ANNUARIO XXXIII
ANNO SCOLASTICO 2005-2006
SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
1
R E P U B B L I C A
S A N
M A R I N O
PRESENTAZIONE
L’Annuario della Scuola Secondaria Superiore rappresenta un appuntamento
denso di significati per la cultura sammarinese. Intanto perché costituisce per i
nostri cittadini una delle pubblicazioni di divulgazione storica e scientifica più
radicata, poi per la sua invalsa capacità di dare conto dello stato della ricerca e
dell’approfondimento culturale nel nostro Paese.
Grazie all’impegno costante della Presidenza, degli studenti e degli insegnanti,
la Scuola Secondaria Superiore ha mantenuto intatta l’autorevolezza e la
pregnanza del proprio ruolo nel sistema educativo della Repubblica ed ha
consolidato una sempre maggiore affermazione nel circuito scolastico dei
territori limitrofi.
Oggi più che mai, infatti, è necessario mantenere un dialogo vivo e costruttivo
con il sistema scolastico italiano ed europeo, cercando in primo luogo di
potenziare e migliorare il livello qualitativo dei percorsi di insegnamento e
di crescita formativa. Allo stesso tempo è necessario un impegno inesausto di
approfondimento e di indagine volto alla affermazione della nostra identità,
per preparare i giovani ad essere responsabili cittadini di domani.
Il flusso di apporti disciplinari sempre nuovi e diversi offre spunti di riflessione
e input per un processo costante di sviluppo dell’intero sistema, affinché questo
sia in grado di individuare i contenuti pedagogici su cui innestare il lavoro della
scuola. La scuola che vogliamo dovrà infatti essere sempre più permeabile alle
nuove sensibilità, e caratterizzarsi attorno ai valori fondativi della cultura e
della cittadinanza, nella consapevolezza che la formazione culturale produce
benessere individuale e collettivo.
L’aspetto austero della veste editoriale non deve indurre in errore, l’annuario
è uno strumento vivace, flessibile e versatile nell’ampiezza della sua offerta
tematica, ma sempre rigoroso nella qualità dei contributi. Nel vasto e organico
progetto di trasmissione, rinnovamento e acquisizione delle conoscenze più
avanzate, decisivo per tracciare il percorso della evoluzione civile, economica
e sociale del Paese, l’Annuario si è ritagliato un ruolo non secondario.
Desidero esprimere per questo tutto il mio apprezzamento alla Preside Prof.ssa
Maria Luisa Rondelli e a tutti coloro che a vario titolo hanno collaborato con
impegno e competenza alla realizzazione di questa pubblicazione.
IL SEGRETARIO DI STATO
Francesca Michelotti
3
Dedicato a…
7
PREFAZIONE
L’anno scolastico di cui parla questo Annuario XXXIII è stato, come sempre,
un anno di intenso lavoro per la Scuola Sammarinese in genere, e per la Scuola
Superiore, in particolare. Esso ha visto fra l’altro la definizione di due importanti
percorsi curricolari che interessano tutti gli ordini di Scuola, dall’Infanzia alla
Secondaria Superiore: si tratta delle “Indicazioni curricolari - Per un nuovo
sapere della Scuola Sammarinese” e dell’adozione del “Curricolo verticale di
Alfabetizzazione Informatica”.
Nello specifico della Scuola Secondaria Superiore, ha caratterizzato l’anno
scolastico 2005-2006 innanzitutto l’introduzione di due appuntamenti
istituzionali: la Cerimonia di inaugurazione in apertura dell’anno scolastico,
svoltasi il primo giorno di scuola; la consegna dei Diplomi agli alunni che
hanno sostenuto l’Esame di Stato, a conclusione dello stesso, in chiusura.
L’anno in questione ha avuto inizio con alcuni momenti comunitari e attività
di accoglienza che, oltre a consentire un avvio graduale del lavoro scolastico,
hanno inteso offrire ad insegnanti e alunni spunti di riflessione da approfondire
successivamente. Alla parte ufficiale del Primo giorno di scuola, alla presenza
degli Ecc.mi Capitani Reggenti, Fausta Simona Morganti e Cesare Antonio
Gasperoni, e del Segretario di Stato alla Pubblica Istruzione, Rosa Zafferani,
è seguita una interessantissima conferenza tenuta dal professor Alessandro
Colombi dell’Università di Bolzano.
Nella conferenza, il professor Colombi, con grande professionalità,
accattivante simpatia e in forma problematica ha trattato di un tema molto
vicino agli interessi dei ragazzi: la tecnologia, vista nel rapporto di dipendenza
che si produce in chi la usa, nell’incidenza che essa assume nelle relazioni
interpersonali, nonché nei processi di riflessione e di rielaborazione.
Secondo appuntamento di inizio anno, la partecipazione di tutti gli alunni
allo spettacolo messo in scena dal Museo dell’Emigrante e dal Laboratorio
teatrale della Scuola “Il viaggio dell’eroe”: lo spettacolo ripercorre la vicenda
dell’emigrazione attraverso la voce dei veri protagonisti, ex emigranti
sammarinesi che hanno assunto il ruolo di attori accanto agli alunni della
nostra Scuola.
Delle diverse opportunità curricolari ed extracurricolari, offerte agli alunni
nel corso dell’anno, si dà conto nelle sezioni specifiche dell’Annuario: a me
preme ricordare, per la loro valenza culturale, l’avvio di importanti progetti,
quali “Il quotidiano in classe”, proposto dalla Fondazione San Marino Cassa
di Risparmio SUMS, nonché alcuni incontri stimolanti, quale quello con
l’astrofisico Margherita Hack e quello con lo scienziato Luciano Maiani e
padre Marcellino Forcellini, nostri illustri concittadini.
A dimostrazione della fattiva operosità e della vivacità culturale del contesto
scolastico, vorrei anche ricordare, come nel 2005-2006, gli insegnanti, oltre
a svolgere la loro normale attività di insegnamento, si siano adoperati per
5
caratterizzare i diversi indirizzi di studio, per promuovere la Scuola con
importanti iniziative, per dare sistematicità alle attività di Orientamento e
Monitoraggio, per continuare il lavoro di riflessione avviato nell’anno scolastico
precedente, di cui è testimonianza il “Documento di sintesi” pubblicato nel n. 32
dell’Annuario. Il lavoro di alcuni gruppi (periodo di sospensione, valutazione)
ha fra l’altro prodotto alcune positive innovazioni nell’organizzazione
delle attività previste sia per il periodo di sospensione fra primo e secondo
quadrimestre che per quello precedente l’inizio dell’anno scolastico
successivo. Oltre al mio personale ringraziamento per la collaborazione, credo
vada positivamente messo in evidenza lo spirito costruttivo con cui i colleghi
operano per l’istituzione scolastica nel suo complesso.
Infine, un grazie davvero di cuore a tutti coloro che, a vario titolo, all’interno
e all’esterno della Scuola, hanno collaborato e collaborano alla buona riuscita
dell’Annuario.
IL PRESIDE
Maria Luisa Rondelli
6
Dedicato a…
7
FEDERICA
di Meris Monti
Quando penso a Federica, la prima immagine che si affaccia alla mia mente
è quella di una esile bimbetta della scuola elementare con i capelli rossi che
saltellava su un palcoscenico nelle vesti di protagonista di una rivisitazione
della favola di Pinocchio: la piccola e irrequieta attrice, invece di aiutare,
come da copione, la fatina intenta a preparare i biscotti, infarinava con grande
naturalezza e un pizzico di impudenza gli altri attori e il pubblico delle prime
file, suscitando un’irresistibile ilarità; quel gesto imprevisto è stato sicuramente
il più apprezzato di tutta la recita per la sua assoluta spontaneità e per
l’incredibile corrispondenza con il personaggio del burattino disubbidiente.
Questa simpatia coinvolgente, questa allegria contagiosa non hanno mai
abbandonato Federica, nemmeno nei tanti momenti duri e difficili che hanno
segnato la sua troppo breve esistenza, non perché fosse inconsapevole o poco
riflessiva, ma perché ha sempre vissuto e comunicato uno sguardo positivo
sulla realtà. A lei è stato chiesto misteriosamente di mettere alla prova nel
crogiuolo della malattia l’amore per la vita, i desideri, le ansie e le aspettative
di ogni adolescente e lo ha fatto con un coraggio e una forza capaci di stupire
chiunque le si è accostato.
Gli insegnanti e i compagni di classe del Liceo Linguistico ricordano
chiaramente con quanta determinazione Federica abbia continuato a frequentare
le lezioni e ad impegnarsi nello studio, nonostante dovesse combattere contro
gli effetti devastanti della chemioterapia e sono testimoni di come si sia
prodigata perché la malattia non le impedisse di proseguire regolarmente il
Federica con altre allieve del Liceo Linguistico in soggiorno di studio a Cambridge nel 1997
9
10
percorso della scuola superiore.
Ha affrontato l’università con grande entusiasmo e con la volontà di approfondire
la sua passione per lo studio delle lingue straniere; non si è scoraggiata
nemmeno quando, dopo la prima ricaduta della malattia e un altro lungo ciclo
di terapie, è stata costretta a riprendere il percorso dall’inizio, per adeguarsi
alla nuova struttura dei corsi di laurea entrata in vigore nel frattempo. In quel
particolare frangente gli inghippi della burocrazia l’avevano contrariata, ma
con grande decisione ha ricominciato a frequentare le lezioni del primo anno e
non ha mai raccontato a nessun insegnante il motivo per cui era stata costretta
a sospendere. Scherzava sui suoi capelli che non crescevano in fretta come
avrebbe voluto e continuava a dare esami.
Così ha fatto anche dopo la seconda ricaduta del terribile male che l’ha colpita
e se il terzo e definitivo attacco della malattia non le ha permesso di concludere
i suoi studi, io credo che ci sia nella vita di Federica qualcosa di veramente
compiuto ed è la sua umanità, molto più grande e matura della sua giovane
età, frutto certamente della dura battaglia per la salute ma anche esito del
sostegno di una famiglia straordinaria che l’ha accompagnata in ogni attimo
del suo faticoso cammino e sostenuta con una fede limpida e sicura, capace di
riconoscere, anche in condizioni di estrema difficoltà, il disegno buono di Dio
su ciascuno di noi. Questa certezza alimenta la coscienza che la sua sofferenza
non è stata vana, rende più sopportabile il dolore di non averla più con noi e
sostiene la speranza di giungere alla pienezza in cui lei ora vive.
Federica con alcuni compagne di classe in soggiorno di studio a Berlino nel 1999
Parte prima
Organizzazione scolastica
11
12
IL SISTEMA SCOLASTICO SAMMARINESE
QUADRI RIASSUNTIVI
a cura di Franco Santi
Il sistema scolastico sammarinese comprende la Scuola dell’Infanzia, di durata
triennale; la Scuola Elementare, nella quale ha inizio l’obbligo scolastico, di
durata quinquennale; la Scuola Media, di durata triennale; la Scuola Secondaria
Superiore, articolata in biennio [la conclusione del biennio coincide con la
fine dell’obbligo scolastico di n. 10 anni complessivi di scolarizzazione] e
triennio.
Di fatto i servizi educativi garantiti dallo Stato, nonché il diritto all’educazione
e allo studio, si estendono dalla nascita fino al diciottesimo anno. Tali servizi
comprendono:
- L’Asilo Nido, Servizi Integrativi e Servizi Innovativi (Legge n. 68 del 25
maggio 2004).
- Il Centro di Formazione Professionale, all’interno del quale è possibile
completare l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
Va sottolineato che la Secondaria Superiore è formata:
§
nel biennio da n. 5 indirizzi:
Istituto Tecnico Industriale
Liceo Classico
Liceo Linguistico
Liceo Scientifico
Liceo Economico Aziendale, di recente istituzione e giunto, nell’anno
scolastico 2004/2005, al V anno di corso
§
-
nel triennio, nell’anno scolastico 2004/2005 da n. 4 indirizzi:
Liceo Classico
Liceo Linguistico
Liceo Scientifico
Liceo Economico Aziendale
In considerazione del fatto che l’Indirizzo Tecnico Industriale si ferma al solo
biennio e del fatto che studenti frequentano indirizzi di studio non previsti
nel sistema sammarinese, la popolazione scolastica presente in territorio, nella
fascia di età corrispondente alla frequenza del triennio conclusivo degli studi,
raggiunge una consistenza percentuale inferiore al 50% del totale.
13
TABELLA DATI DEL SISTEMA SCOLASTICO
14
ORDINE DI SCUOLA
N. ALLIEVI
N. DOCENTI
RAPPORTO
Scuola Infanzia
Scuola Elementare
Scuola Media
Scuola Superiore
1059
1498
806
529
143
241
150
77
7,41
6,22
5,37
6,87
SCUOLA DELL’INFANZIA
ANNO SCOLASTICO 2005 – 2006
SEDI
ALUNNI
INSEGNANTI
78
111
89
84
32
80
94
53
85
72
42
74
77
88
1059
10
14
12
12
6
12
12
6
10
9
8
9
11
10
143
Acquaviva
Borgo Maggiore
Ca’ Ragni
Cailungo
Chiesanuova
Dogana
Domagnano
Faetano
Falciano
Fiorentino
Montegardino
Murata
San Marino
Serravalle
TOTALE
SCUOLA ELEMENTARE
ANNO SCOLASTICO 2005-2006
SEDI
cl 1
Acquaviva
Borgo Maggiore
Cailungo
Cà Ragni
Chiesanuova
Dogana
Domagnano
Faetano
Falciano
Fiorentino
Montegiardino
Murata
San Marino
Serravalle
TOTALE ALUNNI
17
37
16
19
10
15
43
14
30
17
14
18
29
41
320
ALUNNI PER ANNO DI CORSO
cl 2
cl 3
cl 4
cl 5
totale
22
43
18
20
9
17
20
15
14
20
16
32
15
41
302
21
30
21
22
18
22
38
14
22
13
15
19
21
34
310
16
41
19
11
12
21
35
14
21
23
10
14
25
35
297
20
30
18
16
10
21
27
11
14
16
10
26
21
29
269
DOCENTI
96
181
92
88
59
96
163
68
101
89
65
109
111
180
1498
241
SCUOLA MEDIA STATALE
ANNO SCOLASTICO 2005-2006
1° Anno
Circoscrizione
1°- Città
2°- Serravalle
3°- Fiorentino
Totale
Docenti Sezioni
47
50
53
150
18
18
18
54
Alunni
259
285
262
806
2° Anno
Sezioni Alunni Sezioni
6
6
6
18
91
97
93
263
6
6
6
18
Alunni
77
97
90
258
3° Anno
Sezioni Alunni
6
6
6
18
91
91
79
261
15
SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
ANNO SCOLASTICO 2005-2006
ALUNNI
CLASSI
iscritti
n°
1
2
16
3
4
5
Classico
Linguistico
Scientifico A
Scientifico B
Scientifico Tot
Economico A
Economico B
Economico Tot
I.T.I.
TOTALE
Classico
Linguistico
Scientifico A
Scientifico B
Scientifico Tot
Economico
I.T.I.
TOTALE
Classico
Linguistico
Scientifico A
Scientifico B
Scientifico Tot
Economico A
Economico B
Economico Tot
TOTALE
Classico
Linguistico
Scientifico A
Scientifico B
Scientifico Tot
Economico
TOTALE
Classico
Linguistico
Scientifico
Economico A
Economico B
Economico Tot
TOTALE
TOTALE
5
23
18
19
37
21
22
43
17
125
15
14
21
21
42
25
22
118
15
20
18
18
36
21
13
34
105
11
18
21
23
44
25
98
10
19
22
12
20
32
83
529
ritirati
n°
%
1 4,35
1 5,88
2 1,6
1 4,54
1 0,85
1 6,67
1 5,55
1 2,78
1 4,76
1 2,94
3 2,86
1 4,76
1 2,27
1 1,02
2 10
2 6,25
2 2,41
9
promossi
n°
5
20
16
16
32
20
16
36
13
106
15
12
21
21
42
24
18
111
14
19
18
16
34
19
12
31
98
11
17
20
23
43
25
96
10
19
22
12
18
30
81
%
respinti
n°
%
100
86,96 2 8,69
88,89 2 11,11
84,21 3 15,79
86,48 5 13,52
95,24 1 4,76
72,72 6 27,28
83,72 7 16,28
76,47 3 17,65
84,8 17 13,6
100
85,71 2 14,29
100
100
100
96
1
4
81,82 3 13,63
94,68 6 5,08
93,33
95
1
5
100
88,89 1 5,55
94,44 1 2,78
90,48 1 4,76
92,31 1 7,69
91,18 2 5,88
93,33 4 3,81
100
94,44 1 5,56
95,24
100
97,73
100
97,96
100
100
100
100
90
93,75
97.59
1,7 492 93,01 28
5,29
recupero
n°
%
1
10
6
4
10
9
7
16
4
41
6
5
3
8
11
8
20
43,48
33,33
21,05
27,02
42,86
31,81
37,21
23,53
32,8
40
35,71
14,28
38,09
26,19
32
30
1
8
6
25,42
6,67
40
33,33
6
10
7
17
32
3
10
4
2
6
13
32
16,67
47,62
53,85
50
30,48
27,27
55,56
19,05
9,69
13,64
52
32,65
135 25,52
SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO
A inizio anno vengono organizzati, nel rispetto della Legge 8 settembre
1995 n.104, corsi di potenziamento e recupero rivolti a quegli allievi i quali,
ancorché promossi nello scrutinio finale dell’anno scolastico precedente,
hanno evidenziato, in sede di valutazione del curricolo, debiti formativi. La
tabella illustra l’entità del fenomeno.
prospetto generale
DI CORSO
promossi
alunni
respinti
1°
2°
3°
4°
totale
106
111
98
96
411
17
6
4
1
28
ANNO
segnalati
segnalate
41
30
32
32
135
51
31
33
42
157
materie
materie/ alunno
1,24
1,03
1,03
1,31
1,16
Nella tabella qui sotto sono elencate tutte le discipline che sono state oggetto
di indicazioni di sostegno: é riportata l’entità numerica assoluta del fenomeno
e la sua incidenza percentuale. Le percentuali, per ogni singola disciplina
contenuta in tabella, sono calcolate sulla reale potenzialità di segnalazione e
non sulla base del numero assoluto dei ragazzi segnalati.
ANNO DI CORSO
1°
MATERIA
2°
3°
4°
N
%
n
%
n
%
n
italiano
4 3,23% 2 1,71%
inglese
10 8,06%
5 4,81% 5
matematica
15 12,09% 12 10,26% 11 10,58% 10
storia
2 1,61% 1 0,85%
3
filosofia
4
latino
5 7,81% 6 8,45%
greco
3 20,00%
fisica
3 5,08%
3
chimica
1 1,59%
scienze
1
1,03
3 4,29% 2
tedesco
1 4,34%
2 6,06%
francese
3 4,54% 3 7,69% 8 20,00% 11
storia dell’arte
1 3,70%
disegno-storia dell’ arte
1
diritto-economia
2 4,65%
%
5,15%
10,31%
3,09%
4,12%
4,17%
2,78%
25,58%
2,33%
Tutti
N
%
6
20
48
6
4
11
3
6
1
6
3
25
1
1
2
1,37%
4,56%
10,93%
1,37%
1,99%
4,06%
5,36%
2,02%
0,64%
1,59%
2,91%
10,46%
0,67%
0,56%
2,25%
storia sammarinese
5
4,03%
5
2,08%
tecnologia
dell’informazione
1
2,33%
1
2,33%
5
2,37%
diritto sammarinese
economia politica
educazione fisica
TOTALI
1 0,81%
51
31
2
1,92%
2
6,06%
33
3
42
3,09%
2 3,49%
1 0,23%
157
17
Per quello che riguarda il complesso dell’organizzazione del periodo intensivo,
nel quale le lezioni curriculari sono sospese e sostituite da corsi di recupero
e da attività di approfondimento disciplinare e di laboratorio didattico, si
rimanda alla sezione dedicata alla Didattica di questo Annuario.
a cura di Franco Santi
PERIODO DI SOSPENSIONE
31 GENNAIO – 4 FEBBRAIO 2005
18
A differenza degli anni scorsi, per l’anno scolastico 2004-2005, il Collegio
Docenti ha deciso che gli alunni segnalati con debito formativo non dovessero
frequentare corsi di recupero specifici, ma che potessero svolgere l’attività di
recupero senza modificare orari e organizzazione scolastica.
Questo ha comportato quindi una modifica dell’attività didattica in classe
mirata al recupero dei debiti formativi degli alunni segnalati.
In questo contributo si presenta:
§ una tabella nella quale, analiticamente, classe per classe, si registra il n. di
allievi, il numero di allievi segnalati nelle discipline oggetto di recupero, il
totale e la percentuale degli allievi segnalati, il totale e la percentuale degli
allievi segnalati rispettivamente in n. 1, n. 2, n. 3 e più di 3 discipline;
§ una serie di grafici riassuntivi, che consentono di riflettere sulla consistenza
del fenomeno.
Riepilogo generale delle segnalazioni di recupero (I)
1C
16
6 7 4 3
1
1Eb 16 3 6
5 5
19 7 4 7
1
1Sb 22
1
1 1
1T
23 2 6
2C
17
2Ea 19
1 5
5
1
2
3 5 4
1Sa 22 3 2 3
5
2L
10 53% 6 32%
1
7
2
2Sb 18
1
1
2
2Ta 15 4 7
5
8 5 1 2
6
2Tb 12 3 4
5
4 3 5 5
6
3Eb 13 1 3
1
3L
5 5 6
2
1
2
7
5 8
5
9 1
2
3Sb 23
1 1
1
3 1 1
1
4Eb 21
8
4L
19
2
4S
23
6 5
11
8
3 18% 2 12% 4 24%
9 50%
1 6% 5 28% 3 17%
3 17%
1 6% 1 6% 1 6%
4 3
11 73% 5 33% 5 33%
2
7 58% 4 33% 1 8% 1 8% 1 8%
9 45% 6 30%
3
5Eb 15
4
3 7
5L
3
2
3 3
4
5Sb 12
4
1
1
2
3
1
1
1
2 9%
3 30% 1 10%
4 12 67% 4 22% 3 17% 1 6% 4 22%
8
6 14 67% 7 33% 1 5% 2 10% 4 19%
5 26% 1 5%
2 1
1
2 10% 1 5%
1 6
3
4
2 18%
4 17% 5 21% 8 33%
4 17% 1 4% 1 4%
11
1
1 9% 2 18% 3 27%
2 7 54% 2 15% 1 8% 2 15% 2 15%
2
3
1 7%
3
17 71%
1 3
5Sa 12
1 materia
1 5% 7 37%
9 53%
4 40%
5Ea 16 1 3
13
8 42%
3 6 55% 3 27% 1 9%
3 4
8
1 5%
2
5 2
3Sa 24
4Ea 18
1 5%
6 55%
1 6
10
3 14%
2 9%
9 43% 5 24% 1 5% 2 10% 1 5%
1
2 4 4
20 2 6
2 9%
9 39% 2 9% 2 9% 4 17% 1 4%
2
4
3Ea 11 2 3
3 16% 1 5%
5 23%
4 24% 2 12% 2 12%
2
4C
2
1
4
11
2 materie
6 40% 2 13% 1 7% 1 7% 2 13%
8 50% 4 25% 2 13% 2 13%
4 2 3
2
3 materie
1
2Sa 18 7 1 1
3C
21 3 4 8
%
1
5 2
1
%
2
9
6 1
4 4 4 1
2Eb 17 2 4
%
2
1
5
2
%
7 44% 2 13% 2 13% 3 19%
1Ea 15 4 1
1L
%
> 3 materie
n° Alunni
Italiano
Matematica
Latino
Greco
Inglese
Francese
Tedesco
Fisica
Chimica
Storia
Storia Sammarinese
Educazione Fisica
Disegno Storia dell’Arte
Storia dell’Arte
Scienze
Filosofia
Diritto Sammarinese
Economia Aziendale
Tecnologia e Disegno
Diritto ed Economia
Diritto
Alunni Richiamati
Classe
Materia
1 5% 3 16%
11 48% 1 4% 2 9% 1 4% 7 30%
1
1 6 38%
5 31% 1 6%
9 60%
5 33% 4 27%
5 38%
1 8% 2 15% 2 15%
1 6 50%
1 8% 3 25% 2 17%
5 42%
1 8% 4 33%
Tot. 531 44 113 57 16 77 44 48 46 11 13 22 4 6 15 17 11 6 20 8 7 17 233 44% 57 11% 38 7% 60 11% 76 14%
19
Grafici riassuntivi
1. Allievi segnalati
2. SEGNALAZIONI. DETTAGLIO ALLIEVI PER NUMERO DI SEGNALAZIONI.
20
3. SEGNALAZIONI. ELENCO ALUNNI PER MATERIA (VALORI NUMERICI)
21
22
ORGANIZZAZIONE ANNO SCOLASTICO 2005/2006
Zafferani Rosa
De Biagi Pier Roberto
Rondelli Maria Luisa
Gottardi Luisa
Segretario di Stato per gli Affari Interni
la Pubblica Istruzione
Coordinatore Dipartimento Affari Interni
e Pubblica Istruzione
Preside
Vicepreside
COLLEGIO DEI DOCENTI
Agostini Donatella
Balducci Carla Marina
Bartolini Stefano
Bartolomeoli Ivana
Benedettini Marinella
Berti Marino
Berti Sonia
Bevitori Maria Grazia
Bindi Benedetta
Biordi Mario Ludovico
Bisacchi Liana
Bollini Gian Carlo
Bollini Loredana
Brusa Paolo Ugo
Capicchioni Loredana
Casadei Maria Pia
Casadei Orazio
Casali Ingrid
Ceccoli Giovanni
Colombini Maria Angela
Conti Rosanna
Crescentini Giorgio
De Paoli Natalina
Frulli Milena
Garufi Angela
Gasperoni Claudia
Gasperoni Ferdinando
Gasperoni Marina
Ghiotti Lucia
Ghiotti Maria Grazia
Ghiotti Maurizio
Gobbi Maurizio
Grassi Enrico
Graziadei Maria Antonia
Italiano e Storia dell’Arte
Economia Aziendale
Fisica e laboratorio
Storia e Filosofia
Matematica
Educazione tecnologica
Italiano, Storia e Geografia
Fisica e laboratorio
Chimica e laboratorio
Italiano, Storia e Geografia
Fisica e laboratorio
Educazione fisica
Inglese
Storia e Filosofia
Diritto ed Economia
Tedesco
Diritto ed Economia
Inglese
Latino e Greco
Storia e Filosofia
Francese
Educazione fisica
Italiano
Matematica
Tedesco
Storia e Filosofia
Italiano e Latino
Inglese
Matematica
Italiano e Latino
Tecnologia e Disegno
Storia e Filosofia
Matematica
Scienze
23
24
Guerrieri Almerinda
Guidi Erika
Leardini Dolores
Mancini Claudio
Mancini Egiziana
Mangiarotti don Gabriele
Marcucci Paolo
Mazza Anna Maria
Merli Lorella
Merlini Maria Grazia
Micheloni Francesco
Monti Meris
Moroni Luciana
Mularoni Alessandra
Mularoni Jeannette Daniela
Pancotti Igina
Pelliccioni Ugo
Poggiali Martina
Reffi Francesca
Renzi Nicola
Ridolfi Rosanna
Rossi Laura
Rosti Corrado
Rosti Renzo
Salicioni Sandro
Sanguinetti Claudine
Sammarini Emilio
Sensoli Annita
Serra don Edoardo
Stacchini Edoardo
Stefanelli Riccardo
Stolfi Emanuela
Swirszczewski Tiziana
Taddei Enzo
Taddei Patrizia
Tiberi Anna Laura
Ugolini Valeria
Valentini Maria Edoarda
CONSIGLIO DI PRESIDENZA
Balducci Carla Marina
Bindi Benedetta
Bisacchi Liana
Tedesco
Religione
Educazione fisica
Matematica
Economia Aziendale
Religione
Ruolo sovranumerario
Matematica
Francese
Inglese
Disegno e Storia dell’Arte
Italiano e Storia dell’Arte
Scienze
Diritto ed Economia
Inglese
Matematica
Italiano, Storia e Geografia – Italiano e Latino
Diritto ed Economia
Italiano, Storia e Geografia
Latino e Greco
Italiano
Italiano e Latino
Educazione fisica
Matematica
Latino e Greco
Francese
Tecnologia e Disegno
Inglese
Religione
Italiano, Storia e Geografia
Matematica
Scienze
Inglese
Storia sammarinese
Disegno e Storia dell’Arte
Italiano, Storia e Geografia
Matematica
Italiano e Latino
Casali Ingrid
Colombini Maria Angela
Ghiotti Maurizio
Mancini Claudio
Mazza Anna Maria
Reffi Francesca
Rossi Laura
Rosti Renzo
Salicioni Sandro
Sanguinetti Claudine
Swirszczewski Tiziana
Taddei Enzo
RAPPRESENTANTE COMMISSIONE UNESCO
Biordi Mario Ludovico
RAPPRESENTANTI COMMISSIONE PUBBLICA ISTRUZIONE
Grassi Enrico
Tiberi Anna Laura
COORDINATORI DEI CONSIGLI DI CLASSE
1L
1CL
1Sa
1Sb
1Ea
1Eb
1T
2C
2L
2Sa
2Sb
2E
2T
3C
3L
3Sa
3Sb
3Ea
3Eb
4C
4L
Berti Sonia
Renzi Nicola
Tiberi Anna Laura
Stacchini Edoardo
Biordi Mario
Stolfi Emanuela
Bisacchi Liana
Ceccoli Giovanni
Bernardi Marinella
Stefanelli Riccardo
Mazza Anna Maria
Mancini Claudio
Reffi Francesca
Salicioni Sandro
Agostini Donatella
Pelliccioni Ugo
Taddei Patrizia
Frulli Milena
Poggiali Martina
Monti Meris
Swirszcewski Tiziana
25
4Sa
4Sb
4E
5Cla
5Clb
5S
5Ea
5Eb
Rossi Laura
Valentini Maria Edoarda
Benedettini Marinella
Bevitori Maria Grazia
Brusa Paolo
Bartolomeoli Ivana
Colombini Maria Angela
Ridolfi Rosanna
COLLABORATORI DI ESERCITAZIONI TECNICO-PRATICHE
Laboratorio di Fisica
Laboratorio di Informatica
Protti Mimmo
Franco Santi e Vandi Giuliano
PERSONALE AMMINISTRATIVO
Collaboratore Amministrativo
Addetto di Segreteria
Addetto Specializzato
Addetto Specializzato
Addetto
26
PERSONALE AUSILIARIO
Calisti Fernanda
Casadei Gabriella
Ceccaroli Bruna
Cervellini Bruna
Cherigo Virginia
Costa Novella
De Angelis Settimio
Della Balda Rino
Lanci Anna Maria
Montanari Lucilla
Para Luigi
Piva Patrizia
Raschi Gian Claudio
Ricci Ornella
Simoncini Valentina
Vicini Carla
Zonzini Gianfranco
Muccioli Tiziana
Ceccoli Anna
Gennari Luciana
Saracco Vanda
Marani Marta
CONSIGLIO DI ISTITUTO
Presidente
Rappresentanti Genitori Biennio
Rappresentanti Genitori Triennio
Rappresentanti Studenti Biennio
Rappresentanti Studenti Triennio
Rappresentanti Docenti Biennio
Rappresentanti Docenti Triennio
Rappresentante Non Docenti
Rappresentanti Sindacali
Rappresentante Giunta di Castello
Venturini Riccardo
Cardelli Gianni
Faetanini Serse
Marinelli Monica
Pelliccioni Roberto
Venturini Riccardo
Barducci Alessandro
Zonzini Giordano Bruno
Broccoli Vittorio
Severi Pietro
Simoncini Flavio
Rosti Renzo
Tiberi Anna Laura
Monti Meris
Pelliccioni Ugo
Taddei Patrizia
Costa Novella
Stefanelli Riccardo
Giovagnoli Giorgio
Rondelli Paolo
ORGANISMI COLLEGIALI
CONSIGLI DI CLASSE COMPONENTE GENITORI
1CL
1Ea
1Eb
1Sa
1Sb
1L
1T
2C
2L
2E
2Sa
2Sb
2T
3C
3L
3Ea
3Eb
3Sa
3Sb
4C
Sandionigi Barbara
Ravaioli Elisa
Barducci Sergio
Marcucci Roberto
Bruno Patrizia
Bologna Wilma
Bendinelli Fulvio
Bartolini Barbara
De Marin Vanessa
Fantini Graziella
Paganelli Laura
Ceccaroni Lorella
Righi Franco
Muccioli Maria Pia
Gasperoni Meris
Marinelli Monica
Morganti Maria
Casadei Gabriella
Battistini Antonella
Biordi Giorgia
Stefanelli Stefania
Zavoli Grazia
Bianchi Flavio
Fabbri Laura
Moroni Giancarlo
Martini Giuliana
Ceccoli Loredana
Zavoli Amerina
Mularoni Morena
Gennari Micaela
Ranocchini Rosalba
Parlanti Valter
Gasperoni Stefano
Simoncini Maurizio
Giorgetti Maria Assunta
Cavuoto Domenico
Casadei Giorgio
Venturini Riccardo
Morganti Giuseppe M.
Tillio Velio
27
4E
4L
4Sa
4Sb
5C
5L
5S
5Ea
5Eb
Rastelli Massimo
Felici Giorgio
Comellini Eleonora
Bonfè Marina
Marchetti Daniela
Spaggiari Anna Maria
Gasperoni Augusto
Gasperoni Anna Maria
Parri Massimo
Toccagni Bianca Maria
Gatti Augusto
Gennari Claudio M.
Giacomini Giorgia
Suzzi Valli Silvia
Pasolini Daniela
Marzi Gigliola
Rossini Angela
Cozza Antonio
CONSIGLI DI CLASSE COMPONENTE STUDENTI
28
1CL
1Ea
1Eb
1L
1Sa
1Sb
1T
2C
2L
2E
2Sa
2Sb
2T
3C
3L
3Ea
3Eb
3Sa
3Sb
4C
4L
4Sa
4Sb
4E
5C
5L
5S
5Ea
5Eb
Pace Ambra Cecilia
Cesarini Gemma
Bianchi Priscilla
Bruschi Christopher
Cardelli Elia
Balestrieri Elio
Pietragalla Stefano
Cervellini Carla
Beccari Clara Greta
Savioli Sara
Chiaruzzi Valentina
Cherubini Federico
Colonna Matteo
Casadei Teodoro
Berardi Nina
Baravelli Federico
Codicè Nicola
Gasperoni Francesca
Graziosi Marco
Mazza Carolina
Gatti Lorenzo
Marcucci Annalisa
Fedele Alice
Allasia Edoardo
Righi Fabio
La Maida Elena
De Luigi Marco
Sacanna Paolo
Arzilli Giovanni
Beranrdini Massimo
Oyan Francesco
Cardelli Alessandro
Handlova Elisabeh
Felici Michael
Liberti Lorenzo
Zirilli Simone
Zonzini Giordano Bruno
Marani Linda
Tonti Enea
Lazzarini Elisa
Muccioli Stefania
Menicucci Thomas
Guidi Amy
Montironi Maria Camilla
Giordani GianLuca
Zafferani Linda
Tini Elena
Venturini Maria Caterina
Simoncini Daniele
Stefanelli Simona
Nicolini Andrea
Podeschi Claudio
Giorgio Leonardo
Stefanelli Umberto Maria
Zanotti Jessica
Moretti Veronica
Zafferani Alice
Montironi Michele
ASSOCIAZIONE STUDENTESCA SAMMARINESE
Presidente
Vicepresidente
Tesoriere
Segretario
Severi Pietro
Bartolini Paolo
Stefanelli Umberto M.
Lozica Ana Marina
GLI ALLIEVI DEL LICEO CLASSICO
Classe 1C
Bollini Laura, Molenaar Rebecca, Pace Ambra, Pucci Tania, Suzzi Valli Giulia
Classe 2C
Bonfini Luca, Caniglia-Tenaglia Marta, Canuti Shelia, Capicchioni Chantal,
Casadei Ilaria, Cervellini Carla, Dall’Ara Luca, Giacosi Sara, Giorgetti
Francesca, Massari Marta, Muratori Giulia, Nicolini Cristina, Renzini
Jessica, Ruli Mei, Zonzini Giordano Bruno.
Classe 3C
Albani Francesca, Casadei Teodoro, Chiaruzzi Serena, Di Bisceglie Luca,
Francioni Elisa, Garavelli Chiara, Ghiotti Michele, Giardi Giulia, Guidi
Amy, Muraccini Arianna, Occhiali Alessio, Palmieri Greta, Raggini Filippo,
Simoncini Flavio.
Classe 4C
Broccoli Marinella, Casali Stephanie, Ercolani Alessandro, Gasperoni Gea,
Gruska Bojana, Mazza Carolina, Pelliccioni Luca, Ricci Martina, Sarti
Monica, Simoncini Daniele, Stefanelli Lucia.
Classe 5C
Casadei Fabrizia, Guerra Mattia, Lozica Ana Marina, Mazza Martina, Righi
Fabio, Righi Lucia, Severi Pietro, Stefanelli Umberto Maria , Troina Gaetano,
Zanotti Marta.
GLI ALLIEVI DELL’ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE
Classe 1T
Bacciocchi Davide, Bendinelli Alex, Clementi Loris, Fontana Enrico,
Franciosi Andrea, Gasperoni Filippo, Massaro Antonio, Mazza Luca,
Pietragalla Stefano, Santolini Daniele, Sileo Manuel, Succi Nicola, Veronesi
Thomas, Zangheri Matteo, Zanotti Lorenzo, Zirilli Simone.
Classe 2T
Agostini Michele, Boschi Michele, Ciacci Matteo, Ciacci Stefano, Colonna
Matteo, Gasperoni Giacomo, Giardi Mattia, Grassi David, Massetti Achille,
Menicucci Thomas, Mularoni Andrea, Neri Matteo, Paganelli Paolo, Paoletti
Andrea, Righi Federico, Rossini Mirko, Tognarini Erik, Valentini Luca, Vaselli
Anthony, Venturini Luca, Zonzini Mirko.
29
GLI ALLIEVI DEL LICEO LINGUISTICO
Classe 1L
Belluzzi Giulia, Bernardi Simona, Bernardini Massimo, Bronzetti Carlotta,
Bruschi Elena, Capicchioni Laura, Cardinali Silvia, Cola Jessica, Della Balda
Lilith, Fabbri Letizia, Fabbri Sonia, Giannini Serena, Guidi Alice, Handlovà
Elisabeth, Mancini Martina, Molinari Sara, Mussoni Giulia, Nechita Elena
Cristina, Paesini Martina, Simoncini Arianna, Simoncini Beatrice, Zanotti
Noemi.
Classe 2L
Antonelli Carlotta, Bacciocchi Ilaria, Beccari Clara Greta, Castellano
Alessandra, Crespo Marina Veronica, Gennari Giada, Marani Linda, Paolini
Alessia, Payman Monireh, Ricci Maria Sole, Robbiano Valeria, Stefanelli
Aurelia, Toni Lucia, Zonzini Alessandra.
30
Classe 3L
Baldini Carolina, Berardi Nina, Bonifazi Katia, Brandinelli Valeria,Casadei
Alice, Casali Veronica, Corbelli Francesca, Faetanini Andrea Livia, Gasperoni
Marta, Gorrieri Filippo, Guerra Silvia, La Maida Stefania, Leonardi Laura,
Montironi Maria Camilla, Olei Romina, Pari Chiara, Protti Federica, Selva
Sarah, Stefanelli Cristina, Vannucci Giacomo.
Classe 4L
Bollini Elisa, ,Capicchioni Federica, Capicchioni Martina, Cecchetti Gessica,
D’Ambrosio Vanessa, Felici Lucrezia, Franciosi Elena, Gatti Lorenzo,
Lividini Guido, Morolli Nicola, Pirani Glenda, Pretelli Martina, Quadrelli
Alessandra, Righetti Ailen Taiana, Rossi Alessandra, Scarponi Giacomo,
Stefanelli Simona, Tura Milena.
Classe 5L
Andreani Deborah, Bartolini Paolo, Berardi Arianna, Bossi Marta, Broccoli
Valentina, Busignani Mabel, Casadei Lorella, Casadei Stella, Crescentini
Silvia, Grandoni Cristina, Gualtieri Silvia, Guerra Marco, La Maida Elena,
Martini Laura, Mina Alice, Pace Ilaria Adriana, Zanotti Jessica, Zanotti
Valentina, Zattini Silvia.
GLI ALLIEVI DEL LICEO SCIENTIFICO
Classe 1Sa
Bernardi Andrea, Bernardini Silvia, Cardelli Elia, Ceccoli Giulia, Conti
Valerio, Felici Michael, Gasperoni Chiara,Giacobbi Simone, Marcucci Marta,
Montanari Lara, Montemaggi Elisa, Reggini Valentina, Santi Erik, Santi
Laura, Savaglia Martina, Selva Valentina, Serra Federico,Valentini Veronica.
Classe 2Sa
Andreini Michele, Bacciocchi Francesca Maria, Bacciocchi Michele,
Berardi Michele, Chiaruzzi Valentina, Faetanini Alessio, Ghinelli Luca, Giri
Francesca, Gracikova Eva, Guidi Enrico, Guidi Giovanna, Lazzarini Elisa,
Micheloni Gianluca, Morri Francesco, Muraccini Giacomo, Muscioni Luca,
Raffaelli Enrico, Rocchi Serena, Semprini Alice, Tomassini Lorenzo, Zanotti
Enrico.
Classe 3Sa
Achilli Andrea, Brighi Alberto, Capicchioni Lorenzo, Donati Sabrina,
Faetanini Francesca Marina, Gasperoni Francesca, Ghinelli Chiara, Letov
Vladimir, Marcucci Claudia, Marcucci Marianna, Marzi Giorgia Benedicta,
Mularoni Davide, Pedini Cecilia, Pierluigi Cecilia, Stefanelli Francesca, Tini
Elena, Valli Ilaria, Venturini Ilaria.
Classe 4Sa
Agostini Nicola, Benedettini Debora, Berardi Annalisa, Biordi Ilaria, Bollini
Sara, Cancellieri Paolo, Casadei Luigi, Colombini Alberto, Conti Elia, Donnini
Elisa, Gennari Alessandro, Marchetti Riccardo Saul, Marcucci Annalisa,
Massaro Raffaele, Mularoni Valentina, Pace Rossella Giulia, Raschi Elena,
Rosti Marco, Zafferani Giorgia, Zanca Valentina.
Classe 5S
Balducci Simone, Benedettini Mattia, Benvenuti Stefano, Casadei Simone,
Chiaruzzi Barbara,, De Luigi Marco, Della Valle Giada, Forcellini Reffi
Lorenzo, Gasperoni Stefano, Langella Sara, Maiani Filippo, Marchetti
Michela, Moretti Veronica, Mularoni Sara, Pagliarani Luca, Sammarini
Matteo, Santi Gioele, Santolini Lorenzo, Sciutti Raffaella, Serra Alberta,
Tomassini Francesca, Venturini Marta.
Classe 1Sb
Balestieri Elio, Bronzetti Alessandro, Calandriello Luca, Capicchioni Laura,
Ciavatta Simone, De Luigi Mattia, Dolcini Davide, Grassi Valentina, Guiducci
Luca, Liberti Lorenzo, Marzi Marika, Molinari Marco, Moretti Viola, Moroni
Elia, Pagliarani Matteo, Renzini Martina, Rossi Alessandro, Taddei Tommaso,
Vannucci Arianna.
31
Classe 2Sb
Albertini Miriam, Bacciocchi Filippo, Benvenuti Andrea, Bernucci Nicola,
Bombini Filippo, Casali Loris, Cesaretti Marco, Cherubini Federico,
Gasperoni Lorenzo, Gasperoni Valentina, Guerra Federico, Lividini Althea,
Menghi Alberto, Muccioli Stefania, Mularoni Fabio, Parlanti Daniele, Pavel
Vlad Costantin, Rosa Enrico, Rossi Chiara, Valentini Filippo Maria, Villa
Sabrina.
Classe 3Sb
Biordi Lucio, Carattoni Giacomo, Chiaruzzi Hilary, Graziosi Marco, Guerra
Elia, Guerra Valentina, Guidi Simone, Ligi Alessandro, Magnani Giulia,
Massetti Martina, Morganti Claudia, Pazzini Silvia, Pesaresi Michela, Righi
Alberto, Tonelli Silvia, Venturini Maria Caterina, Zonzini Mattia.
32
Classe 4Sb
Amati Eleonora, Andreani Alessia, Andreini Silvia, Belemmi Lucia, Broccoli
Vittorio, Casadei Roberta, Casali Marco, Cibelli Enrico, Corbelli Chiara,
Costa Silvia, Fedele Alice, Francioni Simona, Garavini Michele, Giannoni
Marcello, Mina Daniele, Mularoni Marco, Paccagnella Alessandro, Pazzini
Fabio, Podeschi Claudio, Tura Federica, Valentini Tommaso, Zamagni
Lorenzo, Zavoli Luca.
GLI ALLIEVI DEL LICEO ECONOMICO
Classe 1Ea
Angelini Alessio, Belloni Fabio, Biordi Noemi, Bombini Federico, Calzolari
Pietro, Cardinali Federico, Ceccoli Giulia, Cesarini Federica, Cesarini
Gemma, Della Valle Elena, Gasperoni Diego, Gatti Elisa, Giovagnoli Elisa,
Gregoroni Antonella Anabel, Guidi Luca, Guidi Marco, Lepri Andrea,
Moroncelli Serena, Oyan Francesco, Sciutti Michela, Zonzini Elisa.
Classe 2E
Barducci Raffaele, Bugli Mattia, Comini Agnese, Conti Daniele, Cupi
Martina, Della Valle Alex, Fabbri Alessandro, Forcellini Luca, Gasperoni
Angela, Giovagnoli Giulia, Lazzarini Andrea, Melnikova Cristina Alexeevna,
Pelliccioni Anthony, Piva Marcella, Reggini Enrico, Rastelli Andrea, Ricci
Giulia, Ronchi Silvia, Sartini Melania, Savioli Sara, Scarponi Simone, Selva
Anna, Semprini Enea, Tabarini Fabio, Tonti Enea.
Classe 3Ea
Baravelli Federico, Bianchi Alessandro, Carlini Raffaele, Cavuoto Valentina,
Curzi Mattia, Fabbri Nicola, Filippi Matteo, Gai Claudia, Giordani Gianluca,
Gregoroni Fabio, Pelliccioni Samuele, Polini Veronica, Pollini Andrea, Selva
Matteo,Simoncini Michael, Stefanelli Alex, Valentini Francesca, Vitali Elisa,
Zani Johnny, Zanotti Silvia.
Classe 4E
Allasia Edoardo, Baldiserra Martina, Bartolini Marco, Bernardi Andrea,
Billi Paolo, Casali Andrea, Casali Mattia, Ceccoli Luciana Carolina, De
Luigi Luca, De Luigi Mattia, Faetanini Erica, Giorgi Leonardo, Mazza Pier
Filippo, Mini Marco, Montebelli Daniele, Moroni Danilo, Polidori Matteo,
Pucci Luca, Rastelli Michele, Ripa Burgagni Nicola, Ronchi Mattia, Sbraccia
Marianna, Tomassini Martina, Zanotti Michele, Zanotti Stefano.
Classe 5Ea
Albani Simone, Bacciocchi Cristina, Cenni Danilo, Ciavatta Jenny, Francioni
Francesca, Gatti Danilo, Gobbi Laura, Grandoni Luca, Mularoni Nicola,
Sacanna Paolo, Zafferani Alice, Zanotti Stefania.
33
Classe 1Eb
Andruccioli Laura, Angelini Silvia, Barducci Alessandro, Bianchi Priscilla,
Briganti Edoardo, Briganti Umberto, Buscarini Lorenzo, Carattoni Sofia,
Cardelli Alessandro, Casadei Laura, Cibelli Alessandra, D’Antonio Marika,
Ercolani Gianmarco, Francioni Adriano, Giacobbi Carlotta, Giardi Mattia,
Gobbi Valentina, Lanci Roberto, Parenti Chiara, Tognacci Cristina, Toni
Micaela, Zucchi Luca.
Classe 3Eb
Berardi Andrea, Berretti Maicol, Cardinali Arianna, Casadei Mattia, Cenni
Martina, Codicè Nicola, Forcellini Matteo, Francioni Sara, Giusti Erika,
Morganti Manuel, Rossi Luca, Valenti Mattia, Zafferani Linda.
Classe 5Eb
Angelini Raffaele, Bassis Andrea, Bezziccari Angelica, Biordi Christian,
Ceccoli Lucia, Chiaruzzi Nicola, Dall’Olmo Alex, Guidi Mirco, Iwanejko
Andrea, Macina Filippo, Mancini Alessia, Merlini Elisa, Montironi Michele,
Parri Michela, Rebosio Paolo, Serra Simone, Tamagnini Cristiana, Zonzini
Sabrina.
ELENCO DIPLOMATI
LICEO CLASSICO
Casadei Fabrizia
Guerra Mattia
Lozica Ana Marina
Mazza Martina
Righi Fabio
Righi Lucia
Severi Pietro
Stefanelli Umberto M.
Troina Gaetano
Zanotti Marta
LICEO LINGUISTICO
34
Andreani Deborah
Bartolini Paolo
Berardi Arianna
Broccoli Valentina
Bossi Marta
Busignani Mabel
Casadei Lorella
Casadei Stella
Crescentini Silvia
Grandoni Cristina
Gualtieri Silvia
Guerra Marco
La Maida Elena
Martini Laura
Mina Alice
Pace Ilaria Adriana
Zanotti Valentina
Zattini Silvia
Zanotti Jessica
LICEO SCIENTIFICO
Balducci Simone
Benedettini Mattia
Benvenuti Stefano
Casadei Simone
Chiaruzzi Barbara
De Luigi Marco
Della Valle Giada
Forcellini Reffi Lorenzo
Gasperoni Stefano
Langella Sara
Maiani Filippo
Marchetti Micaela
Moretti Veronica
Mularoni Sara
Pagliarani Luca
Sammarini Matteo
Santi Gioele
Santoni Lorenzo
Sciutti Raffaella
Serra Alberta
Tomassini Francesca
Venturini Marta
LICEO ECONOMICO AZIENDALE
Albani Simone
Angelini Raffaele
Bacciocchi Cristina
Bassis Andrea
Bezziccari Angelica
Biordi Christian
Ceccoli Lucia
Cenni Danilo
Chiaruzzi Nicola
Ciavatta Jenny
Dall’Olmo Alex
Francioni Francesca
Gatti Danilo
Gobbi Laura
Grandoni Luca
Guidi Mirco
Iwanejko Andrea
Macina Filippo
Mancini Alessia
Merlini Elisa
Montironi Michele
Mularoni Nicola
Parri Michela
Rebosio Paolo
Sacanna Paolo
Serra Simone
Tamagnini Cristiana
Zafferani Alice
Zanotti Stefania
Zonzini Sabrina
Allievi dei Licei Classico, Linguistico, Scientifico, Economico diplomati nell’anno scolastico 2005-2006
35
CALENDARIO SCOLASTICO 2005/2006
Apertura anno scolastico:
21 settembre
10 giugno
8 Settembre 2005
Inizio lezioni
Termine lezioni
FESTIVITÀ
Tutte le Domeniche
1 Ottobre
1 Novembre
2 Novembre
8 Dicembre
23 Dicembre/7 Gennaio
6 Gennaio
5 Febbraio
25 Marzo
1 Aprile
13 Aprile/18 Aprile
1 Maggio
15 Giugno
36
- Ingresso Capitani Reggenti
- Tutti i Santi
- Commemorazione dei Defunti
- Immacolata Concezione
- Vacanze Natalizie
- Epifania
- Sant’ Agata
- Anniversario dell’Arengo
- Ingresso Capitani Reggenti
- Vacanze Pasquali
- Festa del Lavoro
- Corpus Domini
ATTIVITÀ SVOLTE
INTERVENTI DIDATTICI ED EDUCATIVI
12-16 Settembre 2005
19 Settembre 2005
3 Dicembre 2005
14 Gennaio 2006
30 Gennaio – 3 Febbraio 2006
Attività di recupero
Accoglienza classi prime Licei Classico
Linguistico, Scientifico, Economico e
Istituto Tecnico Industriale
Open Day – Rivolto alle famiglie e
alunni di 3a media
Open Day – Rivolto alle famiglie e
alunni di 3a media
Corsi di Potenziamento e Recupero
/ Attività elettive
LETTORATO PER IL TRIENNIO LINGUISTICO
Classi
3°
4°
5°
1° periodo
3/10/05- 5/12/05
Inglese
Tedesco
Francese
Prof. Doris Berger
Prof. Zaira Bindi
Prof. Nadia Valentini
2°periodo
12/12/05-27/02/05
Tedesco
Francese
Inglese
-Tedesco
- Inglese
- Francese
3° periodo
6/03/05-29/05/05
Francese
Inglese
Tedesco
SOGGIORNI CULTURALI ALL’ESTERO:
• Dijon (F)
Classe 2° Linguistico
dal 25 Settembre al 1 Ottobre 2005
• Munchen(D)
Classe 3° Linguistico
dal 26 Marzo al 1 Aprile 2006
• Brighton (UK)
Classe 4° Linguistico
dal 23 al 30 Aprile 2006
• Cambridge (UK)
Classe 1° Linguistico
dal 7 al 14 Maggio 2006
• Brighton (UK)
Classi 4° Classico-Economico
dal 7 al 14 Maggio 2006
• Brighton (UK)
Classi 4° Scientifico a/b
dal 14 al 21 Maggio 2006
USCITE DI STUDIO
• 20 Ottobre
• 28 Ottobre
• 24 Novembre
• 14 Dicembre
• 15 Dicembre
• 16 Febbraio
• 23 Febbraio
• 24 Febbraio
• 24 Marzo
• 24 Marzo
• 7-8 Aprile
• 7-8 Aprile
• 5-12 Aprile
• 7-8 Aprile
• 7-8 Aprile
• 10-12 Aprile
• 4 Aprile
• 26 Aprile
• 12-13 Maggio
• 2 Maggio
• 5-6 Maggio
• 11-13 Maggio
• 19-20 Maggio
• 18-20 Maggio
• 31/05 al 4/6/06
- Assisi
- Venezia
- Verona
- Rimini
- Rimini
- Ravenna
- Firenze
- Ravenna
- Ravenna
- Firenze
- Orvieto -Tarquinia - Firenze
- Viterbo –Tarquinia -Bolsena
- Grecia classica
- Torino
- Campania
- Roma
- Verucchio
- Rimini
- Milano -Maranello
- Rimini
- Milano
- Padova – Mantova
- Roma
- Firenze
- Siracusa
- Classi Terze
- Classi 5a S-Ea-Eb
- Classi 5a Cla-Clb-S-Ea-Eb
- Classe 2a T
- Classi 1a 2a C
- Classi 2a Sa-Sb
- Classi 4a C-L
- Classe 2a E
- Classi 2a C-L
- Classi 4a Sa-Sb
- Classi 1a CL-L-T
- Classi 1a Sa-Sb
- Classi Quinte
- Classi 1a Ea-Eb
- Classi 3a C
- Classi 3a Sa-Sb
- Classi 1a Sa-Sb
- Classi 1a Sa-Sb
- Classi 2a E-T
- Classi 2a Sa-Sb
- Classi 2a Sa-Sb
- Classi 3a C-L
- Classi 2a C-L
- Classi 3a Ea-Eb
- Classe 4a C
37
CONCORSI, CONFERENZE, EVENTI
21 Settembre Inaugurazione dell’anno scolastico 2005-2006 alla presenza
degli Ecc. mi Capitani Reggenti Fausta Simona Morganti e
Cesare Antonio Gasperoni. Conferenza del Prof. Alessandro
Colombi sul tema “ Scuola e Tecnologia. Riflettiamo insieme
sul futuro della società digitale”.
24 Settembre Partecipazione delle classi allo spettacolo teatrale “Il viaggio
dell’eroe” messo in scena da ex emigranti sammarinesi e
da alunni della Scuola con la collaborazione del Museo
dell’Emigrante.
Ottobre
8
Concorso promosso dalla Giunta di Castello di Città sul tema
“Un anno dopo Beslan: come le diversità etniche influiscono sulla
integrazione europea e quale influenza può avere la scuola”.
Novembre Avvio del progetto “Il quotidiano in classe”.
15 Novembre Stage Scolastico per studenti di Terza media della Scuola
Media III circoscrizione.
38
17 Novembre Visita alla Scuola Superiore degli alunni di terza media della II
circoscrizione.
22 Novembre Visita alla Scuola Superiore degli alunni di terza media della I
circoscrizione.
23 Novembre Olimpiadi della Matematica: partecipano 91 alunni.
29 Novembre Proiezione presso il Teatro Turismo del film “Enron:
l’Economia della truffa”di Alex Gibney per le classi Quinte
del Liceo Economico.
3
Dicembre Open Day : iniziative di presentazione della scuola rivolte ai
ragazzi della Scuola Media ed ai loro genitori.
14 Dicembre Conferenza per le classi 4° Economico, 4° Scientifico sez. A e
5° Classico e Linguistico tenuta dal Dr. Antonio Carattoni e dal
Rag. Edgardo Ercolani sul tema “ Significato ed importanza
dell’introduzione a San Marino di un Sistema di Sicurezza
Sociale”.
16 Dicembre Conferenza del Dr. Stefano Ercolani dell’Asset Banca rivolta
agli alunni delle classi Quinte del Liceo Economico sul tema “
L’analisi della struttura patrimoniale, finanziaria ed economica
delle imprese private ai fini dell’affidamento bancario,
la funzione della banca nel collocamento degli strumenti
finanziari delle imprese e la tutela del risparmio in termini di
valutazione del rating nell’investimento immobiliare“.
16 Dicembre Partecipazione di alunni del triennio del Liceo Economico
alla presentazione del libro di Maria Antonietta Bonelli e
Antonio Morri “Dall’Ospedale del Gonfalone all’Istituto per
la Sicurezza Sociale: La Sanità a San Marino”.
17 Dicembre Esibizione dei Balestrieri e Sbandieratori Sammarinesi per
gli studenti dell’Istituto.
20 Dicembre Concorso per bozzetti di francobolli sul tema “L’integrazione
vista dai giovani” (tematica Europa 2006).
13 Gennaio Conferenza per le Classi Quinte del Liceo Economico sul
tema “Il sistema di Sicurezza Sociale a San Marino”.
Relatori: Marco Beccari, Segretario generale della CDLS,
Giovanni Ghiotti, Segretario Generale della CSdL e Dr. Mauro
Fiorini della Segreteria di Stato per la Sanità.
14 Gennaio
Open Day: iniziative di presentazione della scuola rivolte ai
ragazzi della Scuola Media ed ai loro genitori.
18 Gennaio
DuestudentiaccompagnatidallaProf.ssaMartinaPoggialipartecipano
a Firenze, nel contesto del progetto culturale “Il quotidiano in classe”
al Convegno “Giovani Lettori, Nuovi Cittadini”.
26 Gennaio
L’astrofisico Margherita Hack incontra presso il Teatro Titano
gli studenti.
30 Gennaio – 3 Febbraio
Stage Aziendale degli studenti delle classi Quinte del Liceo
Economico presso gli Studi di Dottori Commercialisti e
Ragionieri Commercialisti.
3 Febbraio
Partecipazione delle classi quinte alle
Orientamento” dell’Università di Bologna.
“Giornate
di
8 Febbraio
Conferenza tenuta agli studenti delle classi Quinte del Liceo
Economico dall’Avv. Maria Antonietta Bonelli sul tema
“Aspetti della collocazione della Repubblica di San Marino
nel diritto internazionale”.
39
16 Febbraio
Fase provinciale delle Olimpiadi della Matematica: partecipano
n° 8 alunni.
18 Febbraio
Partecipazione degli studenti del triennio alla rappresentazione
di “Metamorfosi (Opera)” messa in scena presso il Teatro
Titano dal Teatro dell’Astaroth costituito da ex allievi.
24 –25 Febbraio Attività di orientamento scolastico per le classi Quarte e
Quinte effettuata dalla Dr.ssa Fronticelli.
40
8 Marzo
Le classi 1° ITI e 2° Economico , nell’ambito di una
collaborazione con il Centro Naturalistico Sammarinese,
partecipano presso gli studi di RTV alla registrazione di una
trasmissione televisiva.
9 Marzo
Incontro presso il Teatro Titano degli studenti del Liceo
Scientifico ,dell’ITI e delle Classi Quinte con il professor
Luciano Maiani e Padre Marcellino Forcellini, vincitori del
Premio San Marino. Lezione del professor Maiani su “Le
particelle elementari”.
14 Marzo
Commemorazione del Centenario dell’Arengo: conferenza
tenuta dal Professor Maurizio Gobbi.
Presentazione dell’Annuario XXXII e saluto ai colleghi
collocati a riposo.
13-18 Marzo Mostra“L’Europa Unita. Un sogno che diventa storia”
organizzata da Paneuropa San Marino.
16 Marzo
Conferenza della Prof.ssa Angela Donati dell’Università di
Bologna sul tema “Le fonti storiche per lo studio della città
antica: l’esempio di Rimini” rivolta agli studenti del Liceo
Classico.
28 Marzo
Incontro delle classi Quinte con rappresentanti delle Università
di Ancona e Urbino.
27 Febbraio - 30 Marzo
Stage Aziendale delle Classi Terze del Liceo Economico presso
vari Uffici Pubblici Statali.
30 Marzo
Le classi Quinte partecipano all’incontro /dibattito con
il Dirigente dell’Ufficio del Lavoro, la Direzione ISS, i
Presidenti e i rappresentanti delle Associazioni di categoria e
dell’Associazione Ateneo.
31 Marzo
Conferenza degli insegnanti Maurizio Gobbi e Laura Rossi
sugli “Aspetti storici e socio-economico dell’ Arengo del
1906” rivolta agli alunni delle classi 4° Scientifico sez. A e 5°
Economico sez. A e B.
25 Aprile
Prova di matematica INVALSI somministrata a tutti gli alunni
delle classi Prime.
26 Aprile
La classe 4° Scientifico sez. A partecipa al teatro Turismo
alla proiezione del film “In un altro paese” del regista Marco
Turco premiato al Festival di Locarno.
27 Aprile
Torneo “Freedom Cup” : incontro sportivo tra gli studenti
della Scuola Secondaria Superiore di San Marino e quelli
del Liceo Classico Dante Alighieri, Liceo Scientifico George
Lemaitre e Liceo Scientifico Albert Einstein di Rimini.
3 Maggio
Incontro di valutazione del progetto “Il quotidiano in classe”
con un giornalista de “Il Resto del Carlino” e con i rappresentanti
dell’Osservatorio Giovani Editori e della Fondazione San
Marino SUMS.
12 Maggio
Le classi Quinte del Liceo Economico presentano al pubblico
i risultati di un lavoro interdisciplinare sul tema “ Il caso Cina
nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale
reagisce alla sfida”.
Hanno portato il loro contributo il Prof. Stefano Zamagni,
Docente dell’Università di Bologna, il Dr. Massimo Ghiotti,
Direttore della Camera di Commercio di San Marino, il Dr.
Manuel Colombini, Imprenditore e la Dr.ssa Eleonora Bianchi
dell’Associazione San Marino-Cina. I lavori sono stati
coordinati dal giornalista di RTV , Sergio Barducci.
13 Maggio
Incontro di orientamento alla scelta della facoltà universitaria
con l’Associazione Ateneo rivolto a tutti gli studenti delle
classi Quinte.
18 Maggio
Incontro di insegnanti e genitori con il Dr. Gabriele Mazza della
Direzione Generale IV –Educazione e Cultura del Consiglio
d’Europa.
22 Maggio - 2 Giugno
Stage Aziendale delle classi Quarte del Liceo Economico
presso varie Aziende o Istituti di Credito Sammarinesi.
41
26 Maggio
Due studenti accompagnati dalla Prof.ssa Laura Rossi
partecipanpo a Firenze , nel contesto del progetto culturale
“Il quotidiano in classe” all’incontro dal titolo “Giovani e
Quotidiani” con Peter Kann, presidente del quotidiano The
Wall Street Journal.
30 Maggio
Presentazione di stage formativi estivi, rivolti agli studenti
interessati, da parte degli operatori del Servizio Domiciliare.
31 Maggio
Corso su “Interventi di primo soccorso nella quotidianità”
tenuto alle classi Quinte del Liceo Economico dal Dr. Sergio
Rabini dell’Unità Operativa di Anestesia e Terapia Intensiva
dell’Ospedale di Stato.
ESAMI DI STATO
42
Sessione d’esami: 19 Giugno 19 Giugno
21 Giugno
23 Giugno
27 Giugno – 5 Luglio
5 Luglio
10 Luglio
5 Luglio 2006
Prima prova scritta
Seconda prova scritta
Terza prova scritta
Colloqui orali
Commissione Plenaria
Cerimonia di consegna dei Diplomi
ESITO DEGLI ESAMI DI STATO
Tutti gli 81 studenti hanno superato l’esame finale e ben 14 hanno conseguito
la votazione massima di 100/100:
LICEO CLASSICO:
Stefanelli Umberto M.
LICEO LINGUISTICO:
Bossi Marta
LICEO SCIENTIFICO :
De Luigi Marco
Langella Sara
Moretti Veronica
Mularoni Sara
Santi Gioele
Venturini Marta
LICEO ECONOMICO:
Bacciocchi Cristina
Ceccoli Lucia
Gatti Danilo
Guidi Mirco
Macina Filippo
Sacanna Paolo
QUADRO RIEPILOGATIVO DELLE VALUTAZIONI CONSEGUITE
Punteggio
100
99
98
97
96
95
94
93
92
91
90
89
88
87
86
85
84
83
82
81
80
79
78
77
76
75
74
73
72
71
70
69
68
67
66
65
64
63
62
61
60
totale
5
Classico
1
1
1
5
Linguistico
1
5
Scientifico
6
5
Economico
6
3
1
2
1
1
1
1
2
2
2
1
1
1
1
3
1
1
2
2
2
3
4
4
8
1
2
1
2
2
1
3
1
1
2
2
1
2
2
1
1
1
2
1
1
1
2
3
2
1
1
1
1
30
1
2
81
1
1
1
1
1
1
2
1
10
19
Suddivisione delle votazioni in fasce:
• Da 91 a 100:
n° 32
• Da 81 a 90:
n° 23
• Da 71 a 80:
n° 13
• Da 60 a 70:
n° 13
1
22
studenti
studenti
studenti
studenti
1
1
3
5
3
1
1
14
1
4
3
2
1
1
totale
43
ATTIVITA’ COLLEGIALI
Nell’anno scolastico 2005-2006 le attività collegiali si sono espletate nei Collegi
Docenti, nei Consigli di Presidenza , nelle attività dei Gruppi di lavoro. Delle
riunioni collegiali si riportano di seguito gli ordini del giorno.
COLLEGI DEI DOCENTI
8 Settembre 2005
• Comunicazioni;
• Calendario delle attività per il periodo 8-20 Settembre 2005;
• Corsi di Recupero (12-16 Settembre 2005);
Nomina del Consiglio di Presidenza;
• Delega al Consiglio di Presidenza per la stesura del calendario degli
impegni pomeridiani e del piano delle aule;
• Nomina dei Rappresentanti nel Consiglio di Istituto;
• Nomina di due rappresentanti nella Consulta per la Pubblica
Istruzione;
• Nomina di un Rappresentante nella Commissione per l’Unesco;
• Varie ed eventuali.
44
27 Settembre 2005
• Comunicazioni;
• Completamento delle nomine dei Coordinatori dei Consigli di
Classe;
• Comunicazione dei Docenti distaccati al Centro di Documentazione;
• Recuperi (attività di inizio anno);
• Norme di sicurezza;
• Varie ed eventuali.
10 Gennaio 2006
• Comunicazioni;
• Organizzazione della settimana di sospensione: recuperi ed attività
elettive;
• Varie ed eventuali.
14 Marzo 2006
• Comunicazioni;
• Commemorazione del Centenario dell’Arengo.
25 Aprile 2006
• Comunicazioni;
• Relazione dei Gruppi di lavoro;
• Varie ed eventuali.
30 Maggio 2006
• Comunicazioni;
• Formazione ed aggiornamento;
• Relazione dei Docenti distaccati;
• Distacchi al Centro di Documentazione;
• Elezione Vicepreside;
• Organizzazione delle attività di accoglienza a.s. 2006-2007;
• Piano Cattedre a.s. 2006-2007;
• Calendario degli Scrutini e degli Esami;
• Varie ed eventuali.
CONSIGLI DI PRESIDENZA
13 Settembre 2005
• Comunicazioni;
• Piano delle attività;
• Regolamento interno;
• Stesura del calendario dei rientri e sorteggio delle aule;
• Varie ed eventuali.
14 Dicembre 2005
• Comunicazioni;
• Riferimento dei Gruppi di lavoro (1. Orientamento-Accoglienza;
2. Attività elettive-recupero; 3.Valutazione; 4.Indirizzi );
• Aggiornamento del Piano delle attività;
• Varie ed eventuali.
25 Maggio 2006
• Comunicazioni;
• Bilancio anno scolastico 2005-2006;
• Calendario degli Scrutini e degli Esami;
• Varie ed eventuali.
GRUPPI DI LAVORO
I singoli gruppi di lavoro si sono riuniti in diversi momenti ed autonomamente.
1. ORIENTAMENTO –ACCOGLIENZA
2. RECUPERO – ATTIVITÀ ELETTIVE
3. VALUTAZIONE
4. INDIRIZZI.
45
46
CENTRO DOCUMENTAZIONE. PROGETTI ED ATTIVITÀ SVOLTE
a cura di Marinella Benedettini, Enrico Grassi, Claudio Mancini, Laura Rossi
L’attività svolta presso il Centro Documentazione nell’a.s. 2005-2006 ha
seguito le linee concordate e approvate nella seduta del Collegio dei Docenti
del 31 maggio 2005.
In quell’occasione gli insegnanti Benedettini, Grassi e Rossi, già in distacco
presso il Centro Documentazione, proponevano di continuare la loro esperienza
per il secondo anno consecutivo, sottoponendo al Collegio, un’ipotesi di lavoro,
elaborata tenendo in considerazione quanto emerso dalle riunioni di indirizzo,
effettuate nel corso dell’a.s. 2004-2005, e quanto evidenziato nel Documento
di sintesi, pubblicato nel n. 32 dell’Annuario. Sulla base di quelle elaborazioni,
i proponenti il distacco formulavano un’ipotesi progettuale che partiva dalla
consapevolezza della necessità, per il nostro Istituto, di progettare e organizzare
attività nei seguenti ambiti:
Promozione dell’offerta formativa, Monitoraggio, Stage scuola/lavoro, Progetto
informatica, Orientamento, Archivio documentazione, Aggiornamento,
Conferenze e seminari, Visite aziendali, Biblioteca. Dati i limiti di tempo
previsti, dovuti sia alla scelta del distacco parziale che ai vincoli legislativi
della normativa attualmente in vigore, si prevedeva di intervenire solo nei
settori considerati prioritari dal Collegio dei Docenti.
Nella stessa seduta del Collegio un gruppo di insegnanti del Liceo Economico
si faceva promotore della proposta di distacco, a tempo parziale, del collega
Mancini Claudio, sostanzialmente per l’organizzazione di Stage scuola/lavoro
e il coordinamento delle iniziative del Liceo Economico.
Sulla base di queste decisioni si stabiliva perciò di dare priorità all’organizzazione
di attività di Orientamento, al Monitoraggio e agli Stage scuola/lavoro.
Pur con le necessarie differenziazioni di ruoli e compiti, dovute ai diversi
interessi e alle diverse competenze, la metodologia adottata dagli insegnanti
distaccati è stata quella della condivisione dei progetti e del lavoro di gruppo,
innanzitutto all’interno del CD. In secondo luogo su richiesta della Presidenza,
essi hanno portato il loro contributo ai seguenti gruppi di lavoro organizzati
nel corso dell’a.s.: Accoglienza-Orientamento, Indirizzi di studio, Valutazione,
Attività elettive-Periodo di sospensione
ACCOGLIENZA, ORIENTAMENTO, PROMOZIONE DELLA SCUOLA
Tutta la prima parte dell’anno scolastico è stata dedicata alla progettazione e
organizzazione delle attività di Accoglienza e Orientamento in entrata, in cui
sono stati coinvolti, oltre agli insegnanti distaccati, i colleghi del gruppo di
riferimento.
47
L’Accoglienza, già progettata dalla fine dell’a.s. 2004-2005, si è articolata in:
• giornata di presentazione della Scuola agli alunni di classe prima e festa
di benvenuto
• avvio graduale dell’anno scolastico
• somministrazione di test sulla motivazione relativa alla scelta della
Scuola e dell’indirizzo
• conferenza e cerimonia di apertura dell’anno scolastico
• partecipazione alla rappresentazione teatrale “Il viaggio dell’eroe”
• predisposizione di test d’ingresso per ambiti disciplinari
Per quanto riguarda l’Orientamento in entrata, è stato innanzitutto effettuato
un incontro di presentazione della Scuola e degli indirizzi con i colleghi della
nostra Scuola Media Statale; in un secondo momento, si sono presi contatti con
le Scuole Medie del Montefeltro, cui è stato inviato il materiale informativo
che si andava predisponendo per l’aggiornamento della brochure illustrativa.
Un incontro con alunni e insegnanti è pure avvenuto presso la Scuola Media
di Mercatino Conca.
48
Altre attività sono state:
• organizzazione dell’accoglienza delle Terze medie delle circoscrizioni
I e II della Scuola Media in visita alla Scuola Superiore
• organizzazione di mattinate dedicate a Stage scolastici, come richiesto
dalla III circoscrizione e da singoli alunni di Terza Media
• organizzazione di due giornate dedicate all’open day, di accoglienza e
presentazione della Scuola per alunni e famiglie
Si tratta di attività che rispondono anche ad obiettivi di Promozione della
Scuola al suo esterno, accompagnate sempre da comunicati stampa e risonanza
in genere sui mezzi di informazione.
A questo proposito, nel corso dell’anno, si è operato per una nuova impostazione
del Sito web, per la realizzazione di una brochure illustrativa e del Video dal titolo
Studiare a San Marino dopo la Scuola Media. Presentato all’Ecc.ma Reggenza
e al pubblico il 10 ottobre u.s., il dvd è stato ideato dal Centro Documentazione
e realizzato da San Marino RTV, con il contributo della Fondazione San Marino
Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino SUMS.
Come per gli anni scolastici precedenti, le attività di Orientamento in
uscita sono state organizzate nel secondo quadrimestre. Oltre allo Sportello
informativo presso il CD, gli alunni in uscita dal biennio e dal triennio hanno
potuto usufruire di:
• visite ad Istituti di Scuola Superiore del circondario
• partecipazione alle Giornate dell’Orientamento dell’Università di
Bologna
• incontri con esperto di Orientamento e colloqui individuali
• presentazione del corso di laurea in Design industriale
• incontro con rappresentanti degli Atenei di Ancona e Urbino
• incontro/dibattito con rappresentanti delle Associazioni Imprenditoriali
e Dirigenti del settore pubblico del Paese
• incontro con rappresentanti dell’Associazione di studenti universitari
Ateneo
MONITORAGGIO
1) L’attività di Monitoraggio ha preso avvio dall’elaborazione dei risultati di
diverse prove d’ingresso.
Sono stati somministrati i seguenti test:
• motivazione relativa alla scelta della scuola e dell’indirizzo
• matematica (logica, aritmetica, algebra, geometria e problem solving)
• inglese
• italiano (grammatica e comprensione del testo)
• informatica (in funzione dell’attivazione del curriculum verticale di
informatica)
Il test sulla motivazione è stato ripetuto due volte: uno all’inizio dell’a.s., uno
alla fine.
Nel primo caso l’obiettivo è stato quello di valutare il livello di consapevolezza
verso l’indirizzo scelto, le ragioni che hanno portato all’iscrizione in territorio
piuttosto che fuori, la possibilità di avere a disposizione un quadro complessivo
relativo al gradimento verso le discipline studiate nella scuola media [All. n.1].
Nel secondo si è voluto verificare se, a distanza di un anno, le aspettative e le
ragioni della scelta venivano confermate. L’analisi delle risposte relative alla
scelta della scuola e dell’indirizzo hanno ribadito i dati emersi nel test iniziale:
in una scala di valori da 1 a 4 la media generale è stata di 3,2. Tale valutazione,
a differenza di quello iniziale, è stata fatta per indirizzo perché si è ritenuto
che, solo dopo aver intrapreso un determinato percorso scolastico, gli alunni
potessero esprimere un giudizio più specifico.
I test relativi alle discipline [All. n. 2] sono stati proposti con una duplice finalità:
• valutare le competenze iniziali del gruppo classe
• documentare e registrare negli anni il livello d’ingresso di tutti gli iscritti
alle classi prime, analizzando i dati sia per indirizzo che globalmente.
2) Una successiva elaborazione ha riguardato i dati relativi all’andamento delle
iscrizioni alle classi prime, per indirizzo, a partire dall’anno scolastico 1994/95
fino al 2006/2007 [All. n. 3]; dai dati si può ricavare anche la composizione
percentuale per indirizzo dal 1994/95 al 1999/2000 e dal 2000/2001 al
2006/20007 (prima e dopo l’istituzione del Liceo Economico).
3) Nell’ambito del Progetto di un curricolo verticale di potenziamento e
monitoraggio della cultura scientifica, in collaborazione con il Dipartimento
49
della Formazione dell’Università di San Marino, nel mese di Aprile sono stati
somministrati alle classi prime i test INVALSI. Ciò al fine di testare il grado
di alfabetizzazione scientifica degli studenti. I risultati dei test sono depositati
presso il Centro Documentazione.
4) Sono stati poi raccolti i dati relativi alle scelte post-diploma degli alunni
diplomati nell’anno scolastico 2004/05 [All. n.4].
È stato avviato un lavoro di monitoraggio relativo al percorso scolastico dalla
prima classe di Scuola Superiore al secondo anno di università (per chi ha
proseguito gli studi), per valutare il grado di successo scolastico sia per gli
studenti frequentanti in territorio che fuori. I dati elaborati sono stati forniti
dall’Ufficio Diritto allo Studio che ha collaborato in modo determinante.
Anche in questo caso, per una visione completa del lavoro svolto, i risultati
sono consultabili presso il Centro di Documentazione della Scuola Superiore.
STAGE SCUOLA-LAVORO
50
Nell’anno scolastico 2005/2006 sono state organizzate tre esperienze di scuola/
lavoro per gli alunni del triennio del Liceo Economico.
Ai 33 alunni delle classi terze è stata proposta un’esperienza di quattro giorni
presso Uffici della Pubblica Amministrazione, realizzata dal 27 al 30 marzo.
Tale esperienza costituisce il primo contatto con il mondo del lavoro. Come
avvenuto negli anni scolastici precedenti, per i 25 alunni di quarta è stato
organizzato, dal 22 maggio al 2 giugno, uno stage di due settimane presso
Aziende e Istituti di Credito della Repubblica. Per la prima volta, 23 alunni
delle classi quinte, durante il periodo di sospensione delle lezioni, dal 30
gennaio al 3 febbraio, hanno effettuato uno Stage di una settimana presso
alcuni Studi Commerciali e Legali del Paese.
Ogni progetto è caratterizzato da obiettivi generali e specifici, elencati nelle
convenzioni stipulate tra Scuola ed Aziende, Uffici o Studi che accolgono gli
alunni [All. n. 5 e 6]. In tutti i casi l’esperienza si conclude con una valutazione
dell’esperienza in generale e una valutazione relativa ai singoli alunni, fornita
in questo caso da schede compilate dai tutor “aziendali”.
Il Progetto Scuola/Lavoro si connota per una forte valenza educativo-orientativa
per gli alunni; ma riveste anche un importante momento di riflessione per la
scuola che, avvalendosi dei giudizi che i tutor possono esprimere sull’alunno
e sulla sua preparazione, può ricavare indicazioni utili per la valutazione del
lavoro didattico svolto.
ALTRE ATTIVITÀ
Oltre a quanto suesposto, è necessario ricordare che si è collaborato alla stesura
del curriculum verticale di informatica e si è cercato di avviare un lavoro di
archiviazione relativo a:
• verbali delle riunioni collegiali
• organizzazione di uscite di studio e materiale illustrativo
• raccolta di prove scritte
• raccolta di lezioni e/o approfondimenti disciplinari
E’ ovvio che rispetto all’attività specifica di documentazione didattica,
obiettivo principale dei Centri di Documentazione, molto resti ancora da fare;
tuttavia, per una valutazione corretta del lavoro svolto vale forse la pena di
tenere in considerazione che:
• il distacco dei suddetti insegnanti, a tempo parziale, è avvenuto su
mandato ed esigenze prioritarie per la nostra Scuola
• solo a partire dall’a.s. 2004-2005 la Scuola Secondaria Superiore è
stata dotata di uno spazio apposito che potesse costituire luogo di
incontro, di riferimento e di raccolta dei materiali
• è mancata, negli anni, una continuità di documentazione con le
esperienze del passato
• il periodo di tempo previsto per legge per la realizzazione di progetti
e l’espletamento di funzioni, ormai irrinunciabili per la Scuola in
genere, si rivela sempre più inadeguato.
Allegato n.1
PREFERENZE RELATIVE ALLE MATERIE DELLA SCUOLA MEDIA
Preferenze relative a materie Scuola Media
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
318
307
292
286
278
318
280
282
fis
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al
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io
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186
l ig
re
394
363
314
51
Allegato n.2
TEST D’INGRESSO DISCIPLINARE PER INDIRIZZO
(N.b.: i risultati dell’indirizzo Classico sono elaborati insieme a quelli del
Linguistico, dato l’esiguo numero di iscritti)
Matematica
media generale: 5,12
8,00
6,00
5,31
4,71
5,02
4,79
economico
classicolinguistico
iti
4,00
2,00
0,00
scientifico
Italiano (comprensione)
media generale: 7,06
8,00
7,49
7,20
6,65
6,33
classicolinguistico
iti
6,00
4,00
2,00
0,00
scientifico
economico
52
Inglese
media generale: 6,92
10,00
8,00
7,73
7,50
6,25
5,96
6,00
4,00
2,00
0,00
scientifico
economico
classicolinguistico
iti
Informatica
media generale: 4,84
8,00
7,00
6,00
5,00
4,00
3,00
2,00
1,00
0,00
5,10
4,39
scientifico
economico
4,88
classicolinguistico
5,38
iti
Allegato n.3
ANDAMENTO ISCRIZIONI ALLE CLASSI PRIME
NEGLI ANNI
Andamento iscrizioni classi prime
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Classico
Linguistico
Scientifico
I.T.I.
Economico
01
-2
20 002
02
-2
20 003
03
-2
20 004
04
-2
20 005
05
-2
20 006
06
-2
00
7
0
-2
00
1
00
20
20
-9
9
00
-2
98
99
19
19
697
97
-9
8
19
19
9
19
94
19
-9
5
95
-9
6
Totale
DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI NELLE CLASSI PRIME
53
Allegato n.4
SCELTE POST-SCUOLA SECONDARIA DIPLOMATI A.S. 2005-2006
Scelte post-diploma a.s. 2005-2006
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
18
8
a
st
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6
Allegato n. 5
54
PROGETTO SCUOLA/LAVORO
30 Gennaio 2006 - 3 Febbraio 2006
Contratto Formativo e di Orientamento tra la Scuola Secondaria Superiore
della Repubblica di San Marino
L’alunno: __________________
Lo Studio Professionale: ___________________
Il progetto Scuola/Lavoro si prefigge le seguenti finalità:
1. di orientamento: lo stage deve in particolar modo porre l’alunno in
condizioni di assumere informazioni per il proprio orientamento
professionale; a tal fine deve essere istruito sull’organizzazione e le
funzioni del settore e più in generale dell’Ente o Azienda in cui opera.
L’esperienza si propone infatti di aiutare lo studente a conoscere
sbocchi lavorativi e ruoli professionali affinché possa verificare le
proprie aspettative e confermare le proprie effettive attitudini.
2. di socializzazione: lo stage vuole consentire all’alunno di entrare
in contatto con il mondo del lavoro e le sue regole, di acquisire
comportamenti autonomi e responsabili rispetto all’adulto esperto,
definendo così gradualmente il proprio ruolo.
3. formative: con tali finalità si vuole permettere all’alunno di verificare
le proprie conoscenze, di acquisirne di altre, di individuare analogie
e differenze tra la teoria e la realtà operativa al fine di confermare
l’importanza dell’auto-apprendimento e aggiornamento.
In particolare lo stage presso gli studi professionali si prefigge di :
• far conoscere all’alunno l’organizzazione dello studio professionale
nelle sue linee generali;
• far acquisire all’alunno la consapevolezza degli obblighi e dei doveri
insiti nel ruolo ricoperto nel periodo dell’esperienza lavorativa, nel
rispetto delle regole formali ed informali dello studio;
• far acquisire conoscenze teorico-pratiche legate alla professione e
mettere in grado l’alunno di verificare in concreto le applicazioni
possibili di tali conoscenze, sulla base degli obiettivi specifici di
seguito indicati.
