HOSPICE – IL PROGETTO E LA PROGETTUALITA’
Introduzione
Prima di affrontare il tema hospice dal punto di vista politico come tema della e per la città, sembra
utile offrire alcuni elementi conoscitivi che potrebbero non essere noti a tutti.
Innanzitutto l’oggetto di questa riflessione: l’hospice che nella sua radice etimologica, richiama
l'ospedale, in realtà con esso ha molto poco in comune. Un hospice, o meglio un centro residenziale
per le cure palliative, è da intendersi innanzitutto quale luogo di solidarietà, di aiuto e, se possibile,
di amore, ma anche area di lavoro nella quale devono incontrarsi precise conoscenze scientifiche e
professionalità esperte, inserite nel reale processo di continuità nell’assistenza ai malati e nel supporto
al loro nucleo famigliare e affettivo. Luogo in cui la “qualità della vita” diventa l’obiettivo principale
dell’assistere, dove tutto deve aiutare a garantire la dignità e il rispetto dell’essere umano come entità
vivente e soggetto sociale. Luogo che rappresenta un’estensione del domicilio quando, per differenti
motivi primo fra tutti la volontà del malato, l’assistenza a casa non è possibile in modo definitivo o
temporaneo. Luogo dove non “si va a morire” ma a vivere al meglio una fase naturale della propria
esistenza, nel quale è possibile trascorrere anche periodi “di sollievo” e dal quale è sempre possibile
tornare a casa, quando lo si desideri.
L’hospice, indissolubilmente legato alle cure domiciliari, è uno dei due poli essenziali della rete delle
cure palliative che, nel nostro Paese, dovrebbe assistere le oltre 250.000 persone che ogni anno
attraversano le fasi avanzate e finali di una malattia inguaribile. Cure palliative, un altro termine che
suona negativo nella nostra lingua, ma che, ormai da tempo, è stato ricollegato nel suo significato
originario, derivato dal termine latino pallium, il mantello che protegge, non certo quello che
nasconde; una disciplina della medicina che si occupa della cura di pazienti affetti da malattie
inguaribili a rapida evoluzione, quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la
guarigione, integrando terapie e supporti psicologici, socio-assistenziali e solidaristici, volti
all'ottimizzazione della qualità della vita residua. In questa specialità il termine curare riacquista il
suo significato più vero di "prendersi cura della persona".
Per quanto attiene il quadro di riferimento normativo a garanzia della dignità della persona in fase
avanzata di malattia e dei suoi familiari, risulta fondante la legge n. 38 del 15 marzo 2010
"Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore" che rappresenta a
livello mondiale una legge-modello sul tema. In buona sostanza la legge tutela il diritto del cittadino
ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore anche tramite l’inserimento nei livelli
essenziali di assistenza e indica come finalità il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona
umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro
appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
Da queste considerazioni può partire la condivisione di un percorso la cui finalità è la costruzione
dell’hospice quale offerta a tutte le persone malate e ai loro familiari di un servizio finalizzato a
mantenere il rispetto e la dignità della persona e dei familiari anche nel difficile percorso del fine
vita.
L’hospice e la Fondazione Hospice - Un breve excursus storico
Nei primi anni ’90 a seguito di un lascito importante alla Quiete, viene creata la Fondazione Morpurgo
Hofmann (FMH) con la finalità di implementare attività a valore sociale per le fasce disagiate dei
cittadini udinesi.
Nei primi anni 2000 la FMH decide di utilizzare parte dei fondi a sua disposizione per creare un
hospice; propone un progetto che attraverso la Regione ottiene un finanziamenrto dallo Stato di
2.044.000 euro per la creazione di un Hospice di 15 posti letto, sulla base della legge n. 39 del 26
febbraio 1999 (che sancisce il diritto del cittadino di accedere alle cure palliative prevedendo un
programma nazionale per la creazione di strutture residenziali di cure palliative – hospice – in tutte
le regioni italiane) e il relativo decreto attuativo del 28 settembre 1999 (che dispone appunto che le
regioni presentino all’allora Ministero della Sanità, sia i progetti di strutture residenziali – hospice –,
sia i programmi di organizzazione di rete assistenziali di cure palliative sul territorio).
