, che nella tua Diocesi di Sora–
Aquino–Pontecorvo si venera nel Santuario della Madonna del Canneto.
Spiritualmente vogliamo essere uniti a
questo Santuario e attraverso Maria
SS.ma anche a te, per il tuo ministero
episcopale! Vogliamo augurarti di mantenere sempre la stessa gioia!
Auguri, ti vogliamo bene.
Don Gianni Leo
Rettore-Parroco
INGRESSO NELLA DIOCESI DI SORA
L’abbraccio di Sora a Mons. Antonazzo
alla presenza di 5000 fedeli
D
al Salento alla Terra di Lavoro.
Dal Santuario di S. Maria di
Leuca a quello della Madonna
di Canneto. Con tanto calore ed altrettanto affetto, in un clima di festa spontanea, da domenica 21 aprile, mons.
Gerardo Antonazzo è l’ottantacinquesimo vescovo della nostra Diocesi. Il suo
ingresso solenne, qui lungo le rive del
fiume Liri, è stato salutato da oltre cinquemila persone, compresi i cinquecento fedeli giunti a Sora, dalla Diocesi
di Ugento – S. Maria di Leuca. I rintocchi dei mille campanili della Diocesi, a
mezzogiorno, hanno risuonato a lungo.
Non è mancato neppure il sole, anche
se verso sera è stato accompagnato da
un vento fastidioso. C’erano tutti i vescovi del Lazio e logicamente i precedenti vescovi di Sora, mons. Lorenzo
Chiarinelli e padre Luca Brandolini con
l’arcivescovo mons. Filippo Iannone.
Emozionata, affettuosa e vivace si è rivelata la presenza dei rappresentanti
della Diocesi di Ugento – S. Maria di
Leuca, che hanno voluto salutare ancora “don Gerardo”, “consegnandolo” con
tanta nostalgia, alla nostra Chiesa locale. Il grande palco, la coreografia e
tutto l’insieme hanno trasformato piazza Indipendenza nel salotto buono della
Città. Con quelli della intera Diocesi,
sono stati presenti i sindaci pugliesi di
Castrignano, Miggiano e Supersano, in
rappresentanza del Salento, terra d’ori-
gine di mons. Gerardo Antonazzo.
Tanti i momenti ricchi di emozione e di
significato registrati durante la cerimonia. Hanno colpito tutti e creato subito un
clima di simpatia, di stima e di affetto
intorno a mons. Gerardo Antonazzo,
diventato immediatamente “uno di noi”.
Un ingresso che è stato un’esplosione di nuove amicizie, di impegni sinceri, di presenze fattive, di speranze sicure. La Chiesa di Sora, Aquino Pontecorvo, sotto la guida di mons. Gerardo
Antonazzo, prosegue, così, il suo lungo
cammino, perché questo Pastore, è
ormai opinione comune e diffusa, ha
già dimostrato di saper bene “accogliere, osservare, ascoltare, incoraggiare,
promuovere, difendere e pregare”.
Gianni Fabrizio
23
INDIRIZZO DI SALUTO AL SINDACO DI SORA
“Unica deve essere la passione
per la città degli uomini”
Illustrissimo Signor Sindaco, dott. Ernesto Tersigni,
illustrissimi Sindaci dei Comuni della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo,
carissimi Sindaci dei Comuni di Castrignano del Capo e di Supersano,
stimate Autorità civili e militari,
egregi rappresentanti delle Istituzioni pubbliche,
e delle Associazioni di Volontariato, Culturali, Educative,
grazie per la cordiale e corale accoglienza, grazie per l’affetto e la stima
rivolta alla mia persona, chiamata dal
S. Padre Benedetto XVI, oggi Vescovo
emerito di Roma, quale nuovo pastore
di questa antica e nobile Chiesa di
Sora-Aquino-Pontecorvo.
Il Sindaco di Sora ha voluto interpretare
e dare voce alla cordiale ospitalità di
tutti voi.
