Due volte, durante il
colloquio con i
farisei, che gli
ponevano il quesito
sulla indissolubilità
del matrimonio,
Gesù Cristo si è
riferito al
“principio”.
Il colloquio si è
svolto nel modo
seguente:
“...gli si avvicinarono alcuni farisei per
metterlo alla prova e gli chiesero: “E lecito ad
un uomo ripudiare la propria moglie per
qualsiasi motivo?”.
Ed egli rispose: “Non avete letto che il
Creatore da principio li creò maschio e
femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà
suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie
e i due saranno una carne sola? Così che non
sono più due, ma una carne sola. Quello
dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo
separi”.
Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha
ordinato di darle l’atto di ripudio e di
mandarla via?”.
(Mt 19,3ss.;
cf. Mc 10,2ss.).
Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro
cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le
vostre mogli, ma da principio non fu così””
•Cristo non accetta la discussione al livello nel quale i
suoi interlocutori cercano di introdurla, in certo senso
non approva la dimensione che essi hanno cercato di
dare al problema.
•Evita di impigliarsi nelle controversie giuridicocasistiche; e invece si richiama due volte al “principio”.
•Agendo così, fa chiaro riferimento alle relative parole
del Libro della Genesi che anche i suoi interlocutori
conoscono a memoria.
•Da quelle parole dell’antichissima rivelazione, Cristo
trae la conclusione e il colloquio si chiude.
il Maestro si richiama alla Genesi 2,24:
“Per questo l’uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola
carne”.
Gesù Cristo non si limita soltanto alla
citazione stessa, ma aggiunge:
“Così che non sono più due, ma una
carne sola. Quello dunque che Dio ha
congiunto, l’uomo non lo separi”.
Quel “non lo separi” è determinante.
Alla luce di questa parola di Cristo, la Genesi 2,24 enuncia il
principio dell’unità e indissolubilità del matrimonio come il
contenuto stesso della parola di Dio, espressa nella più antica
rivelazione.
La creazione dell’uomo come maschio e femmina,
alla quale si riferisce Gesù nella sua risposta
secondo Matteo 19, è inserita nel ritmo dei sette
giorni della creazione del mondo, le si potrebbe
attribuire soprattutto un carattere cosmologico;
l’uomo viene creato sulla terra e insieme al
mondo visibile.
Genesi 1, [1]In principio Dio creò il cielo e la terra. [2]Ora la terra era informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
[3]Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. [4]Dio vide che la luce era cosa buona e separò la
luce dalle tenebre [5]e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
[6]Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».
[7]Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il
firmamento. E così avvenne. [8]Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
[9]Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia
l'asciutto». E così avvenne. [10]Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che
era cosa buona. [11]E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da
frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne:
[12]la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi
che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. [13]E fu
sera e fu mattina: terzo giorno.
[14]Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte;
servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni [15]e servano da luci nel firmamento del cielo
per illuminare la terra». E così avvenne: [16]Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il
giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. [17]Dio le pose nel firmamento del cielo per
illuminare la terra [18]e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che
era cosa buona. [19]E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
[20]Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al
firmamento del cielo». [21]Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e
brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide
che era cosa buona. [22]Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari;
gli uccelli si moltiplichino sulla terra». [23]E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
[24]Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e
bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: [25]Dio fece le bestie selvatiche secondo la
loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio
vide che era cosa buona.
La creazione dell’uomo si
distingue essenzialmente,
nella descrizione biblica,
dalle precedenti opere di
Dio …
Genesi 1,[26] E Dio disse: «Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra».
Parlando della materia
non vivificata, l’autore
biblico adopera differenti
predicati, come “separò”,
“chiamò”, “fece”, “pose”.
Parlando invece degli
esseri dotati di vita usa i
termini “creò” e
“benedisse”.
La creazione dell’uomo si
distingue essenzialmente,
nella descrizione biblica,
dalle precedenti opere di
Dio …
Genesi 1,[26] E Dio disse: «Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra».
►E’ preceduta da una solenne
introduzione, come se si trattasse di
una deliberazione di Dio prima di
questo atto importante…
►L’uomo non viene creato secondo
una naturale successione, ma il
Creatore sembra arrestarsi prima di
chiamarlo all’esistenza, come se
rientrasse in se stesso per prendere
una decisione: “Facciamo l’uomo a
nostra immagine, a nostra
somiglianza...” (Gen 1,26).
La creazione dell’uomo si
distingue essenzialmente,
nella descrizione biblica,
dalle precedenti opere di
Dio …
Genesi 1,[26] E Dio disse:
«Facciamo l'uomo a nostra
immagine, a nostra somiglianza, e
domini sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutte le bestie selvatiche e su
tutti i rettili che strisciano sulla
terra».
