IL MONDO
CAPOVOLTO
Come diceva don Bosco, l’educazione deve mirare a formare “bravi cristiani e onesti cittadini”
Insieme per il bene comune
La sfida della partecipazione contro luoghi comuni come “non tocca a me!”
di Giulio ALBANESE
I
l Natale è ormai alle porte e
un po’ tutti, istintivamente,
vorremmo che i problemi –
quelli del nostro povero
mondo e dell’Italia in particolare - si risolvessero quanto
prima. Basti pensare alla
chiusura di molte imprese in
Ciociaria o al fenomeno della
disoccupazione giovanile, per
non parlare delle difficoltà
economiche che incontrano
molte famiglie nella quotidianità. Purtroppo, dobbiamo ammettere che nessuno
dispone di una bacchetta magica per compiere chissà quale incantesimo. È per questo
motivo che forse, mai come
oggi, è necessario riflettere
sulle proprie responsabilità,
senza stare alla finestra a
guardare. D’altronde, in Italia, siamo abituati a pensare
che c’è sempre qualcuno –
poco importa che si tratti del
politico di turno o di chissà
quale altro personaggio assiso nella stanza dei bottoni –
che si occuperà dei problemi
della collettività. Cari lettori,
sono 150 anni e anche più
che il “sistema-Paese” funziona in questo modo, col risultato che il cittadino stesso pare abbia smarrito la nozione
di “Bene Comune”. In effetti,
l’anima della democrazia
rappresentativa è la delega,
mentre il cuore della sussidiarietà è la corresponsabilità.
Ed è proprio il deficit di sussidiarietà che ha prodotto disastri nel nostro Paese. L’Italia, in effetti, è nata come
Stato fortemente accentrato,
calando una coltre amministrativa e istituzionale sulla
ricca varietà di autonomie
preesistenti nel nostro Paese.
E dire che l’articolo 5 della
Costituzione afferma che la
Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali.
Da lì è partito, oltre sessant’anni fa, un percorso che
ha portato l’Italia nel 2001 a
iscrivere nella propria Costituzione una norma, articolo 118 quarto comma, che
ha dato inizio ad un nuovo
corso che in tempi di crisi è
davvero rilevante. Un’operazione di ribaltamento, per
così dire, dell’impostazione
secondo la quale il monopolio dell’interesse pubblico deve essere nelle mani delle istituzioni, cioè di coloro che sono in cima alla piramide (politici, pubblici amministratori…). In questa norma si dice
che Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono le autonome iniziative dei cittadini,
singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà. Ecco
che allora possiamo finalmente dire che esiste un modo per esprimere il proprio
senso di cittadinanza che fino
a poco tempo fa sembrava
essere irrealizzabile. Si è cioè
preso coscienza nel dettato
costituzionale che le persone sono portatrici non solo di bisogni, ma anche di
capacità le quali, se messe
a disposizione della comunità, possono contribuire
decisamente a rispondere,
insieme con le amministrazioni pubbliche, alle
istanze collettive. Si tratta
pertanto di prendere coscienza dell’importanza dell’azione dei singoli come inesauribile risorsa che può incidere
fattivamente sul corso degli
eventi e sul miglioramento
della vita. Naturalmente, accanto ai soggetti (i cittadini)
bisogna sempre ricordare
l’importanza degli oggetti
(cioè i beni comuni). Ma in
un Paese come l’Italia, dove
vi è culturalmente una visione verticistica delle relazioni
per cui si tende istintivamente a delegare la gestione della “Res Publica” a chi comanda, cosa bisogna superare
per passare dalle parole ai
fatti? L’indifferenza. Con
quali strumenti? Quelli dell’informazione, mostrando
che è normale - come dovrebbe esserlo - agire per il
bene comune e che spesso lo
si fa già senza saperlo. Dunque non è utopia, perché utopos vuol dire nessun luogo.
Infatti, il luogo della cittadinanza attiva esiste, anche se
stenta ad essere riconosciuto.
Se si parla di beni pubblici è
più facile essere portati a
pensare “tanto tocca a qualcun altro”. Promuovendo, invece, la cura dei beni comuni
non solo nel pubblico, ma
anche nelle realtà aziendali e
a fianco delle istituzioni, la
sfida della partecipazione
sarà vinta, senza che possa
sembrare un atto eroico. L’attivarsi di singoli cittadini fa sì,
infatti, che vi possano essere
delle situazioni in cui l’interesse personale è assai rilevante, come per i commer-
cianti che si prendono cura
della strada su cui si affacciano i propri esercizi commerciali, con vantaggi per tutti e
in primo luogo per sé stessi.