In questa maniera inizia a spalancarsi
davanti ai miei occhi, e molto di più
davanti al mio cuore di pastore, anche la
realtà sociale, politica, economica e culturale dell’intero e vasto
territorio della Diocesi
che voi rappresentate.
Questa è la Città nella
quale oggi, in modo altamente significativo e
coinvolgente, faccio il
mio ingresso, per abbracciare non solo Sora, ma
tutti i Comuni e le comunità parrocchiali della
diocesi.
Con questa vostra festosa e gradita accoglienza
intendete introdurmi e
24
accogliermi nel cuore di ogni Città e
Paese, rendendomi già partecipe delle
sorti umane e spirituali dell’intera Comunità, e quindi delle vostre concrete e
quotidiane apprensioni e fatiche, progetti e idealità.
Voi siete responsabili della Comunità
degli uomini, che il Signore chiama
anche me a servire e ad amare, con una
dedizione generosa e intelligente, nella
chiara consapevolezza che la promozione e lo sviluppo integrale di ogni
realtà umana, sono condizioni necessarie per l’edificazione del Regno di Dio.
L’ingresso del nuovo Vescovo in Città significa,
pertanto, che l’azione
della Chiesa, di natura sì
spirituale, ma non disincarnata dalla vita delle
persone, deve incrociare
le storie concrete di tutti i
fratelli e sorelle, per contaminarle felicemente
con la verità feconda del
Vangelo. Dunque, se il
Vescovo in prima persona oggi entra simbolicamente in Città, ciò signi-
INDIRIZZO DI SALUTO AL SINDACO DI SORA
fica che in quanto cristiani non possiamo disinteressarci tranquillamente della cosa pubblica. Ci sta a cuore la sorte
umana e spirituale di ogni fedele e di
ogni cittadino.
Il Concilio Vaticano II ha voluto riconoscere come necessario il rapporto di
collaborazione della Chiesa con la Città
degli uomini, con espressioni che non
lasciano scampo a fughe, né evasioni di
sorta: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei
poveri soprattutto, e di tutti coloro che
soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei
discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco
nel loro cuore” (GS 1).
Io non conosco ancora le difficoltà socioeconomiche del nostro territorio, ma non
saranno, credo, troppo diverse, da quanto l’intero Paese sta attraversando. La
conferma, purtroppo drammatica, è data
anche dalla morte di Loffredo a Isola
Liri. La domanda resta la stessa per tutti:
cosa si può e si deve fare?
Nei testi del Concilio Vaticano II troviamo parole di incoraggiamento per
tutti: “… la comunità dei cristiani si
sente realmente e intimamente solidale
con il genere umano e con la sua storia” (GS 1); e ancora: “La Chiesa
stima degna di lode e di considerazione
l’opera di coloro che, per servire gli
uomini, si dedicano al bene della cosa
pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità” (GS 75).
A tutti propongo, in aggiunta, la provocazione di don Tonino Bello, che
faccio prima di tutto mia: “Coraggio,
fratelli miei, dobbiamo uscire di più.
Dobbiamo innamorarci di più della
Città. Dobbiamo amare di più le istituzioni. Dobbiamo collaborare di più con
tutti coloro che nella cosa pubblica si
impegnano perché le cose vadano
meglio, perché la gente sia più felice,
perché dorma tranquilla, perché abbia
una casa e un lavoro, perché sia assicurato il futuro dei giovani”.
25
INDIRIZZO DI SALUTO AL SINDACO DI SORA
Espressioni forti, e più che mai attuali,
che devono investire tutti i responsabili della cosa pubblica, i pastori della
Chiesa, e con loro tutti i credenti, e oserei dire anche i non credenti, animati da
buona volontà, e illuminati tutti da retta
coscienza e intelligente pensiero, per
una solidale presenza sia nel cuore
delle speranze, forse poche in questo
frangente storico, sia nelle molte ferite
degli uomini e delle donne d’oggi,
soprattutto dei giovani, che spesso
rischiano di diventare i nuovi “poveri”.