La narrazione biblica non
parla della sua somiglianza
col resto delle creature, ma
solamente con Dio
Genesi 1,[27] ” Dio creò l’uomo a
sua immagine; a immagine di Dio
lo creò...”
Genesi 1,[26] E Dio disse: «Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra».
L'uomo, in verità, non sbaglia a
riconoscersi superiore alle cose corporali
e a considerarsi più che soltanto una
particella della natura o un elemento
anonimo della città umana (…)
La creazione dell’uomo si distingue
essenzialmente, nella descrizione
biblica, dalle precedenti opere di Dio …
Perciò, riconoscendo di avere un'anima
spirituale e immortale, non si lascia
illudere da una creazione immaginaria
che si spiegherebbe solamente mediante
le condizioni fisiche e sociali, ma invece
va a toccare in profondo la verità stessa
delle cose.
(Concilio Vaticano II, “Gaudium et spes” n.14)
Genesi 1,[26] E Dio disse: «Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutte le bestie selvatiche e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra».
“Il fatto che Dio crei l’uomo a sua
immagine e somiglianza “significa
non solo razionalità e libertà
ma anche capacità di un rapporto
personale con Dio, come “io” e “tu”
e, dunque, capacità di alleanza che
avrà luogo con la comunicazione
salvifica di Dio all’uomo”
La creazione dell’uomo si distingue
essenzialmente, nella descrizione
biblica, dalle precedenti opere di Dio …
(Giovanni Paolo II “Dominum et vivificantem n.34)
Genesi 1,[27] ” Dio creò l’uomo a
sua immagine; a immagine di Dio
lo creò...”
Essendo ad immagine di Dio,
l'individuo umano ha la dignità di
persona; non è soltanto qualche cosa,
ma qualcuno.
E' capace di conoscersi, di possedersi,
di liberamente donarsi e di entrare in
comunione con altre persone; è
chiamato, per grazia, ad una alleanza
con il suo Creatore, a dargli una
risposta di fede e di amore che nessun
altro può dare in sua sostituzione.
(CCC 357)
La creazione dell’uomo si distingue
essenzialmente, nella descrizione
biblica, dalle precedenti opere di Dio …
Il fatto che l'uomo, creato come
uomo e donna, sia immagine
di Dio
non significa solo che ciascuno
di loro individualmente è
simile a Dio, come essere
razionale e libero.
Significa anche che l'uomo e la
donna, creati come “unità dei
due” nella comune umanità,
sono chiamati a vivere una
comunione d'amore
e in tal modo a rispecchiare nel
mondo la comunione d'amore
che è in Dio, per la quale le tre
Persone si amano nell'intimo Genesi 1,[27] ” Dio creò l’uomo a
mistero dell'unica vita divina.
sua immagine; a immagine di Dio
Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n.7
lo creò...”
Questa “unità dei due”,
che è segno della comunione
interpersonale,
indica che nella creazione
dell'uomo è stata inscritta
anche una certa somiglianza
della comunione divina
(“communio”).
Questa somiglianza è stata
inscritta come qualità
dell'essere personale di tutt'e
due,
dell'uomo e della donna,
ed insieme come una chiamata
Genesi 1,[27] ” Dio creò l’uomo a
e un compito.
sua immagine; a immagine di Dio
Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n.7
lo creò...”
Dio trascende la corporeità e la sessualità, e proprio per
questo tanto l’uomo, quanto la donna, ne rispecchiano
parimenti l’immagine e la somiglianza
Il fatto che nella
Bibbia e nel
linguaggio
abituale si parli di
Dio al maschile è
dovuto a influssi
culturali e alla
estrema cura con
la quale nella
Bibbia si vuole
evitare la pur
minima parvenza
di politeismo, che
potrebbe
insorgere ove si
parlasse della
divinità al
femminile, come
accadeva in altre
religioni.
Genesi 1,[27] ” Dio creò
l’uomo a sua immagine; a
immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li
creò”
Con questa affermazione
della Genesi viene
proclamata per la prima volta
nella storia,
e andando al fondamento
ultimo,
l’uguale dignità dell’uomo e
della donna, in radicale
contrasto con la
sottovalutazione della
donna, comune nel mondo
antico.
Genesi 1,[27] ” Dio creò
l’uomo a sua immagine; a
immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li
creò”
In questo versetto, così
come è sempre stato
letto dalla tradizione
ebraica e cristiana, si
allude al matrimonio:
come se Dio avesse
creato il primo uomo e la
prima donna già in quella
forma di comunità
umana che costituisce la
base di tutta la società.
