Il volto e la mente
Problematiche narcisistiche ed edipiche nel’arte
Introduzione a cura di Marcello Pedretti
In primis un riconoscimento a Sigmund Freud fondatore della psicoanalisi e a tutti
coloro che hanno proseguito la sua ricerca, una ricerca in cui l’arte, i miti, e quelle
produzioni private che sono i sogni e i sintomi sono sempre stati al centro
dell’attenzione.
Questa immagine stilizzata di Edipo e la Sfinge rappresenta l’Ex libri originale
delle opere di Freud.
Un Freud che immagina sé stesso come un novello Edipo e che sogna un busto
all’Università di Vienna con il suo nome e per epitaffio il verso di Sofocle “ Colui
che risolse il famoso problema e fu un uomo dei più potenti”, desiderio che si realizzerà nel 1955
per opera di Jones.
Il disegno del pittore Mario Gramaglia, Narciso speculare (vedi immagine), ci
introduce al tema del volto e della mente.
Due volti che si rispecchiano, gli occhi chiusi. Simili, ma non uguali, ognuno,
come nel tema del doppio, porta quella differenza a cui non si riesce ad accedere,
che è necessario porre in un altrove.
Due menti, il riferimento è a quelle di Narciso e di Edipo, chiuse in sé stesse, prive
nella loro storia di quel valido sostegno nella realtà esterna che si pone come
premessa all’incontro con l’Altro e alla conoscenza di sé.
Le relazioni che verranno presentate in questa serata si muovono in una duplice direzione. Da una
lato viene evidenziato il contributo dell’arte alla comprensione delle problematiche narcisistiche ed
edipiche, dall’altro ci si interroga sull’arte del Novecento attraversata, come tutta la nostra società,
da percorsi di ricerca e di perdita di sé.
Quale mente, quale processo di pensiero, quale percorso ideo-affettivo, fa sì che Narciso si
innamori tanto del proprio volto, della propria immagine, da morirne, e che Edipo sfiguri il proprio
volto accecandosi?
Il riferimento centrale per Narciso è la Madre Terra.
La madre, nei primi mesi dopo la nascita, viene percepita dal neonato come ambiente. Il neonato
dipende da lei completamente, la madre è tutto ciò di cui ha bisogno. Essere a contatto quando lo si
desidera viene percepito come vita, non potere essere a contatto quando lo si desidera viene
percepito come morte, caduta nel vuoto. È questa una fase in cui, dal punto di vista del bambino,
non c’è separazione, in cui il suo volto si confonde con quello della madre
ambiente.
Propongo questo quadro di Franz von Stuck (1863 – 1928) dal titolo
“Bacco bambino”come esempio di narcisismo infantile felice. È un
quadro che ci immerge in una dimensione di onnipotenza, dominata dalla
soddisfazione del desiderio, una dimensione pregna di contatto, di calore,
di gratificazioni orali, in cui il piccolo Bacco appartiene alla madre terra e la madre terra appartiene
a lui..
Come funziona la mente di Narciso?
Siamo qui in presenza di una situazione di narcisismo adolescenziale infelice. Narciso non ha mai
conosciuto sé stesso. Ciò fa supporre che egli non sia riuscito a trovarsi nella mente della madre,
una mente in cui non era presente neppure il padre Cefiso, il fiume che l’aveva fecondata in un
abbraccio violento. Se è pericoloso per il figlio non essere visto, è ugualmente pericoloso se porta in
sé il riflesso della violenza subita. Un padre-ambiente, inconsapevole della realtà altrui,
indifferenziato da una madre ambiente incapace a sua volta di distinguere sé stessa dal proprio
figlio, non possono che essere alla base di un narcisismo difensivo. Il desiderio dell’altro, a lui
negato, turba il suo fragile equilibrio quando trova espressione nel desiderio di giovani amanti e
ninfe per lui. L’apertura a un desiderio personale, il ritrovarsi persona, è per lui morte, rottura di
ogni precedente equilibrio.