Resta deprecabile ogni pretesa di
annunciare la fede cristiana, a prescindere dalla condizione reale della vita
delle persone. E come sarebbe possibile parlare del Vangelo a persone che
non sono pacificate con i bisogni e i
diritti elementari e fondamentali della
loro vita quotidiana, nella quale risulta
sempre più difficile parlare di lavoro,
di pane, di progresso, di dignità, di
rispetto e di giustizia?
Ognuno di noi, Chiesa e Società civile,
ciascuno nel proprio ambito di azione,
è chiamato ad esercitare responsabilità
26
e competenze sempre più qualificate,
che restano distinte, ma non divergenti,
autonome ma non contrapposte.
Siamo tutti consapevoli di essere al servizio delle medesime persone. I nostri
fedeli sono i vostri cittadini, pertanto
unica e convinta deve essere la passione per la Città degli uomini.
Senza dimenticare quanto afferma il
Papa Paolo VI: “La politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano
al servizio degli altri” (OA, 46).
Il mio entrare in Città oggi vuole gridare la verità e l’impegno di una Chiesa
che deve scegliere di stare dalla parte
dei più deboli, di vivere dentro le fragilità del mondo, per essere credibile
modello di servizio a favore dell’umanità da amare, rinnovare, redimere, salvare. E allora la nostra speranza di
novità diventerà certezza, e potremo dimostrare che dal tronco di questa nostra
storia, sfigurata dalle molte ingiustizie,
esploderanno gemme rigonfie di vita,
che preannunciano la nuova primavera
del Regno di Dio.
Grazie.
OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO EPISCOPALE
“Il mio impegno è quello
di stare dalla parte dei più deboli”
I
l Signore risorto è davvero presente
nel cuore di questa nostra suggestiva assemblea liturgica, che celebra
l’inno di lode all’Agnello vittorioso, in
comunione con la Gerusalemme celeste, con “la moltitudine immensa, che
nessuno può contare, di ogni nazione,
tribù, popolo e lingua” (cfr. Ap 7,9).
Carissimi fedeli, e amici,
pur non conoscendo i vostri nomi, le vostre storie personali, familiari, e sociali,
né i vostri cammini spirituali, sento che
la vostra presenza e corale partecipazione sprigiona il profumo intenso del balsamo della comunione; e condividendo
la gioia della preghiera fraterna, sentiamo già scorrere il flusso benefico di reciproci affetti, grazie anche alla complicità
di eloquenti e amorevoli sguardi. Tanto
basta, insomma, per non sentirci estranei,
ma già amici e, soprattutto, membra vive
della Chiesa.
La vostra gioia esprime la bellezza
dell’essere Chiesa di Dio che cammina
libera, umile, e confidente, nel mondo e
per il mondo.
Questa nostra Chiesa oggi, domenica, celebra la gioia della propria fede
nel Signore, il Vivente.
Un autore cristiano antico, Melitone
di Sardi, in un’omelia del II secolo scrive:“Sono io, dice il Cristo, sono io che
ho distrutto la morte…che ho trionfato
del nemico. Orsù, dunque, venite, voi
tutti popoli della terra, immersi nei
peccati: ricevete la remissione dei peccati. Sono io infatti la vostra remissione, sono io la Pasqua della salvezza”.
La domenica è l’ottavo giorno, che
segna il compimento della nuova creazione, e trova nell’uomo redento il cantore dell’Amore che salva, come testimonia la moltitudine dei santi dell’Apocalisse.
Così proclama un Inno della liturgia
pasquale bizantina:
“Una Pasqua divina è stata oggi
rivelata…Pasqua nuova, santa, Pasqua
misteriosa…Pasqua che ci apre le
porte del paradiso, Pasqua che santifica tutti i fedeli…E’ il giorno della
Risurrezione! Irradiamo gioia per questa festa, abbracciamoci. Diciamo fratello anche a chi ci odia, tutto perdoniamo per la risurrezione”.