Genesi 1, 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra; …».
Dio aveva benedetto anche gli animali conferendo loro la fecondità…
Genesi 1, 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e
moltiplicatevi, e riempite le acque dei mari; gli uccelli
si moltiplichino sulla terra».
Questo ordine si riferisce sia agli animali, sia all’uomo, indicando
che la corporalità è comune a loro [cf. Gen 1,27-28].
Genesi 1, 27-28 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo
creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni
essere vivente, che striscia sulla terra».
► la differenza del sesso è
sottolineata soltanto nei
confronti dell’uomo: “maschio e
femmina li creò”
Benedicendo nello stesso
tempo la loro fecondità, cioè il
vincolo delle persone indica che
nell’uomo la capacità di
generare, e dunque la
sessualità, è un valore che va
assunto in modo responsabile
davanti a Dio, come mezzo per
cooperare al progetto divino.
►… nello stesso tempo (come
abbiamo già visto) il Creatore
gli ordina di soggiogare e
dominare la terra (cf. Gen
1,28): egli è quindi posto al di
sopra del mondo.
Genesi 2, 7 Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò
nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.
► L’uomo è un soggetto non soltanto
per la sua autocoscienza e
autodeterminazione, ma anche in
base al proprio corpo.
► La struttura di questo corpo è tale
da permettergli di essere l’autore di
un’attività prettamente umana.
► In questa attività il corpo esprime
la persona.
► Esso è quindi, in tutta la sua
materialità ("plasmò l’uomo con
polvere del suolo"), quasi penetrabile
e trasparente, in modo da rendere
chiaro chi sia l’uomo (e chi dovrebbe
essere) grazie alla struttura della sua
coscienza e della sua
autodeterminazione.
Genesi 2, 18 Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli
voglio fare un aiuto che gli sia simile».
► Il fatto che l’uomo sia "solo"
nasconde in sé la struttura ontologica
e insieme è un indice di autentica
comprensione.
► Senza di ciò, non possiamo capire
correttamente le parole successive,
che costituiscono il preludio alla
creazione della prima donna: "voglio
fare un aiuto".
► Ma, soprattutto, senza quel
significato così profondo della
solitudine originaria dell’uomo, non
può essere intesa e correttamente
interpretata l’intera situazione
dell’uomo creato a immagine di Dio,
che è la situazione della prima, anzi
primitiva alleanza con Dio.
Genesi 2, 18 Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli
voglio fare un aiuto che gli sia simile».
► Il corpo, mediante il quale l’uomo
partecipa al mondo creato visibile, lo
rende nello stesso tempo
consapevole di essere "solo".
► Altrimenti non sarebbe stato
capace di pervenire a quella
convinzione, alla quale, in effetti,
come leggeremo, è giunto (cf. Gen
2,20), se il suo corpo non lo avesse
aiutato a comprenderlo, rendendo la
cosa evidente.
► La consapevolezza della
solitudine avrebbe potuto infrangersi
proprio a causa dello stesso corpo.
► L’uomo ("‘adam") avrebbe potuto,
basandosi sull’esperienza del proprio
corpo, giungere alla conclusione di essere sostanzialmente simile agli altri esseri
viventi ("animalia"). E invece, come leggiamo, non è arrivato a questa
conclusione, anzi è giunto alla persuasione di essere "solo".
Genesi 2, 18 Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli
voglio fare un aiuto che gli sia simile».
► L’uomo e la donna sono
naturalmente complementari, in
quanto, pur essendo pienamente
l’uno e l’altra persone umane,
persone di natura umana completa,
non possiedono allo stesso modo
determinati aspetti accidentali della
natura umana, concretamente la
mascolinità e la femminilità.
► Proprio attraverso la sessualità la
persona umana sperimenta di non
bastare a se stessa, di essere
orientata a un’altra persona dell’altro
sesso che le sia di aiuto e di
complemento, come anch’egli o ella
lo è rispetto all’altra persona; perciò
l’uomo si sente inclinato a unirsi, in
relazione intimamente personale, con la persona dell’altro sesso, in quanto sono
sessualmente differenziati, ossia in quanto uomo e donna. Tale unione a cui la
natura inclina è il matrimonio.
Genesi 2, 19-20 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie
selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li
avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli
esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a
tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma
l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
Gli animali sono
creati dalla
terra, come
l’uomo, ma di
essi non viene
detto che Dio
infonde in loro
un soffio vitale.
L’uomo possiede una forma di vita che gli viene direttamente da
Dio, cioè è animato da un principio spirituale che lo rende capace di
essere l’interlocutore di Dio e di avere un’autentica comunione con
altri essere umani. E’ quello che chiamiamo anima o spirito.