Durante l’esperienza scuola – lavoro l’alunno dovrà acquisire le
competenze tecnico-pratiche relative ad almeno due degli obiettivi
specifici di seguito elencati:
• essere in grado di leggere ed elaborare una busta paga ed individuare
il costo del personale dipendente riferito al periodo elaborato;
• essere in grado di individuare le scritture di assestamento da rilevare
ai fini dell’elaborazione del bilancio d’esercizio al 31/12;
• essere in grado di redigere un bilancio con i prospetti di Stato
Patrimoniale, Conto Economico e relazione dell’organo
amministrativo, partendo da una situazione contabile definitiva e
sulla base di un elaborato riferito ad esercizi precedenti;
• essere in grado di aggiornare i libri sociale e fiscali obbligatori;
• essere in grado di individuare le diverse tipologie di consulenza
amministrativa, commerciale e fiscale, che possono essere fornite dal
professionista;
• essere in grado di analizzare un bilancio per comprendere la struttura
patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda;
• essere in grado di individuare le caratteristiche fondamentali di
gestioni straordinarie quali liquidazioni volontarie o giudiziali,
procedure concorsuali, fusioni o incorporazioni.
L’alunno si impegna a:
1) seguire le indicazioni del tutor-docente e del tutor aziendale e fare
riferimento ad essi per qualsiasi esigenza di tipo organizzativo od
altre evenienze;
2) rispettare gli obblighi di riservatezza circa informazioni od altre
notizie riservate apprese durante e dopo la permanenza nell’ufficio;
3) rispettare le regole formali ed informali dell’ambiente di lavoro.
San Marino, 26 gennaio 2006
Il Preside
L’alunno
Lo Studio Professionale
Il genitore (per presa visione)
55
56
Allegato n. 6
PROGETTO SCUOLA/LAVORO
Stage presso Studi Commerciali e Legali classi 5Ea – 5Eb
30 Gennaio – 3 Febbraio 2006
Elenco degli Studi Commerciali e Legali presso i quali gli alunni hanno
realizzato lo stage:
DOTT. ALBERTINI ANDREA
DOTT. ALBERTINI MASSIMO
STUDIO CHIARUZZI DEL VECCHIO RAIMONDI
RAG. BIZZOCCHI MILENA
DOTT. LAZZARI M. STEFANIA
STUDIO CASALI e MARCUCCI
STUDIO CECCHETTI e ALBANI
RAG. CERVELLINI DINO
RAG. CEVOLI MARCO
STUDIO CHEZZI e GIOVAGNOLI
RAG. GASPERONI PIER ANGELA
RAG. GATTI MARCO
RAG. GIACOBBI RENZO
DOTT. LOMBARDI ANDREA
STUDIO MAIANI e GIORDANI
DOTT. JOHN MAZZA
DOTT. SIMONCINI LORENZO
DOTT. STACCHINI RUGGERO
RAG. TAMAGNINI MASSIMO
DOTT. ZAFFERANI ENZO
AVV. SARACENI GUIDO
AVV. MENGHINI SIMONE
AVV. VAGLIO ALBERTO
Stage presso gli Uffici della Pubblica Amministrazione classi 3Ea – 3Eb
27 – 30 Marzo 2006
Elenco degli Uffici presso i quali gli alunni hanno realizzato lo stage con gli
obiettivi specifici:
UFFICIO TRIBUTARIO
10 alunni
- Conoscere le procedure per la vidimazione delle fatture all’importazione e
all’esportazione
- Conoscere i controlli dell’Ufficio sulle dichiarazioni dei redditi delle persone
fisiche e giuridiche
- Conoscere le modalità di liquidazione, di riscossione e di rimborso
dell’imposta monofase e delle relative sanzioni
- Conoscere le attività specifiche di ciascun ufficio
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO DEL PERSONALE
1 alunno
- Il contratto di lavoro pubblico
- Le certificazioni per l’iscrizione alle graduatorie: contenuti dei certificati e
autocertificazione
- La gestione dei permessi per assenze dal lavoro (permessi ordinari,
straordinari, sindacali, aspettativa, maternità, …)
- Gestione delle sostituzioni nel pubblico impiego
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO INDUSTRIA, ARTIGIANATO E COMMERCIO
1 alunno
- Rilascio delle licenze artigianali, commerciali, industriali individuali
- Presentazione delle istanze al Congresso di Stato
- Rilascio delle licenze societarie
- Trasferimento sede, cessione, sospensione e revoca della licenza
- Credito agevolato alle imprese ed esenzioni fiscali
- Sanzioni applicate dall’ufficio
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO MARCHI E BREVETTI
- Domanda di deposito del marchio e del brevetto
- Validità del marchio sammarinese e durata della registrazione
- Documentazione allegata ed attestazioni dell’ufficio
- Marchio internazionale
- Partecipazione San Marino OMPI
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
1 alunno
UFFICIO GENERALE CONTABILE
2 alunni
- Mandati di pagamento e impegni di spesa: requisiti dell’ordine di bonifico e
requisiti dell’assegno circolare e bancario
- Elementi della busta paga: il mandato di pagamento alla Banca Centrale
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO DEL LAVORO
1 alunno
- Politiche sociali e mercato del lavoro
- Domanda di iscrizione alle graduatorie
- Attività di collocatore
- Ispettorato al lavoro e sezione lavoro autonomo (certificati e requisiti per
l’iscrizione)
57
- Cenni sulle cooperative
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
AVVOCATURA DELLO STATO
2 alunni
- Requisiti dei contratti di cui è parte la pubblica amministrazione
- Procedure di mano regia
- Rappresentanza della P.A. nei processi civili, penali e amministrativi
- Iscrizione ipoteche sui mutui prima casa
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO DEL REGISTRO
- Differenza fra scrittura privata autenticata e atto pubblico
- Tempi e modalità di registrazione
- Differenze fra registrazione, trascrizione e iscrizione
- Tipologie di contratti registrati
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
58
2 alunni
UFFICIO AUTOMEZZI
2 alunni
- Registrazione trasferimento di proprietà degli autoveicoli e motoveicoli
radiazione
- Rilascio certificazioni (carta di circolazione, permessi a termine, …)
- Gestione carburanti
- Legge sui beni strumentali in materia di automezzi
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UFFICIO TURISMO
1 alunno
- Organizzazione attività turistiche e partecipazione a fiere
- Attività di promozione e di marketing limitata anche ad un solo evento
- Rapporti con l’esterno per le attività sopra indicate
- Attività varie e tipiche dell’ufficio
- Visualizzazione modalità e strumenti per l’organizzazione di un evento
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
AZIENDA AUTONOMA DI STATO PER I SERVIZI PUBBLICI 3 alunni
- Il contratto pubblico delle utenze
- Attività di emissione fatture, registrazione fatture attive e passive
- Riscossioni e pagamenti
- Gestione del personale
- Contratto di appalto pubblico e licitazione privata
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI/ DIREZIONE AMMINISTRATIVA 3 alunni
- I contratti di lavoro e di collaborazione
- La procedura di registrazione dei costi e dei proventi
- Gli incassi e i pagamenti
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE SAMMARINESE
- Attività di segreteria
- Attività contabile di registrazione dei costi e dei proventi
- Gli incassi e i pagamenti
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
2 alunni
GUARDIA DI ROCCA
- Attività di segreteria
- Eventuali obiettivi indicati dal tutor.
2 alunni
Stage presso Aziende e Istituti di Credito classe 4 E
22 Maggio – 2 Giugno 2006
Elenco delle Aziende e Istituti di Credito presso i quali gli alunni hanno
realizzato lo stage:
BANCA CENTRALE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO
BANCAAGRICOLA E COMMERCIALE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO
CASSA DI RISPARMIO DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO
BANCA DI SAN MARINO
LEASING SAMMARINESE
SAN MARINO RTV
TITANCOOP
SIT S.A. STAMPA IMBALLAGGI TRASPARENTI
TMS S.A. TELEFONIA MOBILE SAMMARINESE
MARINO CRISTAL S.A.
ALI DESIGN S.A.
ANIS ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELL’INDUSTRIA SAMMARINESE
AMS AUTOMAZIONI S.A.
PASSEPARTOUT S.A.
TONELLI LEGNAMI S.A.
KARNAK S.A.
ASA SAN MARINO S.A.
DESART S.A.
ASSET BANCA SAN MARINO
CAMAR SMA S.A.
59
Parte seconda
Educazione e Didattica
61
IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE:
COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA
a cura delle Classi Quinte sez. A e sez. B del Liceo Economico Aziendale
Il “Progetto Cina” nasce dall’idea di affrontare una tematica di attualità in
ambito pluridisciplinare e cogliere, attraverso la sistematica lettura della stampa
specializzata, i mutamenti del sistema economico e le sue possibili evoluzioni.
“Il caso Cina nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale
reagisce alla sfida” è la sintesi del lavoro svolto dai ragazzi delle classi
quinte del Liceo Economico Aziendale nell’anno scolastico 2005/2006,
un’analisi incentrata sulle “emergenze” indotte dalla globalizzazione, con
l’obiettivo di rendere lo studente capace di individuare alcuni processi tipici
dell’internazionalizzazione dei mercati, consentendo loro al contempo di
correlare processi e strategie agli sviluppi dell’economia reale e di ricostruire
un quadro generale del panorama nazionale ed internazionale con l’ausilio
delle conoscenze acquisite in più discipline.
Il convegno, organizzato a conclusione dei lavori e coordinato dal giornalista
di San Marino RTV Sergio Barducci, ha visto la partecipazione del prof. Stefano
Zamagni, docente di Economia Politica dell’Università di Bologna, del dr.
Massimo Ghiotti, direttore della Camera di Commercio della Repubblica di
San Marino, del dr. Manuel Colombini, imprenditore, della dr.ssa Eleonora
Bianchi, rappresentante della Associazione San Marino-Cina e dei ragazzi
delle classi interessate al progetto, che attraverso i loro portavoce hanno
illustrato ai partecipanti i punti salienti del percorso affrontato.
Di seguito vengono proposte le slides predisposte e commentate dagli studenti
nel corso del convegno.
69
70
71
72
73
VIAGGIO IN SICILIA
a cura della Classe Quarta del Liceo Classico
Sicilia: grande testimonianza della cultura greca in Italia, sede delle
rappresentazioni tragiche nate nell’antica Ellade, quale meta migliore per un
ragazzo che frequenta il liceo classico? Volenterosi di conoscere e toccare con
mano ciò che fino a quel momento avevamo solo sfiorato con l’immaginazione,
siamo partiti.
Il 30 maggio 2006, atterrati a Catania, è iniziata la nostra avventura in quella
terra che ancora oggi è ricordata come la Trinacria. Il nostro “Caronte” nel
caldo dell’inferno siculo è stato l’ autista della ditta di trasporti “Zuccalà”, che
ci ha guidato alla scoperta delle meraviglie e dei tesori culturali che la Sicilia
ancora oggi ci offre.
A vegliare sui nostri passi, con il suo sguardo a metà tra ironia e serietà,
l’inossidabile insegnante di scienze , Maria Antonia Graziadei nostra
responsabile in attesa dell’arrivo del professore Sandro Salicioni. Dopo aver
depositato i bagagli all’Hotel Jolly di Siracusa, è iniziato il nostro iter tra i
suggestivi siti archeologici situati nelle vicinanze.
Il primo riscontro con il nostro studio è avvenuto al cospetto della mitica
Fonte Aretusa, collocata nell’isola di Ortigia, avvolta da un velo di epica
misteriosità.
Venuta sera, col vino a portata di mano, ha avuto inizio il nostro simposio.
A più riprese abbiamo attentato inutilmente alla sobrietà della professoressa
Graziadei, ma si sa: “chi di vino ferisce, di vino perisce!”(a buon intenditore
poche parole!).
Fare capolino sotto le coperte e osservare le gocce della pioggia scendere
leggere e delicate sul vetro della finestra può essere molto romantico, ma
camminare ore ed ore in visita ai siti archeologici sotto una pioggia battente
non è altrettanto poetico, credeteci!!
Ci aspettava una giornata dura e faticosa, in quanto per raggiungere Piazza
Armerina, nostra successivo meta, erano necessarie due ore abbondanti di
viaggio. Giunti in tarda mattinata abbiamo visitato l’antica villa romana del
63
64
Casale, famosa per gli innumerevoli mosaici che la ricoprono quasi interamente,
raffiguranti animali esotici, donne in bikini e altre particolarità interessanti.
“Stanchi delle solite ceramiche? Amanti dello step? Caltagirone è il luogo che
fa per voi”. Questo è lo slogan che ci rimbalza ancora in testa dopo avere fatto
la conoscenza di questa città, famosa per le ceramiche e per la scalinata di
“450” gradini, contornata da splendide composizioni floreali che la rendono
suggestiva agli spettatori. Abbiamo concluso la giornata con una tipica cena
siciliana ed una gradevole passeggiata sul lungo mare.
Se i primi due giorni sono stati di relativa tranquillità, ecco che a partire dal
terzo si sono moltiplicati avvenimenti ed emozioni. Già dalla mattina eravamo
in fibrillazione per ciò che ci avrebbe atteso quella sera: le “Troiane” di
Euripide. Aspettando il grande evento ci siamo addentrati tra le rovine della
città visitando dapprima il museo e nel pomeriggio la zona circostante il teatro,
le famose Latomie. Nate come cave di pietra e luogo di prigionia esse sono
oggi uno dei maggiori punti di attrazione, non solo per il loro valore storico,
ma anche per la forma singolare: l’orecchio di Dionisio, così chiamato per
il curioso aneddoto in cui si narra che l’antico tiranno da questa profonda
spaccatura potesse sentire le critiche che gli venivano rivolte dagli schiavi.
La visita ai siti archeologici di Siracusa è stata talmente intensa e interessante
che il tempo è sembrato volare. Le prime ombre stavano iniziando ad allungarsi,
questo era il segnale che dovevamo affrettare il passo verso il teatro in accordo
con le antiche usanze greche, infatti, la tragedia ha inizio poche ore prima del
tramonto per concludersi con l’esatto calar del sole.
Una volta presi i nostri posti, nell’attesa che la rappresentazione avesse
inizio, ognuno a suo modo osservava la scenografia e ipotizzava una possibile
interpretazione del regista. Come i greci del V secolo, che si recavano a teatro
pienamente consapevoli degli sviluppi della trama ma desiderosi di sapere come
sarebbe stata realizzata, anche noi eravamo lì, ben preparati sull’argomento,
ma allo stesso tempo curiosi e impazienti di vedere l’opera.
Il prologo ci ha colti di sorpresa: un silenzio religioso è piombato sulle settemila
persone che occupavano interamente la cavea. La nostra compartecipazione è
stata tale da suscitare emozioni forti e, in qualche caso,commozione.
Siamo rimasti così impressionati che, anche dopo l’uscita dal teatro, le nostre
considerazioni e riflessioni su ciò che avevamo visto sono stati argomento
di conversazione:un dibattito caldo e vivace ci ha accompagnato per tutto il
tragitto ed è continuato a tavola coinvolgendo anche i professori.
Provati dalle fatiche e dalle emozioni della giornata, non vedevamo l’ora di
infilarci sotto le coperte e recuperare energie preziose.
La delusione di essere quasi arrivati alla conclusione della nostra uscita di
studio non escludeva che il tempo rimasto avrebbe riservato esperienze
altrettanto affascinanti.
Il sole riflesso sulle azzurre acque di Taormina era lo sfondo di un pittoresco
paesaggio. Giunti ai piedi della cittadina abbiamo scelto la strada più breve
per raggiungere la cima. Non sempre però la via più breve risulta anche la più
semplice: davanti a noi… ben quindici stazione di Via Crucis arroccate tra
oleandri e fichi d’india.
Lo sforzo è stato pienamente ripagato dallo splendido panorama che ci si
stendeva davanti, un maestoso teatro romano a strapiombo sul mare, in perfetta
unione ed armonia tra cultura e paesaggio.
Questo scenario ha dimostrato quanto l’uomo, sin dall’antichità, abbia saputo
apprezzare e riprodurre la bellezza.
Con ben altri intenti abbiamo utilizzato il pomeriggio abbandonandoci al
più frivolo dei passatempi: lo shopping! Questa nostra distrazione è stata
duramente punita con un violento temporale.
Seconda tappa della giornata è stata l’escursione sull’Etna. A quota 3000 metri
la temperatura era scesa vertiginosamente e non sono servite a nulla maglie
o felpine, ma tutto ciò non ci ha impedito di esternare il nostro sopito lato
65
66
infantile, giocando come bambini con le pietre laviche.
Non è stato necessario spendere soldi in souvenir in quanto il luogo stesso ne
offriva in abbondanza, proprio sotto i nostri piedi.
L’estenuante viaggio di ritorno a Siracusa ci ha tolto le energie per la seconda
tragedia in programma: “Ecuba”.
Entusiasti e con le immagini del giorno precedente ancora ben impresse nella
mente ci sediamo sulle fredde ma accoglienti lastre marmoree del teatro greco
siracusano. Nonostante la precedente rappresentazione, la nostra curiosità non
si era in alcun modo spenta, ma ulteriormente ravvivata, come la voglia di
confrontarci direttamente con le nostre aspettative.
Ancora una volta il teatro ha fatto registrare il tutto esaurito, ma i nostri posti
ci hanno permesso una visione privilegiata e ci hanno dato la possibilità di
meglio accostarci all’opera.
Nonostante numerose distrazioni, più o meno naturali come la pioggia, o frivole
come i pantaloni strappati di un personaggio, la nostra attenzione è rimasta
costante per tutta la rappresentazione; ognuno di noi infatti si incarnava in
Ecuba, l’anziana ed eroica signora di Troia, giocattolo inerme nelle mani di
un Fato crudele e indifferente.
Una volta terminata la tragedia, la serata è trascorsa in vivaci scambi di
opinione sul profondo messaggio trasmesso e sulla nostra interpretazione, in
un clima degno del più intellettuale dei simposi.
Ancora frementi e pieni di emozione abbiamo dovuto dare l’addio, o forse un
arrivederci, all’antica terra, punta dello “stivale Italia”; molti erano dispiaciuti,
altri nemmeno si sono resi conto che era il momento di andare; infatti siamo partiti
in punta di piedi, dopo essere stati svegliati amaramente alle 4 del mattino!
Il pullman ci ha accolto ancora sbadiglianti e muniti di valigie da 40kg, a causa
dei numerosi ricordini, segno tangibile della nostra esperienza.
Arrivati all’aeroporto tutti avevamo il viso sconvolto ed ognuno a modo suo
tentava di immaginare il ritorno alla realtà quotidiana. Dopo poche ore di viaggio
il termine “antico” ci è balzato agli occhi, ma con una connotazione estremamente
diversa: “Benvenuti nell’antica terra della libertà”: eravamo a casa.
UN’ESPERIENZA “TRAGICA”
Il culmine della nostra esperienza è stato la visione o, per meglio rendere l’idea,
la partecipazione alle tragedie greche di Euripide. Esse, infatti, nonostante
siano state scritte per il pubblico del III secolo a.C., continuano a suscitare
emozione, compartecipazione, riflessione in quanto, le tematiche sono sempre
attuali e coinvolgenti, in particolare i drammi e i conflitti insiti nell’animo
dell’uomo, insieme a problematiche di interesse politico e sociale. Questo
tipo di spettacolo nella Grecia antica aveva inoltre connotazione di un vero
e proprio rito: esso doveva generare la catarsi, ovvero la purificazione dello
spirito mediante il compatire: lo spettatore è guidato a provare sulla propria
pelle il dolore dei personaggi e, allo stesso tempo, a mantenere il distacco
rispetto al loro turbamento, perché, non vivendo direttamente, può analizzarlo
dall’esterno, con lucidità e consapevolezza, cogliendo nelle sue cause e nelle
sue innumerevoli sfaccettature. Esso genera, per dirlo con le parole di Aristotele,
paura e terrore, cioè la compartecipazione vera e propria allo sgomento, al
dramma che è in scena, la condivisione del dolore del personaggio. Questo
permette, terminata la visione, di andarsene arricchiti, migliorati, stimolati
dalla riflessione innescata nell’animo.
Gli stessi Greci ritenevano la tragedia fondamentale nel suo ruolo educativo,
in quanto formatrice di veri uomini, di ottimi cittadini per la polis. E come dar
loro torto dopo la nostra meravigliosa esperienza? Tutti noi infatti durante lo
spettacolo non abbiamo saputo trattenere l’emozione, la commozione (qualcuno
anche qualche lacrima), e dopo il termine, lo stupore per la sensazione che
avevamo in corpo: ci sentivamo veramente più liberi dentro, rinnovati, pieni
di voglia di condividere le nostre impressioni e riflessioni (cosa che a cena è
stata fatta con estremo entusiasmo). Nel nostro mondo interiore c’era (e c’è)
qualcosa in più, tanto in più. È stato meraviglioso, difficile da spiegare. Solo
67
68
chi lo prova può comprendere di che cosa stiamo parlando. È letteralmente
incredibile come più di duemila anni or sono il genio di Euripide sia riuscito a
creare…sì, diciamo pure un pungolo per le coscienze di ieri e di oggi.
È vero, per il suo carattere innovativo non sempre fu apprezzato dai
contemporanei, ma rivalutato dopo e acclamato poi. Le due opere che abbiamo
imparato ad amare grazie a quest’occasione sono state “Troiane” ed “Ecuba”.
Di realizzazione più teatrale la prima e più inusuale la seconda, entrambe ci
hanno regalato un patrimonio interiore incomparabile.
“Troiane” con le sue musiche, il suo impatto visivo, i suoi colori scuri,
sanguigni ci ha preparato all’ “Ecuba” , con la sua ambientazione spoglia,
essenziale, con la sua lettura pirandelliana del personaggio principale, il
coinvolgimento fisico (oltre che emotivo) dello spettatore nella scena. E poi
il luogo: il teatro di marmo bianco, splendido scenario per cotanto spettacolo,
è stato costruito sfruttando il fianco della collinetta, con le sue fonti naturali,
immerso totalmente nel verde, con un mare di cipressi sullo sfondo che si
tuffano nell’azzurro del mare (quello vero però!) in lontananza, con la luce
naturale del tramonto, morbida e quasi complice dello spettacolo.
La natura sembrava tanto partecipe che, al termine dell’“Ecuba”, in un momento
di grande drammaticità, dove tutti gli animi erano pervasi da una forte tensione
emotiva, è cominciato a piovere e a farsi un poco buio. Fortunatamente come
aveva iniziato, la pioggia è cessata all’improvviso, quando tutto era finito: era
il compimento.
Non ci sono parole per descrivere ogni cosa, l’insieme dei colori, di emozioni,
di inaspettate reazioni che ci ha travolto e coinvolto in questa importante
occasione. Importante perché ci ha permesso di andarcene arricchiti, con
dentro qualcosa in più, con un maggiore patrimonio culturale nonché interiore
e perché ha sviluppato ulteriormente il nostro spirito critico, stimolato la nostra
sensibilità e mosso le nostre coscienze. Tutti noi concordiamo nell’affermare
che questa è stata una esperienza stupenda, irrinunciabile per un ragazzo,
tappa indispensabile di un cammino di maturazione che solo una formazione
classica può offrire.
IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE:
COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA
a cura delle Classi Quinte sez. A e sez. B del Liceo Economico Aziendale
Il “Progetto Cina” nasce dall’idea di affrontare una tematica di attualità in
ambito pluridisciplinare e cogliere, attraverso la sistematica lettura della stampa
specializzata, i mutamenti del sistema economico e le sue possibili evoluzioni.
“Il caso Cina nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale
reagisce alla sfida” è la sintesi del lavoro svolto dai ragazzi delle classi
quinte del Liceo Economico Aziendale nell’anno scolastico 2005/2006,
un’analisi incentrata sulle “emergenze” indotte dalla globalizzazione, con
l’obiettivo di rendere lo studente capace di individuare alcuni processi tipici
dell’internazionalizzazione dei mercati, consentendo loro al contempo di
correlare processi e strategie agli sviluppi dell’economia reale e di ricostruire
un quadro generale del panorama nazionale ed internazionale con l’ausilio
delle conoscenze acquisite in più discipline.
Il convegno, organizzato a conclusione dei lavori e coordinato dal giornalista
di San Marino RTV Sergio Barducci, ha visto la partecipazione del prof. Stefano
Zamagni, docente di Economia Politica dell’Università di Bologna, del dr.
Massimo Ghiotti, direttore della Camera di Commercio della Repubblica di
San Marino, del dr. Manuel Colombini, imprenditore, della dr.ssa Eleonora
Bianchi, rappresentante della Associazione San Marino-Cina e dei ragazzi
delle classi interessate al progetto, che attraverso i loro portavoce hanno
illustrato ai partecipanti i punti salienti del percorso affrontato.
Di seguito vengono proposte le slides predisposte e commentate dagli studenti
nel corso del convegno.
69
70
71
72
73
CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO
a cura di Franco Santi
PERIODO DI SOSPENSIONE
30 gennaio – 3 febbraio 2006
Per l’anno scolastico 2005-2006, il Collegio Docenti ha deciso che gli alunni
segnalati con debito formativo dovessero frequentare corsi di recupero specifici,
organizzati in tre turni di attività nell’arco dell’orario mattutino (dalle 8,15 alle
9,40; dalle 9,40 alle 11,05; dalle 11,20 alle 12,45).
74
In questo contributo si presenta:
• una tabella nella quale, analiticamente, classe per classe, si registra il
numero di allievi, il numero di allievi segnalati nelle discipline oggetto
di recupero, il totale e la percentuale degli allievi segnalati, il totale
e la percentuale degli allievi segnalati rispettivamente in una, due e tre
discipline;
• una serie di grafici riassuntivi, che consentono di riflettere sulla consistenza
del fenomeno.
Riepilogo generale delle segnalazioni di recupero (II)
1C
1Ea
1Eb
1L
1Sa
1Sb
1T
2C
2E
2L
2Sa
2Sb
2T
3C
3Ea
3Eb
3L
3Sa
3Sb
4C
4E
4L
4Sa
4Sb
5C
5Ea
5Eb
5L
5S
5
1
21 5
22 10 2
23 1 4
18 4 3
19 6
17 4 3
15 4 4
25 4
14 2 4
21 2 1
21 6
22 5 10
16 1 1
21 2 6
13 6 3
20 2 6
18 2
18 1
11 2
25 8
18 2
21 5
23 1
10
12 1 1
20 3 8
19
22 5
1
1
3 3 4
2 4 7
7 3
1
2
3 4
6
5
4
1
7
1 3
4
1
1
1
1
4
2
2
1 2
4
1 2
2 3
2
2
2 1
6 5
1
2
1 3
6 3
5 8 4
3
1
1
7
8 4
7
1
4
8
4 6
5
2
8
3
2
5 1
2
1
2 2
1
1
1
4 3
1
1
2 5 1
2 2
2
1
1
1
5
5 3 6
2 1
2
6
Tot 530 47 104 43105136204710 4 3 18 3 4 9 8 12 5 6 1 1 9
1 20%
9 43%
13 59%
4% 10 43%
8 44%
7 37%
6% 11 65%
6 40%
8 32%
9 64%
4 19%
9 43%
5% 15 68%
6% 3 19%
5% 8 38%
10 77%
12 60%
5 28%
6% 2 11%
2 18%
14 56%
9 50%
5% 12 57%
3 13%
7 70%
2 17%
10% 11 55%
10 53%
9 41%
2%
1
2
7
6
1
2
3
3
1
3
20%
3
8
14%
6
4
7
10%
32%
26%
6%
11%
18%
3
5
3
3
1
3
14%
1
3
1
4
2
2
1
2
3
2
1
4%
23%
13%
17%
5%
18%
20%
4%
21%
36%
29%
31%
35%
1
6%
6
3
3
24%
5
1
%
17%
14%
25%
5%
21%
5%
19%
9%
13%
5%
15%
15%
11%
1 materia
%
2 materie
%
3 materie
%
Alunni Richiamati
n° Alunni
Italiano
Matematica
Latino
Greco
Inglese
Francese
Tedesco
Fisica
Chimica
Storia
Geografia
Storia Sammarinese
Storia dell’Arte
Scienze
Filosofia
Diritto Sammarinese
Economia Aziendale
Economia Politica
Tecnologia e Disegno
Diritto ed Economia
Diritto
Alunni Ritirati
Classe
Riepilogo Sostegni Scuola Secondaria Superiore Anno Scolastico 2005-2006 - I
Quadrimestre
Materia
%
4
1
1
4
4
5
3
6
3
3
2
5
1
1
4
2
3
19%
2
5
4
5
2
2
2
3
7
7
18%
5%
4%
22%
21%
29%
20%
24%
21%
14%
10%
23%
6%
5%
31%
10%
17%
6%
3
2
4
1
5
12%
3
2
2
15%
11%
19%
4%
50%
11%
9%
20%
22%
24%
9%
20%
17%
15%
37%
32%
229 43% 70 13% 62 12% 91 17%
75
Grafici riassuntivi
1. Allievi segnalati
2. Segnalazioni. Dettaglio allievi per numero di segnalazioni.
76
3. Segnalazioni. Elenco Alunni per Materia (valori numerici).
77
L’AZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA FORMAZIONE NEL CAMPO
DELL’INNOVAZIONE EDUCATIVA
di Laura Gobbi
78
Il Dipartimento della Formazione dell’Università di San Marino, fin dalla sua
nascita, si è posto come una delle esigenze fondamentali quella di elevare la
scuola sammarinese ad un ruolo sempre più centrale all’interno del sistema
formativo, stimolando riflessioni culturali e adottando, nel concreto, strategie
di innovazione educativa che qualificassero sia la scuola nel suo insieme sia
chi vi opera individualmente.
Negli ultimi anni, di pari passo alla riflessione che avveniva in altri Paesi,
si è posto con estremo rilievo il tema della continuità educativa e, dunque,
la necessità di intervenire sugli scenari formativi contemporanei ancora
segnati da un certo grado di disomogeneità e incompiutezza soprattutto per
quanto concerne la discontinuità pedagogico-curricolare della scuola di base
(infanzia, elementare, media).
Per continuare a garantire il servizio della scuola alla collettività quale
principale agenzia di alfabetizzazione e di democratizzazione dei cittadini si
è ritenuto necessario dare l’avvio ad una revisione, tramite sperimentazione,
dei programmi scolastici che ne affrontasse la dimensione sia epistemologica
sia prassica. A partire dalla condivisione dell’idea di far crescere un “fare
scuola” di qualità per tutti si è intrapresa la riflessione sull’importanza di una
scuola del curricolo.
Le teorie del curricolo affondano le loro radici nel pensiero psicopedagogico
del Novecento (da Dewey a Bruner) e portano all’attenzione dell’oggi
la consapevolezza che complessità e, quindi, interdisciplinarietà devono
necessariamente ispirare ogni nuova formulazione di contenuti e metodologie
delle varie discipline. Obiettivo primario di una scuola del curricolo oggi è
quello di realizzare un apprendimento significativo negli allievi e non più
quello di formare delle piccole enciclopedie viventi. Curricolo significa
dunque adottare un’ottica complessa attraverso la quale si analizzano e si
selezionano saperi essenziali e generativi, metodologie e modalità relazionali
innovative. L’idea di curricolo diventa dunque anche una fondamentale
occasione per riflettere sullo statuto epistemologico delle discipline e dei
saperi che le discipline stesse hanno sistematizzato nel tempo, e quindi una
riflessione più ampia che riguarda il loro paradigma di senso. Insomma nella
scuola del curricolo i saperi dell’istruzione non sono considerati come dati
una volta per tutte ma “come un problema su cui riflettere costantemente in
vista della loro trasformazione in, per così dire, «saperi-da-insegnare»”1
L’azione del Dipartimento della Formazione si è svolta, fino ad ora,
promuovendo in particolare la riflessione sull’opportunità di realizzare
1 - M. Baldacci, La didattica per moduli, Editori Laterza, Bari 2003 pag. 15
“curricoli verticali” in grado di conferire sistematicità e flessibilità ai saperi
scolastici.
Si è dato vita ad un progetto di sperimentazione del curricolo verticale della
lingua Inglese e dell’Informatica, garantito da un Decreto Reggenziale,
attraverso la costituzione di gruppi misti di insegnanti di ogni ordine e grado,
che, nel caso della lingua Inglese, hanno potuto beneficiare del supporto di
alcuni esperti della disciplina: la professoressa Bertacchini e il professor
Dodman.
I gruppi di insegnanti hanno lavorato con particolare dedizione ed impegno
riuscendo a realizzare con estrema competenza i due curricoli verticali adottati
poi dal Legislatore. In questa fase il lavoro non può dirsi ancora definitivamente
concluso in quanto necessita di un periodo ulteriore di implementazione e di
monitoraggio dei due curricoli che ne favorisca l’ampio e condiviso utilizzo
da parte dei docenti interessati.
Parallelamente alla stesura dei curricoli di Inglese ed Informatica il
Dipartimento ha partecipato, in qualità di coordinamento, alla costruzione di
un “Addendum Sammarinese”, relativo alla codificazione e formalizzazione
di uno specifico di saperi del territorio sammarinese, in parte analogo a quello
che generalmente viene anche definito la quota “locale” del curricolo.
In questo specifico caso si è trattato non tanto di dare verticalità a curricoli
di discipline specifiche quanto piuttosto di procedere alla riorganizzazione di
alcuni percorsi interdisciplinari e complessi che investono macroaree di saperi.
Il senso di questa operazione è da rintracciare nell’esigenza di riferire alla
cultura del territorio, a quei saperi, a ragione, definiti “caldi”, una parte del
curricolo scolastico di ogni ordine e grado che, evidentemente, data la natura
contestuata che va ad assumere, appare percorso da più paradigmi conoscitivi
e da logiche necessariamente interdisciplinari.
Va sottolineato che con l’Addendum Sammarinese si è voluto rifuggire da
qualsiasi connotazione localistica di breve respiro culturale. Al contrario
attraverso di esso si è potuto meglio esplicitare quanto sia oggi vitale per
qualsiasi sistema formativo, e a maggior ragione per il sistema formativo
di uno Stato, formare ad una cittadinanza critica e consapevole che sappia
interpretare la sua specificità locale e coniugarla con forme di cittadinanza
addirittura planetarie in un contesto in cui la globalizzazione non è soltanto
economica, ma anche politica, culturale e religiosa.
Anche per la realizzazione dell’Addendum Sammarinese la metodologia di
lavoro ha seguito la logica che ha guidato le altre sperimentazioni, per cui
sono stati formati dei gruppi di insegnanti di ogni ordine scolastico che hanno
alacremente operato per dare vita al documento finale, adottato, anche in
questo caso, attraverso un Decreto Reggenziale.
L’anno scolastico che va ad aprirsi si annuncia perciò carico di impegni per
chi, operando in prima persona nella scuola, avrà il compito di dare continuità
a tali progetti didattici innovativi.
79
Il Dipartimento della Formazione, da parte sua, garantisce di proseguire nel
suo compito di stimolo e di supporto alla scuola anche in questa delicata fase
operativa e auspica che scuole e università possano continuare a collaborare,
come è avvenuto in queste proficue occasioni, per qualificare sempre di più
l’intervento formativo dei docenti e della scuola nel suo complesso.
In particolare, visto gli ottimi risultati ottenuti con i due curricoli dell’Inglese e
dell’Informatica e con l’Addendum Sammarinese e vista la necessità culturale
di proseguire nella direzione di una progettualità formativa che consenta a
tutte le discipline di “fare significato” il Dipartimento della Formazione
rilancia la sfida di condurre simili sperimentazioni anche con le altre discipline
scolastiche, a partire da quelle che storicamente già si snodano attraverso i
differenti ordini scolastici (educazione motoria, storia, matematica ecc.).
80
UNIVERSITA’ SAMMARINESE DELL’ETA’ LIBERA “IL SORRISO”
di Itala Cenci Malpeli
“Dove sono gli uomini, là sono le ricchezze” - Plauto
L’Università dell’Età libera “Il Sorriso” ha compiuto dieci anni (19962006). Dieci anni di intensa attività: incontri, relazioni, uscite culturali,
pubblicazioni, tante giornate passate insieme nel rispetto della promozione
della cultura, nella ricerca del gusto del sapere, del favorire la socializzazione,
stimolando i contatti sociali sia con persone della terza età che con altri di
età più giovane, del recupero delle proprie radici storiche e comunitarie. Il
tutto indipendentemente dagli studi fatti (Dall’introduzione al Programma del
X Anno Accademico). L’attività svolta in questa palestra del pensiero è stata
veramente importante e ha coinvolto istituzioni e professionisti, sammarinesi
e forensi, dalle più variegate qualifiche.
Poesia, musica, arte, medicina, letteratura, storia, religione, filosofia, fisica,
geografia, psicologia, cucina, astronomia, mitologia, scienze…e molto altro
ancora : l’avvicendamento dei soggetti trattati ha coinvolto un considerevole
numero di iscritti ogni anno, generando tra i frequentatori più assidui una vera
e propria amicizia. In quest’impianto architettonico sia pure artigianale, ci
sono alcune colonne portanti fisse e precise: bravi insegnanti costantemente
presenti, coordinatori attenti alla continuità dell’impresa, volontari che offrono
il loro tempo ed il loro sapere per corrispondere al meglio alle innumerevoli
iniziative, nel nobile intento di promuovere una crescita sociale collettiva.
L’organizzazione di uscite di studio è stata attivata con grandissima
attenzione, sia per creare spazi di svago, scambio e comunicazione, sia per fini
altamente culturali come visite guidate dagli stessi docenti a mostre, musei,
luoghi legati a personaggi o ad eventi cui si sono riferite le lezioni dell’anno in
corso. Laboratori, cene, passeggiate all’aperto per la raccolta di erbe sono altri
anelli ben saldi della solidale catena, che hanno rivelato le abilità personali di
ciascuno soprattutto nelle cose più semplici.
Ne è risultato uno spaccato di grande umanità, indenne da arrivismi di qualsiasi
tipo, per il solo gusto di esserci e partecipare.
Come in tutte le imprese umane ovviamente non sono mancati momenti di
difficoltà, ultimo in ordine di tempo l’impatto con la realtà della malattia di
Piera Fianò Cardelli: colei che ha ideato, avviato, curato e condotto il tutto,
pur rimanendo il referente fondamentale, dallo scorso anno ha dovuto, prima
diradare e poi sospendere, la sua instancabile attività. Cosa che ha imposto
una svolta, cui hanno cercato di fare fronte con molta determinazione
il Presidente dr. Claudio Muccioli e la Tesoriera Sig.a rag. Gemma Aloia
Bacciocchi insieme a tutto il Consiglio Direttivo, al cui interno diverse persone
hanno dato piena disponibilità a collaborare. Grazie a loro non ci sono state
interruzioni ed ai programmi concordati hanno fatto seguito regolari lezioni,
che proseguiranno nel prossimo anno 2006-2007.
Dopo una flessione fisiologica delle presenze alle lezioni, con rinnovato vigore
81
si sono riattivati lo spirito di partecipazione, la capacità critica e la ricerca di
innovazione che i soci continuano a dimostrare.
Riallacciandomi ai precedenti interventi sugli Annuari XXVI e XXVIII,
propongo qui di seguito un ulteriore aggiornamento, nella convinzione di
rendere utile testimonianza al Paese ma soprattutto ai giovani che la cultura
è un valore, un dono prezioso che non conosce limiti di età né di classe o di
appartenenza politica.
Se…il limite del mio linguaggio è il limite del mio mondo… secondo il
filosofo L. Wittgenstein, potenziarlo con sempre nuove conoscenze, in
un’ottica di educazione permanente, significa anche continuare a sentirsi
partecipi e vivi, all’interno di una realtà che altrimenti finirebbe con l’essere
totalmente estranea e perduta.
A seguito di regolari votazioni dei Soci, alla presenza del Pubblico
Notaio Avv. Gianmarco Marcucci nel maggio 2002, è stato eletto il NUOVO
CONSIGLIO DIRETTIVO composto da:
82
MUCCIOLI Dr. Claudio
Presidente
ROSSINI Ing. Gilberto
Vice Presidente
BALDUCCI SAVORETTI Luisa Miriam
Segretario
ALOIA BACCIOCCHI Rag. Gemma
Tesoriere
FIANO’ CARDELLI Piera
Coordinatore
GOSTI don Eligio, LUCCHI Orio, CECCHETTI Domenico
Membri
BOSCHI Annamaria, poi sostituita da SANTONI Livia
CARDELLI Virgilio e CARDELLI Luciano
Revisori dei Conti
Come da Statuto, il presente Direttivo resterà in carica fino a Maggio 2007.
_____________________
6° Anno accademico 2001/2002
DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE
Storia delle Religioni
don Eligio Gosti
Storia Sammarinese
Prof. Giuseppe Rossi
Filosofia
Prof. Itala Cenci Malpeli
Microbiologia-Prevenzione
Dr. Maria Rosaria Bigotto
Musica
M° Orio Lucchi
Medicina
Dr. Giancarlo Ghironzi e Collaboratori
Medicina Alternativa
Dr. Claudio Muccioli
Cinema
Dr. Pier Paolo Loffreda
Cucina
a cura di Cuochi dell’EURO TOQUES
Scienze
Prof. Paolo Forcellini
Erbe e Cosmetologia
Prof. Ennio Lazzarini
Collaboratori alle lezioni con loro Relatori, il Museo di Stato, il Museo
dell’Emigrante e l’ Ufficio Attività Sociali e Culturali
Programmi
1. La regale San Leo : Memoria di San Leone – San Francesco –
Il conventino di S.Igne.
Talamello: il crocifisso Giottesco, la Cella di A. da Ferrara, San Pietro in Culto.
Pennabilli : la Madonna delle Grazie – La Pantiera – Miratoio.
Montecerignone: Uguccione della Faggiola – Il conventino –
Il Beato Domenico.
Carpegna : Eremo del Faggio - Montefiorentino.
Maiolo – Antico – Santa Maria di Antico.
2. I documenti che rendono autentica l’asserzione del 1700° anno di vita
della nostra Repubblica (Sette lezioni).1
3. L’Avventura del Pensiero nell’Età Moderna: Umanesimo e Rinascimento
“filosofia del nuovo ceto borghese” – naturalisti, utopisti e riformatori
(Bruno, Campanella, Erasmo, Moro, Macchiavelli, Lutero).
Due lezioni sul Seicento e la nascita della filosofia moderna:
organizzazione del metodo e del pensiero scientifico
(Bacone, Cartesio e Galileo) - La nuova astronomia (Copernico e Keplero).
Fondazione di una rigorosa “scienza politica”: la concezione di Stato
e la costruzione scientifica dell’Etica (Hobbes e Spinoza).
Scienza e fede nel pensiero di Pascal – Logica e metafisica
nel pensiero di Leibniz.
Razionalismo etico-politico e limiti dello Stato. Fondamento empirico
della conoscenza e introduzione del metodo sperimentale (Locke e Hume).
Il Settecento, età dell’Illuminismo: principi della religione naturale,
nuova concezione dell’uomo e scienza della società
(Voltaire, Rousseau e Montesquieu).
4. La prevenzione per quanto riguarda “I Bacteri” (parte generale)
La prevenzione per quanto riguarda “I Virus” (parte generale)
5. La Sinfonia – Etimologia del termine, la sua prima apparizione in Italia.
La sua evoluzione in Europa fino ai tempi nostri. La sua struttura.
Il Poema Sinfonico – Le sue origini, la sua evoluzione fino ai compositori
1 - Nelle lezioni riguardanti la Storia Sammarinese, lo scopo che ha guidato la celebrazione del
1700° anno di vita della Repubblica è consistito nella rassegna puntuale dei passaggi più significativi del divenire della Vicenda Storica Sammarinese. Da tale rassegna dovevano scaturire quelle
considerazioni attraverso le quali, noi i posteri, avremmo potuto mettere a fuoco il significato dei
momenti più validi, dei personaggi più rappresentativi, delle argomentazioni più affidabili. Superati
i momenti in cui la cronaca poteva avere buon gioco sulla storia, il fine ultimo dell’insegnamento
doveva convergere su un giudizio che di volta in volta veniva ricercato, in omaggio al principio per
cui la storia è maestra di vita. Da tale esercizio, da tale indagine, da tale rilievo emergono le conclusioni che possono dare alla nostra ricerca quei principi che si riveleranno utili alla definizione delle
soluzioni migliori da adottare in avvenire di fronte alla proteiforme evoluzione delle nostre vicende.
Se questo può essere considerato troppo ambizioso, sarà almeno un tentativo di dare un metodo che,
superata la fase della ricerca, potrà avviarsi sul terreno della critica. Questo lo scopo che l’insegnamento della Storia Sammarinese si è proposto nel periodo che va dal novembre 2001 al maggio
2002. (Prof. Giuseppe Rossi)
83
84
Tardoromantici (1900), cioè dai tentativi spontanei di A. Vivaldi
(Le 4 Stagioni) a R. Strauss, O. Respighi e G. Mahler.
Ascolto: Le 4 Stagioni A.Vivaldi – Video : I pini di Roma O. Respighi
e Also Sprach Zaratustra R. Strauss.
I Russi: P.I.Ciaicovski e A.P.Borodin fanno parte dei 5 musicisti
della Scuola Russa. La loro personalità e la loro produzione
(breve illustrazione).Ascolto: Sinfonia n.6 “Patetica” P.I.Ciaicovski
Nelle steppe dell’Asia Centrale A.P.Borodin.
I Tardoromantici: G.Mahler. Ascolto con video : Sinfonia n.3 e n.8.
Chiusura ufficiale del 6° Anno Accademico con orchestrali
del M°Orio Lucchi.
6. Il terrorismo biologico.
Gli ultimi sviluppi della cardiologia. (Due lezioni)
7. Introduzione alla medicina alternativa – Le medicine bioenergetiche
La medicina cinese (agopuntura).
La Omeopatia.
La Biotipologia.
La medicina manuale (Osteopatia – Chiropratica – SHATZU ).
La Iridologia.
La Fitoterapia e la Floriterapia.
8. Il fascino delle immagini in movimento (con videoproiezione su grande
schermo, in collaborazione con U.A.S.C.).
Il cinema esprime emozioni (con videoproiezione su grande schermo,
in collaborazione con U.A.S.C.).
9. Zuppe, vellutate, brodi, consommé, ecc. (Chef Stefano Tocci)
Incontro con Sumiko Okajima sul tema “La cucina giapponese”
10. Cultura dei nativi americani – Presente il nativo Queltin Pipestem
della nazione dei P.S.V.V. TINA dei piedi neri.
Introduzione alla geologia e paleontologia.
La Repubblica attraverso i suoi fossili.
11. Erbe e cosmesi. ( quattro lezioni)
Lezioni pratiche con raccolta di erbe (due uscite)
Museo di Stato: La lettura dell’opera d’arte - Dr.ssa Francesca Michelotti
L’opera d’arte in diretta - Daniela Tonelli “Untitled” boy with
the bullets (1996) di Shirin Neshat. Una donna di Allah, artista per la pace.
L’Informale: la tendenza artistica internazionale dopo la seconda guerra
mondiale. “Foresta Vergine” (1954) di Emilio Vedova - Dr. Carlos Ceci.
Museo dell’Emigrante - L’emigrazione sammarinese in Africa negli anni
1935/1945 – Dr.ssa Paola Bigi
L’esposizione realizzata dal Museo ad Ellis Island a New York,
illustrata con proiezioni dalla Dr.ssa Noemi Ugolini
Argomenti monotematici
(Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni)
Prof. Angelo Chiaretti
Dante Alighieri e la Romagna. Lo scampo di Giuseppe Garibaldi a San Marino
e lo strano caso del Barone Gustav von Hofstetter.
Dr. Riccardo Venturini
Quali strategie per valorizzare la memoria.
De Lucca Oreste (storico)
L’alimentazione nel Medio Evo. Popolamento della pianura riminese: diario
di scoperte archeologiche.
Dr. Giuliano Franguelli (storico)
Federico II Imperatore. La Decima MAS.
Dr. Davide Lazzarini (Specialista Scienza Alimentazione)
Alimentazione: luoghi comuni e miti da sfatare. Olio, pane e caffè per la Dieta
Mediterranea.
Dr. Claudio Cardelli
Dall’Afganistan all’India – dalla via dei figli dei fiori alla culla delle carovane.
Dr. Fabio Della Balda
Marte, nuova meta della conquista spaziale, progetti e speranze.
Dr. Gianfranco Lollino
Esobiologia: vita su altri pianeti ? Le possibili risposte.
Mars Society e Osservatorio Astronomico di Saludecio
Lo Spazio: riusciremo a vivere nello spazio dopo la costruzione della ISS,
Stazione Spaziale Internazionale? Quali prospettive e quali rischi?
Ing. Gilberto Rossini
L’eredità della Grecia (prima e seconda parte)
Prof. Anna Maria Tinarelli (Preside Scuola Media – RN)
I Farnese
Dr. Vitalba Vitale - Dr. Nicolino Monachese
(Reparto di Terapia Intensiva I.S.S.)
La terapia del dolore (due incontri)
Prof. Marino Cecchetti
Il rapporto tra il Santo Marino e la sua Comunità
85
Prof. Elio Baldoni (Geriatra e Gerontologo)
L’adattamento: necessità biologiche e psicologiche
Funzionari Cassa di Risparmio RSM
Incontro con l’ EURO.
Prof. Marisa Ferri
Incontro con la Poesia
Dr. Marco Bonetti (Otorinolaringoiatra)
Disturbi respiratori del sonno – Dal russamento alle apnee ostruttive
Francesco (Checco) Guidi (Poeta dialettale Sammarinese)
Chiude l’Anno Accademico con la recita di alcune sue poesie.
Uscite culturali
86
- Visita al Museo dell’Emigrante
- Visita serale all’Osservatorio Astronomico di Saludecio
- Uscita culturale a Mondaino per ascolto conferenza del Prof. Angelo Chiaretti
- Visite al Museo di Stato Sammarinese per ascolto lezioni
- Uscita per visita alla mostra archeologica; “Domagnano,
un sito di età romana e gota a San Marino”.
- Uscite per visite ai luoghi religiosi del Montefeltro
(trattati durante l’anno) con la guida di Don Eligio Gosti.
7° Anno accademico 2002/2003
DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE
Storia delle Religioni
Don Eligio Gosti
Storia Sammarinese
Prof. Giuseppe Rossi
Filosofia
Prof. Itala Cenci Malpeli
Biotipologia
Dr. Claudio Muccioli
Studio caratteriale dell’essere umano
Dr. Maria Rosaria Bigotto
Musica
M° Orio Lucchi
Cucina
a cura di Cuochi dell’EURO TOQUES
Psicologia
Dr. Nubbia Reggini
Scienze
Prof. Paolo Forcellini
Erbe Medicinali
Prof. Ennio Lazzarini
Architettura
Ing. Gilberto Rossini
Collaborano alle lezioni, con loro Relatori: il Museo di Stato, il Museo
dell’Emigrante e l’Ufficio Attività Sociali e Culturali
Programmi
1. Bibbia e Corano. Lettura parallela dei due Libri Sacri nei brani che
trattano lo stesso argomento.
La nascita di Giovanni Battista e di Gesù nei due testi, Bibbia e Corano.
I Miracoli e la Dottrina di Gesù.
Chi è Gesù nel Corano, gli Apostoli, gli Ebrei.
Crocifissione e morte di Gesù.
Ascensione – Parusia – Annunzio della venuta di Maometto.
Il Vecchio Testamento nel Corano. (Continua il raffronto fra questo
testo e la Bibbia)
I Detti di Maometto.
2. Marino Calcigni
Fra’ Giovanni Bertoldi da Serravalle
Antonio Onofri
Bartolomeo Borghesi
Vincenza Lunardini
Ignazio Belzoppi
Pietro Rossi
Antonietta Malpeli Gozi
3. * “L’Uomo di Kant” e la svolta del Criticismo verso il pensiero Contemporaneo.
* Caratteri generali del Romanticismo tedesco ed europeo (con accenno ai
contributi teoretici di Fichte, Schelling ed Hegel). Tradizione e spiritualismo
della prima metà dell’Ottocento.
* Destra e Sinistra hegeliana. Il materialismo storico-dialettico e teoria
del plus-valore in Marx. Sviluppo tecnico-scientifico e teoria dell’evoluzione.
Caratteri generali del Positivismo europeo.
* Reazione all’idealismo hegeliano :
- il mondo come rappresentazione e pessimismo del “nulla” in
Schopenhauer
- la verità del “singolo” e il concetto di angoscia, come sentimento del
possibile in Kierkegaard
- anti-positivismo, nichilismo e trasvalutazione dei valori in Nietzsche; la
teoria del super-uomo.
* Freud e la rivoluzione psicoanalitica. L’interpretazione dei sogni e la
teoria della sessualità. Nevrosi, rimozione e sintomo. La psicoanalisi postfreudiana. Scienze umane e filosofia.
* Il pragmatismo, cultura e società negli Stati Uniti d’America. Il neoidealismo italiano : Croce e Gentile.
* Husserl e Heidegger : fenomenologia ed esistenzialismo. Caratteri
generali della “filosofia dell’esistenza”. “L’essere e il nulla” in Sartre.
* La scuola di Francoforte. Marcuse e l’uomo ad una dimensione. Il concetto di
utopia. Le società aperte e il pensiero democratico del ‘900, da Russell a Popper.
87
88
4. Introduzione alla Biotipologia
Le costituzioni e le tipologie omeopatiche
Tipologia Junghiana (1^ parte)
Tipologia Junghiana (2^ parte)
Costituzione entoblastica
Costituzione mesoblastica
Costituzione cordoblastica e Morfopsicologia
5. Struttura della Psiche Umana: radice biologica = temperamento – Impronta
differenziale = carattere
6. IL VIOLINO: La storia – La costruzione dello strumento ad arco – Suo
impiego nei vari generi musicali nei diversi Paesi e culture – La sua funzione
in orchestra – Nel campo concertistico – Nel campo folcloristico e country.
IL CLARINETTO ( i legni ) : La storia – la costruzione dello strumento,
il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture, la sua
funzione in orchestra, la sua evoluzione. Il concertismo ed il Jazz. Utile nella
formazione di bande e nel folclore. (Ascolto)
LA FISARMONICA , strumento popolare per eccellenza : La storia – La
sua costruzione a seconda dei Paesi e delle culture – La sua evoluzione fino ad
‘Astor Piazzolla’. (Ascolto)
IL SAXOFONO (Gli ottoni) : La storia – la costruzione dello strumento
– il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture – la sua
funzione in orchestra – la sua evoluzione – il concertismo e il suo impiego nel
Jazz – Utile nelle bande e nel folklore. (Ascolto)
IL PIANOFORTE : La storia – la costruzione dello strumento – Il suo
impiego nei vari generi musicali – La sua funzione in orchestra – il concertismo
e il suo impiego nel Jazz. Ascolto dal vivo: Pianista Simonetta Agarici.
LA TROMBA (Gli ottoni) : La storia – La costruzione dello strumento
– Il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture – La
sua funzione in orchestra – La sua continua evoluzione – Il concertismo e
l’avvento del Jazz di cui può ritenersi lo strumento ‘principe’ – Indispensabile
nella formazione di bande e di fanfare. (Ascolto) – Chiusura del VII° Anno
Accademico con orchestrali.
7. Chef Monti Antonio : Il pesce dell’Adriatico.
Chef Valeria Doich : Il cioccolato.
8. La psicologia del 2000.
L’importanza del “Perché?”.
9. Cultura nativi americani - Incontriamo nuovamente il nativo “Queltin
Pipestem” della nazione dei P.S.V.V. TINA dei piedi neri.
Geologia del Territorio Sammarinese.
10. Le erbe medicinali (Cinque lezioni teoriche).
Quattro uscite per lezioni pratiche di raccolta di erbe.
11. Da San Pietro alla Chiesa del Gesù (Roma).
Sant’Ivo alla Sapienza (Roma)
Museo di Stato: Le tecniche artistiche
Anna Malpeli: “La tecnica del mosaico”
Lucia D’Elia: “La tecnica dell’affresco”
Graziella Venturini: “La tecnica della pittura su tavola e sul fondo oro”
Guida alla lettura dell’opera d’arte contemporanea: Dr.ssa Francesca
Michelotti e Daniela Tonelli
Riflessioni sull’Espressionismo“Marin à Cholle” Clemens Groszer 1988,
tecnica mista su tavola. (1° incontro)
Riflessioni sull’Astrattismo “Trl Sczy” Jirl Davud 1990, tempera, metallo,
plastica su tela. (2° incontro)
Riflessioni sulla pop art “Opera senza titolo” Artista Plumcake 1992, smalti
serigrafici su PVC. (3° incontro)
Museo dell’Emigrante - Dr.ssa Noemi Ugolini: Le fonti iconografiche nella
storia dell’Emigrazione.
Angela Pickel: Proiezione Filmato su Ellis Island – New York.
L’emigrazione sammarinese negli Stati Uniti, in particolare la seconda
generazione.
Argomenti Monotematici
(Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni)
Dr. Davide Lazzarini - L’Alimentazione nella genesi delle malattie cronicodegenerative. Additivi – Conservanti – Integratori: ma in pratica, che mangiamo?.
Dr. Giancarlo Ghironzi - Quale futuro per il nostro Ospedale?
Prof. Verter Casali - Le origini medioevali e il periodo comunale a San Marino.
De Lucca Oreste - La Sanità nel Medioevo. Il Sistema Fiscale nel
Medioevo.
Dr. Claudio Cardelli - Due ruote sul tetto del Mondo: in motocicletta
attraverso il Cashmir e il Laddakh sulla carrozzabile più alta del Mondo
Prof. Marino Cecchetti - Il sale della Libertà - La nascita della Repubblica.
Perché la data del 301 d.C
Prof. Angelo Chiaretti - Il caso di Paolo e Francesca alla luce di nuove e
sorprendenti carte da me ritrovate. Il Crocifisso miracoloso di Mondaino.
Dr. Nicolino Monachese - La terapia del dolore.
Dr. Maurizio Ricci - Dimostrazioni pratiche effettuate dalla Fisioterapista
Biagiotti Beatrice.
Prof. Annamaria Tinarelli - I Gonzaga - Gli Estensi.
Prof. Elio Baldoni - Difendo la golosità.
Dr. Riccardo Venturini - Ascoltare ed essere ascoltato: come migliorare la
propria capacità di comunicazione
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Uscite culturali
- Perticara per visita guidata alla miniera di zolfo e al Museo, inaugurato di
recente.
- Rimini – Castel Sismondo Visita della Mostra: “Il Trecento Adriatico”.
- Rimini – Tempio Malatestiano.
- Bologna per visita archeologica presso l’ex Sala Borsa “Il sottosuolo di
Bologna”.
- Marzabotto: Visita al Museo Etrusco e al Sacrario dei Caduti (vittime dei
nazisti nella guerra 1940-45).
- Ascoli Piceno con visita del centro storico e incontro con l’Università della
Terza Età locale.
- Corinaldo, Pergola e Abbazia di Fonte Avellana.
- Abbazia di Pomposa e Chioggia.
- Roma – Visita alle “Tre Cupole”: Moschea, Sinagoga, San Pietro.
Laboratori
Canto Corale diretto dal M°. Orio Lucchi
Pizzi e Merletti tenuto dalla Sig.ra Marcellina Maiani Schiavo
Altre attività:
90
Gemellaggio fra la nostra Università Sammarinese dell’Età Libera “IL
SORRISO” e l’Università Adulti e Anziani di Conegliano Veneto
Presentazione della pubblicazione edita dall’Università a cura del Prof. Ennio
Lazzarini: Piante spontanee sul territorio della Repubblica di San Marino.
----------------------------------Da questo VII° Anno Accademico L’Università Sammarinese dell’Età Libera
“IL SORRISO” si fregia del seguente ‘motto’ :
PERSEVERA RISU IN STUDIO DISCENDI
(Persevera con gioia nell’impegno dell’apprendere)
8° Anno accademico 2003/2004
DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE
Storia delle Religioni
Storia Sammarinese
Musica
Erbe ed Erbari
Architettura
Scienze
Psicologia
Don Eligio Gosti
Prof. Giuseppe Rossi
M° Orio Lucchi
Prof. Ennio Lazzarini
Ing. Gilberto Rossini
Prof. Paolo Forcellini
Dr.ssa Nubbia Reggini
Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Centro Naturalistico
Sammarinese - Museo di Stato - Centrale del Latte
Programmi
1. ABRAMO e il sacrificio del figlio – Legittima il culto a Gerusalemme – Il
nuovo culto alla Mecca.
Storia di GIUSEPPE – I sogni di Giuseppe - I sogni del Faraone
Viceré d’Egitto – Gli Ebrei in Egitto.
MOSE’: Schiavitù degli Ebrei – Nascita e salvezza di Mosè – Le piaghe
d’Egitto – Esodo.
SAUL: Primo Re di Israele – Mette alla prova i suoi guerrieri – Sconfitta
e morte di Saul.
DAVIDE: Davide e Golia – Il peccato di Davide – Suo pentimento.
La Regina di SABA: Le colpe di Salomone – La Sapienza dei Re.
I PROFETI maggiori: Elia – Eliseo – Geremia. I PROFETI
minori: Giobbe.
2. La Libertà: Traiano Broccolini – Ludovico Zoccolo – Matteo Valli.
San Marino in Arcadia.
Il grande Tour – Joseph Addison – John Adams.
La Libertà e l’Alberoni.
La Libertà e il Bonaparte.
Melchiorre Delfico.
L’Orazione Carducciana.
3. Ascolto di colonne sonore di famosi film.
Motivi, canzoni e balli che hanno accompagnato la nostra giovinezza.
La Musica a San Marino: l’Istituto Musicale – la Banda Militare –
le Scuole Popolari – la Banda di Serravalle – Gruppi Jazz e Rockettari.
Come nasce un concerto – Possibilità assistere ad una prova di un
complesso musicale.
4. Medicina – Arte – Storia (3 lezioni teoriche).
Uscita Culturale a Rimini per Lezione sul tema: “Le rose del Tempio
Malatestiano”
Uscita per lezione pratica, raccolta di erbe medicinali.
Lezione teorica sulle erbe.
Uscita Culturale a Parma: Visita alla Chiesa di San Giovanni,
alla Antica Spezieria.
5. Alcune riflessioni sulle Icone di San Marino.
Le Corbusier: L’unità di abitazione e principi dell’architettura moderna.
Le Corbusier: Gli edifici religiosi del II° dopoguerra.
La seconda rivoluzione dell’Architettura Moderna.
6. Il Vulcanesimo
Le Rocce
Terremoti – Valanghe – Frane
Gli Oceani e i Mari
Prime forme di vita ed evoluzione
Fine del mondo
91
7. Introduzione ai Processi Sensoriali : La Percezione e costanza
percettiva – percezione dello spazio o della distanza – percezione
nel movimento – percezione del tempo – influenza dei bisogni, motivazioni,
stati emotivi, atteggiamenti della personalità nella percezione.
L’Apprendimento: Il paradigma del condizionamento classico e operante –
Concetti di Apprendimento – Concetti di Apprendimento Cognitivo.
La Memoria: Modelli Generali della memoria – Tipi di prestazione
mnestica: richiamo, riconoscimento e ricostruzione – Elaborazione di
materiali verbali – Tono affettivo e rievocazione mnestica.
Il Pensiero: La formazione dei concetti – Il pensiero produttivo –
Il pensiero prevenuto.
Il Linguaggio: La linguistica – La psicolinguistica – Socializzazione –
Linguaggio e sviluppo cognitivo.
Le Motivazioni: Analisi del comportamento – Il comportamento e le
motivazioni cognitive – Il comportamento e le motivazioni sociali primarie.
Le Emozioni: Varie teorie sulle emozioni - L’espressione e la
comunicazione delle emozioni – La fisiologia delle emozioni.
La Frustrazione: Cause di frustrazione – Le reazioni alla frustrazione –
Frustrazione ed aggressività – La maturazione bio-sociale in rapporto alla
frustrazione – Differenze individuali nella tolleranza alla frustrazione.
Il conflitto: Varie reazioni al conflitto – Il conflitto fra ruoli.
92
Centro Naturalistico Sammarinese: Dr. Andrea Suzzi Valli:
“L’origine del Monte Titano e i ritrovamenti fossili nei calcari di San Marino”.
“L’Idrografia e gli Ecosistemi acquatici della Repubblica di San Marino”.
“Piccoli animali nostri coinquilini e vicini di casa”
Museo di Stato:
Sig. Gianfredo Angeli (Conservatore Museo delle Armi Antiche)
Le armi antiche: origini e loro evoluzione, nel rapporto che in queste
intercorre fra funzione, tecnica e arte. (1° ciclo di incontri)
“Le Armature: mezzi di difesa e prodotti di alta sartoria”.
“Le armi bianche dal ‘500 all’800: l’età dell’oro e il declino”.
“ Le armi tra tecnologia ed espressione artistica”. (con diapositive)
Dr.ssa Francesca Michelotti:
Le tecniche di stampa artistiche ( 2° ciclo di incontri)
“ La Xilografia”
“ La Calcografia”
“La Litografia”
Dr.ssa Anna Simoncini:
“Le stampe del Museo di Stato” (con esposizione di stampe originali)
Daniela Tonelli:
Joseph Beuys, un artista contemporaneo alla difesa della natura (3° ciclo)
“ Difesa della natura”
“ Laboratorio beuysiano”
Centrale del Latte di San Marino:
Paolo Musci: Attività della Centrale e suoi prodotti.
Argomenti monotematici
(Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni)
Francesco (Checco) Guidi
“Buon 8° Anno Accademico” con recita di alcune sue poesie e presentazione
della ricerca che ha in corso su ‘Modi di dire dialettali’ (cui potrebbero dare un
aiuto anche gli iscritti).
Dr. Claudio Muccioli
Aspetti della Medicina omeopatica: La Diatesi.
Le Diatesi – I segni, i sintomi e le modalità.
Trattamento delle patologie acute (prima parte).
Trattamento delle patologie acute (seconda parte) e delle principali patologie
in campo pediatrico. Trattamento delle patologie croniche.
Dr. Pietro Berti
Geriatria oggi – Nuove prospettive
Oreste De Lucca
Fortificazioni e sistemi difensivi nel Riminese in Età Medievale
Prof. Angelo Chiaretti
“La Leggenda di Dante” con presentazione del suo recente libro contenente in
anastatica un lavoro di G. Papini sugli aneddoti danteschi e un suo lavoro su
Dante e la Valconca.
“Dante e la gastronomia”. Analisi di un menù tratto dalla Divina Commedia.
“La Rosa fra misticismo e sensualità”. Percorso poetico-ideologico fra ieri e
oggi, con lettura di testi poetici e diapositive di rose fotografate dalla celebre
Rosita Nicoletti.
Beatrice Biagioni
Vincere la paura di cadere conoscendo il nostro corpo.
Dr. Claudio Cardelli
L’Oriente dell’India.
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Prof. Sergio Pretelli
L’antica via della Seta.
I nomi di persona in riferimento con la Storia.
Dr. Davide Lazzarini
Come leggere e interpretare assieme le etichette dei prodotti alimentari?
Dr. Riccardo Venturini
Imparare – Conoscere – Scoprire : strategie da utilizzare oltre ogni limite di età.
Dr. Giuliano Giardi
Nozioni di Primo Soccorso.
Nozioni di Pronto Soccorso
Dr. Mirco Volpini
Ictus Cerebrale
Prof.ssa Itala Cenci Malpeli
Memorie storiche sulla Chiesetta di San Giovanni sotto le Penne.
94
Prof. Elio Baldoni
Conferenza: “Il Benessere”: Una conquista in qualsiasi età.
Uscite culturali
-
Urbania
Rimini
Parma
Arezzo
Uscita/Vacanza nella zona della Marmolada – Bosco Verde di Rocca Pietore
9° Anno accademico 2004-2005
DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE
Storia delle Religioni
Don Eligio Gosti
Storia Sammarinese
Prof. Giuseppe Rossi
Filosofia
Prof. Rosanna Sciutti
Musica
M° Orio Lucchi
Medicina Omeopatica
Dr. Claudio Muccioli
Scienze
Prof. Paolo Forcellini
Psicologia
Dr.ssa Nubbia Reggini
Erbe e Magia
Prof. Ennio Lazzarini
Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Centro Naturalistico di Borgo
Maggiore - Museo di Stato - Museo dell’Emigrante
Programmi
1. Fede e Teologia nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Paradiso,
Canti I, II, III, IV – Dante e Beatrice verso il cielo – Ascesa nella luna –
Il non adempimento dei voti - Dubbi di Dante.
Paradiso, Canti V, VI, VII, VIII – Giustiniano – Redenzione e
Risurrezione – Carlo Martello.
Paradiso, Canti IX, X, XI, XII – Gli Ecclesiastici avari – San Tommaso
d’Aquino – San Francesco e San Domenico – San Bonaventura.
Paradiso, Canti XIII, XIV, XV, XVI – I giudizi umani – I combattenti
della Fede – I buoni costumi dell’antica Firenze – La nobiltà.
Vescovo Giovanni Bertoldi da Serravalle celebre traduttore della Divina
Commedia in latino – (n. 1339 Serravalle – m. 1445 Fano)
Paradiso, Canti XVII, XVIII, XIX, XX – Coraggio per la verità e gli
uomini giusti – La giustizia Divina – La predestinazione.
Paradiso, Canti XXI, XXII, XXIII, XXIV – San Pier Damiani –
San Benedetto – Cristo Trionfatore – Esame della Fede.
Paradiso: Canti XXV, XXVI, XXVII, XXVIII – San Giacomo –
San Giovanni Evangelista – Inno dei Beati – I nove Cori angelici.
2. I Grandi Collaboratori della nostra Repubblica:
Niccolò Tommaseo
Enrico Panzacchi
Giovanni Pascoli (due lezioni)
Calamandrei (due lezioni)
3. Che cosa si intende per Filosofia – Gli aspetti e il metodo della Filosofia
Il contesto storico-politico-culturale nel quale ha origine la Filosofia,
con particolare riferimento al rapporto Polis-Filosofia in Grecia.
SOCRATE. Una vita dedicata alla Filosofia: la formazione, il rapporto
con la città di Atene, la Filosofia come ricerca e dialogo, il processo
e la condanna a morte.
Lettura di qualche breve significativo passo da ‘Apologia di Socrate’
di Platone.
PLATONE. Le origini politiche della filosofia di Platone, il suo rapporto
con Socrate e la ricerca della giustizia. La dottrina dell’anima. Il Fedone:
l’utopia politica della repubblica. Lettura di qualche passo dei suddetti
dialoghi e della lettera VII.
4. Storia della Musica e di Musicisti: aneddoti, fatti e vicende che hanno
caratterizzato ‘I Movimenti’ nel campo della musica e quindi nelle masse
e nella storia.
Il fenomeno dei Beatles
Le lezioni continuano ancora per due volte su altri “Movimenti”
contemporanei
5. Patologie da raffreddamento e l’influenza. Trattamento e prevenzione.
Apprendimento dei rimedi utilizzati nelle Patologie da raffreddamento.
95
Patologie osteo-articolari : trattamento e prevenzione.
Approfondimento dei mezzi utilizzati nelle patologie osteo-articolari.
Patologie delle vie respiratorie : trattamenti e prevenzione.
L’insonnia. (lezione condotta insieme alla dott.ssa Santini)
Allergie: trattamento e prevenzione.
Le patologie della pelle: trattamento e prevenzione.
6. I Dinosauri. Dalla loro massima espansione alla loro scomparsa.
La fine del Mondo.
7. Il disagio giovanile – Tavola rotonda con ospite il Dr. Renzo Picutti
(Coordinatore di San Patrignano) e una testimonianza.
La pre-adolescenza : aspetti fondamentali dello sviluppo psicologico.
Lo sviluppo affettivo e sociale.
Adolescenza, un’età difficile. La formazione dell’identità.
La Comico Terapia.
8. Storia delle Erbe nella Magia - Alchimia - Astrologia
(sette lezioni teoriche)
96
Museo di Stato: Le milizie sammarinesi, uniformi e armi.
Gianfredo Angeli “Le Milizie Uniformate. Le Guardie del Consiglio”.
Arte e storia nel museo di stato.
Dr.ssa Anna Simoncini “Palazzo Pergami-Belluzzi e le traversie di una Regina
d’Inghilterra” .
Dr.ssa Francesca Michelotti “Storia e Istituzioni Repubblicane”
Dr.ssa Sabrina Zangoli “La scultura nel Museo di Stato”.
Dr.ssa Paola Bigi “De Gustibus”. A tavola con gli antichi Romani.
Daniela Tonelli. Arte Contemporanea “Land Art come messaggio di pace”
Centro Naturalistico:
Dr. Andrea Suzzi Valli “I pipistrelli, nostri amici misteriosi”
Museo dell’Emigrante:
Dr.ssa Noemi Ugolini “Le fonti ufficiali e le fonti
dell’emigrazione”.
private nello studio
Argomenti monotematici
(Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni)
Prof. Angelo Chiaretti
La cassetta dotale di Isotta degli Atti, amante e moglie di Sigismondo Pandolfo
de’ Malatesti.(Con presentazione dell’omonimo libro del Relatore)
Dante Alighieri e il Beato Amato da Saludecio (Da una novella del Decamerone
di Giovanni Boccaccio) con presentazione dell’omonimo libro del Relatore.
Gradara terra di Paradiso: la Pala gradarese di Giovanni Santi, padre di
Raffaello Sanzio.
Altero alla scoperta della ‘Merica’: atto unico per teatro, in dialetto romagnolo
e italiano.
Frate Lorenzo da Montegridolfo: Papa Clemente XIV nel terzo centenario
della nascita.
Urbino e Mantova nel XVI Secolo. Le opere del poeta Giovanni
Maruzzelli (Mutius Aurelius) alla corte dei Duchi Guidobaldo da Montegridolfo
ed Elisabetta Gonzaga.
I pesci Fossili di Mondaino.
Introduzione e presentazione ufficiale all’Uscita Culturale.
Dr. Antonio Putti
Considerazioni sull’Alimentazione.
Oreste De Lucca
Animali domestici e selvatici nelle città medievali.
Il Porto di Rimini ed i suoi commerci in Età Malatestiana.
La figura del pittore nel medioevo.
Aspetti di Vita Religiosa nella Rimini Medievale.
Dr.ssa Monica Colosimo
Presentazione di un laboratorio di scrittura autobiografica
97
Prof. Marino Cecchetti
Terra Libertatis: il Vescovo Sormani a San Marino.
Ing. Gilberto Rossini
I copponi della Pieve. Illustra con diapositive lo studio (condotto con Itala
Cenci Malpeli) sulla Chiesetta di San Giovanni sotto le Penne.
Dr. Claudio Cardelli
Il Lama Testa Bianca – I Missionari in Tibet nel 1700.
Uscite culturali
- Visita al Centro Naturalistico Sammarinese, con la guida del Dr. Andrea
Suzzi Valli.
- Visita guidata a San Patrignano. ONLUS (Coriano-Rimini), con pranzo.
- Uscita culturale a Saludecio-Mondaino e Montegridolfo, con la guida del
prof. Chiaretti.
- Due uscite per raccolta di erbe e loro utilizzo.
- Uscita culturale a Recanati-Loreto, guidata dal prof. Angelo Chiaretti
(Palazzo Leopardi – Colle dell’Infinito – Museo Beniamino Gigli – Santa Casa
di Loreto).
- Isola di Arbe (25-29 maggio).
10° Anno accademico 2005-2006
DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE
Storia delle Religioni
Don Eligio Gosti
Storia Sammarinese
Prof. Giuseppe Rossi
Filosofia
Prof.ssa Rosanna Sciutti
Musica
M.° Orio Lucchi
Geologia
Prof. Paolo Forcellini
Medicina alternativa
Dr. Claudio Muccioli /Dr.ssa Micaela Santini
Psicologia
Dr.ssa Nubbia Reggini
Storia Medievale
Oreste De Lucca
Letteratura Italiana
Prof. Angelo Chiaretti
Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Museo di Stato - Federazione
Sammarinese Sport Speciali
Programmi
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1. I Padri Apostolici della Chiesa Occidentale: S.Agostino di Tagaste
(354-430) S. Ambrogio di Milano (333-387) –
Lezione tenuta da S.E. Luigi Negri Vescovo
San Pier Crisologo (406-450)
Sant’Eusebio di Vercelli (m. nel 370)
San Gregorio Magno (540-604)
San Girolamo (340-420)
San Giovanni Damasceno (690-749)
San Giovanni Crisostomo (344-407)
Pacelli, Roncalli ed i Battesimi della Shoah –
S.E. Luigi Negri Vesc. RSM/Montefeltro
2. 1253 “Gli Statuti”: visione panoramica, problemi particolari.
Vita Comunale tra i Montefeltro e i Malatesta: caratteristiche
delle due Famiglie.
San Marino nello Stato Pontificio: difficoltà di farsi conoscere,
benevolenza dei Pontefici. Cause dell’acutizzarsi dei dissidi.
San Marino nella rappresentazione artistica (Proiezione di un
filmato su schermo)
Origini: Marino. I suoi primi seguaci. Placito Feretrano. Fortificazioni.
La coscienza comunale. Ugolino da Montefeltro. Primi Statuti.
3. L’Età Moderna: secoli XVI, XVII e XVIII. Contesto storico-politico
e tematiche principali, con particolare riferimento al problema del metodo
della scienza e della filosofia.
La Rivoluzione scientifica: Copernico, Galilei, Newton “I movimenti
dei corpi celesti” di Copernico e sue conseguenze. Le osservazioni
astronomiche di Galilei. L’adesione al Copernicanesimo nel “Dialogo
sopra i due massimi sistemi”. I principi matematici di filosofia naturale
di Newton.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Pascal: un pensatore solitario alla ricerca del senso dell’esistenza.
La risposta religiosa dei Pensieri.
I principali sistemi filosofici dei secoli XVII e XVIII. La Metafisica
di Cartesio, di Spinoza e Leibniz.
Il pensiero politico dei secoli XVII e XVIII. Assolutismo e Liberalismo.
“Il Cittadino ed il Leviatano” di Hobbes. Il secondo trattato sul governo
di Locke. Il trattato teologico-politico di Spinoza.
Kant. La Ragione a fondamento del Sistema. Possibilità e limiti della
Ragione in ambito conoscitivo. La Critica della Ragion Pura.
Il superamento del limite in ambito morale. La Critica della Ragion Pratica.
La religione quale condizione del realizzarsi della moralità.
Fare musica come ricreazione, evasione, divertimento e terapia.
Il ballo folcloristico. Esibizione di due ballerini professionisti.
Il valzer di Johann Strauss per le grandi sale dell’800. Il Capodanno
a Vienna. “Vedova allegra”, Valzer, “one step” ed il “Can can” da “Orfeo
all’inferno” di Offenbach.
Presentazione di uno strumento musicale effettuato da un professionista.
“Cavalleria Rusticana” opera lirica in un atto di Pietro Mascagni.
L’apporto della musica nel cinema.
La scrittura musicale: dai primi caratteri alla scrittura moderna.
Esposizione corredata da un ascolto appropriato.
“I Pagliacci” opera lirica in un atto di Ruggero Leoncavallo.
Il clima condizionato dal ritiro dei ghiacciai.
Il mare e tutti i suoi fenomeni: correnti, maree, maremoti, ecc.
La Terra ed i suoi movimenti.
Il territorio Sammarinese sotto l’aspetto fisico
Materia medica con riferimento ai principali rimedi omeopatici.
Esercitazione pratica sull’uso degli stessi rimedi (sei lezioni)
Disturbi alimentari. (Prima e seconda parte)
“Bambini divorziati” la coppia ed i suoi figli.
La mediazione familiare.
“Abuso sessuale” la ricerca psicogiuridica.
La pedofilia: abuso sessuale, un fulmine a ciel sereno.
“ 1905-2005: il centenario di Miramare ”
La peste del 1485 a Rimini.
“La famiglia Ceccarini” a Riccione.
Il sistema bancario a Rimini nel Medioevo.
“Cinque stelle per la Romagna” Dante, Sigismondo Malatesta,
Giovanni Pascoli, Benito Mussolini, Federico Fellini.
La Vandea in Italia dopo il 1796. Il fenomeno dell’insorgenza.
Dante ed il Conte di Cagliostro.
Le effemeridi Dantesche: “massime” commentate per un anno.
I films di Federico Fellini, con visione di alcuni spezzoni.
99
Museo di Stato:
Gianfredo Angeli
La Guardia di Rocca “Il sistema difensivo della Prima Torre”.
Daniela Tonelli “Parliamo di Arte Contemporanea”.
Dr.ssa Sabrina Zangoli “La scultura nel Museo di Stato”.
Dr.ssa Paola Bigi: illustrazione della mostra archeologica sui recenti scavi in
siti dell’Età del Bronzo Finale e dell’Età del Ferro.
Dr.ssa Francesca Michelotti “La pittura nel Museo di Stato”.
Federazione Sammarinese Sport Speciali:
Dr.ssa M. Rita Morganti
“Oggi le comiche” Quattro incontri, con proiezione di un film.
Introduzione teorico/pratica per la preparazione dei costumi di Carnevale.
Laboratorio: preparazione di costumi vari.
Argomenti monotematici
(Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni)
Antonio Pazzaglia “ San Marino – Everest ” con proiezione di foto sull’epica
avventura della sua scalata.
100
Francesco (Checco) Guidi “Le nostre radici” attraverso i modi di dire in
dialetto sammarinese. (Due incontri)
Dr.ssa Debby Savoretti e Beatrice Biagioni La spalla dolorosa (o artrosica):
conoscere per prevenire e curare. Strategie motorie consigliate per risolvere
il dolore e l’impotenza funzionale.
Ing. Gilberto Rossini Tradizione e sviluppo delle Istituzioni. Relazione e
discussione. (Due incontri)
Dr. Claudio Cardelli “Il Buddismo non è una religione”. E’ vero?
Dr.ssa Annarita Nanni “La città del Sole” a Sasso Simone (Montefeltro) fatta
dalla famiglia Medici nel ‘500.
Prof. Marino Cecchetti Anton Maria Zucchi Travagli – Pennabilli (erudito del
‘700).
Uscite culturali
- Comacchio e Cervia
- Uscita a Fiastra e Tolentino con il Prof. Chiaretti: durante il viaggio, lezione
su “I Templari”.
- Pellegrinaggio in Terra Santa con don Eligio Gosti.
- Uscita a Perugia – Spello – Fonti del Clitumno
- Uscita in Umbria e Toscana
OLIMPIADI DELLA MATEMATICA
di Claudio Mancini
“Ignoro come il mondo mi consideri; in quanto a me, mi pare di essere soltanto come
un bambino intento a giocare sulla riva del mare, che si diverte a trovare ogni tanto una
pietra più liscia o una conchiglia più graziosa delle altre, mentre il grande oceano della
verità si distende inesplorato davanti a lui.” - Isaac Newton
Consapevole dello stretto legame che unisce il gioco alla scienza, la Scuola
Secondaria Superiore continua a proporre l’esperienza delle Olimpiadi della
Matematica.
Organizzate dall’Unione Matematica Italiana e dalla Scuola Normale Superiore
di Pisa, esse costituiscono un’occasione particolare per presentare ai ragazzi gli
aspetti più creativi delle attività matematiche: dalla geometria all’algebra, alla
probabilità fino a tutto ciò che in qualche modo richiama le abilità logico-razionali.
La forma ludica ed accattivante con la quale vengono proposti i problemi risulta
l’arma vincente per stimolare gli alunni alla riflessione su contenuti complessi
che necessitano sia di buone competenze che di capacità intuitive.
Suddivise in biennio e triennio, le prove sono uniche per tutte le scuole che
aderiscono e si svolgono nella medesima giornata, consentendo ai partecipanti
di confrontarsi con i coetanei di tutta Italia. Sono strutturate in:
• Giochi di Archimede: gara interna a ciascun istituto, si svolge in novembre
ed è volta a selezionare gli alunni per la successiva fase provinciale.
• Gare provinciali: si tengono nel mese di febbraio; il nostro istituto partecipa
alla gara tra le scuole della provincia di Rimini.
• Gara nazionale: si svolge in maggio a Cesenatico tra i ragazzi che hanno
conseguito il miglior punteggio in ciascuna provincia.
• Preselezione per la fase internazionale.
• Olimpiadi internazionali della matematica: si svolgono a luglio. Nel 2005
si sono svolte in Messico, nel 2006 in Slovenia, nel 2007 saranno in Vietnam.
Nell’anno scolastico 2005/2006 i Giochi di Archimede si sono svolti il 23
novembre 2005 e nel nostro istituto hanno partecipato ben 91 alunni (71 del
biennio e 20 del triennio). Otto di essi sono stati selezionati per la successiva
gara provinciale che si è tenuta il 16 febbraio 2006 al Liceo Scientifico
“Serpieri” di Rimini.
101
Alle Olimpiadi internazionali che si sono svolte in luglio a Lubiana
(Slovenia) le prime quindici classificate sono risultate le seguenti nazioni:
1. Cina
214
2. Russia
174
3. Corea
170
4. Germania
157
5. USA
154
6. Romania
152
7. Giappone
146
8. Iran
145
9. Moldavia
140
10. Taiwan
136
11. Polonia
1
3
3
12. Italia
1
3
2
13. Vietnam
1
3
1
14. Hong Kong
1
2
9
15. Canada
1
2
3
102
Di particolare rilievo è il miglioramento dell’Italia che ha
ottenuto il migliore risultato di sempre superando paesi quali
Ungheria, Bulgaria, Vietnam, Hong Kong, Ucraina, Bielorussia.
Per quanto riguarda le prove individuali va sottolineato che la ragazza più
brava al mondo è l’italiana Maria Colombo.
Informazioni, notizie e testi delle gare sono consultabili sul sito italiano delle
Olimpiadi: http://olimpiadi.ing.unipi.it mentre per le Olimpiadi Internazionali
si segnalano i siti http://imo.math.ca, http://www.mathlinks.ro e http://www.
kalva.demon.co.uk.