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OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO EPISCOPALE
Carissimi fedeli e amici,
la Parola del Signore oggi ci aiuta a
comprendere in profondità il mistero
del Signore risorto, offrendoci tre immagini suggestive riferite a Gesù Cristo, e nelle quali possiamo intravedere,
come in filigrana, anche il significato
teologico e pastorale del ministero del
Vescovo nella Chiesa.
Cristo è presentato come il Servo
della Luce, come il Pastore che raduna
il suo gregge, e come l’Agnello immolato, salvezza dei redenti.
Anche il Vescovo è costituito, ad
immagine di Cristo, come Maestro, Pastore, e Santificatore della Chiesa.
1. GESÙ E’ IL SERVO
DEL
SIGNORE
E
LUCE DELLE GENTI
Accogliamo Gesù come Servo della
Luce per tutte le genti, “in fines terrae”.
Nella prima lettura Paolo e Barnaba
decidono di rivolgere l’audace annuncio della fede soprattutto ai pagani. E’
un’iniziativa nuova, straordinaria e
sconvolgente. E hanno bisogno di dare
valore e giustificazione a questa loro
strategica scelta: perciò citano il profeta Isaia, nel passaggio in cui Dio, parlando della missione del suo Servo, il
futuro Messia, annuncia:“Io ti ho posto
per essere luce delle genti, perché tu
porti la salvezza sino all’estremità
della terra” (At 13,47).
La Costituzione Lume gentium apre
proprio con queste parole: “Cristo è la
luce delle genti: questo santo Concilio,
adunato nello Spirito Santo, desidera
dunque ardentemente, annunciando il
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Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc
16,15), illuminare tutti gli uomini con
la luce del Cristo che risplende sul
volto della Chiesa (n. 1).
Cristo Gesù è “luce delle genti”,
luce di chi crede, luce per chi non
crede, luce per le nostre famiglie, luce
nelle tenebre delle molte paure, luce nei
nostri litigi, luce nei nostri pianti nascosti, luce nelle nostre disperazioni, ma
anche nelle nostre insopprimibili speranze. La vera luce, Cristo, è gioia, è
pace, è consolazione, è verità, è senso
di vivere.
Gesù Cristo è Luce perchè è il Logos, la Parola: Logos significa che Lui
è il senso della storia, è la chiave della
nostra esistenza, è il custode dei nostri
destini, è la via della vita, è la ragione
delle cose, è il significato dell’intero
universo. Senza di lui tutto perde di
significato, svanisce il senso dell’essere e dell’esistenza.
Questa luce di Cristo si riflette sul
volto della Chiesa perché essa la diffonda a tutte le genti.
Sì, miei cari, “la Chiesa esiste per
evangelizzare” la luce di Cristo. Portando a tutti la Parola, dona a tutti Cristo, quale luce attesa e desiderata, ma
molto spesso sconosciuta, o addirittura
drammaticamente contrastata.
Il Signore mi manda in mezzo a voi
come primo evangelizzatore della Luce
di Cristo, “ministro della sua Parola”,
annunciatore e testimone della sua
luminosa verità.
Chiedetemi, allora, di annunciare
sempre e soltanto ciò che vuole Dio,
ciò che Dio pensa e desidera da noi, ciò
OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO EPISCOPALE
che a Dio piace per il nostro vero bene
e progresso.
La luce della Sua Parola potrà illuminare, attraverso di me, e se voi lo
volete, la vostra coscienza, educare la
vostra libertà, alimentare la vostra speranza.
Ma proprio per questo pregherete
per me, perché io per primo acquisisca
la sapienza del cuore, e possa riconoscere, accettare e annunciare soltanto la
volontà di Dio, per la vostra vera gioia.
Mi ammonisce s. Gregorio Magno,
nel suo scritto “La regola pastorale”:
“Il pastore d’anime deve essere discreto nel tacere e utile nel parlare, perché non riveli ciò che deve essere taciuto, o abbia a tacere ciò che sarebbe
stato bene dire apertamente…Spesso
per timore di perdere il favore popolare, pastori superficiali temono di dire
con franchezza quello che è giusto
debba essere detto” (cap. 4).