Il quadro di W. Waterhouse (1849 - 1917) “Eco e Narciso” ci presenta Narciso che si specchia nella
propria immagine, incurante a tutto ciò che lo circonda, bramoso di sé fino a lacerarsi il petto, a
morirne, realizzando così la profezia di Tiresia alla ninfa
Liriope sua madre: “Vivrà se non si conoscerà”. Il mito
sembra comunque indicare una via di uscita, nell’attimo
fatale avviene un riconoscimento, rappresentato dalla pietà
di Eco e degli dei, e ciò fa si che la morte diventi inizio di
una nuova vita e Narciso rinasca come fiore.
Il riferimento centrale per Edipo è la madre in relazione con il padre, domina il fantasma della scena
primaria.
Il bambino procedendo nel suo sviluppo scopre la madre come dotata di una mente in cui vi sono
rappresentazioni che non rimandano a lui, scopre il padre nella mente della madre, scopre sé, la
madre, il padre, come persone differenziate. Il bambino allora fantastica di potere tenere tutta per sé
la madre, eliminando il padre, come la bambina parallelamente un unione con il padre nella mente
della madre eliminando quest’ultima. Queste fantasie, fantasie appropriative da un lato e omicide
dall’altro, sono cariche di angosce collegate a una possibile ritorsione.
Centrale nella tematica edipica è il problema della conoscenza, visto in
varie prospettive: come interesse alle proprie origini, come confronto con la
Sfinge, rappresentazione della madre che divora i suoi figli, e vittoria sulla
stessa, come ricerca del colpevole dell’uccisione del re di Tebe, il padre da
lui inconsapevolmente ucciso.
Giorgio De Chirico (1888 – 1978) in “Edipo e la Sfinge” ci propone la
contrapposizione tra la natura, rappresentata dalla Sfinge, e la cultura,
rappresentata da Edipo. Possiamo infatti notare la città posta appena al del
panno che cinge i lombi. Un Edipo senza volto perché, pur capace di
sconfiggere la sfinge, è inconsapevole di sé stesso, della propria storia.
Edipo nel momento che scopre le proprie origini si trova senza padre e senza madre. Egli non
supera il complesso da cui prende il nome, per lui è impossibile dare rappresentazione nella propria
mente all’unione creativa dei suoi genitori. Il suo accecarsi fa del suo volto la rappresentazione del
suo mondo interno, un mondo straziato dal suo ritrovarsi contemporaneamente senza padre e senza
madre, dalla percezione di non essere mai stato amato, dall’impossibilità di accedere all’amore.
La scultura di Rudolph Tegner (1873 – 1950) che rappresenta Edipo,
sostenuto dalla figlia Antigone mentre si allontana da Tebe, ci dona una
rappresentazione plastica del suo volto straziato e reso cieco, del peso di
una colpa che sarà rovina anche per i suoi figli.
Ma anche il mito di Edipo, come già quello di Narciso, si apre al suo
termine a un processo di trasmutazione che riscatterà Edipo stesso,
trasformandolo dopo la sua misteriosa scomparsa nel protettore di Atene.
Questa parte è descritta nell’Edipo a Colono di Sofocle. Anche qui sono
presenti figure femminili, le divinità della terra: “ venerate dal tremendo
sguardo”, presso la cui fossa trova riparo, e Teseo, rappresentante di un
principio maschile a sua volta protettivo. Omicida inconsapevole, figlio di una storia priva di
amore, è attraverso questo abbraccio protettivo, contemporaneamente femminile e maschile, che
può infine assurgere alla dimensione di eroe tragico, portatore delle sofferenze e dei conflitti di
ognuno, intrecciandosi il suo percorso umano sia con i misteri della vita che con quelli della morte.
Le relazioni dei vari partecipanti al gruppo sviluppano, in un ottica interdisciplinare, le tematiche
narcisistiche ed edipiche sia a partire da opere artistiche sia riflettendo sul modificarsi
dell’espressione artistica contemporanea in rapporto alle modificazioni culturali in corso, di cui
sono segno e anticipazione.
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