Genesi 2, 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. [22]Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la
condusse all'uomo.
► Il modo di narrare concorda col
modo di pensare e di esprimersi
dell’epoca alla quale il testo
appartiene.
► Si può dire, seguendo la
filosofia contemporanea della
religione e quella del linguaggio,
che si tratta di un linguaggio
mitico.
► In questo caso, infatti, il termine "mito" non designa un contenuto
fabuloso, ma semplicemente un modo arcaico di esprimere un contenuto
più profondo.
► Senza alcuna difficoltà, sotto lo strato dell’antica narrazione, scopriamo
quel contenuto, veramente mirabile per quanto riguarda le qualità e la
condensazione delle verità che vi sono racchiuse.
Genesi 2, 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. [22]Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la
condusse all'uomo.
Il torpore nel quale Dio fece cadere il primo uomo sottolinea l’"esclusività
dell’azione di Dio" nell’opera della creazione della donna; l’uomo non aveva
in essa alcuna partecipazione cosciente. Dio si serve della sua costola
soltanto per accentuare la comune natura dell’uomo e della donna.
Genesi 2, 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. [22]Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la
condusse all'uomo.
Si può anche concludere che l’uomo
("‘adam") cade in quel "torpore" per
risvegliarsi "maschio" e "femmina".
Forse quindi l’analogia del sonno
indica qui uno specifico ritorno al
non-essere (il sonno ha in sé una
componente di annientamento
dell’esistenza cosciente
dell’uomo) ossia al momento
antecedente alla creazione, affinché da esso, per iniziativa creatrice di
Dio, l’"uomo" solitario possa riemergere nella sua duplice unità di maschio
e femmina ("Torpore" ["tardemah"] è il termine che appare nella Sacra
Scrittura, quando durante il sonno o direttamente dopo di esso debbono
accadere degli avvenimenti straordinari [cf. Gen 15,12; 1Sam 26,12; Is
29,10; Gb 4,13; 33,15].
Genesi 2, 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la
condusse all'uomo.
► È interessante notare
che per gli antichi Suméri il
segno cuneiforme per
indicare il sostantivo
"costola" coincideva con
quello usato per indicare la
parola "vita".
► Secondo una certa interpretazione di Genesi 2,21, Dio piuttosto ricopre la
costola di carne (invece di rinchiudere la carne al suo posto) e in questo
modo "forma" la donna, che trae origine dalla "carne e dalle ossa" del primo
uomo (maschio).
Nel linguaggio biblico questa è una definizione di consanguineità o
appartenenza alla stessa discendenza (ad es. cf. Gen 29,14): la donna
appartiene alla stessa specie dell’uomo, distinguendosi dagli altri esseri
viventi prima creati.
Genesi 2, 22-23. Il Signore Dio
plasmò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse
all'uomo. Allora l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
La donna è plasmata "con la costola" che Dio-Jahvè aveva tolto
all’uomo. Considerando il modo arcaico, metaforico e
immaginoso di esprimere il pensiero, possiamo stabilire che si
tratta qui di omogeneità di tutto l’essere di entrambi; tale
omogeneità riguarda soprattutto il corpo, la struttura somatica,
ed è confermata anche dalle prime parole dell’uomo alla donna
creata: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso
dalle mie ossa" (Gen 2,23).
Genesi 2, 22-23. Il Signore Dio plasmò
con la costola, che aveva tolta all'uomo,
una donna e la condusse all'uomo. Allora
l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
Nell’antropologia biblica le "ossa" esprimono una componente importantissima
del corpo; dato che per gli Ebrei non vi era una precisa distinzione tra "corpo" e
"anima" [il corpo veniva considerato come manifestazione esteriore della
personalità], le "ossa" significavano semplicemente, per sineddoche, l’"essere"
umano [cf. ad es. Sal 139,15: "Non ti erano nascoste le mie ossa"].
Si può quindi intendere "osso dalle ossa", in senso relazionale, come l’"essere
dall’essere"; "carne dalla carne" significa che, pur avendo diverse
caratteristiche fisiche, la donna possiede la stessa personalità che possiede
l’uomo.
Nel "canto nuziale" del primo uomo, l’espressione "osso dalle ossa, carne dalla
carne" è una forma di superlativo, sottolineato inoltre dalla triplice ripetizione:
"questa", "essa", "la".).