“BUSINESS PLAN DELLA DITTA CERAMICHE SAF S.A. ”
Progetto didattico della Classe Quinta sez. A del Liceo Economico Aziendale
di Egiziana Mancini
Il business plan è un documento di pianificazione che descrive un’idea
imprenditoriale, consente una valutazione della sua fattibilità ed è strumento
di informazione per i potenziali investitori. I destinatari del business plan sono
quindi l’imprenditore, i finanziatori, i clienti ed i fornitori che rispettivamente
possono usufruire di uno strumento di presentazione dell’iniziativa e di uno
strumento di analisi e di apprendimento dei punti di forza e di debolezza
dell’azienda, degli obiettivi da perseguire e della valenza dei medesimi
obiettivi.
Il business plan è anche un momento di formalizzazione che coniuga
creatività e razionalità e richiede la compartecipazione di tutte le professionalità
presenti in azienda, in un lavoro di squadra dove il team si arricchisce delle
competenze specifiche di ciascun responsabile.
Il progetto business plan realizzato nella classe Quinta sezione A del Liceo
Economico Aziendale ha avuto obiettivi didattici più generali di aggregazione
delle competenze scolastiche in primo luogo, di costruzione di un quadro
generale della vita dell’impresa e delle scelte gestionali che la riguardano e di
comprensione delle motivazioni strategiche, tattiche ed operative che portano
alla pianificazione di un’idea imprenditoriale.
Il progetto è stato realizzato all’interno della programmazione didattica
di Economia Aziendale ed ha interessato i ragazzi negli ultimi due anni del
triennio: in particolare l’elaborato di seguito esposto è il risultato di gruppi
di lavoro che hanno seguito rispettivamente la fase di costruzione dell’idea
imprenditoriale, la realizzazione dei budget settoriali e generali d’esercizio, la
presentazione grafica su supporto cartaceo e la presentazione multimediale del
progetto.
Il lavoro in team ha rappresentato un momento di socializzazione del gruppo
classe ed ha garantito un risultato finale ottimale perché frutto del contributo
delle abilità e delle competenze di ciascuno.
E’ stato inoltre un momento di autovalutazione delle competenze conclusosi
con la presentazione da parte dei relatori alle classi del triennio del Liceo
Economico.
Nell’allegare le slides di presentazione del progetto e il documento finale
elaborato dagli studenti, si precisa che quanto segue è frutto di un’esercitazione
didattica per la quale è stato utilizzato materiale esistente in circolazione.
103
Caratteristiche della Società “Ceramiche Saf”
104
La Società Ceramiche SAF è una S.R.L. ed opera nel settore delle ceramiche.
Per quanto riguarda la forma giuridica, riteniamo sia opportuno che la società
abbia la forma giuridica di una S.R.L..Questo ci permetterà di avere i vantaggi
di una persona giuridica e di poter considerare, in futuro, un eventuale riassetto
societario.
Ha sede nella Repubblica di San Marino, in Via La Morra, 44 telefono
0549/905421 e fax 0549/905422 Borgo Maggiore. Capitale Sociale Euro
46.481,12 Cod. Operatore Economico SM 05567, Iscritta nel Registro delle
Società al n° 202.
La società grazie alla cortesia e professionalità riuscirà a proporre servizi graditi
alla sua clientela che sicuramente si amplierà notevolmente nel corso degli anni.
La proprietà è detenuta in parti uguali dai tre soci azionisti, Sig. Albani Simone,
Sig.ra Zanotti Stefania e Sig.ra Francioni Francesca, assunti con contratto di
lavoro subordinato.
Ogni socio conferisce la cifra di 70.000 € per la costituzione del capitale
sociale. Inoltre, verrà richiesto un prestito di ulteriori 160.000 € al tasso del
4,5% dalla Cassa di Risparmio di San Marino. Prevediamo comunque che,
salvo problemi imprevisti, già al primo anno saremo in grado di restituirlo
totalmente.
Tuttavia, è necessario sottolineare che nessuno dei tre ha un compito esclusivo
e precluso agli altri e nessuno dei tre può prendere decisioni fondamentali nel
suo ambito se non con l’approvazione degli altri.
Inoltre troviamo all’interno dell’azienda che svolgono attività di segretarie e
di operai altre venti persone.
L’azienda è suddivisa in tre reparti:
• Reparto Amministrativo
• Reparto Commerciale
• Reparto Produzione
Il reparto Amministrativo si occupa dell’amministrazione e della
coordinazione degli altri due reparti, della gestione della contabilità, della
bollettazione e fatturazione. Questo reparto è gestito in prima persona dal
socio Zanotti, che coordina tutte le attività spettanti con la collaborazione di
una segretaria.
Il reparto Produzione si occupa della realizzazione dei prodotti per l’evasione
degli ordini. Questo reparto è gestito in prima persona dal socio Albani, che ha
la funzione di gestire tutti i singoli processi produttivi per la realizzazione dei
Ns. prodotti, che vengono realizzati da una serie di dipendenti, i quali hanno
ciascuno una prefissata funzione all’interno della catena di montaggio.
Il reparto Commerciale si occupa dell’attività di promozione e vendita dei
prodotti aziendali, della gestione dell’attività pubblicitaria, della gestione dei
contatti, dei contratti con i clienti e dell’approvigionamento delle materie
prime. Questo reparto è coordinato dal socio Francioni, che vista la complessità
e la molteplicità delle operazioni da svolgere, è coadiuvata da una segretaria e
da un direttore che tratta la promozione e l’attività pubblicitaria della società.
LE STRATEGIE AZIENDALI
Obiettivi
Gli obiettivi dell’attività includono:
• la creazione di un prodotto unico e innovativo;
• far capire ai nostri clienti come una tecnologia del genere possa essere
utile, funzionale e soprattutto facile da usare;
• offrire un prodotto con grandi potenzialità ad un prezzo contenuto,
accessibile quindi per qualunque cliente;
• incrementare il proprio guadagno pubblicizzando il prodotto in maniera
intelligente, attenti ai bisogni del cliente;
• per un futuro prossimo l’obiettivo è quello di espandere il proprio mercato
nelle maggiori città italiane, essendo quindi presenti nei diversi luoghi del paese.
La mission consiste nell’essere riconosciuti sul mercato locale quali produttori
di un prodotto tecnologicamente avanzato, innovativo, semplice da usare
ed economico, destinato al settore ceramico con l’intento di rivoluzionare il
concetto di “pulizia”: esso farà risparmiare sia tempo che fatica agli addetti
alla pulizia.
Ambiente esterno
Il settore in cui l’azienda opera è quello della ceramica; tale settore è in continua
crescita a causa dello sviluppo del settore edilizio che provoca una consistente
domanda di beni e servizi connessi a tale attività.
Sebbene non esistano al momento concorrenti sul medesimo tipo di prodotto, il
settore delle ceramiche potrebbe presentare in futuro un livello di competizione
elevato, se le grandi industrie ceramiche decidessero di entrare in questo
105
106
mercato. Finché non entreranno questi importanti competitori, il nostro
prodotto sarà l’unico a soddisfare i bisogni del cliente sfruttando i vantaggi
offerti dalla tecnologia.
Un prodotto del genere, con queste funzioni, rivolto a questo tipo di mercato,
al momento non è offerto da nessun altro.
Dovremo chiaramente cercare di sfruttare il vantaggio di essere i primi a
fornire questo servizio: immettere il prodotto sul mercato e fare breccia
immediatamente per conquistarne una buona porzione. Tutto ciò ha come
risvolto la necessità di un notevole investimento in pubblicità.
La nostra società si avvale di un canale diretto (produttore-consumatore),
ritenuto da noi il canale più adatto in relazione alle caratteristiche della nostra
azienda. Inoltre disponiamo di un magazzino che ha la funzione di svincolare
la fase di approvvigionamento da quella delle vendite.
Questo permette la costituzione di scorte che ci consentono di acquistare
merci quando le condizioni di mercato sono più favorevoli e di soddisfare
senza interruzioni le richieste della clientela, anche nei periodi di ritardi e di
difficoltà di approvvigionamento.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento e lo stoccaggio di materie prime e
prodotti finiti, la nostra società opera con il sistema del just in time, ritenuto
da noi il canale più adatto in relazione alle caratteristiche della nostra
azienda. Questa tecnica moderna ci garantisceuna maggiore efficienza ed
efficacia che ci permette un risparmio notevole dei costi di stoccaggio.
NOVITA’
La Ceramiche SAF presenta un’innovazione sul mercato:
la piastrella autopulente “Cleany”, che ha una struttura tecnica in grado di
garantire l’immediata pulizia della pavimentazione.
Modalità d’uso:
Basta preimpostare l’apposito timer (incluso nel prezzo) che all’ora stabilita
azionerà il meccanismo di autopulizia, che consiste semplicemente nella
fuoriuscita di vapore acqueo che farà sciogliere i residui di sporco presenti
sulla superficie e questo in seguito verrà aspirato dal medesimo.
Inoltre viene offerta “assistenza tecnica” al cliente: vengono forniti dei brevi
foglietti illustrativi con l’elenco delle funzioni del prodotto e circa il suo utilizzo.
Il prodotto è stato brevettato a San Marino il 19/02/2006 per evitare
contraffazioni.
Analisi dell’ambiente interno
I punti di forza della nostra società sono:
1. la creazione di un prodotto innovativo, tecnologico e semplice da usare che al
momento non è offerto da nessun altro (inesistenza di imprese concorrenti);
2. la qualità insuperabile del prodotto;
3. il prezzo accessibile a tutti
4. il contatto con il pubblico in aree strategiche; la localizzazione del nostro
punto di vendita infatti è necessariamente in città, per essere presenti in una
zona in cui tutta la popolazione interessata transita. Questo ci garantisce una
buona visibilità, che aumenta notevolmente la possibilità di avvicinamento del
potenziale cliente. Inoltre, è necessario essere in un punto comodo al cliente.
I punti di debolezza della nostra società sono:
1. gli elevati investimenti in tecnologia
2. la mancanza di visibilità del punto di vendita
LE PREVISIONI DI VENDITA
Per avere dei dati oggettivi su cui basare le nostre previsioni di mercato
effettivo, abbiamo tentato di proporre l’utilizzo di una piastrella come quello
che intendiamo realizzare ad un gruppo ristretto di persone che hanno diversa
propensione all’uso della tecnologia. Tuttavia, i risultati del sondaggio,
essendo un prodotto innovativo e ancora non presente sul mercato, sono stati
giudicati inattendibili. Infatti, fornendo agli intervistati sostanzialmente solo
una descrizione verbale del nostro prodotto e del suo utilizzo, alla domanda
finale: “Sarebbe interessato all’acquisto di un prodotto del genere?” le risposte
sono state tutte affermative, alcune con più, altre con meno entusiasmo.
Prevediamo un aumento del numero delle piastrelle vendute negli anni
successivi al primo, stimato considerando che la conoscenza del prodotto si
allargherà anche grazie al passaparola, l’aumento di fiducia verso il prodotto
e recensioni.
107
Investimento iniziale
• Euro 4.000 per la costituzione della società;
• Euro 20.000 per la pubblicità: manifesti per il lancio del prodotto in centri
commerciali e piazze, brochure e volantini; partecipazione a fiere
• Euro 26.400 per l'arredamento del punto vendita;
• Euro 30.000 per l’affitto del locale.
108
Spese di costituzione
Arredo Punto Vendita
Pubblicità
Spese legali di costituzione
Affitto locale
€ 4.000
€ 26.400
€ 20.000
€ 4.000
€ 30.000
I NOSTRI PRODOTTI
• CARATTERISTICHE TECNICHE
• FABBRICAZIONE
• PERCHÉ SCEGLIERLE
• CATALOGO
• LISTINO PREZZI
§ CARATTERISTICHE TECNICHE
Le caratteristiche tecniche sono di fondamentale importanza per la scelta
delle piastrelle poiché da esse dipendono la funzionalità e la durabilità della
piastrellatura.
CARATTERISTICHE DI REGOLARITÀ.
Definiscono l’idoneità delle piastrelle alla realizzazione di una piastrellatura
regolare. Questa dipende dalle dimensioni e dall’aspetto e può essere influenzata
dal metodo di formatura e dalla porosità. La formatura per estrusione consente
un controllo meno accurato delle dimensioni rispetto alla formatura per
pressatura. Le piastrelle pressate consentono inoltre di ottenere superfici più
lisce e più uniformi.
CARATTERISTICHE STRUTTURALI
Definiscono la struttura del materiale di cui è costituita la piastrella. La
caratteristica strutturale principale è l’assorbimento d’acqua che misura la
porosità del prodotto.
CARATTERISTICHE MECCANICHE MASSIVE
Importanti soprattutto per i pavimenti, queste caratteristiche indicano la
resistenza ai carichi cui la piastrellatura è sottoposta. Le caratteristiche
meccaniche che vengono misurate sulle piastrelle sono la resistenza a
flessione, che dipende dall’assorbimento d’acqua del materiale, il carico di
rottura a flessione, legato anche allo spessore della piastrella, e la resistenza
all’impatto.
CARATTERISTICHE MECCANICHE SUPERFICIALI
Sono caratteristiche della superficie della piastrella. La più importante è la
resistenza all’abrasione che misura la tendenza della piastrella a consumarsi
(nel caso delle piastrelle non smaltate) o a cambiare il proprio aspetto visivo
(piastrelle smaltate) a seguito di usura. Per le piastrelle non smaltate questa
caratteristica dipende dall’assorbimento d’acqua, mentre per quelle smaltate è
esclusivamente legata alla composizione dello smalto.
CARATTERISTICHE TERMO-IGROMETRICHE
Sono le caratteristiche di resistenza a particolari condizioni di temperatura
e di umidità. Tra queste le principali sono la resistenza agli sbalzi termici,
la resistenza al gelo, che dipende dalla porosità del materiale e, per le sole
piastrelle smaltate, la resistenza al cavillo, dipendente dalla composizione
dello smalto.
CARATTERISTICHE CHIMICHE
Sono le caratteristiche di resistenza all’azione aggressiva di sostanze che
possono venire a contatto con la superficie della piastrella. Le caratteristiche
chimiche che vengono misurate sono la resistenza alle macchie, la resistenza
ai prodotti di uso domestico, la resistenza agli acidi e alle basi.
La compattezza dello strato superficiale e la porosità della piastrella rivestono
un ruolo estremamente importante: una maggiore porosità, infatti, favorisce
l’assorbimento della sostanza dannosa. I prodotti smaltati sono in generale
dotati di buone caratteristiche di resistenza chimica. Decisamente superiore
e affidabile è invece la resistenza alle sostanze alcaline. Per quanto concerne
invece i prodotti non smaltati, la resistenza all’attacco chimico è in generale
ottima per tutti i prodotti.
109
CARATTERISTICHE DI SICUREZZA
Sono le caratteristiche che presiedono in modo particolare alla sicurezza
rispetto agli infortuni. Tra queste la principale è la resistenza allo scivolamento,
ottenuta conferendo caratteristiche di rugosità. Fra le caratteristiche di
sicurezza va annoverata anche la cessione di piombo e cadmio (elementi talora
contenuti negli smalti), particolarmente controllata nel caso di piastrelle per
usi che prevedono un contatto con i cibi (come i piani di lavoro delle cucine).
Relativamente alla scivolosità, vengono prodotte particolari piastrelle smaltate
a superficie ruvida e piastrelle non smaltate con appositi rilievi che assicurano
una maggiore resistenza allo scivolamento.
§ FABBRICAZIONE
Le piastrelle di ceramica sono il risultato di un processo produttivo costituito
da diverse fasi che variano in funzione del tipo di prodotto, smaltato o non
smaltato, che si vuole ottenere.
110
MATERIE PRIME-IMPASTO
Gli impasti per la produzione di piastrelle sono miscele di diverse materie
prime: argillose, che forniscono la plasticità necessaria alla successiva
manipolazione delle piastrelle; quarzose, con funzione strutturale necessaria
a limitare le variazioni dimensionali in essiccamento e cottura; feldspatiche,
in grado di produrre una fase liquida di viscosità adeguata durante la cottura.
L’impasto viene preparato secondo operazioni di macinazione, miscelazioneomogeneizzazione e regolazione del contenuto d’acqua.
Al termine di questa prima fase si possono ottenere due differenti tipi d’impasto:
in polvere, con un contenuto d’acqua del 4-7%, adatto alla formatura per
pressatura; in pasta, con un contenuto d’acqua del 15-20% per la formatura
per estrusione.
FORMATURA-ESSICCAMENTO
La maggior parte delle piastrelle italiane viene formata per pressatura, fase in
cui l’impasto, nella forma di una polvere semisecca, viene compresso tra due
superfici. Questa operazione conferisce al prodotto la forma desiderata e anche
la giusta compattezza e resistenza. Cotto e clinker vengono prevalentemente
formati per estrusione: la pasta delle materie prime viene sagomata nella forma
di un nastro continuo opportunamente tagliato in seguito. Successivamente,
tramite l’impiego di essiccatoi rapidi ad aria calda, viene eliminata l’acqua di
impasto dal prodotto. La delicatezza dell’operazione necessita di un rigoroso
controllo, al fine di prevenire fenomeni dannosi.
SMALTI E SMALTATURA
Gli smalti sono miscele di diversi minerali e composti macinati in acqua che
vengono applicati sulla superficie delle piastrelle e portati a fusione. Durante
il raffreddamento, lo strato fuso si solidifica, formando un vetro che conferisce
alle piastrelle particolari caratteristiche estetiche (lucentezza, colore) e tecniche
(impermeabilità, durezza).
COTTURA-SCELTA
La cottura delle piastrelle viene realizzata in forni continui su rulli, nei quali
vengono raggiunte temperature elevate (da 900°C a oltre 1250°C). Lungo il
percorso all’interno del forno le piastrelle vengono dapprima riscaldate fino
alla temperatura massima di cottura e, dopo una definita permanenza a tale
temperatura, progressivamente raffreddate. Nella cottura il prodotto subisce
reazioni e trasformazioni chimico-fisiche necessarie a ottenere una struttura
meccanicamente resistente.
L’ultima fase del processo produttivo è la scelta, la quale ha tre obiettivi:
l’eliminazione dei pezzi difettosi, la suddivisione in prima e seconda scelta e
il raggruppamento in lotti omogenei per tono e calibro.
§ PERCHE’ SCEGLIERLE
Scegliere tra la varietà dei materiali utilizzati per i rivestimenti di pareti e
pavimenti non è facile. Progettisti e arredatori, architetti e consumatori alla
ricerca di soluzioni abitative in linea tanto con le ultime tendenze moda quanto
con le direttive ecologiche, sono circondati da una grandissima offerta di
proposte tecniche ed estetiche.
Una soluzione? La classificazione dei materiali di finitura che ci permette di
conoscere meglio non solo gli effetti estetici, ma anche resa e funzionalità:
• materiali lapidei (marmi, graniti)
• materiali ceramici (piastrelle ceramiche, laterizi
• materiali leganti (intonaci, massetti)
• materiali compositi (conglomerati con frammenti di roccia)
• materiali polimerici (vinile, linoleum, gomma, tappezzeria)
• materiali organici di origine vegetale o animale (legno, sughero, carta da
parati, tessuti)
• materiali metallici
La conclusione, invece, assegna alla piastrella di ceramica italiana una
posizione privilegiata e di assoluta eccellenza. Un alto livello dei processi di
produzione unito a una costante ricerca tecnologica e di design fanno di questo
simbolo del made in Italy nel mondo un supporto sul quale riprodurre qualsiasi
decoro, colore e tessitura. Garanzia dell’antica tradizione artigianale italiana,
la piastrella di ceramica si afferma sul mercato internazionale grazie anche a
caratteristiche non comuni, attestandosi come uno tra i materiali più resistenti.
Forza, bellezza, resistenza, tecnologia, design: tutte raccolte in pochi centimetri
quadrati!
111
• CATALOGO
112
La nuovissima “CLEANY”
• LISTINO PREZZI
TIPOLOGIA PIASTRELLE MISURA
PREZZO AL MQ
- Cleany
- Saf
- Mitla
- Yemen
- Alban
- San Diego
- Tikal
- Salvador
- Cruz
- Corlex
10 x 10 - 4” x 4”
10 x 10 - 4” x 4”
10 x 10 - 4” x 4”
5 x 10 - 2” x 4”
10 x 10 - 4” x 4”
5 x 20 - 2” x 8”
10 x 10 - 4” x 4”
10 x 20 - 4” x 8”
3 x 20 - 1/4” x 8”
9,5 x 14,5 - 3” x 5 “
€ 60,00
€ 23,00
€ 45,00
€ 40,00
€ 28,00
€ 26,00
€ 47,00
€ 50,00
€ 25,00
€ 35,00
LISTELLI
MISURA
PREZZO AL PZ
- Tula
- Rio
- Yucatan
3,5 x 10 - 1/2” x 4”
1,5 x 10 - 3/4” x 4”
3 x 10 - 1/4” x 4”
€ 8,00
€ 6,00
€ 7,00
I COLLABORATORI
Attualmente la Società Ceramiche SAF collabora con:
- Ceramica Sant’Agostino (principale mercato di approvvigionamento)
- Studio WAP (consulenza informatica e gestionale): questa società infatti
si occupa di programmazione software e ha già avuto esperienza in passato.
Avere un preventivo, anche molto approssimativo, non è stato possibile, a
causa della estrema variabilità dei tempi di sviluppo.
Lo scopo del sito è unicamente quello di pubblicizzare il prodotto. Per rimanere
fedele all’ottica dell’intuitività del prodotto, anche il sito si presenterà all’utente
con una grafica semplice e immediata. Il sito sarà on-line solamente quando
il prodotto sarà pronto per essere messo sul mercato, al fine di evitare il più
possibile tentativi di imitazione da parte di potenziali concorrenti.
- Studio commerciale Rossi (consulente aziendale)
NEWS
Nel corso dell’anno 2006/2007 la Ceramiche SAF s.r.l. migliorerà la propria
attività al fine di offrire maggiori servizi e prodotti alla propria clientela
introducendo:
• Piastrella “Cleany”
• Apertura di altri punti vendita
• Studio Grafico
• Consulenza di gestione aziendale
• Servizi di assistenza post-vendita e servizi informativi on-line.
113
RICHIESTA PREVENTIVO
E’ possibile richiedere GRATUITAMENTE un preventivo tramite fax al
numero 0549/900000 oppure telefonando a uno dei seguenti numeri:
- 0549/900000
- 0549/900000
- 335/7340000
- 335/7300000
all’indirizzo “[email protected]”
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PUBBLICITA’
Oltre alla creazione di questo sito web www.ceramichesaf.com, disponiamo
anche di cataloghi, opuscoli, pubblicità su giornali e quotidiani.
Dopo l’analisi dei possibili media per la promozione dei nostri prodotti abbiamo
in previsione per il futuro di espandere la nostra campagna pubblicitaria in
televisione e radio nelle fasce orarie serali.
Questo farà in modo che l’informazione sul prodotto arrivi fisicamente nelle
mani del potenziale cliente.
Per la comunicazione sono stati previsti investimenti per 20.000€ all’anno.
Questi investimenti sono fondamentali per la strategia di comunicazione, che
è basilare per il lancio di un prodotto unico nel suo genere del quale il mercato
non conosce ancora l’esistenza. Solo una buona campagna pubblicitaria farà
conoscere al grande pubblico le potenzialità del nostro prodotto, dando vita ad
una domanda che prima non esisteva.
Inoltre, riteniamo che un prodotto così avanzato abbia buone probabilità di
ricevere in breve tempo qualche recensione, sia sulla stampa di carattere
tecnologico che sulle riviste specializzate in piastrelle. L’innovatività di questo
prodotto costituisce di per sé un trampolino di lancio per il suo successo.
Col tempo la conoscenza del prodotto che offriamo si allargherà sempre di più.
Questo si otterrà con il passaparola, la pubblicità e le recensioni che riteniamo
di avere.
DOVE SIAMO
Autostrada A14: Uscita Rimini Sud.Proseguire per S.Marino. A 6 km dopo
l’ingresso in Repubblica svoltare a sinistra in Via dei Boschetti e proseguire
dritto fino a Via la Morra, 44.
Inoltre una delle nostre prospettive per il futuro sarà quella di espandere la
nostra attività in altre province nelle vicinanze della Repubblica.
INFORMAZIONI
Per qualsiasi chiarimento o contatto personale sono a piena disposizione i Signori:
- Albani Simone
cell. 333/0000000
- Zanotti Stefania
cell. 333/0000000
- Francioni Francesca
cell. 339/0000000
I quali rimangono reperibili anche fuori dall’ordinario orario di lavoro.
Orari della Società Ceramiche SAF:
Giorno
Mattina
Pomeriggio
Fuori Orario di Lavoro
- Albani Simone
Lunedì
Dalle Alle Dalle Alle
cell.
333/00000000
Martedì
8:30 12:30 14:00 18:00
- Zanotti Stefania
Mercoledì
8:30 12:30 14:00 18:00
cell. 333/0000000
Giovedì
8:30 12:30 14:00 18:00
- Francioni Francesca
Venerdì
8:30 12:30 14:00 18:00
cell. 339/0000000
Sabato
Reperibilità al Cellulare
Domenica
Reperibilità al Cellulare
BUDGET
BUDGET DEGLI APPROVVIGIONAMENTI
Cleany
Altre
Totali
Quantità
60.050,00
84.200,00
Prezzo
2,75
2,00
Totale
165.137,50
168.400,00
333.537,50
BUDGET DELLA MANO D’OPERA DIRETTA
Cleany
Altre
Totali
N. prodotti (mq)
5.000,00
15.000,00
N. ore
1,00
0,40
Costo orario
30,00
20,00
Totale
150.000,00
120.000,00
270.000,00
BUDGET DEI COSTI INDUSTRIALI INDIRETTI
Cleany
Altre
Totali
Affitti industriali
10.000,00
25.000,00
35.000,00
Manutenzioni
1.400,00
56.600,00
58.000,00
Ammortamenti
2.000,00
2.500,00
4.500,00
Salari e stipendi
30.000,00
7.500,00
37.500,00
Totale
43.400,00
91.600,00
135.000,00
BUDGET DEL COSTO INDUSTRIALE
Cleany
Altre
Totali
Materia prima
165.137,50
168.400,00
333.537,50
Manodopera
150.000,00
120.000,00
270.000,00
Costo primo
315.137,50
288.400,00
603.537,50
Costi industriali indiretti
43.400,00
91.600,00
135.000,00
Costo industriale
358.537,50
380.000,00
738.537,50
Costo industriale unitario
71,71
25,33
115
116
BUDGET DEI COSTI COMMERCIALI
Cleany
Altre
Affitti commerciali
1.500,00
2.500,00
Ammortamenti
1.000,00
2.000,00
Salari e stipendi
5.000,00
7.500,00
Pubblicità
7.400,00
1.800,00
Totale
14.900,00
13.800,00
BUDGET DEI COSTI AMMINISTRATIVI
Cleany
Altre
Affitti amministrativi
4.500,00
7.000,00
Ammortamenti
2.000,00
2.000,00
Salari e stipendi
8.000,00
9.000,00
Totale
14.500,00
18.000,00
BUDGET DEL RISULTATO OPERATIVO
Cleany
Altre
Ricavi di vendita
500.000,00
675.000,00
Costo della produz venduta
358.537,50
380.000,00
Utile lordo industriale
141.462,50
295.000,00
Costi commerciali
14.900,00
13.800,00
Costi amministrativi
14.500,00
18.000,00
Risultato operativo
112.062,50
263.200,00
BUDGET ECONOMICO
Ro
375.262,50
Oneri finanziari
2.500,00
Risultato prima delle imposte
372.762,50
Imposte (42,5%)
158.424,06
Utile dell’esercizio
214.338,44
Totali
4.000,00
3.000,00
12.500,00
9.200,00
28.700,00
Totali
11.500,00
4.000,00
17.000,00
32.500,00
Totali
1.175.000,00
738.537,50
436.462,50
28.700,00
32.500,00
375.262,50
IL PRIMO ANNO DEL CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE
DI SAN MARINO
di Gaddo Morpurgo
Il 2 ottobre 2006 è iniziato il secondo anno accademico del nuovo Corso di
laurea in disegno industriale dell’Università degli Studi della Repubblica di
San Marino.
Il primo anno di attività di una scuola è simile al “numero zero” di una rivista:
serve essenzialmente per mettere a punto e verificare un progetto, rodare la
macchina organizzativa e verificare l’interesse che suscita.
Poi il tutto si consoliderà in una pratica che stratifica idee, problemi, confronti
ed esperienze.
Con un anno di attività alle spalle è presto, o prematuro, fare bilanci, ma è
certamente possibile cercare di capire come le ipotesi iniziali hanno retto al
confronto con l’impegno quotidiano.
Lo sforzo, economico ed organizzativo, che la Repubblica di San Marino,
tramite la sua Università degli Studi, ha realizzato per avviare questa nuova
proposta formativa era motivato da una duplice esigenza:
1. affiancare, alle prestigiose iniziative che l’Università ha realizzato nei sui
venti anni di attività, tramite master e dottorati, anche una prima esperienza di
laurea triennale, interamente svolta a San Marino, misurandosi con i problemi,
e le potenzialità, della presenza di studenti che scelgono di raggiungere
quotidianamente San Marino città o di risiedervi per tutto l’anno accademico.
2. dare delle precise risposte, sul piano sia formativo che culturale, alle
esigenze che emergono dal mondo produttivo: da cui la scelta di intervenire
nel settore del design per il ruolo che può avere nello sviluppo innovativo di
varie aree produttive.
Il primo aspetto è stato certamente un elemento di grande novità, rispetto alla
tradizionale presenza studentesca sammarinese, costringendo l’Università
di San Marino a confrontarsi, pienamente, con il primo momento, quello
triennale, della formazione universitaria.
Una fascia d’età di studenti particolare, che inizia il proprio nuovo percorso
formativo staccandosi, molto spesso anche territorialmente, dall’esperienza
scolastica liceale.
Una popolazione studentesca che ha precise esigenze culturali, e di
socializzazione, per poter crescere e maturare quelle scelte formative che
condizioneranno totalmente i diversi sviluppi culturali e lavorativi.
Nè vanno sottovalutati gli effetti che questa presenza studentesca avrà sul
tessuto economico, culturale e sociale, della Repubblica.
200 persone, tra studenti e docenti, che già questo secondo anno di attività
frequentano giornalmente, e per 11 mesi l’anno, San Marino città , sono una
presenza non marginale per questa parte del territorio, che verrà ulteriormente
rafforzata quando tra due anni, con tutti gli insegnamenti a regime, passeremo
117
a circa 500 persone.
I processi di rivitalizzazione economica che caratterizzano le aree urbane
dove si insediano attività universitaria sono del resto documentati da infiniti
esempi.
Sicuramente queste scelte vanno guidate, come vanno guidate e incentivate
le offerte di residenzialità per gli studenti, ma le potenzialità esistono e, in
particolare nel caso di San Marino, possono avere importanti effetti sul centro
storico.
Rispetto a questo ordine di problemi va segnalato come già ora, passando dai
50 studenti dell’anno passato agli attuali 140 si sono esaurite tutte le offerte
di posti letto nel centro città. Un dato che se, da un lato, mette in evidenza
la necessità di intervenire in questo settore, d’altro lato è un interessante
indicatore di come il Corso di laurea in disegno industriale, stia attirando una
popolazione studentesca che proviene da varie regioni italiane determinando
una dimensione residenziale degli studi che è in totale controtendenza con il
processo negativo di provincializzazione degli studi universitari.
118
Ovviamente, oltre a questi aspetti, il dato di maggiore novità, è rappresentato
dalla particolarità disciplinare del nuovo corso di laurea: il design.
Tra le ultime discipline che, riorganizzandosi, hanno dato vita ad autonomi
corsi di laurea, il disegno industriale rappresenta un caso in parte anomalo
rispetto alla tradizionale organizzazione degli studi universitari.
Lo stretto intreccio che lega attività progettuali e sapere teorico, sapere
scientifico e sapere umanistico, capacità tecnico operative e creatività, fa
del corso di laurea in disegno industriale un modello formativo fortemente
caratterizzato dalla continua sperimentazione delle possibili relazioni tra
sapere e saper fare.
Un saper fare che, anche se spesso negli ultimi anni viene riduttivamente
inteso come mera professionalizzazione, deve confrontarsi con la ricchezza e
complessità anche teorica del progetto.
L’esperienza maturata in oltre dieci anni di attività del Corso di laurea in
disegno industriale, avviato dall’ Università IUAV di Venezia a Treviso, ci ha
permesso di mettere a punto un programma formativo che, considerando i vari
fattori di specificità, permetta ad ogni singolo studente di costruirsi un percorso
triennale che, pur valorizzando le aree di maggior interesse personale, non si
chiuda immediatamente in una scelta di indirizzo tematico professionale.
Una proposta, in questo, sostanzialmente diversa da ciò che avviene in molte
delle offerte didattiche attualmente presenti in Italia dove , prima di iscriversi,
gli studenti devono scegliere tra design del prodotto, grafica, comunicazione
visiva, multimedialità, interni, ecc.ecc.
Nel modello formativo, che abbiamo applicato anche nel corso di laurea di San
Marino, l’anno accademico è articolato in tre periodi didattici della durata di
circa dodici settimane, durante i quali si alternano attività laboratoriali e corsi
teorico-critici.
In questo modo gli studenti possono frequentare tre diversi laboratori
per ciascun anno accademico e, pur indirizzando i propri studi verso i due
principali settori del design, quello del prodotto o quello della comunicazione
visiva, possono valorizzare anche l’intreccio tra questi settori per adeguarsi
alle trasformazioni del mercato che, in questi “confini”, dovrà sempre più
immergersi per realizzare reali innovazioni di prodotto.
Ma avviare un nuovo corso di laurea, una nuova scuola, pur nella continuità con
le esperienze fin qui maturate non ha significato una mera scelta organizzativa
di materie, laboratori e docenti: ma anche la definizione di uno specifico
programma culturale e di ricerca.
In una scuola di design lo scopo non è solo quello di formare dei giovani ma di
fare anche ricerca insieme, considerando gli studenti come dei collaboratori.
Non una scuola quindi che si limita a “trasmettere” sapere, ma un luogo dove
insegnare anche per continuare ad imparare.
In una università che, come nel caso del disegno industriale, è formata
prevalentemente da un corpo docente di professionisti ( grafici e designers),
è fondamentale intendere l’insegnamento non come un puro trasferimento dei
propri “segreti del mestiere”, ma come un modo per fare ricerca e occasione
per riflettere insieme sui continui cambiamenti.
Un luogo di discussione didattica.
Una discussione che già nel primo anno di attività si è notevolmente arricchita
tramite il ciclo “Incontri sul design” che ha visto ogni mese la presenza di
importanti autori come : Alberto Meda, Aldo Drudi, Carlo Gaino, Giulio Iachetti
e Sebastian Bergne sul design del prodotto, e Andrea Rauch e Gianni Sinni,
Guido Scarabattolo e Renzo di Renzo e Giorgio Camuffo sulla comunicazione
visiva.
Incontri aperti anche ad un pubblico più vasto degli studenti ma strutturalmente
legati alla didattica.
Una didattica che tende non ad un mero design degli oggetti, ma al rapporto
fra l’uomo e le funzioni.
Il problema non è imparare per poi progettare ma progettare per imparare
guardando a tutto l’esistente, in quanto “progettato” o “progettabile”, tenendo
presente le realtà sociali che sono in continua, costante evoluzione anche nel
campo del progetto, del prodotto e del consumo.
Significa anche valorizzare la diversità degli studenti: le diverse culture, le
diverse aspettative e i diversi obiettivi, è fare di tutto perché questa diversità
restino, si rafforzino e si raffinino.
Non si tratta infatti di formare studenti che abbiano un alfabeto comune
riconoscibile come alfabeto di una scuola, ma che acquisiscano una mentalità
progettuale che permetta di capire perché progettano, che cosa progettano,
dove e per chi progettano, superando il formalismo, elegante ma molto spesso
119
120
edonista, che caratterizza molto dell’attuale design.
Una mentalità progettuale che permetta di guardarsi intorno fino ad individuare
i nuovi temi dell’esistente, i nuovi problemi, e proporre nuove, possibili
soluzioni.
Guardando con attenzione a ciò che accade nel mondo ma sapendo anche
confrontarsi criticamente con la rapidità accelerata dei tempi moderni.
In questa direzione vanno segnalati gli interessanti risultato dei lavori realizzati
in occasione della prima edizione di “San Marino Settembre Workshop”
dove quaranta studenti coordinati da quattro importanti designers come
Marco Ferreri, Giulio Iacchetti, Alessandro Pedron e Nicola Ventura, si sono
confrontati con il tema dell’ “Utenza ampliata” dando risposte sia ai problemi
della disabilità che a quelli dell’estensione dei mercati.
Con questa prima edizione di “San Marino Settembre Workshop” abbiamo
anche avviato il collegamento con alcune industrie del territorio coinvolgendo
nell’impostazione dei progetti importanti aziende come la Colombini, la
Fratelli Guzzini, la Teuco e la Curvet.
Il rapporto tra università, territorio e mondo produttivo, importante per l’intero
sistema universitario, diviene fondamentale per un corso di laurea in disegno
industriale e non solo perché consente di migliorarlo costantemente, garantendo
titoli realmente spendibili sul mercato del lavoro, ma perchè deve anche
permettere alle imprese di sviluppare il rapporto con l’università per essere
facilitate nella ricerca e in nuove sperimentazioni, sempre più indispensabili
per superare la carenza di innovazione di molti settori produttivi.
A tale fine abbiamo costituito un “Comitato d’indirizzo”, un comitato misto
di consultazione tra istituzioni, imprese e università che oltre a permettere una
migliore conoscenza reciproca delle trasformazioni in atto, del sistema della
formazione e dell’impresa, permetta di pianificare, e monitorare, le condizioni
perché si sviluppino le attività di stage e tirocinio che rappresentano un primo
e significativo approccio dello studente con il mondo del lavoro e, per quanto
riguarda le aziende e l’università, renda possibile l’avvio di concreti piani di
ricerca in comune.
Un ultimo elemento di novità rappresentato da questo nuovo corso di laurea è
il rapporto di collaborazione che si è avviato tra due Università di due Stati che
pur nella contiguità territoriale hanno diverse, e autonome, tradizioni storicopolitiche.
Oggi l’Università IUAV di Venezia è l’unico ateneo italiano dedicato nella sua
totalità all’insegnamento della progettazione di tutto ciò che riguarda gli spazi
e l’ambiente abitati dall’uomo: edifici, città, paesaggi, oltre ad oggetti di uso
quotidiano, eventi culturali, teatrali e multimediali, grafica e moda.
Alla ricca proposta didattica, resa possibile dalla riforma universitaria, si è
aggiunto anche questo nuovo programma realizzato congiuntamente con
l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino.
Un programma che da un lato guarda alla domanda che questa area territoriale,
compresa tra Emilia e Romagna, Marche e Umbria, può porre nei confronti
della formazione nel campo del design, ma che guarda anche alle potenzialità
che derivano dalla piena valorizzazione delle caratteristiche della Repubblica
di San Marino, della profonda radice storica della sua forma di democrazia e
del ruolo internazionale che può giocare nel contesto della globalizzazione
entro cui va collocato ogni ragionamento sul futuro del progetto e del design.
Per l’Università IUAV di Venezia non si è trattato quindi di aprire una
“succursale” a San Marino ma, al contrario, di cogliere un’importante
opportunità per arricchire la propria esperienza, sperimentando con l’Università
degli Studi di San Marino un progetto culturale che, nella sua piena autonomia
e originalità, sappia far crescere una nuova generazione di progettisti.
121
QUEL LAVORO INCOMPIUTO
di Rosanna Sciutti
Quando, nell’estate 2005, decisi di chiedere il pensionamento, pensai subito
con rammarico alle classi che non avrei potuto portare fino alla quinta e che
all’inizio del nuovo anno scolastico avrebbero saputo di dover cambiare
insegnante.
Per consolarmi un poco mi dicevo che ci sarebbe stato chi avrebbe preso
la notizia con gioia e che, anche se avessi rimandato la decisione, sarebbe
comunque arrivato il momento di smettere e di lasciare qualche classe a
percorso iniziato.
Poi, nei mesi successivi all’inizio dell’anno scolastico, incontrando per caso
qualche ex-alunno o genitore,il pensiero andava con insistenza al lavoro che
avevo lasciato incompiuto e, come per farmi perdonare, dicevo che sarei andata
a scuola per parlare alle classi e salutarle. Cosa che poi non è avvenuta. Come
mai? Paura di intralciare in qualche modo il lavoro alla nuova insegnante?
Di lasciarmi andare a discorsi ormai inutili e retorici? Desiderio di sfuggire
alla tristezza di un commiato? Forse. In questi casi le motivazioni si fanno
complesse, indefinite e indecifrabili per la persona stessa che le vive. Ma
forse non mi allontano troppo dal vero affermando che molto potè il senso
dell’inutilità delle parole che a un certo punto cominciai a provare. Ormai le
parole non contavano più. Contava solo quello che in tanti anni ero riuscita a
dare alla scuola, a lasciare nelle coscienze.
Certamente, in occasioni simili si usa salutarsi, festeggiare, fare regali
(desidero, a questo riguardo, ringraziare di cuore i colleghi, soprattutto gli
amici che mi hanno scritto e telefonato, la Preside e le Autorità presenti il
giorno dei saluti). Ma si sente che l’importante non è lì, nelle parole e nei gesti
materiali, ma è qualcosa di più sfuggente e certamente non uguale per tutti
quelli che hanno lavorato nella scuola.
Ho deciso pertanto di affidare a questo breve scritto il compito di comunicare
solo alcuni pensieri essenziali.
Mi è molto dispiaciuto, dicevo, lasciare un lavoro incompiuto in due classi:
5CLa e 4C dell’anno scolastico 2005-2006, ma specialmente in 4C, con
quegli alunni così simpatici, disponibili all’apprendimento e tanto umani.
Umani perché si sentivano amici ( non sempre accade ) e ancora si sentono tali
Proprio una bella classe da portare fino in quinta.
Le classi lasciate a percorso iniziato in quel mancato inizio di anno scolastico,
altro non erano poi che occasione di richiamo a un più ampio lavoro incompiuto.
Un lavoro che solo fino a qualche mese prima mi era sembrato ancora infinito.
Mi era sembrato di avere ancora tanto da fare, trattare autori e argomenti
nuovi, studiare percorsi diversi, leggere e far leggere tanto, rinnovarmi,
perfezionarmi…Dopo molti anni di lavoro nella scuola, sembra quasi di non
dover smettere mai. E ci si affina, si diventa più esigenti con se stessi e con gli
123
124
altri. Si dà certamente di più dopo 30-35 anni di insegnamento.
Ma purtroppo, specie negli ultimi tempi, mi è capitato di dover constatare
che quel di più non trova spazio nella scuola di oggi, dove il tempo per lo
studio è sempre di meno e le normali attività curricolari sembrano perdere
sempre di più la loro centralità fino a diventare quasi un optional. Le molte
iniziative introdotte negli istituti in seguito alle leggi sull’autonomia, per
promuoverne l’immagine all’esterno, disperdono tempo ed energie preziose.
Il sapere scolastico si fa sempre più debole, frammentato, materializzato.
Spesso si crede di poterlo identificare con le molte possibilità di accedervi,
quali l’ informatica, come se, ad esempio il fatto di attingere notizie da Internet
significasse di per sé padroneggiare quelle nozioni. O fosse sapere tout –court
il solo possederne gli strumenti materiali, quali libri, fotocopie, appunti.
Alcune attività, peraltro scontate in una scuola, sono ostentate ed enfatizzate
per darle prestigio e il sapere à così privato di quell’aura di discrezione e
modestia che, a mio parere, dovrebbe accompagnarlo.
Ho sempre vissuto con disagio l’Open day, anche perché ritengo che il buon
nome di una scuola dipenda più dal concreto operare quotidiano che dalle
belle parole di un giorno.
Ma, tornando al momento di lasciare, se è indubbio, per citare Hermann Hesse
(Letture da un minuto, Rizzoli) che sia necessario a un certo punto disfarsi
di quanto si è precedentemente fatto (non sempre si può continuare tutta la
vita una certa attività e la ripetizione è odiosa), è tuttavia altrettanto certo che
disfarsi di quanto si è costruito nel tempo con impegno e fatica, è sempre
doloroso. Specie se il disfarsi è incalzato con troppa fretta da giovani leve
di docenti, spesso impazienti di subentrare nella professione. Non è certo
piacevole, dopo molti anni di lavoro nella scuola, riscontrare atteggiamenti
di insofferenza e invidia, quasi si volesse negare ogni valore all’ esperienza
acquisita, impedendo alle persone di metterla in campo.
Nell’intravedere a volte, dopo lunga esperienza, la verità,non quella di parte
(legata ad esempio a qualche posizione di partito o di sindacato del momento)
e neppure quella, non rara, di comodo, che consente di procurarsi vantaggi
personali, ma quella per così dire professionale, frutto del lavoro svolto e
dell’esperienza acquisita, mi è capitato di scontrarmi, sia a livello didattico
che organizzativo, con le persone che si trovavano a condividere il mio stesso
percorso lavorativo. E’ accaduto, più o meno, lungo tutto l’arco della mia
vita professionale. Non si è trattato, evidentemente, di un fatto personale nei
confronti di colleghi e superiori, ma piuttosto del pensare che quelle persone
si discostassero dalla verità. Avendo molto a cuore quella verità e constatando
come spesso fosse vilipesa, non ho saputo tacere, pur apprezzando molto la
cortesia e gentilezza di colleghi e superiori verso di me, la buona educazione
che mai è venuta meno. Queste qualità invidiabili le ho anch’io perseguite,
constatando purtroppo spesso e a malincuore che rimangono un lusso, un
irraggiungibile miraggio quando si ha solo lo strumento del confronto libero e
aperto per agire. E molto ricordando e riflettendo sul passato e molto leggendo
nel presente, mi sono venute in soccorso le parole del filosofo sul rapporto
verità-educazione. Sono parole esagerate per un contesto scolastico, che, forse,
si possono capire soltanto pensando alla delusione che nasce nella mente e nel
cuore di una persona quando scopre che il più delle volte, col tacito consenso
di molti e non inconsapevolmente, della verità si fa scempio.
Ed ecco le parole, severe, del maestro sull’argomento:
La verità non educa. Se vi sono conoscenze assolutamente vere, esse non
riguardano chi attende alla propria formazione, come se si abbigliasse per
andare a teatro, ma chi bada, senza fronzoli, alla verità solamente. A quei
signori infatti bisogna fischiargli forte nelle orecchie che non è detto che la
verità educhi. Sappiamo di filosofi che prendono a pedate l’ospite e di maestri
che sputano in faccia ai discepoli. Di certo la verità li possiede. C’è chi di
fronte a un altro scoppia in risate frenetiche. Certamente anche lui è posseduto
ineducatamente dalla verità. (Manlio Sgalambro, Del pensare breve, Adelphi, p. 43-44).
Mi piacerebbe molto pensare che la verità non sarà del tutto ignorata nella
Scuola Sammarinese negli anni a venire. Spero soprattutto in quei colleghi che
della verità riescono ancora a riconoscere la voce e nei giovani studenti, che
rappresentano la società futura.
125
Parte terza
Allievi di oggi…
…e di ieri
127
ALLIEVI DI OGGI…
Cento anni fa 805 capi famiglia nella grande assemblea democratica convocata
nella Basilica del Santo Patrono, decretarono l’avvento nella nostra Repubblica
della democrazia moderna, superando le nomine per cooptazione del Consiglio
Grande e Generale.
Le iniziative che hanno celebrato il primo centenario dell’Arengo del 25
marzo 1906 sono state molteplici ed anche la Scuola Secondaria Superiore ha
organizzato un momento istituzionale di riflessione.
La testimonianza di questa “rivoluzionaria restaurazione dello Statuto” viene
offerta, per questo numero dell’Annuario, dal lavoro effettuato dallo studente
Lorenzo Forcellini Reffi per il colloquio orale dell’Esame di Stato.
E’ una ricerca che collega idealmente gli studenti del 2006 con gli ideali, la
cultura, i valori e le battaglie dei loro avi per la riconquista della democrazia.
I giovani sammarinesi dell’Arengo del 1906 seppero tracciare e percorrere le
vie più confacenti al nostro Paese. L’auspicio è che proseguendo lungo le strade
aperte allora da quei giovani, anche domani i giovani sammarinesi, consapevoli
dei caratteri precipui della cultura sammarinese, sappiano riformare lo Stato
per accrescere la libertà e le libertà di tutti. Con questo spirito si è inteso dare
spazio su queste pagine al lavoro* di un nostro giovane studente.
In una soluzione di continuità ideale, una giovane del 2006, Angelica Bezziccari
sviluppa la sua riflessione sul tema proposto dalla Giunta di Castello di Città
agli studenti della Scuola Secondaria Superiore “ Un anno dopo Beslan: come
le diversità etniche influiscono sull’integrazione europea e quale influenza può
avere la scuola”.
* Del lavoro di Lorenzo Forcellini Reffi “25 Marzo 1906. Rinascita della democrazia
sammarinese” si riportano i capitoli 1 e 2.
129
130
Introduzione
“… Avevo sette anni quel giorno 25 marzo 1906 e mi sentivo all’improvviso
grande, investito di un’enorme responsabilità: distribuire le schede per la
votazione a tutti i capifamiglia che entravano nella Basilica del Santo.
Di buon mattino ero già sul sagrato della Pieve e aspettavo di veder comparire
mio padre, i miei zii e mio cugino Alfredo che avrebbero compiuto un atto a
dir poco rivoluzionario.
Il cielo era terso nel punto più alto del monte Titano, dove mi trovavo, ma
era una tipica e fredda giornata di marzo: di tanto in tanto mi affacciavo alle
mura e vedevo sotto di me un mare di nebbia… ma non arrivava nessuno.
Trepidavo; poche persone di Città iniziarono a giungere: qualche donna
curiosa, alcuni ragazzi come me.
Il tempo passava ed io cominciavo a disperare.
Finalmente alle 11,30 ecco comparire alla spicciolata alcuni uomini, poi
all’improvviso tutti iniziarono a correre “al muro” per scrutare la strada
sottostante “la lunga”, che saliva da Borgo.
Erano gli abitanti di Serravalle e di Borgo Maggiore che insieme si dirigevano
verso la Pieve preceduti dalla Banda.
Varcavano la soglia della nostra Basilica ed io tremante consegnavo loro una
scheda.
Alle 12,30 precise la porta della Pieve venne chiusa ed io rimasi lì ad
attendere…”.
Questo era il vissuto del mio bisnonno Quinto Reffi, figlio di Leone Reffi,
uno dei tanti capifamiglia che quel giorno del 25 marzo 1906 entrò nella
Basilica del Santo per compiere un atto fondamentale nella storia della nostra
Repubblica.
Ora, a cento anni di distanza, ripercorrendo la storia di quell’evento, io onoro
la memoria dei miei cari e di tutti coloro che hanno avuto il coraggio e la forza
di sostenere le proprie idee e di riportare la democrazia nel nostro piccolo
Stato.
Lorenzo Forcellini Reffi
131
1. Arengo 1906 - La rinascita della democrazia
132
Nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX, la
Repubblica di San Marino si trovava in una situazione di grave crisi economica,
politica e sociale.
I fattori che la determinarono furono molteplici: la scarsità di lavoro e il
conseguente aumento della disoccupazione, i primi flussi emigratori, la
precarietà dell’agricoltura che in passato era stata la principale fonte di
ricchezza, il dissesto finanziario dovuto ad un’amministrazione inetta e
incapace.
Nel paese non si era sviluppata alcuna attività industriale e il deficit del
bilancio dello Stato, causato anche dalle eccessive spese per la realizzazione
di due grandi opere - la costruzione del nuovo Palazzo Pubblico e del Cimitero
monumentale di Montalbo - era molto consistente.
Tra la popolazione si era diffuso un malcontento generale contro il Consiglio
Principe e Sovrano, ritenuto colpevole di non saper far fronte ai bisogni della
cittadinanza e considerato come l’origine di tutti i mali presenti nel Paese.
Dal punto di vista politico-istituzionale, la Repubblica era caratterizzata da un
regime di tipo aristocratico ed oligarchico: i consiglieri venivano nominati per
cooptazione e non per elezione, il loro mandato era a vita e veniva trasmesso da
padre in figlio; erano divisi in tre categorie - 20 nobili, 20 cittadini, 20 contadini
- corrispondenti ai tre ceti della popolazione, anche se questa suddivisione non
era stata codificata da alcuna legge.
In diverse occasioni il prof. Pietro Franciosi aveva richiamato l’attenzione
sulla gravità della situazione socio-economica, ma le sue denunce non erano
state ascoltate.
Nell’ottobre 1898, Franciosi, incaricato di tenere il discorso d’insediamento
dei nuovi Capitani Reggenti, oltre a rinnovare le sue preoccupazioni, avanzò
anche una serie di proposte riformatrici.
Dal punto di vista politico, egli chiedeva l’abolizione dei ceti in cui era divisa
la popolazione, l’eliminazione delle onoreficenze sia civili sia militari, la
concessione del diritto di voto al popolo, almeno per l’elezione di un terzo
dei membri del Consiglio Sovrano e la definizione dei rapporti fra Stato e
Chiesa.
In campo economico, sollecitava il governo ad una maggiore oculatezza nelle
spese ordinarie e straordinarie, nella gestione della pubblica amministrazione
e proponeva l’introduzione di una leggera tassa progressiva per pareggiare il
bilancio dello Stato.
Il Consiglio, però, continuava a non tener conto né dell’analisi sulla gravità
della situazione economica, né delle proposte di riforma.
Nel Maggio del 1900, l’esasperazione dei disoccupati esplose in un grave
episodio: un centinaio di persone armate di bastoni si radunò di fronte al
Collegio Belluzzi, sede del Ginnasio-Liceo e delle Elementari maschili, con
l’intenzione di impedire agli insegnanti di svolgere le lezioni perché sostenevano
“ non era giusto che, mentre essi soffrivano la fame per mancanza di lavoro,
gli impiegati pubblici percepivano uno stipendio e vivevano agiatamente”.
Solo l’intervento del prof. Pietro Franciosi, insegnante presso quella scuola,
uomo dotato di grande prestigio, Presidente della Società Unione e Mutuo
Soccorso, riuscì a riportare la calma e a ricomporre l’agitazione.
Questi fatti provocarono ripercussioni all’interno del Consiglio dei LX e nella
popolazione che richiedeva una maggiore garanzia democratica e una più equa
giustizia sociale.
In un clima così problematico, il 6 Aprile 1902, tre consiglieri dell’opposizione
- Telemaco Martelli, Remo Giacomini, Ignazio Grazia - presentarono
un’istanza d’Arengo con la quale chiedevano che nell’Ordinamento
costituzionale fosse introdotto l’istituto del Referendum, per conoscere
direttamente la volontà dei cittadini su argomenti specifici e su leggi di
particolare interesse.
I tre consiglieri sostenevano, infatti, che “solo con la partecipazione del popolo
alla vita pubblica si potrà avere un governo veramente forte, libero e civile,
che abolisca i privilegi, gli abusi e le immoralità”.
L’istanza era caldeggiata anche da altri consiglieri democratici poiché si
riteneva che il Referendum costituisse il mezzo più efficace per avviare un
processo di modernizzazione e di democratizzazione della Repubblica.
Il 27 Maggio 1902 il Consiglio Sovrano si riunì per prendere in esame l’istanza
di Referendum: i consiglieri si divisero in conservatori (contrari) e riformatori
(favorevoli); ne seguì un importante dibattito sul futuro assetto istituzionale
della Repubblica; al termine, si deliberò di sentire il parere di un esperto allo
scopo di approfondire l’argomento, in vista della decisione da assumere.
Venne così interpellato Pietro Ellero, senatore della Repubblica italiana,
profondo studioso di storia e di ordinamento sammarinese.
Il 10 giugno, il prof. Ellero inviò alla Reggenza un’articolata ed elaborata
relazione con la quale faceva un’analisi della situazione e presentava una sua
proposta di riforma.
Egli sosteneva che veramente il sistema istituzionale sammarinese era da
considerarsi aristocratico, in quanto il Consiglio non veniva eletto dal popolo,
ma nominato per cooptazione al suo interno dagli stessi membri.
A suo giudizio, l’istituzione del Referendum non sarebbe risultata una soluzione
giuridica sufficiente a dare risposte alla situazione esistente.
Suggeriva, invece, di restituire all’Arengo il potere di approvare o di respingere
le leggi proposte dallo stesso Consiglio.
133
Per definire meglio le sue teorie in proposito, presentò una bozza di legge che
prevedeva:
•
•
•
•
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il consenso dell'Arengo per sancire l'entrata in vigore delle leggi e dei
trattati, proposti dal Consiglio;
l'assemblea doveva essere costituita non solo dai capi-famiglia, ma
allargata a tutti i sammarinesi maggiorenni;
l'assemblea, presieduta dai Reggenti, doveva essere convocata in via
ordinaria ogni sei mesi e, in via straordinaria, in caso di necessità, con un
preavviso di almeno 9 giorni;
la votazione doveva avvenire per palle bianche o nere e, alla fine, il
Commissario della Legge, dopo aver proceduto allo scrutinio, avrebbe
reso pubblico il risultato ufficiale.
In sintesi, il prof. Ellero consigliava di ripristinare i poteri dell'antico istituto
dell'Arengo e di ampliarne i componenti.
I governanti sammarinesi, preoccupati da un'ipotesi considerata troppo
innovativa, decisero di consultare altri autorevoli giuristi, fra i quali Giuseppe
Brini, Cesare Baudano Vaccolini, Diego Taiani, Giacomo Reggiani, Nino
Tamassia, Gaspare Finali, Torquato Giannini.
La maggior parte di loro espresse parere favorevole alla proposta Ellero,
provocando l'indignazione dei conservatori.
Raccolti tutti i pareri, la questione tornò in Consiglio per una decisione ufficiale:
nella seduta dell'8 novembre 1902, il parlamento sammarinese, chiamato a
decidere sull'istanza del Referendum e sulla proposta Ellero, si espresse contro
l'introduzione del Referendum, con 29 voti contrari e 5 favorevoli.
La motivazione fu che San Marino non aveva bisogno di istituire il Referendum
poiché disponeva già dell'istituto dell'Arengo, previsto dagli Statuti.
La battaglia per il rinnovamento era dunque perduta, ma da questo momento
iniziava il cammino verso la conquista della democrazia.
- 7 e 8 Agosto 1904 - Duecentosessanta operai si riuniscono in assemblea e
indirizzano alla Reggenza un ordine del giorno, redatto da Gino Giacomini,
nel quale chiedono che il Consiglio restituisca all’Arengo il potere legislativo
e che venga convocata l’Assemblea plenaria dei capi-famiglia. L’ordine del
giorno, però, viene respinto.
- 8 Settembre 1905 - Di fronte ad una situazione finanziaria molto grave,
non più tollerabile, e nell’impossibilità di porvi rimedio, sette consiglieri
democratici - Gustavo Babboni, Nullo Balducci, Remo Giacomini, Ignazio
Grazia, Telemaco Martelli, Raffaele Michetti e Moro Morri - presentano le
loro dimissioni.
In una lettera alla Reggenza spiegano le ragioni del loro atto “Nell’accettare
l’ufficio di consiglieri della Repubblica ci proponevamo di cooperare
all’attuazione delle riforme reclamate dai bisogni del Paese e della civiltà,
ma con rincrescimento dobbiamo constatare che nonostante i nostri tentativi,
nessuna riforma da noi propugnata venne accettata dal Consiglio, nel quale
predomina una maggioranza contraria ad ogni sana innovazione”.
- 1 Ottobre 1905 - Un articolo apparso su “Il Titano” annuncia “ la Sezione
Socialista Sammarinese ha pensato di assumersi l’incarico di iniziare
finalmente l’agitazione pro-Arringo chiamando a raccolta i vari elementi
democratici e cercando di polarizzarli attorno a questa prima e fondamentale
riforma.” Il Partito Socialista si assume così il compito di iniziativa lasciando
al Partito Democratico il ruolo di direzione nel cammino delle riforme.
- 29 Ottobre 1905 - Nella giornata di domenica, alle ore 15, nel Teatro Titano
ha luogo la prima adunanza del Comitato Pro-Arringo che diviene il vero
protagonista dell’ultima fase della battaglia per la conquista della democrazia.
Il successo di pubblico, avuto dall’assemblea, fa cadere gli ultimi dubbi e
indecisioni: viene così votato un Ordine del Giorno con il quale si chiede
al Consiglio Principe e Sovrano di “cedere il suo mandato e convocare lo
statutario Arringo”.
- 16 Novembre 1905 - Nella seduta del Consiglio, la Reggenza espone in
modo dettagliato la situazione finanziaria che comincia a dimostrare segnali
di miglioramento e di positiva evoluzione, anche in vista dell’accordo
con l’Italia. (Si comunica che verrà firmata con il Governo italiano una
Convenzione addizionale che consentirà a San Marino di poter emettere
60.000 lire in più di monete d’argento e di ottenere il primo mutuo di 200.000
lire con la Cassa Depositi e Prestiti: ciò permetterà di estinguere tutti i debiti
contratti in precedenza con istituti e con privati. La convenzione sarà firmata
a Roma il 16 Febbraio 1906).
Per quanto riguarda la convocazione dell’Arengo, il Consiglio non rifiuta
a priori la richiesta presentata, ma cerca di guadagnare tempo e di ritardare
il momento della decisione. Nel corso della seduta, animata da un forte
dibattito, vengono estratti a sorte due arringatori i quali, con determinazione,
dichiarano che la convocazione dell’Arengo è l’unica soluzione possibile per
porre rimedio ad una situazione divenuta ormai insostenibile. La votazione
segreta che segue vede, su 32 votanti, 31 favorevoli e un solo contrario. Viene
quindi approvata in modo democratico, a maggioranza, la convocazione
dell’Assemblea dei capi-famiglia.
- 17 Novembre 1905 - Il manifesto governativo comunica alla popolazione
che, in base alla decisione assunta in Consiglio, la convocazione dell’Arengo,
secondo le norme statutarie, “sarebbe stata fissata entro il più breve tempo
possibile”.
135
Nell’attesa si invitava la cittadinanza a mantenere “quella calma e serenità
che l’importanza dell’ora richiede”.
- 19 Novembre 1905 - Il Comitato Pro-Arringo indirizza una lettera a tutti
i Sammarinesi con lo scopo di “convincere i capi-famiglia ad accorrere
numerosi all’Arringo quando venissero chiamati; a dichiarare, nell’Arringo,
decaduto l’attuale Consiglio Principe e Sovrano; a nominare i membri
del nuovo Consiglio non a vita, ma a tempo determinato; a proporre che
all’elezione dei consiglieri prendessero parte tutti i Sammarinesi maggiorenni,
non interdetti”. Inoltre, si rassicuravano i dubbiosi che “al nuovo Consiglio
sarebbero rimaste le attribuzioni consuetudinarie e statutarie, tuttora
vigenti”.
- Febbraio 1906 – La Commissione Governativa, incaricata di redigere il
disegno di legge per la restaurazione dell’Arengo, stabilisce che “l’Arengo si
terrà nella Chiesa della Pieve, nel giorno di domenica 25 marzo alle ore 11 e
l’Arengo sarà dichiarato legalmente costituito se saranno intervenuti la metà
degli aventi diritto”. Dopo circa 350 anni, l’Arengo si sarebbe riunito, nella
sua piena sovranità, il 25 Marzo 1906 nella casa del Fondatore per decidere
della libertà della Repubblica.
136
- 15 Marzo 1906 – Nel manifesto pubblicato dalla Reggenza in data 15 marzo
1906, vengono riportati i due quesiti da sottoporre all’assemblea:
1) “Nel rinnovare per intero il Consiglio dei LX, vuole l’Arringo nominarlo
con le norme e con tutti i diritti e con tutte le prerogative che il Patrio Statuto
attribuisce al Consiglio stesso?”
2) “Vuole l’Arringo che i Consiglieri siano nominati proporzionalmente al
numero degli abitanti originari e naturalizzati di ciascuna Parrocchia della
Repubblica, lasciando però piena libertà di sceglierli ovunque si trovino
maggiormente adatti ?”
Rispondendo si al primo quesito, si sarebbe confermata la situazione
esistente; rispondendo no si sarebbe optato per un cambiamento.
Il si al secondo quesito significava concedere alla popolazione del contado
un maggior numero di rappresentanti.
- 25 Marzo 1906 - E’ il giorno dell’Arengo. Alle ore nove del mattino, i
Capitani Reggenti Onofrio Fattori e Pier Matteo Carattoni, accompagnati
dalle autorità e scortati dalla Guardia Nobile e dalla Milizia Uniformata,
si recano in Pieve per presiedere in forma solenne l’Assemblea dei capifamiglia.
Il seggio, presieduto dalla Reggenza, è composto dal Segretario di Stato per
gli Affari Interni, Avv. Gemino Gozi, dal Segretario di Stato per gli Affari
Esteri, Domenico Fattori, dal Procuratore Fiscale, Avv. Menetto Bonelli, dal
Commissario della Legge, Avv. Giovan Battista Dore, nella sua qualità di
Uditore della Reggenza.
Si predispone la Commissione verificatrice delle tessere, che si colloca
all’ingresso della Basilica.
Alle nove e trenta si apre per metà la porta della Pieve e cominciano ad
entrare i capi-famiglia. Per evitare contrasti fra coloro che la pensavano in
modo diverso, si decide di aggiungere una declaratoria al primo quesito,
per specificare se il Consiglio doveva essere rinnovabile per cooptazione o
per un terzo ogni tre anni con sorteggio, ferme restando tutte le altre norme
statutarie.
Alle 12,30 precise, essendo presenti 805 capi-famiglia, cioè un numero
superiore alla metà degli aventi diritto, la porta della Pieve viene chiusa e la
Reggenza dichiara legalmente aperto l’Arringo Generale.
Il Reggente Onofrio Fattori invita i partecipanti ad esprimere il proprio
parere in piena libertà, senza prevenzioni e senza timori, quindi dà lettura
dell’elenco degli oratori iscritti a parlare.
Fra questi, viene sorteggiato il dottor Moro Morri che, però, rinuncia alla
parola in favore dell’Avv. Gustavo Babboni.
Rivolgendosi all’assemblea, Babboni esprime, in modo deciso e argomentato,
il proprio parere favorevole al NO al primo quesito e invita l’intera assemblea
ad esprimersi allo stesso modo. L’arringa del dottor Babboni viene accolta da
prolungati applausi.
Successivamente intervengono Giuseppe Forcellini, Domenico Gozi e, per
ultimo, il Prof. Marino Borbiconi che dichiara di condividere la proposta
dell’Avv. Babboni di aggiungere la declaratoria al primo quesito.
La Reggenza dà lettura della nuova riformulazione del quesito: “Qualora
la maggioranza dell’Aringo risponda NO al primo dei proposti quesiti, si
intenderà che, eletto il nuovo Consiglio, in seguito debba rinnovarsi per una
terza parte ogni tre anni, mediante sorteggio, e con diritto di rieleggibilità,
ferme restando tutte le altre norme statutarie”.
Interviene ancora il Reggente Fattori per sintetizzare “chi vuole il Consiglio
a vita risponda, al primo quesito, SI , chi non lo vuole, risponda NO”.
La maggioranza dei presenti si alza in piedi, gridando “No, non vogliamo il
Consiglierato a vita”.
Si procede alla votazione e si chiamano i capi-famiglia in ordine alfabetico.
Alle due e trenta la votazione termina.
L’urna contenente le schede viene sigillata e trasportata a Palazzo, dove si
procede allo spoglio. Il risultato è il seguente: su 805 presenti, 727 votano
NO al primo quesito, 75 si, 3 voti nulli; al secondo quesito 761 si, 41 no e
3 voti nulli.
137
Il 25 Marzo 1906, il popolo sammarinese, riunito nell’Arengo Generale,
aveva scelto la strada della democrazia dopo secoli di regime conservatore e
oligarchico.
La prima battaglia di questo difficile cammino era dunque vinta.
Ora, per la Repubblica iniziava una nuova fase della sua storia.
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L’Arengo del 25 Marzo 1906 è stato un avvenimento politico di straordinaria
importanza nella storia della nostra Repubblica.
I capi-famiglia, riuniti in assemblea, decretavano la fine di un sistema politico
basato sul consiglierato a vita, ereditario, nominato con il metodo della
cooptazione.
Da quel momento, iniziava il processo di formazione di uno stato più moderno
e democratico e, anche se le tappe, in seguito, sono state lente e non sempre
pienamente rispondenti alle esigenze, tuttavia va riconosciuto il grande valore
di aver determinato l’inizio di un nuovo percorso.
Infatti, varata la nuova Legge elettorale che riconosceva il diritto di voto ai
capi-famiglia e ai laureati, escludendo le donne, gli ecclesiastici e gli interdetti,
il 10 Luglio 1906 hanno avuto luogo le prime elezioni politiche in senso
assoluto: sono state presentate due liste di candidati: quella dei democratici e
quella dei conservatori.
Risultarono eletti 42 consiglieri democratici e 18 conservatori, quindi 32
consiglieri del vecchio Consiglio non furono confermati.
Il 1° Ottobre 1906, si insediarono i primi Capitani Reggenti del nuovo
Consiglio: Alfredo Reffi e Giovanni Arzilli.
Nel 1907, nasceva il Bollettino Ufficiale, cioè la raccolta delle leggi dello
Stato, che permetteva di prendere conoscenza dei vari provvedimenti legislativi
approvati.
Il Consiglio perdeva la qualifica di “Principe e Sovrano” per assumere il titolo
di “Consiglio Grande e Generale”, dimostrando anche in questo modo il
cambiamento sostanziale politico che si era verificato.
Nel 1909 si otteneva il suffragio universale maschile.
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2. Le origini dell’Istituto dell’Arengo
Le origini dell’Arengo risalgono al X secolo circa, quando la comunità del
Titano, affrancatasi dall’autorità religiosa dell’abate, si diede la prima forma
di governo a sovranità popolare.
L’Arengo era l’assemblea di tutti i capifamiglia che, convocati “uno per
fuoco”, cioè uno per casa, si riunivano per prendere le decisioni più importanti
che riguardavano la vita del Paese.
Era convocato dai Capitani Reggenti e, come risulta dagli Statuti del 12951302, si teneva in un primo tempo nella Pieve, poi nella Casa grande del
Comune ( Domus Magna Comunis).
L’assemblea era annunciata al popolo dal suono delle campane e dai “piazzari”
che, per le vie e le piazze della città, sollecitavano i “patres” ad affrettarsi.
La presenza dei capifamiglia era obbligatoria; prima di dichiarare aperta la
seduta, il segretario faceva l’appello degli aventi diritto: chi, senza un valido
motivo, non partecipava all’assemblea incorreva in sanzioni e chi, nel corso
della riunione, ne disturbava il buon andamento o interrompeva una persona
durante l’intervento, poteva essere condannato e subire gravi punizioni.
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Documenti conservati in archivio attestano che fin dal XIII secolo, accanto
all’istituto dell’Arengo, esisteva un Consiglio composto di sessanta membri.
La presenza dei due organismi è confermata anche dagli Statuti del 1295-1302,
i quali ne riferiscono le modalità di convocazione (l’Arengo veniva annunciato
col suono della campana “ad longum”, mentre il Consiglio “ad martellum”) e
le sanzioni per coloro che non si presentavano alle riunioni.
Arengo e Consiglio avevano poteri diversi: il primo svolgeva funzioni
legislative, eleggeva i Consiglieri, concedeva la cittadinanza, ratificava i
trattati; il secondo aveva compiti esecutivi.
L’Arengo continuò ad esercitare le sue funzioni per un lungo periodo,
almeno fino alla fine del secolo XV, quando aumentata la popolazione sia
per naturale incremento delle famiglie, sia per nuove aggregazioni in seguito
all’ampliamento del territorio, si rese sempre più difficile la sua convocazione.
Fu così che gradualmente l’Assemblea dei capifamiglia delegò i propri poteri
al Consiglio dei sessanta.
Fonti d’archivio attestano che l’ultima riunione dei capifamiglia si tenne il 9
gennaio 1571.
La prima Rubrica del primo Libro degli Statuti redatti nel 1600 così recita:
“Siccome il capo naturalmente sovrasta le altre membra, così si giudicò
conveniente di parlare in primo luogo dell’Arringo, la cui autorità in antico
nella nostra Repubblica era la principale. E’ dunque l’Arringo la congregazione
di tutto il popolo della Terra di San Marino e della sua Curia, cioè di una
persona per casa, il quale premesso il suono della campana e l’invito dei
Piazzari una volta si teneva nella Chiesa della Pieve della stessa Terra, ed ora
si tiene nell’aula, ossia nella Casa grande del Comune per ordine dei Signori
Capitani pro-tempore di essa Terra, o di uno di loro sempre ed ogni volta che a
loro, o ad uno di loro sembri necessario ed opportuno. Nel quale Arringo così
congregato ed adunato, benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si
trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi, tuttavia perché
cresciuto il nostro popolo, le convocazioni a poco a poco in ogni singola cosa
si resero difficili, a togliere tutte le difficoltà nonché i tumulti e le inevitabili e
dannose contese che in tanta moltitudine di persone continuamente nascevano,
l’universa e suprema potestà ed imperio dello stesso Arringo si trasferì nel
Consiglio Grande e Generale detto dei Sessanta”…
Gli Statuti del 1600, quindi, pur riconoscendo l’Arengo come il vertice degli
organismi istituzionali sammarinesi, inteso quale manifestazione della volontà
popolare, definiscono che, per esigenze di maggiore efficacia e funzionalità, i
supremi poteri dell’Arengo sono trasferiti al Consiglio Grande e Generale dei
Sessanta.
Gli stessi Statuti, nelle Rubriche 3 e 4, stabiliscono che compete al Consiglio
nominare i nuovi membri, così suddivisi: 40 Consiglieri della Terra di San
Marino (Città e Borgo) e 20 del Contado (campagna) per garantire la presenza
di rappresentanti di tutto il Paese.
Inoltre viene sancito il principio del consiglierato a vita e l’elezione dei
consiglieri per cooptazione.
Nel secolo XVIII, con l’affermarsi della nobiltà e della suddivisione della
popolazione in ceti, si verificò un cambiamento radicale e profondo.
Le funzioni dell’Arengo erano diventate marginali, tutto il potere era accentrato
nelle mani del Consiglio che assumeva il titolo di “Principe e Sovrano” ed era
composto da 20 Consiglieri nobili, 20 della Terra e 20 del Contado.
Gradatamente si passò ad una forma di governo oligarchico, cioè ad una
gestione del potere da parte di poche famiglie patrizie che difendevano interessi
e privilegi a discapito della popolazione.
Questa situazione si protrasse fino al secolo XIX.
163
UN ANNO DOPO BESLAN: COME LE DIVERSITÀ ETNICHE
INFLUISCONO SULL’INTEGRAZIONE EUROPEA E QUALE
INFLUENZA PUÒ AVERE LA SCUOLA
di Angelica Bezziccari
164
Il primo giorno di settembre del 2004 in Russia, precisamente in Ossezia,
sarebbero dovute iniziare le lezioni per molti studenti e professori. Invece
quel giorno cominciò una terribile strage durata tre interminabili giorni: un
commando di terroristi legati alla guerriglia cecena sequestrò circa un migliaio
di persone, di cui la maggior parte studenti, in particolare bambini. I terroristi
chiesero, in cambio della liberazione degli ostaggi, il ritiro delle truppe russe
dalla Cecenia, l’indipendenza della repubblica caucasica e il rilascio di alcuni
arrestati; il 3 settembre, dopo l’invio delle truppe di Mosca, si ebbe una delle
carneficine più crudeli della Storia. Centinaia di bambini morti. Feriti. Dispersi.
Rapiti. Sciolti dai lanciafiamme usati nell’assalto.
Un anno dopo questo eccidio, molte sono le questioni ancora irrisolte, le quali
hanno come matrice principale il conflitto interminabile fra la Russia e la
Cecenia, che chiede, o meglio, vuole, imporre la propria indipendenza alla
Russia.
Tale problema è stato in parte risolto, ma ad un prezzo decisamente troppo
alto: questa non è che l’ennesima di una lunga serie di stragi, di cui i cittadini
dell’Ossezia sono, e lo dico con amarezza, solo una piccola parte.
Infatti, circa 250 mila ceceni sono stati uccisi dal 1994 ad oggi, a causa della
guerriglia separatista, e anche migliaia di russi, soprattutto soldati, hanno
perso la vita; a questi va aggiunto il numero sconosciuto di desaparecidos di
entrambe le parti.
Dunque, com’è possibile che a pochi passi da un’Europa pacificamente unita,
si stia consumando ancora un simile dramma? Quali ragioni continuano a
fomentare l’odio e la guerra che sembrano riempire i cuori di questi popoli e
di questi governi?
La risposta non è semplice, e per capire meglio il concetto di diversità etnica
che provoca questa sconsiderata lacerazione, bisogna fare un passo indietro
nella Storia.
Il Comunismo aveva sopito ogni differenza, raggruppando tutti i popoli e le
etnie dell’URSS sotto l’unilaterale concetto di “uomo sovietico”. Con la caduta
del muro di Berlino sono riemerse le disgregazioni etnico-culturali che sono
state soppresse con la forza e con la violenza. Ciò ha creato inevitabilmente
delle forti difficoltà a livello di integrazione e gestione della stessa.
Ma quali sono in realtà queste differenze? Il solo fatto di non vivere negli
stessi territori e di parlare una lingua differente? Una diversità c’è, ma non è
etnica, bensì economico-politica. Infatti, nel territorio ceceno ci sono estesi
giacimenti di petrolio e gas naturale, e gli oleodotti e gasdotti che attraversano
il Caucaso sono quindi strategici per il trasporto dal Mar Caspio alla Russia.
La diversità etnica spesso è solo un pretesto. Ci siamo mai chiesti, noi
sammarinesi, cosa sarebbe successo se nel nostro sottosuolo avessero scoperto
ingenti quantità di gas, petrolio, o giacimenti minerari? Crediamo davvero
che saremmo stati ugualmente indipendenti? L’Italia non ne avrebbe forse
approfittato?
Come sempre avviene, in mezzo a tali interessi e a politiche di potere, chi viene
dimenticata è la gente comune, specialmente le donne e i bambini, assieme
ai quali vengono spazzate via le basi della civiltà. L’attacco alla scuola di
Beslan può essere considerato anche come un’aggressione, non solo materiale,
alla cultura, all’istruzione, e di conseguenza alle generazioni future e alla loro
coesione. Non possiamo però accettare che pochi fanatici ostacolino tutto ciò
infondendo sempre più paura e terrore, contribuendo così ad alimentare quella
xenofobia latente, inevitabile in un contesto di constante guerriglia reciproca.
Molti diranno che il compito di evitare ciò spetta ai politici; questi però fanno
poco o nulla per l’integrazione europea, anzi, cercano solo di zittire il mondo
-come ultimamente ha fatto Putin- riguardo simili situazioni; non mi riferisco
alla strage di Beslan, su cui i mass-media hanno speculato anche troppo, ma
sull’odio lacerante che, da parte dei russi, porta costantemente a tenere la
Cecenia sotto assedio, e conduce i ceceni a orrende stragi a danno dei civili.
Quindi, il cambiamento deve iniziare dalla gente comune, la quale si deve
servire di quelle istituzioni pubbliche idonee a fornire gli strumenti necessari
per far sì che le diversità etniche convivano pacificamente e siano integrate.
Una di queste istituzioni è proprio la scuola, dove a volte ci si limita a
parafrasare le poesie, senza chiedersi se i poeti nella loro vita si sono interessati
a qualcos’altro oltre che all’Infinito.
Le lezioni di storia spesso sono monotone, afasiche, perché si riducono ad
un mero elenco di avvenimenti, date, e non c’è posto per la discussione e il
ragionamento; il voto ottenuto è proporzionale al numero di fatti imparati a
memoria, e quasi mai a quanto lo studente si sia soffermato a ragionare su
tali fatti che ancora oggi si riflettono sul comportamento dei popoli, e sugli
importanti cambiamenti che hanno apportato a livello concreto.
Non è il caso che si dubiti delle mie parole di studentessa, in quanto troppe
volte ho constatato come il silenzio in classe non corrisponda ad attenzione ma
a noia; ho altresì verificato come lo studente assopito sul banco mentre finge
di scrivere, si desti improvvisamente udendo l’inizio di una discussione che
verte non più sulla parafrasi dantesca, ma su quello che ancora oggi Dante ci
può trasmettere. Le sue guerre fra guelfi e ghibellini non sono così dissimili da
quelle attuali; le donne, anche se in Paradiso, sono comunque relegate nel Cielo
più basso, come molte ancora oggi lo sono nella società; questa emarginazione
può forse essere la stessa che ha animato negativamente le kamikaze del teatro
moscovita?
L’istituzione scolastica ha un’enorme valore ampiamente sottovalutato, perché
165
essa dovrebbe avere il compito, oggi più che mai, di sconfiggere la xenofobia
e il razzismo fin dalla più tenera età, e di tener presente che fra gli studenti
di oggi ci sono anche i politici e i governanti di domani. A maggior ragione
dunque bisognerebbe far sì che la scuola fosse un luogo di scambio culturale
e non solo nozionistico, che potrà poi portare all’integrazione, nonché ad una
pacifica convivenza, senza però dimenticare che non è sempre la diversità
etnica che ostacola questo processo; più frequentemente sono gli interessi
economici e l’ingordigia di potere che pongono muri di fronte ad esso, e il
loro crollo è difficile, perché sono invisibili.
Per non dimenticare i bambini di Beslan, e fare in modo che fatti del genere
non accadano mai più, a nulla servono interminabili e vuoti minuti di silenzio,
in quelle stesse classi dove magari si emargina la ragazza con il velo.
Più concretamente, sarebbe meraviglioso far incontrare -proprio a scuola-, i
bambini russi e i bambini ceceni, lasciare che si guardino negli occhi e far loro
constatare autonomamente che è la stessa fiducia nella vita che anima il loro
sorriso, è la stessa anche la loro voglia di giocare, di imparare, ma soprattutto,
di vivere.
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ALLIEVI DI IERI…
UN POETA...SRADICATO
di Augusto Stacchini
Augusto Stacchini, cittadino italiano, è nato a Montescudo (RN) il 29 aprile del
1945. A sette anni si è trasferito coi genitori a Serravalle (Repubblica di San
Marino) ove ha frequentato la Scuola Elementare. Nel 1957 è passato a Rimini
per la prima Media e poi a Bologna per le Medie ed il Ginnasio. Rientrato
in Repubblica nel 1962, ha frequentato il Liceo conseguendo la Maturità
Classica . Nel frattempo il padre, mal consigliato, aveva venduto il podere in
Repubblica perdendo così la possibilità di acquisire in seguito la cittadinanza.
Trasferitosi in Villa Verucchio (RN), ove ancora risiede, ha proseguito gli studi
conseguendo la laurea in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di
Urbino. Dopo il servizio militare a Torino e l’insegnamento nelle Medie a
Treviso ed a Verucchio, ha insegnato lettere nell’Istituto Professionale di
Stato “L. Battista Alberti” di Rimini. Da alcuni anni è in pensione.
Ha coltivato studi archeologici pubblicando l’opera: “La Civiltà di Verucchio”,
edita dalla tipografia La Pieve di Villa Verucchio e l’opuscolo “Villa Verucchio
a.C.” .
Vastissima è la produzione letterararia in dialetto romagnolo, in somma parte
inedita per mancanza di sponsor dovuti al suo...sradicamento: per Verucchio
è Sammarinese, per San Marino è Italiano. Ha conseguito lusinghieri risultati
nei concorsi letterari in Romagna distinguendosi soprattutto nel sonetto
classico. Ha pubblicato il libro “Tra lun e scur” edito dalla tipografia La Pieve
di Villa Verucchio che riprende in toto anche il libro “E mi camôin” da tempo
esaurito.
Il suo dialetto, salvo qualche inflessione dovuta al suo peregrinare, è tipicamente
romagnolo di Serravalle (RSM).
167
TERA GRANDA
6 gennaio 2001
La tèra, ch’la m’à vést a nasc e a crèsc
la va da sora i munt fina t’e mèr;
te mèz una pianura, ch’l’è un giugh léss,
sla genta ch’l’è tamprèda cumè e fèr.
Rumagna, tèra granda, a t vègh adéss
ch’a so già fnìd ma l’ombra di pajér,
Rumagna, tera virda, du ch’u n fnéss
la voja da cantè quant’e cum pèr.
E i ché a vôj avéda calè e sol
che va fè lòun ma ch’jìlt da cl’elta pèrta;
e a vôj avéda i raz ch’i s’èlza in vol
per perdmi ancora un dé at l’aria verta;
pô dmèn, ch’u m tucarà pighì e col,
a vôj guplìm sa te cumè ‘t’na cuèrta.
168
TERRA GRANDE
La terra, che mi ha visto nascere e crescere,
va dall’Appennino all’Adriatico;
in mezzo c’è la pianura che è come un campo da bocce
con la gente temprata come il ferro.
Romagna, terra grande, ti vedo ora
che sono andato in pensione,
Romagna, terra verde, dove non finisce
la voglia di cantare a mio piacimento.
E qui voglio vedere tramontare il sole
che va ad illuminare altra gente.
E voglio vedere gli uccelli che si alzano in volo
per perdermi ancora un giorno nell’aria tersa.