In altri casi, la sussidiarietà,
intesa proprio come corresponsabilità, diventa strategica per le imprese, rispetto al
bene comune aziendale. Altre volte, invece, l’interesse
personale è minimo, mentre
prevale quello generale, come nelle esperienze di volontariato su scala nazionale o
nell’ambito della cooperazione per lo sviluppo dei popoli,
aderendo in prima persona
ad iniziative solidali. In questo caso, si afferma una cittadinanza planetaria che nell’epoca della globalizzazione
non guasta. La sfida, naturalmente, riguarda anche la nostra realtà ecclesiale che ha,
come termine di riferimento,
una dottrina sociale, ispirata
al Vangelo. Come diceva Don
Bosco, l’educazione deve mirare a formare “bravi cristiani e onesti cittadini”.
Anno XIV, n. 10 - Dicembre 2013
mensile della comunità Ecclesiale
N. di registrazione 276 del 7.2.2000
presso il Tribunale di Frosinone.
DIRETTORE RESPONSABILE:
Domenico Pompili
DIRETTORE:
Raffaele Tarice
IN REDAZIONE:
Claudia Fantini
Per inviare articoli:
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RESPONSABILE DISTRIBUZIONE
Bruno Calicchia
AMMINISTRATORE
Giovanni Straccamore
HANNO COLLABORATO:
Giulio Albanese, Chiara Campoli,
Maria Grazia Costantini,
Pierino Giacomi,
Giorgio Alessandro Pacetti
EDITORE
Diocesi di Anagni-Alatri
FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA
Tipografia Editrice Frusinate srl
Frosinone
ANNO XIV N.
10
DICEMBRE 2013
Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone - Spedito il 25 Novembre 2013 - www.diocesianagnialatri.it
a l l ’ii n t e r n o . . .
FOTO
NOTIZIA
Avvento:
Dio viene e si fa
presente! E noi?
Pag. 3
Speciale
Lettera Pastorale
2013
Pagg. 6-7
Grande festa
per don Pierluigi
Nardi
Pag. 8
Filippine - novembre 2013
F
orse andrò un po’ controcorrente, ma io preferisco il
presepe napoletano. Più è
grande, più è meglio. Più è incasinato, più è bello. Il presepe
napoletano è pura teatralità, e
mescolando sacro e profano arriva a rappresentare ogni arte
quotidiana e a dare forma a
piazze, vie, vicoli e palazzi. È la
confusione della realtà che sposa l’accumulo della decorazione
barocca. Gesù nasce ancora nella grotta, ma questa non è più
isolata e silenziosa. È diventata
una piccola stalla incastrata e
schiacciata da una città incontrollabile e chiassosa, brulicante
di vita e di movimento. Conseguenza di tutto questo è che
spesso la natività è sì al centro
della scena, ma assolutamente
indistinguibile, se non con
qualche attimo di ricerca. Perché il cristianesimo è vivo, a differenza di un paganesimo morto e in rovina, come lo sono le
vestigia degli antichi templi
greco-romani che fanno da
sfondo o che spesso sono di-
PRIMO PIANO
GESÙ NASCE NELL’OGGI
I moderni anacronismi del presepe napoletano
ventati pascoli per le greggi.
Non è un caso allora che sia
stato questo tipo di presepe ad
uscire dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa
per entrare nelle case e nei palazzi. Certo, bisognava essere
ricchi per potersi permettere
un presepe, ma era già cominciata la corsa a realizzare presepi sempre più grandi e sempre
più ricchi di dettagli scenografici. Col tempo anche i personaggi si caratterizzarono, e divennero simboli di una cultura e
una religiosità popolare, a volte ingenua, ma sempre autentica. Trovano posto nel presepe
anche personaggi popolari come i nani, le locandiere, i mer-
canti, i fornai, ma anche ciechi
e zoppi. Ci deve essere sempre
il “dormiente”, il pastore che
sarà svegliato dall’angelo che
annuncia la nascita del Salvatore. Poi non possono mancare il
panettiere e il vinaio, che hanno il compito di preparare il pane e il vino che serviranno per
l’Ultima Cena. Così come anche
il pescatore che mostra il chiaro
simbolo cristologico. Altro personaggio che non può mancare
è la zingara, che predice il futuro, e che porta un cesto di arnesi di ferro, usati per forgiare i
chiodi della passione. E in un
mondo “moderno” non può
mancare il peccato della meretrice, antitesi della Vergine e
posta esattamente all’opposto
del presepe, spesso davanti all’osteria. Ma i veri personaggi
chiave del presepe napoletano
sono i tre Re Magi, accompagnati dai loro seguiti. Provengono da tre continenti diversi
(Europa, Africa e Asia) in groppa a tre animali diversi (cavallo,
dromedario ed elefante), e portano tre doni diversi (oro, incenso e mirra). Ma il presepe è
una rappresentazione della
realtà, della vita e della società,
anche se del ‘700. Ci sono chiese e monasteri, croci e monaci,
perché il presepe sta solo a indicarci che Gesù nasce nell’oggi. Anche oggi.