Genesi 2, 22-23. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
C’è un forte legame
tra il mistero della creazione,
quale dono che scaturisce
dall’Amore,
e quel "principio"
beatificante dell’esistenza
dell’uomo come maschio e
femmina, in tutta la verità
del loro corpo e del loro
sesso, che è semplice e
pura verità di comunione tra
le persone.
egli sembra dire: ecco un corpo che esprime
la "persona"!
si può anche dire: questo "corpo" rivela
l’"anima vivente" quale l’uomo diventò
quando Dio Jahvè alitò la vita in lui (cf. Gen
2,7), per cui ebbe inizio la sua solitudine di
fronte a tutti gli altri esseri viventi.
Il corpo manifesta la reciprocità: esprime la
femminilità "per" la mascolinità e viceversa la
mascolinità "per" la femminilità,
Il corpo manifesta la comunione delle persone.
La esprime attraverso il dono come caratteristica
fondamentale dell’esistenza personale.
Genesi 2, 22-23. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva
tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo
disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
Sembra che Dio abbia
assegnato "da
principio“…
all’uomo la funzione di
chi soprattutto riceve
il dono
la donna viene "da
principio" affidata ai suoi
occhi, alla sua
coscienza, alla sua
sensibilità, al suo
"cuore"
Lui invece deve, in certo senso, assicurare il
processo stesso dello scambio del dono, la
reciproca compenetrazione del dare e ricevere
in dono, la quale, appunto attraverso la sua
reciprocità, crea un’autentica comunione di
persone.
L’uomo si arricchisce non soltanto mediante lei,
che gli dona la propria persona e femminilità,
ma anche mediante la donazione di se stesso
attraverso la realtà del corpo e del sesso.
Genesi 2, 24 Per questo l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due
saranno una sola carne.
Con queste parole viene presentata l’istituzione
matrimoniale come realtà stabilita da Dio
all’origine stessa dell’essere umano.
Genesi 2, 24 Per questo l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due
saranno una sola carne.
Il legame coniugale, con l’attrazione sessuale
ivi implicata, si manifesta come oggetto di
un’inclinazione naturale che diviene perfino più
forte dell’altra, anch’essa naturale, di rimanere
coi propri genitori.
La prima coppia di marito e moglie con la loro vicenda primordiale
fissa così in qualche modo il destino e il comportamento della loro
intera discendenza.
Infatti Gesù richiamandosi “al principio” mostra che il racconto
della Genesi non ha solo un valore narrativo, ma anche normativo
Genesi 2, 24 Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua
madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
Unendosi tra loro così
strettamente da
diventare "una sola
carne", questi
sottoporranno, in certo
senso, la loro umanità
alla benedizione della
fecondità, cioè della
"procreazione", di cui
parla il primo racconto
(Gen 1,28).
Genesi 1, 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra; …».
Genesi 2, 24 Per questo
l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i
due saranno una sola
carne.
Questa comunione coniugale
►affonda le sue radici nella
naturale complementarietà
che esiste tra l'uomo e la
donna,
►e si alimenta mediante la
volontà personale degli sposi
di condividere l'intero
progetto di vita, ciò che
hanno e ciò che sono:
►… perciò tale comunione è
il frutto e il segno di una
esigenza profondamente
umana.
(Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n.19)
il Maestro si richiama alla Genesi 2,24:
“Per questo l’uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola
carne”.
Gesù Cristo non si limita soltanto alla
citazione stessa, ma aggiunge:
“Così che non sono più due, ma una
carne sola. Quello dunque che Dio ha
congiunto, l’uomo non lo separi”.
Quel “non lo separi” è determinante.
Alla luce di questa parola di Cristo, la Genesi 2,24 enuncia il
principio dell’unità e indissolubilità del matrimonio come il
contenuto stesso della parola di Dio, espressa nella più antica
rivelazione.
Genesi 2, 25 “Ora tutti e due erano nudi, l’uomo
e sua moglie, ma non provavano vergogna”
► "la donna" certamente non è soltanto "un
oggetto" per l’uomo, pur rimanendo ambedue
l’uno di fronte all’altra in tutta la pienezza della
loro oggettività di creature come "osso dalle mie
ossa, carne dalla mia carne", come maschio e
femmina, entrambi nudi.
► Solo la nudità che rende "oggetto" la donna per l’uomo, o
viceversa, è fonte di vergogna.
► Il fatto che "non provavano vergogna" vuol dire che la donna
non era per l’uomo un "oggetto" né lui per lei.
► L’innocenza interiore come "purezza di cuore", in certo modo,
rendeva impossibile che l’uno venisse comunque ridotto dall’altro
al livello di mero oggetto.
Genesi 2, 25 “Ora tutti e due erano nudi, l’uomo
e sua moglie, ma non provavano vergogna”
► Se "non provavano vergogna", vuol dire che
erano uniti dalla coscienza del dono, avevano
reciproca consapevolezza del significato
sponsale dei loro corpi, in cui si esprime la
libertà del dono e si manifesta tutta l’interiore
ricchezza della persona come soggetto.
