QUESTIONE II QUESTIONE 1I CAUSALITÀ E COLPA NELLE MALATTIE DA ESPOSIZIONE AD AMIANTO Sommario: 1. L'inquadramento. – 2. L’elemento oggettivo dell’omicidio colposo. – 2.1. La tesi che assegna natura omissiva alla condotta del datore di lavoro. – 2.2. La tesi che assegna natura commissiva alla condotta del datore di lavoro. – 2.3. L’accertamento causale secondo il modello di sussunzione sotto leggi scientifiche. – 2.4. Il problema della successione delle posizioni di garanzia e dell’effetto acceleratore dovuto al protrarsi dell’esposizione all’amianto. – 3. L’elemento soggettivo dell’omicidio colposo. – 3.1. Colpa e concretizzazione del rischio. – 3.2. Colpa ed evitabilità dell’evento lesivo. 1. L'inquadramento: l’omicidio colposo. L’art. 589 c.p. stabilisce che “chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a cinque anni. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici”. L’omicidio colposo si ha dunque quando nel caso in cui il soggetto agente provochi la morte di un altro soggetto esclusivamente per colpa (senza, dunque, volontà), per imprudenza, imperizia, negligenza, o per inosservanza di leggi e/o regolamenti, ordini e discipline. 2. L’elemento oggettivo dell’omicidio colposo. Come è noto, in termini generali l’elemento oggettivo del delitto di omicidio colposo, di cui all’art. 589, si caratterizza per i seguenti elementi strutturali: a) l’evento morte; b) la condotta, a forma libera e 10 CAUSALITÀ E COLPA NELLE MALATTIE DA ESPOSIZIONE AD AMIANTO caratterizzata dalla violazione dei doveri cautelari gravanti sull’agente; c) il nesso causale tra la condotta e l’evento lesivo. Nell’ipotesi di morte a seguito di esposizione ad amianto, la verifica della sussistenza degli altri elementi strutturali del delitto, e dunque la condotta e la sussistenza del nesso causale, non è sempre agevole. Non a caso, del resto, nel settore de quo – ma si tratta di un discorso che riguarda, più in generale, il contesto dei danni alla salute cagionati dall’esposizione a sostanze tossiche – la giurisprudenza è divisa tra un orientamento prevalente che assegna alla condotta del datore di lavoro natura omissiva, valorizzando a tal fine l’omessa attuazione da parte sua di misure protettive della salute (cfr., ex multis, Cass., Sez. IV, 22 marzo 2012, Pittarello, CED 253303); ed un altro, al momento minoritario, che la qualifica invece come commissiva, riconducendola all’archetipo dell’avvelenamento a dosi quotidiane (Cass., sez. IV, 17 settembre 2010, Cozzini e al., n. 43786). L’adozione dell’una o dell’altra tesi comporta rilevanti conseguenze pratiche ai fini dell’accertamento della responsabilità penale del datore di lavoro. 2.1. La tesi che assegna natura omissiva alla condotta del datore di lavoro. Un primo indirizzo(ex multis, Cass., Sez. IV, 11 dicembre 2007, Mantelli, n. 6280) qualifica come omissiva la condotta del datore di lavoro. 1° ARGOMENTO Valorizzazione del modello omissivo improprio Tale orientamento, dunque, ricorre in tal caso alla combinazione della norma di parte speciale, che incrimina l’omicidio colposo, con la clausola di equivalenza racchiusa nell’art. 40, comma 2 c.p. Ne deriva, anzitutto, che la struttura del delitto si arricchisce di un ulteriore elemento essenziale, rappresentato dalla posizione di garanzia: sul punto, pare sufficiente ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, gli obblighi inerenti alla prevenzione di infortuni sul lavoro e malattie professionali, posti dalla legge a carico del datore di lavoro (in primis ex art. 2087 c.c.), gravano indistintamente sui tutti i membri del 11 QUESTIONE II consiglio di amministrazione. In secondo luogo, è necessario procedere all’accertamento del nesso causale applicando il paradigma della causalità omissiva: bisogna cioè effettuare un giudizio di aggiunta mentale della condotta doverosa omessa, inserendola all’interno della concatenazione di eventi che hanno materialmente determinato l’insorgenza della patologia e la morte, al fine di valutare se detta condotta avrebbe impedito l’evento lesivo. 2.2. La tesi che assegna natura commissiva alla condotta del datore di lavoro. Un secondo indirizzo (ex multis, Cass., sez. IV, 17 settembre 2010, Cozzini e al., n. 43786) qualifica, invece, come commissiva la condotta del datore di lavoro. 