2. IL PASTORE BUONO CHE RADUNA IL
SUO GREGGE
La Parola di Dio oggi ci consegna
una seconda immagine per comprendere il mistero di Cristo e il ministero del
Vescovo: Gesù si presenta oggi, IV domenica di Pasqua, come il “buon Pastore”.
In verità, il motivo della nostra esultanza oggi è proprio Gesù, perché “il
Dio della pace ha ricondotto dai morti
il Pastore grande delle pecore” (Ebr
13,20).
Tutta la sinfonia letteraria del capitolo dieci del vangelo di s. Giovanni ci
rivela il cuore di Cristo: Egli si presen-
ta ai suoi con un procedimento di autorivelazione dove, alla pari di Dio, può
dichiarare di se stesso “Io sono”, e manifestare il suo divino amore per noi, la
sua premura per il gregge.
La bontà di Gesù Pastore è riflesso
della bellezza del suo amore misericordioso e tenero, universale e gioioso.
Vi leggo un brano di Agostino sulla
bellezza di Gesù (Enarrationes in psalmos 44,3): “Per noi dunque che Lo
riconosciamo, il Verbo di Dio ci venga
incontro in ogni occasione bello: bello
quale Dio, Verbo presso Dio, bello nel
ventre della Vergine, dove non abbandonò la divinità e assunse l’umanità,
bello bambino appena nato…bello nei
miracoli, bello anche nella flagellazione. Sì, anche nella flagellazione…se
consideri la misericordia per cui per te,
per tuo amore si era fatto ridurre
così….
Bello quando invitava a seguirlo,
bello quando non ha disdegnato la
morte, bello quando è spirato, bello
quando è risorto: bello sulla croce, bello
anche nel sepolcro, bello nel cielo”.
La bellezza del Mistero di Cristo si
incarna e si rende visibile, concreta, godibile, nella bontà del suo cuore di Pastore.
Con la sua voce amorevole il Pastore chiama e richiama, riunisce e
guida le sue pecore; esse hanno imparato ad ascoltare, a riconoscere e ad
obbedire solo al suo amore, e non alle
lusinghe di mercenari e ingannatori.
Il Vescovo è configurato a Cristo
quale pastore della Chiesa, per essere in
mezzo a voi sacramento della sua
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OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO EPISCOPALE
bontà, della sua premura, della sua sollecitudine per tutti.
Il Papa Francesco nell’omelia della
Messa Crismale, riprendendo un tema a
lui molto caro, ha chiesto a tutti i pastori di portarsi addosso l’odore delle
pecore, visto che sono chiamati a
impregnarsi delle loro preoccupazioni,
necessità, dolori e gioie.
S. Agostino, nel discorso 46 scrive:
“I pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo
motivo per cui vengono rimproverati
tali pastori: perché pascono se stessi e
non le pecore. Chi sono coloro che
pascono se stessi? Son coloro dei quali
dice l’Apostolo: Tutti cercano i propri
interessi, non gli interessi di Gesù
Cristo…Oltre ad essere cristiani, per
cui dovremo render conto a Dio della
nostra vita, siamo anche vescovi, e
quindi dovremo rendergli conto anche
del nostro ministero”.
Cosa chiedere al vostro Vescovo?
Che sia buono nel cuore, custode del
vostro vero bene, nell’animo e nelle
opere, buono negli affetti e nelle relazioni, buono nel discernimento e nelle
decisioni.
Pregate perché io sia per voi la Sua
voce, e insegnandovi a seguire Lui, facciate esperienza di Vita vera; chiedete
che io sia la voce del pastore che chiama la pecora perduta, che solleva e
porta sulle sue braccia quella ferita, o
stanca, o malata, o scoraggiata.