► Tale reciproca compenetrazione dell’"io" delle persone
umane, dell’uomo e della donna, sembra escludere
soggettivamente qualsiasi "riduzione ad oggetto".
► Si rivela in ciò il profilo soggettivo di quell’amore, di cui
peraltro si può dire che "è oggettivo" fino in fondo, in quanto si
nutre della stessa reciproca "oggettività del dono".
Genesi 2, 25 “Ora tutti e due erano
nudi, l’uomo e sua moglie, ma non
provavano vergogna”
►L’uomo e la donna, dopo il peccato
originale, perderanno la grazia
dell’innocenza originaria.
►La scoperta del significato sponsale del corpo cesserà di essere per
loro una semplice realtà della rivelazione e della grazia.
►Tuttavia - anche attraverso il velo della vergogna - tale significato
resterà come impegno dato all’uomo iscritto nel profondo del cuore
umano, quasi lontana eco dell’innocenza originaria.
►Per ora, tuttavia, ci troviamo dinanzi alla soglia della storia terrena
dell’uomo.
►L’uomo e la donna non l’hanno ancora varcata verso la
conoscenza del bene e del male.
► Sono immersi nel mistero stesso della creazione, e la profondità di
questo mistero nascosto nel loro cuore è l’innocenza, la grazia,
l’amore e la giustizia.
Genesi 2, 25 “Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie,
ma non provavano vergogna”
L’uomo, consapevole della capacità
procreativa del proprio corpo e del
proprio sesso, è nello stesso tempo
libero dalla "costrizione" del proprio
corpo e sesso.
In seguito, immediatamente dopo questi versetti, inizia Genesi 3, il
racconto della prima caduta dell’uomo e della donna, collegato con
l’albero misterioso, che già prima è stato chiamato “albero della
conoscenza del bene e del male” (Gen 2,17).
Con ciò emerge una situazione
completamente nuova,
essenzialmente diversa da quella
precedente.
L’albero della conoscenza del bene e del male è
una linea di demarcazione tra le due situazioni
originarie, di cui parla il libro della Genesi.
La prima situazione è quella dell’innocenza
originaria, in cui l’uomo (maschio e femmina) si
trova quasi al di fuori della conoscenza del bene e
del male, fino al momento in cui non trasgredisce
la proibizione del Creatore e non mangia il frutto
dell’albero della conoscenza.
La seconda situazione, invece, è quella in cui
l’uomo, dopo aver trasgredito il comando del
Creatore per suggerimento dello spirito maligno
simboleggiato dal serpente, si trova, in un certo
modo, dentro la conoscenza del bene e del male.
Questa seconda situazione determina lo stato di
peccaminosità umana, contrapposto allo stato di
innocenza primitiva.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
La traduzione citata suona così: "Adamo si unì a Eva sua moglie", mentre
alla lettera si dovrebbe tradurre: "conobbe sua moglie", il che sembra
corrispondere più adeguatamente al termine semitico jadac.
Si può vedere in ciò un segno di povertà della lingua arcaica, alla quale
mancavano varie espressioni per definire fatti differenziati.
Nondimeno, resta significativo che la situazione, in cui marito e moglie si
uniscono così intimamente tra loro da formare "una sola carne", sia stata
definita una "conoscenza".
In questo modo, infatti, dalla stessa povertà del linguaggio sembra
emergere una specifica profondità di significato.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
Genesi 4,1-2 parla soltanto della
"conoscenza" della donna da parte
dell’uomo, quasi per sottolineare
soprattutto l’attività di quest’ultimo.
Si può, però, anche parlare della
reciprocità di questa "conoscenza", a cui
uomo e donna partecipano mediante il loro
corpo e il loro sesso.
Aggiungiamo che una serie di successivi
testi biblici, come, del resto, lo stesso
capitolo della Genesi (cf. ex. gr. Gen
4,17.25), parlano con lo stesso linguaggio.
E ciò fino alle parole pronunziate da Maria
di Nazaret nell’annunciazione: "Come è
possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34).
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
In Genesi 4,1, diventando "una sola
carne", l’uomo e la donna sperimentano in
modo particolare il significato del proprio
corpo.
Si conoscono l’uno all’altra con quella
specifica profondità del proprio "io" umano
che si rivela anche mediante il loro sesso,
la loro mascolinità e femminilità.