2° ARGOMENTO valorizzazione del modello del reato commissivo d’evento In questo caso è sufficiente accertare se, eliminando mentalmente la condotta del datore di lavoro, consistita nell’aver esposto la vittima alla sostanza tossica, l’evento lesivo non si sarebbe verificato. Il giudizio ipotetico sulla efficacia impeditiva della condotta doverosa omessa non scompare, ma trova la propria collocazione sistematica sul versante dell’accertamento della colpa. Ciò è dovuto al fatto che il modello commissivo ha natura di giudizio esplicativo (teso cioè a ricostruire quanto effettivamente accaduto), sicché la valutazione ipotetica circa l’evitabilità dell’evento non svolge la funzione di attribuzione della paternità dell’evento all’agente (come invece accade nel modello omissivo), bensì soltanto quella di accertamento circa l’adeguatezza impeditiva delle misure cautelari omesse. 2.3. L’accertamento causale secondo il modello di sussunzione sotto leggi scientifiche. Sia che si adotti il modello di imputazione omissivo, sia che si adotti il modello commissivo, la formula della condicio sine qua non richiede di essere integrata attraverso il ricorso a leggi scientifiche di copertura. 12 CAUSALITÀ E COLPA NELLE MALATTIE DA ESPOSIZIONE AD AMIANTO evidentemente quella del principio di precauzione: «anche a voler considerare che fosse nota solo la generica tossicità delle polveri di amianto, causa di asbestosi, avrebbe risposto al principio di precauzione trattare con ogni cautela le polveri, che si sapevano assai sottili (e quindi di agevole infiltrazione e fissazione polmonare) di sostanza comunque tossica» (Cass., Sez. IV, 24 maggio 2012, Ramacciotti e al., n. 33311; 25 giugno 2013, Baracchi e al., n. 35309). GLI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI CAUSALITÀ OMISSIVA E EFFETTO ACCELERATORE DI PLURIME ESPOSIZIONI .…………………………. Cass., Sez. IV, 25 giugno 2013, Baracchi, n. 35309 (estratto) “Attingendo opportunamente alla scienza di settore (…) è stata sconfessata, come, peraltro, in casi similari già giudicati da questa Corte (la già citata sent. n. 33311/2012), l'attendibilità della teoria della cd. "trigger dose", assumendosi, invece, che il mesotelioma è patologia dose-dipendente (…). Infatti, la molteplicità di alterazioni (…) necessarie per i comportamenti invasivi e metastatici, sono tutti processi che per svilupparsi e, comunque, rafforzarsi e accelerare il loro corso giammai possono essere indipendenti dalla quantità della dose. (…) Di conseguenza, sussiste il nesso di causalità tra l'omessa adozione da parte del datore di lavoro di idonee misure di protezione e il decesso dei lavoratori, in conseguenza della protratta esposizione alle microfibre di amianto, stante che, "pur non essendo possibile determinare l'esatto momento di insorgenza della malattia, deve ritenersi prevedibile che la condotta doverosa avrebbe potuto incidere positivamente anche solo sul tempo di latenza (Sez. IV, 11/4/2008, n. 22165)". In altri termini, se il garante avesse tenuto la condotta lecita prevista dalla legge, operando secondo il noto principio di controfattualità, guidato sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica (S.U., 10/7/2002, n. 30328, Franzese), l'evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. (…) Quanto alla cd. legge statistica, come noto, la conferma dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale non può essere dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e 17 QUESTIONE II dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con "alto o elevato grado di credibilità razionalo o "probabilità logica" (S.U. n. 30328 Franzese)”. COLPA E MESOTELIOMA .…………………………. Cass., Sez. IV, 24 maggio 2012, Ramacciotti e al., n. 33311 (estratto) “Da oltre un secolo si ha la diffusa, piena consapevolezza della specifica pericolosità dell'assunzione attraverso le vie aeree delle microfibre di amianto (R.D. 14 giugno 1909, n. 442, nell'ambito di norme a tutela dei fanciulli; L. 12 aprile 1943, n. 455, la quale introdusse l'asbestosi fra le malattie professionali). Pur vero che ai quei tempi era nota solo l'insorgenza dell'asbestosi, ma, di sicuro, la pericolosità della lavorazione del materiale in parola era ben nota. L'evidenziazione su basi divulgative affidabili della correlazione tra assunzione di polveri d'amianto e processi cancerogeni risale al 1964 (conferenza sugli "Effetti biologici dell'amianto" dell'Accademia delle Scienze, tenutasi a New York). Peraltro, nella detta occasione venne presentata da Enrico Vigliani