Poi domani, quando dovrò reclinare il capo,
voglio fasciarmi con te come in una coperta.
GALAZEN
1 giugno 1998
Sta nòta la lundlùna l’è i sé cera
ch’a sint a cantè i grèll da tôtt i chént;
l’udòr de fôin tajéd e dla spagnéra
l’è quèl ad Galazèn e de mi chémp.
In gir i rusignùl da’t prima sera
i chénta du ch’u n tira un fil ad vènt
e al lôcc-li a l va e a l vin ma la carèra
se côcch che fa santì e su lamènt.
Sta nota u j è ‘na pèsa ch’a n so dì;
i gréll l’è sempri quei ad Galazèn
che un dé ò lasc i lé per andè vì.
E al luci ch’a l starlécca giô se pién
a l pèr la strèda ad stèli ‘d’j an indrì
ch’a vréja se mi ba arvéda insèn.
GALAZZANO
Questa notte la luna piena è così limpida
che si sentono cantare i grilli ovunque;
il profumo del fieno tagliato e dell’erba medica
è quello di Galazzano e del mio campo.
Nei campi gli usignoli dopo il tramonto
cantano nelle zone riparate dal vento
e le lucciole vanno e vengono lungo la carraia
mentre il cuculo alza il suo canto.
Questa notte c’è una pace indescrivibile;
i grilli sono sempre quelli di Galazzano
che ho dovuto lasciare un giorno per trasloco.
E le luci che brillano in pianura
sembrano la Via Lattea di allora
che vorrei ancora rivedere insieme a mio padre.
169
STA SERA
29 settembre 1998
E tira un vangìn frèsch da strimulì
e al foji da i brancòun già strachi s-cénti
a l casca lèbbi lèbbi per sparì
ma tera te paciùgh du ch’u j n’è tènti.
A gl’j ùtmi rundanôini a gl’j è ‘ndè vì,
snà jìr a gl’j era i ché tôtti cuntènti;
e già j è amnù da d’longh dô tre sizì
ch’i sèlta tra la siva i ché davènti.
E intènt ch’a m ciùd at chésa ancora prest,
a guèrd e sol che cala a tl’aria cera
ch’la més-cia e ròss dla pèmpna se cilést
e drôinta a m sint ‘na pèsa ch’u n pèr vera;
e a pèns ma j an ch’j è ‘ndè e quei ch’j è rèst
e a so cuntènt da èssji anchè sta sera.
170
QUESTA SERA
Soffia un vento fresco che mi fa passare i brividi
e le foglie dai rami già stanchissime
cadono lievemente al piede delle piante
a terra in mezzo al fango insieme a tante altre.
Le ultime rondini sono partite;
solo ieri erano qui ancora felici;
e già sono giunti da lontano alcuni forasiepi
che saltellano nella siepe davanti casa.
E mentre mi chiudo in casa ancora presto,
guardo il sole che tramonta nell’aria limpida
che mescola il rosso dei pampini all’azzurro del cielo
e nell’anima mi sento una pace incredibile;
e penso agli anni già vissuti ed a quelli che mi restano
e sono felice di esserci anche questa sera.
A M DMAND
10 novembre 1998
Tent vòlti la matôina ma la strèda
a m dmand da du ch’a vèngh e du ch’a vagh;
pô a guèrd tôtt chi cris-cén ma la farmèda
e a m dmand se anchè lujìlt i sia un po’ strach.
I dé un drì ma cl’elt i va a sasèda;
al chési a l crèsc c’mè i fôngh duvè ch’a stagh;
l’instèda l’è ‘ndè vì ch’l’è ‘na vulèda,
nuvèmbri l’è già ‘riv per quant ch’ai dagh.
Tla vita a n’ò mai ‘vu caicòsa ad piô;
dal volti ò dmand in gir la carità
e i pcòun j aveva ad sèl quei ch’ò mand giô.
Ma quel ch’a dmand adèss l’è piô che sa:
savé du ch’ò d’andè o prima o pô,
s’u j è da vera in gir l’eternità.
MI CHIEDO
Tante volte al mattino per strada
mi chiedo da dove vengo e dove vado;
poi guardo le persone alla fermata dell’autobus
e mi chiedo se anche loro siano un po’ stanche.
I giorni passano in fretta l’uno dopo l’altro;
dove abito, le case crescono come i funghi;
l’estate (giovinezza) è passata velocissima,
l’autunno (terza età) è arrivato nonostante tutto.
Nella mia vita non ho mai avuto qualcosa di superfluo;
a volte ho dovuto chiedere aiuto
e ciò che ho mangiato sapeva di sale (è stato sudato).
Ma quello che chiedo ora mi basta:
sapere dove debbo andare prima o poi,
se veramente da qualche parte c’è l’eternità.
171
BON NADEL
1998
Nèbbia, niva e tramuntèna,
ma la Festa un’enta stmèna.
Un pu’ d’ébri sparnazèdd
tal su luci pini ad frèdd
già l’i m dis che insèn se gel
anchè st’an l’è arvàt Nadèl,
che d’arnòv l’è la Pasquèla
sla su Grota e sla su Stèla.
Ma i pansjìr j è sempri ad piô,
un ent an l’è già ‘ndè sô,
e diabét u n cala mai,
se stipèndji l’è tôtt tai.
Anchè e fiùl te su studjì
u n’à prèssia mai da fnì
e la mòj, gnenca a parlèn,
quel ch’a fac, u n va mai bèn.
Bon Nadèl, Bon An l’istèss!
Bon e nov e cl’elt che fnéss.
172
BUON NATALE
Nebbia, neve e tramontana:
manca una settimana alla Festa.
Qualche albero di Natale malconcio
e le sue luci piene di freddo
già mi dicono che insieme al gelo
anche quest’anno è arrivato il Natale,
che di nuovo è l’Epifania
con la Grotta e con la Stella.
Ma i pensieri sono sempre di più:
è passato un altro anno,
il diabete non scende mai,
sullo stipendio sono tutte tasse.
Anche il figlio nei suoi studi
non ha affatto fretta di laurearsi
E la moglie, neppure dirlo,
non gradisce mai quello che faccio.
Buon Natale e Buon Anno ugualmente!
Buono il nuovo e Buono il vecchio.
UN PEZ IN LA’
2000
Ormai ch’a so già arvàt un pez in là
ch’a vegh un fil ad lòun ma che purtòun
che un dé, anchè s’a n vôj, u s’arvirà
per fèm andé duvè ch’u n s’è nisòun,
a m guèrd in gir da tònda in qua e in là
per véda s’ò lasc gnint a t’un cantòun
ch’u m posa fè durmì tl’eternità
cumè parécc i dis ch’l’à fat qualchdòun.
Ma a vegh e mi pez d’tèra pina ad fiùr
che e vènt apôina u j mov se fè dal dé
e i raz ch’i chenta ligri te sigùr
tra’l piénti e tra j ulìv ch’a j ò arlivè.
E alora a n’ò paura se fa scur,
s’u j è ‘na porta vèrta anchè per me.
UN POCO AVANTI
Ora che sono giunto un po’ avanti cogli anni
da vedere già un po’ di luce in quel portone
che un giorno purtroppo s’aprirà
per farmi andare dove non sarò nessuno,
mi guardo attorno
per vedere se in un angolino ho lasciato qualcosa
che mi possa fare riposare per l’eternità
come molti dicono aver già fatto altri.
Ma vedo il mio pezzo di terra pieno di fiori
che il vento appena muove all’alba
e gli uccelli che cantano allegri al sicuro
tra le piante e gli ulivi che ho allevato.
Ed allora non ho paura del buio,
se c’è una porta aperta anche per me.
173
C’ME’ UN FIOR
La vita l’è c’mè un fior che nasc t’un prè
alora che l’inverni e sta per fnì;
e spunta tra e falasch un po’ per dé
e pô l’aspéta e frèdd che vaga vì.
Te vird l’è ‘d’na bilèzza ch’l’à un so chè
ch’u n s trova cal paroli ch’us po’ dì
e l’à un udòr tènt bon da fè scurdè
che luta snà qualch dé prima ‘d murì.
Epure e vèl la pôina da campèla;
u n conta su j è e sol o e tampurél;
e basta putì véda anchè ‘na stèla,
un chén che baia ad nòta drì un cancél,
un lòun ch’l’è ancora ces te mèz d’na sèla,
‘na mama ch’la dis nana m’un burdèl.
174
COME UN FIORE
La vita è come un fiore che nasce in un prato
quando l’inverno sta per finire;
spunta tra il falasco un poco al giorno
e attende così che il freddo finisca.
Nel verde è di una bellezza tale che ha qualcosa
che nessuno trova le parole per dirlo
ed ha un profumo tanto buono da far dimenticare
che vive solo qualche giorno prima di morire.
Eppure vale la pena viverla;
non importa se c’è il sole o il temporale;
è sufficiente poter vedere anche una sola stella,
un cane che abbaia di notte dietro un cancello,
un lume che è ancora accesso in mezzo ad una sala,
una mamma che canta la ninna nanna al suo bambino.
PANSJIR
12 novembre 2001
Jir sera im tach a scòrr
ad quand ch’u s mor,
s’u j è caicosa ad là,
s’l’è cumè ‘d’qua,
se un l’arnasc burdèl
te caratèl,
se un l’avrà stent’an
sa tôtt i dan,
se un u n’avrà vint
sa tôtt i dint,
s’l’avrà la moj ti pì
e al gnorgni drì,
se per magné e bé
l’è cumè i che.
‘N’arsposta la n s’è trova
vecia o nova.
A sem arvènz c’mè jìr
se nost pansjìr.
175
PENSIERO
Ieri sera abbiamo cominciato a discutere
di quando si muore,
se c’è qualcosa nell’Aldilà,
se è come a questo mondo,
se uno rinasce bambino
nel suo girello,
se uno avrà settant’anni
con tutti i suoi acciacchi,
se uno avrà vent’anni
con tutti i suoi denti,
se avrà tra i piedi la moglie
con tutte le sue manfrine,
se per mangiare e bere
sarà come a questo mondo.
Non si è trovata una risposta
né vecchia né nuova.
Siamo rimasti come ieri
col nostro pensiero.
E ANCORA
Dal vòlti quand ch’a vegh ch’u j è un vicètt
che dmanda m’un incròs la carità
e e tin t’cla mena slonga un pori brètt
che per un chen ch’l’à bsògn d’un po’ d’pietà,
a m sint un chè ma doss ch’u m ciapa strètt
a fèj sal dedi e sègn che vù dì ‘d’nà;
e u m pèr da veda at ch’j òcc ch’im guèrda fétt
la facia de mi ba ch’la vin da ‘d’là.
Alora u m vin in ment chi gran brôtt dé
ch’a n’eva un frènch da sbat insèn sa cl’èlt
e aveva dal cambiéli da paghé.
O’ fat i cal m’al mèni, ò fat i sèlt
per ‘vè un pez ad cherta e per magné
e ancora a fac fadiga a guardè in èlt.
176
ED ANCORA
A volte quando vedo un vecchietto
che ad un incrocio chiede l’elemosina
e tiene nella mano tesa un povero cappello
da sembrare un cane bisognoso di pietà,
mi sento alquanto imbarazzato
a fare con le dita un gesto di rifiuto
e mi sembra di vedere in quegli occhi che mi guardano
il volto di mio padre che mi giunge dall’aldilà.
Allora ricordo quei brutti giorni
quando non avevo il becco di un quattrino
e dovevo pagare le cambiali.
Ho fatto i calli alle mani, ho fatto i salti mortali
per laurearmi e per tirare a campare
ed ancora faccio fatica ad alzare la schiena.
E TRENO DLA MI VITA
15 settembre 2003
U j è ‘na strèda rétta tra dô sivi
duvè che côrr e treno dla mi vita;
‘na volta ai so mont sô senza valisi
e sôbti ò trov inquél un po’ in salida.
Da alora a gl’j è stè tènti al sorbi grisi
ch’li n m’à permèss dal volti un po’ da rida,
ma e treno u n s’è mai fèrmi, u n’è ‘ndè in crisi
e ancora, a pèrta j an, e va a la vjìda.
Adèss che la gran pressia l’à gia fnì
c’mè un fioun ch’l’è ‘rvàt da un pez ma la pianura,
a vegh a sparì ‘l ròbi ad schent e ad drì
e a sint fis-cì sla facia un’enta bura
tra j utmi sprai ad sol ch’j è drì a sparì
tla nota ch’la vin sô sempri piô scura.
IL TRENO DELLA MIA VITA
C’è una strada diritta tra due siepi
dove corre il treno della mia vita;
un tempo ci sono salito senza avere nulla
e subito ho trovato tutto in salita.
Da allora sono stati tanti i bocconi amari
che a volte non mi hanno consentito un po’ di sorridere,
ma il treno non si è mai fermato, non si è guastato
ed ancora, nonostante l’età, va speditamente.
Ora che la grande fretta è finita
come un fiume che da tanto è arrivato in pianura,
vedo sparire le cose di fianco e dietro di me
e sento fischiarmi in faccia un altro vento gelido
tra gli ultimi raggi di sole che stanno scomparendo
nella notte che avanza sempre più buia.
177
E A M DMAND
178
Te bar i discut
da ormai vint minùt
de solit palòun
‘t’na gran cunfusiòun.
D’un chent j à da fè
a scorr in dô tre
dla bôsta ch’la cala,
dla spesa ch’la sdala;
da cl’elt i s’aragna
a scòrr dla Rumagna,
dla tèra e de vôin
che st’an l’è bunôin.
E intènt e cimént
e cruv tôtt i chémp,
m’al strèdi u s camôina
sè e nà multapôina...
Me bench, da per me,
a begh un cafè
e a m dmand cumè mai
ò fat e gran sbai
da stè t’un paés
ch’u n’à nisùn pés.
E MI CHIEDO
Nel bar discutono
da ormai venti minuti
del solito calcio
in una grande confusione.
Da una parte si affannano
a parlare in crocchio
della busta paga che perde potere d’acquisto,
della spesa che manda in rovina;
dall’altra si riscaldano
parlando di Romagna,
della sua terra e del suo vino
che quest’anno è buono.
E intanto il cemento
copre tutta la campagna,
per le strade si cammina
sì e no a malapena...
Al banco, da solo,
sorseggio un caffè
e mi chiedo come mai
ho commesso il grande errore
di abitare in un paese
che non ha alcun peso.
SILVIA
27 novembre2003
Cumè ‘na frôfla ad niva ch’la vin giô
e la n fa tèmp arvì ch’la cmènza a sfès,
l’è pasa sa sta tèra sun frô frô
ligira c’mè ‘na piômma ch’la n’à pés.
Crést, ch’u l’eva dè, u l’à arpòrta sô,
apôina al temp da véda a nasc e més;
l’aveva vint-nov an, gnench’un ad piô,
e mond davènti j òcc ancora rès.
La requia, ch’la n fnéss mai, Te dai, Signor,
ch’la posa viva ad d’là j an ch’la n’à ‘vù
e stè insèn si su ch’i l’à te cor.
E dà ma quei ch’j è rést, ch’i l’à cnusù,
la forza da capì perché ch’u s mor,
perché sa Te tropp prest ad d’là T’l’ì vlù.
SANCHINI SILVIA +1. 8.2003
Come un fiocco di neve che scende dal cielo
e non fa tempo a toccare terra che comincia a sciogliersi,
Silvia è passata su questa terra con un fruscio
leggera come una piuma lievissima.
Cristo, che l’aveva concessa, l’ha riportata in cielo,
appena il tempo di vedere nascere un altro mese;
aveva 29 anni, nemmeno uno di più,
il mondo davanti a sé ancora intatto.
L’eterno riposo dona a lei, o Signore,
che possa vivere nell’Aldilà gli anni che non ha avuto
e viverli insieme ai suoi genitori che la conservano nel cuore.
E concedi a chi è rimasto, e che l’ha conosciuta,
la forza di capire perché si muore,
perché l’hai voluta troppo presto con Te nell’Aldilà.
179
L’AMOR ‘D’LA MA
28 febbraio 2004
Cus èll ch’u j è ‘d’piô bel dl’amor d’la ma,
che un dé la t’à arlivè, badè la nota,
ch’l’à stolt per sé e pèn, s’la n n’eva a sà,
ch’l’à fat per te inquèl, la niva cota?
Tôtt quei ch’i la pò veda ancora i qua,
magari i n si rend cont, ma dopp u j scota,
che lì l’à i su cunséj e la t’ì dà
fin’ènta ch’l’avrà e fjìd ch’u j va vì d’bota.
La mì l’a s’è già avjì sô ma cla strèda,
ma jì a so sigùr ch’l’è i lé a ‘spitèm
per fè cl’elt pez insèn ma la calèda.
L’amor d’la ma l’è grand c’mè na strilèda
ch’ò vest sa lì ‘na nota a Galazèn;
e lì la sarà i lé cumè cl’instèda.
180
L’AMORE MATERNO
Cosa c’è di più grande dell’amore della mamma,
che un giorno ti ha allevato, vegliato la notte,
che si è tolta il pane di bocca, se non le bastava per te,
che ti ha fatto di tutto, anche l’impossibile?
Tutti quelli, la cui mamma è ancora in vita,
magari non si rendono conto, e dopo se ne pentiranno,
che ella ha la saggezza e che ti vuole consigliare
fino al suo ultimo giorno di vita.
Mia mamma si è già incamminata nell’aldilà,
ma io sono certo che mi sta aspettando
per fare l’ultimo pezzo di strada insieme al tramonto.
L’amore della mamma è grande come il cielo stellato
che ho visto insieme a lei una notte a Galazzano;
e lei sarà lì come in quella notte d’estate.
ROSI
2 marzo 2004
Te bel che te mes d’mag l’udora e fôin
e al lôcc-li a l va e a l vin giô sora e grèn,
u s sint amnì la sera da i giardôin
‘n’udòr ch’l’ampnéss e cor e che fa ben:
l’è ‘l rosi già fiurìdi d’un zaltôin
cumè la gelusia ad quei ch’j è insèn;
l’è ‘l rosi bienchi bienchi, ch’u j n’è un crôin,
e a gl’j à un gôst d’pulìd che tcì già in pién;
l’è ‘l rosi ch’a gl’j è rossi e a gl’j à n’udor
ch’a l fa stè ben ma tôtt j inamurèdd;
l’è ‘l rosi ch’a gl’j è rosa e a l dis me cor
ch’l’à cmenz a batt ormai anchè d’amor;
l’è ‘l rosi rossi scuri che, arvat e frèdd,
a l dis me cor, ch’l’à smèss, che tôtt u n mor.
ROSE
Quando in pieno maggio profuma il fieno
e le lucciole volteggiano sul grano,
si sente la sera giungere dai giardini
un profumo che riempie il cuore e che fa bene:
sono le rose già fiorite di giallo
come la gelosia degli innamorati;
sono le rose bianchissime, e ce ne sono tante,
che hanno un piacere di pulito che fa sentire in pace;
sono le rose rosse che hanno un profumo
che fa star bene gli innamorati;
sono le rose di colore rosa che dicono al cuore
che ha cominciato a battere ora anche d’amore;
sono le rose rosso scuro che, giunto il freddo (della morte)
dicono al cuore, che si è fermato, che tutto non muore.
181
A CRED
27 dicembre 2004
A cred ch’u j è e Signor,
a n so ‘vilìd
e e mi pansjìr u n mor,
u n’è mai fnìd.
A cred ch’u j è da vera,
ch’l’à fat tôtt,
i fiùr ch’i cresc sla terra
e tôtt i frôtt.
A cred ch’l’è sempri Lô
quel du ch’arìv;
Allah, Javè, Gisô,
comunque i l scriv.
A cred ch’l’à fat ‘n’ent mond,
ma a n so du ch’l’è;
adèss ch’a m trov se fond,
a l vréja savé.
A cred ch’u j è e Signor,
a so ch’a n mor.
182
IO CREDO
Io credo che il Signore esiste,
non sono avvilito
ed il mio pensiero non muore,
non finirà mai.
Credo che esiste veramente,
che ha creato tutto,
i fiori che crescono sulla terra
e tutti i frutti.
Credo che è sempre Lui
la meta dei miei ragionamenti;
Allah, Javè, Gesù
comunque il suo nome venga scritto.
Credo che ha creato l’aldilà,
ma non so dove,
ora, che mi trovo sul fondo,
vorrei saperlo.
Io credo che il Signore esiste,
so che non morirò.
PIGRI...
9 febbraio 2005
La niva ma la strèda la ngn’j è piô,
e sol u l’à già sfata guasi tôtta,
ma piô ch’u s guerda in elt e ch’u s va sô,
e piô per quei, ch’i i sta, la dventa brôtta.
Alora, quand ch’l’è casca, l’era sôtta;
se sol, anchè s’l’è fredd, l’è andè un po’ giô;
ti chemp, duvè che e vent ‘n’ent po’ u l’à ‘rbôtta,
adèss u s ved al pigri e a pr’aria e blô.
E drôinta a m sint adèss un fat so chè
cumè s’a fôss znin znin ma Galazèn
da sdé già ma la tevla ad aspitè.
E arvégh chi bei radécc che adèss i ngn’j è,
la pieda sal lugliosi o un curnôc ‘d’pèn,
la fiamba de camôin ch’a n poss scurdè.
CHIAZZE DI NEVE...
Lungo la strada la neve non c’è più,
il sole l’ha sciolta quasi tutta,
ma più si guarda verso i monti e vi si sale,
e più, per chi abita quei luoghi, la situazione si fa difficile.
Allora, quando è caduta, era asciutta;
col sole, anche se fa freddo, è calata un po’;
nei campi, dove il vento l’ha accumulata,
ora si vedono chiazze di neve ed in alto il cielo è blu.
E nel cuore mi sento un qualcosa
come se fossi bambino a Galazzano
seduto a tavola ad aspettare la cena.
E rivedo quei bei radicchi di campagna che non ci sono più,
la piada con le carote selvatiche o un pezzo di pane,
la fiamma del mio camino che non posso dimenticare.
183
PORI BIS-CIULINI
6 aprile 2005
Adèss che i mi cagnìn j à fnì ‘d’campè,
la moi la dis ch’u j pèr da santìj piègn;
e jì, ch’ai vegh ancora tôtt i lé,
a m sint a culè j òcc per un ent bregn.
Oh pori bis-ciulìni, ch’a sì andè
t’na busa sotta tera e un’asa ad lègn,
durmì adèss in pesa nòta e dé
sla mama ch’la v’à ‘rcòlt e che la v strègn.
Mu me, che per set dé a v’ò trat sô,
u m per da tniv ancora cuert ti pan;
a n vôj santìv a piègn, nu fèl mai piô.
E mond l’è stè cativ; a sì i lasô
insèn sla vosta mama drì e capàn,
ma un dé amnirò a tòv e andrèm da Lô.
184
POVERE BESTIOLINE
Ora che i miei cagnolini sono morti,
mia moglie dice che le sembra di sentirli piangere;
ed io, che li vedo ancora nello studio tutti e cinque,
mi sento scendere le lacrime per un altro pianto.
Oh povere bestioline, che siete andate
sotto terra coperte da una tavola di legno,
dormite adesso in pace per sempre
con la mamma morta di parto che vi ha riaccolti e che vi stringe.
A me, che vi ho allevato per sette giorni,
sembra di tenervi ancora avvolti nei panni;
non voglio sentirvi piangere, non fatelo mai più.
La natura è stata cattiva; siete lassù nella terra
insieme con la vostra mamma accanto il capanno,
ma un giorno verrò a prendervi e saliremo a Lui.
A VLIMJI VIV
10 aprile 2005
Oh mond, tcì stè catìv
sa nujìlt cinq.
A sirmji apôina viv
e già tôtt tinq.
Avém ciamè la ma
ma la n s’è ancòrta,
la n’era piô d’i qua,
lì l’era morta.
A vlimji arvì j ucìn
per veda e mond,
a vlìmji anchè nun znin
guardès d’atònd.
A vlìmji côrr te chemp
tra meza i fiùr
e invici u ngn’j è stè al temp,
u s’è fat scur.
Oh, mond, tcì stè cativ!
A vlìmji viv!
185
VOLEVAMO VIVERE
O mondo, sei stato cattivo
con noi cinque cagnolini.
Eravamo appena nati
e già quasi assiderati.
Abbiamo chiamato la mamma
ma non si è accorta di noi,
non era più di questo mondo,
era morta.
Volevamo aprire i piccoli occhi
per vedere il mondo,
volevamo anche noi piccolini
guardarci attorno.
Volevamo correre nel campo
in mezzo ai fiori
ed invece non c’è stato tempo,
si è fatto buio.
Oh mondo, sei stato cattivo!
Volevamo vivere!
STA TERA
15 luglio 2005
Un vènt, che tira fort da sbata inquèl,
e vin da la pianura sô me mont;
l’è un’aria ad tramuntèna, un fil ad gel
che al stèli ad una ad una adèss t’a l cont.
Scurgheda, quatri chesi e e su Castel,
se mont che pèr scap fura manda e fond,
adèss l’è c’mè un presepi al dé ‘d’Nadèl
sal luci ch’a l starlécca tôtt d’atònd.
Da Rèmni a Miramare fin’Arciòun
l’è tôtt ‘na fila ad luci ch’l’i n fnéss piô;
tla Vélla e at Corpolò l’è tôtt lampiòun.
E Vrôcc e Sammarôin e ch’jìlt cantòun
j è c’mè di scòi ch’i s perd t’un mer ad blô;
e tôtt l’è i sé tent bel ch’u n sa nisòun.
186
QUESTA TERRA
Un vento, che tira così forte da sbattere tutto,
sale dalla pianura per le pendici di Verucchio;
è un’aria di tramontana, un gelo leggero
che ora conti le stelle ad una ad una.
Torriana. quattro case ed il suo Castello,
sul monte che pare emerso dal mare,
ora è come un presepe il giorno di Natale
con le luci che brillano tutto intorno.
Da Rimini a Miramare fino a Riccione
è un’unica fila di luci che non finisce più;
a Villa Verucchio e a Corpolò è tutto un lampione.
E Verucchio e San Marino e gli altri paesi
sono tanti scogli che si perdono in un mare blu;
e tutto è così incredibilmente bello.
NYERERE PICCHIA
28 gennaio 2006
O’ vest e loun dal dé
e ò fnì ‘d’campè.
Un mel a vintquatr’an
u m’à dè dan
e dopp tre mis poch piô
u m’à tòlt sô.
O’ avù ‘na vita bèla;
putì arvela,
giughì drì mal farfali
bienchi e zali!
Adéss arpòns te chemp
sa Diana ad schent.
Ma l’ombra d’una crosa
aspèt la vosa
che un dé a santirò,
e jì ai sarò
per veda i mi padròun
senza gucc-lòun.
NYERERE PICCHIA*
Ho visto la luce del giorno
ed ho chiuso la mia vita.
Un tumore a ventiquattro anni
mi ha rovinata
e dopo poco più di tre mesi
mi ha portata via da questo mondo.
Ho avuto una esistenza bella;
oh potessi riaverla,
giocare con le farfalle
bianche e gialle!
Ora riposo nel campo
con *Diana a fianco.
All’ombra di una croce
aspetto la voce
che sentirò un giorno,
ed io ci sarò
per vedere i miei padroni
senza più lacrimoni.
Nyerere Picchia: gatta soriana nera con pettorina, baffi e zampine bianche
nata nel 1981, morta il 28.01.2006 all’età di 25 anni.
Diana: cagnolina lagotta nata nel 1998, morta il 29/30 marzo 2005 di parto.
187
GERANTI
19 giugno 2006
Te sol già drì a calè
per la valèda,
pin ‘d voja da campè,
ì vést la strèda
ch’la porta da e Signor
te Lòun ch’u n fnéss
e adèss a gl’j eli d’or
a l guardè féss
ma ch’j ang-li ch’i v’aspeta
tôtt insèn
per cumpagnev per strèda
sô pien pien.
Jìr sera i v’à ciamè:
“Amnì, Giarìn.”
e vô a v sì lasc andè
cumè un burdlìn
che ciùd j uciùn cuntènt
sla mama ad schent.
188
LAZZARO LAZZARINI “Geranti” + 19.6.2006
Nell’ora del tramonto
sulla Valle del Marecchia,
pieno di voglia di vivere,
avete visto la strada
che conduce al Signore
nella Luce eterna
ed ora le ali d’oro
guardate fissamente
agli angeli che vi aspettano
tutti insieme
per accompagnarvi per strada
in cielo adagio adagio.
Ieri sera vi hanno chiamato:
“Venite, Giarin.”
e voi vi siete lasciato andare
come un bambino
che chiude i grandi occhi felice
con la madre a fianco.
NU SONA FORT
20 giugno 2006
Adess nu sona fort,
campèna a mort ;
Geranti u s’è indurmènt
at ste mumènt.
I vèc j à e sonn ligìr,
j à poch pansjìr.
L’à lasc tent raz da fnì,
u ngn’j è stè drì;
l’aveva un gran da fè
at t’j utmi dé
cumè s’l’avéss santì
l’inzèmp ti pì.
Adèss nu sona piô,
lasli andè sô,
j amigh ch’l’aveva un dé
j è già i lé
per scòrr un po’ sa lô
t’un ent burò.
189
NON SUONARE FORTE
Ora non suonare forte,
campana a morto;
Lazzaro Lazzarini si è addormentato
in questo momento.
I vecchi hanno il sonno leggero,
hanno poche preoccupazioni.
Ha lasciato tanti uccelli da finire,
non ce l’ha fatta;
aveva tanto lavoro
negli ultimi giorni
quasi avesse sentito
l’incidente in arrivo.
Ora non suonare più,
lascialo salire in cielo,
gli amici di un tempo
sono già lì
per parlare un po’ con lui
in un altro burò.*
*Bar del ristorante Zanni dove Geranti si recava a bere un bicchiere o un caffé con gli amici.
Parte quarta
Saggistica
191
QUALCHE PENSIERO A MARGINE DEL CASO GRASS
di Luciano Canfora
Nel 1987, al principio di ottobre, l’editore Garzanti mandò in libreria le
memorie di Ingmar Bergman, il grande regista, forse uno dei maestri del
cinema mondiale. Il volume, intitolato Lanterna magica, conteneva alcune
pagine (che furono anticipate dal quotidiano “La Repubblica” l’11 ottobre)
sulla adesione di Bergman al nazismo nel 1936, in Turingia. Bergman, nato
a Stoccolma nel 1918, aveva allora 18 anni. Bergman fu entusiasta di quella
sua esperienza tedesca. E ricorda tra l’altro come il pastore, alla cui predica
aveva assistito insieme con la famiglia che lo ospitava, aveva scelto come testi
di partenza per il suo discorso non brani delle Scritture ma il Mein Kampf. La
rivelazione fece un certo scalpore - vent’anni fa -, ma la conclusione generale
fu che non aveva senso concentrarsi sulla infatuazione di un diciottenne. Né
parve decente infierire su Bergman perché spiegasse come mai avesse atteso
la stesura della propria autobiografia (cinquanta anni dopo i fatti narrati) per
fare quella rivelazione.
Le rivelazioni sull’adesione, mai rinnegata, di Heidegger al nazismo hanno
avuto a lungo vita difficile. La reazione era per lo più indignata, sia nei
confronti del libro di Farias, sia, più di recente verso quello di Emmanuel Faye
(Albin Michel 2005). Eppure è dimostrato che addirittura Heidegger scriveva
discorsi per il Führer, si definiva “fedele militante” e sosteneva che gli Ebrei
andavano “annientati”. Per un po’ si è tentato di dire che non era vero, poi ci si
è trincerati dietro la linea “Maginot” consistente nel dire: che importa! Resta
un grande filosofo.
Leni Riefenstahl fu regista ufficiale di regime, amica e cliente di Goebbels,
mise sullo schermo tutti gli elementi biologici e razzisti dell’ideologia nazista:
dalla “ewige Schönheit” (eterna bellezza) alla cronaca delle adunate di partito,
alle olimpiadi che avrebbero dovuto segnare il trionfo della “razza ariana”.
Scampò bellamente alla fine che si meritava e da vecchia, godendo di una
salute d’acciaio, continuò a concepire e produrre film nei quali il biologismo
razzista trasuda da ogni parte. E’ stata osannata, in vita e in morte: si è arrivati
a scrivere, nelle adulazioni post-mortem, che, in fondo, era stata sottilmente
anti-nazista.
Ignazio Silone è un caso limite. E’ ormai dimostrato, al di là di ogni dubbio,
grazie agli studi di Canali e Biocca, che era stato spia della polizia dal 1918,
cioè da “giovane socialista” e ben prima che il commissario Bellone lo
assoldasse come spia del fascismo. Nonostante le prove (tra le altre, la foto dei
dirigenti comunisti clandestini in Francia, da Silone inviata al suo referente
poliziesco coi nomi e gli pseudonimi di ciascuno!), c’è una parte non piccola
del ceto giornalistico italiano che continua a negare l’evidenza, sulla scia
di Indro Montanelli (buono quello!) il quale disse “mi rifiuterò di crederci
anche di fronte a prove inoppugnabili”. Qualcuno, memore dell’italico
193
familismo, tenta di giustificarlo dicendo:“lo faceva per salvare il fratello”, ma
dimenticano che l’attività di spia era incominciata molto prima che il fratello
fosse imprigionato.
Siccome Silone fu una bandiera dell’anti-comunismo, non c’è verso di dare
alla verità su di lui lo spazio che merita. Ma nel caso di Günther Grass si
è proceduto in modo del tutto opposto. Come Bergman, egli ha atteso di
parlare dell’incauto passo compiuto a 15 anni di offrirsi volontario per la
Wehrmacht il momento in cui ha deciso di scrivere memorie autobiografiche.
Diversamente da Silone, non ha tradito nessuno. Diversamente da Heidegger,
non ha approfittato di una cattedra prestigiosa per diffondere veleno nazista.
Diversamente dalla Riefenstahl, non ha lucrato sulle proprie scelte politiche.
Al contrario, è stato sempre guardato male perché non conformista, da una
Germania sempre più intollerante qual è stata la Repubblica federale fino
almeno al ’68 e la Repubblica riunificata, dal ’90 in poi. Sempre più intollerante
e sempre più protesa a riscrivere la storia.
194
L’ÉLITE ECONOMICA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA
di Roberto Giulianelli e Ercole Sori1
1. Premessa
È con qualche imbarazzo che chi si occupa di storia economica si appresta
a commentare dati per loro natura sincronici o che presentano intervalli
di diacronia molto ridotti (1990-2004; 1998-2004). Queste perplessità si
aggiungono a quella ovvia relativa alla natura del data base (il Who’s Who)
e alla specificazione empirica che implicitamente essa dà della nozione di
élite. Né conviene qui affrontare il problema di come definire un concetto,
eminentemente sociologico, come quello di élite e del suo rapporto con
quello politologico di classe dirigente. Non conviene neppure commentare la
letteratura storica e storico-economica sulla classe dirigente italiana nell’epoca
dell’industrializzazione e della modernizzazione2, se non per osservare come
essa abbia riservato al tema delle élites nazionali un’attenzione piuttosto
modesta. Ciò è avvenuto per tre motivi principali. Il primo, è lo scarso
interesse per i meccanismi di formazione e di ricambio dei gruppi dirigenti
politici che ha a lungo caratterizzato gli studi del dopoguerra. Il secondo è
l’indirizzo ideologico che suggeriva di esaminare i grandi movimenti di
massa, escludendo i temi in qualche modo collegabili alle note tesi elitiste di
Mosca, Pareto e Michels. Il terzo, infine, è il diffuso radicamento della teoria di
matrice gobettiana secondo cui le peggiori disgrazie politiche ed economiche
italiane dall’Unità in avanti andavano attribuite alla latitanza di una vera classe
1 - Sebbene questo saggio sia il risultato di una comune riflessione, i paragrafi 2 e 3 sono stati redatti
da Roberto Giulianelli, mentre i paragrafi 4 e 5 sono di Ercole Sori.
2 - Piuttosto datata è una letteratura degli anni ’60 e, soprattutto, dei primi anni ’70 sulle classi sociali:
L. Cavalli, Sociologia della storia d’Italia, 1861-1974, Bologna, Il Mulino, 1974; P. Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, Roma-Bari, Laterza, 1974; A. Pichierri, Le classi sociali in Italia, 1870-1970,
Torino, Loescher, 1974; S. F. Romano, Le classi sociali in Italia, dal Medioevo all’età contemporanea,
Torino, Einaudi, 1965 e 1977. Più aggiornato il saggio di P. Villani, Gruppi sociali e classe dirigente
all’indomani dell’Unità, in Storia d’Italia, Annali, Torino, Einaudi, 1978. L’emergere della borghesia industriale italiana e i suoi sviluppi sono temi affrontati da vari autori. Ricordiamo: G. Baglioni,
L’ideologia della borghesia industriale nell’Italia liberale, Torino, Einaudi, 1974, AA.VV., L’imprenditorialità italiana dopo l’Unità. L’inchiesta industriale del 1870-1874, Milano, Etas Kompass, 1974;
V. Castronovo, Grandi e piccoli borghesi. La via italiana al capitalismo, Roma-Bari, Laterza, 1988;
più recentemente, A.. Castagnoli e E. Scarpellini, Storia degli imprenditori italiani, Torino, Einaidi,
2003. Di grande efficacia interpretativa le recenti sintesi, a cavallo tra storia dell’industria e storia
della borghesia industriale, di: G. Berta, L’Italia delle fabbriche. Genealogie ed esperienze dell’industrialismo nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 2001; F. Amatori e A.. Colli, Impresa e industria in
Italia dall’Unità a oggi, Venezia, Marsilio, 1999. Di pari interesse il filone di studi sulle “borghesie”
al plurale avviato dai “Quaderni Storici”, vol. 56, 1984, curato da P. Macry e R. Romanelli (Borghesie
urbane dell’Ottocento). Ne sono derivati: P. Frascani, Les professions bourgeoises en Italie à l’époque
libérale (1860-1920), in “Mélanges de l’école française de Rome. Moyen Age-Temps modernes”, vol.
97 (1); P. Macry, Notables, professions libérales, employés, ibidem; R. Romanelli, La bourgeoisie
italienne entre modernité et tradition: ses rapports avec l’Ètat après l’unification, ibidem. Una sintesi
sull’argomento è stata fatta da M. Meriggi, La borghesia italiana, in J. Kocka, Borghesie europee
dell’Ottocento, Venezia, Marsilio, 1989.
195
196
dirigente nazionale, sulla quale era pertanto inutile spendersi in ricerche3.
Negli ultimi anni, al contrario, si è avvertito un crescente interesse intorno a
questo argomento: di qui la pubblicazione di vari saggi sulla burocrazia, sui
militari, sui magistrati, sui parlamentari, sulle professioni in genere. Gli studiosi
devono fare i conti con la storica mancanza in Italia di “incubatrici” delle
élites, ovvero di luoghi deputati alla loro specifica formazione. L’inesistenza
di istituzioni analoghe alle grandes écoles francesi ha una ricaduta importante
sul piano dell’indagine storiografica, in quanto costringe a prendere in esame
le classi dirigenti italiane non prima che esse abbiano raggiunto, per così dire,
la loro piena maturità.
In letteratura è già stata comprovata la possibilità di descrivere, in prospettiva
diacronica, le élites italiane attraverso il vaglio di alcuni repertori correnti4.
Per “simpatia” metodologica verso gli altri contributi che compongono questo
volume e per dare uno spessore di qualche rilevanza storica al problema dei
gruppi dirigenti nell’economia dell’Italia unita, sembra dunque possibile
sfruttare quantitativamente le informazioni contenute nel Dizionario
biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane (1862-1944)5.
Esso contiene biografie di personaggi che certo non costituiscono il nerbo
dell’élite economica del Paese, ma possono comunque fornire, attraverso i
loro profili sociali e professionali e attraverso le loro diverse caratterizzazioni
regionali, spunti per riflettere sulla rappresentanza degli interessi economici
nell’Italia liberale e fascista.
2. Una fonte per lo studio della élite economica nell’Italia fra l’Unità e la
seconda guerra mondiale
L’indomani della nascita dello stato unitario, il parlamento procedé con una
ridefinizione normativa delle camere di commercio (legge n. 680, 6 luglio
1862), ponendosi su un piano di sostanziale omogeneità con le disposizioni
assunte in materia dal regime napoleonico.
Pur avendo natura privatistica, sin dall’unificazione del paese le camere di
commercio funzionarono di fatto come enti pubblici, uno status nel quale
furono infine trasformate per via legislativa nel 1910. Fra i compiti loro
assegnati spiccavano quelli di ordine pedagogico-culturale, quelli di sostegno
alla produzione locale e soprattutto quelli di informazione, per le rilevazioni
statistiche svolte e trasmesse all’amministrazione centrale, si imposero
3 - Così G. Melis, Introduzione a Id. (a cura di), Le élites nella storia dell’Italia unita, Napoli, CUEN,
2003, pp. 9-10.
4 - Su questo tema cfr. V. Romani, Élites allo specchio: notabilato e repertori italiani di biografia
corrente tra Otto e Novecento, ivi, pp. 261-276.
5 - G. Paletta (a cura di), Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane
(1862-1944), t. 2, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.
come i “sismografi dell’economia e dei rapporti socio-economici locali”6.
Si aggiungevano quindi mansioni consultive, ovvero l’emissione di pareri
sulle politiche economiche – in particolare, in materia doganale – progettate
dall’esecutivo.
La legge del 1862 intervenne, fra l’altro, nella formazione della loro
compagine sociale, stabilendo che esse fossero composte da “tutti gli esercenti
commerci, arti od industrie, capitani marittimi, che trovansi iscritti sulle liste
elettorali politiche” (art. 19). Alla luce delle forti limitazioni allora previste
per il suffragio, collegare la possibilità di prendere parte alla vita camerale
con l’accesso all’elettorato attivo significava, di fatto, imporre stretti canali di
entrata, dunque selezionare drasticamente il corpo sociale di questi istituti, dai
quali restavano escluse in primo luogo le donne. L’applicazione di tale criterio
produsse un duplice effetto: da un lato, comportò lo scollamento fra una parte
considerevole del mondo produttivo – la porzione ancora non ammessa al voto
politico – e le camere di commercio; dall’altro, contribuì a configurare i membri
di queste ultime come una vera e propria élite. La legge del 1862 disponeva
inoltre che tale élite dovesse esprimere la propria leadership designando – ogni
due anni, a maggioranza assoluta dei votanti – le rispettive guide, cioè i propri
presidenti7. Nei decenni successivi essa crebbe sul piano quantitativo di pari
passo con l’espansione del suffragio sancita dalle riforme elettorali del 1882 e
del 1912 (ma anche grazie a provvedimenti ad hoc che introdussero una serie
di modifiche nelle stesse camere di commercio).
La pubblicazione del Dizionario biografico dei presidenti delle Camere
di commercio italiane (1862-1944) ha reso disponibile – come si è sopra
accennato – una considerevole quantità di notizie sull’estrazione sociale, sugli
itinerari professionali e, più in generale, sulle storie di vita di questi leaders,
per un intervallo di tempo che va dall’Unità alla caduta del regime fascista. Nel
complesso si tratta di circa 1100 schede biografiche che si offrono, in primo
luogo, quali fonti qualitative, ma che si prestano anche a essere utilizzate – con
le necessarie cautele8 – per costruire un mosaico quantitativo, le cui principali
6 - M. Malatesta, Le camere di commercio nel periodo liberale, in C. Mozzarelli, Economia e corporazioni. Il governo degli interessi nella storia d’Italia dal medioevo all’età contemporanea, Milano,
Giuffrè, 1988, p. 274.
7 - Durante il fascismo, alla figura del presidente si sostituirono quelle del commissario governativo
(dal 1924 al 1926), del vicepresidente del Consiglio provinciale dell’economia (istituto che prese il
posto delle camere di commercio a partire dal 1926) e del vicepresidente del Consiglio provinciale
delle corporazioni (1937-1944).
8 - La cautela si impone considerando lo specifico carattere della fonte. Il dizionario storico-biografico
– questo non diversamente da altri – è infatti un’opera disomogenea in quanto, proponendosi di ricostruire in sintesi le vite di individui operanti in contesti territoriali e temporali differenti, fa leva su documentazioni variegate e spesso spurie, nonché su un corpo di collaboratori/redattori molto articolato.
È inevitabile che, costringendo tale fonte a trasformarsi in quantitativa, emergano lacune informative e
qualche incongruenza. Nell’apposita banca dati che si è realizzata e su cui si fondano le considerazioni
esposte in questo saggio, è stato possibile inserire, ad esempio, i riferimenti relativi a “solo” 935 delle
oltre 1100 schede biografiche presenti nel dizionario: le altre non contenevano infatti alcuna notizia
197
tessere sono riprodotte in appendice a questo saggio.
198
3. La dirigenza delle camere di commercio: il quadro generale
La prima questione da affrontare riguarda il peso della proprietà fondiaria nelle
camere di commercio, peso che la letteratura indica come molto rilevante9. Colta
per l’intero paese e lungo tutto il periodo esaminato, la quota dei presidenti
camerali/proprietari terrieri è pari al 24,1%, dunque piuttosto significativa.
È però la prospettiva diacronica a fornire le indicazioni più interessanti,
mostrando un progressivo calo della percentuale dei proprietari fondiari alla
testa delle camere di commercio (dal 39,5% nel 1862-1896 al 17,8% nel
1897-1924, infine al 14,6% nel 1925-1944). Nel Sud si registra naturalmente
il risultato più elevato fra il 1862 e il 1944 (27,7%), seguito da quello del
Nord-Est-Centro (d’ora in avanti NEC, 23,5%) e del Nord-Ovest (17,8%).
La maggiore concentrazione di presidenti/proprietari terrieri si manifesta, per
tutte e tre le aree considerate, nella seconda metà dell’Ottocento (44,5% al
Sud, 37,5% nel NEC, 31,2% nel Nord-Ovest), mentre nella fase successiva
e fino al 1924 si avverte ovunque un forte calo, che prosegue fra il 1925 e il
1944, quando si nota inoltre un’inversione di posizioni fra il Mezzogiorno
(adesso secondo, con il 14,4%) e il NEC (primo, con il 17,4%). Il Nord-Ovest
rimane costantemente ultimo in questa graduatoria, con una quota che durante
il Ventennio scende sotto il 10%.
Bassa appare la frequenza con cui alla proprietà fondiaria si abbina l’appartenenza
al ceto nobiliare. Appena tredici, fra i presidenti camerali italiani dall’Unità alla
seconda guerra mondiale, risultano al contempo possidenti terrieri e membri
dell’aristocrazia. Da quest’ultima, d’altra parte, il corpo sociale delle camere
di commercio trae appena l’8,9% dei propri leaders, percentuale che è la
somma di sensibili oscillazioni fra la fase immediatamente post-unitaria (9%),
quella compresa tra il decollo industriale e la fine del sistema liberale (4,8%)
e infine gli anni del fascismo al potere, quando si osserva una ripresa (11,3%),
certo da giudicare alla luce della politica di rivalutazione dell’aristocrazia
e dei ceti agrari, a fini di raccolta del consenso, messa in opera dal regime.
Molto articolato si presenta il quadro regionale. Nel Nord-Ovest i nobili sono
utile ai fini della nostra indagine. Inoltre, per un centinaio dei presidenti camerali manca il dato inerente
alla professione svolta, così come per oltre la metà dei records non si hanno indicazioni in merito alla
provenienza sociale. Molti, poi, i soggetti i quali hanno evidenziato una mobilità sociale che ne impedisce la collocazione entro categorie stabili. Nonostante questi fattori di indeterminatezza, il data base
è in grado, se opportunamente interrogato, di fornire vari spunti di riflessione intorno all’argomento
della élite economica nell’Italia pre-repubblicana. I dati raccolti sono stati suddivisi in tre aree regionali (Nord-Ovest, Nord-Est-Centro, Sud) e in altrettanti periodi (1862-1896, cioè la fase post-unitaria
e precedente il decollo industriale; 1897-1924, ovvero dal take-off alla svolta totalitaria del fascismo;
1925-1944, ossia gli anni del regime). Questa ripartizione ha l’obiettivo di offrire un quadro sinottico
e immediatamente significativo delle dinamiche in oggetto.
9 - Così G. Paletta, Alle origini della nascita del sistema imprenditoriale italiano: le élite camerali
dal 1862 al 1944, in Id. (a cura di), Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio
italiane (1862-1944), t. I, cit., p. XXXIV.
di fatto assenti dai posti di comando camerali fino al 1925, dopodiché la loro
percentuale sale notevolmente (16,2% del totale dei presidenti fino al 1944).
Nel NEC, dopo una fase post-unitaria che non li vede tra i protagonisti delle
camere di commercio, nei due periodi successivi essi consolidano la propria
presenza (9,1% nel 1897-1924 e 10,8% nel 1925-1944). È il Sud, fra il 1862 e
il 1896, a registrare il dato più alto, con oltre un quinto dei presidenti camerali
che proviene dalle file della nobiltà, quota che poi precipita fino alla svolta
totalitaria del fascismo (2,9%), per risalire poi durante il regime (9,6%). In
realtà, pochi fra i presidenti/proprietari terrieri si occupano della conduzione
dei propri fondi, ovvero hanno in quella agricola la loro attività economica
principale. La quota complessiva degli “agrari” su base nazionale, infatti, è
modesta (7,4%) e tuttavia evidenzia sia un notevole incremento nell’ultima
fase (12,7% durante il Ventennio, contro il 5-6% dei periodi precedenti), sia
una marcata prevalenza nelle regioni meridionali (10,5% nell’intero periodo
in esame) rispetto al NEC (7,1%) e al Nord-Ovest (3,4%).
La storiografia ha sottolineato come una delle principali aspirazioni dei
proprietari terrieri e dei nobili – già nell’Inghilterra del primo Ottocento10
e, non diversamente, nell’Italia post-unitaria – fosse quella di “prolungare”
se stessi negli studi e nelle libere professioni11. Fra queste ultime, non tutte
erano considerate ugualmente utili per raggiungere lo scopo prefissato, che era
garantirsi una buona visibilità e preziose relazioni sociali. Per i possidenti e gli
aristocratici, le professioni collegate con il diritto esercitavano senza dubbio
una forza di attrazione superiore alle altre. Questo spiega perché nell’Italia
post-risorgimentale gran parte degli avvocati provenissero proprio da famiglie
con rilevanti proprietà terriere12. Peraltro, entrare a far parte dell’élite sociale
non comportava automaticamente dei vantaggi economici: almeno fino al
termine dell’Ottocento, infatti, “i professionisti italiani non erano ricchi e gli
avvocati non facevano eccezione”13 e continuarono, per lo più, ad avere nella
rendita fondiaria la loro principale fonte di ricchezza.
L’avvicinamento degli agrari e dei nobili alle professioni liberali si realizzò
10 - M. Malatesta, Professioni e professionisti, in Storia d’Italia. I professionisti, vol. 25, Torino,
Einaudi, 1996, p. XV.
11 - L. Cafagna, Considerazioni sui rapporti fra imprenditori e politica nella storia d’Italia, in “Annali
di storia dell’impresa”, 1988, n. 44, p. 460.
12 - Cfr. H. Siegrist, Gli avvocati nell’Italia del XIX secolo. Provenienza e matrimoni, titoli e prestigio,
in “Meridiana”, 1994, n. 4. Su tale professione si vedano anche F. Tacchi, Gli avvocati italiani dall’Unità alla repubblica, Bologna, Il Mulino, 2002 e M. Malatesta, La riproduzione di un’élite: gli avvocati italiani dall’Unità alla Repubblica, in “Società e Storia”, 2003, n. 100-101. Diverso discorso va
fatto per i notai, molti dei quali, già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, erano figli di commercianti e impiegati: fino al 1913, infatti, per esercitare questa professione non era richiesto il possesso di
una laurea e ciò finiva per deprimere lo status sociale del notaio (cfr. M. Santoro, Le trasformazioni in
campo giuridico. Avvocati, procuratori e notai dall’Unità alla Repubblica, in Storia d’Italia. I professionisti, cit. e Id., Notai. Storia sociale di una professione in Italia, Bologna, Il Mulino, 1998).
13 - Malatesta, La riproduzione di un’élite, cit., p. 524.
199
200
massimamente nelle regioni centrali, là “dove meno ampi erano i centri
urbani e dove più stretta era la relazione tra politica e controllo dell’accesso
alla terra”14. Un quadro confermato dalla nostra fonte, che mostra non solo
come quasi un quinto dei presidenti camerali/proprietari fondiari nell’Italia
fra il 1862 e il 1944 fossero avvocati, notai, ingegneri, medici o comunque in
possesso di un laurea, ma segnala anche che la loro presenza si concentrava
soprattutto del NEC.
Una cospicua parte degli agrari probabilmente si occupava della messa in
vendita dei propri prodotti e, in questo senso, rientrava anche nella categoria
dei “commercianti”. In Italia, la percentuale dei presidenti camerali impegnati
nel settore del commercio diminuisce drasticamente nel corso degli anni: dal
35,3% dell’ultimo scorcio del XIX secolo si passa, infatti, al 22,8% del 18971924, per poi registrare un vero e proprio crollo durante il regime fascista
(7,7%). Il Sud è in testa a questa speciale classifica per l’intero periodo
(29,9%), ma con una vistosissima diminuzione nel tempo (dal 44,8% della
prima fase al 7,6% dell’ultima), peraltro non diversamente da quanto accade
nel NEC (32,6%, 22,6% e 10,4%) e nel Nord-Ovest, quest’ultimo sempre in
coda e con un primato negativo dell’1,8% fra il 1925 e il 1944.
Nei primi decenni post-unitari è soprattutto fra i commercianti che
l’elettorato camerale sceglie i suoi presidenti. Allo scadere dell’Ottocento
– in controtendenza rispetto al quadro nazionale della composizione per
classi economiche, che vede la quota degli addetti al commercio in continuo
aumento15 –, la rotta si inverte e sono gli industriali a conquistare con maggiore
frequenza la leadership di questi istituti. Numerosi sono i casi di presidenti
(oltre cinquanta) dove l’attività di commerciante si accompagna a quella di
industriale, o viceversa, e non sempre è agevole capire quale delle due fosse la
prevalente. A ogni modo, fra il 1862 e il 1896 poco meno del 30% delle guide
camerali risulta “esercente industrie”: se si scomponesse il periodo, si potrebbe
apprezzare, in realtà, un accentuato incremento dei presidenti/industriali sin
dalla seconda parte degli anni ’80, dunque già nel corso del cosiddetto “decollo
abortivo”. La loro percentuale aumenta fino al 1924 (41,2%), per poi diminuire
durante il regime (29,5%). Tale oscillazione è il riflesso, in particolare, di quanto
accade nel NEC (32,2%, 43%, 25,2%) e nel Sud, dove si osservano i livelli più
contenuti (14,2%, 34,5%, 24,5%), mentre il Nord-Ovest vanta quote non solo
nettamente superiori rispetto al resto del paese per tutti i periodi considerati,
ma anche molto più stabili nel tempo (46,2%, 47,9%, 45,4%).
Ricorrente è il legame industria/finanza, in particolare nel Sud, negli anni fra
l’Unità e il take-off giolittiano (11,4%), con una tendenza a decrescere nei
14 - In merito, G. Montroni, Un rapporto difficile: nobiltà e professioni, in Storia d’Italia. I professionisti, cit., p. 422.
15 - Sulla composizione per classi economiche dell’Italia dal 1881 al 1971 cfr. Sylos Labini, Saggio
sulle classi sociali, cit., tab. 1.3.
periodi successivi. Tendenza che trova conferma sciogliendo l’abbinamento e
concentrando l’attenzione sul dato relativo ai soli banchieri, tra i quali viene
reclutato il 12,6% dei leaders delle camere di commercio italiane nella fase
post-unitaria, l’8,7% tra la fine del XIX secolo e il 1924, infine appena il 3%
nel Ventennio. Va inoltre rilevata l’alta frequenza di presidenti che, senza
esserne proprietari (o, per lo meno, senza che questo risulti dalle loro schede
biografiche), siedono nei consigli di amministrazione delle banche locali.
Molto limitata è la quota complessiva dei presidenti/liberi professionisti (9%
su base nazionale), con un accentuato squilibrio fra i due primi periodi (5,5%
nel 1862-1896; 4,3% nel 1897-1924) e il terzo, in corrispondenza al quale si
osserva una marcata crescita (20,4%). Il quadro delle professioni si completa
con gli appaltatori e i commissionari, categorie dalle quali viene attinto un
numero irrisorio di leaders camerali, e gli impiegati/dirigenti privati e pubblici,
che invece esercitano un peso di rilievo (rispettivamente il 6,1% e il 6,7% nel
paese), con un aumento significativo fra il 1925 e il 1944. Forti le differenze sul
piano regionale, specialmente fra il Nord-Ovest e il Sud: nel primo caso, a una
bassa percentuale di presidenti camerali operanti nel settore pubblico (2,5%
dal 1862 al 1944) si contrappone una quota elevata, e in progressiva crescita,
di leaders con esperienze lavorative maturate in aziende o in enti privati (fino
al 21,8% durante il fascismo); nel Mezzogiorno, al contrario, dalla burocrazia
e dal management privato deriva appena il 3,3% di presidenti di camere di
commercio lungo l’intero periodo esaminato, mentre oltre un quinto di essi,
durante il regime, proviene dal settore pubblico.
È scarsa la percentuale di presidenti con origini straniere (2,9% in Italia), così
come ridotta è quella degli “israeliti” (2,5%), in relazione ai quali si notano
tuttavia notevoli squilibri regionali: assenti nel Sud e di modesto rilievo
quantitativo nel NEC, essi raggiungono il 12,5% nel Nord-Ovest post-unitario,
per poi attestarsi anche qui, soprattutto nel periodo fascista, su bassi livelli,
fino a scomparire del tutto dopo l’emanazione delle leggi razziali.
Il grado di istruzione delle guide camerali è complessivamente alto, certo
molto superiore alle medie nazionali dei singoli periodi considerati. In Italia,
un presidente su due ha conseguito la laurea, con una progressione dal 40%
della seconda metà del XIX secolo a poco meno del 60% durante il regime
fascista. Sostanzialmente omogenea è la situazione sul piano territoriale:
dal 1862 al 1944, è laureato infatti il 52,3% dei presidenti delle camere di
commercio nel Nord-Ovest (con un aumento dal 46,7% nel primo periodo
al 65,5% nell’ultimo), mentre il NEC e il Sud si attestano poco al di sotto,
intorno al 49% (rimarchevole l’impennata di “dottori” nel Mezzogiorno tra
la fine dell’Ottocento – 25,6% – e gli anni fra il 1896 e il 1924 – 58,7% –).
A completamento del quadro, va aggiunto un 11,3% di presidenti camerali in
possesso di un diploma di scuola superiore.
“Districare, nel complesso intreccio di rapporti che legano economia e politica
nell’età moderna e contemporanea, ciò che caratterizza a volta a volta un
201
202
periodo storico – ha scritto Salvatore Romano –, è forse il più alto e difficile
compito che spetta allo storico dell’età più recente”16. Benché gli elementi qui
a disposizione non permettano di affrontare questo aspetto con l’articolazione
che meriterebbe, la questione è così importante da non poter essere elusa. Il
rapporto fra leadership camerale e attività politica è particolarmente stretto
e non (solo) per mera convenienza: molti dei presidenti delle camere di
commercio avevano infatti preso parte al Risorgimento, spesso militando nelle
file garibaldine o schierandosi fra i mazziniani17. Quindi la loro partecipazione
attiva alla gestione della cosa pubblica può essere considerata come
l’appendice naturale di un impegno di lunga data. È una tesi applicabile alla
fase immediatamente post-unitaria, meno ai periodi successivi. Ben il 61,8%
delle guide camerali risulta avere rivestito, nel corso della sua vita, almeno
una carica politico-istituzionale (sindaco, parlamentare ecc.). La percentuale
cresce durante il fascismo (71,2%), soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest
(70,8% dal 1862 al 1944, con un dato superiore all’80% nel Ventennio, contro
il complessivo 61,6% del NEC e il 56,6% del Sud).
Concentrando l’attenzione sulle due categorie economiche dalle quali proviene
la maggior parte dei presidenti camerali, si nota un accentuato protagonismo
politico da parte sia dei commercianti (54,9% su base nazionale e per l’intero
periodo considerato), sia degli industriali (58%). È questo secondo dato a
risultare particolarmente interessante e, in certa misura, sorprendente, perché
contraddice l’accreditata immagine secondo cui, fra Otto e Novecento, la
classe industriale si sarebbe spesa nell’esercitare pressioni lobbystiche sui
governi e sulle amministrazioni locali, senza assumersi, se non in rari casi,
dirette responsabilità nella vita politica del paese.
4. Dalla storia all’attualità
Azzardiamo, ora, qualche osservazione strettamente ancorata ai risultati
quantitativi emersi dalla elaborazione del data base (il Who’s Who), cercando
tra essi congruità e devianze rispetto a quanto normalmente sappiamo circa
alcune caratteristiche strutturali ed evolutive del capitalismo italiano del
secondo dopoguerra.
Se partiamo dal dato più “storico” di cui disponiamo, vale a dire il peso relativo
che l’élite economica ha avuto sul numero totale dei membri dell’élite tra 1990
e 2004, possiamo ben dire che la sua partecipazione è in calo drammatico
durante il quindicennio: dal 47,3% al 17,8%. Ciò avviene mentre tutte le altre
categorie di top leader (“politica e istituzioni”, “cultura e professioni” e “sport
e spettacolo”) sono in ascesa. Più difficile dire di che tipo di sintomatologia si
tratti: declino economico? Post-fordismo? Post-industrialismo?
Se si guarda dentro l’élite economica del 2004 per capire che cosa fanno in
16 - Romano, Le classi sociali in Italia. Dal medioevo all’età contemporanea, cit., p. 215.
17 - Cfr. Paletta, Alle origini della nascita del sistema imprenditoriale italiano, cit., p. XLI.
concreto i singoli esponenti, si vede che la professione più rappresentata è
quella di manager privato (9,5%). Il dato presenta qualche ambiguità, dal
momento che può essere assunto come sintomo di maturità del processo di
managerializzazione dell’impresa, ma può essere anche un risultato distorto
dovuto alla natura della fonte, che registra meglio la notorietà di un dirigente
dell’azienda medio-grande piuttosto che l’esistenza di un self made man della
piccola e media impresa. Di fatto, alla figura dell’imprenditore industriale
compete un peso molto modesto (4,1%) rispetto al totale e rispetto a quanto
ci si poteva attendere. Sommando questi due dati a quelli relativi alle figure
di banchiere e finanziere (2,3%), di imprenditore non industriale (0,8%) e di
componente un consiglio di amministrazione privato (0,1%), si arriva al 16,8%:
un dato intermedio tra la singola categoria professionale più rappresentata
(professore universitario, 21%) e quella subito successiva (carriera elettiva
nazionale, 15,3%). Più che per altri profili professionali, chi fa parte dell’élite
economica deve impegnarsi a tempo pressoché pieno nelle relative incombenze.
Il 78% dei suoi membri, infatti, non ha una seconda professione, mentre la
media generale per tale carattere è del 64,5%. Se proprio deve svolgere una
seconda professione, il leader economico la esercita ancora una volta nel
campo dell’economia, con una percentuale del 12,6%.
È ora possibile tracciare un profilo sociale dell’élite economica italiana agli inizi
del XXI secolo. Non si può dire che la corrente ascensionale dell’economia sia
in Italia così impetuosa da condurre al successo e alla notorietà in giovane età,
almeno rispetto ad altri due canali di mobilità sociale ascendente, quali “sportspettacolo” e “politica-stato-istituzioni”. Solo il canale “cultura-professioni”,
più lento e limaccioso, presenta un invecchiamento maggiore, e di gran lunga
maggiore, per merito, soprattutto, del gerontocratico mondo universitario.
È certo prevedibile che l’èlite economica, secondo la prima professione
esercitata, sia la più maschilista (al 92,6%) delle élites, tra le quali, naturalmente,
la maggiore apertura di genere compete al mondo dello spettacolo (72,3% di
maschi). E’ anche una categoria con livello di istruzione relativamente basso.
Contro una media generale di 13,1% di soggetti che dispongono al massimo
del diploma, i leader dell’economia hanno una quota del 18,5%. Ci si può
consolare osservando che tale livello è largamente superato da settori che
consentono (stimolano?) un basso tasso di istruzione, come “spettacolo”
(32,5%) e, soprattutto, “sport” (69%).
L’istruzione universitaria dell’élite economica si esaurisce, praticamente,
in tre categorie di laurea: in economia, naturalmente (34,2%), ma anche in
ingegneria e altre lauree scientifiche (25,3%) e nella sempre “malleabile” laurea
in giurisprudenza (20,1%). Questa terna di titoli di laurea, che per la media del
campione vale il 50%, per i leader dell’economia rappresenta ben l’80%.
Per quanto riguarda l’esperienza di studi all’estero, l’élite economica è
mediamente più internazionalizzata (16,4%, media aritmetica delle cinque
professioni economiche) rispetto all’intero campione (9,8%). I livelli massimi
203
204
competono al mondo della finanza e ai componenti dei consigli di amministrazione
(più del 20%), mentre i minimi spettano proprio agli imprenditori industriali
(9,9%). Quest’ultimo dato ben si accorda con lo stereotipo del self made
man, che informa larga parte della vicenda industriale italiana del secondo
dopoguerra, dominata dalla piccola e media impresa di successo. Risulta
peraltro curioso che i massimi assoluti di internazionalizzazione secondo gli
studi, tra le varie figure professionali, competano agli avvocati (25%) e ai
sindacalisti (22,2%). A parte una componente erratica connessa alla numerosità
dei casi, per gli avvocati si può invocare sia la probabile e già segnalata forte
presenza di laureati in giurisprudenza tra il management (Fresco alla FIAT), sia
la recente affermazione del giurista d’affari e d’impresa. Quest’ultima figura
sembra aver integrato la debole struttura di governance della piccola e media
impresa italiana, con uno skill in larga misura estraneo agli standard formativi
delle facoltà di giurisprudenza italiane e al mondo degli studi professionali
legali tradizionali. Per l’acquisizione di tale skill si sarebbe così resa necessaria
un’esperienza di studio o perfezionamento all’estero. Per quanto riguarda i
sindacalisti, la loro ampia esperienza di studio all’estero va probabilmente
associata alla loro condizione di figli di ex-emigrati all’estero, poi rimpatriati.
L’internazionalizzazione dell’élite economica può essere letta anche tramite
la sua esperienza di lavoro all’estero. In tal caso il risultato è opposto rispetto
a quello ottenuto osservando l’esperienza di studio. La media aritmetica per
le cinque professioni economiche dà un valore (26,7%) inferiore, anche se di
poco, a quello relativo a tutte le professioni (29%). Nel dettaglio, comunque,
le cose cambiano poco: l’imprenditore industriale continua ad essere meno
internazionalizzato rispetto a banchieri, finanzieri, manager e membri di
consigli di amministrazione privati, che peraltro non brillano rispetto ad altre
categorie professionali.
Sei soli anni, dal 1998 al 2004, sono un po’ poco per valutare con quanta velocità
una classe dirigente si rinnova. Tuttavia le quote di permanenza dei singoli
soggetti tra le élites, secondo il tipo di attività, indicano che l’economia si colloca
in posizione intermedia (60%) tra i massimi di stabilità dei settori “cultura” e
“spettacolo” (poco meno dell’80%) e i minimi dei settori “professioni” (54%)
e “politica-istituzioni” (50%). Il dettaglio per singole professioni indica che la
situazione interna all’élite economica è poco omogenea. Il tasso di ricambio
tra 1998 e 2004 è relativamente elevato per i manager privati (46,6%); è
consistente per banchieri e finanzieri (37,5%); è decisamente basso per gli
imprenditori sia industriali (22,5%) che non industriali (18,2%). Sono dati
in larga misura congruenti con i diversi ruoli e le diverse posizioni nella
professione che caratterizzano la varie figure dell’élite economica. Tuttavia
sorprende un po’ che accanto agli imprenditori, “naturalmente” più stabili,
si collochino i componenti di un consiglio di amministrazione privato. Tale
accostamento forse allude alla circostanza secondo la quale, al di là della
forma societaria, un’impresa saldamente in mano ai proprietari e ai membri
della famiglia è ancora uno dei caratteri di fondo del capitalismo italiano.
Ed ora un po’ di geografia dell’èlite. Lombardia e Lazio fanno naturalmente
la parte del leone come luoghi di residenza dell’élite: mediamente, per tutti
i settori, le due regioni raccolgono più del 50% del totale nazionale. Anche
le oscillazioni attorno a questa quota sono in qualche misura rispettose delle
attese. Il Lazio è superdotato nel campo dello “spettacolo” (45,5%) e nel
comparto “politica-Stato-istituzioni” (47%), mentre difetta di rappresentanza
elitaria in campo economico (18,7%). A ruoli invertiti, la Lombardia primeggia
nell’economia (34,4%), ma presenta chiari sintomi di nanismo politico
(6,6%). La recente insorgenza in Lombardia di una regionalismo populista e
autonomista (Lega) può essere dunque spiegata non solo come particolarismo
fiscale e socio-culturale, ma anche come compensazione di un difetto di
rappresentanza politica.
Questi valori elevati di concentrazione delle residenze, più che riferirsi
agli ambiti regionali, dovrebbero riguardare il potere attrattivo che le aree
metropolitane esercitano sulle élites di ogni tipo. E vi sono pochi dubbi che
Milano e Roma costituiscano le due uniche, vere realtà metropolitane esistenti
in Italia. Se però si prende in esame il luogo di nascita delle élites, anziché
quello di residenza, il modello distributivo geografico cambia e si equilibra,
accordandosi con la geografia dello sviluppo economico italiano durante la
seconda metà del XX secolo. Il “Triangolo” (Nord-Ovest) e la “Terza Italia”
(Lazio escluso) spiegano così quasi il 70% del totale in quanto luoghi di nascita
dell’élite economica, lasciando al resto d’Italia soltanto un modesto 27,3%.
L’élite economica italiana dotata del titolo di laurea, presenta significative
concentrazioni per quanto riguarda l’ateneo nel quale ha compiuto i propri
studi. Milano, con le sue quattro università, realizza la maggiore concentrazione
cittadina, con il 29% circa. La “Bocconi” dà, al totale milanese, il maggiore
contributo, con il 12,5%, seguita dal Politecnico (7,4%), dalla Statale e
dalla Cattolica (4,5% ciascuna). Tuttavia il maggior contributo per singolo
ateneo compete all’università “La Sapienza” di Roma, con il 18%. La
LUISS, espressione della Confindustria, non sembra brillare come fucina
dei “capitani coraggiosi” dell’economia nazionale (1,4%). Le università
romane, complessivamente, offrono loro ex-allievi per un 20,8% del totale dei
componenti il vertice laureato dell’economia italiana. Discreto è il contributo
dei due politecnici di Torino e Milano (insieme, l’11,7%), ma non quello del
politecnico di Bari, quasi assente dal data base.
In generale le quote di partecipazione dei singoli atenei sono ovviamente
legate sia al milieu economico e sociale che li circonda, sia alla dimensione
della loro popolazione studentesca. La soglia del 3%, in questa prospettiva,
oltre che dai casi sopra citati, viene superata da atenei come Bologna, Firenze,
Genova, Padova, Torino (Statale), Napoli (Federico II) e Pavia. Modestissimi
sono i contributi degli altri, numerosi atenei italiani, il che dovrebbe ammonire
circa la “produttività” dei processo di proliferazione e decentramento delle
205
sedi universitarie. Su 55 atenei, ben 34 producono ciascuno meno dell’1%
(zero compreso...) dell’élite economica nazionale. Si potrebbe pensare che ne
producano in altri settori, diversi dall’economia, ma così non è. Il dato totale,
relativo a tutte le categorie professionali esaminate, rivela che sono ben 35 gli
atenei che producono meno dell’1% dell’èlite “generica”.
206
5. L’élite in tempo di declino e il declino dell’élite
Fin qui i dati del campione e il loro pedissequo commento, certo insufficiente
per tastare il polso all’élite economica italiana in tempo di declino industriale,
capitalismo di relazione18, petizioni protezionistiche e “colbertiane”,
asserragliamento entro i settori monopolistici e della rendita. La letteratura
sul declino economico italiano è già ampia e non compete allo storico
dell’economia ripercorrerne le principali interpretazioni. Egli può solo
ricordare alcune utili acquisizioni della storiografia in argomento e inquadrare
l’evoluzione recente dell’economia e del capitalismo italiani entro una cornice
di più lungo periodo.
Il tema del declino industriale ha illustri precedenti nazionali e altrettanto
illustri commentatori. Nathan Rosemberg, già più di vent’anni fa, ha spiegato
con dovizia di dati e argomentazioni come e perché l’economia britannica sia
incappata, tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, in una fase di acuta
perdita di competitività entro il contesto economico e industriale mondiale.
In buona sostanza19, secondo Rosemberg occorre «porre l’accento sul fatto
che nel XX secolo l’economia britannica ha reagito lentamente e pigramente
alle trasformazioni strutturali rese necessarie dal declino di vecchie industrie
e dall’espansione di nuove»20. E ancora, «il successo economico della Gran
Bretagna, ed in generale dei paesi industrializzati dell’Europa, dipese dalla
capacità di rispondere ai rapidi cambiamenti nella struttura del commercio
internazionale», ma, mentre tale capacità si mantenne elevata per gran
parte del XIX secolo, quando era la Gran Bretagna a “condurre la danza”
dell’innovazione tecnologica, essa venne progressivamente diminuendo
a partire dalla fine dell’Ottocento, cioè dal pieno dispiegarsi della seconda
rivoluzione industriale. Ne deriva che non sempre il modello di sviluppo export
led porta buoni consigli: «la capacità di adattarsi ai mutamenti delle condizioni
concorre a determinare il successo o il fallimento sul piano economico»21 e il
18 - Si vedano le belle pagine dedicate alla declino e caduta del capitalismo delle relazione da R.G.
Rajan e L. Zingales, Salvare il capitalismo dai capitalisti, Torino, Einaudi, 2004, pp. 293-320.
19 - Naturalmente qui si privilegia la componente strettamente economico-produttiva del problema. Il
problema del declino industriale della Gran Bretagna ha numerose facce, che riguardano la vita sociale,
culturale, politica e finanziaria del Paese. Vedi, ad esempio: M.J. Wiener, Il progresso senza ali. La
cultura inglese e il declino dello spirito industriale (1850-1980), Bologna, Il Mulino, 1985.
20 - N. Rosemberg, Il trasferimento internazionale di tecnologia: le implicazioni per i paesi industrializzati, in Id., Dentro la scatola nera. Tecnologia ed economia, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 382.
21 - Ibidem, p. 383.
solido ancoraggio al suo tradizionale modello di esportazione (tessili, carbone,
acciaio, navi) fu senza dubbio uno dei fattori principali del declino economico
britannico.
Con la cautela che le comparazioni nel tempo e nello spazio impongono,
sembra comunque possibile affermare che oggi l’Italia sia incappata in una
situazione analoga. Se è così, all’élite economica italiana vanno imputate
alcune responsabilità di non poco conto: imprevidenza, scarsa capacità di
adattamento e di innovazione, assenza di un progetto. È da vedere, poi, se tali
responsabilità siano condivisibili con altri soggetti e/o derubricabili a tare e
limiti originari, a retaggi storici del nostro capitalismo. Insomma, una path
dependence con sentiero stretto e sassoso.
Due autori che si sono particolarmente distinti nel tracciare una storia della
tecnologia e dell’innovazione in Italia, hanno proposto una sintetica ma
eloquente formulazione della questione qui esaminata. Se, in una grafico di
dispersione22, si mettono in relazione il PIL pro capite e un indicatore della
capacità innovativa (TAI)23 di varie economie nazionali, si ottiene ciò che ci si
può attendere: una relazione diretta. Più alto è il reddito pro capite, più elevata
è la capacità innovativa. Ma, guarda caso, questa “legge” non vale per l’Italia
e, fatto del tutto significativo, per un solo altro “paese”, Hong Kong, cioè per
una enclave economica vissuta fino al 1997 in regime di extraterritorialità. Lo
splendido isolamento dell’Italia nel IV quadrante del grafico può essere letto
in due modi diversi e opposti.
Retrospettivamente, il bicchiere è mezzo pieno: l’economia italiana ha saputo
destreggiarsi in modo tale da raggiungere un elevato livello di reddito pro
capite, pur muovendosi in un’area tecnologica relativamente tradizionale,
talvolta arretrata o, comunque, caratterizzata da una innovazione sui generis.
Da questa prospettiva, il dato può essere attribuito più alla categoria dei limiti
che a quella delle responsabilità. Per sua costituzione “organica” (scarsa
dimensione delle imprese, debolezza finanziaria, povera dotazione di risorse,
imprinting settoriale), il capitalismo italiano ha seguito da lungo tempo una
traiettoria innovativa debole, fatta di importazione di tecnologia matura o,
nel migliore dei casi, di tecnologia poco costosa ma ad elevato “rendimento”,
almeno per un certo lasso di tempo (il design, ad esempio).
Prospetticamente, il bicchiere è mezzo vuoto: l’economia italiana si
trova, impreparata, ad un tornante decisivo, ad una resa dei conti, imposta
sostanzialmente dal blocco di innovazioni che è consuetudine chiamare terza (e
quarta?) rivoluzione industriale e dalla globalizzazione. Da questa prospettiva,
22 - R. Giannetti e M. Vasta, Storia dell’impresa industriale in Italia, Bologna, Il Mulino, 2005, p.
143.
23 - E’ il Technological Achievement Index, che misura la capacità di partecipare con successo alle
dinamiche imposte dalla terza rivoluzione industriale. Prende in considerazione quattro caratteristiche:
a) capacità di creare tecnologia; b) diffusione di innovazioni recenti; c) diffusione di innovazioni consolidate; d) presenza di skills elevate.
207
208
il dato può essere attribuito più alla categoria delle responsabilità che a quella
dei limiti. Responsabilità di imprevidenza, di assenza di progetto, ma di chi?
È noto che il capitalismo industriale e finanziario italiano ha goduto, per
quasi tutto il suo sviluppo otto-novecentesco, di una polizza assicurativa
contro danni e rischi firmata da un autorevole e prestante mallevadore: lo
Stato. Fino alla seconda guerra mondiale tale polizza comprendeva alcune
coperture assicurative essenziali: protezione doganale (fino all’autarchia),
socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, cospicui travasi di
risorse dal bilancio pubblico a quello delle imprese private. L’aggiornamento
post-bellico della polizza, in regime di liberalizzazione (sempre parziale…)
dei mercati internazionali, ha comunque mantenuto solidi appoggi statali, in
termini sia di politica industriale (imprese pubbliche), sia di politica monetaria
(ricorrenti svalutazioni competitive). È da dire, comunque, che un serio
tentativo di riprogettare lo sviluppo e la struttura produttiva del paese, in una
prospettiva di lungo periodo e in un mutato contesto internazionale, fu fatto
nei primi decenni post-bellici, soprattutto per merito proprio dell’impresa
pubblica (energia, siderurgia di base, chimica organica). La liquidazione delle
imprese a partecipazione statale, vittime della loro degenerazione politicogestionale, e la fine dell’era delle svalutazioni monetarie competitive avrebbero
dunque messo a nudo i limiti di fondo del capitalismo italiano. Da soli, l’élite
economica e il capitalismo privato non ce la fanno.
Imprevidenza, dunque, concentrata in particolare nei “perduti” anni ’80 e
’9024. Eppure non era impossibile prevedere. Il rischio dello “schiacciamento”
dal basso (economie emergenti) e dall’alto (economie tecnologicamente
evolute), cui l’economia italiana d’oggi è esposta, è tema non nuovo. Chi ha
lavorato come ricercatore, nella seconda metà degli anni ‘60, presso uno di
quegli istituti che hanno preparato l’avvento delle Regioni lo conosce bene.
Ci si occupava, allora, di sviluppo economico delle Marche, vale a dire di
una regione che in quel torno di tempo stava sperimentando la sua piccola
rivoluzione industriale e che avrebbe dato corpo, di lì a qualche anno, alla
retorica della “Terza Italia”, uscita vincente dall’esaurimento del “miracolo”,
dal conflitto sociale e dalla crisi energetica e post-fordista. Già allora si
segnalava con forza che lo sviluppo economico marchigiano, concentrato sulla
produzione di beni di consumo finale (calzature, mobilio, abbigliamento) si
sarebbe scontrato, prima sui mercati internazionali e poi su quello interno,
con paesi emergenti a basso costo della manodopera e a bassa tecnologia. Per
evitare ciò si raccomandava caldamente di “rigradare” la struttura produttiva
della regione, immettendovi settori a più elevato livello tecnico, almeno al
livello che a quel tempo caratterizzava le aree più industrializzate del nostro
Paese. Il fatto singolare e, questo sì, imprevedibile che è accaduto è stato il
24 - Interessanti, a questo proposito, i calcoli e le argomentazioni di M. Muchetti, Licenziare i padroni?, Milano, Feltrinelli, 2003.
rovesciamento dell’auspicato trend evolutivo: non sono state le Marche ad
adeguarsi agli allora più elevati standard strutturali dell’Italia industriale, ma è
stata l’Italia ad adottare il modello marchigiano di specializzazione produttiva
e di accesso al mercato internazionale. Un processo di convergenza, dunque,
ma al ribasso, con pochi aggiustamenti in entrambi gli ambiti: in pratica
l’espansione dell’industria meccanica strumentale e di consumo.
In altra sede25, questo processo di convergenza è stato assimilato, magari
indulgendo un po’ al paradosso, ad una regressione verso una struttura
manifatturiera ed economica di tipo preindustriale o, nella migliore delle
ipotesi, da prima rivoluzione industriale. Ecco, con terminologia d’epoca, la
sua articolazione di fondo:
• Sarti (tessile, abbigliamento, cioè “sistema moda”, made in Italy o industria
del lusso, secondo varie e fantasiose denominazioni)
• Calzolai (scarpe, borse, concerie e pelletterie in genere)
• Falegnami (mobili, cucine, divani, poltrone e altri complementi
d’arredamento)
• Orefici (un primato internazionale)
• Pizzicagnoli e vinai (trasformazioni alimentari destinate, sembra, ad un
crescente successo)
• Cuochi, camerieri, cocchieri, osti, locandieri, teatranti e musici (turismo)
È questo il futuro industriale e terziario del nostro Paese? La nostra élite
economica è in grado di modificarlo? Non sembra. Quasi tutte le tendenze in
atto per far fronte all’esaurimento del modello di sviluppo e integrazione con
mercato internazionale e alla conseguente perdita di competitività, appaiono
segnate dal marchio della regressività.
Fino agli anni ’80 l’Italia industriale sembrava possedere, complice il
clima post-fordista, l’arma segreta per competere su scala internazionale: la
piccola e media impresa organizzata socialmente e territorialmente in forma
distrettuale. Oggi quest’arma si rivela se non proprio obsoleta, certo molto
spuntata nel nuovo clima globalizzante26, né sono in cantiere strumenti di
politica economica (politica industriale, finanziaria, del lavoro, di ricerca) in
grado di far uscire il sistema produttivo dall’impasse.
La struttura produttiva e occupazionale sta evolvendo, com’è normale, verso
proporzioni più consone ad un’economia ad elevato PIL pro capite: meno
industria e più servizi. Ma quali servizi? Dal «ramo storto dell’occupazione»27
pendono professioni e lavori che spesso dispensano sabbia anziché olio
lubrificante agli ingranaggi del sistema produttivo: posizioni di rendita,
25 - E. Sori, Mascalzone latino. Ovvero, la crisi FIAT e il declino industriale dell’Italia, in “Annali di
storia dell’impresa”, Fondazione ASSI, n. 13, 2002, pp. 495-504.
26 - Cfr., in tal senso, G. Alvi, Una repubblica fondata sulle rendite, Milano, Mondatori, pp. 81-83.
27 - Ibidem.
209
210
pletora di lavoro autonomo, bassa produttività, scarsa qualificazione, non
esportabilità.
I sintomi di questa recessione intellettuale e competitiva sono abbastanza
evidenti. L’Italia sperimenta una seconda inversione della relazione altrimenti
normale tra livello di sviluppo economico e alcuni indicatori di qualità dei
fattori che contribuiscono ad alimentarlo. Una cross section tra le regioni
italiane dà per risultato una stretta relazione inversa tra PIL pro capite e livello
di scolarizzazione superiore (diploma o laurea). Chi più produce (Trentino Alto
Adige) meno studia e viceversa (Calabria). Su piani distinti ma confinanti, la
bassa e cedente spesa per R&S (ricerca e sviluppo) si coniuga con una crescente
presenza di lavoro immigrato a bassa qualificazione, e su quest’ultimo confine
la tensione sta salendo pericolosamente (xenofobia).
Flussi di risparmio e investimento, in uscita dalle famiglie e dalle imprese,
si stanno rivolgendo massicciamente verso i settori che assicurano rendita
anziché profitto. Come spiegare altrimenti la recente, calda estate finanziaria
degli immobiliaristi, se non invocando l’insana passione delle famiglie
italiane verso l’investimento in case? Passione da sempre esistente, certo,
ma consolidatasi dopo la chiusura dei rubinetti statali (interessi sul debito
pubblico) e le “scottature” sperimentate dopo il 1997 nei mercati di borsa.
Ancor più grave, quando si parla di élite economica, è il comportamento delle
imprese e dei relativi capitalisti, sintetizzabile in uno slogan: fuga dai settori
aperti alla concorrenza internazionale e rifugio nei settori della rendita.