Insieme, essi diventano, così, quasi
l’unico soggetto di quell’atto e di
quell’esperienza, pur rimanendo, in
quest’unità, due soggetti realmente
diversi.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
La relazione coniugale è personale, ma,
benché affondi le sue radici nella natura
umana e si possa parlare di unità tra i due
fondata nella natura, le loro persone non si
disperdono nella relazione, come fossero
esseri incompleti che raggiungerebbero la
loro compiutezza solo nella mutua fusione.
Tuttavia nell’ordine della natura, per quanto
riguarda la modalità sessuale, essi
costituiscono un unico principio generativo,
come è particolarmente evidenziato nel
figlio, che ne è il frutto.
Non c’è modo di scindere in lui ciò che ha
ricevuto dal padre da ciò che ha ricevuto
dalla madre; l’unità del figlio rispecchia
l’unità dei suoi genitori.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
Nella "conoscenza" coniugale, la
donna "è data" all’uomo e lui a lei,
poiché il corpo e il sesso entrano
direttamente nella struttura e nel
contenuto stesso di questa
"conoscenza".
Così, dunque, la realtà
dell’unione coniugale, in cui
l’uomo e la donna diventano "una
sola carne", contiene in sé una
scoperta nuova e, in certo senso,
definitiva del significato del corpo
umano nella sua mascolinità e
femminilità.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
Il semplice “stare insieme” di un uomo e di
una donna non fa di essi una coppia
coniugale, in modo che esista il matrimonio.
Marito e moglie formano un’unità a due
diversa da quella che si da tra colleghi, tra
soci negli affari, tra amici, tra fratelli e sorelle.
Uomini e donne possono anche essere uniti
come persone a motivo di interessi vari, di
amicizia, ecc., che non riguardano la loro
differenziazione sessuale.
Nessuna di tali unioni è il matrimonio
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
E’ giusto parlare soltanto di
"convivenza sessuale"?
Bisogna tener conto che ciascuno di
loro, uomo e donna, non è soltanto
un oggetto passivo, definito dal
proprio corpo e sesso, e in questo
modo determinato "dalla natura".
Al contrario, proprio per il fatto di
essere uomo e donna, ognuno di
essi è "dato" all’altro come soggetto
unico e irripetibile, come "io", come
persona.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
E’ coniugale l’unione
che risulta da una
decisione libera, per
mezzo della quale il
marito può affermare
davvero che la moglie è
SUA e la moglie può
dire parimenti che il
marito è SUO.
E’ un dono che presenta caratteri di totalità, comprendendo gli
aspetti più intimi della persona, e solo l’amore può far sì che
esso rispetti la loro qualità di soggetti e non sia spersonalizzante,
come se fosse un dono di oggetti di uso e di fruizione.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
La "conoscenza", di cui
parlano Genesi 4,1-2 e
tutti i successivi testi
biblici, arriva alle più
intime radici di questa
identità e concretezza,
che l’uomo e la donna
debbono al loro sesso.
Tale concretezza significa
tanto l’unicità quanto
l’irripetibilità della
persona.
Genesi 4, 1-2 Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e
partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore". Poi
partorì ancora suo fratello Abele
L’intreccio tra natura e libertà
spiega perché l’unione coniugale
sia così forte e intima.
Non è inventata dagli sposi, ma
scaturisce dalla natura umana; e poiché essa implica il dono
delle persone non può presentare un carattere mutevole e
provvisorio.
Sant’Ambrogio, San Giovanni Crisostomo ed altri padri della
Chiesa ricorrevano a tale unità dei coniugi per mostrare che
dissolvere il matrimonio sarebbe come tagliare in due la carne
di un corpo, qualcosa di perversamente antinaturale.
Il matrimonio nel disegno di Dio
CCC 1602 La Sacra Scrittura si apre
con la creazione dell'uomo e della
donna ad immagine e somiglianza
di Dio [Cf Gen 1,26-27 ] e si chiude con la
visione delle “nozze dell'Agnello” (
Ap 19,7; Ap 19,9 ).
Da un capo all'altro la Scrittura parla del Matrimonio e del suo
“mistero”, della sua istituzione e del senso che Dio gli ha dato,
della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni
lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate
dal peccato e del suo rinnovamento “nel Signore” ( 1Cor 7,39 ),
nella Nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa [Cf Ef 5,31-32 ].
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio sotto la pedagogia della Legge
CCC 1611 Vedendo l'Alleanza di Dio con Israele sotto
l'immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele, (Cf Os
1-3; Is 54; Is 62; Ger 2-3; 1611 Ger 31; Ez 16; Ez 23) i profeti hanno preparato
la coscienza del Popolo eletto ad una intelligenza
approfondita dell'unicità e dell'indissolubilità del
matrimonio (Cf Ml 2,13-17).