l'esperienza italiana. Lo stesso studioso nel 1966 e nel 1968, pubblicò in Italia su riviste scientifiche il proprio pensiero. (…) Ciò posto, non può assumersi che le conseguenze nefaste sulla salute derivanti dal contatto con le polveri d'amianto non fosse circostanza prevedibile. L'esercizio di attività pericolosa avrebbe imposto all'imprenditore l'approntamento di ogni possibile cautela, dalla più semplice ed intuitiva (proteggere le vie respiratorie con maschere altamente filtranti; imporre accurati lavaggi alla cessazione dell'orario di lavoro con cambio degli indumenti da lavoro da sottoporsi, anch'essi, a lavaggio; riduzione al minimo delle polveri; loro appesantimento mediante acqua; loro aspirazione, ecc.), alle più complesse e sofisticate, secondo quel che la scienza e la tecnica consigliavano. (…) Reputa il Collegio che, anche a voler considerare che fosse nota solo la generica tossicità delle polveri d'amianto, causa di asbestosi, avrebbe risposto al principio di precauzione trattare con ogni cautela le polveri, che si sapevano assai sottili (e, quindi, di agevole infiltrazione e fissazione polmonare) di sostanza comunque tossica. Questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di delitti colposi, nel giudizio di "prevedibilità", richiesto per la configurazione della colpa, va considerata anche la soia possibilità per il soggetto di rappresentarsi una categoria di danni sia pure indistinta potenzialmente derivante dal suo agire, tale che avrebbe dovuto convincerlo ad astenersi o ad adottare più sicure regole di 18 CAUSALITÀ E COLPA NELLE MALATTIE DA ESPOSIZIONE AD AMIANTO prevenzione: in altri termini, ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione "ex ante" dell'evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravita ed estensione (Sez. IV, sent. 17 maggio 2006, n. 4675). (…) In ogni caso, non par dubbio che la prevedibilità altro non significa che porsi il problema delle conseguenze di una condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto "modello d'agente", il modello dell'"homo eiusdem condicionis et professionis", ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l'assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l'operatore si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta (Sez. IV, 1/7/1992, n. 1345, massima; più di recente e sullo specifico argomento qui in esame, sempre Sez. IV, 1/4/2010, n. 20047). Un tale modello impone, nel caso estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado d'incidere sul rischio, l'abbandono della funzione, previa adeguata segnalazione al datore di lavoro (sul punto, Sez. IV, n. 20047 cit.). Richiamando quanto poco sopra esplicitato, deve conclusivamente ribadirsi che ai fini del giudizio di prevedibilità deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell'evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione (Sez. IV, 31/10/1991, Rezza, massima). Non ha fondamento, poi, l'opinione secondo la quale, comunque, gli eventi dannosi non sarebbero stati evitati. Ove fossero state approntate tutte le cautele del caso, fino a giungere a rinunciare a certi tipi di lavorazione o d'impiego, preferendo altre modalità o altri materiali, anche se più costosi, gli eventi contestati (da intendersi nel senso di cui s'è detto) sarebbero stati scongiurati. 8.2. Come ampiamente chiarito da questa Corte (Sez. IV, n. 20047/2010) il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 stabilì che, fermo restando il rispetto di tutte le forme di protezione individuale, fossero, comunque, vietate le lavorazioni, ove il livello di dispersione di microfibre di amianto fosse superiore a determinati parametri; ma ciò non significò affatto che al di sotto dei detti limiti fosse stata liberalizzata l'inalazione delle predette microfibre. Né, peraltro, l'entrata in vigore della L. 27 marzo 1992, n. 257, con la quale si vietò definitivamente la lavorazione dell'amianto, segnò il momento iniziale nel quale si ebbe consapevolezza della pericolosità di tale lavorazione. Al contrario, rappresenta l'epilogo di un lungo percorso che, come si è visto, da tempo, aveva dimostrato la specifica elevata pericolosità dell'amianto. (…) la Corte è dell'avviso che l'appartenenza ad un'impresa di cospicue dimensioni, quale la Fincantieri, la vasta esperienza, le competenze specifiche di settore (in difetto, l'assunzione di posizione di garanzia, a maggior ragione, 19