Il cuore del vero pastore si apre a
tutti: non conosce preferenze, se non
quelle per i più deboli, per chi rimane
indietro, per chi è in ritardo nella spe-
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ranza, per quanti non ce la fanno più,
per quanti sono considerati dalla nostra
società soltanto un peso, in particolare
gli anziani, i malati, i più poveri, le persone fragili, come anche quelle ferite
dal fallimento dell’amore.
3. L’AGNELLO CHE DONA LA VITA
Carissimi fedeli, e amici,
fin dove arriva l’amore del Pastore?
Di cosa è capace l’amore di Cristo?
“Nessuno ha un amore più grande di
questo: dare la sua vita per i propri
amici” (Gv 15, 13).
La pagina dell’Apocalisse ci consegna la terza sorprendente immagine di
Cristo: è l’Agnello immolato, vivo e
vittorioso:
“Io, Giovanni, vidi…tutti stavano in
piedi, davanti al trono e davanti
all’Agnello…Sono coloro che hanno
lavato le loro vesti, rendendole candide
con il sangue dell’Agnello” (Ap 7,9 ss.).
L’apostolo Giovanni ci rivela uno
squarcio di paradiso e ci mette in
comunione con la liturgia celeste.
Noi siamo una Chiesa composta da
peccatori perdonati, rigenerati nel sangue dell’Agnello. E tutti noi, oggi, partecipi di questo banchetto eucaristico,
siamo la moltitudine dei credenti e dei
OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO EPISCOPALE
redenti, che con la grazia del Corpo
immolato e del Sangue versato, veniamo rinnovati dal suo Amore.
Così la nostra esistenza degradata
dal peccato, dalla malizia, dall’egoismo, dalla menzogna, dall’insulto denigratorio, dalla malevolenza, dall’aggressione, dall’ingiustizia, dal profitto,
dall’edonismo, dall’effimero piacere,
può sperare sempre nuovamente nel
perdono del sangue dell’Agnello
immolato.
Al Vescovo è consegnata la missione di custodire, vegliare, difendere la
santità della Chiesa, sposa di Cristo.
Esercitando la pienezza del sacerdozio
di Cristo, il Vescovo ha il gravoso compito di santificare la Chiesa di Dio con
la Parola e i Sacramenti.
Non dimentichiamo le parole dell’Apostolo Paolo: “Cristo ha amato la
Chiesa e ha dato se stesso per lei, per
renderla santa, purificandola con il
lavacro dell’acqua mediante la parola,
e per presentare a se stesso la Chiesa
tutta gloriosa, senza macchia né ruga o
alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 26-27).
Carissimi fedeli e amici,
il buon pastore pronuncia anche parole
che interpellano la vita, parole di chiamata, insistenti inviti a seguirlo:
Venite…vi farò pescatori di uomini.
In questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni mi preme parlare soprattutto al cuore dei più giovani
tra di voi.
Sono sicuro che tanti di voi partecipano regolarmente ai sacramenti, pregano, meditano la Parola di Dio, tanti
di voi si formano nelle aggregazioni
ecclesiali.
Carissimi giovani,
saprete anche ascoltare la voce della
chiamata di Dio con libertà interiore,
senza freni e resistenze, senza paure e
senza calcoli egoistici?
Siete disposti a chiedervi cosa
vuole fare Dio della vita che vi dona?
Quanto grande e preziosa può diventare la vostra esistenza vissuta nell’amore per gli altri!
Siete pronti a condividere la bontà
di Gesù, buon pastore, spendendo la
vostra vita per la felicità degli altri?
Non esiste ideale di vita più gioioso che
essere felici della felicità degli altri.
Il sì alla chiamata di Dio farà della
vostra esistenza una storia esemplare di
dedizione, di servizio, di sacrificio, capaci di sorprendere e di meravigliare,
fino a scuotere la coscienza di chi vive
nella comodità del proprio corrosivo
egoismo.
Ci assista tutti con la sua materna
intercessione la Vergine dell’Ascolto e
del Sì; a Lei, Stella della evangelizzazione, affido tutto il mio ministero e il cammino della nostra Chiesa diocesana.
Amen.
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