In questo campo, ad aguzzare la vista, si scorge una trasformazione che ha
occupato un non breve periodo della storia economica italiana del secondo
dopoguerra. Dal panorama dell’industria manifatturiera italiana sono scomparsi
o risultano fortemente ridimensionati settori strategici e caratteristici sia della
penultima (seconda rivoluzione industriale di fine XIX secolo), sia dell’ultima
(seconda metà del XX secolo) ondata di innovazione tecnica che le economie
industriali occidentali hanno sperimentato. Questa eclissi ha riguardato
la siderurgia moderna (Italsider), l’elettronica strumentale e di consumo
(Olivetti), la chimica di base (Montedison). Alcuni settori di punta non sono
mai nati (chimica “fine” e nucleare). Altri (petrolchimica, gas, acqua, elettricità,
telefonia, televisione), che non sono manifatturieri in senso proprio, sussistono
e si stanno espandendo o diversificando grazie a posizioni di quasi monopolio
e imprinting statale o municipale (Eni, Enel, Telecom, Rai, Mediaset).
Insomma, se si depura la struttura produttiva dalle attività immuni o quasi
dalla concorrenza internazionale, oltre alla residua industria manifatturiera
esposta, restano la pubblica amministrazione e i servizi alla persona, cioè i
servizi scarsamente o per nulla importabili. Tra questi ultimi, anzi, ve n’è uno
tipicamente esportabile, il turismo. Tuttavia anche il turismo, sul quale riposano
molte aspettative di sviluppo “compatibile” del nostro Paese, può essere
assimilato ad una versione aggiornata del servizio domestico e del terziario
preindustriali: un insieme di cuochi, camerieri, cocchieri, osti, locandieri,
teatranti e musici. Restano anche i servizi alle imprese “insopprimibili”, come
la distribuzione commerciale, il credito, le assicurazioni, i trasporti e i relativi
servizi (autostrade, aeroporti, porti), sui quali la partita della competizione
internazionale è oggi aperta. Assieme alle libere professioni, sono i settori le
cui rendite di posizione più debilitano la competitività del sistema produttivo
nel suo complesso e di quello industriale in particolare. Ma sono anche i settori
dove si manifestano, dopo la protezione garantita dalle barriere all’ingresso,
i segni di una crescente presenza del capitale straniero, come preludio ad
una forte e vincente concorrenza causata dall’apertura dei mercati voluta
dall’Unione Europea.
Questa ricognizione sui caratteri e sulla tempra dell’attuale élite economica
italiana è tutto fuor che confortante e ad aumentare lo sconforto interviene
un carattere aggiuntivo, che potremmo chiamare, trasponendo un concetto
che Bainfield ha elaborato per il Mezzogiorno d’Italia, familismo amorale.
D’altronde la famiglia è di recente balzata prepotentemente all’ordine del
giorno, non tanto per le raccomandazioni della Conferenza Episcopale Italiana
e della campagna elettorale, quanto piuttosto per le acute analisi di Geminello
Alvi, che ne ha tracciato il ruolo di snodo fondamentale nella ridistribuzione
del reddito e della ricchezza tra individui e generazioni. Di qui un proliferare
di convegni sul ruolo economico della famiglia.
Per concludere, dunque, conviene citare alcuni aspetti “amorali” del rapporto
tra famiglia ed élite economica, tratti dalla cronaca. In tempo di sedicente
governo liberale (2001-2006), è stato cancellato, con l’abolizione della tassa di
successione, uno dei cardini del liberalismo economico contemporaneo, vale
a dire la necessità di rigenerare la ricchezza e lo spirito d’intrapresa evitando
che essi si trasmettano tra generazioni come i titoli e i possessi fedecommissari
dell’aristocrazia d’ancien régime. D’altra parte il capitalismo delle grandi,
medie e piccole famiglie è un tratto ricorrente della nostra modernità
economica, che ancor oggi si rinnova, con gli Agnelli che aggirano le regole
del mercato finanziario per tornare a quote sicure di comando del capitale
FIAT. E che dire, per restare nella cronaca, dei sette figli dai cognomi illustri
(Tanzi, Cragnotti, Geronzi, De Mita, Moggi, Calleri, Lippi) che, messisi in
società, intendevano fare dell’intermediazione di calciatori il nerbo dello loro
attività (si fa per dire…) imprenditoriale?
211
Appendice
4,6
19,6
12,2
11,3
% v.a.
2,8
4,9
0,9
2,5
tot.
3,9
4,9
0,9
2,9
avv./notai
39,5
17,8
14,6
24,1
16,3 9,7 14,2
17,8 19,6 10,6
25,1 13,3 21,7
20,4 13,5 16,4
100
100
100
100
177
123
212
512
ingegneri
9,0
4,8
11,3
8,9
laureati
diplomati
tot.
israeliti
1925-1944
orig.str.
1897-1924
possidenti
1862-1896
nobili
anni
Tab. 1 Appartenenza sociale dei presidenti delle camere di
commercio in Italia, 1862-1944 (%)
Tab. 2 Appartenenza sociale dei presidenti delle camere di
commercio nel Nord-Ovest, NEC, Sud, 1862-1944 (%)
% v.a.
ingegneri
32
32
37
101
laureati
100
100
100
100
diplomati
12,5 3,1 28,2 9,4 9,4
3,1 25,0 18,7 28,2 6,3
0
18,9 16,2 21,7 18,9
4,9 15,9 20,8 19,9 11,9
israeliti
3,1
3,1
0
1,9
tot.
tot.
3,1 31,2
0
15,6
16,2 8,1
6,9 17,8
avv./notai
1925-1944
orig. str.
1897-1924
possidenti
1862-1896
%
6,9 22,3 15,3 13,9
23,6 5,5 20,0 10,9
15,3 20,7 17,4 16,4
14,5 18,1 17,2 14,0
100
100
100
100
72
55
92
219
v.a.
tot.
1,4
9,1
1,0
3,1
ingegneri
2,7
5,5
1,0
2,7
laureati
37,5
16,3
17,4
23,5
diplomati
0
9,1
10,8
6,8
avv./notai
tot.
israeliti
1925-1944
orig. str.
1897-1924
possidenti
1862-1896
nobili
NEC
anni
212
nobili
anni
Nord-Ovest
4,1
8,8
6,0
5,7
% v.a.
0
0
1,2
0,5
tot.
5,4
5,8
1,2
3,6
avv./notai
44,5
23,5
14,4
27,7
5,4 4,1 16,3
32,4 11,8 14,8
33,8 4,9 28,9
22,6 5,8 21,5
100
100
100
100
74
34
83
191
ingegneri
20,2
2,9
9,6
12,5
laureati
diplomati
tot.
israeliti
1925-1944
orig. str.
1897-1924
possidenti
1862-1896
nobili
anni
Sud
5,6 4,0 4,4 100
4,3 5,1 4,7 100
20,5 10,6 12,5 100
9,1 6,1 6,7 100
% v.a.
0,7
1,9
0
1,0
tot.
6,0
5,0
12,8
7,4
impieg./
dir. pubb.
2,3
6,3
3,3
3,7
impieg./
dir. priv.
29,1 35,3 12,6
41,2 22,8 8,7
29,6 7,7 3,0
32,9 24,2 8,9
lib. prof.
commerc.
appaltatore
tot.
agric.
1925-1944
commiss.
1897-1924
banch.
1862-1896
industr.
anni
Tab. 3 Professioni dei presidenti delle camere di commercio
in Italia, 1862-1944 (%)
450
320
274
1044
Tab. 4 Professioni dei presidenti delle camere di commercio
nel Nord-Ovest, NEC e Sud, 1862-1944 (%)
1862-1896
1897-1924
1925-1944
tot.
44,3 27,3 13,2 1,9 0,9 1,9
47,9 10,9 9,5 8,3 2,8
0
45,4 1,8 1,8 1,8 9,0
0
45,7 16,2 9,4 3,8 3,4 0,9
4,7 2,9 2,9
5,5 13,7 1,4
14,6 21,9 3,7
7,3 10,7 2,6
% v.a.
tot.
impieg./
dir. pubb.
impieg./
dir. priv.
lib. prof.
appaltatore
agric.
commiss.
banch.
commerc.
industr.
anni
Nord-Ovest
100 106
100 73
100 55
100 234
213
% v.a.
impieg./
dir. priv
impieg./
dir. pubb.
6,1
5,1
8,7
6,4
100
100
100
100
196
137
115
448
% v.a.
tot.
3,1 3,1 0,5 4,1 4,6
5,9 7,3 0,8 4,3 3,6
5,3 13,1 0,9 23,4 10,4
4,9 7,1 0,5 9,1 5,7
tot.
1925-1944
lib. prof.
13,8
7,3
2,6
8,9
appaltatore
32,6
22,7
10,4
23,8
tot.
1897-1924
agric.
banch.
1862-1896
commiss.
commerc.
32,1
43,0
25,2
33,6
anni
industr
NEC
impieg./
dir. pubb.
impieg./
dir. priv.
lib. prof.
appaltatore
agric.
commiss.
banch.
1925-1944
14,2 44,8 10,9 1,4 12,9 0
8,2 4,1 3,5 100 147
34,5 30,9 10,0 5,4 3,6 4,5 3,7 1,0 6,4 100 110
26,0 7,6 3,8 1,9 14,4 0 20,2 4,9 21,2 100 104
tot.
23,8 29,9 8,5
1862-1896
1897-1924
214
commerc.
anni
industr.
Sud
2,7 10,5 1,4 10,3 3,4
9,5
100 361
Tab. 5 Presidenti di camere di commercio con cariche politicoistituzionali in Italia, 1862-1896
anni
1862-1896
1897-1924
1925-1944
tot.
%
59,7
55,3
71,2
61,8
v.a.
243
116
77
357
Tab. 6 Presidenti di camere di commercio con cariche politicoistituzionali nel Nord-Ovest, NEC, Sud, 1862-1896
anni
1862-1896
1897-1924
1925-1944
tot.
Nord-Ovest
% v.a.
67,7
61
67,7
40
80,0
40
70,8
151
NEC
% v.a.
60,4
70
53,5
53
71,6
32
61,6
155
Sud
% v.a.
53,5
65
49,4
44
66,6
35
56,6
144
BEN EDUCATI. APPUNTI SU POTERE E SOGGETTIVITÀ NELLA
CRISI DELLA PEDAGOGIA MODERNA
di Alessandro Simoncini
“Toccherà alle collettività di allievi e di
professori il compito di strappare la scuola
alla glaciazione del profitto”
Raoul Vaneigem, La scuola è vostra
Premessa
Tenendo sullo sfondo il rapporto etico tra insegnante e allievo, centrale per
ogni prassi educativa, questo lavoro tenta di affrontare criticamente, e con
approccio genealogico, due quesiti classici della scienza dell’educazione: che
cosa significa oggi insegnare? Qual è la forma più adeguata del rapporto tra
maestro e allievo?
L’intenzione è quella di proporre l’abbozzo di una genealogia del discorso
pedagogico della modernità, con specifico riferimento al rapporto tra
dispositivo formativo e soggettivazione moderna. Si tratta di una genealogia
indispensabile proprio per comprendere il luogo di emergenza dei problemi
pedagogici attuali e le loro coordinate storiche. In relazione al tema della
produzione di soggettività, cruciale per ogni pedagogia, viene poi avanzata
un’ipotesi sul senso che il rapporto docente-allievo assume nel tempo
presente, quando sembra prendere forma una sorta di sussunzione reale del
sapere e dei suoi prodotti immateriali - ma anche dell’informazione, delle
abilità relazionali e di quelle comunicative - al capitale ed alle sue finalità di
profitto (1).
Senza pretesa di organicità, si forniscono poi alcuni spunti sul ruolo
dell’insegnante nel tempo della crisi della modernità, con l’intenzione di
fornire qualche elemento di una possibile teoria critica dell’insegnamento.
Si propone, infatti, un’idea dell’insegnamento inteso come contributo alla
produzione di una soggettività autonoma nel tempo presente (2). E ciò a
partire da un’immagine del rapporto docente-allievo ritenuta tanto utile ad
oltrepassare le secche del normativismo, quanto adeguata a contrastare una
prassi educativa troppo incline ad assecondare i dogmi dell’età globale.
1) Cenni genealogici sul discorso pedagogico in occidente: educare
all’autogoverno per garantire il governo
E’ una strana vicenda quella del discorso pedagogico nell’occidente moderno.
Per tentare di analizzarla, come ha suggerito Girolamo De Michele, occorre
essere chiari, nello sforzo di liberarsi una volta per tutte da una vecchia favola:
quella “che la scuola moderna sia un invenzione «buona» dell’illuminismo
[per] liberare gli uomini dall’ignoranza e dallo stato di minorità”1.
Seguendo una suggestiva ipotesi formulata da Alessandro Fontana, si potrebbe
sostenere che tutta la storia del discorso pedagogico sembra improntata a
1 - G. De Michele, La precarietà del sapere, in http://rekombinant.org., aprile 2004.
215
216
risolvere un’esigenza fortemente avvertita sin dalla prima età moderna: il
soggetto deve superare la propria scissione, mettere in forma la propria mente,
normalizzare il proprio agire in modo che il suo comportamento aderisca alle
norme del contratto sociale in una società di mercato2. A tal fine le scienze
umane in generale, e più specificatamente molteplici progetti di riforma
dell’istruzione, hanno puntato da subito non solo alla mera conoscenza del
mondo, ma anche alla costituzione, e alla formazione tramite l’educazione (la
Bildung, la Paideia), del nuovo soggetto moderno. Si è trattato di un progetto
senza fine, ossessivamente reiterato e riformulato con fissazione, che, seppur
miseramente fallito nello scontro tra destra e sinistra - tra un progetto elitario
ed uno classista - ha lasciato sul campo un’idea che ancora orienta il sapere
pedagogico: quella che fa riferimento alla produzione dell’ “uomo medio”
teorizzato da Quételet, l’uomo “che produce e che consuma in una società di
mercato”3.
Insomma, ciò che l’educazione occidentale moderna non ha smesso di progettare
è la strategia per dotare l’uomo di quello che Adam Smith definiva il “tribunale
della coscienza”. Il soggetto educato deve divenire, per il filosofo scozzese,
un impartial spectator capace di interiorizzare, e laicizzare, il “vecchio foro
interno ecclesiastico, installando così nell’anima il giudice reale esterno”4.
Niente più giurisdizione esterna, né quella sapienziale dei dottori della chiesa
né quella morale dei direttori spirituali: il soggetto moderno del liberalismo
dovrà introiettarli, divenire appunto lui stesso giudice imparziale, spettatore
disinteressato capace di autogovernarsi a sostegno di una società regolata dal
mercato, dal laissez faire, laissez aller.
Ma, come appunto scrive Smith in The Theory of Moral Sentiments (1759), nel
progetto pedagogico moderno non si dà autogoverno senza che “discipline,
education and exemple” vanifichino la spinta proveniente da ciò che genera
la scissione del soggetto: le “selfish passions”5. Il buon funzionamento delle
leggi economiche richiede un soggetto autogovernato, perché disciplinato e
non più scisso dalle proprie passioni: ogni dato eccedente in grado di mettere
in crisi la sua adesione alla norma sistemica deve essere azzerato o riassorbito
dal progetto educativo. La costituzione di un simile soggetto sarà possibile
solo attraverso un’educazione fondata sulla riduzione del sapere a moralità
pedagogica.
E’ forse questa la persistente illusione della pedagogia occidentale moderna,
un’illusione che, dal punto di vista genealogico, si articola intorno a tempi
e spazi ben definiti e ad alcuni passaggi-chiave che ora occorre, seppur
2 - Cfr. A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, in Id, Il vizio occulto. Cinque saggi sulle origini
della modernità, Bologna, Transeuropa, 1989, pp. 84-107.
3 - Idem, p. 87.
4 - Idem, p. 88.
5 - Ibidem.
sommariamente, ricostruire.
a) La “vera e perfetta obbedienza” nel collegio gesuita
Il luogo di provenienza religioso di una simile illusione - con ogni probabilità
il suo calco - è il collegio gesuita, vera e propria matrice della disciplina
occidentale che si diffonde in Europa nella prima parte del XVII secolo e vi
si impone a cavallo tra XVII e XVIII, per poi essere duramente contestato
da Locke, Rousseau e Fénélon (punto di riferimento teorico, quest’ultimo,
del rivoluzionario Comitato di Istruzione Pubblica nel 1791). Nel Collegio,
l’illusione pedagogica disciplinare è inserita in un discorso religioso che,
contro il pessimismo luterano e la predestinazione calvinista - in una parola
contro la negazione protestante di ogni libero arbitrio -, valorizza le pratiche
classiche della confessione e della direzione di coscienza: solo un’ “analitica
infinitesimale del peccato e delle circostanze” potrà, infatti, permettere al
soggetto di dominare la propria anima ed esercitare correttamente il libero
arbitrio6. Seppur ammantato di valore religioso, e fortemente mediato
dall’istituzione ecclesiastica, il progetto educativo punta già a superare la
scissione del soggetto, a riconciliarlo con l’ordine sociale: l’uomo ben educato,
capace di governare la propria intenzione, è colui che ha appreso dall’autorità
del maestro l’arte di ciò che Sant’Ignazio di Loyola nel 1553 definiva “vera e
perfetta obbedienza”7.
La ratio studiorum, il percorso curricolare di studio, prevede che istruzione ed
educazione conducano il soggetto ad un governo di sé che lo renda homme poli
ispirato alla norma della civilité e capace di governare gli altri. Le tecniche
attraverso cui raggiungere l’obiettivo sono lo studio, il raccoglimento, lo
scrupoloso esame di coscienza, la sorveglianza degli allievi, la censura sulla
condotta di vita, l’utilizzo del canone pedagogico dell’emulazione (in virtù
del quale i peggiori vengono sempre umiliati nel confronto con i migliori).
Si tratta ovviamente di un progetto educativo pensato per la formazione del
gentiluomo di corte, di una élite in grado di governare le masse divise in ordini
e caste. Principi orientativi ne saranno tanto amare e temere il maestro, quanto
apprendere tramite lui l’obbedienza perfetta. La disciplina e l’autodisciplina
sono considerate il solo viatico in grado di aprire il varco verso un governo
di sé che sappia divenire presto governo degli altri. Con l’insorgere di nuove
necessità pedagogiche, prima fra tutte quella di un’educazione capace di non
rivolgersi più solo alle élite ma di istituire una morale repubblicana e formare
cittadini, si verificherà la crisi della Compagnia, travolta anche da intrighi
portoghesi e cinesi che la porteranno all’espulsione dall’insegnamento nel
1774. Tuttavia, proprio in quel passaggio, che spesso ci appare come la cesura
6 - Sulla pedagogia gesuita cfr. A. Schimberg, L’éducation morale dans les collèges de la Compagnie
de Jésus en France sous l’Ancien Régime, Paris, Faillard, 1915.
7 - A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 89.
217
storica tra un’istruzione impregnata di superstizione religiosa affiancata
ai fastosi cerimoniali della segretissima politica di corte e un’educazione
pubblica e laica intesa come laboratorio di una morale civile trasparente e
liberale, verrà conservata la traccia disciplinare dell’illusione pedagogica
occidentale: la necessaria produzione di un soggetto non più scisso, riconciliato
– ripetiamolo - e pienamente conforme all’ordine vigente grazie alla propria
capacità di autogoverno, all’abilità di introiettare la norma. In questo senso
è forse corretto affermare che “la scuola moderna nasce prima dei Lumi: è
un’invenzione dei gesuiti”8.
218
b) La produzione del cittadino
Se si segue il paradigmatico caso francese, si può constatare che nei progetti
statali di riforma dell’istruzione - nei quali abbonda la retorica avversa ad
ogni dominio fanatico degli ordini religiosi sulle coscienze - alla giurisdizione
della religione sul diritto di istruzione subentri quella della Nazione. Ma
in questo cruciale passaggio permane la traccia della medesima illusione
rinvenibile nella prassi pedagogica del Collegio gesuita. E ciò anche se gli
obiettivi dell’istruzione saranno totalmente ridefiniti ponendo al centro dello
sforzo educativo nazionale la produzione del cittadino e l’apprendimento
delle virtù sociali, attraverso un curriculum di studi che privilegi tecniche
professionali, storia moderna e lingue vive9. Per Turgot e Diderot, ma anche
per Mirabeau, Talleyrand e Condorcet, ciò che conta è che un’educazione ed
un’istruzione laica possano garantire il buon governo su tutto il territorio della
Nazione francese. Ma ciò risulterà possibile solo se il soggetto ben istruito e
ben educato acquisirà un’adeguata capacità di autogoverno interiorizzando,
per via pedagogica, la norma dell’obbedienza all’ordine dello stato.
La mossa gesuita per la produzione di un soggetto docile è secolarizzata,
ma lo scopo non cambia: nel luogo di emergenza del discorso pedagogico
moderno il soggetto continua ad interiorizzare le norme dell’ordine egemone,
secondo i canoni di un governo di sé che produce o asseconda il governo
degli altri e non genera mai una reale autonomia. Tutta la “nuova morale”,
che una miriade di progetti e proposte dell’epoca puntano ad istituire, pur
sostituendo la tolleranza al fanatismo e i costumi repubblicani agli intrighi
di corte, conserva questa illusione di lungo periodo del discorso pedagogico.
Si tratta, per dirla ancora con Alessandro Fontana, di “rifondare la vecchia
morale religiosa su basi civili […] avocando allo stato […] l’esercizio, la
tutela e l’insegnamento delle virtù”, secondo l’adagio del Système social di
8 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit.
9 - Nella sua Memoire au roi sur les municipalités del 1775, sottolineando lo stato di arretratezza della
scienza pedagogica e proponendo l’istituzione di un Consiglio di istruzione nazionale, Turgot sosterrà
che “ci sono metodi ed istituti per formare geometri, fisici, pittori. Non ce ne sono per formare cittadini”. A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 91.
D’Holbach per il quale “la politica è la morale delle nazioni”10. Tutto ciò
che coincide con il nuovo ordine statale è razionale, il resto verrà derubricato
a perniciosa passione. L’educazione assurge al ruolo di scienza chiave per la
formazione del nuovo cittadino: per le varie anime della rivoluzione francese,
fino alla restaurazione napoleonica, è la scuola a dover insegnare la nuova
morale e tutti momenti pubblici – il pedagogico disperso nelle feste, nei
cerimoniali repubblicani, nelle letture pubbliche – devono avere altrettanti
intenti educativi.
E, se è vero che Napoleone restituirà al cattolicesimo il ruolo di religione
dominante, lo è pure che ciò avverrà solo al prezzo di un duro controllo statale,
secondo una logica in cui il giovane Marx individuerà “il vizio occulto dello
stato moderno”: “lo Stato moderno […] può concedersi il lusso di proteggere le
religioni in quanto è lui stesso lo Stato cristiano perfetto, avendo fatte proprie
e «interiorizzate» le vecchie funzioni ecclesiastiche”11. L’Ancien régime, come
già sapeva Alexis de Tocqueville, è il vizio occulto dello stato moderno. E lo
è nella rimodulazione della concretissima materialità delle vecchie funzioni
ecclesiastiche: quelle funzioni di assoggettamento e disciplinamento svolte
dalle pratiche dell’educazione, dell’istruzione, ma anche della giustizia e
della filantropia, che uno stato giovane - mal sopportandone l’onere sul piano
amministrativo politico ed economico - delegherà presto alle istituzioni della
società civile, seppure sotto la tutela di occhiuti prefetti e amministratori.
219
c) La formazione dell’ “uomo normale”
E’ in questo contesto ottocentesco, nell’età della statalizzazione dei processi
di disciplinamento, che prende forma e diviene presto egemone quella nuova
articolazione dell’illusione pedagogica occidentale che esalta un modello
educativo disciplinare finalizzato non più solo alla semplice produzione del
cittadino, ma anche alla formazione dell’ “uomo normale”12. Alla realizzazione
di questo compito concorre una fitta rete di istituzioni, ciascuna per ciò che
maggiormente le compete. La caserma, l’ospedale, il carcere, le manifatture
e le fabbriche, la famiglia, le istituzioni psichiatriche - che diverranno presto
manicomi -, ma anche le pratiche igieniste, filantropiche, assistenziali
affiancheranno la scuola in un’incessante, reticolare opera di normalizzazione
10 - Idem, p. 92.
11 - Idem, p. 93. Marx sviluppa la tesi sul vizio occulto dello stato moderno nel celebre La questione
ebraica. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, Roma, Editori Riuniti, 1996.
12 - Sulla razionalità e sull’esercizio del potere disciplinare nelle società moderne, e sulla correlata
produzione di “corpi docili”, il riferimento privilegiato resta M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita
della prigione, Torino, Einaudi, 1975, soprattutto pp. 147-251. Sul modo in cui Foucault ha analizzato il
potere disciplinare nella sua variante pedagogica cfr. il bel volume di Alessandro Mariani, Foucault: per
una genealogia dell’educazione. Modello teorico e dispositivi di governo, Napoli, Liguori, 2000, soprattutto, per ciò che riguarda il contesto moderno, il capitolo I Microfisica dell’educazione e “governamentalità” pedagogica. Più in generale, sul modello disciplinare in Foucault cfr., tra i tanti e da ultimo, S.
Vaccaro, Biopolitica e disciplina. Michel Foucault e l’esperienza del Gip, Milano, Mimesis, 2005.
220
disciplinare del corpo sociale. La loro puntiforme azione di disciplinamento
dei corpi e delle menti ha avuto per scopo la produzione di una ortopedia
morale nazionale in funzione dell’ “amministrazione delle moltitudini”13.
Ad innervare microfisicamente il potere disciplinare negli spazi striati della
Nazione ci penseranno, senza alcun progetto consapevolmente concordato,
medici, psichiatri, giudici, igienisti, filantropi, educatori sociali, capireparto,
padri e madri, ed altri ancora. Insieme agli insegnanti, lungo l’arco di un
intero secolo, saranno impegnati in una grande opera di assoggettamento degli
individui all’ordine dello stato moderno e della società di mercato, articolata
in diverse fasi temporali.
In Italia, i programmi per l’educazione popolare recepiranno a pieno un simile
intento di normalizzazione e, successivamente all’Unità, gli intellettuali
liberali e cattolici si assumeranno in prima persona - ma in comunicazione
diretta con le esigenze dell’élite politica ed economica del paese - l’onere di
pensare una scuola di base controllata dallo stato, capace di “dirozzare le
plebi” attraverso la trasmissione di quei valori della patria e del lavoro che la
borghesia risorgimentale riteneva fondamentali per realizzare l’unificazione
reale e il decollo industriale del paese. Se si sfogliano i libri di testo del tempo,
gli strumenti centrali, indispensabili e spesso unici per la trasmissione del
sapere di base in una realtà sociale di drammatica povertà, appare evidente
che la scuola si prefiggeva il compito di trasformare la plebe in popolo14.
Alla stigmatizzata rozzezza e barbarie della prima, i cui cliché provenivano
dal grande laboratorio della lotta che la chiesa aveva condotto contro la
cultura e le forme di vita popolari nel ‘500 e nel ‘60015, i manuali scolastici
contrapponevano valori ricalcati sul prontuario etico della media borghesia
dell’epoca: moderazione, rispettabilità, aspirazione a migliorarsi attraverso il
lavoro, capacità di accontentarsi anche di uno stato di onesta e dignitosa povertà,
accettazione acritica delle norme di convivenza della società civile e delle
gerarchie di quella classista. Nei libri di scuola “educare il popolo” significava
combattere il furto, la menzogna, le abitudini violente, l’uso smodato degli
alimenti, l’ubriachezza, il gioco, la promiscuità, l’ozio, il dispendio del tempo
e del denaro, i propositi antisociali e sovversivi, concentrati e sintetizzati nella
figura del volgo abbrutito frequentatore dell’osteria. A tutto ciò occorreva
sostituire un’etica del lavoro indefesso che prometteva sì, come in tanti testi
di Cesare Cantù, un grado minimo di benessere proporzionato ai propri mezzi
e “una possibilità di miglioramento economico, senza però proporre illusori
13 - M. Foucault, in Tavola rotonda del 20 maggio 1978, in M. Perrot, a cura di, L’impossibile prigione,
Milano, Rizzoli, 1981, p. 23.
14 - Cfr. M. Bacigalupi, P. Fossati, Da plebe a popolo. L’educazione popolare nei libri di scuola dall’Unità d’Italia alla Repubblica, Milano, Solari, 2002.
15 - Cfr. P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna, Milano, Mondadori, 1980 e A. Biondi,
Aspetti della cultura cattolica post-tridentina. Religione e controllo sociale, in Storia d’Italia. Annali,
4, Intellettuali e potere, Torino, Einaudi, 1981.
e pericolosi salti sociali”16. La figura oziosa del “povero pigro e insolente”,
responsabile ultimo della propria povertà, ricorreva con grande frequenza
in questa letteratura – in modo massiccio nei testi di Troya e Becivenni, ad
esempio - ed era presentata agli allievi come il modello negativo per eccellenza.
A questa si opponeva quella edificante dell’operaio onesto e laborioso, il
cui lavoro avrebbe contribuito al consolidamento della potenza industriale
della nazione, della patria in cui identificarsi senza remore. I libri scolastici
recepivano, così, le continue lamentele degli imprenditori circa l’ignoranza,
l’imprevidenza, l’irregolarità e l’incostanza di ex contadini e artigiani che
erano divenuti operai e – come denunciava l’Inchiesta industriale del 1870-74
- erano ora ritenuti inadatti ai ritmi serrati del Lavoro industriale. Quei testi
tentavano, insomma, di soddisfare le esigenze imprenditoriali attraverso una
paziente opera di rigenerazione morale. Nelle loro pagine, l’ “operaio educato”17
è quello che risparmia e non sperpera, abbandona la vita di strada e l’osteria
per divenire moralmente integro e socialmente rispettabile; è anche quello che,
orgoglioso del proprio mestiere compiuto con docile onestà, si autogoverna
e introietta il principio di accumulazione; è l’operaio disciplinato che vuole
somigliare al padrone, al cui modello e alla cui guida – come nel Portafoglio
di un operajo di Cantù - si affida per costruire la propria soggettività e per
non esser più plebe.
Tornando al caso francese, che ha comunque forti elementi di paradigmaticità,
dopo una prima fase in cui il potere disciplinare assume il volto di un
“comando repressivo ed autoritario di tipo militar-napoleonico”, con la Terza
Repubblica esso si attenua18. Le istituzioni punteranno, allora, con inedita
accuratezza, a produrre nei soggetti l’interiorizzazione del comando. L’uomo
normale non dovrà più solo obbedire passivamente ma anche partecipare
attivamente, assumendo responsabilità nel funzionamento dell’ordine sociale.
Ferma restando la finalità dell’obbedienza, il progetto educativo, sotto la
pressione di nuove esigenze nazionali, ridefinisce dettagliatamente i suoi scopi
e assegna all’interiorizzazione della disciplina la funzione di responsabilizzare
il soggetto. Infatti, le élite europee sanno ormai che ben presto esploderanno
le contraddizioni innescate dall’imperialismo (all’esterno), dal nazionalismo
e dalla questione sociale (all’interno). Di lì a poco quelle tensioni
condurranno a un conflitto bellico che dovrà vedere coinvolti cittadini che
abbiano ben interiorizzato il dogma della nazione e siano capaci di assumersi
la responsabilità di sostenerla sui campi di battaglia, dove saranno chiamati
a prendere iniziative decisive. Con la “disciplina nuova” – siamo ormai nella
età d’oro dello stato nazional-liberale – si realizza la solo apparentemente
paradossale convivenza di obbedienza e iniziativa, intese entrambe come
16 - M. Bacigalupi, P. Fossati, Da plebe a popolo, cit., p. 59.
17 - Idem, p.84
18 - A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 94.
221
222
finalità dell’esercizio del potere disciplinare all’interno di istituzioni
preposte alla normalizzazione dei soggetti. Nei nuovi programmi educativi,
pensati da autori come Marion, Maneuvrier, Guyau, Fouillée, Durkheim, il
comando viene sempre più problematizzato come automatismo da introiettare:
l’iniziativa individuale che ne discende non può che configurarsi come la mera
risultante di una “ortopedia della volontà”19, come una peculiare modalità
dell’autogoverno che azzera l’autonomia del singolo.
Contro il rischio, paventato nei testi dell’epoca, che la vecchia disciplina
produca abulici o rivoluzionari, ci si richiama ora ad un modello di educazione
in cui la nuova disciplina “senza cessare di essere forte, deve essere liberale”20.
L’attenuazione dei tratti autoritari nelle scuole viene fondata sui risultati
della coeva fisiologia medica e sui nuovi metodi di cura dell’isteria (si pensi
solo all’ipnosi di Charcot), che suggerivano di agire sulla volontà più con la
persuasione e l’insinuazione che con la durezza del comando. Una volontà
coartata, infatti, è facilmente preda dell’istinto di ribellione, mentre una volontà
persuasa e suggestionata introietta la norma, la naturalizza ed automatizza
abitudini ad essa ispirate. La pedagogia inglese di Spencer, Bain, James si
proporrà esplicitamente come disciplina necessariamente fondata sui risultati
della ricerca fisiologica in materia di intelletto, volontà, percezione, attenzione,
ritenuti capaci di fornire all’educazione lo specchio di quella “moralità fisica”
che lo stesso Spencer considerava indispensabile ai fini della formazione di un
carattere disciplinato. Attraverso la possibilità di implementare una pedagogia
della suggestione sarà infatti possibile normalizzare il comportamento degli
allievi, allineandolo, poi, al buon ordine del sistema sociale. La versione
lavorista di questo pensiero disciplinare prenderà forma compiuta, nello stesso
periodo, all’interno della fabbrica taylorista. Qui, pur costellando lo spazio
industriale di resistenze e lotte per l’intero arco storico del fordismo, tramite
una rigida disciplina l’operaio introietterà il comando d’impresa, rendendo
possibili enormi aumenti della produttività e dei profitti.
d) La costruzione dell’individuo adattato
La prima guerra mondiale decreterà l’apogeo della pedagogia normalizzatrice
e disciplinare – che trionferà poi, con il corollario del razzismo, nell’età dei
totalitarismi -, ma anche l’avvio della problematizzazione del suo declino,
restituendo alla società civile un “io” la cui trasparente disciplina risultava
opacizzata dalla devastazione psicologica della guerra: nevrosi bellica
e angoscia cominciano ad inquietare – ma, a ben vedere, a distruggere
- una troppo lineare equazione tra disciplinata identificazione con l’ordine
(obbedienza e iniziativa) e realizzazione dell’io. In questo si senso, si può
forse sottoscrivere l’ipotesi che l’io moderno sia nato “come una sorta di Linea
19 - Idem, p. 95
20 - Ibidem.
Maginot dalle trincee, da cui è uscito un po’ come invalido di guerra”21.
Qualche anno dopo, si comincia a mettere in discussione, anche sul terreno
della grande fabbrica, il paradigma disciplinare, che pure resterà egemone
negli Usa e in Europa almeno fino alla metà degli anni ’70. Già nella seconda
metà degli anni ’20, le indagini di Elton Mayo alla Western Electric di Chicago
mostravano che il modello taylorista di organizzazione aziendale non valutava
correttamente l’incidenza sul rendimento e sulla produttività delle relazioni
cooperative, solidali, collaborative, intercorrenti tra gli operai. Sul terreno della
critica al taylorismo applicato nella fabbrica fordista, nasceva così l’idea che
una scarsa produttività fosse direttamente proporzionale a fattori sganciati dalla
logica dei costi, dei profitti e dei salari. Piuttosto che dalla mera organizzazione
funzionale dell’azienda, la carenza di produttività dipenderà – suggeriva Mayo
– da fattori psicologici, come il verificarsi di deficit relazionali in fabbrica,
lo scarso adattamento alla situazione lavorativa e il degrado della socialità
aziendale. Di cruciale importanza sarà allora contrastare sia l’impoverimento
della comunicazione di gruppo sia le situazioni di conflitto tra i singoli che lo
compongono, allo scopo di potenziare il morale e creare un diffuso clima di
collaborazione. Non si tratta più, quindi, di produrre semplicemente “uomini
normali”, bensì di regolare la comunicazione per costruire relazioni positive
in un’azienda che deve necessariamente competere in un quadro sociale
estremamente dinamico e in continua metamorfosi.
La pedagogia mutuerà da queste idee la necessità di intervenire non tanto sul
singolo individuo quanto sui gruppi, attraverso la regolazione dei rapporti
tra gli individui. Rimuovere le carenze relazionali di una classe eleverà il
morale nell’intento di produrre un tipo di individualità capace di adattarsi al
gruppo-classe: proprio come il lavoratore di fabbrica deve saper fronteggiare,
adattandovisi, il continuo mutamento dei mercati e della società. La psicologia
comportamentale, intesa come disciplina che studia il controllo delle condotte
e la loro adattabilità al sistema tramite determinati stimoli, diventa centrale sia
nella fabbrica post-fordista, sia nella scuola postsessantottesca. Qui trovano
ospitalità i temi della solidarietà, dell’associazionismo, del collettivo, della
partecipazione critica e vengono rimodulati sulla base della nuova centralità
della relazione a tutto discapito di quella della coscienza individuale. Tutta
una “ortopedia del relazionale”22 permea di sé un nuovo modello educativo
centrale nell’età della comunicazione dispiegata, che è ancora la nostra, con
le sue tante agenzie pedagogiche diffuse (i media, le tecnologie informatiche,
la comunicazione sociale spontanea, il sistema dei beni di consumo, la
pubblicità, etc.). Il gruppo, dotato di compattezza, buona relazionalità e
senso di responsabilità, diviene un istituzione normativa di cui il singolo,
21 - Idem, p. 97. Per un approfondimento del tema, cfr. E. J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica
ed identità personale nella prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 217-255.
22 - Idem, p. 99.
223
sia in fabbrica (o in ufficio) sia a scuola, introietta le norme, dotandosi
– nuovamente - di autocontrollo ma non di autonomia. Il soggetto, che sia
un operaio, un impiegato o un alunno, deve adattarsi al gruppo ed in esso
autoattivarsi. La nuova pedagogia lo concepisce come un individuo adattabile
ed adattato: alla scuola come all’ordine sociale o a quello del mercato. Si
tratta di un’impostazione teorica fortemente ideologica. Non è, infatti, un caso
che, secondo Mayo – le cui teorie influenzeranno a lungo il pensiero e la prassi
della nuova organizzazione aziendale e verranno intimamente recepite dalla
pedagogia contemporanea –, la forma di soggettività che fa da contraltare a
quel vertice antropologico della modernità che per lui è l’uomo adattato sia,
appunto, il disadattato: l’asociale, il cui tipo ideale – calco negativo della
soggettività politica moderna – è il comunista bolscevico.
224
e) La fabbricazione dell’uomo flessibile
Nelle società occidentali, ormai globalizzate, il principio dell’adattabilità
viene spinto all’estremo. Il tipo d’uomo necessario alla produzione e alla
riproduzione sociale dell’ordine socio-economico egemone nel tardo
capitalismo neoliberale è quello che - in un lavoro ormai classico, a tratti
un po’ nostalgico del carattere forgiato nel dispositivo socio-produttivo
fordista - Richard Sennet ha definito “l’uomo flessibile”23. Nel nuovo regime
di accumulazione flessibile, sorto in virtù della risposta capitalistica alla crisi
dell’ordine fordista-keynesiano, viene richiesta, in un contesto di accresciuta
competitività e di egemonia del capitale finanziario, la massima adattabilità
del lavoratore all’impresa24.
Mentre infatti viene confermata ed estesa quella vera e propria invariante del
modo di produzione capitalista, reale condizione della sussunzione reale, che
è la cattura mercificante dell’astratta potenza di produrre25 (la forza-lavoro
23 - R. Sennet, L’uomo flessibile. Le conseguenza del nuovo capitalismo sulla vita personale, Milano,
Feltrinelli, 2001².
24 - Per una convincente lettura della transizione al regime di accumulazione flessibile, cfr. D. Harvey,
La crisi della modernità. Alle origini dei mutamenti culturali, Milano, Il Saggiatore, 1997. Sull’egemonia del capitale finanziario nell’ordine neoliberista, cfr. almeno S. De Brunhoff, Di quale Europa
abbiamo bisogno oggi? E quale possiamo ottenere?, in R. Bellofiore, a cura di, Il lavoro di domani.
Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, Pisa, Bfs,
1998 e, con un diverso punto di vista, Pollio Salimbeni A., Il grande mercato. Miti e realtà della della
globalizzazione, Milano, Bruno Mondadori, 1999.
25 - E’ stato Karl Marx, mirando al cuore della composizione del capitale variabile, a concettualizzare
al meglio questa costante del capitalismo. Solo l’acquisto di quella singolarissima merce che è la forza-lavoro – “l’insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella
personalità vivente di un uomo, che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d’uso di
qualsiasi genere” - permette al possessore di denaro di sfruttarne l’unicità nel processo lavorativo, cioè
di metterne a profitto “la peculiare qualità di essere fonte di valore” (K. Marx, Il capitale, Roma, Editori Riuniti, 1964, p. 199 e 200). E’ il controllo dell’astratta e generale potenza di produrre, condizione
di possibilità del movimento generativo di lavoro vivo e plusvalore, che il capitale, in ogni sua fase e
forma si trova a dover costantemente controllare. Per una interessante ripresa del concetto di forzalavoro che valorizza la lezione del filosofo di Treviri, cfr. P. Virno, Il ricordo del presente. Saggio sul
intesa come lavoro in potenza, lavoro fisico e mentale, forza muscolare e “forza
intenzione”26), la ridefinizione della fisionomia dell’agire produttivo, del lavoro
vivo, in atto, e dei suoi dispositivi di governo - in una parola la concreta messa
al lavoro dei corpi e delle menti - assume una fenomenologia particolarmente
complessa segnata dalla richiesta della massima adattabilità.
Sono molte, diverse ma spesso sovrapposte, le forme e i luoghi in cui essa si
dà a vedere: la cosiddetta “fabbrica integrata” in cui operai cellularizzati,
cooperativi e polivalenti che si autoattivano nella partecipazione alla
comunità d’impresa e al suo destino, producendo just in time nel contesto di
un mercato globale e ipercompetitivo27; la galassia pulviscolare e reticolare
del mondo delle piccole e medie imprese disseminate sul territorio; il
variegato laboratorio del lavoro terziarizzato, arretrato o avanzato, materiale
o “immateriale” che sia; il lavoro formalmente autonomo ispirato alla “favola
dell’indipendenza come base dell’emancipazione”28; il salariato precario
dei mille contratti, degli stabili destabilizzati, degli “inutili al mondo”, dei
giovani privi di garanzie29 e dei lavoratori migranti per i quali la precarietà
è ormai un normale, nuovo “garante della sottomissione”30; i mille piani
del processo produttivo radicalmente riconfigurati dalla mega-machina delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che sussumono in modo
progressivamente crescente linguaggi, intelligenza, saperi, attitudini creative e
relazionali, cooperative ed adattive, emotive ed affettive e tanto altro ancora.
Ciò che però qui maggiormente conta, è evidenziare un dato comune: ovunque
domina il dogma dell’iperflessibilità e della piena adattabilità a ciò che il
tempo storico, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, pp. 121-141, per il quale se il capitalismo postfordista
assume così marcati intenti biopolitici, se cioè prende in cura e governa la vita piuttosto che reprimerla,
è perché “essa funge da sostrato di una facoltà, la forza-lavoro”, intesa marxianamente come “il nome
comune delle diverse specie di potenza […] che […] convergono nella produzione, manifestandosi
come «lavoro non oggettivato»”, e come “valore d’uso comprato e venduto, pietra angolare dell’accumulazione capitalistica”.
26 - Sul concetto di forza-intenzione, cfr. R. Sbardella, Astrazione e capitalismo. Alcune note su Marx,
in “Vis-à-vis”, 6, 1998 e l’interessante ripresa che ne fa E. Livraghi in Da Marx a Matrix. I movimenti,
l’homo flexibilis e l’enigma del non-lavoro produttivo, Roma, Dervieapprodi, 2006, soprattutto pp.
115-131 e 194-212.
27 - Per un’analisi dettagliata dei dispositivi di governo del lavoro a Melfi, cfr. L. Fiocco, La cellularizzazione della forza lavoro e le forme di resistenza alla Fiat di Melfi, in “Collegamenti Wobbly”, 6-7,
1998-99 e Id, L’effetto kanban nell’organizzazione del lavoro alla Fiat di Melfi, in “Chaos”, 10, 1999.
Sulle relazioni di potere e i loro effetti sulla soggettività dei lavoratori, cfr. l’indispensabile G. Sivini,
a cura di, Melfi in time, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001.
28 - Sul caso torinese, cfr. G. Polo, Il mestiere di sopravvivere. Storie di lavoro nella crisi di una cittàfabbrica, Roma, Editori Riuniti, 2000, con una bella postfazione di Fulvio Perini.
29 - R. Castel, Il lavoro: “un valore in via di sparizionec?, in “Iride”, 23, 1998, pp. 5-10. Cfr. anche
Id, Les métamorphoses de la question sociale. Une chronique du salariat, Paris, Grasset, 1995 e il
Symposium contenuto in “Sociologie du travail”, 43, 2001.
30 - Z. Bauman, La società individualizzata, cit., p. 20 e Id, La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli, 2000, p. 37.
225
mercato e l’ordine produttivo richiedono in nome della competitività globale.
Il nuovo ordine del lavoro richiede la mobilitazione totale e l’autoattivazione di
una moltitudine di singolarità flessibili, sempre più prive di supporti collettivi,
spesso incapaci di controllo sul mondo nel quale si aggirano e subordinate al
comando di impresa31. Ad una crescente “moltitudine di poveri laboriosi”32
si richiede oggi un’adesione intima alle buone ragioni “modernizzatrici”
del sistema, magari nell’illusione di poter sedere sul treno in corsa della
finanziarizzazione dell’economia. Nella nuda concretezza dei fatti, però,
quella moltitudine è costretta ad abbarbicarsi intorno ad un lavoro senza fine,
materiale o immateriale che sia: un lavoro comandato, più produttivo ma più
precario ceduto ad imprese tradizionali, alla nuova catena telematica dei callcenter o ad aziende collocate nel cuore delle nuove tecnologie comunicative e
informatiche, in cambio di un salario reale che spesso stagna o decresce33.
226
E’ questo il volto con cui si presenta il “nuovo lavoro” alle giovani generazioni
ed è questo l’“uomo flessibile” che spesso il discorso pedagogico, dimenticando
ogni propria valenza critica, si propone di contribuire a forgiare. Negli ultimi
venti anni sono infatti proliferate proposte pedagogiche esplicitamente ispirate,
secondo la logica delle tre I (inglese, informatica, impresa), alla necessità
di formare le soggettività richieste dal regime di accumulazione flessibile.
Si tratta di discorsi e proposte che talvolta – come nell’Italia dei governi di
centrosinistra e di centrodestra - hanno trovato piena traduzione legislativa.
Ancora una volta, occorre rimarcare come questa concezione della scuola - certo
radicalizzata all’estremo dal governo Berlusconi - non fosse affatto estranea al
ministro Berlinguer che, ai tempi del governo D’alema, esaltando il modello
scolastico giapponese e quello statunitense, affermava nell’introduzione al
primo testo di riforma dei cicli: “il modello italiano è rimasto sostanzialmente
l’unico in Europa che non si è adattato allo sviluppo industriale […] Un grado
soddisfacente di responsabilità presuppone una adeguata formazione culturale
supportata da una corretta filosofia ed etica del lavoro”. Ed ancora, nella
premessa al testo della riforma: “ciascun individuo nel corso della propria
31 - R. Castel, De la psychiatrie à la société salariale. Entretien avec Robert Castel, in “Mouvements”,
27-28, 2003, p. 182; cfr. anche A. Illuminati, Verità e politica nella precarietà, in “Alternative”, 1,
2004 e L. Gallino, Il costo umano della flessibilità, Roma-Bari, Laterza, 2001.
32 - Così, nella sua Favola delle api, la definiva un campione del primo liberalismo come Bernard
Mandeville, secondo cui tanti lavoratori disciplinati all’etica del lavoro precario rappresentavano “la
ricchezza più sicura” delle nazioni. La logica del neoliberalismo non fa eccezione: niente di nuovo
sotto il sole. Cfr. M. Turchetto, Il lavoro senza fine. Riflessioni su “biopotere” e ideologia del lavoro
tra XVII e XX secolo, in “Zapruder”, 3, 2004, p. 26.
33 - Merita appena di osservare che le nuove forme di lavoro precario, reintroducendo seri limiti allo
sviluppo delle potenzialità dei cittadini e perpetrando vecchie disuguaglianze sociali aggiungendone di
nuove, appaiono in aperto conflitto con lo spirito dell’art. 3.2 della Costituzione italiana, nel quale si
prevede che lo stato intervenga per rimuovere quegli ostacoli e adeguare un ordine sociale retto dalle disuguaglianze ad un ordine giuridico egualitario. Sarà forse, come sostiene Girolamo De Michele, perché
“proprio in quelle disuguaglianze ed arretratezze si cela il tesoro di un nuovo consenso plebeo”.
esistenza sarà chiamato a cambiare più volte la propria attività lavorativa […]
e dunque i docenti devono far sviluppare una cultura del lavoro, non intesa
come ricerca del posto fisso, ma come disponibilità nel corso della propria
vita a cambiare sovente attività lavorativa”34. Per Berlinguer, formazione
professionale permanente ed etica del lavoro flessibile – paradossalmente
ciò che la confindustria richiedeva da decenni - erano dunque obiettivi
principali della nuova scuola riformata, intesa ora anche come laboratorio
in cui lo studente si allena alla flessibilità. E ciò secondo una filosofia per
cui il tempo dell’apprendimento coinciderà con l’intera esistenza ed essa con
il tempo lavorativo: l’intera vita, a scuola come in società, dovrà servire ad
acquisire competenze certificabili attraverso un “portfolio delle competenze
che accompagna il cittadino dai banchi scolastici fino alla pensione”35. Il
diagramma della nuova società di controllo non si soddisfa del semplice
disciplinamento dei corpi, esige il controllo biopolitico su di una vita acconciata
alla centralità del valore-lavoro. Di qui al sacrificio dello sviluppo dell’intera
personalità dello studente e della sua capacità di comprendere ed interpretare
autonomamente, e globalmente, il mondo che abita, il passo è più breve di
quanto possa sembrare. Si tratta del passo compiuto dalla riforma Moratti.
Ma, per dirla con Raffaele Mantegazza, “se la scuola serve a preparare per il
mercato del lavoro […] dovremmo cambiare mestiere, chiudere le scuole e
mandare tutti i nostri ragazzi a Romiti, Cragnotti, Tanzi che gli insegnano delle
cose molto utili. Noi non siamo capaci di fare questa cosa, non dobbiamo farla,
non è un nostro obiettivo, non è il nostro mestiere”36.
D’altra parte, non c’è di che stupirsi: una scuola di questo tipo è rinvenibile
ormai da oltre un decennio anche nella filosofia pedagogica dell’Unione
Europea. Per fare uno solo dei tanti possibili esempi, basta scorrere il Libro
verde sulla dimensione europea dell’educazione (Com 93/457) e leggervi
che tra i principali scopi della prassi educativa sono, in primissimo piano,
la formazione di “risorse umane” e il raggiungimento di “una maggiore
adattabilità dei comportamenti al fine di rispondere alla domanda del mercato
della manodopera”. E, se ancora non bastasse, vi si aggiunge a chiare lettere
che “la formazione deve imperniarsi sulle necessità dell’impresa”37. Più in
generale, è l’intera politica educativa dell’Unione che - almeno da quando
34 - cit. in P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione. Riforma dei cicli, parità,
autonomia e contratto, al servizio della scuola-azienda, in “Posse”, 3, 2001, pp. 143-146.
35 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit.
36 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza a scuola, relazione introduttiva al seminario Come
resistere a scuola, organizzato da “École”, Milano, 3 marzo 2004, in http://xoomer. virgilio.it/ celgross/
ecole/resistenza/ Mantegazza.htm. Mantegazza aggiunge che “il mercato del lavoro prepara benissimo
da solo i ragazzi, vedi Melfi: Fiat è arrivata in Basilicata, creando la classe operaia. Pare che la ministra
abbia fatto un’inchiesta sui giovani dipendenti della Fiat; tutti sanno che a Melfi si fa la Punto, ma il
70% dei ragazzi che lavorano dentro la Fiat di Melfi non sapeva che macchina produceva”.
37 - Cfr. http://aei.pitt.edu/archive/00000936/01/education_gp_COM_93_457.pdf
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nel 1989 la Tavola rotonda europea degli Industriali richiese, in un allarmante
rapporto, “un rinnovamento accelerato dei sistemi di insegnamento e dei
loro programmi” (sostenendo che gli insegnanti avessero “una comprensione
insufficiente dell’ambiente economico, degli affari, della nozione di profitto”) è ispirata ad “accordare la priorità allo sviluppo delle competenze professionali
e sociali per una migliore adattabilità dei lavoratori alle evoluzioni del
mercato del lavoro”, dal momento che ormai occorrerà formare un lavoratore
futuro “capace di riciclarsi nel corso di tutta la propria vita”38. E ciò vale per
entrambi gli estremi dell’ordine produttivo: per i giovani lavoratori destinati
alla competizione internazionale (e al confronto-scontro con i loro coetanei di
altri paesi sul mercato dei saperi tecnologicamente avanzati) come per quelli
che resteranno fuori dalla società cognitiva in quanto privi di risorse culturali
adatte allo scopo.
Dal Libro bianco del 1995 al piano d’azione Imparare nella società
dell’informazione, dal Rapporto Reiffers ai progetti Leonardo e Socrates, dagli
accordi di Lussemburgo del 1998 alla strategia della Information o Knowledge
Society di Lisbona 2000, fino al recente Trattato costituzionale, l’Unione
Europea è stata ossessionata dal progetto neoliberale di deregolamentare la
scuola, di ravvicinarla all’impresa e, attraverso essa, di assecondare il processo
di flessibilizzazione ad oltranza della forza lavoro. In questa direzione è
andata la progettazione continua, tuttora in corso, di una controrivoluzione
pedagogica che garantisse un insegnamento di base: pubblico quel poco che
basta a riprodurre un senso di cittadinanza addomesticato, ma soprattutto
mirato a produrre negli allievi non tanto conoscenze e cultura comuni, quanto
competenze necessarie a svolgere in futuro un lavoro votato a un riciclaggio
permanente, qualificato o meno che sia. Insomma, le principali indicazioni
fornite dalla filosofia educativa dell’Unione schizzano la figura del futuro uomo
flessibile: un individuo altamente occupabile, subalterno e obbediente, che
dovrà lavorare in modo estremamente adattabile alle esigenze di produttività
dettate dal dinamismo dei processi di globalizzazione. Al contempo, dovrà
interiorizzare le norme disciplinari desunte dal principio di competitività,
stabilite di volta in volta sulla base dei risultati raggiunti nella sfida sui mercati
con le altre grandi potenze economiche, in primo luogo, ovviamente, quella
statunitense39.
E’ come se la scuola, anche quella pubblica, con la legittimazione e la
sovradeterminazione dell’Unione Europea stesse imboccando una strada
che la porta “a mettere a disposizione di chi governa e gestisce il processo
38 - Nico Hirtt, All’ombra della Tavola Rotonda degli industriali. La politica educativa della Commissione Europea, in “Extrait des Cahiers d’Europe”, 3, 2000, in http: //www.edscuola.it/archivio/
famiglie/poledue.html.
39 - Sul tema cfr. A. Fumagalli, La Carta Costituzionale Europea e le politiche per il lavoro: democrazia politica o dittatura economica?, in E. Balibar et alii, a cura di S. Cingari, Europa, cittadinanza,
confini. Dialogando con Etienne Balibar, Lecce, Pensa Multimedia, 2006.
produttivo non tanto specifiche competenze professionali (che certo non sono
sparite di botto […]), quanto piuttosto la disponibilità a erogare lavoro mentale
di ogni tipo”40. E ciò secondo una logica che vuole lo studente/apprendista
tendenzialmente capace di riciclarsi e rimodellarsi in modo permanente, per
adattarsi alle esigenze sempre cangianti ed aleatorie dell’ordine produttivo
tardo-capitalista. Lo studente deve prepararsi a diventare un uomo flessibile,
appunto, le cui abilità relazionali, cooperative e linguistiche possano
agevolmente essere messe al lavoro, sulla base di un progetto per cui tutto ciò che
tenderebbe quasi spontaneamente ad eccedere le logiche dell’accumulazione
capitalista deve finire in produzione41.
E’ come se nella pedagogia contemporanea avesse ampiamente prevalso il
senso comune per il quale una scuola efficace è una scuola selettiva in grado
di accompagnare gli allievi sulla soglia del mondo del lavoro; una scuola in
cui insegnare coincida con l’accertare docimologicamente abilità e capacità in
funzione del posizionamento degli studenti nei proporzionati ruoli lavorativi
e nei luoghi della piramide sociale ad essi correlati; una scuola che, sfornando
lavoratori capaci di adattarsi alle nuove forme assunte dalle imprese e dei mezzi
di produzione, risulti di fatto ridotta a mera “appendice […] del processo di
aziendalizzazione postfordista”.42 Non si dovrà dire, allora, che se la scuola
produce ignoranza è perché non assolve le proprie funzioni: nel suo ruolo di
“catena di trasmissione verso un mercato del lavoro che si crea da sé la propria
manodopera qualificata” essa funziona fin troppo bene43.
Mutatis mutandis, la pubblica istruzione pensata dal discorso pedagogico tra
lo scorcio del XX secolo e l’alba del XXI non si rivela poi così diversa da
quella della prima modernità liberale: il problema da risolvere è ancora quello
di contribuire alla produzione di una soggettività capace di autogovernarsi
a sostegno di una società regolata dal mercato, dal laissez faire, laissez
aller, espellendo dal sé (o finalizzando allo scopo) ogni eccedenza critica
stigmatizzata come improduttiva. Solo che oggi lo “spettatore disinteressato”
di Adam Smith indossa le vesti di chi abita - come spettatore certo, ma
anche come lavoratore flessibile adattato all’ultimo stadio del capitalismo
neoliberale – le nuove frontiere della “società dello spettacolo integrato”
40 - P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione, cit., p. 143; più in generale, Id,
L’intellettualità di massa ultraflessibile, in “Posse”, novembre 2001, pp. 110-123.
41 - Sulla nuova centralità delle facoltà generiche dell’uomo nei sistemi produttivi postfordisti - il suo
“generico poter-dire”, la sua facoltà di linguaggio, in una parola la mera natura umana -, cfr. almeno
P. Virno, Scienze sociali e “natura umana”. Facoltà di linguaggio, invariante biologico, rapporti di
produzione, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, soprattutto pp. 44-67 e Id, Grammatica della moltitudine. Per un’analisi delle forme di vita contemporanee, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, soprattutto pp. 25-47.
42 - D. Starnone, Nota a margine, in R. Vaneigem, La scuola è vostra. Dedicato agli studenti, Milano,
Tropea, 1996, p. 91-92.
43 - R. Mantegazza, Resistere tra i banchi, in “Cem/mondialità”, 3, 2003, p. 5.
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descritta da Guy Debord44.
La pubblica istruzione continua a svolgere funzionalmente questo compito di
adeguamento della soggettività all’ordine sociale, marciando “adeguatamente
in combutta con il bisogno del capitale di avere una forza lavoro obbediente,
autonoma entro i limiti dei bisogni produttivi e di consumo, flessibile, bella
e pronta per lo sfruttamento usa e butta”45. Sempre più spesso, le “nuove
pedagogie” pensano la scuola (e l’università) come una fucina in cui acquisire
un sapere di base diffuso, un’infarinatura di conoscenza che funga appena
da appiglio per il futuro apprendimento delle rapidissime innovazioni
produttive. Ma tutto ciò non tiene conto del fatto che oggi una simile, acritica,
“alfabetizzazione simbolica, estesa quanto piatta e priva di profondità”,
avviene per lo più fuori dalla scuola, nelle agenzie della comunicazione di
massa46. Come fuori dalla scuola prende oggi forma la più grande parte dei
dispositivi deputati al controllo della soggettività: sono i media (soprattutto la
tv e la pubblicità), il sistema dei consumi (il logo e il valore simbolico della
merce, la sua “fantasmagoria”, per dirla con Walter Benjamin), un eccesso di
informazione, la comunicazione sociale spontanea a ricomporre gli alfabeti
dell’esperienza infantile e adolescenziale dotandole di un “sistema simbolico
sufficientemente organizzato, massificato e semplificante”47. In questa cruciale
ridefinizione di campo, la scuola perde la sua centralità e tende a non essere
più il potente “motore della alfabetizzazione simbolica, [del] leggere e [del]
far di conto”48.
Forse allora, seguendo le ipotesi di Andrea Bagni e Scipione Semeraro, si può
supporre che ad essa restino due compiti non dichiarati, ma profondamente
richiesti dal capitale: il primo è quello di provvedere ad una “integrazione
«residuale» dei corpi”, dal momento che estendere il comando sui corpi
infantili significa potenziare il controllo e l’integrazione delle menti in
generale49. Sempre più mero “ambiente di adattamento sociale”, la scuola
resta ancora modellata su un modello famigliare in cui i piccoli vengono
minorizzati dai grandi, apprendendo da subito che la logica delle relazioni
sociali è strutturata in funzione della produzione di soggetti passivi e
44 - Per il concetto di “spettacolo integrato”, cfr. G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Milano, Sugarco, 1990, soprattutto pp. 7-83 e le belle Glosse in margine ai commentari di Giorgio
Agamben, pp. 233-250. Sul tema, cfr. W. Baroni, Soggetto e circolazione mercantile. Lo spettacolo
come orizzonte della riproduzione soggettiva, in Id, Le stagioni dell’assenza. Per un materialismo dei
processi di soggettivazione, Milano, Ghibli, 2004, pp. 109-161.
45 - D. Starnone, Nota a margine, cit., p. 92.
46 - A. Bagni, Il futuro degli studenti in un politico bene comune, in Cattivi Maestri, “Almanacco di
Carta”, 36, 2003, p. 32.
47 - S. Semeraro, Le nuove pedagogie crescono nei territori asimmetrici, in Cattivi Maestri, cit., p. 34.
48 - Idem, p. 35.
49 - Ibidem.
“facilmente adattabili alla «modernizzazione» globale”50. Il secondo compito
assegnato residualmente alla scuola sarà quello di garantire “poco più che
controllo e socializzazione”51. Tutt’al più vi si svolgerà “una sorta di prima
esperienza «formativa» di adattamento alla mega-macchina buropedagogica”,
nell’ambito della distribuzione di “pagine e voti, debiti e crediti”52. Quasi
fosse “una fabbrica fordista del sapere di massa”, un luogo in cui assemblare
moduli, somministrare test, registrare certificati, misurare rendimenti; il tutto
“in termini rigorosamente quantitativi […] e prestazionali”53. E il resto, ciò
che eccede, sarà derubricato a “poesia, o peggio politica (e magari sono la
stessa cosa)”, secondo una logica che vede nella scuola essenzialmente “una
via di mezzo tra fabbrica, caserma e «parco giochi» di formazione del perfetto
consumatore”54: un luogo, insomma, in cui apprendere l’ideologia della
subordinazione e della competizione tra singoli, nel contesto di una noia che
incentiva l’adesione acritica all’intrattenimento e al consumo individuale di
massa.
Con l’avvertenza che nelle pagine seguenti sarà impossibile andare oltre
l’indicazione di qualche semplice pista sul tema, è proprio ad una simile
concezione del rapporto docente-alunno che una riflessione pedagogica
desiderosa di rifondare un’etica dell’insegnamento dovrebbe seriamente
opporsi. A partire da una nuova problematizzazione del concetto di autonomia,
in opposizione a quello, fin qui forgiato dalla scuola, di autogoverno: un
autogoverno dell’allievo che, mentre apprende, si costituisce come soggetto
funzionale ad un ordine sistemico del quale interiorizza le norme fondanti,
quelle decisive per la sua riproduzione.
2) Brevi note per una teoria critica dell’insegnamento nel tempo presente
Che cosa oggi possa significare insegnare e quali regole etiche questo mestiere
debba seguire è difficile dire. Da quanto fin qui sostenuto è forse possibile
operare una scelta di campo e prospettare un’ipotesi.
Come già accennato, il pedagogico, inteso come dimensione formativa della
soggettività, è ormai attivo ben fuori dai confini dell’istituzione scolastica e
del sistema educativo, che pure continuano a costituirne parte importante pur
non rappresentandone più il relais centrale. Il pedagogico è quotidianamente
all’opera nella socializzazione spontanea, nel sistema mediatico-comunicativo
e nelle pratiche del consumo55. Certo, resta una differenza tra il dispositivo
50 - Ibidem.
51 - A. Bagni, Il futuro degli studenti, cit., p. 32-33.
52 - Ibidem.
53 - Ibidem.
54 - Ibidem.
55 - Cfr. R. Massa in Educare o istruire? La fine della pedagogia nella cultura contemporanea, Mila-
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pedagogico in senso forte, cioè “quel dispositivo all’interno del quale una
intenzionalità educativa precisa e individuabile mette in atto procedure
esplicitamente finalizzate alla costituzione di soggettività”, e il dispositivo
pedagogico in senso debole, cioè l’insieme delle pratiche attraverso le quali
gli effetti di soggettività “si producono comunque more pedagogico ma senza
che sia visibile, almeno in prima battuta, una intenzionalità educativa specifica
o un soggetto che sia definibile educatore o formatore”56. Su questo versante,
il rischio maggiore è che oggi l’educazione si riduca a mero dispositivo
pedagogico tra i tanti dispersi nella società. Grazie ad essi il tardo capitalismo
risponde al proprio bisogno di riprodurre le condizioni oggettive che gli
permettono di sussistere, sopravvivere e godere di ottima salute, poiché riesce
a penetrare nelle soggettività influendo in modo decisivo sui processi che ne
determinano la forma, garantendosi così, al contempo “le condizioni soggettive
della perpetuazione del dominio”57.
Insomma, si potrebbe sostenere che oggi i soggetti vengono continuamente
riprodotti come “oggetti” non solo tramite l’esercizio dei poteri e dei saperi
che su di essi si esercitano, ma anche attraverso una loro quotidiana opera
di interiorizzazione dei principi normativi egemoni nei dispositivi sistemici.
Non ci troviamo di fronte a moltitudini di donne e uomini puramente dominati
e non-liberi. Siamo, piuttosto, in presenza di individui spesso assoggettati,
ed auto-assoggettati, ad una libertà addomesticata, che – anche quando si
vuole “trasgressiva” (come quella sprigionata dai bei corpi erotizzati ed
erotizzanti di certi spot pubblicitari) - resta perfettamente funzionale all’ordine
materialmente e simbolicamente dominante. O, forse, sarebbe meglio parlare
di “libertà controllata”: quella, cioè, che dipende dal controllo labile e fine
che i poteri microfisicamente compiono “entrando a far parte della vita dei
soggetti stessi”58. E i soggetti, a loro volta, curvano all’interno del sé – come
in una piega – le norme trasmesse dai dispositivi di controllo. Così, almeno
tendenzialmente, la vita intera diventa oggetto di potere. In tutto ciò, la scuola
tende ad essere definitivamente ridotta ad apparato ausiliario per la costruzione
di un individuo flessibile, adattabile su richiesta e in tempi rapidi alla società del
lavoro precario, alla jouissance di un consumo individuale (praticato nell’era
del consumo totale) o, da perfetto spettatore, alle grammatiche passivanti della
comunicazione attivata nelle società dello spettacolo integrato.
Se davvero è così, una teoria critica dei processi educativi sarà possibile
solo a partire da un intenso lavoro capace di costruire – come qualcuno ha di
recente auspicato - una “pedagogia della resistenza”, capace di valorizzare
la specificità pedagogica della scuola, insieme alla sua relativa autonomia,
no, Unicopli, 1990, e Id, Cambiare la scuola, Roma – Bari, Laterza, 1998.
56 - Cfr. R. Mantegazza, Tra dispositivo e apparato ideologico, cit., in www.scuolacomo.com/ecole.
57 - Ibidem (corsivo mio).
58 - J. Revel, Michel Foucault. Un’ontologia dell’attualità, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, p. 125.
e di farsi carico dell’eredità della filosofia dell’educazione novecentesca
maggiormente emancipatoria, dalla teoria critica francofortese alla
microfisica foucaultiana dei poteri, senza dimenticare il pensiero deleuziano
delle linee di fuga e l’eredità impensata della teologia della liberazione59. E’
necessaria una scuola che sappia criticamente percepirsi come dispositivo di
costituzione delle soggettività degli alunni e sappia assumere su di sé il fatto
che l’educazione ha a che fare con il potere e che l’educatore e l’insegnante
esercitano quotidianamente un potere. Non esiste alcuna “bontà” originaria
dell’educazione: l’educazione è solo uno strumento e per il suo tramite si
esercita sempre “un potere di assoggettamento”60. Con Adorno si dovrebbe
allora dire che “l’educazione è antropogenesi, cioè costruzione - non certo ex
novo - dell’ anthropos, del soggetto umano”61. Si dovrebbe poi aggiungere che
alla scuola compete la formazione del soggetto umano autonomo: non quello
autogovernato nell’ottica del buon funzionamento dell’ordine sociale, ma
quello realmente autonomo. L’insegnante allora apparirebbe come quel tecnico
dell’apprendimento capace di “rimanere nella scuola facendo resistenza”62:
una resistenza che sappia coadiuvarne altre allo scopo di produrre soggettività
non esclusivamente funzionali alla produzione flessibile e al consumo totale.
Si tratta di un obiettivo “inattuale” ed estremamente impegnativo, che oggi
resta per lo più impensato. L’impressione è, però, che sia possibile avviarne il
perseguimento solo se la scuola, tralasciando tutto ciò che ha goffamente tentato
di fare senza esserne capace - assecondando la tentazione psicologistica e quella
familistica ad esempio -, tornerà a fare la scuola, invertendo la drammatica
tendenza all’abbassamento dei livelli di trasmissione del sapere: oggi la tesi
che un ragazzo presenta alla cosiddetta “laurea breve” spesso non equivale
qualitativamente a quella che ha già discusso per conseguire il diploma di
scuola superiore. Appare dunque vitale tornare a fare a scuola ciò che si fa
soltanto a scuola: “Primo, l’esperienza della metariflessione, cioè l’esperienza
del fatto che la cosa che ho imparato l’ho imparata insieme ad altri, anche se
potevo farlo in altri modi, con un cd - rom, a casa mia leggendo un libro, in
televisione, ed è un patrimonio di tutti. Secondo, non conta tanto la cosa che ho
imparato, il contenuto, ma conta il processo attraverso cui l’ho imparata, che
59 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza, Enna-Troina, Città aperta edizioni, 2003 e Id, Filosofia dell’educazione, B. Mondadori, Milano 1998. Cfr. anche il sito intenet curato dallo stesso Mantegazza, www.pedagogiadellaresistenza.org.
60 - Pedagogia della resistenza. Intervista di Filippo Trasatti a Raffaele Mantegazza, in “A”, 298,
2004, p. 16.
61 - Cit., in ibidem. Fornendo un ricco esempio di analisi materialista e microfisica del dispositivo
scolastico, Mantegazza ha sviluppato questi temi nel recente La scuola come contesto materiale, in R.
Mantegazza, G. Seveso, Pensare la scuola. Contraddizioni e interrogativi tra scuola e quotidianità,
Milano, Bruno Mondadori, 2006, pp. 91-157.
62 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza a scuola, relazione al seminario “Come resistere a
scuola” organizzato all’università popolare di Milano dalla rivista “École” il 3 marzo 2004.
233
è un processo sociale”63. Un processo sociale per l’acquisizione di un pensiero
critico in cui ad essere in gioco è l’autonomia di tantissimi soggetti.
234
a) L’insegnamento come contributo alla produzione di una soggettività
autonoma
Meglio di tanti pedagogisti accademici, non molto tempo fa Raoul Vaneigem
ha suggerito che a scuola si dovrebbe sempre “imparare l’autonomia, non la
dipendenza”64. Per il filosofo situazionista, insegnare a divenire autonomi è il
compito principale di ogni docente, a partire dal principio secondo cui “l’unica
cosa che emancipa è identificarsi con ciò che in se stessi si possiede di vivente
al massimo grado”65. La scuola ha storicamente realizzato l’esatto opposto.
Il sistema educativo si è troppo spesso fondato sulla repressione dei desideri
e, sviando l’allievo dalle sue pulsioni di vita, si è preoccupato “di ingozzarlo
artificialmente per portarlo sul mercato del lavoro, dove continuerà a ripetere
come un pappagallo fino alla nausea il ritornello della sua gioventù: che vinca
il migliore!”66.
Per Vaneigem, invece, la preoccupazione didattica fondamentale dovrebbe
essere ispirata all’idea per cui “aiutare il bambino nel suo affacciarsi alla vita”
corrisponde ad “insegnargli a sapere ciò che vuole e a volere quel che sa, e cioè
a soddisfare i propri desideri”67. Nel cammino dell’alunno verso l’autonomia
– un cammino da cui non sono escluse né le lacrime né tantomeno la fatica
– risulterà realmente insegnante colui che sarà capace di far sì che chi impara
ritiri il proprio acritico credito agli stessi poteri che lo rendono quotidianamente
passivo: ad esempio gli idoli del mercato, della competizione sul lavoro con i
propri omologhi e la fantasmagoria del consumo-intrattenimento.
Per strutturare la didattica si potrebbe allora partire dal fatto che in ogni
bambino albergano una curiosità senza limiti e la richiesta creativa di una
conoscenza del mondo che nasce dal desiderio di vita: un desiderio che
prescinde da ogni astrazione romantica e che, molto materialmente, eccede
sempre le dinamiche della valorizzazione sociale del capitale. Purtroppo,
63 - Ibidem. Vale la pena di riportare per esteso l’esempio che Mantegazza, con ragione, aggiunge: “I
tempi di una classe sono i tempi dell’ultimo; è giusto dire che i programmi stressano, ma dobbiamo
avere il coraggio e la forza di andare in controtendenza, ognuno per quello che può. E ai genitori che
stressano dicendo che il figlio è arrivato a Napoleone e la nipote è molto più avanti bisogna dire: va
bene così, non c’è problema, perché noi lavoriamo su altre dimensioni, e Napoleone deve capirlo l’ultimo bambino, il disabile, lo svantaggiato, quello che non ha libri in casa. Finché non lo ha capito lui
non si va avanti. Non è un ricatto per la classe, ma è dire che la collettività impara Napoleone, e tutti
insieme si trova il modo per far sì che anche l’ultimo acquisisca il diritto a sapere chi era Napoleone.
Questa è la pedagogia della resistenza a scuola!”.
64 - R. Vaneigem, La scuola è vostra, cit., p. 69.
65 - Idem, p. 71.
66 - Idem, p. 33.
67 - Idem, p. 22 e p. 33.
invece, proprio questa zona di creatività viene spesso confusa con un eccesso
di inadeguata e colpevole fantasia, matrice dell’errore scolastico. In realtà
“non ci sono colpe, ma soltanto errori, e gli errori si correggono” nell’ambito
di un processo – quello educativo appunto – in cui al “dispotismo” del docente
subentri una prassi guidata dall’idea che il vivente debba essere sottratto agli
imperativi del profitto, cosi che, ad esempio, la foresta possa apparire a chi
apprende come “il polmone della terra e non [come] il prezzo di un certo
numero di steri o uno spazio da devastare per interesse immobiliare”68.
Alcune delle proposte che Vaneigem avanza per raggiungere lo scopo sono
semplicemente ancorate ad un buon senso pedagogico, che al neoliberalismo
oggi egemone appare come una perniciosa rivendicazione corporativa: delle
classi meno numerose per un maggior numero di insegnanti; una didattica
individualizzata dai tempi lenti, articolata in luoghi ravvicinati, relazionali,
umani, finalizzata a stimolare curiosità e rispetto del vivente (nonché mappe
personali della conoscenza); l’adozione di macchine tecnologicamente avanzate
con cui gli insegnanti possano trasmettere competenze in modo efficace e meglio
autovalutarsi. A commento di questa filosofia pedagogica dell’autonomia,
Domenico Starnone – un brillante scrittore che ha insegnato per lunghi anni
– ha osservato che la critica di Vaneigem indica correttamente il cammino
che la scuola dovrebbe intraprendere per oltrepassare la tradizionale funzione
di noiosa “istituzione che addestra i giovani a rassegnarsi all’alienazione
economica”69. La scuola dovrebbe trasformarsi in un luogo dove coltivare
il piacere di essere in vita e l’entusiasmo di “reagire con competenza alla
devastazione del vivente operata dalla logica del profitto a tutti i costi”70. Va
da sé che, in un simile luogo, giochi un ruolo assolutamente centrale l’incontro
creativo tra docente e alunno. E’ lì infatti che si dà concretamente la possibilità
di un insegnamento capace di avviare all’esperienza dell’autonomia.
b) Il nodo del rapporto docente-alunno
Ma a quale “autonomia” può avviare il rapporto maestro/discepolo?
Nonostante i continui tentativi di autoriproduzione, l’illusione della educazione
occidentale moderna può considerarsi fallita. Come ho tentato di mostrare,
il dispositivo formativo ha sempre tentato di produrre soggetti capaci di
introiettare, in versioni continuamente aggiornate, il vecchio “tribunale della
coscienza” a garanzia del buon funzionamento della società di mercato. Ma
non si è mai prodotta una realtà sociale nella quale quell’elemento sfuggente
dell’eccedenza, rappresentato dalla richiesta di forzare le coordinate del
sistema dominante e della soggettività egemone, sia stato completamente
riassorbito dai dispositivi di potere-sapere. Continui sono stati nella storia
68 - Idem, p. 37.
69 - D. Starnone, Nota a margine, cit., p. 87-88.
70 - Ibidem.
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236
– e continuano ad esserlo - gli sforzi per rifondare l’educazione scolastica su
nuove basi, emancipatorie, libertarie, anti-imperiali71. Il problema è che mentre
nel caso dei movimenti degli anni ’60 e ’70 simili sforzi hanno influenzato
profondamente l’istituzione scolastica – pur non intaccandone le principali
funzioni sistemiche e finendo per essere anzi ad esse successivamente sussunti
– oggi restano spesso assai poco visibili. E ciò per il semplice fatto che i loro
progetti, perdenti sul terreno della pura presenza e dei rapporti di forza, non
hanno accesso alla scena del presente (tanto meno a quella mediatica): non
riescono, cioè, a plasmare il reale nel tentativo di imporgli la loro egemonia.
Nel suo tentativo di coniugare scientificità e moralizzazione, l’illusione
pedagogica di riassorbire o funzionalizzare la critica sociale tramite
l’educazione (e tramite la disseminazione del pedagogico nel sociale) sembra
allora prevalere nei fatti. Tuttavia, quell’illusione, in cui risuona il vizio
occulto della pedagogia moderna, punta a produrre “il maggior numero
possibile di uomini correnti […] nel senso in cui si chiama corrente una
moneta”72, ma, al contempo, conferma di non poter mai completare il suo
compito correttivo e profilattico di recupero integrale dell’eccedenza. Sarà
forse perché l’esigenza di una libertà non omogenea a quella vissuta sotto il
regime di una servitù volontaria stenta e deperire in qualsiasi sistema sociopolitico, anche in quello che, come il nostro, richiede continuamente adesione
incentivando senza fine pratiche di automoralizzazione e di autogoverno. O
sarà forse perché, in nome di una differente qualità della vita, la necessità di
preservare elementi esperienziali improduttivi, oziosi, e sovranamente inutili,
non semplicemente decorativi, resiste ad ogni assalto finale della razionalità
produttiva capitalista.
Come che sia, per utilizzare un’espressione di Walter Benjamin, l’illusione
pedagogica lascia aperto un “margine pericolosamente minimo” a partire
dal quale resta possibile chiedersi se sia ancora possibile pensare una
diversa educazione, in grado di costituirsi al di fuori delle morali stabilite
e sulla base di un’etica lontana da quella di ogni codice deontologico, come
da quella di qualsiasi discorso di Verità. Per praticare quel “margine”
bisognerebbe rivolgersi ad un’etica fondata su un’esperienza centrale: “la
71 - Si potrebbero menzionare centinaia di esperienze. Basti qui citarne, a mero titolo di esempio, una
di ieri – quella che prende forma in Italia tra il secondo dopoguerra e il movimento del ’68 (e, se si
vuole, anche le sue rilevanti appendici cattoliche, come la scuola di Barbiana di Don Milani) – e qualcuna di oggi – come le scuole dei piqueteros di Buenos Aires, quelle disseminate nei latifondi occupati
dai Sem terra brasiliani, le scuole indigene del Chiapas, ma anche l’insegnamento dei maestri di strada
nei quartieri spagnoli di Napoli o le poche scuole anarchiche olandesi. Infine, gli stessi seminari organizzati per la preparazione degli appuntamenti del movimento globale contro la mondializzazione del
capitale e la guerra permanente e preventiva potrebbero essere interpretati come momenti dell’attività
educativa di una libera università popolare finalizzata alla co-costruzione di una conoscenza libertaria,
emancipatoria, anti-imperiale, comune.
72 - F. W. Nietzsche, Schopenauer come educatore, in Id, Scuola ed educazione, a cura di G. Praticò,
Roma, Armando, 1996, p. 82 e p. 89.
trasmissione esemplare di un atteggiamento di fronte al mondo e alla vita”73.
E una simile esperienza pedagogica può filtrare solo attraverso una dialettica
maestro/allievo fatta non di verità obbligate ma di interrogazioni reciproche
continuamente rilanciate. Ogni sapere del maestro è vano senza quesito del
discente: non è forse questo, nelle nostre scuole, uno dei motivi più rilevanti
della sterilità di tanta inutile pedanteria, incapace di suscitare domande negli
alunni? E ogni conoscenza del mondo accessibile all’allievo è vana se non
nasce dalle domande che il maestro deve continuamente porgli. In un simile
processo educativo, la verità, così, non appare come disvelamento di un
significato occulto del mondo già da sempre là, ma come “lo scambio sempre
ricominciato, sul ritmo del divenire, e nella forma del dono, del domandare e
del rispondere”74.
Il punto - ed è un punto eminentemente greco - è che in questa esperienza
della reciprocità occorre un patto fiduciario tra il maestro e l’allievo. Un
patto che preveda, alla fine del processo, il divenire maestro dell’allievo, dal
momento che il prestigio e l’autorità del primo devono servire, con l’esempio,
a trasmettere l’atteggiamento critico rispetto al modello di ordine nel quale
ci si trova a vivere. “Senza finzioni, stratagemmi, segreti, sulla linea d’ombra
di un’etica”, la coppia – giacché il processo educativo avviene sempre
in coppia, anche quando prende forma al presunto riparo di una classe
– si struttura sulla base di una comunicazione fiduciaria e reciproca in cui
l’oggetto dello scambio è l’ “autonomia”75. Forse ha ragione Alessandro
Fontana: qui, e solo qui, “enigmaticamente si trasmette qualcosa dell’ordine
di un’educazione”76. Un’impresa simile si rivela invece impossibile all’interno
di una scuola che punta a produrre soggetti eteronomi, intimamente aderenti
alle norme sistemiche. Infatti, introiettando norme che lo guidano alla servitù
volontaria, l’allievo non può divenire mai maestro. D’altra parte, riproducendo
la grammatica del dominio, il maestro resterebbe null’altro che un funzionario
al servizio della diade stato-capitale.
Come ha sottolineato Franco Cambi, per ri-pensare una pedagogia
dell’autonomia occorrerà allora recuperare quei frammenti emancipatori, e
solo quelli, presenti negli schemi pedagogici dell’età antica, in cui emerge
con forza un modello di soggetto regolato non dall’autogoverno - nel senso
che ad esso abbiamo fin qui attribuito - ma “dall’autodominio e quindi dalla
mente”77. Si tratta dello stesso elemento greco che negli ultimi anni della sua
vita aveva appassionato Michel Foucault. Va però ancora una volta ricordato
73 - A. Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 102.
74 - Idem, p. 103.
75 - Ibidem.
76 - Ibidem.
77 - F. Cambi, Mente e affetti nell’educazione contemporanea, Roma, Armando, 1996.
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238
che il filosofo de L’uso dei piaceri non ha mai proposto alcun “ritorno ai
greci”. Sapeva bene, infatti, che i limiti del modello educativo greco sono
fin troppi, e che sono gli stessi attribuibili ad uno spazio pubblico viriloide
in cui l’educazione era possibile solo per il cittadino - il giovane maschio
avente diritti politici - e non per le donne, i meteci, gli schiavi. Sono insomma
i limiti consustanziali ad uno spazio politico segnato da profonde gerarchie
la cui attualizzazione, oltre che impossibile, è fin troppo indesiderabile. Ciò
che a Foucault interessava era invece porre la questione del modo in cui oggi
sarebbe possibile riappropriarsi del télos dell’etica greca: la padronanza
di sé intesa come autodominio che discende dall’adesione a regole etiche
costruite nell’immanenza del rapporto pedagogico; regole, per così dire,
personalmente scelte e non derivanti dalla trascendenza della legge, divina,
naturale o razionale che sia78.