Problemi legati alla sostenibilità della futura gestione della struttura conducono successivamente alla
creazione di una nuova fondazione, denominata Fondazione Hospice RSA Morpurgo Hofmann
Azienda sanitaria Medio Friuli, il cui Atto costitutivo prevede come obiettivo prioritario la
realizzazione di una costruzione destinata a una struttura di cure palliative dotata di 15 posti letto
(hospice) e a una residenza sanitaria assistenziale (RSA) dotata di 58 posti letto nella città di Udine.
I fondi disponibili sono così composti: 1.200.000 euro della FMH, 60.000 euro dell’Azienda sanitaria,
a cui si aggiunge il valore dell’ex clinica Santi, a quel tempo, valutata 1.750.000 euro. L’azienda
sanitaria viene autorizzata dalla Regione a finanziare l’opera con l’accensione di un mutuo per
ulteriori 5.000.000 euro. La struttura avrebbe dovuto essere costruita in via Monte Grappa e gestita
direttamente dall’azienda sanitaria.
Facendo seguito alla visione sottesa alla pianificazione urbana della città di Udine, che fa prevedere
un doppio polo sanitario in città (a nord le acuzie – Santa Maria della Misericordia, a sud le cronicità
e la riabilitazione – Gervasutta), viene deciso di modificare la localizzazione dell’hospice presso l’ex
caserma Piave. Il 30 luglio 2010 viene modificato lo Statuto della Fondazione Hospice, facendo
entrare tra i soci fondatori il Comune di Udine, che contribuisce al patrimonio della Fondazione con
il terreno della Piave.
Alla fine del 2011 scade il primo CdA e la situazione è la seguente: la Regione porta a 7.000.000 il
possibile contributo dell’Azienda sanitaria; l’ATER presenta il progetto di massima che però non
viene approvato dagli organi competenti. Il 13 dicembre 2011 si insedia il nuovo CdA composto da
7 componenti (4 designati dall’Azienda sanitaria, 2 dalla FMH, 1 dal Comune di Udine) e 3 revisori.
Si evidenziano subito alcune criticità: il terreno della ex-caserma Piave sembra essere inquinato
(analisi successive stimano un costo di bonifica tra i 200 e i 400 mila euro), la dotazione finanziaria
teorica non viene ancora confermata: i fondi realmente esistenti (fondi Fondazione Hospice, fondo
nazionale 2.044.000 euro) non sono sufficienti alla realizzazione del progetto 15 posti hospice più 60
RSA.
Nelle riunioni del CDA tra la fine del 2012 e marzo 2013, a seguito di valutazioni sulle risorse
disponibili, si decide di rimodulare il progetto iniziale e costruire un lotto funzionale composto dai
15 posti di hospice e 30 di RSA.
Nell’aprile del 2014 la Regione richiede alla Fondazione Hospice di inviare il quadro economico di
previsione predisposto dal progettista per la costruzione di soli 15 posti di hospice: la Fondazione
invia quanto richiesto con nota del 23 maggio 2014 da cui emerge con tutta evidenza l’insufficienza
delle risorse esistenti per realizzare una struttura in grado di rispondere ai criteri di accreditabilità
della struttura, emanati dalla Regione stessa nella Delibera n. 650 dell’11 aprile 2013. Anche a
questa missiva non viene data risposta.
Il quadro economico del progetto, infatti, prevede un importo di 5.500.000-5.800.000 euro a fronte
di una disponibilità di 4.400.000, disponibilità che non permette la copertura delle opere di bonifica,
delle adduzioni di servizi ai vincoli urbanistici (tra cui a esempio l’area parcheggio).
Viene poi venduta l’ex-clinica Santi per 1.200.000 euro.