I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi
di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della
tenerezza degli sposi.
La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici
un'espressione unica dell'amore umano, in quanto è
riflesso dell'amore di Dio, amore “forte come la morte”
che “le grandi acque non possono spegnere” ( Ct 8,6-7 ).
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1612 L'alleanza
nuziale, tra Dio e il suo
popolo Israele, aveva
preparato l'Alleanza Nuova
ed eterna nella quale il
Figlio di Dio, incarnandosi e
offrendo la propria vita, in
certo modo si è unito tutta
l'umanità da lui salvata, (Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22)
preparando così “le nozze
dell'Agnello” (Ap 19,7; Ap 19,9).
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1613 Alle soglie della sua vita
pubblica, Gesù compie il suo primo
segno - su richiesta di sua Madre durante una festa nuziale (Cf Gv 2,111).
La Chiesa attribuisce una grande
importanza alla presenza di Gesù alle
nozze di Cana.
Vi riconosce:
a) la conferma della bontà del
matrimonio e
b) l'annuncio che ormai esso sarà un
segno efficace della presenza di
Cristo.
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1614 Nella sua predicazione Gesù ha
insegnato senza equivoci il senso originale
dell'unione dell'uomo e della donna, quale il
Creatore l'ha voluta all'origine:
il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la
propria moglie, era una concessione motivata
dalla durezza del cuore; (Cf Mt 19,8)
l'unione matrimoniale dell'uomo e della donna
è indissolubile: Dio stesso l'ha conclusa.
“Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo
non lo separi” (Mt 19,6).
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1615
Questa inequivocabile insistenza
sull'indissolubilità del vincolo matrimoniale ha potuto lasciare
perplessi e apparire come un'esigenza irrealizzabile (Cf Mt 19,10).
Tuttavia Gesù non ha caricato gli sposi di un fardello impossibile
da portare e troppo gravoso, (Cf Mt 11,29-30) più pesante della Legge
di Mosè.
Venendo a ristabilire l'ordine iniziale della creazione sconvolto
dal peccato, egli stesso dona la forza e la grazia per vivere il
matrimonio nella nuova dimensione del Regno di Dio.
Seguendo Cristo, rinnegando se stessi, prendendo su di sé la
propria croce (Cf Mc 8,34) gli sposi potranno “capire” (Cf Mt 19,11) il senso
originale del matrimonio e viverlo con l'aiuto di Cristo. Questa
grazia del Matrimonio cristiano è un frutto della croce di Cristo,
sorgente di ogni vita cristiana.
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1616 E' ciò che l'Apostolo
Paolo lascia intendere quando dice:
“Voi, mariti, amate le vostre mogli,
come Cristo ha amato la Chiesa e ha
dato se stesso per lei, per renderla
santa” ( Ef 5,25-26 ),
e aggiunge subito: “Per questo l'uomo
lascerà suo padre e sua madre e si
unirà alla sua donna e i due
formeranno una carne sola. Questo
mistero è grande; lo dico in riferimento
a Cristo e alla Chiesa!” ( Ef 5,31-32 ).
Il matrimonio nel disegno di Dio
Il matrimonio nel Signore
CCC 1617
Tutta la vita cristiana porta il
segno dell'amore sponsale di Cristo e della
Chiesa.
Già il Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio,
è un mistero nuziale: è, per così dire, il lavacro di
nozze (Cf Ef 5,26-27) che precede il banchetto di
nozze, l'Eucaristia.
Il Matrimonio cristiano diventa, a sua volta, segno
efficace, sacramento dell'alleanza di Cristo e della
Chiesa.
Poiché ne significa e ne comunica la grazia, il
matrimonio fra battezzati è un vero sacramento
della Nuova Alleanza (Cf Concilio di Trento: Denz.
-Schönm., 1800; Codice di Diritto Canonico, 1055,
2).
La verginità per il Regno
CCC 1618
Cristo è il centro di ogni vita cristiana.
Il legame con lui occupa il primo posto rispetto a
tutti gli altri legami, familiari o sociali (Cf Lc
14,26; 1618 Mc 10,28-31).
Fin dall'inizio della Chiesa, ci sono stati uomini e
donne che hanno rinunciato al grande bene del
matrimonio per seguire “l'Agnello dovunque va”
(Ap 14,4), per preoccuparsi delle cose del
Signore e cercare di piacergli, (Cf 1Cor 7,32)
per andare incontro allo Sposo che viene (Cf Mt
25,6).
Cristo stesso ha invitato certuni a seguirlo in
questo genere di vita, di cui egli rimane il
modello:
“Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal
ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono
stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri
che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli.
Chi può capire, capisca” (Mt 19,12).
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