Il problema di Foucault era quello di comprendere se fosse possibile tradurre
quell’elemento greco dal proprio contesto ed immergerlo in quello ben più
problematico delle nostre società; società globalizzate, in cui – possiamo
oggi aggiungere - accumulazione flessibile, spettacolo integrato e consumo
totale tracciano le rotte dei processi di oggettivazione delle soggettività. E’
in questi dispositivi, infatti, che si continua a riprodurre – dietro lo specchio
della levigata libertà postmoderna – l’ingiunzione di una rinuncia a sé che
nasce dall’interiorizzazione delle logiche sistemiche neoliberali, versione
secolarizzata e continuamente aggiornata della “perfetta obbedienza”
praticata nel collegio gesuita. Contro questa profonda eredità “cristiana”,
e contro le forme contemporanee di moralizzazione dei soggetti, seguendo
Foucault, sarebbe necessario re-immettere all’interno del dispositivo
pedagogico l’idea greca di un’educazione in cui la vita dell’allievo possa
essere intesa come “estetica dell’esistenza”79.
Attraverso l’insegnamento della “cura di sé” (epiméleia eautoù), il maestro
greco guidava l’allievo alla costituzione etica della propria vita come
fosse un’ “opera d’arte” votata alla continua ricerca di possibili modi di
soggettivazione, sganciati dalle istanze normative del potere. Il fine ultimo del
processo era la produzione di un’etica, anche rigorosa, capace di realizzare
un reale ed assai “inattuale” dominio di sé. Se un simile telos pedagogico
trovasse di nuovo posto nella problematizzazione dei processi educativi,
l’allievo potrebbe essere traghettato sia fuori dagli effetti perversi prodotti
dal reticolo pedagogico innervato nel sistema sociale, sia oltre l’ingiunzione
all’interiorizzazione dei dogmi prodotti dalle logiche spettacolari. In altri
termini, come nello spazio educativo greco, all’interno di un rapporto di
78 - Cfr. M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica: compendio di un work in progress, in H. L. Dreyfus
e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, Firenze, Ponte
alle grazie, 1990, pp. 257-281.
79 - Cfr. M. Foucault, L’uso dei piaceri, Milano, Feltrinelli, 1984 e Id, Tecnologie del sé, Torino,
Bollati Boringhieri, 1992.
potere tra uomini liberi, l’allievo sarebbe condotto a lavorare continuamente
su se stesso per costruirsi eticamente, con la necessaria fatica del pensiero,
fuori dai codici della morale corrente.
In questo gioco, libero non è chi assoggetta l’alunno all’obbedienza o
all’autogoverno. Libero è chi libera: libero è il maestro che libera se stesso
dalla “verità” dell’illusione pedagogica occidentale – una favola di cui ha
finalmente riscoperto la poco luminosa provenienza -, e che libera l’allievo
guidandolo nel suo incessante “divenire maestro”. Ma libero è anche l’allievo,
perché - anche attraverso l’esercizio del potere su di sé - libera se stesso,
raggiungendo quell’autodominio che gli consentirà poi di liberare altri,
proprio come lungo lo stesso percorso della propria emancipazione ha già
contribuito a liberare il maestro. La vita di chi apprende tende così a divenire
un’opera d’arte: praticando l’etica al di fuori della morale, in essa si dà la
reiterata “invenzione di nuove «possibilità di vita»” ispirate all’autonomia80.
Pur nella differenza dei processi educativi, il fine dell’autonomia è rinvenibile
nelle scuole filosofiche greche (come quella di Epitteto) e negli esercizi
spirituali degli stoici (le tecniche di meditazione, la scrittura di sé, l’esame di
coscienza, fino al Seneca dell’istruzione come “protezione”, paraskené). E’ nel
libero gioco dell’esperienza educativa che si apprende l’arte del “dominio di
sé”81. Che il gioco sia libero, però, non significa in alcun modo che in esso non
si dia l’esercizio del potere. Il potere non è il “male” ed è proprio l’istituzione
scolastica a dimostrarlo. Secondo Foucault, la prassi dell’insegnamento
a scuola si realizza quotidianamente come un “gioco di verità” a cui è
connaturato l’esercizio del potere. Per il filosofo francese, non c’è nulla di
male nel fatto che “qualcuno che ne sa più di un altro dice a quest’ultimo
quello che bisogna fare, insegna, gli trasmette un sapere, gli comunica delle
tecniche”82. Il problema semmai sorge se e quando queste pratiche, “in cui il
potere non può non esistere e in cui non è cattivo in sé”, generano effetti di
dominio tali per cui un allievo risulterà assoggettato a maestri che perseguono,
anche inconsapevolmente, l’unico obiettivo di oggettivarlo socialmente (o
“integrarlo”, secondo il politically correct dominante) tramite insegnamenti e
modelli comportamentali ritualizzati83.
Proprio per scongiurare questo rischio, che troppo spesso nelle nostre società
finisce per divenire realtà egemone, occorrerebbe tradurre nel tempo presente
l’esperienza pedagogica greca di un’“estetica dell’esistenza”, che è poi
80 - G. Deleuze, Michel Foucault. la vie comme oeuvre d’art, in Id, Pourparlers, Paris, Minuit, 1990,
p. 135. Cfr. anche M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica, cit.
81 - Sull’analisi foucaultiana delle esperienze educative nell’antica Grecia, cfr. A. Mariani, Foucault:
per una genealogia dell’educazione, cit., pp. 117-137 e passim.
82 - M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, in Archivio Foucault. Vol III,
Milano, Feltrinelli, 1996-98, pp. 291.
83 - Idem, p. 292 e Conversazione con Michel Foucault, in Archivio Foucault. Vol II, cit., p. 39.
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240
l’arte di divenire autonomi attraverso la “cura di sé”. Infatti, diversamente
da quanto accade nel “culto contemporaneo di sé” che domina le nostre
città, la cura di sé – che prevede un costante autoesame critico - permette
al soggetto di decifrare non solo le coordinate generali delle gerarchie del
sistema sociale, ma anche le modalità secondo le quali vi si trova inserito,
nonché le regole etiche attraverso cui può abitarlo al meglio o ridefinirne
gli assetti. L’autonomia passa attraverso la pratica di sé e la comprensione
del reale, e queste tramite un processo pedagogico che guida il soggetto
all’autodominio.
Non è ciò che accade ad Alcibiade nel celebre dialogo platonico del 396-388 a.
c., dove Socrate spinge i giovani a occuparsi della propria anima per riscoprirvi
l’elemento divino e la memoria delle forme pure, in un movimento metafisico
di riconciliazione con la patria dell’essere, teso alla sfera ultraterrena. Non
è nemmeno la conseguenza di quanto lo stesso Platone fa proporre a Socrate
nell’Apologia: i cittadini devono sì avere cura di sé, disfarsi di ignoranza,
cattive abitudini e false opinioni, saper dominare le proprie inclinazioni,
conoscere se stessi in rapporto alla città per potersi curare degli altri, ma
solo per aderire ad un modello ideale e “vero” di governo della polis, nel
quale, in fondo, non gli resta che rispecchiarsi passivamente, oggettivandosi.
L’autodominio a cui si fa qui riferimento è piuttosto simile a quello descritto
dagli epicurei o dagli stoici, per i quali il soggetto non è né l’oggetto e lo
strumento di un discorso vero, né – come per le pedagogie cristiane – il luogo
di un’introspezione permanente e mai compiuta alla ricerca di una cattiva
verità in interiore homine che condurrebbe inevitabilmente alla rinuncia di
sé. E’ invece un obiettivo da costruire, l’effetto di un insieme complesso di
pratiche e processi attraverso i quali, per via pedagogica, vengono appresi
concetti da pensare, principi, schemi di azioni da compiere o se si vuole un
éthos. E ciò nella piena immanenza, al di fuori di ogni riferimento a valori
trascendenti e di qualsiasi introiezione, attiva o passiva, delle norme sociali.
Se la vita dell’allievo avrà una sua coerenza interna, uno stile, non sarà in
virtù dell’obbedienza a qualche norma di una morale obbligatoria che ne
spiega il senso; sarà solo perché, anche grazie ad una relazione pedagogica
giocata sempre sul piano di immanenza dei dispositivi sociali, quell’allievo
avrà saputo fare del proprio bíos un’opera d’arte. E lo avrà fatto attraverso
un’attenta estetica dell’esistenza che potrà guidarlo alla libera autocostruzione
del sé e alla promozione di nuove forme di soggettività, magari capaci di
costellare con tenaci pratiche di libertà e resistenza gli oggettivanti luoghi del
dominio84.
Conclusione
84 - Cfr. M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica di libertà, cit. Sul tema, tra i tanti e da
ultimo, cfr. D. Sparti, Come si diventa ciò che si è. Soggettivazione ed etica dell’esistenza in Foucault,
in “aut-aut”, 324, 2004.
Insomma, si è fin qui tentato di sostenere che la funzione del docente non
può ridursi a quella di produrre futuri lavoratori precari adeguati alle nuove
modalità della produzione tecnologicamente rinnovata e docilmente asserviti
alle compatibilità dell’impresa postfordista. Eppure è proprio questo il motivo
per cui tanti giovani studiano, come è questo ciò che moltissime famiglie
richiedono. Di più, è per raggiungere consapevolmente questo scopo che
molti, troppi insegnanti lavorano convincendosi che quello sia il fulcro del
loro agire professionale. E vengono confortati in ciò da zelanti legislatori e
ministri che adeguano alle stesse esigenze la normativa scolastica, evitando
però sistematicamente di discutere con i diretti interessati le ragioni delle
riforme. E ciò sulla base di una contrapposizione assiologia tra “chi sa e sa
fare” e “chi discute”, che – mostrando il vero volto dei sedicenti riformatori
- rievoca la celebre battuta del controrivoluzionario Donoso Cortès sulla
democrazia “discutidora”85.
Abbiamo così una serie ingente di conseguenze - riguardanti non solo l’Italia
ma tendenzialmente l’Europa intera -, che qui elenco in modo rapsodico e
un po’ sommario: la scomparsa dell’obbligo scolastico sostituito dal “dirittodovere all’istruzione e alla formazione” fino al diciottesimo anno, cosa che non
significa affatto andare a scuola fino a diciotto anni; il conseguente ingresso
del “precario perfetto, flessibile e ignorante già prima della maggior età”86,
in un dispositivo di addestramento al lavoro a cui sarà possibile accedere fin
dal primo anno del secondo ciclo, cioè in uscita dalla ex scuola media; la
conseguente equiparazione del concetto di istruzione a quello di formazione
nella cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”, a cui si può accedere fin dal
quindicesimo anno di età secondo una logica per cui si presterà lavoro gratuito
alle imprese (equiparato al tempo scuola) in cambio di crediti formativi; una
sovrapposizione di giovane incolto e studente professionalizzato che occulterà,
nel sistema della già menzionata “alternanza”, il sostanziale abbandono
della lotta alla dispersione scolastica; la correlata riedizione di una scuola
selettiva e classista di altri tempi aggiornata alle esigenze dei nostri “tempi
moderni”; l’introduzione di un’individualizzazione dei percorsi curricolari
che segue il ragazzo dall’infanzia alla fine dell’obbligo, schedandone di
fatto selettivamente le attitudini attraverso il cosiddetto “portfolio delle
competenze” – colpevole lascito della riforma Berlinguer; l’introduzione, in
altri termini, di uno strumento che misura “non quello che puoi, ma quello
che sei (stato) sulla base di dati che impongono sul presente, e soprattutto
sul futuro, il peso del passato” e che, per di più, potrà essere presentato alle
85 - Cfr. in questa direzione, l’ottima analisi di G. De Michele, La precarietà del sapere, cit.
86 - Ibidem.
241
242
aziende in uscita dalla scuola87; la possibilità offerta dalla legge di utilizzare
l’autonomia per ridurre il monte-ore scolastico a vantaggio di una serie di
attività opzionali, attivabili anche da soggetti privati e inserite nel cosiddetto
“piano dell’offerta formativa”88; l’adozione di un sistema di crediti formativi
che, mentre scimmiotta standard di efficienza imprenditoriale, oltre a non
risultare in alcun modo funzionale alle esigenze del mercato, sgretola il sapere
fino a ridurlo a micro-saperi in pillole capaci solo di fornire una generica
infarinatura di conoscenze altrettanto generiche89; più in generale, la decisa
torsione del governo della scuola - e dell’università del “tre più due” - verso
un’adesione acritica (e perfino inadatta allo scopo) alle compatibilità imposte
dall’universo della produzione e dall’etica di impresa90: sono, tutte queste, solo
alcune delle contemporanee “innovazioni pedagogiche”, che si aggiungono
alla precarizzazione e allo svilimento della funzione docente.
Simili innnovazioni, tuttavia, non rappresentano affatto le adeguate soluzioni
del problema: sono invece i suoi più gravi sintomi. E, proprio mentre la
ricerca Ials-Sials del maggio 2001 rileva che circa un terzo degli italiani sono
analfabeti di ritorno e oltre il 50% dei giovani tra i 26 e i 35 anni si dividono
tra questa condizione ed un’altra lievemente migliore91, quei sintomi si
concentrano sul fine di derubricare a mero danno sociale lesivo del cosiddetto
“bene comune” tutte quelle energie, talenti, saperi che eccedono l’efficienza
aziendale e non possono essere sussunte dalla razionalità di mercato92. Forse
87 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. Non si sottolineerà mai abbastanza il concretissimo
rischio che il cosiddetto portfolio, “atto ad ingabbiare l’esperienza potenziale in esperienza vitale”
pregiudicando quella virtuale, si trasformi in uno strumento finalizzato a convincere definitivamente i
più deboli che il loro destino è, da sempre, un’occupazione generica, precaria e sempre più sottopagata.
Sul portfolio cfr. anche le brevi, sagaci considerazioni di B. Vertecchi, Cronache dalla provincia, in
“Insegnare”, 6, 2005, p. 6-7.
88 - Si tratta di attività con cui le scuole possono competere sulla vetrina del mercato per attirare allievi
ridotti a clienti.
89 - P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione, cit. p. 146.
90 - Per una lucida critica delle derive dell’università-azienda in Italia, cfr. Intervista a Edoardo Sanguineti. Dall’università di massa all’università azienda, in “Liberazione”, 2 gennaio 2005, pp. 18-19.
Sul sistema del cfu (l’attribuzione dei crediti formativi), cfr. A. Illuminati, Il computo nevrotico del
sapere, in “Il manifesto”, 28 maggio, 2005, p. 13. Sulla triste comparsa degli uffici marketing in circa
un terzo delle università italiane, cfr. M. Cartosio, “Più forti degli altri”: università al mercato, in “Il
manifesto”, 20 settembre 2005, p. 11.
91 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. Citando per esteso De Michele, è importante ricordare che “due terzi degli italiani sono in condizioni di emergenza sociale, se trasferiamo le competenze
in loro possesso nel mondo del lavoro. Ovvero, rovesciando il punto di vista […], sono soggetti perfettamente funzionali alle nuove flessibilità imposte dal mercato del lavoro globale […] dunque potenzialmente docili e sottomessi”. Inoltre “sono, per carenze culturali di base, di arduo coinvolgimento
in un contesto di relazioni aperte alle nuove soggettività importate dai lavoratori migranti; al tempo
stesso risulta più agevole la penetrazione dei discorsi neo-identitari sull’identità di luogo e sul ritorno
del nesso terra-sangue, che costituiscono il portato di un nuovo fascismo culturale”.
92 - Per un utilizzo critico del concetto di bene comune affine a quello qui utilizzato, cfr. M. Ilardi, Nei
presto, quando si vorrà davvero rifondare un’etica dell’insegnante, e con essa
una pedagogia realmente emancipatoria, bisognerà rovistare proprio tra le
pieghe di quell’eccedenza. E’ infatti lì che, oggi più che mai, si addensa la
libertà delle donne e degli uomini che vivono la crisi della modernità93. Queste
pagine non rappresentano che un tentativo di suggerirlo.
243
territori del consumo totale. Il disobbediente e l’architetto, Roma, Deriveapprodi, 2004, p. 62.
93 - Cfr. M. Bascetta, La libertà dei postmoderni, Roma, Manifestolibri, 2004, p. 78.
Parte quinta
Studi Sammarinesi
245
IL GRUZZOLO DI PADERNA ATTRAVERSO IL CARTEGGIO
“MARTORELLI – GIAMPAOLI”.
Note su un ritrovamento archeologico fortuito nella
Repubblica di San Marino.
di Paola Bigi
Gli anni novanta dell’Ottocento costituirono un decennio di straordinari
ritrovamenti fortuiti per l’archeologia sammarinese. Le scoperte, avvenute
accidentalmente e in occasione di lavori agricoli, si concentrarono nelle
campagne di Domagnano. Nella fertile conca di Domagnano – Paderna Valgiurata, in un breve arco di tempo e a poche centinaia di metri di distanza
l’uno dall’altro, furono infatti rinvenuti ben due “tesori”, il primo dei quali è il
celeberrimo “tesoro di Domagnano”.
Il “tesoro di Domagnano”
Il “tesoro di Domagnano”, uno dei più spettacolari nuclei di oreficeria barbarica
d’Europa, venne alla luce negli anni 1892-1893 in località Lagucci. A questo
complesso di gioielli, tutti in oro, sono tradizionalmente attribuiti due fibule a
forma di aquila, nove pendenti di collana, due orecchini, tre borchie interpretate
come appliques di una borsa da cintura (due pseudorettangolari ed una ovale),
uno spillone per capelli, un anello, due puntali per fodere di coltellini, una
catena ed una fibula a forma di cicala. E’ stato successivamente riferito al
“tesoro” anche un decimo pendente di collana. Eccezion fatta per puntali e
catena, i gioielli sono lavorati en cloisonné, e le minute cellette geometriche,
strutturate su diversi livelli, sono decorate da inserti di granati almandini,
pasta vitrea verde, avorio, madreperla, perle e lapislazzuli. I reperti sono stati
datati alla fine del V – primi decenni del VI secolo d. C. e la preziosità della
parure ha indotto gli studiosi ad attribuirla ad una nobildonna ostrogota di alto
lignaggio, legata alla corte del re Teodorico (493-526), che, sconfitto il re degli
Eruli Odoacre, diede vita ad un regno romano barbarico in Italia con capitale
a Ravenna, distante circa 70 chilometri dal luogo del ritrovamento1. Il regno
ostrogoto fu di breve durata. Poco dopo la morte di Teodorico, l’Imperatore
d’Oriente Giustiniano (527-565) intraprese una guerra ventennale (535–553)
per riconquistare l’Italia, che, dopo fasi alterne, si concluse con la sconfitta dei
Goti e l’effimera riunificazione della penisola italica all’Impero.
Nonostante la scrupolosa raccolta e disamina delle fonti orali e documentali
1 - Per l’inquadramento storico ed archeologico del “tesoro di Domagnano” si vedano I Goti a San
Marino. Il tesoro di Domagnano, San Marino 1995 (contiene saggi di V. Bierbrauer e D. Kidd, con
riferimenti alla bibliografia precedente); M. Nawroth, Der Fund von Domagnano, Republik San Marino. Einflüsse der byzantinischen Hoftracht auf Schmuck und Kleidung der Goten in “Anzeiger des
Germanischen Nationalmuseums, 2000, pp. 89-101; W. Meneghin, The Domagnano Treasure, in From
Attila to Charlemagne. Arts of the Early Medieval Period in the Metropolitan Museum of Art, pp. 132139, New York 2000.
247
disponibili2, il contesto del ritrovamento non è ben noto ed il “tesoro di
Domagnano” è stato interpretato alternativamente o come un ricco corredo
funerario o come un nascondimento intenzionale durante il periodo delle guerre
greco-gotiche. Numerosi misteri avvolgono questa eccezionale scoperta3, anche
per il comprensibile riserbo che circondò il recupero e la vendita sul mercato
antiquario di gioielli di così inestimabile valore. La mancanza di una legge
a tutela del patrimonio storico ed archeologico consentì infatti ai proprietari
del terreno, Rosa Foresti e Vito Serafini, di alienare legalmente i reperti,
che si dispersero progressivamente al di fuori della Repubblica in musei e
collezioni private di tutto il mondo. Solo una delle borchie pseudorettangolari
fu acquistata nel 1922 dal Museo di Stato della Repubblica di San Marino,
dove è a tutt’oggi conservata4.
248
Il gruzzolo di Paderna
Nel 1898, a Paderna, in un podere di proprietà del beneficio parrocchiale
della Pieve di San Marino, confinante con quello in cui fu ritrovato il “tesoro
di Domagnano”, vennero rinvenuti 2006 denari in argento di età romana
repubblicana.
Una testimonianza orale sulle modalità del rinvenimento è stata raccolta da
Agostino Giacomini, che riporta il racconto di Virgilio Giovagnoli, il cui
nonno Raffaele era stato colono in quello stesso podere qualche anno dopo la
scoperta. Sulla base di tale testimonianza, la prima moneta fu trovata dalla figlia
di Giuseppe Beccari, il contadino che all’epoca coltivava il fondo, “tornando
verso casa lungo la carraia, tuttora esistente”. La ragazza indicò al padre
l’esatto luogo del rinvenimento e, scavandovi, fu riportato alla luce l’intero
nucleo numismatico, che il Beccari consegnò al proprietario, l’arciprete della
Pieve don Andrea Giampaoli5.
Il ritrovamento di Paderna, per le sue caratteristiche, è identificabile come
un “gruzzolo”, cioè un nascondimento intenzionale di monete a scopo di
tesaurizzazione. L’interramento di un gruzzolo poteva avvenire talvolta per
motivi personali del possessore, ma il fenomeno era frequente soprattutto
durante periodi di crisi ed instabilità politica, sociale ed economica che
inducevano i proprietari all’accantonamento ed al nascondimento di denaro
a scopo cautelativo e per l’impossibilità di effettuare investimenti. In questi
ripostigli le monete più recenti costituiscono per gli studiosi un utile indicatore
2 - Per l’analisi delle fonti orali e scritte si veda soprattutto A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano, in
“Studi Sammarinesi”, 1987, pp.147-186.
3 - G. Bottazzi, Il tesoro di Domagnano, in G. Bottazzi – P.Bigi (a cura di), Domagnano dal tesoro alla
storia di una comunità in età romana e gota, Mostre del Museo 11, San Marino 2001, pp.12-19.
4 - A. Simoncini, scheda 15 in P. G. Pasini (a cura di), Il Museo di Stato della Repubblica di San Marino, Milano 2000, pp. 15-16.
5 - A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano cit., p. 154.
cronologico per datare, seppure in maniera approssimativa, il momento del
nascondimento e per valutare possibili relazioni con eventi storici avvenuti
in territorio6. Per l’area emiliano-romagnola, come ha evidenziato Emanuela
Ercolani Cocchi, i gruzzoli di monete repubblicane rinvenuti sono localizzati
innanzitutto lungo l’asse della via Emilia, e, secondariamente, in località situate
in corrispondenza delle direttrici transappeniniche o di approdo alla costa. Le
date di chiusura dei numerosi gruzzoli di I secolo a.C. si concentrano in “fasce
di addensamento” che corrispondono ad avvenimenti bellici, spoliazioni,
ridistribuzioni delle terre connessi ad episodi delle guerre civili ed anche a
vicende della rivolta di Spartaco 7.
All’interno dei gruzzoli si trovano prevalentemente nominali ad alto valore
intrinseco, come è appunto il denarius, moneta in argento utilizzata per pagare
lo stipendio dei soldati e per le transazioni commerciali. Questa moneta
costituì per Roma un efficace strumento di propaganda ideologica. Coniato a
partire dalla seconda metà o dall’ultimo decennio del III secolo a.C., a seconda
delle diverse interpretazioni degli studiosi, il denario presentò inizialmente
una tipologia fissa, con la testa della dea Roma sul dritto e i Dioscuri a cavallo
sul rovescio. Successivamente, però, sui denari cominciarono a comparire
immagini strettamente collegate alle vicende delle famiglie (gentes) dei
magistrati che, secondo le direttive del senato, sovrintendevano alle emissioni
monetali in oro, argento e bronzo, cioè i tresviri auro argento aere flando
feriundo o tresviri monetales. Nel corso del I secolo a.C., un periodo di
profonda crisi e trasformazione dello Stato romano, la moneta divenne sempre
più un veicolo per diffondere i programmi dei partiti politici e dei singoli
contendenti fino a quando, a partire da Cesare, cominciò addirittura ad esservi
apposto il ritratto del leader politico, consuetudine che continuò per tutta l’età
imperiale8.
Il gruzzolo di Paderna subì una sorte analoga al “tesoro di Domagnano”, e
i denari che lo componevano furono venduti a lotti sul mercato antiquario.
Nessuna delle monete rinvenute è quindi oggi a San Marino, né al momento
attuale si sa in quali collezioni esse siano confluite9.
Fortunatamente, però, la composizione del nucleo numismatico è nota perché
nella Biblioteca di Stato della Repubblica di San Marino è conservato un
6 - Si veda E. Ercolani Cocchi – A.L. Morelli – D. Neri (a cura di), Romanizzazione e moneta. La testimonianza dei rinvenimenti dell’Emilia Romagna in “Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna”,
10, Firenze 2004, pp. 71-95 (con bibliografia di riferimento).
7 - E. Ercolani Cocchi, Le monete dello scavo di Domagnano nel contesto dei rinvenimenti monetali
del territorio, in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp.
139-159; si vedano in particolare le pp. 148-153 dedicate alla diffusione del denario ed alle prime
considerazioni sul gruzzolo di Domagnano.
8 - G. Angeli Bufalini, La moneta romana, Roma 2001, pp. 29-47; E. Ercolani Cocchi – A.L. Morelli
– D. Neri (a cura di), Romanizzazione e moneta, cit., pp. 85-88.
9 - Brevi cenni in P. Bigi, Il ripostiglio monetale di Paderna in Domagnano. Dal tesoro alla storia di
una comunità in età romana e gota cit., pp. 19-21.
249
elenco dettagliato degli esemplari, corredato anche dal frottage di alcuni di
essi10. Don Andrea Giampaoli si rivolse infatti al canonico Augusto Martorelli
di Pennabilli, che catalogò tutti i reperti numismatici del ripostiglio di Paderna
seguendo l’opera di Ariodante Fabretti, con lo scopo di facilitare la stima del
valore commerciale di ogni esemplare sul mercato antiquario. Nell’album del
Martorelli i denari sono ordinati, da 1 a 2006, in base al nome del triumviro
monetale che ne curò l’emissione ed al tipo. Per ogni esemplare è specificato
il nominale ed il metallo, e sono descritti dritto ed rovescio. Segue infine il
frottage della moneta (figura 1).
Lo studio del gruzzolo di Paderna è quindi possibile, ed in attesa di una
pubblicazione analitica, è già stato rilevato che la data di chiusura del ripostiglio
è il 43 a.C., contemporanea, quindi, allo scontro politico e militare fra Antonio
ed Ottaviano che, dopo la morte di Cesare e la sconfitta dei congiurati,
interessò anche l’Italia centro-settentrionale (guerra di Modena del 43 a.C. e
guerra di Perugia del 41-40 a.C.). Da un punto di vista topografico il territorio
di Domagnano si colloca inoltre in un’area di collegamento fra l’entroterra e
la costa, in cui la città più vicina, Rimini, rivestiva un nodo viario di rilevante
importanza11.
250
Il carteggio “Martorelli – Giampaoli - Sangiorgi – Principe Falconieri di
Carpegna”: cronaca di una vendita deludente
Non si era ancora spenta la eco del favoloso ritrovamento dei gioielli ostrogoti
di Domagnano, dei quali era in corso la vendita, quando, completato l’elenco
delle monete, sistemati i denari in sacchettini di tela a loro volta riposti in
un’apposita cassettina in legno di noce, Andrea Giampaoli ed Augusto
Martorelli si accinsero, pieni di speranze, ad immettere il “tesoro di Paderna”
sul mercato antiquario.
Dei contrasti e dissapori sorti fra la proprietà e lo scopritore circa i proventi della
vendita rimane chiara traccia nelle testimonianze orali. Agostino Giacomini,
attraverso la testimonianza raccolta da Virgilio Giovagnoli, riporta la versione
di Giuseppe Beccari, il quale, all’affermazione dell’arciprete don Andrea
Giampaoli che le monete erano state giudicate di nessun valore, avrebbe
risposto che si trattava di una menzogna e richiesto, a titolo di indennizzo
per il mancato guadagno, di rimanere nel podere senza versare alcunché alla
proprietà, il che sarebbe avvenuto fino alla morte del Giampaoli nel 191212 .
10 - Album di monete romane consolari. Tipi 272. Monete 2006 trovate nel fondo Paderna – podere
dell’arcipretura – San Marino Rep., posizione SM M 125-4.
11 - Le prime considerazioni sul gruzzolo di Domagnano nel contesto dei ritrovamenti sammarinesi
ed emiliano-romagnoli si trovano in: E. Ercolani Cocchi, Le monete dello scavo di Domagnano cit.,
pp. 151-153. Nel medesimo contributo (fig. 68, p. 150) è pubblicato un istogramma con la rappresentazione della distribuzione cronologica, anno per anno, degli esemplari del gruzzolo emessi a partire
dal 154 a. C.
12 - A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano cit., p. 154.
Ancor oggi nelle campagne di Domagnano c’è chi ricorda il tesoro rinvenuto a
Paderna e l’inganno perpetrato dal parroco di San Marino ai danni del colono
che lo aveva ritrovato.
Maggiori informazioni sulla vendita sono contenute nel “Carteggio Martorelli
– Giampaoli - Sangiorgi – Principe Falconieri di Carpegna” conservato nella
Biblioteca di Stato della Repubblica di San Marino. Il carteggio fu ritirato
dalla casa arcipretale da uno dei conservatori del Museo di Stato, Onofrio
Fattori, durante il periodo della sua Reggenza con Angelo Manzoni Borghesi
(1 ottobre 1911 – 31 marzo 1912) e venne depositato nella Biblioteca-Museo
insieme all’album del Martorelli.
Il “carteggio” (posizione SM M 128-7) contiene non solo epistole del
Giampaoli e del Martorelli, ma anche lettere inviate dalla Galleria Sangiorgi,
cui fu affidata la vendita delle monete, e da altre persone coinvolte per reperire
potenziali acquirenti o agevolare le pratiche a Roma, insieme a ricevute e
promemoria.
Cronologicamente il primo documento data al luglio del 1898, ed è proprio una
ricevuta rilasciata da Augusto Giampaoli a Giuseppe Beccari per l’avvenuta
consegna di 1385 monete consolari a titolo di studio (figura 2).
Nel clima di sfiducia che si creò, ricevute e dichiarazioni si susseguirono ed
il conteggio delle monete antiche e del denaro incassato divenne stringente.
In una lettera inviata ad Andrea Giampaoli nel 1910 (figura 3) è citata, oltre
alla ricevuta conservata, un’ulteriore ricevuta di Martorelli per 16 denari,
non conservata e senza indicazione di data, mentre si ritengono necessarie
un’ulteriore ricevuta di Giampaoli per 605 monete, da predatarsi all’agosto
del 1898, ed una dichiarazione della casa d’aste.
Penna- (barrato) San Marino 1° Agosto 1898
Il sottoscritto riceve dal sig. Beccari Giuseppe n. 605 monete consolari
e dell’impero a titolo di studio.
_______________________________________________________
In tutto si presero £ 1885,50 (come va che il numero è di monete 420?)
£ 700 al momento della consegna
“ 794.40 alla liquidazione
Le lire 391.10 da chi furono avute? Quando? Furono forse trattenute
dal Sangiorgi per le spese di asta?
________________________________________________________
Far fare una dichiarazione dal Sangiorgi che furono prese in tutto £
1885 che £ 700 fur consegnate al can.co Martorelli nel giorno della
consegna, £ 794.40 dopo tutta l’asta, e £ 391.10 trattenute dallo stesso
Sangiorgi per le spese di asta.
________________________________________________________
Le monete sono secondo il catalogo n. 2006 - Si ha una ricevuta firmata
dal Can.co a Martorelli per monete 16, un’altra di Augusto per monete
1385, ne occorre una (1) per monete 605.
251
La vendita, conclusa nel maggio del 190013, fruttò dunque un guadagno di
1885.50 lire, una cifra certo non disprezzabile per l’epoca, ma nettamente
inferiore alle aspettative dei proprietari, che speravano in un guadagno di 6000
lire14. Le monete furono classificate e stimate alle Gallerie Sangiorgi in base
all’opera di Ernest Babelon e, al fine di ottenere il prezzo massimo, si tentò
anche di individuare compratori che fossero interessati all’acquisto dell’intero
ripostiglio. Venne coinvolto a tal fine Falconieri di Carpegna, che sperava
di contattare lo storico Theodor Mommsen o il futuro Re di Italia, Vittorio
Emanuele III, che possedeva una ricca raccolta numismatica. La lettera inviata
da Falconieri di Carpegna il 23 giugno 1899 è indicativa di questi tentativi
infruttuosi.
Roma 23 Giugno 99 - riservata
252
Canonico carissimo
Non son buone le notizie, che anzi io cado dalle nuvole! Ieri fui dal
mio tedesco che mi promise di proporre la cosa al Momsen, ma prima
voleva che io facessi vedere l’Album a un valentissimo numismatico,
per istabilirne il prezzo, che ormai è fissato fino al centesimo,
dall’opera di Babelon. Stamani ci sono andato: e mi spiego come le
due trattative avute sieno abortite! - Dunque col numismatico abbiamo
data una corsa all’Album: e ci debbo tornare per istabilire, colla guida
del Babelon, il prezzo a ciascuna moneta - Nell’album non abbiamo
trovate che poche monete veramente rare; nessuna di quelle rarissime,
che possono valere fino a £ 200 l’una. - Il prezzo delle rare può variare
da £ 10 a £ 100: ma la massima parte valgono da £ 1, a £ 5. Così
mi ha detto, che dato pure il prezzo alla collezione…sarebbe difficile
trovarcisi £ 2000. Son rimasto fulminato! - Mi aggiunge che il momento
è inopportunissimo; perché altri ripostigli sono stati trovati in questi
ultimi tempi, e con monete della stessa epoca: uno a Jesi ed uno di 4000
pezzi a Rieti: di cui la massima parte è stata acquistata dal Ministero
P. I. a circa una lira l‘una - E di questo han parlato anche i giornali.
Ma io, Le communico tutto ciò, ma non mi do per vinto! Solo non è
bene affrettare: e pel 15 Luglio parto. Ci vuol pazienza! - Tornerò dal
numismatico: esamineremo tutto in dettaglio: e il mio amico tedesco
mi ha promesso, che il Momsen (che dà molta importanza storica ai
13 - Si veda la lettera inviata dalla casa d’asta Sangiorgi ad Augusto Martorelli il 25 maggio del 1900.
14 - Nella lettera inviata dalla casa d’asta ad Augusto Martorelli il 12 maggio del 1900 si legge infatti
: “Non so comprendere come Ella possa spronarmi a raggiungere le 6.000 lire per le sue medaglie
se quando Ella fu qui Le feci osservare che saremmo bravi ad oltrepassare le £ 1.500. A scanso di
responsabilità era (sic!) gradito che avesse proseguito la vendita, perché io non posso far miracoli per
sopperire a bisogni della sua povera famiglia”.
ripostigli di questo genere) avrebbe sempre pagato il prezzo massimo, e
maggiore di quanto era tariffato dal Babelon, e detto dal numismatico.
______
In fretta, ma ho voluto dirle tutto: e proprio sono inquietissimo. Le
stringo la mano.
Suo aff.mo
… Falconieri di Carpegna
PS. Mi scriva, che pensa di fare! La vendita al dettaglio era il modo di
far più quattrini - E farne parlare a S.A. il P.pe ereditario? Ma è meglio
che ci vediamo quest’estate.
Dopo il rendiconto definitivo della vendita15, le lettere inviate nei mesi di
giugno e luglio 1900 sono improntate ad una profonda disillusione. Il conto
definitivo giunto da Parigi “fa spavento”16, la “fortuna è così miserabile che fa
piangere” e la situazione è definita “una catastrofe spaventosa”17. Inoltre, nelle
lettere dei mesi successivi, si fanno sempre più palesi sentimenti di diffidenza
reciproca, recriminazioni per i ritardi nel pagamento e crescenti problemi
fra la proprietà e Giuseppe Beccari, che riteneva di essere stato ingannato. A
garanzia della irreprensibilità della condotta del Martorelli, che si fece carico
in primis della vendita, venne chiamata a testimonio anche la casa d’aste. Ciò
appare evidente in un biglietto spedito dal Sangiorgi in data 7 agosto 1900 ed
in una lettera, sempre inviata dalle Gallerie Sangiorgi, del 3 settembre dello
stesso anno.
3 Sett. 1900
Sig. Don. A. Arcid. Martorelli
Pennabilli
A mezzo posta Le ho spedito raccomandato il catalogo manoscritto
richiestomi.
Dispiacente che la famiglia proprietaria delle monete diffidi della Sua
Persona, tengo a dichiararle (meno i N non accreditatole nel resoconto,
perché aggiunti e di mia proprietà) le rimanenti Monete sono quelle
da Lei consegnatemi e corrispondenti esattamente al suo catalogo
manoscritto sia per la quantità sia per la bella conservazione e da me
egualmente catalogate, meno qualche variazione o posposizione di
nome di famiglia perché classificate secondo l’opera “Babelon”.
15 - Lettera inviata dalla Galleria Sangiorgi ad Augusto Martorelli il 22 giugno 1900.
16 - Lettera del 28 giugno 1900.
17 - Lettera del 24 giugno 1900.
253
Per una vendita all’asta ed a lotti, le note monete sono state vendute a
prezzo buonissimo se si considera che vi erano moltissimi esemplari di
uno stesso tipo e mancanti di rarità significante.
Le dichiaro che Ella niun compenso a (sic!) percepito per la illustrazione
del suo catalogo manoscritto perché a me di niun giovamento, causa la
differente narrativa.
Come già scritto al Sig. Beccari a San Marino (lettera che ci venne
respinta perché colà sconosciuto) tengo il saldo ricavo vendita a
disposizione, come pure la valigetta e cassettina.
Tanto a riscontro gent. Sua e distintamente La riverisco.
p.p. G. Sangiorgi
(firma illeggibile)
Passarono dieci anni, per i quali non sono conservate lettere, ma le controversie
non si placarono e, dopo ulteriori accordi18, nel febbraio del 1910 giunse infine
la sospirata dichiarazione di Sangiorgi, insieme ad un laconico biglietto di
accompagnamento.
Rome le 2 Febbraio 1910
254
Io sottoscritto dichiaro che dall’Asta Pubblica di N° 2006 (Duemila
e sei) monete romane tutte della Repubblica, come consta dal catalogo,
consegnatomi dal Can. Martorelli, furono ricavate L 1885,50.
Che di tale somma furono consegnate, al momento della consegna
delle monete, L 700 al Can.co Martorelli; che finita la liquidazione
furono versate al Signor Romualdo Pelosi altre L 794,40 e che le
rimanenti Lire 391,10 andarono nelle spese di asta.
Roma, 2 Febbraio 1910
G. Sangiorgi
Negoziante di oggetti antichi
Un promemoria di Augusto Martorelli, non datato, compendia le vicende della
vendita:
18 - Lettere delle Gallerie Sangiorgi del 21 gennaio 1910 e lettera di Augusto Martorelli del 29
gennaio 1910.
Promemoria
Le lire 700 che il D. Martoretti (sic!) dal Sangiorgi in Roma
per le note monete furono spese così
Rimborso a favore del sottoscritto di
£
1 per altrettante passate al Beccari in sei o sette volte nei mesi
antecedenti all’asta
2 Al Suo ritorno da Roma ne spedì al Beccari altre
Per la permanenza di giorni 11 in Roma pel sottoscritto e
3
per l’arciprete Giampaoli £ 4 per ciascuno al giorno
£
4 Mancie due alla Casa
Fiacher (sic!) omnibus e treno pel trasporto della cassettina
5
in molti luoghi
6 Viaggio di Roma per due andata e ritorno in 3a classe
7 Viaggio del sottoscritto a San Marino
£
Per altri 12 giorni di permanenza in Roma che il
8 sottoscritto da solo dovè passare per collocare in qualche
modo le monete
£
9 Per l’acquisto del Fabretti autore di numismatica
10 Cassettina di noce per le monete
11 Tela per 126 sacchetti e fattura
12 Corrispondenza con Roma, Londra e Parigi
spese in tutto £
Restano per la nostra fatica di tre mesi £
230,00
200,00
88,00
6,00
4,00
72,50
9,25
609,75
48
12,40
3
3
4,50
680,65
19,35
Augusto Arc. Martorelli
Ritrovamenti ottocenteschi e nuovi dati archeologici
A partire dal 1997, dopo l’attivazione di una Sezione Archeologica all’interno
dei Musei di Stato, si è avviato nella Repubblica di San Marino un programma
di ricerche archeologiche di superficie, finalizzato alla redazione di una
carta archeologica del territorio. Il progetto, realizzato in collaborazione con
Gianluca Bottazzi, che aveva già condotto ricerche preliminari in territorio
sammarinese, è finalizzato alla acquisizione di nuovi dati storici ed alla tutela
del patrimonio archeologico esistente19.
Il progetto è ancora in corso e al momento, per la sola età romana, sono
state individuate in territorio sammarinese cinquantadue aree insediate o
frequentate, che restituiscono l’immagine di un paesaggio caratterizzato dalla
19 - Per i criteri di redazione della carta archeologica si veda P. Bigi Dalle scoperte fortuite alla carta
archeologica sistematica in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota
cit., pp. 22-28, con riferimenti alla bibliografia precedente.
255
256
presenza di numerosi insediamenti rustici (fattorie ma anche “ville” dotate
di un settore residenziale), che testimoniano lo sviluppo dell’agricoltura e di
attività integrative come la produzione di laterizi e ceramiche e lavorazione
della pietra locale.
Nella conca di Domagnano- Paderna – Valgiurata, caratterizzata terreni fertili,
abbondanza di acque e percorrenze naturali di crinale20, sono stati rilevati
sei insediamenti rustici, uno dei quali, a Paderna, corrisponde esattamente al
luogo di ritrovamento del gruzzolo.
Negli anni 1998-2000, in tre campagne di scavo archeologico bimensili, è
inoltre stato indagato in località “Paradiso” il più rilevante insediamento di età
romana finora identificato in territorio, una villa urbano- rustica con continuità
insediativa dal II sec. a.C. alla prima metà del VI sec. d.C. Proprio in età gota
la villa di Domagnano venne radicalmente ristrutturata e dall’edificio tardo
antico, che si articola in due file di ambienti, caratterizzati da pavimenti in
terra battuta e focolari multipli, e un vasto cortile, provengono alcune monete
di emissione ostrogota. Lo studio dei materiali, insieme alle analisi botaniche
e faunistiche, ha permesso di ricostruire le fasi di vita della villa anche negli
aspetti economici e ambientali21.
La presenza di un insediamento di età gota in una località vicina all’area
tradizionalmente indicata come luogo di ritrovamento dei gioielli ostrogoti
costituisce una novità di rilievo nel panorama degli studi sul “tesoro di
Domagnano”. Se nel 1995 Volker Bierbrauer annotava infatti che il tesoro
“per quanto se ne sa… non ha alcun rapporto con un eventuale insediamento
romano o tardoantico/medioevale”22, è evidente che i nuovi dati archeologici
hanno modificato radicalmente tale prospettiva.
Molte problematiche rimangono, però, ancora aperte. Non sono state infatti
rinvenute le necropoli riferibili agli insediamenti della conca di DomagnanoPaderna – Valgiurata, così come non è noto se altri insediamenti, oltre a quello
di località Paradiso, abbiano avuto continuità di vita sino all’età gota. Solo
nuove ricerche archeologiche potranno dare risposta a questi interrogativi e
gettare una nuova luce sui “tesori” di Domagnano.
20 - G. Bottazzi , Il popolamento rurale nel Sammarinese: l’esempio di Domagnano in Domagnano.
Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp. 40-43.
21 - Si veda il più volte citato Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota.
22 - V. Bierbrauer, Il rinvenimento di Domagnano, Repubblica di San Marino, in I Goti a San Marino, cit., p. 42.
257
Figura 1
Figura 2
258
Figura 3
APPUNTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE SAMMARINESE.
III – L’ARENGO DEL 1906 E LE LEGGI ELETTORALI SUSSEGUENTI
di Cristoforo Buscarini
L’Arengo dei capifamiglia, tenutosi il 25 marzo 1906, rappresentò
indubbiamente un momento di svolta nella storia costituzionale di San Marino
poiché incise in profondità sul procedimento di formazione dell’organo
centrale della costituzione del microstato, introducendo la composizione del
Consiglio Generale mediante elezione da parte del corpo elettorale, in luogo
del sistema basato sulla cooptazione dei suoi membri, nonché la temporaneità
dell’ufficio. Tuttavia tale riforma, attuata al di fuori di un disegno organico di
riordino delle istituzioni, palesò, fin dalla sua attuazione, non pochi elementi
di contraddittorietà e di incompletezza. Nell’antico ordinamento statutario del
sec. XIV lo ius proprium vigente nel Comune sammarinese non si discostava
dallo ius comune generalmente vigente in ambito comunale, che individuava in
quattro organi fondamentali (Arengo, Consiglio Generale, Consiglio speciale,
Consoli ) gli elementi portanti di tale costruzione, come si evince dai tre
codici statutari sammarinesi della prima metà del Trecento, nonché dai Libri
del Comune risalenti agli ultimi decenni dello stesso secolo1. Questi ultimi
rivestono particolare importanza poiché, anche se scarsamente analizzati dagli
studiosi, forniscono una rappresentazione concreta e realistica del sistema
politico effettivamente vigente all’interno della Comunità, specie laddove
fanno giustizia di molti miti inerenti un sistema di perfetta democrazia che
si vuole attribuire a tale fase di sviluppo della organizzazione comunitaria, a
cominciare dall’asserito e mai dimostrato egualitarismo economico e politico2.
Con il compimento del processo involutivo dal sec. XV al XVI, che porta
alla introduzione delle linee tipiche dello stato d’antico regime, formalizzato
nello Statuto tardocinquecentesco, promulgato nell’anno 1600, si opera una
semplificazione nella organizzazione del potere in quanto gli organi fondamentali
della costituzione materiale della Comunità nella sostanza divengono due: il
Consiglio Principe e Sovrano; i Capitani Reggenti. Per questioni particolari il
Consiglio può delegare a organismi ristretti composti di consiglieri, il disbrigo
di affari richiedenti tempestività nelle decisioni e facilmente convocabili,
Le parti precedenti di questi Appunti sono pubblicate negli Annuari del Ginnasio Liceo della Rep. di
San Marino, n. XIV a.s. 1978 -1979, e n. XV a.s. 1979 – 1980.
1 - C. MALAGOLA, L’Archivio governativo della Rep. di S. Marino riordinato e descritto, Bologna
1891 (San Marino 1981); Gli statuti di San Marino del 1352-1353 con aggiunte le riforme dal
1356 al 1488, a cura di F. Balsimelli, San Marino 1943; C. BUSCARINI, Osservazioni sugli statuti
sammarinesi del trecento, “Romagna arte e storia”, n. 33 1991; Condempnationes 1365-1371, a cura
di M. Conti, San Marino 2004.
2 - F. V. LOMBARDI, Rapporti giuridici e patrimoniali di una famiglia nobile di San Marino del
duecento, in Momenti e temi di storia sammarinese, San Marino 1996. Montefeltro e Malatesti nelle
carte sammarinesi 1410-1482, a c. di C. Buscarini, (in c. di st.)., San Marino 1996.
259
260
denominati Congregazioni o Congressi. Fu formata così, nel sec. XVIII, la
Congregazione generale dei nobili, nel 1797 il Congresso per gli affari relativi
ai francesi (era il periodo in cui il gen. Bonaparte era sceso nella penisola), e
poi il Congresso per gli affari esteri nel sec. XIX, per non dire di altri minori
organismi. Solo nel 1830 si istituì un organismo consiliare permanente, la
Congregazione Economica o Congresso di stato, con attribuzioni in materia di
gestione del bilancio entro limiti di competenza piuttosto ristretti, in sostanza
con poteri prima attribuiti alla Reggenza. L’organismo fondamentale della
costituzione comunale, l’Arengo dei capifamiglia, già nel sec. XVI risulta
soppresso. La singolare esperienza tendenzialmente democratica, realizzata
nel 1560 per volontà del duca d’Urbino, basata sulla riesumazione dell’Arengo
ai fini della formazione del Consiglio e quindi in un ruolo quanto mai limitato
anche se fondamentale, fu estremamente effimera poiché nel giro di meno
di dieci anni il Consiglio si sbarazzò dell’Arengo3. La stessa convocazione
dell’Arengo il 25 marzo 1906, essendo accadimento episodico ed eccezionale,
non può definirsi ripristino di tale organo nella pienezza de suoi poteri poiché
non costituì una restituzione dei poteri permanenti ed ordinari allo stesso4.
Infatti non fu riformata la rubr. III libr. I dello Statuto che cancellava l’Arengo
ed attribuiva poteri assoluti al Consiglio. Si sostiene da taluno che con la
riforma del 1906 l’organo Arengo si sia sostanziato nel corpo elettorale che
periodicamente elegge il Consiglio o si pronuncia su quesiti sottopostigli
mediante referendum. L’asserzione è suggestiva quanto inesatta. Esaminando
l’Arengo nella sua concreta esperienza storica, si ricava che Arengo e corpo
elettorale differiscono profondamente sia quanto a composizione dell’organo,
sia quanto a poteri attribuiti allo stesso. In questa sede non è dato approfondire
un tema peraltro di grande interesse, non solo sul piano dottrinale. Del resto
a togliere ogni dubbio circa la non assimilabilità di Arengo e corpo elettorale
è lo stesso legislatore costituzionale, il quale all’art. 2, secondo comma, della
legge 8 luglio 1974 n 59 (ora Decreto 8 luglio 2002 n. 79), operando una
riserva di legge, richiama l’Arengo come organo dello stato, e quindi distinto
dal corpo elettorale, anche se omette di fissare i criteri fondamentali a cui il
legislatore dovrà attenersi, se mai vorrà farlo, nel ridar vita a tale organo, vero
pilastro dell’ordinamento sammarinese.
Non è dato qui prospettare un’ipotesi di riorganizzazione dell’Arengo
nell’ordinamento nella fase attuale in quanto il tema può sembrare
squisitamente politico. Sembra invece di qualche utilità richiamare a fini
conoscitivi il percorso e la trasformazione ai quali il deliberato del 25 marzo
3 - Fonti per lo studio dei rapporti fra il ducato d’Urbino e la Comunità di S. Marino (1560 – 1571), a
c. di C. Buscarini, “Studi Sammarinesi”, (VII) 1990, pp. 58 – 66.
4 - G. GOZI, L’Arengo generale dei capifamiglia istituto fondamentale della costituzione sammarinese,
San Marino 1964. Sulla funzione parlamentare vd. la voce Parlamento nel Nuovissimo Digesto Italiano,
XII , pp. 440 – 447. C. GHISALBERTI, Storia costituzionale d’Italia 1849-1948, Bari 1974; M.S.
PIRETTI, Le elezioni politiche in Italia dal 1848 a oggi, Bari 1995.
1906 è stato assoggettato nel mezzo secolo successivo a tale evento. Occorre
dunque richiamare il testo dei due quesiti sottoposti al voto dei capifamiglia
nel 19065. Il primo quesito recitava: “Nel rinnovare per intero il Consiglio
dei LX, vuole l’Arringo nominarlo con le norme e con tutti i diritti e con
tutte le prerogative che il patrio Statuto attribuisce al Consiglio stesso ?”. In
sede di Arengo a tale quesito fu aggiunta, dopo breve dibattito, la seguente
declaratoria: “Qualora la maggioranza dell’Arringo risponda NO al 1° dei
proposti quesiti, s’intenderà che, eletto il nuovo Consiglio, in seguito debba
questo rinnovarsi una terza parte ogni tre anni, mediante sorteggio, e con
diritto di rieleggibilità, ferme restando tutte le altre norme statutarie”. Il
secondo aveva la seguente formulazione: “Vuole l’Arringo che i consiglieri
siano nominati proporzionalmente al numero degli abitanti originari e
naturalizzati di ciascuna Parrocchia della Repubblica, lasciando però piena
libertà di sceglierli ovunque si trovino maggiormente adatti ?”. Non ci si
soffermerà in questa circostanza ad analizzare la fondamentale rilevanza della
integrazione introdotta nel testo del primo quesito sotto parvenza di rendere di
immediata intelleggibilità tale quesito, ma con l’intento evidente di introdurre
una sorta di norma di sbarramento rispetto a successive più radicali riforme,
materializzata nella clausola che suona “ferme restando tutte le altre norme
statutarie”, in quanto l’esperienza storica successiva dimostra l’illusorietà di
tale obiettivo, facilmente aggirato con l’ardito sillogismo per cui il Consiglio,
in quanto portatore di una delega piena da parte del corpo elettorale, può
operare qualunque intervento in ogni ambito, senza limiti derivanti da norme
sovraordinate, come sono appunto quelle dell’Arengo. In sostanza, si tornò ad
invocare il dettato dello Statuto d’antico regime. Interessa piuttosto il disposto
del secondo quesito in quanto detta norme precettive in materia di elezione del
Consiglio dei LX. In primo luogo il deliberato dell’Arengo individua un sistema
di elezione del Consiglio imperniato su collegi elettorali plurimi corrispondenti
al numero delle parrocchie (inizialmente nove, quindi dieci), ciascuno dei quali
avrebbe dovuto eleggere un numero di consiglieri proporzionale al numero di
abitanti di ciascuna di esse. Il secondo criterio posto dal deliberato, riguarda la
eleggibilità degli aspiranti all’ufficio consiliare: in forza di tale disposto sono
eleggibili anche coloro che non risiedono nel collegio i cui elettori conferiscono
loro il mandato. Il disposto dell’Arengo contiene però con ogni evidenza un
criterio ancora più penetrante che si può riassumere nella espressione: ogni
elettore è al tempo stesso candidato a ricoprire il seggio consiliare, senza alcuna
formalità o limitazione intermedia. Questi due principi giuridici costituiscono
criteri di enorme portata democratica in quanto attribuiscono all’elettore la
più ampia possibilità di scelta, senza le limitazioni insite nelle procedure di
presentazione di candidature e senza il filtro della realizzazione preventiva
5 - Verbale dell’adunanza dell’Arringo generale dei capifamiglia, in Supplemento alla Raccolta delle
leggi e decreti della Repubblica di San Marino, a c. di G. Ramoino e M. Bonelli, Città di Castello
1915, pp. 11 – 17.
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di liste, per giunta senza vincolo di elezioni primarie, come avverrà dal 1920
in poi. Non è ozioso ricordare che il mandato consiliare o parlamentare ha
natura di delega individuale che gli elettori attribuiscono al singolo delegato.
Ciò almeno nella tradizione del moderno stato di democrazia liberale. Si
ricordi che nel Regno Unito, culla del sistema democratico e precursore nella
realizzazione di esso, la elezione della Camera dei comuni è avvenuta sempre
mediante collegi uninominali, nei quali quindi la personalità del candidato, non
meno che l’appartenenza partitica, ha determinato le scelte degli elettori. Così
almeno alle origini di tale sistema elettorale, peraltro oggi alquanto appannato
nella sostanza. La stessa Costituzione Italiana del 1947, pur presupponendo
implicitamente un sistema elettorale proporzionale, all’art. 67 (“Ogni membro
del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo
di mandato”) ha posto alcuni concetti basilari del parlamentarismo liberale.
In primo luogo il costituente ha rimarcato che la rappresentanza del corpo
elettorale risiede nel singolo parlamentare e non nelle formazioni nelle quali,
per esigenze organizzative e funzionali, il parlamentare può essere tenuto ad
aderire. In secondo luogo la Costituzione garantisce al parlamentare piena ed
assoluta libertà nell’esercizio del mandato poiché questo trova l’unica forma di
sindacabilità nel giudizio del corpo elettorale in sede di rinnovo dell’assemblea
a fine legislatura. Il “mandato imperativo”, cioè un sistema di limitazioni della
libertà dell’eletto esteso fino all’estremo della sua revoca, trova riscontro solo
negli ordinamenti di alcuni stati totalitari.
La seconda parte del deliberato dell’Arengo del 1906 ci pare assuma il modello
dello stato democratico, rafforzandolo con l’adozione di un sistema elettorale
a collegi plurimi senza formalità di presentazione di candidature. Infatti la
legge elettorale che ne conseguì, esattamente la legge 5 maggio 1906, diede
attuazione puntuale al disposto dell’Arengo6. All’art. 7 la legge ripartiva il
territorio in nove collegi elettorali ciascuno dei quali eleggeva un numero di
Consiglieri proporzionale al numero degli abitanti, e cioè: Parrocchia della
Pieve (San Marino e Borgo Maggiore) 22 Consiglieri; Serravalle 12; Faetano
6; Montegiardino 4; Fiorentino 2; Chiesanuova 4; Acquaviva 4; Domagnano
4; San Giovanni 2. Gli artt. 13 e 14 dettano le procedure di voto. Dispone
l’art. 14: “L’elettore può votare per un numero di tanti nomi non superiore al
numero dei Consiglieri da eleggersi nella parrocchia a cui egli appartiene, e
nella scheda indicherà solo il cognome e nome di ciascun candidato per cui
intenda votare”. L’art. 20 impone il dovere di opzione in capo all’eletto che
abbia ottenuto l’elezione in più di un collegio. L’art. 22 stabilisce le condizioni
di eleggibilità, individuate in cinque punti: la cittadinanza sammarinese e
“non avere assunto qualsiasi altra cittadinanza”; saper leggere e scrivere; aver
compiuto i venticinque anni di età; “non rivestire qualità ecclesiastiche”; non
aver subito condanne per misfatti.
6 - Ibid., pp. 18 – 21.
Appare evidente che il sistema elettorale sammarinese approntato nel 1906
poneva al centro della vita politica le singole individualità proponendosi il
coinvolgimento nell’attività pubblica dei cittadini più preparati e moralmente
retti, al di fuori da schematismi di carattere partitico. E’ palese che nel 1906
anche a San Marino esistevano rari movimenti politici, strutturati più come
movimenti d’opinione che come partiti, i quali però nell’ambito di tale
sistema elettorale non potevano andare oltre la sollecitazione nei confronti
degli elettori, a favore di candidati di propria fiducia e perciò “raccomandati”
agli elettori. E’ significativo che dopo le prime elezioni celebrate nel 1906
la stampa si affannasse inutilmente ad inquadrare gli eletti in aree politiche,
giacchè il computo era problematico per la presenza in Consiglio di personalità
di prestigio del tutto autonome sul piano politico.
La prima legge elettorale del 1906 fu perfezionata e modificata in parte dalla
nuova legge 6 maggio 19097. L’innovazione più rilevante era costituita dalla
realizzazione del suffragio universale maschile. Infatti l’art. 1 stabiliva: “Sono
elettori tutti i cittadini sammarinesi maggiorenni originari e naturalizzati”,
continuandosi ad escludere dal voto le donne, oltre a interdetti e inabilitati
e condannati all’interdizione e a pene criminali per reati e per corruzioni
elettorali (art. 2). Rimane immutato il principio portante della legge del 1906,
conforme al deliberato dell’Arengo, cioè l’elezione basata su di una pluralità
di collegi elettorali. Stabiliva infatti l’art. 9: “Ogni parrocchia ha diritto di
eleggere un numero di consiglieri proporzionale al numero dei suoi abitanti”,
e poi portava a 10 il numero dei collegi in seguito del distacco della parrocchia
di Borgo Maggiore da quella della Pieve, cioè San Marino capoluogo, con
la seguente ripartizione: Pieve, 12 Consiglieri; Borgo 10; Serravalle 12;
Faetano 6; Montegiardino 4; Chiesanuova 4; Acquaviva 4; Domagnano 4;
Fiorentino 2; S. Giovanni 2. La residenza in una parrocchia non determinava
la ineleggibilità dell’elettore nelle altre parrocchie (art. 10). Il procedimento
elettorale veniva sottoposto ad una più dettagliata disciplina agli artt. 11 – 28.
Restava ferma la colonna portante del sistema elettorale stabilito nell’Arengo
del 1906, consistente nella possibilità dell’elettore di attribuire il proprio
voto a qualunque cittadino elettore, senza limitazioni di sorta, senza cioè il
discrimine della appartenenza a liste di candidati formate in funzione di una
tornata elettorale. Affermava infatti l’art. 26: “ L’elettore può votare per un
numero di tanti nomi quanti sono i consiglieri da eleggersi nella parrocchia
a cui egli appartiene, ed aggiungere, ove crede, anche la paternità, i titoli
accademici e gentilizi di ogni candidato”, al fine evidentemente di una esatta
identificazione dello stesso. Le condizioni di eleggibilità sono fissate agli
artt. 37 e 38: oltre naturalmente alla cittadinanza8, ai Consiglieri è richiesto
7 - Ibid., pp. 38 – 44.
8 - Il possesso della cittadinanza sammarinese, nello Statuto e nelle leggi successive, almeno fino alla
metà dell’ottocento, risulta inderogabile per quanto riguarda i componenti di tutti gli organismi politici
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il saper leggere e scrivere, aver compiuto 25 anni di età, non rivestire qualità
ecclesiastiche, essere domiciliato nella Repubblica. La legge ribadisce poi il
deliberato dell’Arengo in forza del quale “il Consiglio si rinnova per una terza
parte ogni tre anni” (art. 39). Il sistema delineato dalla legge determinava in
via ordinaria il ricorso alle urne ogni tre anni per il rinnovo di un terzo del
Consiglio, ma rendeva necessarie anche elezioni suppletive nel caso in cui
divenissero vacanti per qualsiasi ragione uno o più seggi consiliari, a meno
che il Consiglio non venisse a perdere la metà più uno dei Consiglieri, nel
qual caso doveva essere rinnovato per intero (artt. 39 – 42). Parziali modifiche
alla legge elettorale del 1909 furono introdotte con la legge 15 maggio 1915
n. 7, che tuttavia non alterò i caratteri specifici delle due leggi precedenti
(sistema elettorale basato su di una pluralità di collegi, attribuzione ad ogni
collegio un numero di seggi consiliari proporzionale al numero degli abitanti,
voto non vincolato a candidature o liste presentate preventivamente, ecc. ) che
davano coerente attuazione al deliberato dell’Arengo del 1906. In concreto
nell’arco di tempo che va dal 1906 al 1920 San Marino visse una vita politica
estremamente vivace e partecipata anche in virtù del frequente ricorso alle
urne per elezioni suppletive, nella quale i pochi partiti politici (più movimenti
d’opinione che veri partiti rigidamente strutturati) svolgevano una funzione di
indirizzo anche attraverso una vivace stampa periodica9, ma senza accentrare
in sé il sistema, nel quale emergevano anche personalità rilevanti non aderenti
ad apparati organizzati. Si tratta insomma di un periodo della vita politica
sammarinese che merita molta attenzione e che attende ancora di essere
analizzato in quanto suscettibile di fornire non pochi ammaestramenti.
La svolta netta nel sistema elettorale fu realizzata con l’approvazione della
legge elettorale 15 ottobre 1920 n. 1810. Se è vero infatti che ogni legge
elettorale è lex legum in quanto determina la scelta della classe politica e il
ruolo delle aggregazioni intermedie fra cittadino e stato, nel caso della legge
sammarinese del 1920 si può affermare, alla luce anche dei decenni della sua
applicazione, pur con la parentesi del ventennio 1924 – 1943, cioè fino al
1959, che essa concretizzò nei fatti la più penetrante riforma della costituzione
materiale del microstato attuata nel sec. XX. L’innovazione fondamentale di
tale legge risiede nell’art. 9, il quale stabilisce: “L’elezione dei Consiglieri
è fatta in forma di collegio unico a scrutinio di lista con rappresentanza
dello stato, compresi quelli giurisdizionali, cioè le magistrature duumvirali dei Capitani (libr. II rubr.I)
e dei Giudici d’Appello (libr: IV rubr. I), essendo, per lo Statuto, il Commissario della Legge giudice
straordinario e temporaneo( libr. I rubr. XXXI). Tale norma appare ispirata a grande prudenza oltre
che ad un postulato giuridico di straordinaria attualità, nonostante sia stata disattesa in relazione alla
formazione dell’organo tecnico–politico di cui all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dei cittadini
(decreto 8 luglio 2002 n. 79).
9 - C. BUSCARINI, Il giornalismo politico a San Marino nella prima metà del novecento, Soc. di
Studi Rom., Convegno del 2001 ( in c. di s.)
10 - Secondo supplemento alla Raccolta delle leggi e dei decreti della Repubblica di San Marino, a c.
di G. Ramoino e G. Gozi, San Marino 1926, pp. 10 – 17.
proporzionale”. Viene cioè a cadere la suddivisione del territorio in dieci
collegi e si realizza un unico collegio per l’elezione dell’intero Consiglio per
una legislatura della durata di quattro anni. Per conseguenza viene introdotto
lo “scrutinio di lista”, cioè un sistema elettorale nel quale l’elettore è chiamato
innanzi tutto ad esprimere una scelta fra le liste in competizione cioè un “voto
di lista”, al quale in via subordinata può far seguire un voto di preferenza
nell’ambito dei candidati presentati dalla lista prescelta, con diritto di aggiunta
se ha votato una lista con un numero di candidature inferiore ai seggi consiliari
da ricoprire (art. 36). Tale procedura elettorale postula infatti la presentazione
di liste di candidati vincolando così il voto dell’elettore ad una scelta fra liste
di candidati precostituite (artt. 13 – 17). E’ evidente che l’innovazione non ha
un’incidenza di natura meramente tecnica e pone rilevanti interrogativi circa la
sua conformità rispetto al deliberato dell’Arengo del 1906, che aveva sancito
il più ampio diritto di scelta dei Consiglieri in capo agli elettori. Con la riforma
elettorale del 1920, confliggente con il disposto dell’Arengo, gli elettori possono
operare una scelta limitata fra i candidati presenti nelle liste in competizione,
tanto più che la presentazione di liste è anche scoraggiata con l’introduzione
dell’onere di accompagnare la lista da parte di almeno trenta elettori con una
procedura certo non snella né facile in una realtà esigua come San Marino con
rischio di condizionamenti (art. 13). L’attribuzione dei seggi a ciascuna lista in
competizione (identificata da un contrassegno da imprimersi sulla scheda della
lista stessa, non prevedendosi una scheda di stato) avveniva con il sistema dei
quozienti successivi (art. 39). La profonda trasformazione del sistema elettorale
non fu evento casuale in quanto fu conseguenza del mutato clima politico
interno al paese. Mentre infatti nel primo ventennio del secolo la vita politica
a San Marino aveva avuto un carattere spontaneo e poco organizzato tanto
che non si registrava la presenza di veri e propri partiti politici, ma piuttosto
di movimenti d’opinione, nel primo dopoguerra il modello organizzativo del
partito venne introdotto a San Marino con riferimento all’esperienza italiana
e senza tener conto della specificità del microstato, la cui dimensione non
esigeva apparati centralizzati. Con tale riforma infatti si attribuì, in via di fatto,
ai partiti politici il ruolo determinante di selezionare la classe politica e formare
il personale di governo con le conseguenze che si possono analizzare sulla
scorta dell’esperienza storica, mentre il corpo elettorale vedeva largamente
ristretta la propria possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Innescata
tale tendenza, la trasformazione divenne irreversibile, introducendo nelle leggi
successive ulteriori espedienti per limitare la partecipazione alle competizioni
elettorali, come l’aumento del numero di elettori sottoscrittori di una lista.
Resta a far cenno della legge elettorale 11 novembre 1926 n. 31, adottata in una
stagione particolare della vita politica a San Marino, formalmente utilizzata
nelle elezioni del Consiglio svoltesi nel 1926, 1932 e 1938, quindi abrogata nel
1943 richiamandosi in vigore la legge elettorale del 1920. La legge del 1926
pretendeva di ripristinare una forma di Arengo dei capifamiglia attribuendo
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l’elettorato attivo a questi soli con l’aggiunta di categorie particolari di cittadini
(art. 4), e con la possibilità di sostituzione del capofamiglia escluso dal voto,
con altro membro della famiglia (art. 5) La legislatura aveva durata di sei anni
(art. 11). Il sistema elettorale adottato manteneva il collegio elettorale unico
a scrutinio di lista, ma adottava il sistema maggioritario, con rappresentanza
proporzionale per la quota di minoranza (art. 12). Le elezioni erano celebrate per
la copertura di 58 seggi consiliari poiché i Reggenti in carica non partecipavano
alla competizione godendo di conferma ope legis del mandato rappresentativo.
Determinata la cifra elettorale di ciascuna lista, venivano attribuiti 46 seggi
alla lista che aveva ottenuto la maggioranza relativa, mentre gli altri 12 seggi
erano ripartiti proporzionalmente fra tutte le liste concorrenti (art. 38). Veniva
confermato il requisito della sottoscrizione di ciascuna lista da parte di trenta
elettori (art. 16). Inoltre veniva introdotto il metodo della cooptazione per la
copertura dei seggi rimasti vacanti durante la legislatura (art. 13). E’ superfluo
ricordare che il procedimento elettorale disegnato dalla legge del 1926 ebbe
parziale attuazione poiché le tre tornate elettorale celebrate nella vigenza della
stessa si svolsero a lista unica con risultati necessariamente plebiscitari11.
Come si è accennato, con la fine del regime, il 28 luglio 1943, fu richiamata
in vigore la legge elettorale del 1920, con i limiti e le carenze in essa insiti,
a cominciare dalla mancata predisposizione di certificati elettorali. Ormai il
sistema elettorale che aveva posto le fondamenta dello “stato dei partiti”, era
saldamente radicato.
11 - Tali elezioni in effetti si svolsero a lista unica: nelle elezione del 1926 la lista PFS ottenne voti
2.444 su 2.445 votanti; nel 1932 la stessa conseguì voti 2.573 su 2.573 votanti; nel 1938 ricevette voti
2.916 su 2.916 votanti.
La vicenda politica interna a San Marino va comunque collocata nell’ambito di quella italiana poiché
ad essa fa riferimento pur con qualche peculiarità, altrove già evidenziata nella pubblicistica. Sul
quadro politico italiano vd. F. MANZOTTI, Partiti e gruppi politici dal risorgimento al fascismo,
Firenze 1973; S. COLARIZZI, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, Bari 1996. Notizie relative ai
partiti e movimenti a San Marino si leggono in C. Buscarini, Il giornalismo politico, cit..
UNA STRANA VISITA DI INIZIO SETTECENTO
di Marino Cecchetti
Come la intellighenzia sammarinese blocca un supposto progetto di Roma di insediare
sul Titano un presidio militare per fronteggiare la incombente minaccia asburgica sullo
Stato della Chiesa.
Il contesto
Agli inizi del Settecento l’espansionismo asburgico nella penisola italiana
diventa via via più pressante.
Non disponendo di una flotta e di porti importanti, dovendo perciò rinunciare
ad acquisire terre oltre gli oceani, come invece stanno facendo le altre potenze
(Inghilterra, Francia, Spagna, Olanda), gli Asburgo, ogni qual volta riescono a
tamponare l’avanzata turca a oriente, rivolgono gli occhi sui vicini d’occidente,
in primo luogo sugli staterelli della penisola italiana: les provinces de l’Italie
sont les Indes de la Cour de Vienne.1
Gli Asburgo hanno una chance in più rispetto ai Borboni ed altre famiglie
dominanti: sono titolari della corona imperiale. Come tali, si arrogano i
diritti che una volta erano propri degli imperatori dell’epoca medioevale.
Rivendicano l’alta sovranità su tutti i feudi comunque sorti su investitura
imperiale, ovunque questi feudi siano finiti a seguito delle successive vicende
della storia e le conseguenti mutazioni della geografia politica. Quando in uno
di questi feudi si estingue la famiglia feudataria, gli Asburgo ne rivendicano la
devoluzione, cioè ne riacquistano la piena disponibilità.
Già l’11 giugno 1697 Leopoldo I aveva fatto affiggere nel suo palazzo a
Vienna due editti imperiali, i quali dicevano che ognuno il quale possedesse
in Italia un feudo dell’imperatore, dovesse presentare entro tre mesi, pena la
devoluzione, i relativi documenti.2
Gli Asburgo arrivano a considerare la penisola italiana nel suo complesso
il più prezioso feudo del Sacro Romano Impero.3 E supportano quella loro
singolare interpretazione del diritto e della storia con una smaccata esibizione
di muscoli.
Se tutta la penisola italiana deve sentirsi in pericolo con l’arrivo degli Asburgo,
a maggior ragione deve temerli lo Stato della Chiesa. Gli Asburgo senza mezzi
termini avvisano Roma ad’havere più rispetto, e riguardo all’Imperatore.4 E
1 - G. QUAZZA, Il problema italiano e l’equilibrio europeo 1720-1738, in N. VALERI (a cura di),
Storia d’Italia, Torino 1965, vol. 2, p. 30.
2 - L.Von PASTOR, Storia dei Papi…, volume XIV, p. 492. Si legge inoltre: di fronte alle energiche
rimostranze del papa e del nunzio, Leopoldo I comprese di essere andato troppo avanti e revocò i decreti che del resto avevano incontrato la generale disapprovazione. Ma nell’anno seguente il conflitto
si rinnovò, benché il papa sostenesse con tutte le forze l’imperatore nella guerra turca.
3- ASV, Fondo Carpegna, n. 57, Il dominio dell’Imperatore sull’Italia.
4 - ASV, Fondo Carpegna…, ms. cit.
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affermano con aperta strafottenza: lo Stato Ecclesiastico sorge e risulta da
due indubitati, ed inalterabili Fondamenti, e Principj: o dalle Donazioni fatte
alla Chiesa da gl’Imperatori, o dalle usurpazioni fatte all’imperatore dalla
Chiesa.
268
1705: accelerazione dell’espansionimo asburgico
A Vienna nel 1705 cambia l’imperatore. Il 5 maggio muore Leopoldo I.
Gli succede il figlio, Giuseppe I. Un ventiseienne. Si sapeva già prima
dell’insediamento che questi sarebbe stato ancor più duro del padre verso
il papato. Se ne ebbe subito la conferma. Alla sua ascesa al trono il nuovo
imperatore omise di compiere il tradizionale atto di sottomissione al papa,
ed i suoi consiglieri tracciarono una ben chiara distinzione tra Roma come
suprema autorità spirituale e come stato italiano.5 E continuò col ribadire il
diniego sostenuto da vari giuristi delle università tedesche, a riconoscere i
diritti del pontefice ... sull’amministrazione di feudi che fossero in qualsiasi
epoca precedente appartenuti all’impero.
A Roma il pensiero deve essere corso immediatamente alle zone calde. Vale
a dire le zone già in precedenza oggetto di contestazione con gli imperatori.
Soprattutto Comacchio e Montefeltro.
Nel 1598 la Santa Sede aveva acquisito al dominio diretto, per devoluzione,
il ducato di Ferrara, appena estintasi la famiglia d’Este che governava quel
territorio su investitura papale. Ed aveva acquisito pure Comacchio, luogo
interno a quel ducato. Secondo Vienna il territorio di Comacchio sarebbe
dovuto restare fuori perché a governarlo era sì la stessa famiglia d’Este, ma in
base a una investitura imperiale ricevuta assai prima di quella papale relativa
al ducato.
Il caso Comacchio ha la sua fotocopia nel Montefeltro. Il papa, nel 1631, ha
acquisito al dominio diretto il ducato d’Urbino a seguito dell’estinzione della
famiglia dei Della Rovere (succeduta ai Montefeltro) che lo governava su
investitura papale. Dentro il ducato d’Urbino, fin da quando il ducato sorse,
c’era il Montefeltro, una sua ‘provincia’, antico feudo di origine imperiale.
I Della Rovere, succedendo ai Montefeltro, avevano ereditato da questi un
doppio titolo: duchi di Urbino su investitura papale e conti di Montefeltro su
investitura imperiale. Ora l’impero, come già nel caso di Comacchio, potrebbe
rivendicare la sovranità sul Montefeltro in quanto, appunto, in origine, feudo
imperiale.6
Sopralluogo nel Montefeltro
Il Montefeltro riceve, nel 1705, una strana visita dopo meno di un mese
5 - J.W. STOYE, Gli Asburgo d’Austria, in ‘Storia del Mondo Moderno’, Vol. VI, nell’edizione: Garzanti- Cambridge University Press, pag. 712.
6 - In effetti la rivendicazione dell’impero sul Montefeltro nel Settecento rimane, per così dire, sospesa:
dall’insediamento a Vienna del nuovo imperatore. Viene in zona, ai primi
di giugno, addirittura il nipote del papa, l’abate Annibale Albani. Viene al
seguito del card. Tanara, Legato di Urbino. Con tanti altri ecclesiastici ed
un numero considerevole di laici, tutti con importanti incarichi militari. Le
ragioni del viaggio7 non sono certamente quelle che si leggono nel brillante
resoconto di mons. Lancisi, un letterato prestigioso che fa parte del gruppo a
mo’ di ‘giornalista al seguito’.
La comitiva, secondo Lancisi, si sarebbe mossa da Urbino per respirare
un’aria purissima e godere dell’amena vista delle campagne e del mare.8 Come
turisti sono decisamente sfortunati. Passano una intera settimana tutta sotto la
pioggia o in pranzi luculliani per ritemprarsi dalle fatiche della strada, anzi de’
dirupi, de’ fossi, de’ greppi, e catapecchie. Fa da guida ininterrottamente già
dalla partenza da Urbino alle ore 9 di lunedì 15 giugno fino al ritorno alle ore
19 di sabato, il vescovo feretrano mons. Valerio Martorelli.
Al card. legato (e al nipote del papa) i sammarinesi - ultima tappa del tour
- riservano una accoglienza che - a parte la politica - potremmo definire
dignitosa. Però non strafanno, come gli altri. D’altra parte, anche se volessero,
non potrebbero mostrare un palazzo paragonabile a quello dei conti di
Carpegna-Castellaccia, nuovissimo, imponente, voluto fermamente dal
card. Gaspare Carpegna per celebrare anche con le pietre il successo della
famiglia.9 Nemmeno si mettono a gareggiare coi conti di Scavolino-Gattara,
l’altro ramo dei Carpegna, nell’arte della cucina avendo loro offerto un pranzo
alla francese ricco di cibi esotici raffinatissimi, di delicatissimi vini serviti in
fiaschi di grosso vetro detto ‘bottiglie’ , allietato dall’irruzione di ninfe delle
selve Scavoline ... vestite con abito pastorale (vale a dire alquanto discinte?).
Nemmeno ripropongono lo stravagante vezzo di sostituire il ‘prosit’ con una
scarica di fucileria o un colpo di cannone ogni qual volta il cardinal legato
porta il bicchiere alle labbra. I sammarinesi fanno una diversa mostra della
loro confidenza con le armi. Da subito. Già sui confini.
Accoglie i visitatori sui confini il Sig. Capitano Belluzzi fratello di monsig.
è rivendicata non in modo formale e comunque non con la forza come avviene invece per Comacchio
(cfr. Riviera-Firrao, 30 ottobre, in V. E. PIZZULIN-M. CECCHETTI, Antologia di documentazione
alberoniana in “Annuario della Scuola Secondaria Superiore” n. XXIV, anno scolastico 1996-97, San
Marino, p. 208).
7 - Innocenzo XII, il predecessore di Clemente XI, nel 1692, aveva introdotto la figura del Segretario
di Stato, al posto di quella del card. Nipote. In effetti il card. Nipote continuerà ad esercitare, sotto molti
papi, un ruolo di preminenza anche nella conduzione dello Stato della Chiesa (Cfr. J. GELMI, I Papi,
Milano, 1993, pag. 195). L’abate Annibale Albani verrà creato cardinale nel 1711.
8 - Il rapporto del viaggio sotto forma di lettere venne pubblicato solo nel secolo successivo: G. LANCISI, Lettere inedite nelle quali descrive un viaggio da Urbino a Montefeltro, e alla Repubblica di San
Marino, tratte da un manoscritto della Biblioteca Albani, Roma, 1841. Vengono visitati i tre luoghi di
libera giurisdizione, come li chiama il Lancisi, Carpegna, Scavolino e San Marino, nonché due fortezze militari, Sasso Simone (in mano al Granduca di Toscana) e San Leo.
9 - Il nostro Sig. Cardinal Carpegna, cioè Gaspare, vi ha speso sopra cento venti mila scudi (Ibidem,
pag. 11). Secondo Zucchi Travagli gli scudi spesi sono stati 150.000.
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Vescovo di Camerino (cioè Bernardino Belluzzi), e capo generale delle milizie
della repubblica, accompagnato da dodici altri gentiluomini a cavallo. Come ci
si addentra in territorio, ecco una osservazione che non è solo una annotazione
di colore: nel salire l’erta montagna - dice il ‘giornalista’ - incontravamo
sovente uomini suburbani, ne’ quali si scorgeva una certa confidente libertà,
che va respirando chi vive in quell’aria. Poi il ‘benvenuto ufficiale’: lo porgono
due ambasciatori della Repubblica con ventidue cittadini, tutti coi loro cavalli,
ben guarniti di selle, e di armi. Quindi il corteo prese ad incamminarsi verso
la capitale mentre che la fortezza non cessava lo sparo del suo cannone. Ma
la sorprendente esibizione militaresca non finisce qui: poco meno di un miglio
lontano da S. Marino stavano in ordinanza le milizie del luogo, che a due ale
continuavano fino alla porta. Lancisi non si trattiene: vedendo noi così bella
e ben armata gente in numero di sopra mille fanti, alzammo alquanto più
l’idea di questa repubblica, la quale per difendere se stessa da un’improvvisa
incursione non ha bisogno di soccorsi stranieri. Ecco il punto. Ecco cosa
premeva ai sammarinesi far capire agli illustri visitatori, nel caso che fossero
venuti con qualche grillo per la testa.
In precedenza i visitatori avevano trovato schierati al loro passaggio negli altri
luoghi non più di duecento uomini per volta. Chi a Roma leggerà il resoconto
del Lancisi certamente sarà colpito più da quei mille fanti, che dai vini francesi
di Scavolino, dallo storione - pur enorme - servito a San Leo o dal pranzo
carne-pesce di Carpegna. Nel resoconto il tema della capacità di difesa dei
sammarinesi ricorre più volte: la Repubblica tien bensì sempre mille e più
soldati arrolati ... con frequenti rassegne ... così non manca ... di forze bastanti
o a reprimere l’insolenze intestine, o a difendersi dalle aggressioni straniere
in luogo per altro tanto ben munito dalla natura. Si precisa che questa non è
una villa, o picciol castello... Vi è una rocca ben munita, e vi sono alcune torri
... poste verso quel fianco per cui sarebbe meno difficile la sorpresa, la quale
per altro non potrebbe riuscire, che a soldati di Alessandro Magno. A parte
il paragone, risulta ormai chiara la contraddizione, come ci svela lo stesso
Lancisi, fra la realtà che i ‘visitatori’ si sono trovati davanti e la descrizione
che a loro era stata fatta da qualcuno in precedenza: una capanna di pastori.
Il giornalista-relatore si dilunga ancora sulla difficoltà a prendere il luogo.10
Tralascia i particolari e fa un riferimento d’insieme: così dura ed aspra è la
salita di questo monte particolarmente dalla parte di Rimini; onde a gran
ragione nel dizionario geografico vien chiamato monte aspro. E’ totalmente
isolato, ed alla difesa, che gli vien dalla natura, si è aggiunto dall’arte tutto
ciò, che nella cotanto sublime elevazione del sito si è stimato necessario fare.
10 - Anzi il Lancisi insiste tanto e così a lungo che viene il sospetto che voglia far apparire ancor più
difficoltoso di quanto lo sia effettivamente un assalto alla rocca di San Marino. Ad esempio non vede
(o comunque non riporta nella sua relazione) che in certi tratti le mura non sono in buono stato. Eppure
in genere mons. Lancisi è molto attento. Non gli sfugge ad esempio che nelle case dei sammarinesi non
ci sono grate alle finestre.
Insomma, secondo Lancisi, San Marino è luogo ben difeso: dalla natura, dalle
fortificazioni, da quei mille soldati. Quindi, in sostanza, non occorre collocarvi
un distaccamento esterno per la sua difesa. Il che era quello che i sammarinesi
volevano ottenere con la messa in scena di quei mille armati, lo sfoggio di tanti
cavalli, gli spari del cannone.
I sammarinesi avevano bisogno di far sapere a tutti che, all’occorrenza,
sarebbero stati in grado di difendersi da soli, per evitare che in un eventuale
piano militare di difesa del Montefeltro, venisse previsto il distaccamento di
un presidio militare pontificio sul Titano. Insomma San Marino non è San Leo
o Sasso Simone, cioè gli altri due luoghi fortificati al centro delle attenzioni
della singolare ‘compagnia’.
Storia e politica
Mentre il card. legato ed altri del seguito godono ancora una volta in casa
Belluzzi dei piaceri della tavola, il Lancisi si defila per poter ... osservare le
cose più sostanziali del luogo, avendo come cicerone il Sig. Abbate Annibale
Gozzi Vicario generale di Rimini. Scriverà nel rapporto: con lui tenni lunga
conferenza, e da cui restai favorito di compagnia nell’andare in giro per il
paese.
Il Gozi gli parla di questo paese, della sua storia, della origine della sua
autonomia: di Felicissima, libera padrona di quel monte, della donazione del
monte al Santo, del concorso di popolo tratto dalla divozione verso il Santo,
per cui se ne cominciò a formare la repubblica, la quale ancor di presente
crede e stima dover la sua origine, e la sua conservazione a S. Marino, e
perciò ne venera con atti di somma pietà le reliquie. In pratica viene raccontata
al Lancisi la Vita del Santo così come l’avevano descritta Belluzzi e Manenti
e poi, di seguito, la storia.