A fine ottobre 2014 si dimette il presidente della Fondazione dott. Beppino Colle e la maggioranza
dei componenti del Consiglio di Amministrazione.
A questo punto, avendo a disposizione qualche elemento in più per valutare il percorso fino a oggi
realizzato, avendo ben presente il quadro economico in cui ci si trova, avendo altresì chiara la
consapevolezza di dover dare delle risposte a un bisogno non sempre manifesto di persone che vivono
una condizione di malattia in fase terminale, si ritiene improcrastinabile:
1. confermare la necessità di costruire l’hospice richiamando gli attori istituzionali a confermare
gli impegni nel tempo assunti dalla Regione, con le disposizioni di cui all’art. art. 11 della L.R.
19/2006, dall’Azienda Sanitaria che nel 2009 ha sottoscritto, unitamente al Comune di Udine e alla
Fondazione MH-Ass4, specifico protocollo d’intesa, in merito al quale l’Assessore Regionale alla
Salute e alla Protezione sociale confermava che “le iniziative esposte nella bozza di protocollo non
contrastano con gli strumenti ed indirizzi di pianificazione regionale”
2. confermare la volontà di costruire l’hospice sul terreno della ex-caserma Piave per perseguire
l’obiettivo di creare il polo dei Servizi sanitari cittadini e per dare inizio a un percorso di
riqualificazione urbana della zona sud della città;
3. confermare come unica soluzione possibile la gestione pubblica dell’azienda sanitaria.
Il percorso per la costruzione dell’hospice non può che prevedere un primo necessario passo: la
creazione di un Tavolo di confronto con la Regione, che deve coinvolgere non solo l’Assessorato alla
Salute, integrazione socio-sanitaria, politiche sociali e famiglia, ma anche l’Assessorato alle
infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale, lavori pubblici, università. Da questo confronto
dovrà emergere chiaramente il modo in cui la Regione intenda farsi carico della realizzazione
dell’hospice.
Il CdA della Fondazione Hospice scadrà il 13 dicembre. Si sono a oggi dimessi diversi consiglieri e
il Presidente. E’urgente l’avvio della procedura per il rinnovo dell’organo di amministrazione della
Fondazione nel rispetto delle disposizioni di cui alla L. 122/2010, per quanto riguarda il numero dei
componenti, e l’eventuale ridefinizione dello Statuto: adempimenti che acquistano anche una valenza
simbolica segnando un cambio di passo rispetto al passato.
Una ulteriore valutazione da condividere con tutti i soggetti istituzionali riguarderà poi la visione
complessiva dell’area della ex-caserma Piave: perseguire la realizzazione di un polo sanitario
integrato con i diversi servizi sanitari, sociosanitari nonché con il Servizio sociale dei Comuni
dell’ambito distrettuale n. 4.5. Udinese, ed aprire ad altri soggetti, anche privati, la possibilità di
investire autonomamente sull’area. Allo scopo si potrebbe immaginare un percorso simile a quello
avviato per la ex-caserma Osoppo, procedendo alla pubblicazione di un avviso per l’espressione di
una manifestazione di interesse aperto a tutti quei soggetti che potrebbero avere la disponibilità ad
implementare l’offerta di servizi territoriali.
Per concludere, se la realizzazione dell’hospice presso la ex-caserma Piave richiederà un tempo di
realizzazione significativo, questo non dovrà compromettere la risposta al bisogno dei malati che
dovrà essere comunque garantita. La proposta da fare in sede di confronto con la Regione potrà essere
quella di aumentare a 15 i posti letto di hospice presso il Gervasutta fino al termine dei lavori della
nuova struttura. Questo garantirebbe una reale presa in carico dei bisogni assistenziali specifici in un
contesto logistico di qualità e limiterebbe quel calvario delle liste d’attesa per l’accesso, i ricoveri
impropri in ospedale e/o nelle RSA e non ultimo assicurerebbe la maggior tutela della dignità del
malato.
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