A Carpegna invece non si era parlato di santi, e nemmeno di storia e nemmeno
- questo è veramente singolare - di diplomi di investitura. Non c’è un accenno
nel resoconto del Lancisi che faccia trapelare qualcosa circa l’origine delle
due contee e nemmeno circa l’origine della famiglia Carpegna. Si sarebbe
dovuto tirare in ballo l’impero. L’impero è tabù. Non se ne parla mai né a
Carpegna né a Scavolino né altrove. Ad esempio non si spiega perché il
Signore di Carpegna-Castellaccia è ‘conte’, mentre quello di ScavolinoGattara è ‘principe’. Bisognerebbe precisare che quest’ultimo titolo è stato
conferito a quel ramo dei Carpegna da una ventina d’anni dall’imperatore. Una
precisazione imbarazzante. Meglio evitare. Si presume che tanto a Carpegna
che a Scavolino il libro del Guerrieri, lo scrittore della famiglia, sia stato tolto
dagli scaffali.11
Il Gozi non parla al Lancisi solo della storia di San Marino. Gli descrive anche
11 - In effetti nel tour di libri se ne vedono pochi. La scena è sempre occupata dalle tavole imbandite.
Solo entro l’abitazione per verità meschina di Monsg. Vescovo in pratica se ne trovano: lì la miglior
stanza è quella di una sceltissima libreria (Ibidem).
271
la situazione attuale. Gli illustra le istituzioni. E lo fa con dovizia di particolari.
Lancisi ne rimane molto preso. Passa anch’egli fra gli ammiratori di questa
repubblica per la quale non esita a fare un’apologia contro chi ha troppo
ardito di avvilirla. Si dice d’accordo col Boccalini: i cittadini sammarinesi
essendo nati in patria libera vanno paragonati, ciascuno, ai re ..., potendosi
quelli soli dir veramente principi, che non ubbediscono ad alcuno.
272
Ancora una nebbia provvidenziale
Gli ospiti alloggiarono in casa Belluzzi. Il Lancisi parla del trattamento che fece
la casa Belluzzi ad una così copiosa foresteria. Già perché non è la Repubblica
ad ospitare il card. legato. E’ stato un Belluzzi ad accoglierlo sia pure non
proprio come privato cittadino ma nella sua qualità di capo delle milizie della
repubblica. I visitatori, giunti in paese giovedì sera, vanno subito in casa
Belluzzi e lì alloggiano. Il giorno dopo, venerdì, brutta giornata: incessante
pioggia, nebbia, e vento. Quella nebbia ... resiste ... all’impeto del vento, non
è dilavata da un diluvio d’acqua. Il Lancisi ci scherza su e la definisce una
nebbia republichista, perché dal vento è solo agitata in forma di vortici, tutti
concentrici con la repubblica di S. Marino. In effetti la Repubblica aveva, quel
giorno, molto bisogno di protezione. Quella nebbia è stata, forse, provvidenziale
come l’altra che nel giugno del 1543 ha fatto smarrire la strada alle milizie di
Fabiano da Monte. Unitamente alla pioggia ed al vento costringe tutti a stare
in casa. Così rende meno evidente l’imbarazzo di entrambe le parti: i Capitani
non si muovono per andare a salutare e riverire il card. legato; il card. legato
non si muove per andare a salutare e riverire i Capitani. Ben diversamente si
erano comportate le autorità degli altri luoghi. Il conte di Carpegna-Castellaccia
era andato incontro di persona ai visitatori prima che arrivassero in paese. Il
Principe di Scavolino addirittura si è premurato di andare a riverirli la sera
prima quando ancora erano a Carpegna.
Anche gli intrattenimenti in onore degli ospiti sono assai diversi: ninfe
Scavoline e componimenti del Sig. Dottor Torre famoso poeta a Scavolino,
sinfonia con mottetto delle suore a Macerata, e, a Pennabilli, concione del
Sig. Canonico Magnani .. . sul tema, che N. Signore era il maggiore fra i
Principi, ed il migliore fra i Papi. Se fosse stato bel tempo i sammarinesi, per
intrattenere i visitatori, avrebbero, a mo’ di gioco , mostrato la loro valentia
nel tirare con alcuni balestroni a segno ... nella piazza pensile ... dinanzi .. il
Palazzo del Pubblico.
Alla fine anche il card. legato e i Capitani si incontrano: al mattino del sabato,
un attimo prima della partenza dei visitatori: vanno i Capitani a casa Belluzzi. Il
Lancisi accenna appena all’incontro: pochissime parole in un inciso collocato
in un brano tra parentesi dentro un lunghissimo periodo in cui si parla ancora di
tavole imbandite, di panorama, di strade scivolose, di casa Belluzzi ed altro.12
Non ci sono soldati schierati alla partenza. Non si sente sparare il cannone.
Delle tre ‘libere giurisdizioni’, Carpegna-Castellaccia, Scavolino-Gattara
e San Marino, solo quest’ultima sembra essersi opposta alla riaffermazione
dell’alta sovranità della Santa Sede, che costituiva lo scopo vero del tour,13
unitamente ad una ricognizione della zona per predisporre un piano di difesa
militare.
Il filing Gozi-Lancisi
In effetti, nonostante la tensione di quei giorni, i sammarinesi non hanno perso
l’occasione per trasformare l’evenienza in una opportunità. L’abate Annibale
Gozi ottiene che mons. Lancisi si esprima nel suo rapporto in termini molto
lusinghieri su San Marino e sui sammarinesi. Vi si leggerà ad esempio che
San Marino ha una costituzione migliore di quella di Venezia. Venezia è
governata da soli nobili, cioè da una aristocrazia. A San Marino invece si ha
un reggimento, misto di nobili e di plebei, che perciò si accosta al democratico.
Come dire che San Marino è una vera repubblica.
San Marino, a giudizio di Lancisi, è una repubblica saggiamente guidata:
abbonda di buone leggi, e si governa con maniere molto prudenti. Anche sotto
l’aspetto socio-morale è degna di attenzione: non vi è alcuna donna cattiva,
e la gioventù prende il consiglio di S. Paolo, qual’ora non può persistere
nel celibato. E’ non solo una impressione: Mons. Vescovo Martorelli ...
assicurò in S. Marino viversi senza scandalo, e con molta religione ... Ogni
particolare, cioè privato cittadino, possiede qualche cosa ... Non si trova ...
un povero poverissimo. Inoltre non manca l’istruzione: c’è un seminario ...
12 - La visita dei Capitani al card. legato ed al nipote del papa è minimizzata sino al punto da farla
quasi sparire. Si legge nel resoconto. Più sorprendente, perché meno aspettato mi comparve il preparamento, che il Sig. Capitano Belluzzi avea fatto fare a piè del monte in mezzo al borgo di S. Marino la
mattina del sabato, giorno in cui ci partimmo per ritornarcene ad Urbino; poiché (ricevuta da S. E. la
visita de’ due Signori Capitani rappresentanti la stessa repubblica, e data un’occhiata da noi a quella
bellissima veduta dalle penne per cui si va a perdere il vedere ne’ monti, ne’ piani, e nello stesso mare
Adriatico) ne scendemmo a piedi adagio adagio per la scoscesa e rovinosa strada del monte, e giunti
al piano del suddetto luogo, trovammo sotto un grand’albero, ch’io meco dicevo, esser simile alla noce
di Benevento, perché fu una cosa d’incanto, trovammo, dico, imbandita una lunga tavola ad oggetto di
dare un rinfresco a tuta la nostra compagnia (Ibidem, pag. 54).
13 - Il tour non poteva costituire comunque una minaccia diretta all’autonomia sammarinese, cioè
creare le condizioni per un colpo di mano: la presenza fra i visitatori di due Bonaventura e di uno Staccoli, le cui famiglie erano imparentate rispettivamente coi Gozi e coi Maggio esclude questa ipotesi,
anche se il comportamento dei sammarinesi, per certi aspetti, lo farebbe pensare. I Bonaventura sono:
il Capitano Emiliano, Castellano di San Leo e Monsignore Alessandro. Lo Staccoli è un Capitano di
nome Camillo. Altro Capitano presente nella Compagnia è Girolamo Altieri, imparentato coi Carpegna. E nemmeno è ipotizzabile un colpo di mano nei confronti delle contee dei Carpegna. Il card. legato
di Urbino era il Cardinale Sebastiano Antonio Tanara Bolognese ... figliuolo della Contessa Laura del
già Conte Francesco Maria Carpegna della linea Scavolino, e per conseguenza Cugino del Principe
Ulderico Carpegna (A. M. ZUCCHI TRAVAGLI, Annali della Provincia del Montefeltro, Gubbio
MDCCXLV, letto nella copia dattiloscritta presso la Biblioteca della Scuola Secondaria Superiore,
RSM, Anno 1703). Poco dopo un Tanara viene aggregato alla cittadinanza sammarinese.
273
274
dove si educano nelle lettere e nella pietà molti giovani, anzi vi si tiene aperta
pubblica scuola per insegnamento degli altri fanciulli.
Guadagnata l’attenzione e la simpatia di Lancisi, Gozi spinge il rapporto
di fiducia instauratosi fino alla confidenza amicale. Gozi rivela che, sotto i
convenevoli della ufficialità, c’è uno stato di difficoltà nei rapporti con le
autorità pontificie. Da qualche tempo la Repubblica deve subire gli attacchi
dei ministri camerali, che ora vengono a cavillare sopra ogni particola delle
bolle forti del ritardo nella conferma de’ privilegi. E confessa che lui stesso
e tutti i suoi concittadini non riescono a capacitarsi di questo ritardo nella
conferma dei privilegi. Non riescono a farsene una ragione. Per loro il fatto è
inspiegabile. Tanto più che viene da parte di un S. Pontefice, da cui per altro
si era giustamente speranzati di poterne ottenere de’ nuovi, derivando Sua
Santità da un padre il quale onorò questa republica col ricevere la cittadinanza
della medesima.
Lancisi non rimane insensibile alla richiesta di un suo personale intervento nella
vicenda della conferma dei privilegi. Si lascia coinvolgere. Si fa carico della
questione. Inserisce la questione già nella relazione, richiamando su di essa
esplicitamente l’attenzione del destinatario, mons. Curzio Origo, segretario
dei memoriali, rivolgendosi a lui direttamente: se V. E. Ill.ma può interporre
qualche ossequiosa supplica con Sua Santità per S. Marino, lo faccia di cuore,
e ne la prego efficacemente, sapendo per altro che N. Signore conserva precisa
memoria della confidenza, che aveva quel pubblico nella protezione della sua
casa. E’ troppo connaturale alla famiglia Albani la clemenza, e la generosità
per non averne ognuno a godere in questo tempo.
Lancisi farà di più. Ne parlerà lui stesso direttamente al papa al momento della
consegna della relazione. Il papa sembra che abbia affermato nell’occasione
di non essere stato a conoscenza, in precedenza, del problema dei privilegi
e incarica lo stesso Lancisi di informare i sammarinesi della sua buona
predisposizione 14 in merito.
Il vero scopo del viaggio
Mons. Lancisi nel suo resoconto sulla visita nel Montefeltro finisce per lasciar
trapelare il vero scopo del viaggio, sia pure in un modo piuttosto sibillino,
dicendo di Martorelli: io vorrei che fosse sempre un suddito della S. Sede,
cioè non dell’impero. Insomma quella visita è stato un sopralluogo in una
zona di per sé di alta instabilità politica, che potrebbe finire da un momento
all’altro nell’occhio del ciclone per il contrasto in atto fra papato ed impero
che si avvia a divenire guerra. Forse già durante il viaggio si sono fissate delle
cose da fare. Forse era stato steso un piano di difesa militare. Comunque sia,
mancherà il tempo per mettere in cantiere una qualunque iniziativa che fosse
14 - S. TONOLLI, Un arcade a San Marino, brevi note su alcune lettere di Mons. Gianmaria Lancisi,
in ‘Annuario della Scuola Secondaria Superiore’, San Marino, n. XXII, 1994-95. La lettera è indirizzata a Francesco Maria Belluzzi ed è datata 29 luglio 1705.
stata programmata nell’occasione.
Importantissimo è il riconoscimento, per così dire, della ‘indipendenza’ di
San Marino: La giurisdizione di S. Marino è tutta circondata dallo stato
Ecclesiastico, cioè per due lati dal ducato d’Urbino, e pe’l rimanente dalla
Romagna, quindi è che si studia quel popolo di star sempre bene con i Signori
Cardinali Legati di quelle provincie.15
Dopo una trentina d’anni un cardinal legato, Giulio Alberoni, verrà spedito sul
Titano per anticipare una eventuale mossa degli Asburgo che, già intallatisi
in Toscana attraverso il ramo dei Lorena, avevano invaso le due contee dei
Carpegna.
San Marino una repubblica in viridi
Interessante il giudizio su San Marino di Lancisi in rapporto alle altre
repubbliche.
Alcune cose - scrive Lancisi - non si possono immaginare con la dovuta
proporzione, se non si vedono...La repubblica di S. Marino è una di queste,
il di cui concetto, portato da varj scrittori in diverse guise, fa, che non se ne
possa formare la giusta idea, se non da quelli, che condotti dalla curiosità,
o dal bisogno vanno a vederla da presso. Egli si scaglia contro Antonio
Malegonelle che in una ‘orazione‘ aveva fatto della Repubblica del Titano una
descrizione puramente di maniera, senza nulla che ricordi le tradizioni locali,16
quasi fosse un mero oggetto da vagheggiare, appartenente a una remota età
dell’oro: aveva dipinto questo luogo, come fosse un aggregato di soli pastori.
Dice il Lancisi: io dopo aver osservato questa picciola repubblica con tutta
la possibile attenta ricerca, sono in obbligo di confessare, che si farebbe
grandissima ingiuria al vero se di lei si tacessero alcune particolarità. Ne
precisa subito una: non essendomi riuscito di andare a Venezia per attentamente
riflettere sopra una repubblica trattata da nobili, che aristocrazia appelliamo,
mi è molto piaciuto di osservare un reggimento, misto di nobili e di plebei,
che perciò si accosta al democratico, qual’è questo.17 Ecco cosa distingue
questa dalle tante repubbliche (non solo Venezia) di origine medioevale
che ancora sopravvivono in Italia e in Europa. Qui ‘repubblica’ oltre al
consueto significato di luogo libero, ha quello di reggimento ... che si accosta
al democratico. Insomma il Lancisi avalla in un certo qual modo e dopo un
sopralluogo il mito di un San Marino luogo di democrazia.
15 - G. LANCISI, Lettere..., pag.50.
16 - A . GAROSCI, San Marino, Mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano, 1967, pag. 67.
17 - G. LANCISI, Lettere..., pag. 40. Probabilmente nel giudizio negativo su Venezia influisce la neutralità o, meglio, la passività di Venezia nella guerra di successione spagnola in atto. Venezia “essendo
più gelosa della salute che avida di ingrandimento, abbracciò il più sicuro consiglio di starsene oziosa
rimirando i conflitti delle parti con animo di non aderire a veruna di loro, se non se il tempo e la varietà
degli eventi l’avessero chiamata a farlo” (M. FOSCARINI, Dalla ‘Lettera a Mons. Passionei’, in ‘Letteratura italiana, storia e testi, Ed. Ricciardi, Roma-Napoli, vol. 44, tomo V, pag. 225).
275
Altra singolarità messa in evidenza dal Lancisi. Le altre repubbliche in
genere sono realtà politiche mummificate, prugne secche rimaste ad avvizzire
sull’albero nel clima stagnante della storia degli ultimi secoli.18 San
Marino invece si è mantenuto eziandio in viridi. E questo a lui sembra più
rimarchevole del fatto che San Marino abbia saputo mantenersi in piedi, che
abbia superato, pur così piccolo, il lungo e duro corso di sopra 13 secoli. Lo
sorprende insomma la vitalità riscontrata sul Titano a fronte del cadere e
inaridirsi che han fatto tante vaste e floride repubbliche, le quali nell’Africa,
nell’Asia, e nell’Europa un dì furono spavento a tutto il mondo.19
276
18 - Tali repubbiche sono destinate a cadere appena l’aria riprenderà a smuoversi ai primi venti del
rinnovamento.
19 - In effetti “queste repubbliche hanno perduto molto del loro splendore e della loro potenza, per
diverse ragioni la cui convergenza ricorda quelle che provocarono il declino del feudalesimo”, battute
“dall’evoluzione dell’economia, della società e degli spiriti” (R. RÉMOND, Introduzione alla storia
contemporanea, L’antico regime e la rivoluzione francese, Traduzione italiana di S.VIGEZZI, Milano,
1974, pag. 85). Venezia “non sapeva più farsi temere né proteggere i suoi sudditi, né per mare né per
terra ; i suoi debiti, anche in tempo di pace, andavano sempre crescendo, le manifatture erano in decadenza, le campagne infestate di briganti ; ogni città era divisa da fazioni che il senato aizzava l’una
contro l’altra per indebolire i sudditi ; il suo governo sospettoso e crudele si manteneva soltanto grazie
allo spionaggio; ... un simile governo era diventato l’orrore di tutti i sudditi ; macchiava il nome della
repubblica lasciandolo legato alla più odiosa tirannia” (J.C.L.SIMONDE DE SISMONDI, Storia delle
Repubbliche italiane, Edizione italiana Bollati Boringhieri,Torino 1996, pag. 359).
LA REPUBBLICA DI SAN MARINO VISTA DA UN VIAGGIATORE
NELL’ANNO 18001
Edizione e traduzione a cura di Michele Conti
Die Republick S. Marino im I. 1800. Von einem Reisenden
Der Wunsch eine der ältesten und zugleich kleinsten Republiken der Welt
kennen zu lernen, führte mich im August 1800 nach S. Marino. Dieser kleine
Staat giebt nicht den Anblick des Paradieses; im Gegentheil sieht man hier
nichts als schroffe Felsen und fürchterliche Abgründe, die dennoch durch
die Industrie freier Menschen benutzt, und urbar gemacht wurden. Diese
Menschen sind fleissig und arbeiten mit Vergnügen, weil sie mit Sicherheit
ärndten2. Der Gipfel eines meistentheits in Wolken gehüllten Berges enthält
hier das, was die alten Griechen eine Nation würden gennant haben.
Man kommt auf einen sehr schwierigen Weg nach St. Marino. Da nur ein
einziger Gasthof auf dem Gebiet der Republick ist, und dieser sich ausserhalb
der Stadt befindet, so werden die Fremden gewöhnlich eingeladen, den Privat
Personen, oder in Klöstern ihren Auffenthalt zu nehmen. Der Gardian der
Capuciner, ein ehrwürdiger Greis, aus einer der ältesten Familien dieser
Republick, empfieng mich mit patriarchalicher Gastfreiheit, und führte mich in
die angesehensten Häuser von S. Marino ein. Schon am ersten Tage hatte ich
Gelegenheit, die vornehmsten Männer dieses Staats zu sehen, und durch viele
Fragen über die Geschichte und den jetzigen Zustand der Republick, meine
Neugier zu befriedigen. Ich laas das, was Addison in seinem interessanten, von
den meisten Reisenden wörtlich wiederholten, Reise Abschnitt von S. Marino
sagt, und ich fand bald, dass dieser trefliche Schriftsteller sich oft durch den
ersten Schein hatte täuschen lassen.
Der Stifter und Gesetzgeber von S. Marino war ein Baumeister aus Dalmatien,
Namens Marino, der im fünften Iahrhundert, nachdem er geholfen hatte,
Rimini aus seinen Ruinen wieder herzustellen, sich auf diesen Berg zurückzog,
und hier in Gesellschaft einer kleinen Zahl von Anhängern, mit der Strenge
eines Eremiten lebte, eine Kirche baute, und endlich eine Stadt anlegte, die der
Ruf seiner Heiligkeit bald mit Menschen füllte. Nie hatte wohl ein Staat einen
1 - Ringrazio Angelo Pruccoli per avermi fatto conoscere questo inedito e per averne autorizzata la
pubblicazione. Ringrazio altresì Maria Pia Casadei, prof.ssa di tedesco, che è venuta in mio soccorso
con competenza e generosità.
Sull’argomento esiste una ricca bibliografia. A titolo esemplificativo, si veda: A. Garosci, San Marino,
mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano, 1967; J. Addison, The Republick of St. Marino,
in “Studi Sammarinesi”, 1987, pp. 239-242; A. Brilli con la casa editrice Minerva e col finanziamento
della Fondazione San Marino ha curato recentemente la pubblicazione di quattro volumi contenenti
testi e racconti di viaggiatori e corrispondenti esteri: San Marino, i viaggiatori stranieri raccontano,
s.l., 2002; (con un intervento di M.A. Monelli) San Marino nello specchio del mondo, s.l. 2003; (con un
intervento di M.A. Monelli) San Marino narrata, Argelato, 2004; (a cura di A. Barilli e M.A. Monelli),
L’immagine di San Marino nella stampa internazionale fra Ottocento e Novecento, Argelato, 2005.
2 - Presumibilmente per ernten: raccogliere, mietere.
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278
ehrwürdigern Ursprung.
Das Gebiet dieser Republick hat 25 italienische Meilen im Umfange. Die Form
desselben ist oval, dabey aber nicht regelmässig, daher man den Durchmesser
nur ungefähr fünf Meilen rechnen kann. Der gebirgichte, sehr wenig fruchtbare
Boden, ernährt dennoch 7000 bis 8000 Menschen; er ist mit Maulbeerbäumen,
Weinstöcken und Oliven Bäumen bedeckt, durch deren Producte, vorzüglich
mit der Seide, die Einwonher einen vortheilhaften Handel mit Rom, Florenz
und andern Städten Italiens treiben.
Wenn man die Geschichte des alten Griechenlands genau kennt, so wird man
nie einen Staat wegen dem geringen Umfang seines Gebiets verachten; wobey
ich bemerke, dass so unbeträchtlich auch das von S. Marino ist, es dennoch
einen grössern Umfang hat, als mehrere Alt: Griechische Republiken, z. B.
Platea, Aegina, und Megara, die dem ungeachtet grosse Dinge thaten, und
sich einen unsterblichen Namen erwarben.
Die Regierung von S. Marino ist democratisch. Die Suveränität ist in
dem Arengo, einer aus lauter Einwohnern zusammen gesetzten National
Versammlung, wobey aus jeder Familie ohne Unterschied eine Person
genommen wird. Der Arengo versammelt sich jedoch nur bey besondern
Gelegenheiten, da in der Zwischenzeit die Regierung dem Rath der Sechziger
anvertraut ist, der, ohngeachtet seines Namens, zu Addisons Zeiten nur aus
vierzig Gliedern bestand. In diesem Rath sitzen nie zwey Personen von der
nämlichen Familie; auch kann man nur allein durch die Wahl eine Stelle
bekommen. Den Vorsitz in diesem Rath haben zwey Capitani, oder Consuln,
die alle sechs Monate gewechselt werden. Die bürgerliche und criminal Iustiz
Pflege wird von einem ausländischen Rechtsgelehrten, mit Zuziehung der
beyden Consuln verwaltet; er führt den Titel Commissarius, und dauert sein
Amt nur drey Iahre.
Addison sagt, dass der Arzt und der Schulmeister zu den vornehmsten
Männern des Staats gehören. Ich erkundigte mich nach diesem Umstand bey
einer Rathsperson, dessen Antwort war: „Sie haben gar keinen Vorzug, und
werden, so wie in mehrern Städten Italiens, auf öffentliche Kosten unterhalten.
Auch ist hier bey ihren Stande nichts besonderes zu bemerken, ausser dass
der Schulmeister viel mehr, und der Arzt viel weniger, wie anderswo zu thun
haben, da wir viel Kinder und wenig Kranke zählen“.
Es befindet sich in der Republick zwanzig bis dreyssig adliche Familien,
aus welchen man immer die Hälfte der Räthe nimmt. Man sagt, dass diese
Familien den democratischen Geist gemässigt machen; indess sind sie allein
die Ursache der einzigen Revolution gewesen, die man in der Republick erlebt
hat. Sie hatten allmählig eine Art Oligarchie eingeführt, und nur bloss den
Schein der Freiheit übrig gelassen. Die Bürger von S. Marino sahen kein
ander Mittel sich von ihrer Tirannei zu befreien, als sich der Herrschaft des
Pabstes, Protectors der Republick, zu unterwerfen. Sie wandten sich deshalb
an den Cardinal Alberoni, der damals Legat von Romagna war. Der römische
Hof trug dem Cardinal auf, die Klagen der Einwohner von S. Marino zu
untersuchen, und sich zu überzeugen, ob es wirklich der Wunsch der Mehrheit
sei, Unterthaten des päbstlichen Stuhls zu werden. Der Cardinal aber hatte den
Ehrgeitz hier die Rolle eines Eroberers zu spielen. Anstatt die Befehle seines
Hofes zu befolgen, versammelte er eine kleine Armee von Sbirren,3 nahm S.
Marino in Besitz, und gebrauchte die gewaltsamsten Mittel, um die Einwohner
zu zwingen, dem Pabst den Huldigungseid zu schwören. Dies tirannische
Verfahren vereinigte alle Partheien. Man sandte nun Klagen andrer Art nach
Rom, und Clemens XII. war so grossmüthig alles zu annulliren, was Alberoni
gethan hatte, und die Einwohner wieder in ihre alten Rechte einzusetzen. Nun
wurden Reformen gemackt, die neuen Revolutionen vorgebeugt haben.
Obgleich die adlichen Familien Ansprüche auf Vorzug machen, so giebt es
doch nach der Constitution von S. Marino nur zwey Classen von Einwohnern:
die Bürger und die Besoldeten. Aus Hochachtung gegen den heiligen Stuhl,
unter dessen Schutz die Republick so lange ruhig und glüchlich gewesen ist,
hat man mehrere vornehme Männer aus den päbstlichen Staaten, besonders
aus Bologna und Rimini, zu Ehrenbürgern von S. Marino ernannt. Selbst einige
venetianische Nobili, so stolz sie auch auf ihren alten Adel und als Theilhaber
der Souveränität ihres Landes waren, haben es doch nicht unter ihrer Würde
gehalten, Bürger dieser kleinen Republick zu werden. Weit entfernt, dass man
diese Staats Verbindung mit vornehmen Ausländern als der Freiheit gefährlich
betrachten könnte, wird sie vielmehr in einem so kleinen Staat als nützlich für
die National Sicherheit gehalten.
Man sieht zu S. Marino allenthalben den Einfluss der Freiheit. Die Stadt hat
in ihren Gebäuden nichts prächtiges; die Gleichheit der Häuser zeigt eine
glückliche Mittelmässigkeit des Vermögens. Die Sitten der Einwohner sind
einfach und rein; dabey zeichnen sich diese Menschen durch ihren guten
natürlichen Verstand und durch ihr Wissen aus. Selten findet man hier einen
Bürger, der ohne Kenntnisse ist, und die Geschichte nicht mit einigem Nutzen
gelesen hat. Immer nahmen die Einwohner von S. Marino, obgleich bloss als
unthätige Beobachter, an den politischen Begebenheiten in Europa grossen
Antheil. Die Hofnung und die Furcht, in Betref der Sicherheit ihres kleinen
Staats, reitzte ihre Neugierde, und stimmte sie zu Nachforschungen. Natürlich
musste die französische Revolution, besonders seit der Invasion von Italien,
diese Stimmumg noch vermehren. Indessen sind di Mariner ohne Besorgniss,
da sie sich als die einzigen Democraten in Italien, und desshalb die Franzosen
als ihre natürlichen Bundsgenossen betrachten.
Uebrigens zeigt die seit so viel Iarhunderten mitten in einer Weltgegend, die
beständig Revolutionen erfahren, immerfort bestehende Republick S. Marino,
ein politisches Phenomen, das die Aufmerksamkeit der Philosophen verdient.
3 - Dies sind Häscher der verworfensten Art, die selbst von dem niedrigsten Pöbel in Italien für ehrloss
gehalten werden. V. A.
279
Die vornehmsten Ursachen ihrer Dauer, sind, meiner Meinung nach, ihre
Lage auf einem fast unzugänglichen Berge, ihre Armuth, und ihre Entsagung
aller ehrgeitzigen Entwürfe ihr Gebiet zu vergrössern. Sie hatte nichts, was
die Länder jener grosser Mächte zu einer Eroberung reitzen konnte, und war
dabey stark genug, sich gegen die Angriffe, oder Ueberrumpelungen der
kleinen sie umgebenden Tirannen zu vertheidigen.
La Repubblica di San Marino nel 1800. Vista da un viaggiatore.
280
Il desiderio di conoscere una delle più antiche e piccole repubbliche del mondo
mi ha guidato verso San Marino nell’agosto del 1800. Questo piccolo Stato
non offre una vista di paradiso; al contrario qui non si vedono che ripide rupi
e tremendi precipizi che tuttavia, attraverso l’intraprendenza di uomini liberi,
divennero utilizzabili e coltivabili. Questi uomini sono solerti e lavorano con
soddisfazione, perché con sicurezza raccolgono [i loro frutti]. La cima di una
montagna, che per lo più è avvolta dalle nuvole, comprende ciò che gli antichi
Greci avrebbero chiamato una nazione.
Si arriva a San Marino per una strada molto malagevole. Poiché c’è un solo
albergo (locanda) nel territorio della Repubblica e questo si trova fuori città,
così i forestieri solitamente sono invitati a stabilirsi presso persone private o
chiostri. Il guardiano dei Cappuccini, un venerando vecchio proveniente da
una delle più antiche famiglie di questa Repubblica, mi accolse con patriarcale
ospitalità e mi introdusse nelle più stimate case di San Marino. Già dal primo
giorno ebbi l’opportunità di vedere gli uomini più ragguardevoli di questo Stato
e di soddisfare la mia curiosità con molte domande sulla storia e sull’attuale
stato della Repubblica. Ho letto quello che dice Addison nell’interessante
sezione relativa al viaggio a San Marino e ripetuta letteralmente dalla maggior
parte dei viaggiatori, e presto ho scoperto che questo ottimo scrittore spesso si
è lasciato ingannare dalla prima impressione.
Il fondatore e legislatore di San Marino era un costruttore edile proveniente
dalla Dalmazia, di nome Marino, che nel quinto secolo, dopo aver contribuito
a riedificare Rimini dalle sue rovine, si ritirò su questa montagna e qui, in
compagnia di un piccolo numero di seguaci, visse col rigore di un eremita,
costruì una chiesa e quindi gettò le basi di una città che presto il richiamo
della sua santità riempì di persone. Giammai uno Stato ebbe tanta veneranda
origine.
Il perimetro di questa Repubblica è di 25 miglia italiane. La sua forma è ovale,
ma non regolare, il suo diametro si può calcolare in circa cinque miglia. Il
terreno montagnoso e poco fertile nutre comunque da 7000 a 8000 persone; è
coperto di piante di gelsi, viti e olivi e con i loro prodotti, principalmente con
la seta, gli abitanti praticano un proficuo commercio con Roma, Firenze e altre
città dell’Italia.
Se si conosce bene la storia dell’antica Grecia, non si disprezzerà mai uno
Stato per la sua ridotta dimensione; e dicendo ciò io noto che per quanto quella
di San Marino sia trascurabile, tuttavia è un’estensione più grande di molte
antiche repubbliche greche, come per esempio Platea, Egina e Megara, che
malgrado ciò fecero grandi cose e si conquistarono un nome immortale.
Il governo di San Marino è democratico. La sovranità risiede nell’Arengo,
un’assemblea nazionale di rumorosi abitanti convocati insieme, per il quale
da ogni famiglia senza distinzione si prende una persona. L’Arengo però si
riunisce solo in particolari occasioni, giacché nel frattempo il governo è affidato
al Consiglio dei Sessanta che, nonostante il suo nome, ai tempi dell’Addison
era composto di quaranta membri. In questo consiglio non siedono mai due
persone della stessa famiglia; inoltre si può ottenere il posto solo con un
voto. La presidenza in questo Consiglio l’hanno due capitani o consoli, che
vengono cambiati ogni sei mesi. La giustizia civile e penale è amministrata da
un giureconsulto esterno con il concorso dei due consoli; egli porta il titolo di
commissario e il suo ufficio dura solo tre anni.
Addison dice che il medico e il maestro di scuola sono tra i più ragguardevoli
uomini dello Stato. Io chiesi informazione su questo aspetto a un membro del
Consiglio, il quale rispose: “Essi non hanno nessun privilegio e sono, come in
parecchie città d’Italia, mantenuti col denaro pubblico. Sulla loro condizione
non c’è nulla di particolare da notare se non che il maestro di scuola ha da fare
molto più e il medico molto meno che altrove, perché abbiamo più bambini e
meno malati”.
Nella Repubblica si trovano da venti a trenta famiglie nobili, dalle quali si
designa sempre la metà dei consiglieri. Si dice che queste famiglie rendano
moderato lo spirito democratico, in quanto esse sole sono state la causa
dell’unica rivoluzione che si è veduta nella Repubblica. Un po’ alla volta
avevano introdotto una specie di oligarchia e fatto sopravvivere solo una
parvenza di libertà. I cittadini di San Marino non videro altro mezzo per liberarsi
dalla loro tirannia che sottomettersi alla signoria del papa, protettore della
Repubblica. Perciò si rivolsero al cardinale Alberoni, che allora era legato di
Romagna. La corte romana affidò al cardinale di esaminare le lamentele degli
abitanti di San Marino e di convincerli, se effettivamente fosse il desiderio
della maggioranza, a diventare sudditi del soglio pontificio. Ma il cardinale
ebbe l’ambizione di giocare qui il ruolo di un conquistatore. Invece di seguire
gli ordini della curia, radunò una piccolo esercito di sbirri4, si impossessò di
San Marino e adoperò i mezzi più violenti per costringere gli abitanti a giurare
fedeltà al papa. Questo modo di agire tirannico unificò tutte le fazioni. Quindi
furono inviate lamentele a Roma, ma di diversa natura, e Clemente XII fu
così magnanimo da annullare tutto ciò che aveva fatto Alberoni e reintegrò gli
abitanti nei loro antichi diritti. Da allora si sono fatte delle riforme che hanno
prevenuto nuove rivoluzioni.
4 - Accanto alla parola Sbirren c’è la seguente nota: Questi sbirri sono della più abbietta specie e in
Italia sono ritenuti infami anche dai ceti più umili.
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Sebbene le famiglie nobili avanzino pretese di superiorità, tuttavia secondo
la costituzione di San Marino ci sono solo due classi di abitanti: i cittadini e i
salariati. In stima verso il santo soglio, sotto la cui protezione la Repubblica è
stata per tanto tempo felice e in pace, sono stati nominati cittadini onorari di
San Marino diversi ragguardevoli uomini dello Stato del papa, in particolare
di Bologna e Rimini. Perfino alcuni nobili veneziani, seppure fossero tanto
orgogliosi della loro antica nobiltà e della loro partecipazione alla sovranità
del loro Paese, non hanno tuttavia disdegnato di diventare cittadini di questa
piccola Repubblica. Lungi dal fatto che si possa considerare pericoloso per la
libertà questa relazione dello Stato con eminenti stranieri, tanto più in un così
piccolo Stato, li si ritiene utili per la sicurezza nazionale.
Dappertutto si vede a San Marino l’influsso della libertà. La città non ha niente
di grandioso nei suoi edifici; l’uguaglianza delle case indica una conveniente
mediocrità delle disponibilità. I costumi degli abitanti sono semplici e schietti;
perciò si distinguono le persone per il loro naturale ingegno e la loro conoscenza.
Raramente si trova qui un cittadino che sia privo di cognizione e che non abbia
letto la storia con qualche vantaggio. Gli abitanti di San Marino si interessano
sempre molto, anche se solamente come passivi osservatori, agli avvenimenti
d’Europa. La speranza e il timore riguardo alla sicurezza del loro piccolo Stato
ha stimolato la loro curiosità e li predispose ad indagare. E naturalmente la
rivoluzione francese dovette accrescere questa attitudine, soprattutto dopo
l’invasione dell’Italia; essendo i sammarinesi senza apprensione, giacché essi
si considerano gli unici democratici d’Italia e quindi i Francesi loro naturali
alleati.
D’altronde, la Repubblica di San Marino, che ininterrottamente si è mantenuta
da così tanti secoli nel mezzo di un contesto continuamente provato dalle
rivoluzioni, esprime un fenomeno politico che merita l’attenzione dei filosofi.
Secondo la mia opinione, le cause principali della sua durata sono: la sua
posizione su un monte quasi inaccessibile, la povertà e la sua rinuncia a ogni
progetto ambizioso di ingrandire il territorio. Essa non aveva nulla di che
stimolare la conquista da parte dei Paesi con una grande potenza, e pur tuttavia
era abbastanza forte da difendersi contro gli attacchi e gli assalti di sorpresa
dei piccoli vicini tiranni.
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CULTURA SAMMARINESE
di Giuseppe Macina
I . LA TRADIZIONE CLASSICHEGGIANTE
I più antichi documenti dellla storia sammarinese trovano espressione nella
lingua latina: il Placito Feretrano e la Vita Sancti Marini.
Il primo è un documento dell’anno 885, che non ci è giunto in originale ma
in una copia del secolo XI: un testo di grande importanza sotto l’aspetto
linguistico in cui si avverte l’incombenza del parlato e che costituisce quindi
un’ antica testimonianza del passaggio dal latino al volgare.
Il secondo è un testo agiografico riferibile alla prima metà del X secolo, nel
quale una tradizione locale trova espressione in una stesura di formazione
colta: è scritto infatti in un latino corretto e non privo di una certa eleganza.
Ancora in latino sono gli Statuti dei quali i primi a noi giunti sono quelli
collocabili fra il 1295-1302 e così pure quelli dei secoli seguenti; ed in latino
è la produzione notarile, tanto quella pubblica che concerneva gli Strumenti
siglati per mano del notaio pubblico e cioè gli atti della Comunità, quanto
quella privata che si occupava di contratti e cause fra privati.
Ad un’epoca in cui anche a livello scritto si è ormai imposto il volgare è riferibile
l’impegnativa impresa di Giovanni Bertoldi “ Translatio et Commentum totius
libri Dantis aldigherii”1: opera, com’è noto, nata in ambito eccclesiastico e
destinata con scopi divulgativi ad altri eccclesiastici.
E’ stata scritta -come lo stesso Bertoldi confessa- in una forma latina rudis
incompta, inepta, cioè lontana dalla perfezione e dall’eleganza dei classici,
secondo i modi della lingua volgare e del parlato in generale, anche per l’
esigenza che lo stesso autore si proponeva di essere inteso dai prelati italiani e
di altri paesi, presenti al Concilio di Costanza, al fine di potere contribuire nel
modo più efficace a diffondere la conoscenza del poema dantesco.
E’ nel corso del Cinquecento che si afferma, via via si diffonde e poi s’ impone
l’idea di una lingua comune per tutti i letterati, insomma la lingua nazionale.
Di riflesso anche per San Marino possiamo notare che verso la metà del
Cinquecento cessa la stesura degli Atti del Consiglio e poco più tardi quella
degli Estimi nella lingua latina, ma , nonostante l’affermarsi dell’italiano, il
latino rimane ancora la forma linguistica in cui si esplica la produzione scritta
dell’attività pubbblica a livello ufficiale.
Così avviene per gli Statuti del Seicento2 in cui il governo oligarchico codificò
1 - Fratris Iohannis de Serravalle ord. Min. Episcopi et Principis Firmani Translatio et Commentun
totius libri Dantis Aldigherii, Prato 1891
Giovanni Bertoldi da Serravalle, Traduzione e Commento dellla Divina Commedia di Dante
Alighieri, San Marino 1986
L.Nicolini, La vita e le opere di Giovanni da Serravalle commentatore dellla «Divina Commedia»,
San Marino 1923
2 - Leges Statutae Reipublicae Sancti Marini, Florentiae, MDCCCXV, ed.an.
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l’assetto istituzionale del paese e decretò la propria legittimità al potere.
Il latino è considerato la forma linguistica più consona in occasione di
ambascerie e di discorsi ufficiali in situazioni cui la dirigenza del tempo
intendeva dar buona prova di sè e far bella presenza all’esterno. Ricordiamo
al proposito l’orazione latina “ Ad Christinam Flaminiae fines ingressam
Oratio Antonii de Malagonelllis nunc de Amadoris sub persona Legatorum
Reipublicae Sancti Marini”3 .
In tale orazione, correva l’annno 1688, Antonio Malagonelle si rivolgeva a
Cristina di Svezia, pellegrina a Roma, per invitarla, a nome degli ambasciatori
sammarinesi, a salire sul Titano.
Così il forbito oratore presentava la terrra del Titano: - Mons assurgit
omnium, qui Flaminiam exasperant, editissimus; verticem huius nobilitat arx
vetustissima, quae omnium finitimarum gentium visus amabili terrore fatigat.
Nam perpetuis voraginum munita periculis, velut invidiam servantis Italiae
immistum pene Coelo supercilium libertatis ostentat.
A fronte Adriaticum aestuat mare: inferiora laterum ambiunt laeti, cultique
collles, qui pari spatio per amoenas umbras, et opaca nemorum, in fertiles
campos, et florida prata desinentes, Tempe altera intrantibus aperiunt. Supra
clementiam aeris augent loci gratiam salubres fontium venae, perennes rivi,
concentus avium, et pastoralibus tibiis personae valles4.
In questo secolo il latino, oltre che nei numerosi latinismi presenti nei testi
in lingua italiana, per la medesima vocazione letteraria intesa ad un tono
linguisticamente alto rivive nellla rievocazione di un mondo classicheggiante
ormai defunto: così nella «favola pastorale» di Giacomo Bonetti, scritta per
accompagnare una rappresentazione teatrale tenutasi nel 1626.
Nei suoi intermezzi il Bonetti ci dice dei preparativi che Titano, attorniato
da Driadi e Amadriadi e coadiuvato da Zefiro e Flora, compie per accogliere
Giove che discende dal cielo.
Componimenti in latino compaiono in una raccolta di versi, scritta in età giovanile
da Alessandro Belluzzi, presente nella Biblioteca Gambalunga di Rimini.
Nel Settecento si può certamente affermare che la normalizzazione linguistica
si è da tempo consolidata, nondimeno il latino rimane la lingua privilegiata
nelle solenni occasioni.
3 - Malagonelle Antonio(1688), Ad Christinam Flaminiae fines ingressam sub persona legatorum
Reipublicae Sancti Marini, Romae 1695
4 - P. Franciosi, Orazione latina del secolo XVII pronunciata al cospetto di Cristina di Svezia a nome
della Repubbblica di San Marino dall’abate Antonio Malagonelli, San Marino 1895.
Il Franciosi così traduce:-Fra tutti i monti onde è resa aspra la Flaminia altissimo s’eleva il nostro, la
cui cima è adorna d’una antichissima rocca la quale col suo bell’orrido attira per largo spazio le viste
di tutti i circonvicini: imperocchè cinta all’ intorno da pericolose voragini, quasi ad invidia della serva
Italia, estolle fino al Cielo le libere cime.
Di fronte infuria l’Adriatico, ma alle falde è il monte circondato da lieti ed ameni colli i quali
gradatamente fra dolci ombre e folti boschi in fertili campi e floridi prati terminando aprono a quanti
entrano un’altra Tempe. Oltre alla mitezza dell’aria accrescono grazia al luogo salubri vene di fonti,
perenni rivi, gorgheggio d’augelli e le valli risonanti di pastorali armonie-.
La vicenda alberoniana è motivo l’anno seguente per una raccolta di sonetti,
scritti parte in latino, parte in italiano, edita a Pesaro nel 17405.
L’espressione in latino rimane preferita nei discorsi da tenersi nelle feste
ufficiali, come quella per l’ingresso dei Capitani Reggenti.
Possiamo al riguardo far riferimento ai manoscritti delll’abate Melchiorre
Martelli fra i quali è dato rinvenire una ventina di discorsi, tenuti in occasione
dellla cerimonia d’investitura dei Capitani Reggenti, che si conservano nellla
Biblioteca di Stato, dei quali solo due sono scritti in italiano e gli altri in latino6.
Un forte impulso alla rievocazione classicheggiante lo esercitò il gusto
settecentesco assai diffuso intonato ai modi dell’Arcadia, e, diversamente,
l’interesse pure assai diffuso per le dissertazioni erudite.
Com’è noto il letterato sammarinese più significativo di questo secolo è
Giovannni Mengozzi,7 che nei suoi versi in lingua italiana, contrapponendosi
agli eccessi del marinismo propose il ritorno al buon gusto, avvicinandosi ai
toni dell’Arcadia.
Di lui in lingua latina ricordiamo: la vita delll’illustre fulginate Sigismondo
Conti, l’orazione funebre per mons. Maffei, replicata anche in italiano, ed
anche alcune lettere, parte in latino, parte in italiano. Pure fra i componimenti
in versi sono da ricordare alcuni in latino, fra i quali il carme De Terremotu,
assai lodato da Cesare Montalti.
Anche per l’Ottocento il modello di riferimento è quello di una cultura consapevole
della tradizione classica, che a livello linguistico predilige il tono elevato.
Esemplare in tal senso l’opericciola di Domenico Mengozzi “Il Contratto
Agrario” del 1818 in cui la minuta ed un poco uggiosa precettistica agraria
è alleviata da brani di poesia georgica i cui autori vanno da Virgilio
all’Alemanni.
Sul piano più strettamente linguistico ricordiamo la querelle che vide
protagonista padre Niccoli, milanese, che nella sua “Prolusione di Studi”
moveva frecciate alla cultura accademica del tempo, basata, a suo dire, sulla
memorizzazione e su un eccessivo studio lel latino, in favore della lingua
italiana e di scienze più utili sul piano pratico per lo studente.
Gli insegnanti della scuola sammarinese del tempo, primo il Belzoppi, si
pronunceranno per una visione più moderata, e sostanzialmente riconfermavano
l’importanza della lingua e della cultura dei classici.
Non va nemmmeno per la prima metà del secolo taciuto l’apporto dato da
letterati italiani che per motivi politici, come già il Borghesi, trovarono in San
Marino l’ospitale rifugio.
5 - Raccolta di composizioni poetiche in occasione del Triduo che si solennizza nella Repubblica di
San Marino dedicata all’ Em.mo Cardinal Rivera, Pesaro 1740.
6 - G. Macina, Melchiorre Martelli, in «Scuola Secondaria Superiore»,Annuario XVII,an.sc. 19992000, p. 281.
7 - G. Macina, Giovannni Mengozzi, in «Scuola Secondaria Superiore», Annuario XVII, an. sc. 19992000, p. 297
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Facciamo riferimeno a Cesare Montalti e ad Antonio Papi, che s’inserirono
come insegnanti nella scuola sammarinese e trovarono più tardi un epigono in
Marino Fattori.
Per la seconda metà del secolo non si possono ignorare i nomi del Tommaseo
e del Carducci, che con i loro scritti furono di lustro alla Repubblica e che
contribuirono a trasmettere anche ai Sammarinesi un concetto alto della
funzione della cultura e della letteratura.
E su questi nomi non possiamo esimerci di soffermarci un qualche po’.
Ignazio Belzoppi fu, generalmente parlando, poeta di stampo classicheggiante:
a ciò lo volgeva nella sua prima produzione poetica l’ammirazione per i modi
dell’Arcadia e, nella successiva la suggestione per la musa nontiana.
Ma fu un tradizionalista non in senso pedantesco, chè anzi, nel Bertuccino non
disprezzò nemmeno la possibilità dellla commistione dei toni del linguaggio:
il classico ed il popolareggiante.
Certo fu letterato di solida cultura classica e buon coscitore dellla lingua dei
classici, che egli amò e tradusse.
Per chi conosce il fondo Belzoppi, giacente presso la Biblioteca di Stato, non
sarà difficile riconoscere i segni di questa inclinazione.
Come insegnante ebbe a rivolgersi ai giovani studenti in latino almeno in un
paio d’occasioni: nel discorso “Floreant gentes vitiis virtute repulsis” ed in
un’orazione tenuta nel seminario di Rimini di cui fu rettore per l’apertura
delll’anno scolastico (1820), dei quali se ne conserva stesura manoscritta.
Come insegnante delle scuole sammarinesi non si sottrasse, come d’altra
parte gli Statuti prescrivevano, all’obbligo di pronunciare un discorso per la
cerimonia d’investitura dei Capitani Reggenti.
Di lui manoscritti abbbiamo cinque discorsi in lingua latina, tenuti fra il 1616-18.
Sono così titolati: -De studiis cum Reipublicae administratione coniunctis-,- De
agricoltura promovenda-, -De Maiorum sobrietate revocanda-,-De Concordia
civium servanda-, -De magistratibus elegendis-.
Il Belzoppi fu buon conoscitore della cultura e della lingua dei classici: non
può quindi stupirci il suo impegno nell’ambito della traduzione delle opere
degli autori latini.
Possiamo qui di seguito elencare le traduzioni in forma manoscritta dei cinque
libri delle Satire d’Orazio, del proemio contro Verre di Cicerone, di alcune
elegie di Properzio, come pure di un brano dellle Storie di Tito Livio.8
La morte del Belzoppi venne compianta dal Montalti in una sua ode “In funere
Ignatii Belzoppi Rhetoris, Oratoris, Poetae,ac Civis Sammarinensis” (in f.o,
Pesaro1828).
Gli successero sulla cattedra da lui detenuta al Collegio Belluzzi Cesare
Montalti e Antonio Papi.
8 - P. Franciosi, Un poema eroicomico del letterato sammarinese don Ignazio Belzoppi con aggiunto
il catalogo dei documenti e manoscritti, Bologna 1915: v. fasc.V e VI
Qui brevemente accenniamo al Papi di cui ricordiamo l ‘ “Inno a San Marino”,
che, per quanto scritto in italiano, rivela un chiaro impianto classicheggiante
nell’enfasi oratoria e nella scelta di un linguaggio aulico9.
Tutto lo spazio che merita è da riservarsi a Cesare Montalti di Bocciolino di
Cesena che, sospinto dallla persecuzione del card. Rivarola contro i liberali,
giunse a San Marino nel Novembre del 1826 e vi rimase fino a tuttto il Giugno
del 1831.
Del primo periodo del suo soggiorno a San Marino è la lettera in cui il Montalti
ringrazia i Capitani Reggenti per la cittadinanza accordatagli -quod quidem,
ni falllor, facile per vos ipsi vel ex eo conjicetis, quod nihil iucundius, nihil
opportunius obvenire nunquam potuisset-10.
Un momento molto importante per la produzione del Montalti è la collana dei
sei sonetti, scritti prima in italiano e poi volti in latino, in occasione della morte
di tale Marino Bruschi, un sarto sammarinese, rimasto uccciso in una rissa nel
1827 in Città per mano di un facinoroso romagnolo, profugo a San Marino.
Vennero pubblicati molto più tardi per i tipi Montanari e Marabini a Faenza
nel 1883.
Certo l’orribile misfatto dovette colpire come altri lo stesso Montalti, ma non
poco dovettero spingerlo allla commiserazione le lacrime dellla vedovella
che a lui si rivolse per riceverne conforto. E per tale donnna, tale Barbara
Casali di Borgo, don Cesare nutrì un affetto che dovette andar oltre l’obbligo
pastorale.
Ritornato poi a Cesena, a lei dedicava l’epigramma “Ad Barbaram Casaliam
sammarinensem foeminam venustissimam”11che dice:
9 - A. Papi, Inno a San Marino, Rimino Marsonner e Grandi 1835.Così conclude:
Sull’erta cima del Titan felice
Fa che culto perenne abbia l’altare,
Che tu drizzasti a Libertà. Benigno
Lo riguarda dal cielo, e come all’urto
Saldo resiste degli irati flutti
Marpesio scoglio , esso resista all’onte
Dei nemici, del tempo, e dei tiranni.
10 - Lettera latina di Cesare Montalti per le nozze Tonini-Amati, tr. Marino Fattori, San Marino 1815.
11 - P. Franciosi, Ricordi in Repubblica delll’abate Cesare Montalti, Imola 1924, p.7
G. Maroni, Cesare Montalti, Storia e poesia di un prete irrequieto fra Rivoluzione e
Restaurazione, Cesena 2000, che così traduce:
Mi chiamo Barbara, ma barbara di nome, non di fatto:
dico il vero, tu mi sei testimone, o Cesare.
Ecco, sei qui, o Cesare: a lungo hai gioito intimamente
del mio tenero affetto. Se perdura riconoscenza
memore nell’animo di chi mi ha fatto sua amica,
fa’ che il tempo futuro per sempre i nostri nomi,
a chiare lettere scritti nei tuoi carmi, insieme congiunti
legga sfogliando le carte di antiche armonie.
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Ipsa loquitur
Barbara dicor ego; sed Barbara nomine, non re:
vera loquor: testis tu mihi, Caesar, ades.
Caesar ades, teneroque diu gavisus amore,
si qua potiti animo gratia stat memori,
haud numeris indicta tuis fac nostra perenne
aevum juncta simul nomina persolvat.
Così di questo periodo l’epigrammma “In funere Antonii Onufrii Patris
Patriae”12
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Te moriente, imo suspiria pectore ducens
Libertas tales edidit ore modos:
vindice quae tanto steteram inconcussa, licet me
gens peteret saevis insidiosa minis,
vulnificisve iterum fortunae obnoxia telis
exscindar, Latio grata rapina Iovi?
Scilicet id metuo, nigris nam deseris actam
undique difficili tempore turbinibus.
Unus consilio regere, auxilioque labantem
tu potes: praesidii, qui nunc superest?
E di questo medesimo periodo è la versione in esametri latini che il Montalti
fece di un bel sonettto di Ignazio Belzoppi nel quale l’ormai vecchio poeta
sammarinese piangeva la morte del fedele domestico Bonifacio Stacchini,
pubblicata per i tipi di Marsonner e Grandi a Rimini nel 1826.
Del 1826 è un’elegia latina “De se ipso ad Sammarinenses cummigrante” in cui
parla del suo arrivo a San Marino, e l’altra “Ad sodales Sammarinenses” in cui li
invita, superati i rigori delll’inverno, a gioire del ritorno della bella stagione.13
Del 1827 è l’ “Hjmnus in divum Marinum auctorem et vindicem Libertatis
sammarinensis”14, che così inizia:
12 - P. Franciosi, Ricordi in repubblica di C. Montalti cit., p.7
G. Maroni Cesare Montalti, Storia e poesia cit, p.22, che così traduce:
Tu morivi, e la libertà, traendo gemiti dal profondo
del cuore, tali accenti fece uscire dalla bocca:
-Io so che salda e inconcussa ero stata con te protettore,
sebbene un popolo insidioso mi assalisse con crudeli minacce,
potrei essere distrutta di nuovo, esposta ai colpi mortali
della sorte, rapina ben gradita al Giove romano.
E’ questo che temo: tu mi abbandoni, travolta da ogni parte
da neri turbini in tempo difficile.
Tu solo avresti potuto reggere colei che vacilla
con l’aiuto del tuo senno: ora, qual presidio mi rimane-?
13 - G. Maroni, Storia e poesia cit., p. 248 e pp.330-331.
14 - P. Bernabò Silorata, Inni per la Repubbblica di San Marino con l’aggiunta di altri inni latini,
Marini sumus in fide
Puellae et pueri integri,
Marinum, pueri integri
Puellae canamus.
Del 1828 ricordiamo l’ode a Sant’Agata, patrona della Repubblica “Ad D.
Agathen Reipublicae sammarinensis patronam opiferam praestantissimam”,
pubblicata nel 1828 a Rimini da Marsonner e Grandi.15
Sempre del 1828 l’ode “De nive Sammarinum obruente”, in cui descrive il Titano
coperto di neve, e del medesimo anno l’alcaica in morte di Ignazio Belzoppi.
E non dimenticava mai San Marino: quasi un commiato la lettera indirizzata ai
Capitani Reggenti scritta l’anno prima della morte avvenuta nel 1859.
In essa incoraggia i due rappresentanti della Repubblica a sostenere con ogni
loro forza i buoni studi, perchè su questi poggia la dignità e la longevità della
Repubblica.
In essa ricorda gli anni passati in Repubblica come insegnante, dove -fere
integro quinquennio dies penes Vos beatissimos exegi-16.
Un riferimento d’obbligo in relazione all’argomento trattato è quello relativo
a Niccolò Tommaseo17.
Il Tommaseo ebbe in diverse occasioni rapporti con la Repubblica di San Marino.
In pegno di gratitudine per essere stato ascritto alla cittadinanza sammarinese,
avvenuta per decreto consigliare nel 1859, scriveva l’ “Inno a San Marino”:
Patrem salutat Itala
Tellus Marinum Dalmatam
Serunt per astera pauperis
Nomen volantes Angeli
E come traduce Guido Mazzoni:
Te padre acclama l’Itala
Terra, o Marino Dalmata.
Il nome di lui povero
Spargan per gli astri gli Angeli.18
Firenze 1870,pp25-27. La traduzione:
In tutela viviam di Marino,
Giovenil vaga schiera innocente;
Su, godiam al Tutore divino
Garzonetti e fanciulle, inneggiar.
15 - O. Fatttori, Della vita e degli scritti di don Cesare Montalti, p.48.
16 - Lettera latina di Cesare Montalti per le nozze Belluzzi-Scarponi tr. C. Fattori, San Marino 1888
17 - O. Fattori, Niccolò Tommaseo e la Dalmazia, San Marino 1942, pp. 8-13.
18 - Libertas Perpetua (Museum) a.VI Ott. 1937-Apr. 1938,pp.1-2.
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Ringraziava in tale occasione da Torino:- Mi tengo onorato del titolo di vostro
concittadino più di qualsiasi ordine cavalleresco o carica cortigiana-.
E quando la Repubblica volle gratificarlo della medaglia al merito di prima
classse, il 31 Gennaio 1872 da Firenze mandò in ringraziamento un’ode
composta da cinque distici latini dedicata alla Repubblica:
Imperia et sonti maculatae sanguine gentes
Ecce ruunt: puro in vertice conspicuam
Servat Libertas te pauperis ara Marini.
Et non incautae simplicitatis honos.
Nel 1873 inviava tre epigrammmi; in uno di questi così si esprime:
Sis, Titane sacer, Capitolia libera nobis,
Sis iuga Parnassi, sis mage templa Dei.
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Non possiamo chiudere queste note sulla vocazione classicheggiante dei
letterati senza far riferimento ad un tardivo epigono dellla scuola classica
romagnola: Marino Fattori, uomo di scuola e delle istituzioni e più in generale
dignitoso rapppresentante del languente mondo dell’oligarchia al governo. E’
l’autore dei Ricordi Storici e dei Discorsi Storici e Politici.19
Nutrito di studi classici, amò l’eleganza dello stile e l’espressione non di rado
solenne in nome del suo paese, a prò del quale amò presentarsi in veste di
letterato civilmente impegnato e di eloquente cantore delle glorie patrie.
Il mondo dei classici fu per lui tranquillo porto e sicuro punto di riferimento.
Maria Franciosi, che ha trascorso l’archivio di casa Fattori, ci informa di
traduzioni dal greco e dal latino: sono contenute nel libro di «Miscellanea»grosso volume rilegato con carte numerate fino alla cifra 693-.
La studiosa così si esprime: -Noi siamo d’avviso che le taduzioni greche
del nostro sono prive di pregio artistico e le riteniamo di molto inferiori alle
traduzioni latine in cui appare abile maneggiatore del verso e interprete fedele
dell’anima dei latini-.
Abbiamo saggi di traduzione delle Epistole e Satire d’ Orazio, la traduzione
della Catilinaria di Crispo Sallustio -ritratta nella nuova lingua con originalità
ed efficacia-.
-Di guisa che noi concluderemo col dire che la scuola classsica sammarinese
che procede da quella romagnola, ebe in lui un illuminato fautore, un saldo e
appassionato sostenitore-20
19 - M. Franciosi, Marino Fattori e la scuola classica romagnola, San Marino 1919
G. Fanti, Marino Fattori, in San Marino, Leggende e Sroria, San Marino 1926
G. Crocioni, Marino Fattori educatore nello studio sammarinese, San Marino 1940
20 - M. Franciosi, Marino Fattori cit., p.50.
Fra le sue fatiche che ebbero l’onore della stampa ricordiamo innanzitutto:
Disticha, distici in latino, pubblicati in folio per i tipi di G. Nobile a Rimini nel
1885, la traduzione in lingua italiana degli Statuti del Seicento, la traduzione
della lettera di Cesare Montalti, indirizzata ai Capitani Reggenti, la traduzione
dell’ode latina «Agathae Sanctae et M Patronae salutari» di Chrisostomus
Ferrucius del 1875 in folio, la traduzione dell’elegia di Diego Vetrioli «Un
Cretese in Pompei nell’ultima giornata», Rimini 1874.21
Nonchè alcune epigrafi in latino in onore di alcuni benemeriti sammarinesi.
Per quanto riguarda il primo Novecento fra i letterati che hannno reso omaggio
alla Repubblica non si può dimenticare il nome di Giovanni Pascoli.
Come per l’inaugurazione del Palazzo nel 1894 era stato il Carducci a rendere
con la sua orazione solenne la giornata, alla morte del Carducci nel 1907,
per meglio onorarne la memoria, il governo sammarinese, avendo deciso
di erigergli un ‘erma nel Palazzo Pubblico, chiamò il Pascoli, che tenne
l’acclamato discorso “Alla gloria di Giosuè Carducci e Giuseppe Garibaldi”.
Giovanni Pascoli aveva compiuto una breve visita a San Marino già nel 1871.
Solo diverso tempo dopo “l’azzurra vision di San Marino” attirò l’attenzione
del poeta romagnolo.
Nel 1894, oltre il Carducci, altri letterati erano stati invitati a dare il loro
contributo per l’ inaugurazione del Palazzo Pubblico.
Il Pascoli non mancò di rispondere alll’invito ed inviò per l’occasione l’alcaica
latina, intitolata “Mons Titan”.
Te campus discolor oppidis
velisque late candidus Hadria
Titana mirantur sereno
tergeminum vigilare coelo.
E come traduce A.Gandiglio22
Te il pian di bianche castella vario
tra il verde e l’Adria di vele candido
vegliar dai tre picchi , o Titano,
mirano nell’azzurro cielo.
21 - M. Fattori, Disticha, 18885, in f.o e le trad:
Leges Rei publicae Reipublicae Sancti Marini, Florentiae MDCCCXV
Lettera di C. Montalti, In lode della Repubblica per le nozze Tonini-Amati, San Marino 1887
Ode latina «Agathae Sanctae et M. Patronae salutari scrittta da Chrjsostomus Ferruccius,1875,
in f.o Elegia latina di Diego Vitrioli «Un cretese in Pompei nell’ultima giornata», Rimini 1874.
22 - Libertas Perpetua (Museum), a. VI(XX), n. 1 Ott. MCMXXXVII-Apr. MCMXXXVIII
G. Pascoli, Tutte le poesie, Grandi Economici Newton, Roma 20001, trad.
N.Calzolaio,p. 214
N. Matteini, La Repubblica di San Marino nella storia e nell’arte, San Marino 1988,
tr. G. Mastella, pp. 476-477.
295
Ma a noi qui piace ricordare un componimento meno noto: gli esametri “Ad
Fridericum Balsimelli”.
Sono i versi scritti sopra una copia del poemetto Veianus, mandata in dono
a Federico Balsimelli, cittadino sammarinese, allora parroco a San Mauro,
amico della famiglia Pascoli e padrino di battesimo di Giovannino. Fu lui che
nella triste occasione dell’uccisione del padre venne incaricato di andare a
prendere il figlioccio al Collegio degli Scolopi a Urbino dove studiava per
ricondurlo a casa.
Rusticus extremas stipulas succiderat umber
montibus aereis
cum puer, heu longis aveo dum visere nidum
laetus ab exiliis,
et patris amplexus animus mastrisque recenset
oscula multa memor,
graminaque et ripas Rubiconis arundine laetas
caerulumque mare,
296
te, patrii antistes, te veste decorum
anxius intueor
atra. -Cur tecum(numquid pater?) ibimus hospes?
quid pater, eia?-. Taces.
Sic erat: orbatos lacrimans ad muta trahebas
limina filiolos,
ut si forte sacris fumantia taedis
exequere pius.23
Concludiamo queste note ricordando un poeta nostrano ma di solida formazione
classicista: Giuseppe Mastella.
Giuseppe Mastella nacque a Firenze nel 1868 e morì a San Marino nel 1957.
Sinceramente affezionato al paese che lo ospitava, nel 1909 venne ascritto alla
23 - G. Pascoli, Tutte le poesie cit., p.1214 tr. N. Calzolaio:
Il contadino umbro aveva appena finito di falciare le ultime spighe sulle cime dei colli e io,
bambino, ero felice e non vedevo l’ora di rivedere il mio nido dopo il lungo esilio;
avevo il cuore pieno di ricordi, e ripensavo agli abbracci di mio padre, ai molti baci
di mia madre, ai prati e alle rive del Rubicone coperte di canne e al mare azzurro;
ed ecco che mi vedo davanti te, parroco della chiesetta del mio paese, nel tuo abito nero, e
comincio ad essere in ansia:-Perchè sei venuto tu, perchè dobbiamo venir via con te?
E mio padre?- Tu resti in silenzio.
Così era: piangendo, conducevi alla casa immersa nel silenzio i figlioletti ormai orfani,
come se tu stessi seguendo devotamente un funerale accompagnato dal fumo delle torce sacre.
cittadinanza sammarinese: per più di quarant’anni insegnò nel patrio Liceo,
per cui possiamo dire che dedicò la sua vita alla scuola ed alla letteratura.
Come letterato si dedicò soprattutto alla composizione di versi in lingua italiana
e si espresse in quella forma compositiva d’antica tradizione che è il sonetto.
Per quanto riguarda la sua formazione professionale fu noto come abile
grecista.
Ricorda Francesco Balsimelli che fra le tragedie commentate da Giusepppe
Mastella ci furono le Trachinie, (ed. Lapi, del 1914) e fra le traduzioni poetiche
l’ Ifigenia in Aulide, l’Alcesti di Euripide e l’Aiace di Sofocle.24
In prosieguo di tempo si occupò di studi di filologia classica e, come esperto
conoscitore della lingua greca e da fine cultore della poesia,diede diversi saggi
di traduzione di componimenti di autori greci nella lingua italiana.25
EDITI ED INEDITI
Qui di seguito proponiamo alcuni inediti: un componimento di Alessandro
Belluzzi, tratto dalla raccolta “Varie composizioni del S.re Auditore Alessandro
Belluzzi”, presente nella Biblioteca Gambalunga di Rimini, il Carmen “De
Terremotu” presente nella Biblioteca di Stato di San Marino nel fondo ms
del Mengozzi, nonchè due versioni: una di Ignazio Belzoppi, presente nel
fondo Belzoppi ed altra versione di Domenico Belzoppi tratta dal fascicolo
manoscritto, intitolato “Versione di alcune satire d’Orazio”, presso la medesima
Biblioteca.
Si è ritenuto altresì utile riproporre due componimenti dell’abate Cesare
Montalti, che, rimasti per vari decenni manoscritti presso la Biblioteca
Malatestiana di Cesena, solo di recente (Cesena 2000) sono stati pubblicati da
Giovanni Maroni.
24 - F. Balsimelli, Giuseppe Mastella, in Annuario Liceo Ginnasio Scuola Media, a sc. 1961- 62, p.
147, nota 1.
25 - Euripidae Quaestiunculae, Museum,a.X, N°1-4, p.60
Nota glottologica, Museum, a. I, N° 2, p. 78
Saggio di versioni dal greco, Museum, a. IX N°1-4, p.62
Da Sofocle, Euripide, Teocrito, Saffo, Libertas Perpetua, a. IX, N° I, p.21.
297
A. BELLUZZI
Urbem in nubibus
Argenteo Berlanus calamo
Fecit Serenissimam
Sancti Marini Rempublicam
Atque secunda aeris regione
Pennnis columbi deargentavit
Asportavit in tertiam,
Et coelo fecit conterminam
Pomonam, Cererem,
Dulcem, ac gelidum
In celllarijs Bromium
Et luculleas delitias suas omnes
Paulo Mariae Berlano
Argentario
Grato animo monumentum
Voveant Sammarinenses.
298
La Repubblica di San Marino,
Città fra le nuvole,
Berlano con la penna d’argento
Fece Serenissima.
Nella seconda zona dell’aria
Con penne di colombo l’inargentò.
Trasferì nella terza
Che fece vicina al cielo
Pomona, Cerere,
Il dolce, e rinfrescante
Nelle cantine Bromio
E ogni sua luculliana delizia.
A Paolo Maria Berlano
Argentiere
Per gratitudine i Sammarinesi
Dedichino un monumento.
(tr. G. Macina)
G. MENGOZZI
De Terremotu
Carmen
Qui tanti veniant terrarum in proelia motus
Ut divulsa caput moveant a pedibus imis
Saepe ruantque solo montana cacumina, et altum
In caput attonito redeant trepidantia fluctu
Flumina, et inde alio convertant plurima cursus,
Et quandoque agris late improvisa vorago
Faucibus infandis hiet, et conterrita telllus
Terrorem ingeminet populj cecinisse iuvabit.
Si nostra nobis laetam sorte licebit,
Queis dederint Superi tantos vitare labores
Fasque erit externos tantum perpendere casus.
In modo, Diva, tuo faveas placidissima Vati
Urania; tibi namque dedit Divum Pater uni
Longe secretas rerum dignoscere causas.
Principio librata suo quae pondere Tellus
Aethere in ingenti pendet circumdata ponto,
Visceribus vacuis secreta incendia pascit;
Hinc ubi tristis hiems glacialibus omnia ventis
Asperat, et rigido contristat frigore Coelum,
Fontibus una tepet, ruptisque immane caminis,
Intonat horrrificum haetera, globosque
flammarum Coelo attolit, liquefactaque late
Saxa, et fumiferas eructat ad haetera nubes.
Ila etiam tenuem ab caecis aera claudit
Visceribus, quo saepe sonant mugitibus antra
Vicinasque raris implent terroribus urbes.
Interea ut Coelo largum ruit agmen aquarum,
Illa in se recepit, totumque trahente remittit
Sole, iterumque vocat venis sitientibus undas;
Humentes animas hinc evomit, atque vaporem.
Spirat agens fluidum, volucres seu suscitat auras;
Spiritus inde acer, pronusque in praelia surgit;
Imas ille celer gaudet penetrare cavernas,
Inclususque iterum fremit atrox rumpere, urgens
Viribus horrjsonis ingentia claustra fatigat,
Exploratque aditus late, expirare potestas
Si qua sit, et vacuo rursum se credere coelo;
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Ceu si forte gravi impediente dolore tenetur
Spiritus, intus agit singultibus ilia pulsans,
Extremisque micans tremor ossibus occupat artus.
Ergo omnis tremit ngentem subitura ruinam
Terra et succusso circum veneranda Deorum
Templa solo nutant,sternuntur funditus arces,
Ingentesque ruunt, coelo et capita alta ferentes.
Cum domibus turres, latis cum moenibus urbes,
Excidium ut timeat longe semotus Oljmpus.
Interea ruptis furiata meatibus aura
Ubi sibi sternit iter, resonant mugitibus antra,
Subsultant valllesque imae, collesque vacillant,
Turbatosque vomunt putei super ora liquores
Saepe igitur multus cum cecidit imber aquarum,
Et cava cum sonitu minitantur flumina ripis,
Quae Pater Oceanus jam pleno non capit alveo,
Cum gelido sua castra movet furibundus sub arcto,
Nubilaque alta fugat Boreas jam victor ab axe.
Hinc tellus nimio validarum pondere aquarum
Intus pressa gemit, Borea et perflante, ab inerti
Contraxit concreta gelu per membra rigorem,
Unde nec occlusis potis expirare cavernis
Spiritus illle furit, totasque immitior Urbes
Opprimit, et miseris vix est, minitante ruina,
Effugium populis, durae se tollere morti.
Vos testesCalii, testes vos atque Metauri
Flumina qui bibitis, quoties capta moveri
Silvarum, visaeque canes ululare per Urbes.
Ille etiam interdum furit in fornacibus ignis,
Insolitoque fremens saevit sub pondere et altos
Concusso attolit nutantes vertice colles;
Atque ubi forte datur superas evadere auras,
Tum subito caeca immixatus caligine nubes
Spargit fumiferas tremefacta per oppida victor.
Hinc fluvios absorbet hians inopina vorago
Aut iter intorquent alio quaeque arida tellus
Nuper erat, subito ingentem facit hausta paludem.
Nunc videas fluitare urbes, aut verbere subter
Quassari dubio, et rursum cum pondere ferri,
Et mugire solum, atque aura tremere antra sonanti.
Contemplator item cum se tristisssima Coelo
Caligo attolet, nullique per aethera venti
Certabunt, longoque axem nubecula tractu
Dividet aequalis: puteis cum turbida in imis
Unda sonat, lentoque strepunt iam murmure colles,
Cum liquido circum fumant loca sulphure, et omnis
In silvis trepidat volucris, timidaeqe columbae
Incertae Coelo volitant sua tecta perosae,
Signa tibi fuerint venientis ab aethere motus;
Ast ubi ab aequoreis consurgit clarior undis
Phoebus, vel medias Coeli tenet arduus arces,
Et tellus tremit, et vacuas se victor in auras
Spiritus attolit caeco se carcere condi
Indignans etenim tum spiramenta retundit
Phoebus ab axe furens, retro et compellit inertes
Tum fumos, prohibetque antris erumpere. Causae
Tam variae vario quatiunt discrimine terras.
Carme
Il terremoto
Sarà utile l‘ aver trattato quali tanto grandi movimenti delle terre vengano in
contrasto dimodochè muovano il capo dalle profonde radici e spesso rotolino
al suolo le cime dei monti ed all‘alto vertice con il flutto sbigottito ritornino
trepidanti i fiumi, e poi parecchi per altro luogo torcano i corsi; e di tanto in
tanto qua e là per i campi un‘improvvisa voragine si apra con le gole infauste,
e l‘atterrita terra susciti lo sgomento del popolo.
Se per nostra sorte a noi toccherà quella fortunata, a quelli ai quali gli dei
avranno concesso di evitare tanto grandi affanni sarà possibile anche valutare
casi tanto esterni.
Almeno un poco, tu divina Urania, molto benigna favorisci il tuo vate; infatti
a te sola il padre degli dei concesse di ampiamente conoscere le segrete cause
delle cose.
Dall‘ inizio la Terra che ponderatamente nell‘immenso Etere è sospesa
circondata dal mare richiama dalle vuote ciscere nascosti incendi.
Quando poi il triste inverno con glaciali venti rincrudisce tutto e di rigido
freddo rattrista il Cielo, fra le fonti una sola riscalda e rotti i camini rintrona
l‘immenso spaventevole Etere, e globi di fiamme solleva al Cielo, e per ampio
spazio erutta all‘ Etere sassi liquefatti e nuvole piene di fumo.
La terra poi chiude l‘aria leggera sotto le cieche viscere dove spesso risuonano
di muggiti gli antri e riempiono di nuovi terrori le città vicine.
Frattanto come dal cielo irrompe il rovescio delle acque, essa lo raccoglie insè
e tutto lo rimanda, attraendolo a sè il sole, e di nuovo richiama le onde con le
vene sitibonde, poi vomita le umide anime ed agitando il fluido vapore suscita
le alate aure, poi sialza un vento acre ed incline ai combattimenti; egli rapido
301
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ama penetrare le profonde grotte, e rinchiuso di nuovo terribile freme bramoso
di uscire e spingendo con forze di orribile suono mette sotto sopra immensi
chiostri, esplora poi per il largo i passaggi se c‘è una qualche possibilità di
uscire e di nuovo affidarsi al vuoto cielo; ma se per caso fosse trattenuto si
agita dentro come per un dolore che lo impedisce facendo risuonare i fianchi di
singulti ed un tremore occupa gli arti guizzando fin nel profondo delle ossa.
Perciò tutta la terra trema come sul punto di subire un‘immane rovina e
all‘intorno i templi degli dei vacillano a causa del suolo sommosso, rovinano
dalle fondamenta le rocche, e crollano poderose, erigendo il capo verso il
cielo, le torri con le case, le città con le ampie mura, come se il lontano Olimpo
temesse la fine.
Frattanto un‘aria infuriata, rotti i passaggi, si spiana il cammino, risuonano
di muggiti gli antri, sussultano le profonde valli e i colli vacillano, i pozzi
vomitano sopra le aperture torbidi liquami.
Spesso perciò quando è caduta grande abbondanza di acque ed i profondi
fiumi con il rumoreggiare minacciano le rive, che il padre Oceano non riesce a
raccogliere con l‘alveo già pieno, allora muove i suoi alloggi il gelido Nord e
già vincitore mette in fuga dal polo le alte nuvole.
Allora la terra compressa dall‘eccessivo peso di forti acque geme dentro
e, spirando Borea, si è tirata dentro dal torpido gelo attraverso le membra
irrigidite il freddo; per cui incapace di uscire fuori dalle chiuse caverne quello
Spirito infuria e troppo freddo opprime tutte le città, e minacciando rovina per
i miseri popoli a stento è possibibile scampo sottrarsi alla dura morte.
Ne siete voi testimoni abitanti di Cagli, voi che bevete le acque del Metauro
quante volte si siano mossi i fianchi delle selve e quante volte furono viste le
cagne ululare per le città.
Talora quel fuoco infuria nelle fornaci e fremendo sotto l‘insolito peso infierisce
e con l‘agitato vertice solleva gli alti ondeggianti colli.
Quando per caso gli è concesso scappare alle superne aure, allora non
mescolato con una cieca caligine sparge le fumose nubi da vincitore per le
città tremebonde.
A questo punto spalancandosi un‘improvvisa voragine risucchia i fiumi oppure
essi torcono il corso altrove e la terra che prima era arida assorbita l‘acqua
forma un‘immensa palude.
Ora potresti vedere galleggiare le città e come sotto un‘incerta sferza venir
squassate e di nuovo venir sospinte con il peso, muggire il suolo e tremare gli
antri per un vento rimbombante.
Trovandoti nella condizione di osservatore, mentre da una parte una tristissima
caligine si solleverà al cielo, nessun vento contrasterà per l‘aria, una nuvolaglia
per lungo tratto dividerà uguale per lungo tratto l‘asse; da un‘altra parte una
torbida onda risuona nei pozzi profondi e con un lento murmure già strepitano
i colli, da un‘altra parte i luoghi fumano d‘intorno per zolfo liquefatto, ed
ogni uccello trepida nelle selve e le timide colombe volano incerte nel cielo
detestando i propri tetti.
Questi avrebbero potuto essere per te i segnali del sopraggiungente
sconvolgimento.
Ma quando più splendido sorge Febo dalle equoree onde, o ardito regge il
punto più alto in mezzo al Cielo, anche la terra trema e vincitore uno Spirito
si solleva nel vuoto aere disdegnando di nascondersi in un oscuro carcere;
allora smussa il suo effluvio Febo e furibondo dal carro caccia dietro i fumi
infingardi e loro vieta di uscire fuori dagli antri.
Tanto varie cagioni sconvolgono con diverso pericolo le terre.
(tr. G. Macina)
I. BELZOPPI
Versione
Era questo il mio voto; un poderetto
Con ivi un orticello; una sorgente
D‘acqua perenne al picciol tetto accanto,
Un po‘ di selva. Assai di più, e di meglio
Mi diedono gli Dei: ne son contento,
O figliuolo di Maia, e sol domando,
Che tai doni del Ciel sempre a me serbi.
S‘io dunque il capital mio non accrebbi
Con arti infami, e se per vizio, o colpa
Io nol sperderò; se per il capo
Come a uno stolto avaro a me non passa
Il disio d‘esclamar -Oh se al mio campo
Quel vicin si aggiungesse angol di terra
Che or simetria gli toglie! Oh se fortuna
Piena d‘argento mi additasse un‘ urna,
Come a colui che ritrovò un gemmaio
D‘ Ercole per favore, e il campo istesso
Che prezzolato coltivar solea
Già ricco si comprò! S‘io son felice
Con quel poco, che tengo, io sol ti prego
Che il gregge, e ‚l resto a me pingue tu renda,
Non mai però l‘ ingegno, e che mi sii
Siccome fosti difensor possente.
Ora però, ch‘io son su questi colli
E in villa solo, e ch‘altro scriver debbo
Se non satire, e versi in basso stile?
Qui prava ambizion non mi corrompe
Nè l‘ Austro grave, nè il maligno Autunno,
303
304
Che caro è a Libitina mi danneggia.
O Mattutino Padre, e se anco Giano
Godi d‘esser chiamato, onde incomincia
L‘uomo l‘opre del giorno, e della vita,
Giacchè è questo il voler de‘ sommi Numi,
Tu il principio sarai de‘ versi miei.
Quando in Roma son io tu mi trascini
A far fila per forza, e guarda bene
Allor mi dici, che nessun ti vinca
In cortesia: non v‘ha ragione, è d‘uopo
Girsene senza meno ossia che agghiadi
Borea la terra, o con più corto giro
Il verno terminar faccia più presto
Le nevose giornate. Di lì a poco
Dopo ben bene, e chiaro aver promessa
Una cosa, che in mio danno ridonda,
Di contrastar col popolo mi è forza,
Ed in coloro urtar, che lenti sono.
Indi avvien che qualche uomo villano
Inasprito mi adonta. E che pretendi
Pazzo mi dice? Qual sì gran faccenda
Or tu devi compir? Forse dovrai
Dar del pie‘ contro in tutto, che d‘ avante
A te si fa, solo perchè ti venne
In pensier di andarne a Mecenate?
Tai complimenti, a dir il ver più cari,
E soavi mi son del mele istesso.
Ma tantosto che io son giunto alla cima
Dell‘orrido Esquilin, mille negozi,
E tutti d‘altri, a me vengon pel capo,
E molta gente mi si fa all‘ intorno.
Talun mi dice, alll‘indoman due ore
Prima di mezzodì, Roscio ti prega
Del Pretore recarti al tribunale.
Tal altro poi aggiunge: oggi i Notai
Ti scongiurano, Orazio, a ricordarti
Di tornartene a lor per una cosa
Di comun bene, d‘importanza, e nuova.
Quest‘altro poi che vien dice: procura
Che Mecenate di suggel munisca
Questa suppplica mia. Se poi io rispondo:
Mi proverò. Tu puoi sol che a te piaccia,
Egli ripete, e prosegue a darmi noia.
Son già sett‘anni ed è vicin l‘ottavo
da che scrisse fra gli amici suoi
Mecenate ancor me, sol per condurmi
Seco nel cocchio allor ch‘egli viaggia,
E per chiedermi, e dir cose da nulla.
Che ora è? domanda. Han forze equali
Siro e Gallina, gladiator di Tracia?
Mi dirà poi. Egli è dannoso assai
Il freddo innanzi giorno a chi ben bene
Non se ne guarda, ed altre coserelle,
Ch‘entran per un orecchio escon per l‘altro.
Per tutto questo tempo io fui supposto
Ogni dì più all‘ invidia a tal che ognuno
Così di me bisbiglia: Il nostro Orazio
Ai spettacoli fu di Mecenate,
E nel campo di Marte insiem con Lui
Egli giocò. Bisogna dir ch‘Ei sia
Veramente figliuol della Fortuna.
Se poi per le contrade infausta nuova
dai Rostri si divulga, ognun, che incontro
Me ne domanda: O Galant‘Uom, mi dice,
Tu dei saperlo, perchè ognor vicino
Ai grandi te ne stai novella alcuna
Ascoltasti dei Daci? Io no di certo.
Possibile che tu sempre mai debba
Fallirci. Il diavolo pur vengami addosso
Se io ne so nulla. E che? sieguono dinne,
Augusto dove darà le già promesse
campagne ai militari? Qui in Italia,
O in Sicilia? A giurar torno, che alcuna
Cosa non so, ma ognun si meraviglia,
E per un Uomo mi tien che sia capace
Di osservare un geloso alto silenzio.
Fra queste bagatelle io così spreco
Miseramente il dì, non però senza
Questi voti formar: Mia cara Villa
Quando ti rivedrò? Quando permesso
Di seppellir sarammi in dolce oblio
Della vita gli affanni: ora gli antichi
Libri leggendo, ora col prender sonno,
E l’ore consumar senza far nulla?
E quando mi saran poste d’avanti
Su la mensa le fave accette tanto
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306
a Pitagora, e insiem l’erbe condite
Con assai grasso lardo? Oh notti, oh cene
Veramente da Numi, ove me stesso
Sazio, e gli amici innanzi al Lare, e nutro
Con quel che già è rimaso i petulanti
Servi di casa! Là come più quadra
Tracanna il commensal tazze inequali
Dalle insane del ber leggi disciolto,
Ossia, che alcuno di cervel più forte
Nei calici più grandi il vin si beva,
O per ber con gioia Egli si serva
De’ più piccoli nappi. Indi si parla
Di poderi non già, nè d’altrui case,
Nè se con grazia, o no Lepore danzi:
Ma quel, ch’utile è più, che ancor sarebbe
Assai male ignorar, noi ricerchiamo
Se opulenza, o virtù possa felice
Render pur l’ Uom: se all’amicizia indurne
L’utile debba, o il giusto, e infin qual sia
La Natura del Bene , e il sommo Bene.
In questo il mio vicin Cervio racconta
Fole graziose a Concio, e se alcun loda
Intanto quel danar, che Arello angustia,
Comincia a dir così: V’era una volta......
(“Dallla VI satira d’Orazio, Libro secondo”)
D. BELZOPPI
Versione della IX satira di Orazio del libro primo, nella quale si descrive dal
vivo il carattere di un ciarlone
Men giva a caso per la Sacra Via
Siccome è mio costume, a non so quali
Baje pensando, e tutto in quelle io era;
Quando un cert’ Uom da me solo per nome
Conosciuto incontrai. Ei per la mano
Presomi, così disse: Oh degli amici
Il più caro, che fai? Risposi Bene
Me la spasso per ora, ed a te pure
Bramo ogni ben; ma intanto egli seguia
Meco il cammin. Gli domandai: Vuoi nulla?
Sol che tu mi conosca, Egli soggiunse:
Io son persona dotta; e tu per questo
Più stimato da me, dissi, sarai.
E mentre io cozzo in fretta, ed or mi fermo,
E un non inteso mormorio sussurro
All’orecchio del servo, onde costui
Da me si parta, di sudor per rabbia
Dal capo insino al pie’ tutto io grondava,
E in mio pensier dicea: Bolan felice
Ch’hai buona testa! Intanto egli garrisce
Ciò che in bocca gli vien, e loda ai borghi,
E alla città diffonde, ed io sto cheto.
Fu allor ch’egli mi disse: io ben conosco,
che di lasciarmi sol desio ti strugge,
Ma perdi tempo, e l’opra: Io vo seguirti
Dovunque andrai verrò. Non è mestieri
Che un così lungo giro ora tu faccia,
Rispuosi a lui, poichè convien ch’io vada
A far visita a un che non conosci,
Egli abita a Trastevere vicino
Di Cesare ai giardini. Ad ogni modo
Io non fo nulla, e ho buone gambe, il sai,
Costui riprese, io ti sarò compagno.
Allor chinai le orecchie appunto come
Un giumento che mal soffre la soma,
Che sul tergo gli grava. Egli comincia:
S’io non m’inganno, e Vario, e Visco in pregio
Di me più non avrai. Chi scriver versi
Sa più di me? Chi in maggior copia e presto?
Chi danzar con più grazia? E’ poi sì dolce
Il mio cantar, che gelosia n’avrebbe
Ermogene medesmo. Era il momento
d’interromperlo questo; ond’io gli chiesi:
Hai più viva la madre, ed i congiunti
cui tua salvezza importi? Io son rimaso
Solo rispose, li ho tutti sepulti.
Felici loro, e me tapin che or vivo.
Termina l’opra, perocchè serbato
Sin da da fanciullo una Sabina vecchia
Allor che scosse la fatidic’ urna
Disse, ch’io era a una fatal ventura.
Nè ferro ostil, nè micidial veneno,
Nè plusirìa, nè tosse, nè podagra
Inerte questo bambolo dal mondo,
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Ella dicea torran: ma d’un ciarliero
Ei vittima cadrà. S’Egli avrà senno
Giunto alla matura età fugga i loquaci.
Giunti eravam di Vesta al tempio, e scorsa
La quarta parte era del dì. Costui
Rispondere dovea per sorte ad uno,
che avealo in giustizia domandato,
E s’ei comparso non fosse, avrebbe
La sua lite perduta. Se tu m’ami
Dadovvero, egli mi disse, un sol momento
Vieni meco in giudizio. Allor soggiunsi:
Ch’io moja se indugiar posso un istante,
Se di Dritto Civil punto m’intendo;
E poi colà m’affretto dove tu sai.
Or che farmi non so, colui riprese,
Se te, o la lite lasciar debba. Amico,
Lascia di grazia me. Non mai rispose.
E andarmi innanzi cominciò. Lo sieguo
Pur mio malgrado, poichè so, che duro
Con chi vince cozzar.Quindi Ei ripiglia
Il suo discorso: Mo dimmi tu, come
Con Mecenate te la passi? Pochi
Uomini di tal fatta ora si contano,
E ch’abbian sì gran mente! Della sorte,
Onde fartelo amico, alcun non seppe
Usar meglio di te: quindi se vuoi
Presentargli quest’uom, in me tu avrai
Un gran sostenitor, che pur potrebbe
Dopo di te fare la seconda parte.
Poss’io morir, se allor tu non scavalchi
Tutti gli altri. Colà no, non si vive
come tu credi, e più specchiata casa
Di quella non si dà, nè che più sia
Di tai vizi nemica.Nè il più ricco
Nè il più dotto attravesami.Ciascuno
Sta il luogo suo. Mi dici una gran cosa
E’ credibile appena! Io ti assicuro,
Che così è. Desio sempre maggiore
Nascer mi fai di di divenirgli amico:
Sol che a te piaccia con le tue virtudi
Indurvelo potrai, Egli è poi tale
Che si lascia piegar, ed è per questo
Che difficil si rende esser ammesso
Sulle prime da Lui. Per parte mia
Tutto farò: saran per me corrotti
Co’ doni i servi, e s’oggi avrò ripulsa
Non mi sgomenterò. Tempo opportuno
Attenderò. Per ogni trivio ad esso
Mi farò incontro, nè giammai dal fianco
Di lui fia che mi stacchi. In questa vita
Nulla certo si ottien senza fatica.
Questi conti Ei faceva quando il mio caro
Fusco Aristio scontrai che ben sapea
Chi quel Ciarlon si fosse. Ci fermammo:
Donde vieni, mi disse, dove vai?
Rispondo, ed a me pur egli risponde,
Che di ciò lo domando. A pizzicarlo
Allora incominciai, e le cedenti
Braccia a stringergli forte, e a fargli cenno
Con lo storcer degli occhi, onde di pena
Mi togliesse una volta. Ma ridendo
Malignamente il cattivel fingea
Di non capirmi, e intanto mi sentia
Divorar dalla bile. Indi soggiunsi:
Un non so quale arcan mi dicesti
Di volermi affidar. Ben mi ricordo,
Ma ne discorremo a miglior tempo.
Oggi è la Pasqua degli Ebrei: vorresti
Tu forse profanar de’ circoncisi,
La gran solennità? Scrupul, gli dissi
Certamente io non ho. Ma l’ho ben io,
Egli rispose, e sono il sol fra molti,
Che un po’ sia scrupoloso. Or mi perdona,
Un’altra volta io parlerò. Cotanto
Dunque fatal tal dì! Ma quel maligno intanto
Parte correndo, e m’abbandona al colpo
Del coltello. Per sorte intanto venne
A quel ciarlone un Avversario, e ad alta
Voce sclamando: O infame dove vai?
A me rivolto, In testimone, o Flacco,
Poss’io chiamarti? Egli mi disse. Allora
L’orecchio gli presento. Ei lo trascina
In tribunal: dall’ una, e dall’altra parte
Si fa grande schiamazzo, e d’ogni intorno
Gente s’affolta. In tal maniera alfine
Da quella noja liberommi Apollo.
309
C. MONTALTI
De se ipso ad Sammarinenses cummigrante
tranquillitatis causa
Quis o relictis (volvere sic Deos),
Quis me paterni collibus oppidi
raptum putasset nunc ad urbem
finibus Aemiliae revulsam?
Arcere montes altius ardui,
amnesque pieno flumine
vagique flexus, ambitusque
difficiles poterant viarum.
Praerupta fortes vincimus, et procul
spectanda celsis verticibus juga
post terga linquentes potimur
propositas regionis oras.
310
Iam nebulosae moenia scandimus
urbis: vetustibus turribus ut caput
attolit effultum! Ut decora coronat!
aedibus indigetum renidet!
Fas olli avitis fulgere honoribus;
Queis jure frontem conspicuam queat
sublime Olimpo inferre, priscis
atque novis redimita sertis.
Inauspicatos saepius impetus
Proterviorum contudit hostium:
stetitque libertas probrosis
altior Italiae ruinis.
Longe sed uno nomine pulcrior
intaminato quod tulerit sinu
viros trecentis hinc ab annnis
moribus ingenioque claros.
Marinus inter quos gravis eminet
albis revinctus tempora floribus,
fulgentior stellas ut inter
luna micat rutilans minores.
Tanto ingruentis vindice iam vices
Contemnit aevi, nec pavit acrium timore
Quidquid sibi tendit mutorum
Undique grex hominum dolosus.
Sjdus supernis tractibus addite,
Marine salve! Te latio canam Marino,
Plectro, remotis te nec aetas
Postera temporibus silebit.
Salve! Quadrigas urgeat igneas
dum sol, frequenti sollicitans prece,
urbs te faticabit nec aris
thuricemi deerunt honores.
A me pellegrino con altri presso gli amici
sammarinesi per trovare la pace
Chi mai avrebbe immaginato (così hanno voluto gli dei)
che io, lasciate le colline del paese paterno,
fossi quasi rapito fino alla città
che s’innalza staccandoci dai confini dell’ Emilia?
La proteggono ardui monti a picco,
turgidi fiumi e torrenti che scrosciano gonfi,
errando, avrebbero potuto
bloccare il reticolo delle strade.
Ma i dirupi scoscesi vinciamo con forza,
e le cime, da lungi visibili nelle punte eccelse,
conquistiamo, alle spalle lasciando
i distesi lidi di Romagna.
Ormai siamo ascesi alle mura nelle nubi,
della città: come erge il capo di torri vetuste!
Come bella risplende
dei palazzi edificati dal suo popolo antico!
A lei diede il fato di rifulgere
degli onori aviti: dei quali superba,
311
l’Olimpo pareggia levando in alto la fronte
cinta il capo di antiche e nuove corone.
Più e più volte respinse gli assalti
improvvisi di nemici protervi:
la Libertà stette impavida più in alto
dellle catastrofi vergognose d’Italia.
Ma più bella ancora perchè, come è fama,
accolse nel suo grembo inviolato,
or son trascorsi duecento annni,
uomini illustri per virtù e ingegno.
Fra essi Marino si eleva per autorità
cinte le tempie di candidi fiori,
più splendente, come fra le stelle minori
la luna splende bianca nel cielo.
312
Con difensore sì grande ormai la vicenda del tempo
timore non genera, neppure le minacce che scaglia
d’ogni parte nell’ombra la schiera innumerevole
di uomini pieni d’ inganni.
O stella aggiunta ai cieli di Paradiso,
Marino salve! Te canterò con la cetra
latina: neppure l’età futura tacerà
di te, persino nei tempi remoti.
Salve! Finchè il sole affretti le fiammanti
quadrighe, senza tregua incalzando i cavalli
di continuo, la città ti farà suppliche,
e agli altari non mancherà l’onor dell’incenso.
(tr. G. Maroni)
Ad amicos Sammarinenses hiemis tempore
Jam ter noctifera fugavit unbras
Phoebus aequoreis redux ab undis,
curru nubibus undique obvoluto;
adhuc et nivium perennis imber
cadens aedibus obsidet misellos
Hoc, hercle, est miserum, grave et molestum,
nobis jam solitis semel puellam
noctu invisere, et adlocutione
solari facili suos amores,
quibus sollicitas abire noctes.
Heu! maeret vacua domo otiosa.
Quare carminibus dies terentes
eam mittimus omnibus salutem
vobis candidulis bonisque amicis,
invidae prohibent nives puellae
quam nos dicere posse, gestienti
nobiscum ingenuo illitas lepore
nocturnas terere, ut solebat, horas.
Agli amici Sammarinesi nella stagione invernale
Ormai per la terza volta il Sole reduce dalle onde
del mare ha messo in fuga le tenebre notturne
col suo carro tutto coperto di nuvole compatte;
ancora una neve eterna scende continua
e cadendo sulle case vi serra i miseri
come un assedio. Per Ercole, questa è la vera
e grave disgrazia: io al bel tempo ero
solito visitare di notte una volta la mia
ragazza e vegliare con lei in amoroso colloquio,
e ora mi tocca trascorrere i giorni in affanno
e trascorrere le notti in tormento.
Ahimè, che tristezza per lei nella casa vuota!
Perciò trascorro tutti i giorni a far poesie
e a tutti voi amici buoni e sinceri,
mando i saluti e auguro salute;
ma a me che vorrei di persona salutare
la ragazza, le nevi eterne e invidiose
lo impediscono, e lo vietano a lei, desiderosa
di trascorrere in veglia amorosa
le ore dolci della notte con me, come era solita.
(tr. G. Maroni)
313
314
II . DIALETTO ED ESPRESSIONE POPOLAREGGIANTE
Non sparuta la schiera dei verseggiatori sammarinesi: Giovanni Crocioni affermava:
-Se ne possono annoverare una buona decina di merito molto diverso, e
ripartibili in tre gruppi distinti: dei veramenti popolari, continuatori della
tradizione, di quelli che si dettero aria di imitarne le forme, e di quelli più
propriamenti letterati e di scuola-.26
La tradizione popolare è direi meglio rappresentata dai verseggiatori dell’
Ottocento: e qui possiamo citare i nomi di G.F., soprannominato “Pedrella”, di
Eugenio Stolfi, di Angelo Mattei, e, prima di tutti, di Pietro Rossi che, anche
in relazione ad una letteratura colta d’ impianto prevalentemente realistico, si
ispirarono ai fatti della vita quotidiana oppure di polemica politica e sociale.
Autodidatti, o comunque persone di scarsa istruzione scolastica, si espressero nel
dialetto come forma linguistica di cui avevano piena padronanza e più congeniale
a coloro che avrebbero potuto prestare benevolo orecchio ai loro componimenti.
Il Rossi è il più interessante ed il più prolifico di costoro: poeta-contadino,
stampava i suoi componimenti su fogli volanti per verificarne la buona
accoglienza, ed in seguito in raccolte che vendeva, non diversamente dai
cantastorie del tempo, sulle fiere e mercati.
Qui ricordiamo la “Vita dell’autore”27, scritta in una lingua italiana densa di
dialettismi, che costituisce una scherzosa ma anche realistica narrazione della
sua vita di agricoltore, non diversa da quella di tanti altri contadini di metà
Ottocento, se non per quella singolare vocazione al verseggiare.
La sua opera più significativa è il “ Ceccone ossiano dialoghi storici, politici e
religiosi”, pubblicata a a Rimini nel 1876.
Il Ceccone è composizione dialogata con più personaggi: il conte-padrone, il tenente
liberale che si esprimono in italiano, la lingua dei signori, nonostante la differenza
ideologica, e Ceccone che si esprime nel natio dialetto, la lingua dei poveri.
Non di rado Ceccone si trova a difendere la parte del padrone, in nome della
tradizione, del conformismo politico e religioso; entrambi in aperto contrasto
con il tenente liberale che guardava al nuovo in nome di una visione laica che
rompeva col passato, ma in rappresentanza di una classe, quella borghese, che
Ceccone avvertiva ancor più estranea al mondo contadino.
Una visione passatista quella del Rossi, come quella del suo alter ego Ceccone,
ma significativa per intendere la mentalità contadina del tempo, a cui il Rossi
per condizione sociale, per comunanza d’intendimenti apparteneva.
L’espressione dialettale del primo Novecento, in concomitanza con la letteratura
colta che affrontava le problematiche dell’io e volgeva a intonazioni intimistiche,
abbandonerà i temi della cronaca e della polemica sociale per esprimere situazioni
di tipo personale e spesso i sentimenti di una sofferta umanità.
Come per la poesia nazionale il punto di riferimento è il Pascoli, per quella
dialettale romagnola è Aldo Spallicci ad orientare i cultori della poesia.
26 - G. Crocioni, Bibliografia delle tradizioni popolari di San Marino, San Marino 1947, p.75.
27 - P. Rossi, Raccolta di poesie serie giocose ed altre sacre(con la vita dell’autore), Rimini 1854.
Più che di poesia dialettale si parlerà piuttosto di “poesia in dialetto”, in
quanto che il dialetto non verrà più avvertito come il linguaggio della povera
gente, ma come forma d’espressione lontana dalla convenzionalità della lingua
ufficiale, più vicina all’ambito famigliare, più adatta insomma ad esprimere i
moti della propria interiorità.
Com’è noto, fra i verseggiatori sammarinesi il più significativo è Nino
Lombardi, che, soprattutto nella raccolta di sonetti “ Un quadrett d’ pieda” del
1924 raggiunge i risultati migliori di un’espressione poetica, che, nel solco
dell’influenza spallicciana, dava forma a delicate impressioni paesaggistiche
e, diversamente, ad intensi sentimenti umani, non di rado soffusi da una sottile
vena di malinconia.
Dicreta anche la rappresentanza di verseggiatori d’ ispirazione popolareggiante;
e qui possiamo fare i nomi di Giacomo Martelli per la metà dell’Ottocento, e
di Gino Zani, Gino Giacomini, Marino Nicolini, che, nei primi decenni del
Novecento, in parallelo al nascere dei partiti, ripresero i temi della satira
sociale e poltica, nonchè,a parte, quello di Francesco Balsimelli.28
INEDITI
Proponiamo qui la letttura della scena X ed ultima dell’opera “Cicognone
sindaco-ossia la fine di un Congresso” di Giacomo Martelli, di cui abbiamo
copia dattiloscritta presso la Biblioteca di Stato, tratta dal manoscritto
“Poesie di me Giacomo Martelli di ///San Marino” conservato nella raccolta
Piancastelli, ora presso la Biblioteca di Forlì, ed altresì il I° canto de “La
Nuova Comedia” di Francesco Balsimelli, di cui abbiamo copia fotostatica del
manoscritto presso la Bibliotecadi Stato.
Sono due rappresentanti del filone popolareggiante, addottorati e uomini di
indubbia cultura che non dispregiarono di esprimersi nel natio dialetto.
A differenza di Ceccone, difensore dell’ assetto politico e religioso dominante
del tempo, Cicognone è un polano, figlio di un’epoca che aveva visto
rifugiarsi in Repubblica i profughi della Repubblica Romana ed anche alcuni
Sammarinesi tornare a parlare d’Arengo.
Cicognone è invitato a presenziare ad una seduta del Congresso ed ascolta
i Congressisti, rappresentanti della vecchia oligarchia: il giudice Baffino,
Sacripante, Trapppolino, Pampalughetto, il capitan Gradasso, il dottor Florindo.
Inorridisce alle idee reazionarie e vessatorie di questi signori; non esita,
richiesto, ad esprimere le sue opinioni di netta contrapposizione e non può
esultare all’anuncio della rivolta popolare.
Una composizione d’ispirazione comica, la cui destinazione doveva essere
quella teatrale, che non nasconde le sue finalità satiriche, cioè quelle di deridere
la veccchia oligarchia in nome di una visione di tipo democratico.29
28 - G. Macina, Letteratura dialettale sammarinese, in “Studi Sammarinesi” 1986, pp.75-89; pp. 201-223.
G. Quondamatteo-G. Bellosi, Cento anni di poesia dialettale romagnola, Imola 1976: su Nino
Lombardi, v. I, pp.273-287, su P.Rossi, v II, pp. 659-662.
29 - F. Balsimelli, Letteratura drammatica, Urbania 1966.
315
Francesco Balsimelli è l’autore de “La Nuova Comedia”, scritta negli annni
1910-11, un’operetta in cui l’autore immagina,come già capitò a Dante, di
compiere un viaggio nell’ inferno.
In questo scherzo goliardico letteratura e gioco si mescolano ed evidente è l’
intento di divertire; d’altra parte l’autore sa fare un bello sfoggio di fantasia e
l’espressione linguistica è arguta e colorita.
Per il resto ci si muove nel solco dei Viaggi all’inferno che Giustiniano Villa
declamava davanti a gruppi di popolani curiosi e divertiti.
Un’opera minore questa del Balsimelli, autore, com’è noto, di saggi letterari,
storici, giuridici, prevalentemente d’argomento sammarinese, dalla quale
traspare nondimeno il carattere bonariamente arguto delll’autore.
G. MARTELLI
Cicognone
Scena X ed ultima
Piazza. E’ quasi oscuro. Cicognone solo, il quale vede sortire uno per volta
in modo circospetto quelli che componevano la conversazione in casa del
Giudice Baffino. Dopo averli attentamente osservati, esclama:
316
Guerda guerda com ch’j scapa!
J ha magned d’ la gran scialapa.
U v’el geva Cicugnon,
Che a t’e scoppie de canon
L’andria pr’eria i buraten
A s’el trapuli d’ Bafen.
La pavura l’aj camena
Sa dli cacul dri d’la schena
Rubba, rubba, com vliv fè!
Magna, magna, j ha da crepè!
S’ la calunnia, e s l’ impostura
La baraca a vlid c’la dura?
Fala og, e fala dmen
J s’è stof enca i vilen.
A voj cerchè d’avrì la bocca,
Perchè e popul un i tocca,
Un è già ch’in s’ mertaria
D’fei un servizie qua di dria!
Cosa vliv! A j ho opinion
Che tutt quent sti gagiuton
I condusgia una giurneda
Tenta iniqua, e tenta zpreda,
Acsè piena d’ disunor,
E d’sè stess d’essa l’orror,
Ch l’è mej ch’i staga a qua
Ch’ne chi vaga a t’e mond d’ là.
Um per già vedie a patì,
A no’ campé, e ne a murì;
Um per veda i citaden
A no’ fei gnenca un inchen,
Um per veda tutt j artest
D’ sbufungej, com i fec am Crest,
Um per veda enca i vilen
A vultei e dereten.
Se per ches i entrarà
T’un cafè, t’na società,
O in qualunqv’eltra alegria,
I vedrà ognun a scapè via.
A sa tutt sti cumpliment
Com a vliv fè a es cuntent.
L’è e su fen, al torn’a di’
D’no’ campé, e d’no’ murì.(cala il sipario)
F.BALSIMELLI
La Nuova Comedia
Canto I
U s’alzeva alora e sol
quand da st’ mond a ciap e vol
e a m’avei te regn d’ la morta
senza guida e senza scorta
tent l’è vera, che a vulèva
senza vdè du’ ch’a m’andeva.
Finalment dop gnenca un’ora
am so trov a la su d’sora
t’una streda fra du mur
ndù ch’u iera ancora e scur.
Vot scumett ch’a so tl’inferna
e a guardeva s’na lanterna
se qualcosa a vdess arlusg
tra cli frondi e tra chi busg.
Tut’ na volta da una cova
a sent’ na vosgia ch’ an me nova
e l’am disg: -Dov’è che vai
per il mondo delle guai?
Tu non sai che a dura croce
questa strada mette foce?
Torna al mondo tuo paterno
che quassù non c’è che inferno-.
A t l’ ho dett, porca miseria
ch’am so mess t’na cosa seria!
317
318
mo di su chi sit ch’um per
da la vosgia cnoscte in cer?
Se desideri sapere
il mio nome, per piacere,
son del Borgo, son Beccani,
starò qui fino a domani-.
Guerda, guerda! Giustranen!!!
enca me a so d’ San Maren!
dam la mena, patriota,
e fam lum, perchè l’è nota
e pu dim, porca mastlena,
ndù vett quant l’è dmateina!
Io vado in Paradiso,
mi rispose con sorriso,
perchè per quanto abbia peccato
troppo in terra ho già espiato,
ma tu, dimmi, perchè giri
qua nel mondo dei sospiri?
Cos’hai fatto a San Marino
per aver questo destino?Me, Beccani, a n’ho fat gnint,
ch’ l’era ben am so cunvint
ed fe un gir te firmament,
mo un gir d divertiment!
-Tu sei vivo- allora um gitt
mentre a stemie tutt du strett,
Tun t’ne si ancora incort
che a so viv e ch’an so mort?
Um guardò cum meraveia,
l’era credie d’ long un meia!
T’ugni cred cumpatriota?
sent i pid che i fa la bota!
e a principie a fe di pas
sa la tera e sora i sas.
Quant’e vdett che a feva i busg
a tla tera pina d’ brusg
-or ci credo- um gett Beccani,
che i tuoi piè non sono vanie pù un ciapa per ‘na mena
e um condusg drenta t’na tena.
BARTOLOMEO BORGHESI “BUON AMMINISTRATORE DELLE
COSE SUE”
di Gian Lodovico Masetti Zannini
Se tanto sappiamo degli studi e della vita pubblica a Savignano ed a San Marino,
ben poco è noto di una altra attività di Bartolomeo Borghesi, quella cioè che
gli permise di condurre una vita disinteressatamente dedita, oltre naturalmente
alle sue ricerche, agli uffici politici ed amministrativi, con missioni a Roma
ed in altre città dello Stato Pontificio e con la partecipazione al governo della
Repubblica essendo membro del Congresso economico, Camerlengo (ossia
depositario), Cassiere dei Tabacchi esercitando queste mansioni con un
impegno non inferiore a quello che egli metteva in tutte le sue cose.
Augusto Campana nel suo fondamentale saggio biografico del Borghesi
afferma che questi, “possessore di una fortuna forse considerevole” fu anche
“buon amministratore delle cose sue”1. Alcuni documenti conservati tra gli
Atti civili di Sant’Arcangelo ci permettono di osservare marginalmente, ma
in concreto, un aspetto della sua cura per i propri interessi e per quelli affidati
alla sua tutela. Si tratta di pochissime cose e che, naturalmente, non possono
dare altro che una pallida idea dei suoi investimenti mobiliari, ma non ci sono
sembrati privi di interesse, non fosse altro che per lo spirito conciliante del
personaggio, il quale, pur facendo valere i propri diritti e quelli della persona
da lui rappresentata non volle infierire su di un povero debitore, per giunta
analfabeta, concedendogli facilitazioni di pagamento.
Quale erede di Pietro Borghesi, il figlio vantava un credito di poco più di
dodici scudi romani, ragguagliati alla moneta degli occupanti in lire 88,70,
quali frutto non corrisposto da un paio d’anni, del capitale di cento scudi dati
a censo.
E così il Borghesi, di propria mano si rivolse al giudice conciliatore dottor
Giacinto Marini:
Regno d’Italia.
Alla Conciliazione di Sant’Arcangelo.
Bartolomeo Borghesi di Savignano qual figlio ed erede del signor Pietro
Borghesi di detta Commune va creditore di Domenico Tornani di Montalbano
qual erede di Vittoria Biagetti della somma di lire 88, soldi 7 di Milano, o siano
1 - A. CAMPANA, Borghesi Bartolomeo (Bartolino), in Dizionario biografico degli Italiani, XII, Roma
1970, p. 636. In questa sua opera il Campana ci ha dato una completa bibliografia del personaggio, ibid.
pp. 624 - 643. Dello stesso A., tra l’altro, Duecento anni di fama del Borghesi, in AA.VV. Bartolomeo
Borghesi, scienza e libertà. Colloquio internazionale AIEGL Association Internationale d’Epigraphie
Grecque et Latine con il concorso del Governo della Repubblica di San Marino, della Università di
Bologna della Società di Studi Romagnoli, Bologna 1982, pp. 7 - 46..
319
scudi 12 e baj 62. moneta romana per frutti d’un censo in sorte di scudi 100 alla
ragione del 6 per cento imposto sotto li 4 semmbre 1752, rogo sig. Francesco
Fabbri notaro di Sant’Arcangelo in favore del fu sig. conte Michele Baldini
e venduto al detto sig. Pietro Borghesi padre dell’attore fin sotto li 26 agosto
1774, rogo sig. Pasquale Amati notaro di Savignano come da instrumento che
si esibisce.
Domanda perciò che spedite le solite schede di citazione sia chiamato alla
citazione verbale il reo convenuto a brevissimo termine e condannato in via
sommarissima al pagamenti di detta somma, rifuse le spese.
B. Borghesi figlio ed erede di Pietro Borghesi
L’Uffizio di Conciliazione di Sant’Arcangelo in data 5 dicembre 1806, a firma
del giudice Marini e dell’attuario Michele Bazzocchi fissò l’udienza per il
giorno 9 dello stesso mese alle ore 10 antemeridiane ed il Borghesi, che poi
ebbe i fogli in restituzione come egli attesta, fu convocato in quanto cessionario
del conte Antonio Baldini.
Il giorno dell’udienza fu redatto il verbale dal quale risulta che “l’attore sig.
Bartolomeo Borghesi si riporta alla sua petizione”, cioè al documento sopra
citato, mentre
320
Il reo convenuto Domenico Tornani dice essere vero il credito richiesto
dall’attore, ma di non essere in caso di effettuarne ora il pagamento, quando
dall’attore non gli si accordi un discreto termine.
Repplica l’attore, e dice di non esser lontano dall’accordargli un congruo
termine, semprecchè dal reo convenuto si paghino le spese occorse nel presente
appunto.
Interpostisi dal sig. Conciliatore i di lui uffizi, le parti convennero nel seguente
modo:
che il reo convenuto Domenico Tornani paghi al suddetto signor attore
Bartolomeo Borghesi la somma di lire 88,70, ossia scudi 12,62 nel tempo e
termine di un mese da oggi unitamente per le spese occorse per il presente
appunto in somma di lire 5,07 passato il qual termine senza aver effettuato
il suddetto pagamento, acconsente alla spedizione dell’ordine di ordine di
appignorazione unitamente alle spese.
La convenzione venne firmata dal Borghesi mentre il Tornani “si dichiarò
illetterato”, si sottoscrissero infine i testi don Lorenzo Nicoletti e Leonardo
Marcosanti2.
Il 4 dicembre dello stesso anno Giacoma Bolognesi di Savignano rilasciò
una procura al Borghesi per recuperare i suoi crediti sempre nei confronti del
2 - ARCHIVIO DI STATO DI RIMINI, Atti civili di Sant’Arcangelo mazzo 94, n.181., 5, 9 dicembre
1806.
Tornani.
Qualificandosi nella sua petizione al giudice di pace, dottor Giacinto Marini
quale mandatario della Bolognesi, il Borghesi fece presente che il Tornani
restava debitore in quanto erede di suo padre Giulio, “della somma di lire 39
e soldi 11 o siano scudi 5,65 moneta romana per frutto d’un censo in sorte
lire 175 imposto dal suddetto Giulio in di lei favore alla ragione del 6 per
cento fino dal dì 9 gennaio 1797 per rogo del sig. Giuseppe Casalini notaio in
Savignano.”
Il Borghesi chiedeva pertanto che il convenuto venisse verbalmente citato <
a brevissimo termine e condannato in via sommarissima > sia al pagamento
che alle spese.
Ancora a Sant’Arcangelo dove si era decisa nello stesso giorno la causa
precedente, il giudice Marini fece accettare dalle due parti che non opposero
difficoltà, un “congruo termine” chiesto dal Borghesi per il pagamento, ovvero
“un discreto termine” invocato dal convenuto, e lo fissò in un mese.
Quanto all’entità dell’esborso che il Tornani doveva effettuare per il credito
della Bolognesi, si convenne in lire 39 e soldi 10, da sommarsi alle lire 5,10,
e cioè baj 75,63.
Attento anche alle piccole cifre il grande archeologo non si sarebbe mai
abbassato a compiere per avarizia quel tal scempio che un pronipote, il conte
Bartolomeo Manzoni Borghesi gli attribuì scherzando, con pessimo gusto, su un
affare che, vandalicamente avrebbe fatto affidando al crogiolo dell’argentiere
un vero e proprio tesoro di monete romane.
Così ne riferisce Enrico Panzacchi, il quale negli ultimi anni dell’Ottocento,
e prima comunque della vendita della collezione numismatica di Bartolomeo
Borghesi,4 era salito sul Titano per assistere alla cerimonia dell’insediamento
dei Capitani Reggenti.
Il poeta bolognese, era stato invitato a pranzo dal Manzoni Borghesi, ma,
prima di mettersi a tavola, fu accompagnato alla visita del medagliere ancora
in famiglia.
“La casa dove il nostro ospite ci accoglie è posta in uno dei luoghi più eminenti
della città - scrive il Panzacchi - non ha nulla da invidiare ad un palazzo”5
Se la era praticamente costruita lo stesso Borghesi poco dopo il suo arrivo sul
Titano quando cioè, come scrive Cristoforo Buscarini, maturò “il proposito di
eleggere San Marino a propria dimora stabile.
Acquistò, nella parte superiore dell’abitato a fianco dell’antica Pieve, le case
3 - Ibid., n. 182., 5, 9 dicembre 1806.
4 - Catalogo del Museo Bartolomeo Borghesi. Monete romane consolari e imperiali in vendita al
pubblico incanto, Firenze 1893. cfr. F. PANVINI ROSATI, L’opera del Borghesi nel quadro della
letteratura numismatica della prima metà dell’Ottocento, in Bartolomeo Borghesi scienza e libertà,
pp. 181 - 189.
5 - E: PANZACCHI, I miei racconti, Milano 1906, p. 328.
321
322
Clini con i vasti orti che, giungendo sul ciglio del monte, consentono allo
sguardo di spaziare sulla pianura e sulla costa adriatica”6.
Dato lo stato in cui si trovavano quegli edifici non confacenti alle condizioni
sociali del Borghesi, il 24 luglio 1825 egli si rivolse al generale Consiglio
Principe della Repubblica per essere autorizzato a compiere certi lavori.
E fece osservare, “che la facciata della casa ch’egli ha comprata dalla famiglia
Clini, presenta un falso rientrante in dentro, che se per una parte deforma due
delle sue stanze, per l’altra fa di se bruttissima mostra alla pubblica vista.
Egli si offre di togliere questa sconcezza quando l’Eccellenze Vostre gli
permettessero in quel luogo di avvanzare la sua fronte, prolungando la linea del
resto della casa parallelamente al murello Mercuri nella direzione dell’angolo
che conduce alla casa Bonelli.
I pochi palmi di terreno che con ciò verrebbe a rinchiudere nella sua fabbrica
sono i privato diritto del petente, come si dimostra dall’essere occupati dai
tre scalini della sia porta, e dal restare al di fuori della cordonata che segue il
limite della pubblica strada.”
Dopo aver risposto a ciascuna possibile obiezione, e dopo essersi offerto ad
eseguire i lavori per rendere più agevole il passo alla Rocca, il Borghesi faceva
presente i vantaggi dell’operazione, “non risultando da questo progetto alcun
danno al pubblico, anzi venendone piuttosto a risentire qualche vantaggio.
Perciò egli confidava nella approvazione7 che in effetti e prontamente
ottenne8.
Ma torniamo al Panzacchi il quale scrive: “Visitiamo anzitutto il celebre
medagliere di Borghesi: quarantamila circa tra monete e medaglie consolari,
imperiali, medievali e del Rinascimento, di cui moltissime in oro e argento.”
E, dopo aver detto del pranzo offertogli e del discorso conviviale che si
aggirava naturalmente intorno al “vero genius loci”, il Panzacchi tratteggia un
ritratto un pò inedito del grande archeologo.
E così ne parla: “Gli studi austerissimi non gli turbarono mai l’indole piacevole
e l’elegante urbanità della vita. Convitava assai volentieri alla sua mensa, e là,
al tramonto del sole, dopo essersi tutto il giorno stillato il cervello sopra una
lapide osca o sannita, lasciava volentieri il freno all’umor gaio (...) sedebat et
bibebat, più contento d’un re, autorevole e modesto come un patriarca.”
Il conte Bartolomeo Manzoni Borghesi raccontò un aneddoto del suo grande
prozio che, avvisato del rinvenimento di un tesoro <in una montagna presso
Ancona>, si sarebbe recato sul posto per acquistare tutte quelle monete
consolari d’argento, e scegliere quelle <che servivano ad empire i vuoti della
6 - C. BUSCARINI, Borghesi nella vita pubblica sammarinese in Bartolomeo Borghesi scienza e
libertà, p. 246.
7 - Ibid., p. 264.
8 - Ibid., p. 247.
sua collezione>.
E fin qui nulla di strano, anzi, assai verosimile. Ma sentiamo il seguito:”- O
che fece delle altre?”, chiese il Panzacchi, ed il conte Manzoni di rimando:”Le
mise in un crogiuolo e coll’argento fuso diede a fabbricare le posate di cui ora
ci serviamo mangiando”.
Segue il commento: “Non si può negare che eravamo in pieno ambiente
archeologico!”9.
Ma non si può nemmeno negare che il racconto sia del genere di quelli che
circolano intorno ai personaggi, grandi o piccoli che siano e sappiano o meno
amministrare il proprio denaro ed, in un caso del genere, conoscano, come il
Borghesi conosceva, il valore del metallo e quello dei reperti archeologici.
Nè, solito a far scambi per completare la propria raccolta, un collezionista
intelligente e buon amministratore che poteva diversamente procurarsi servizi
d’argento (come quello dello scrittoio)10, avrebbe mai compiuto un atto così
incivile e ripugnante.
323
9 - PANZACCHI, I miei racconti, pp. 328 - 330.
10 - Nella minuta d’una lettera del 23 novembre 1856 il Borghesi scriveva: “Insieme colle stampe
provenienti da Napoli ho ricevuto dalla diligenza la scrivania d’argente che riesce di mia pienissima
soddisfazione” (si tratta di un servizio da scrittoio), BUSCARINI, Borghesi nella vita pubblica
sammarinese, p. 240.
“SOVVERSIONE E MEMORIA”. LETTERA APERTA AI MEMBRI
DELLA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI
PER UN CONFRONTO SUI TEMI DEL RESTAURO.
di Luca Morganti
Come amare altrimenti che in questa finitezza?
J. Derrida
Al carattere distruttivo non importa affatto essere compreso.
W. Benjamiin
Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il fannullone
viziato nei giardini del sapere.
F. Nietzsche
324
Premessa
L’occasione di questo testo mi è offerta, sia dall’aver ricevuto la nomina quale
rappresentante dell’Ordine degli Ingegneri ed Architetti della Repubblica di San
Marino all’interno della Commissione per la Conservazione dei Monumenti
degli Oggetti di Antichità ed Arte, mandato giunto ormai alla sua scadenza,
sia dalla presentazione dell’elenco dei manufatti o immobili con valore di
monumento di cui al Capo VII, Sezione I (perfezionamento dell’esercizio
della tutela sui monumenti di cui alle leggi 10/06/1919 n.17 e 11/12/1980 n.
98) della legge 19 luglio 1995 n. 87 (Testo unico delle leggi urbanistiche ed
edilizie).
Uno scritto d’occasione, quindi, che è motivo di chiarimento anche di alcune
mie riflessioni intorno ai temi del restauro. L’intento da cui muovo, è quello di
un confronto aperto con gli altri membri della Commissione.
La complessità dei temi trattati ha richiesto una loro stesura in forma scritta,
forma che consente la ripetizione della lettura per una migliore fissazione dei
concetti, senza, per questo, impedire una discussione di questi temi, che, al
contrario, proprio da qui dovrebbe nascere.
Far saltare, almeno in parte, l’alienante routine della pratica burocratica
che continua ad avvilire i lavori di questa Commissione unilateralmente sui
problemi dell’edilizia speculativa, per riportarla su un terreno di discussione
più vivace intorno a quei temi per cui è nata, è ciò che, con queste parole,
vorrei sollecitare. La necessità intrinseca di questo interrogare, nasce, invece,
dalla ormai raggiunta consapevolezza circa la strumentalizzazione politica
della Commissione dei Monumenti ad opera dei partiti, che utilizzano tale
organismo come macchina di supporto alla ben più importante Commissione
Urbanistica.
Questo breve elaborato però non avrà per oggetto le istituzioni appena
ricordate, sulle quali, per altro, già altre autorevoli voci1 hanno avuto
1 - Mi riferisco in particolare ai molti articoli dell’ingegner Gilberto Rossini, ma anche alle voci degli
architetti Leo Marino Morganti, Gino Zani, e poi ancora dell’architetto Ezio Bollini, dell’ingegner
l’opportunità di scrivere, fino nei dettagli, smascherando, nei testi più riusciti,
quella “microfisica del potere” che ormai eccede il sistema amministrativo
producendo un vero e proprio sapere. Stanco della liceità con cui si è soliti
affrontare i problemi legati all’edilizia e all’urbanistica, secondo procedure
volte soltanto all’indagine polemica sul mancato funzionamento di leggi ed
istituzioni, e dove l’insistere per una loro perfettibilità, fa precipitare il valore
del prender dimora ad un affare da capaci giuristi, mi piacerebbe se la critica
si dirigesse su alcuni concetti base che possano orientare le scelte in materia
di restauro dei monumenti.
In questa prospettiva, un insieme di problemi di difficile definizione, alcuni dei
quali toccano dall’interno il tema scottante del progetto di architettura nella
sua globalità, scuotono le fondamenta di una cultura che nell’imperativo di
recuperare tutto, nasconde la consapevolezza che del suo patrimonio storico,
“non sa che farsene”. L’azione stessa del “ricordare”, è già successo a San
Marino, è fatta ricadere all’interno di quella logica dell’accumulo quantitativo
che ha dissolto il progetto, costringendolo a ritirarsi in quegli stessi ambiti
metafisici ed istituzionali che ne hanno decretato la fine2. Il consumo
sembra oggi coagulare in un’unica forma magmatica, le culture identitarie e
tradizionali, legate all’imperativo della verità e all’esperienza dell’autenticità,
recentemente riaffiorate sulla scena riminese al grido del “dov’era, com’era”3,
con i teoreti di un mercato sempre lucido e sorridente. Il culto dell’origine si
risolve così nel suo contraccolpo, sfidando il grottesco ed il contraddittorio
della copia d’infinite copie, simulacro d’invenzioni storiche. E’ questo, molto
sinteticamente, l’orizzonte entro cui si muove ogni discorso intorno ai temi
che qui si vorrebbero trattare. Questa nuova alleanza è l’ultimo grande attacco
al progetto del Moderno, alla possibilità stessa di un qualsiasi recupero.
Domandarsi, oggi, come restaurare, perde di qualsiasi significato se non è
Maurizio Grassi, del direttore del “Sottobosco” Augusto Michelotti. Troppo lungo sarebbe l’elenco
delle pagine scritte da questi ed altri professionisti, valgano, allora, gli atti del forum sull’ambiente
svoltosi il 26 aprile 2003 a San Marino, promosso da Alleanza Popolare, pubblicati nel volume “Uso e
Abuso del Territorio”, a cura del gruppo sul territorio ed ambiente di Alleanza Popolare.
2 - Su queste tematiche si vedano i numerosi interventi di Massimo Ilardi apparsi sulla rivista Gomorra ed in particolare due recenti sue pubblicazioni: Massimo Ilardi, In nome della strada, libertà e
violenza, Meltemi, Roma 2002; e id., Nei territori del consumo totale, il disobbediente e l’architetto,
DeriveApprodi, Roma 2004.
3 - Mi riferisco alla vicenda del Teatro Galli, che trovo paradigmatica, rispetto alle preoccupazioni
che qui cerco di affrontare. E’ di poco tempo fa, la decisione, da parte del Comune, di chiudere la
lunga vicenda del progetto del Teatro, affidando allo studio dell’architetto Pier Luigi Cervellati la
realizzazione di un edificio esattamente uguale all’originale. E’ fin troppo facile attaccare una posizione di questa natura. Prendo atto del fatto che resistere all’impossibilità del ritorno con l’illusione
del duraturo sia la reazione più facile, più semplice e più largamente condivisa. Mai, come in questi
casi, i termini usati sulla stampa, per descrivere l’operazione, “conservare”, “conservazione”, possono
completamente sostituirsi a quelli più consoni di “conservatore”, “conservatorismo”, nell’accezione
politico-sociale che gli appartiene, ossia a quel tentativo di fermare il mondo, mortificando ogni libero
fluire della vita. Il progetto è politico, investe direttamente il rapporto fra governanti e governati, tocca
il livello del potere.
325
326
supportato da una critica radicale del nostro presente, rigettando i termini stessi
del restauro - recuperare, riqualificare, restaurare, conservare, tutelare - nel
tentativo autoritario di unificare istituzioni e società. Al come fare, dovremo
sostituire il perché lo facciamo, arrivando a preferire la restituzione all’azione
del tempo di tutto ciò che non ha più la capacità di stare, cioè di produrre un
sapere stabile, incontrovertibile, avendo dissolta la propria epistéme, di vivere,
in fine, oltre la propria epoca4. L’unica origine alla quale mi sentirei di fare
ritorno, è quella puramente lessicale sui termini utilizzati nel dibattito culturale
riferiti ai possibili interventi sul costruito, termini spesso usati impropriamente
o in modo volutamente non curante delle rispettive differenze.
Procederò per brevi cenni e veloci soluzioni, caso mai ve ne fossero, il
che resta improbabile, nell’economia di una lettura che spero non annoi. I
suggerimenti che raccolgo dalla lettura del nuovo progetto di legge vanno in
due direzioni: da una parte la volontà di ordinare le competenze professionali
in materia di restauro, dall’altro la messa a nudo di una legislazione carente
fin dal suo nascere, che si è sempre caratterizzata per il suo aspetto descrittivo,
al più tassonomico, mai volto comunque ad un’azione concreta finalizzata
al recupero. Di qui, la chance, aperta dal vuoto legislativo, di rimanere in
perenne attesa della “conservazione”, soggiornando nello spazio aperto dalla
sua domanda (“Quid tum?”). Insinuarsi nella falla per ridefinire i concetti con
i quali ci rapportiamo al già costruito, diventa, così, una possibilità di tutti.
Ma, conquistando il dominio pubblico, la conservazione dei monumenti e,
potremmo aggiungere, dei documenti, sulla scorta dell’Ecole des Annales,
si fa eminentemente politica. Tutto questo è facilmente sperimentabile, e
massimamente in tempi di guerra, qualora si provasse a ridefinire il concetto
di “patrimonio culturale”. Ripensare la conservazione a partire dal concetto
benjaminiano di “distruzione”, dovebbre essere, allora, il primo dei tentativi
per collocare i nostri gesti, le nostre attenzioni, su un operare dialettico intorno
alle rovine della storia, che non sia più mortifero per tutte quelle forme di vita
inorganiche, ugualmente soggette al divenire niente.
“Come amare altrimenti che in questa finitezza?”
Tutto questo purtroppo, non sarà possibile affrontarlo in una lettera, perché
la routin quotidiana del lavoratore autonomo, avvolge, ovviamente, anche il
mio stile di vita, eliminando, all’origine, la possibilità stessa di trasformare
un tecnico in uno studioso, attingendo, oltre tutto, unicamente al proprio
portafoglio. Nella speranza che questi temi possano conquistare il dibattito
all’interno della futura Commissione, queste pagine, sono il mio personale
punto di vista.
4 - Si veda per esempio quello che è capitato alla Villa Malagola, alla casa Fattori appoggiata sulle
mura della Porta del Paese, ed a tanti altri edifici con caratteristiche storiche. Non era forse meglio,
com’è toccato in sorte alla fortunata villa a Fiorina, che anche questi “restauri”, fossero delle vere e
proprie distruzioni per far posto al nuovo progetto?
Un nuovo progetto di legge
Una nuova legge, che individua mediante documentata schedatura e
catalogazione l’elenco dei manufatti o immobili dello Stato con valore di
monumento, oggi tenta, in parte, di arginare le lacune in merito alla redazione
degli elenchi previsti dalla prima “legge di tutela dei monumenti, dei musei,
degli scavi e degli oggetti di antichità ed arte”, ovvero del patrimonio
archeologico, architettonico, storico e artistico della Repubblica, approvata il
10 giugno 1919. Nella relazione allegata, si legge nelle conclusioni: “La legge
così come articolata costituisce certamente un notevole passo in avanti nella
valorizzazione delle nostre ricchezze storico-artistico-architettoniche. Con
la sua approvazione la CCM potrà essere messa in condizione di esercitare
le funzioni che le sono proprie con maggiore tranquillità e con maggiore
efficienza nell’interesse dello Stato che, tutelando il proprio patrimonio,
conserva un bene collettivo insostituibile, e anche nell’interesse dei privati
cittadini che potranno vedere tutelate con maggiore garanzia, celerità e più
precise modalità le loro proprietà immobiliari ricadenti nell’elenco dei
manufatti o immobili con valore di monumento”. Una legge che si pone, a sua
volta, come consolidamento e restauro delle precedenti normative esistenti
sul recupero dei monumenti. Una legge, alla quale il legislatore ha affidato
l’unico onere della “tutela”, ossia la capacità di protezione che un atto giuridico
può garantire come ricaduta sull’oggetto e sul bene collettivo. Resta per il
momento un’attività immateriale di carattere preventivo, che al più vincola
l’uso e la disponibilità del bene artistico. Non si possiede, cioè, il dettaglio
delle prescrizioni d’intervento materiale sull’oggetto in esame, come, per
altro, è rilevato dalla stessa relazione allegata alla legge. Certo fa sorridere,
dopo lo scempio protratto al patrimonio storico ed al territorio, proporre a
San Marino, in assenza di qualsiasi tradizione in materia, un seppur minimo
riferimento ad una qualsivoglia Carta del restauro. L’arretratezza culturale si
scontra qui con i privilegi assunti da una categoria professionale, che è riuscita
a guadagnare competenze sul campo, che non trovano riscontro in nessun altro
paese del mondo. La maggior parte delle richieste inoltrate alla CCM, proviene
da studi di professionisti diplomati che non possiedono nessuna nozione circa
il recupero dei manufatti storici, e, tanto meno, conoscenze di storia dell’arte,
storia dell’architettura e progettazione architettonica. Questa distorsione
tutta sammarinese del mercato edilizio, una sorta di incentivo legalizzato
alla speculazione e alla cattiva qualità, è ciò che, aggirando l’ostacolo di
una revisione della legge sulle professioni, tenta di correggere questa legge
quando, all’articolo 13, che prescrive la procedura per la presentazione dei
progetti, recita: “I progetti di restauro, risanamento, modifica e adeguamento
nonché di demolizione e demolizione e ricostruzione sui manufatti o immobili
con valore di monumento, di cui al presente elenco, dovranno essere redatti
secondo le prescrizioni, definite tramite appositi regolamenti, impartite dalla
Commissione per la Conservazione dei Monumenti e degli Oggetti d’Antichità
327
ed Arte, e dovranno essere sottoscritti da un architetto con laurea specialistica
abilitato all’esercizio della professione secondo quanto stabilito dalla legge,
o da professionista in possesso di titolo di studio e abilitazione all’esercizio
della professione equipollenti. Per quanto attiene alla tipologia e) manufatti
archeologici, i progetti dovranno essere sottoscritti anche da un dottore in
archeologia o da professionista con titolo di studio equipollente”.
Mi sembra chiaro che, non essendoci nessuna prescrizione sull’intervento da
farsi, il valore della qualità è interamente demandato all’abilità del progettista
ed alla competenza del giudizio di questa Commissione. L’alta responsabilità
che questa legge ripone nel lavoro della CCM, è una sfida interessante che credo
abbia il merito di restituire l’importanza che a questa istituzione già riponeva
il legislatore quando, dopo lunghe vicissitudini, dovute in parte all’”amarezza
di avere perduto un ricco capitale, soprattutto con la dispersione del famoso
“tesoro di Domagnano” avvenuta sul finire del XIX secolo (1892-1893)”5,
approvò la legge nel 1919. Qual è, allora, il ruolo della Commissione che, non
possedendo al suo interno, per sua stessa composizione, figure professionali
legate alla storia ed al restauro, è investita da questa responsabilità? Non
si tratta di calare dall’alto una serie di prescrizioni tecniche, o di creare una
carta del buon restauratore, quanto nel ritornare a ripensare i presupposti che
reggono l’intera struttura del nostro sapere su ciò che ancora chiamiamo storia,
attraverso la sensibilità che a tutti è data dimostrare.
328
Uno strano carattere
Così definiti, i problemi che si affrontano nella Commissione, sono alla portata
di tutti, ma richiedono il massimo impegno e presentano le maggiori difficoltà:
l’impegno a soprassedere alle acriticità dei nostri pregiudizi, maturati
all’interno di coscienze comuni generaliste, che offuscano la polarità passatopresente; la difficoltà di saper sospendere le opinioni precostituite, traslate,
spostate in un contesto che non appartiene più al soggetto determinante il
giudizio; l’inevitabile ricaduta verso l’impossibilità a valutare attentamente
le qualità peculiari della situazione presente. L’esatto contrario della
posizione preconcetta, ci obbliga a prendere in considerazione, invece, un
carattere sperimentale, “tentativo”, da adottare come forma etica per questa
Commissione. Si getteranno, allora, sempre e di nuovo, le reti delle ipotesi, non
avendo fretta di giungere a definizione, si farà riferimento ad un atteggiamento
“fluido” e “dissolvente”6, ormai consapevole di non poter contare su tutti i
risultati precedenti, si deciderà per un capovolgimento di prospettiva, dove
sarà la dialettica sensoriale (la sensibilità che a tutti è data dimostrare) ad
5 - Le citazioni fanno riferimento alla relazione allegata al progetto di legge che stiamo studiando.
6 - Gli stessi termini sono ripresi da Fabrizio Desideri in “Apocalissi profana: figure della verità in
Walter Benjamin”, postfazione a W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi,
Torino, 1995, pag. 312.
aprire lo scenario in cui dispiegare l’azione.
Questa situazione ci colloca tutti in una dimensione di regressione, cui
è possibile rispondere, appunto, capovolgendo l’iniziale punto di vista.
Ricominciare da capo, sarà allora una sorta d’imperativo anche per coloro che,
avendo funzione di supporto, studiano da anni la materia.
“Cominciare da capo”, l’etica del distruttore negli scritti di Walter Benjamin,
così come mi ero riproposto di analizzare, ispira, sommessamente, un
atteggiamento che “costruisce a partire dal Poco”. Ri-cominciare, quindi,
più propriamente: dalla “povertà di esperienza”. Far “piazza pulita”
dell’esperienza stessa, in primo luogo7. Un atteggiamento che non chiede una
“sistematizzazione” dell’esistente, poiché non fa del concetto di “progresso”
il proprio feticcio, ma che vuole, al contrario, presentarsi attingendo all’indole
liberatoria della rivoluzione che annuncia, nel bene o nel male, o al di là di essi,
qualcosa di nuovo. Il nuovo di cui qui si fa questione, ripone le sue basi laddove
sembra ormai scongiurarsi ogni capacità di azione8. Mi riferisco a quella sorta
di contrazione dei nervi che connette individuo e contesto storico-sociale, ma
anche all’incapacità di comprensione degli eventi (Ereignis) e degli stimoli
che provengono dal fuori, alla difficoltà di affrancamento da quell’attuale stato
di cose che impone all’infinito modelli di omologazione. Benjamin, all’interno
della sua produzione forse più oracolare, si fa carico dell’ingrato compito di
esporre il suo lettore di fronte all’odierno depotenziamento di esistenza, la cui
rendita è la passività dell’individuo dinnanzi i processi in corso, e la sua causa
dovuta alla dinamica alleanza tra sviluppo tecnico-scientifico e affermazione
delle strutture dei processi produttivi delle società capitaliste. Ma è proprio
da tali premesse che è possibile costruire il nuovo: a partire dalla povertà del
nostro presente. Nel porre il nesso tra povertà e tecnica, Benjamin disvela un
tratto caratteristico del tempo storico del quale ancora siamo prigionieri: “una
miseria del tutto nuova ha colpito gli uomini”, dice, la miseria di esperienza.
“Siamo diventati poveri. Abbiamo ceduto un pezzo dopo l’altro dell’eredità
umana, spesso abbiamo dovuto depositarlo al Monte di pietà ad un centesimo
del valore per riceverne in anticipo la monetina dell’”attuale”. (…) Talvolta, il
singolo può però cedere un po’ di umanità a quella massa, che un giorno gliela
renderà con interessi e interessi raddoppiati”. Non v’è, però, in questi accenti,
alcuna vicinanza con la dimensione del più basso psicologismo, le affezioni
dell’anima che prospettano sulla falsa ricchezza dell’Erfahrung individuale
7 - Queste citazioni, quando non contrassegnate da ulteriori note, fanno riferimento a due testi brevi di
Walter Benjamin, che io ritengo essere fondamentali per chiunque voglia accostarsi allo studio della
storia e dei suoi oggetti, monumenti o documenti che siano. I due scritti sono: “Il carattere distruttivo”
ed “Esperienza e povertà”, entrambi tradotti in italiano nella rivista “Millepiani” n°4, Il carattere distruttivo. L’orrore del quotidiano, Mimesis, Milano , marzo1995.
8 - Per le analisi qui contenute, la bibliografia sarebbe molto lunga, fondamentale però, oltre ai numerosi scritti di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, è stato l’apporto di Fabrizio Desideri, Walter
Benjamin il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma, 1980, testo dal quale mi sono permesso di fare
libero riferimento.
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troveranno respiro nell’”accordo” con la tempesta che lascia affiorare le
tensioni dinamiche dell’inumano. Con la disumanizzazione, l’accento è
lasciato cadere sulla dimensione collettiva dell’inarrestabile impoverimento.
E’ così che la povertà diventa in prima istanza quella dell’esperienza storica.
Ma se ciò che interessa non è la sfera d’afflizione privata del soggetto, ne tanto
meno il soggetto stesso, l’ambito esperienziale “dell’umanità in generale”, a
cui invece si guarda, potrà guadagnare la ri-appropriazione del suo significato
in quella centellinata cessione, dove, ormai, sarà “il potere del proletariato”
la traccia del “risanamento” dello “straziato corpo” dell’umanità9. Perché
tutto ciò accada, occorre avere un bel carattere, simile a quello di “colui che
banchetta con la mascella d’acciaio” svuotando la casa del mondo10.
E’ in questa cornice che Benjamin introduce l’idea di un carattere distruttivo:
“Mentre alcuni tramandano le cose rendendole intangibili e conservandole,
altri tramandano le situazioni rendendole maneggevoli e liquidandole.
Questi vengono chiamati i distruttivi”. A questi, e non ai primi, occorre,
paradossalmente, fare riferimento. La contraddizione è talmente evidente, che
va, quanto meno, spiegata.
Qual è la natura ed il valore della distruttività benjaminiana in rapporto ai
problemi che interessano ad una Commissione per la conservazione? Come
possiamo provare filia per ciò che, in prima istanza, concerne il nostro
contrario? Tuttavia, così come è pronunciabile in più modi la formula “creare
spazio”, che compare, in qualità di “parola d’ordine”, nelle prime righe dello
scritto di Benjamin sul carattere distruttivo, così, credo, la distruttività sappia
dirci qualcosa, anzi, qualcosa di più, sui nostri comuni atteggiamenti, con i
quali comodamente guardiamo alla catastrofe della storia “che accumula senza
tregua rovine su rovine e le rovescia ai nostri piedi”11. Se conservare significa
reiterazione dell’osservazione del cum-servatum, riconoscendo la temporalità
della forma come proprietà intrinseca di ciò che si sta osservando, e cioè
attenzione non solo, agli effetti del tempo sulla forma, ma alla vitalità della
forma stessa, allora il vero conservatore è colui che sa rompere, sa distruggere
9 - In realtà le cose sono molto più complesse, ma sciogliere questo nodo tematico mi porterebbe troppo lontano dall’obiettivo del mio discorso. Per chi volesse approfondire, il suggerimento è la rilettura
della chiosa finale di quel saggio che pare abbia sgombrato la strada ad un approccio estetizzante dell’opera di Benjamin: “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. C’è da credere che
quanti abbiano letto questo testo, e poi tutti gli altri lavori fino all’ultimo sui “Passage”, pensando che
l’autore di “Avanguardia e rivoluzione”, fosse un vagabondo in cerca di emozioni da raccogliere attraverso futili “passeggiatine” in giro per le metropoli del XX secolo, Berlino e più segnatamente Parigi,
si siano dimenticati di terminare la loro lettura con la “Postilla” finale di quel testo, alla quale, dunque,
si rinvia. Per le citazioni: W. Benjamin, Strada a senso unico. Scritti 1926-1927, trad. it. Einaudi, Torino, 1983. Si veda la conclusione del testo sotto il titolo di “al Planetario”, pag. 68 e 69.
10 - W. Benjamin, “Commenti ad alcune liriche di Brecht”, in, Id., L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica, trad. it. Einaudi, Torino, 1991, pag. 149.
11 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 80. Seguendo l’ordine del mio discorso ho dovuto sostituire “suoi” (dell’Angelo,
nella citazione originaria) con “nostri”, per una migliore leggibilità del testo.
la connessione deterministica-effettuale del corso della storia, per costruire
l’oggetto storico materiale nella sua complessità stratificata ed eterogenea. “Per
il materialista storico è importante distinguere con estremo rigore la costruzione
di un fatto storico da ciò che abitualmente viene definita la sua ricostruzione.
La ricostruzione implica il solo piano dell’immedesimazione. La costruzione
presuppone la distruzione”12. E’ per questo che Benjamin può chiudere il suo
frammento affermando che “il carattere distruttivo ha la coscienza dell’uomo
storico”, il cui sentimento, però, “è un’insormontabile diffidenza nel corso
delle cose”, nonché, “la prontezza con la quale prende nota del fatto che tutto
può andare storto”. Non un pessimismo di maniera, ma consapevolezza che
in ciò, risiede la nostra fiducia: “il carattere distruttivo è la fiducia stessa”.
Fiducia nel fatto incontrovertibile che non può darsi continuum nella storia,
e che è quantomeno vano, appellarsi ad una sua presunta omogeneità. Una
strana fiducia che “non vede niente di durevole”, “ma proprio per questo vede
dappertutto delle vie”. “Creare spazio” è si “sgombrare la strada”, ma anche
stare ad un “incrocio”, come i prefissi che chiamiamo a raccolta nei termini del
restauro, nei “ri-” e nei “pre-”, sui quali si forma l’intera cultura del progetto
(riqualificare, restaurare, rispettare, progettare, prevenire…). Se il tempo non
si desse più come tempo della ragione, ma eterno differire, potremmo leggere
la continua riformulazione dei concetti, nell’eterna attesa del loro compimento,
in quel supplemento che li definisce, nello stesso momento, fra il non ancora
e l’ancora una volta.
Il patrimonio storico culturale
Trovarsi ad un incrocio è l’immagine di un’apertura ad un futuro che mantiene
vivo un passato, e bene rappresenta la facoltà che non si limita a rispettare
l’oggetto ereditato, ma a costruire tale oggetto nel momento in cui si distrugge,
torno a ripetere, l’illusoria continuità con il suo passato e si riconoscono le
fratture, l’intreccio di sopravvissuto e dimenticato, di “civiltà” e di “barbarie”,
rendendolo disponibile alla nostra attualità. C’è un diritto delle generazioni
passate su quelle presenti che conferisce a quest’ultime una “debole forza
messianica”, per le quali “il passato è citabile in ognuno dei suoi momenti”13.
Ma l’idea di una umanità redenta va compresa nella sua radicale immanenza,
perché possa diventare un criterio di conoscenza storica. Nel presente ogni
attimo ha la sua criticità che permette di rovesciare lo stato delle cose nel
disvelamento della sua falsità. Sarà sufficiente citare per intero la settima delle
Tesi di filosofia della storia, per rendersi conto di quanto sia urgente una nuova
coscienza con la quale osservare ciò che si staglia sullo sfondo della nostra
quotidianità con la fisionomia monumentale del patrimonio storico culturale:
12 - W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo (1927-1940), trad. it. Einaudi Torino, 1986, pag. 609.
13 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 76.
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“Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un’epoca
di cacciarsi di mente tutto ciò che sa del corso successivo della storia. Non
si potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico
ha rotto i ponti. E’ un procedimento di immedesimazione. La sua origine è
la pigrizia del cuore, l’acedia, che dispera di impadronirsi dell’immagine
storica autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi
del Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne
aveva fatto la conoscenza, scriveva: “Peu de gens devineront combien il a
fallu etre triste pour ressusciter Carthage”. La natura di questa tristezza si
chiarisce se ci si chiede in chi propriamente “si immedesima” lo storico dello
storicismo. La risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di
ogni volta sono gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L’immedesimazione
nel vincitore torna quindi ogni volta a vantaggio ai padroni del momento. Con
ciò si è detto abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino
ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi
passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si è sempre
usato, è trascinata nel trionfo. Essa è designata con l’espressione “patrimonio
culturale” (corsivo nostro). Esso dovrà avere, nel materialista storico, un
osservatore distaccato. Poiché tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia
con lo sguardo ha immancabilmente un’origine a cui non potrà pensare senza
orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che
lo hanno creato, ma anche alla schiavitù senza nome dei suoi contemporanei.
Non è mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di
barbarie (c.n.). E come, in sé, non è immune dalla barbarie, non lo è nemmeno
il processo della tradizione per cui è passato dall’uno all’altro. Il materialista
storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera
come suo compito passare a contrappelo la storia”14.
Due piani concettuali s’intrecciano circolarmente all’interno delle Thesen.
Nel primo, l’istanza epistemologica evidenzia l’aporia, nello strutturare il
“concetto di storia”, fra continuum degli oppressori e discontinuum degli
oppressi. Grumo nevralgico è la reificazione della continuità storica, attraverso
la coscienza borghese intenta a far valere l’apparente continuità di una
“tradizione” stabile, epistemica appunto. Ciò che ne risulta è una definizione
di tempo storico, in una sua ascendenza “materialista”, a partire dall’idea
di Jetztzeit (tempo-ora). Nel secondo, il dato politico cerca una modalità di
attraversamento delle pratiche dello storicismo, cogliendo il passato come
movimento critico dell’esperienza presente. Qua, il rapporto che il soggetto
storico, la classe degli oppressi colta in azione nel tentativo politico di rottura
14 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad.it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 78.
del continuum, intrattiene con il suo passato, forma un’unica “costellazione”,
con la coscienza critica del materialista storico che indaga gli eventi passati
a partire dal presente. Ed ancora, se nel primo piano è posto l’accento
sulla capacità d’intervento all’interno del processo, nel secondo assistiamo
realmente alle rotture della storia nei processi rivoluzionari. Di questa stessa
capacità d’intervento dovrebbe comporsi l’azione conservativa, se non vuole
opporre alla costruzione-distruzione, la mera addizione o catalogazione dei
fatti, il banale attardarsi sulle tecniche del recupero, quando, oltre tutto, per
l’uomo moderno, fare un intonaco non è mai stato un problema.
Il mio invito è quello a permanere sul significato dei nostri concetti e delle
nostre azioni. Una Commissione è fatta di soggetti che pensano e che offrono
un contributo personale, dettato dalle singole esperienze, per quanto povere
possano essere. Qualsiasi prospettiva di miglioramento in senso legislativo e
di attribuzione di competenze a qualsivoglia organismo preposto alla tutela,
anche cioè, nell’abbracciare la già paventata ipotesi di creazione di una vera
e propria Soprintendenza delle belle arti, che agisca come struttura autonoma
e non diretta dalla compagine politica, al di là dei problemi che una tale
istituzione potrebbe comportare, non può fare a meno di considerare questa
semplice evidenza. Nell’attesa, considerato il fatto che la conservazione ci
obbliga proprio ad attendere, essendo ciò, che per sua natura, è sempre di là da
venire, nell’attesa, su questi temi possiamo già confrontarci, perché non è mai
troppo tardi, perché il tempo, anzi la durata, non è più un valido parametro,
nella quasi completa sparizione degli oggetti del ricordo.
Conclusioni
La panoramica che ho tracciato, per quanto teorica nello stile, dovrà avere
necessariamente una ricaduta effettuale sulle singole decisioni da prendersi
all’interno della Commissione. Non intendo sovrapporre i discorsi, cosa per
altro impossibile. Non cercherò, cioè, di far derivare direttamente una pratica
da una teoria, attraverso un passaggio lineare che possa ricomporre un tutto
compiuto, riallacciando i fili di un’ideale corrispondenza. Si tratta, semmai,
di trovare un modus operandi che possa valere come criterio di discernimento
ed analisi dei progetti che per legge giaceranno sul “tavolo delle trattative”15,
cercando negli interstizi microscopici delle possibilità decisionali della
Commissione.
Per essere capace di svolgere questo compito, devo, però, osservare da
vicino il lavoro svolto dalla Commissione, e calarmi nella mensilità delle
azioni, delle discussioni e, perché no, delle incazzature, di cui mi sono reso
15 - Così si esprimeva Manfredo Tafuri interrogato sui temi del restauro da Chiara Baglione e Bruno
Pedretti, aggiungendo, in quella intervista, di non ignorare, una volta seduti a quel tavolo, il peso impresso dall’immedesimazione,nei termini benjaminiani, che comporta, come ricaduta sul monumento
da parte della comunità, l’inevitabile “invenzione della tradizione”. M. Tafuri, Storia, conservazione,
restauro, Intervista a cura di C. Baglione e B. Pedretti, Casabella, n. 580, giugno 1991.
333
334
testimone. La prima complicazione è da rilevare nel numero dei progetti che,
direttamente dalla Commissione Urbanistica, sono sottoposti all’attenzione
della Commissione dei Monumenti. Questi progetti costituiscono un corpus
unico che ingessa per intero le discussioni nelle riunioni. Tutto il resto viene
fatto passare in secondo piano. Si deve scremare questa mole: gran parte degli
edifici che compongono questo plico, che viene recapitato dal funzionario
della CU, dopo averlo copiato dall’originale, già da tempo, non possiede più
quelle caratteristiche storico documentali, per cui è necessaria una valutazione
da parte delle Commissione.
All’interno di questo materiale vi sono, poi, in prevalenza, casi di
“demolizione e ricostruzione”, dove il parere viene richiesto a cose fatte,
cioè, una volta demolito l’edificio che presumibilmente si vorrebbe salvare.
Se sulla “ricostruzione” credo di aver già lungamente espresso il mio parere,
io penso che, facendo valere un minimo di ragione, senza accedere alle
facoltà intellettive di tecnico della materia, questa Commissione dovrebbe
esprimersi sulla necessità o meno della “demolizione”, lasciando ad altri
organismi l’assunzione delle responsabilità sulle nuove costruzioni. Non
giudicare, non significa che il giudizio sia negativo, ma che si può rispedire il
tutto al mittente. Si provvederà, allora, a rilasciare una nota, dove si daranno
esplicitamente le motivazioni dell’impossibilità a giudicare. Impossibilità che,
se da un lato si riferisce al disinteresse per ciò che già è compromesso, e quindi
ormai privo di ogni valore, tanto da poter approvare d’ufficio quelle pratiche,
dall’altro, si estrinseca nella sottrazione totale dell’oggetto del giudizio. In
questo caso, a meno che non si voglia, come è già successo in passato, che
l’”originale” imponga necrofilicamente la sua legge, bisognerebbe bloccare la
pratica resistendo dall’effettuare un giudizio. So per certo che, così facendo,
si creerebbe un corto circuito nelle approvazioni delle pratiche che per legge
prevedono la possibilità di demolire un edificio per poi ricostruirlo. La voce
“demolizione e ricostruzione” si riferisce tanto ad un manufatto realizzato
l’altro ieri, che ad edifici che potrebbero presentare caratteristiche interessanti
dal punto di vista storico. Solo quest’ultimi dovranno essere oggetto di giudizio
della CCM. In genere non si formulano domande a chi non può fornire delle
risposte, ecco perché in questi casi, la responsabilità dovrebbe essere fatta
ricadere sui professionisti, i quali, conoscendo bene il loro lavoro, sapranno
certamente quali sono gli edifici di valore reale o presunto (magari anche al di
là della semplice normativa, se non fosse troppo utopisticamente ingenuo) sui
quali è doveroso chiedere anticipatamente un parere, per non vedersi in futuro
non rispondere nulla16.
Perché ciò si realizzi occorre riallacciare una relazione diretta con i progettisti,
16 - In ottemperanza, fra l’altro, a quanto prescrive L’articolo 15 della Legge del 10 Giugno 1919 n.
17: “Le cose previste nell’Art. 1 non potranno essere demolite, rimosse, modificate né restaurate senza l’autorizzazione della Commissione. Contro il rifiuto all’autorizzazione è dato ricorso all’autorità
giudiziaria”.
che la legge stessa prevede, che vada al di là della telefonata di cortesia per
trovare una mediazione. Quando la conservazione del manufatto si rende
indispensabile, il restauro deve scaturire come un esito terminale di un
processo conflittuale fra le varie opinioni. Un conflitto non lo si realizza per
corrispondenza, necessita, invece, di una parola patica e tagliente. Occorre,
inizialmente, mettere appunto un sistema di presentazione dei progetti,
studiato appositamente per la Commissione dei Monumenti, cosa che per
altro si è cominciato a fare nella passata legislatura. Definire e correggere
quella base di documento, dovrebbe essere il primo dei compiti per il nuovo
mandato. Non aver paura di invitare il progettista (laureato, s’intende!), per
ascoltare direttamente dalle sue parole, quali sono gli intenti progettuali e le
scelte adottate, di volta in volta, nella redazione del suo progetto. Questa cosa
è possibile anche quando il progettista è di chiara fama internazionale, cosa
sempre più frequente a San Marino17. Avremmo in tal modo decurtato della
metà i lavori della Commissione, e reso più facile la facoltà di giudizio sui
progetti di valore, grazie ad una documentazione più efficace, ma soprattutto,
si sarà imparato qualcosa.
Vi sono due punti specifici della legge del 1919 sui quali si è animato il
dibattito all’interno della scorsa Commissione. Il primo riguarda l’inserimento
all’interno della normativa di tutela, degli edifici con più di cinquant’anni,
il secondo, la facoltà di poter esprimere una valutazione sul giacimento,
sull’intorno dell’edificio storico. Ad una legalizzazione della continuità storica,
attraverso il parametro, retrivo ed inconsistente, dell’anzianità, individuata
oltretutto in appena cinquant’anni, fa da contro altare l’immobilismo delle
ricostruzioni storiche, almeno nelle interpretazioni che dell’ultimo punto
citato si è dato in questi anni18. Scardinare l’automatismo di questi dispositivi,
17 - Si pensi a quello che è successo con il restauro del Palazzo Pubblico (e non del Governo come
sono abituati a chiamarlo i sammarinesi), ad opera dell’Architetto Gae (Gaetana) Aulenti, o quello che
succederà con la vecchia scuola di Faetano nel progetto di Paolo Portoghesi. Questi architetti sono
esseri umani, neppure troppo speciali, con i quali è possibile parlare e confrontarsi anche solo per amor
di conoscenza. Soprattutto, prima ancora di essere grandi costruttori, sono espressione del potere che
li ha convocati a corte. Non lo dico polemicamente, faccio notare che è sempre stato cosi: se nella
chiesa di San Sebastiano di Leon Battista Alberti, risiede il primo tentativo di trasformazione in senso
rinascimentale, della città di Mantova, voluto da Ludovico III Gonzaga, allo stesso modo dovrà esserci
una simile e nobile prospettiva, a me del tutto sconosciuta, da parte di qualche eminente personaggio
(chi?), nel futuro progetto caratterizzato dall’enormevolta a botte dell’ex scuola a Faetano di Portoghesi. Sono questioni di poco conto in fondo, un materialista storico, vero o presunto che sia, non si attarda
davvero sulle vite dei Principi.
18 - Interpretazione per nulla autorizzata dalla legge, la quale, con precisione, dice all’Art. 17: “Quando si trovino cose immobili soggette alle disposizioni delle presente legge, possono essere prescritte,
nei casi di nuove costruzioni, ricostruzioni, piani regolatori, le distanze, le misure e altre norme necessarie, allo scopo che le nuove opere non danneggino la prospettiva o la luce richiesta dai monumenti
stessi”. Il legislatore sapeva che se il monumento intrattiene un rapporto singolare con la dimensione
temporale, nella misura in cui vi è una tensione ad annullare il tempo stesso nella perennità dell’ammonimento del ricordo, ciò è reso possibile perché inserito nella pura visibilità della storia, dove per storia
bisogna intendere quel vocabolo che ha la sua etimologia in un vedere alla luce, cioè rendere visibile
come modo della rappresentazione (M. Heidegger, “Scienza e meditazione”, in Id., Saggi e discorsi,
335
336
servendosene, invece, per far fronte ai vuoti legislativi individuando con
precisione i casi in cui ciò può essere utile, potrà essere una buona regola.
L’atteggiamento dovrà essere quello di sfruttare come scialuppa di salvataggio,
queste prescrizioni che, altrimenti, galleggerebbero nell’indeterminatezza del
mare delle interpretazioni.
La legge n. 17 del ‘19 recita fin dal titolo che “tutela e conservazione” anticipando lessicalmente, ciò che sarebbe diventato, coscienza condivisa
soltanto dopo la pubblicazione della carta di Atene del 193119, ed ancor più,
comune sentire a partire dalla carta di Venezia degli anni sessanta20 - sono azioni
dirette all’intero patrimonio storico, definito come quelle “cose immobili e
mobili che abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico e artistico”.
La traslazione avvenuta, negli anni successivi, al preferenziale interesse verso
le sole “cose immobili”, è l’indice delle politiche economiche messe in atto
in questo arco di tempo. L’edilizia a San Marino ha funzionato come veicolo
di trasmissione fra desiderio ed economia, oggi attraverso il suo controllo si
organizza il potere. Tutto il resto è vano nella misura in cui non riesce ad
arrestare il flusso libidinale che costituisce questo meccanismo. In confronto,
il carattere d’attrazione della chincaglieria storico-archeologica, è solo segno
di un’altra traslazione lessicali , quella prodotta fra antico e vecchio. Credo
che non occorra aggiungere altro, a meno che non si voglia risvegliare la
compassione verso chi utilizza l’argomento facendone il centro della propria
lamentazione.
L’ultima osservazione riguarda l’attività di denuncia o di carattere preventivo,
che può svolgere questa Commissione. Si è cominciato a fare qualcosa, ma non
basta. Non si tratta, anche qui, di esercitare una pressione poliziesca, quanto,
semmai, di trovare una visibilità esterna, promulgatrice d’idee, per mantenere
vivo un dibattito nella società e non lasciarsi sottrarre il piacere dello scontro o
dell’invettiva, da chi strumentalmente lo utilizza per fare polemica.
Il patrimonio storico-culturale della Repubblica di San Marino è oggi costituito
da poche opere architettoniche, riassunte e descritte nella Legge che più sopra
si è presa in considerazione, ed è formato da ancor meno opere artistiche
ed oggetti di varia natura. Queste cose hanno valore per la comunità dei
sammarinesi, e forse soltanto per questa. La loro salvaguardia non comporta in
realtà grandi problemi, se non per il fatto, per nulla secondario, che pur essendo
un patrimonio dei sammarinesi, a loro non appartiene. Non vi appartiene nella
trad. it. Mursia, Milano, 1985, pag. 40), garantito, nell’opera edificata, da una visibilità prospettica
nella luce della città. Per contro, abbiamo assistito, in questi anni, alla cecità delle ricostruzioni.
19 - “Carta internazionale del restauro di Atene 1931”, votata dalla “Conferenza internazionale di
esperti per la protezione e la conservazione dei monumenti di arte e di storia”, svoltasi ad Atene dal
21 al 30 ottobre 1931.
20 - “Carta di Venezia sulla conservazione e il restauro dei monumenti 1964”, approvata dal “II Congresso internazionale degli architetti e dei tecnici dei monumenti storici”, svoltasi a Venezia dal 25 al
31 maggio 1964.
misura in cui questo genere di cose non ha padroni o legittimi proprietari, ma
soprattutto perché queste cose non sono delle cose, a meno che non si voglia
credere, e di conseguenza far valere, così come fino ad oggi si è fatto valere,
nella feticistica apparenza di una cultura reificata in oggetto di possesso o
bene di consumo. Occorre allora chiederci, come mai, date le premesse, ci
si attarda ancora nei dintorni di ciò che, se non ci appartiene, sembra almeno
presentarci per somiglianza? E quale vivacità intorno alla storia patria anche
in un piccolo stato come il nostro. Di fatto, gli unici studi che si pubblicano
riguardano la nostra storia. Un sapere ad appannaggio di tutti21. Questi appunti,
invece, hanno la presunzione - una presunzione sussunta dalla paradossale
qualità di una proprietà impropria - di essere dei propositi, modesti e del tutto
preliminari a qualsiasi azione conservativa. Io credo che se esisterà, in un
immediato futuro, la possibilità di salvaguardare, quel poco che rimane, di quel
mostro che chiamiamo patrimonio storico culturale, attraverso i deboli mezzi
che l’anomala situazione sammarinese ci mette a disposizione, questo sarà
attuabile nella misura in cui avremo cominciato, appena cominciato, a servirci
della storia diversamente dal “fannullone viziato nei giardini del sapere”.
337
21 - La precisione scientifica spesso nidifica fra coloro che puntigliosamente verificano la verità prima
di abbandonarsi ad una sua credenza, come se questa verità esistesse. Ricordo, ma è semplicemente un
esempio fra mille, il velato tono polemico di quello studioso che scrivendo un libro su Chiesanuova
(Pietro Suzzi Valli, Il castello di Chiesanuova nella repubblica di San Marino, San Marino, 2001) evidenziava gli errori, contenuti nel mio libro sui mulini della Valmarecchia (Luca Morganti, Mirco Semprini, “I mulini della Valmarecchia”, La Mandragora Editore, Imola, 1999). Erano errori di attribuzione
amministrativa di due mulini ricadenti, in verità, nel castello di Chiesanuova e non già in quello di Città
come invece, io e Mirco, sbagliando, affermavamo. Dopo 166 attribuzioni di quel genere, sbagliare
proprio sui mulini di San Marino, ammesso che quella sia l’unica imprecisione, è uno di quegli errori
da valutare attentamente in sede psicanalitica sdraiati sul lettino dell’analisi, piuttosto che passare il
vaglio della verifica storica.
INDICE
INTRODUZIONE
PRESENTAZIONE SEGRETARIO DI STATO PER L’ISTRUZIONE E LA CULTURA
On.le Francesca Michelotti
Pagina 3
PREFAZIONE PRESIDE SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
Maria Luisa Rondelli
Pagina 5
DEDICATO A…
FEDERICA
di Meris Monti
Pagina 9
PARTE PRIMA - ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA
IL SISTEMA SCOLASTICO SAMMARINESE. QUADRI RIASSUNTIVI
a cura di Franco Santi
Pagina 13
ORGANIZZAZIONE, CALENDARIO, ATTIVITÀ SVOLTE
a cura dell’Ufficio di Segreteria
Pagina 23
CENTRO DOCUMENTAZIONE. PROGETTI ED ATTIVITÀ SVOLTE
di Marinella Benedettini, Enrico Grassi, Claudio Mancini, Laura Rossi
Pagina 47
PARTE SECONDA - EDUCAZIONE E DIDATTICA
VIAGGIO IN SICILIA
a cura della Classe Quarta del Liceo Classico
Pagina 63
IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE:
COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA
a cura delle Classi Quinte sezioni A e B del Liceo Economico Aziendale
Pagina 69
CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO
a cura di Franco Santi
Pagina 74
339
L’AZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA FORMAZIONE
NEL CAMPO DELL’INNOVAZIONE EDUCATIVA
di Laura Gobbi
Pagina 78
UNIVERSITÀ SAMMARINESE DELL’ETÀ LIBERA “IL SORRISO”
di Itala Cenci Malpeli
Pagina 81
OLIMPIADI DELLA MATEMATICA
di Claudio Mancini
Pagina 101
“BUSINESS PLAN DELLA DITTA CERAMICHE SAF S.A.“. PROGETTO DIDATTICO
DELLA CLASSE QUINTA SEZ. A DEL LICEO ECONOMICO AZIENDALE
di Egiziana Mancini
Pagina 103
IL PRIMO ANNO DEL CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE DI SAN MARINO
Pagina 117
di Gaddo Morpurgo
QUEL LAVORO INCOMPIUTO
di Rosanna Sciutti
340
Pagina 123
PARTE TERZA - ALLIEVI DI OGGI…
25 MARZO 1906. RINASCITA DELLA DEMOCRAZIA SAMMARINESE
di Lorenzo Forcellini Reffi
Pagina 130
UN ANNO DOPO BESLAN: COME LE DIVERSITÀ ETNICHE INFLUISCONO
SULL’INTEGRAZIONE EUROPEA E QUALE INFLUENZA PUÒ AVERE LA SCUOLA
di Angelica Bezziccari
Pagina 164
… E DI IERI
UN POETA …SRADICATO
di Augusto Stacchini
Pagina 167
PARTE QUARTA - SAGGISTICA
QUALCHE PENSIERO A MARGINE DEL CASO GRASS
di Luciano Canfora
Pagina 193
L’ELITE ECONOMICA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA
di Roberto Giulianelli e Ercole Sori
Pagina 195
BEN EDUCATI. APPUNTI SU POTERE E SOGGETTIVITÀ NELLA CRISI
DELLA PEDAGOGIA MODERNA
Pagina 215
di Alessandro Simoncini
PARTE QUINTA - STUDI
SAMMARINESI
IL “GRUZZOLO” DI PADERNA ATTRAVERSO IL CARTEGGIO
“MARTORELLI –GIANPAOLI”. NOTE SU UN RITROVAMENTO ARCHEOLOGICO
FORTUITO NELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO.
di Paola Bigi
Pagina 247
APPUNTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE SAMMARINESE. III-L’ARENGO
DEL 1906 E LE LEGGI ELETTORALI SUSSEGUENTI.
di Cristoforo Buscarini
Pagina 259
UNA STRANA VISITA DI INIZIO SETTECENTO
di Marino Cecchetti
Pagina 267
LA REPUBBLICA DI SAN MARINO VISTA DA UN VIAGGIATORE NELL’ ANNO 1800
di Michele Conti
Pagina 277
CULTURA SAMMARINESE: LA TRADIZIONE CLASSICHEGGIANTE.
DIALETTO ED ESPRESSIONE POPOLAREGGIANTE
di Giuseppe Macina
Pagina 287
BARTOLOMEO BORGHESI “BUON AMMINISTRATORE DELLE COSE SUE”
di Gian Lodovico Masetti Zannini
Pagina 319
“SOVVERSIONE E MEMORIA”. LETTERA APERTA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE
PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI PER UN CONFRONTO SUI TEMI DEL RESTAURO.
di Luca Morganti
Pagina 324
341
342
Edizione a cura della Scuola Secondaria Superiore
Contrada Santa Croce, 48 - San Marino - RSM
Grafica e Impaginazione: 3 Studio - Via Cantù, 51 - Dogana - RSM
Stampa: Arti Grafiche Della Balda - Via della Tana, 37 - San Marino - RSM
Finito di stampare nel dicembre 2006
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