Raffaele TARICE
2
100 NOTIZIE
UN ANNO CON L’AZIONE CATTOLICA
GLI APPUNTAMENTI
1 dicembre 2013 INCONTRO OPERATORI PASTORALI CON
VESCOVO – Centro Pastorale, Fiuggi ore 16.30 - 18.30
7 Dicembre 2013 ad Anagni in cattedrale - Veglia AC “Ecco
il nostro sì”
8 Dicembre 2013 Festa Adesione AC nelle parrocchie
10 gennaio 2014 Equipe diocesana ACR e Giovani + MSAC
ore 21 Fiuggi
13 Gennaio 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi
18 gennaio 2014 Consiglio Diocesano AC ore 9.30 Fiuggi
8 Febbraio 2014 Giornata unitaria/diocesana per la Pace
22-23 Febbraio 2014 Assemblea Diocesana elettiva
9 marzo 2014 INCONTRO OPERATORI PASTORALI CON
VESCOVO – Centro Pastorale, Fiuggi ore 16.30 – 18.30
14/15/16 Marzo 2014 Esercizi spirituali con PG e CDV per
giovani e adulti e per EDUCATORI AC (giovani e adulti)
28 Aprile 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi
26 Maggio 2014 Equipe diocesana Adulti ore 18:30 Fiuggi
2 giugno 2014 Festa Diocesana Famiglia AC
14 Giugno 2014 Equipe diocesana Adulti “serata insieme”
Luglio - Agosto 2014 attività estive (campi - scuola ACR, giovanissimi, esperienze estive per giovani, Vacanza Formativa,
campi-scuola famiglie)
Dicembre
100 NOTIZIE
2013
Buon Natale
e Felice Anno Nuovo
A pranzo con il Vescovo
Monsignor Lorenzo Loppa a pranzo presso il Centro
Sociale anziani di Alatri.
La giornata è stata allietata dalle note di un
concerto, un “coro a cappella”.
LABORATORIO FORMAZIONE
Quest’anno la proposta formativa del laboratorio ci realizzerà
da Gennaio a Giugno 2014. Essa sarà realizzata direttamente
nelle parrocchie che lo richiederanno tramite i facilitatori dell’equipe diocesana. Attenzione particolare sarà posta alla formazione dei nuovi responsabili associativi, parrocchiali e diocesani.
GRUPPO GIOVANI DIOCESANO
Sarà riproposta l’esperienza del gruppo giovani diocesano
guidato da Marco e Pia. Le date saranno comunicate in seguito.
MSAC
Quest’anno saranno gettate le basi per la sensibilizzazione e il
lancio della proposta del Movimento Studenti dell’Azione
Cattolica in alcuni istituti superiori della nostra diocesi.
NUOVI GRUPPI ACG E ADULTI
Nascita di nuovi gruppi giovanissimi/giovani e adulti.
Formazione degli “nuovi” animatori
GRUPPI FAMIGLIE
Continua l’attività formativa dei diversi gruppi famiglie AC
coordinati dalla coppia cooptata diocesana. Durante l’anno
saranno proposti momenti di formazione ed incontro a livello
diocesano. Formazione di nuove coppie animatrici per la nascita di nuovi gruppi famiglie.
PARROCCHIE “LONTANE”
Si sta costituendo un’equipe missionaria di giovani e adulti
che sono disponibili a raggiungere e farsi prossimi delle realtà
associative parrocchiali lontane dal centro diocesano oppure
nuove a livello associativo.
COLLABORAZIONI
Tutti i settori e i gruppi AC sono chiamati a collaborare con gli
Uffici Pastorali (uff. catechistico, uff. caritas, uff. liturgico, PG,
CVD, uff. famiglia, uff. pastorale sociale, uff. comunicazione…), corresponsabili dell’attività pastorale della diocesi.
L ’AA G E N D A
DICEMBRE
Domenica 1 dicembre
Fiuggi, Centro Pastorale,
ore 16,30
INCONTRO UNITARIO
DEGLI ANIMATORI
PASTORALI
Presieduto dal Vescovo
Martedì 24 dicembre
Anagni, Cattedrale,
ore 23.30
S. MESSA DI
MEZZANOTTE
Presiede il Vescovo
Domenica 8 DICEMBRE
Anagni, Cattedrale,
ore 11.30
PONTIFICALE
DELL’IMMACOLATA
Presieduto dal Vescovo
Mercoledì 25 dicembre
Anagni, Cattedrale,
ore 11.30
PONTIFICALE
DEL VESCOVO
Giovedì 19 DICEMBRE
Guarcino, casa Suore
Agostiniane, ore 9.00
TERZO GIOVEDI’
DEL CLERO
Lectio divina di Natale
Martedì 31 dicembre
Anagni, Cattedrale,
ore 18.00
TE DEUM DI
RINGRAZIAMENTO
Presieduto dal Vescovo
Anno XIV
Numero 10
S
LA CATTEDRA
e esiste una stagione
straordinaria dell’Anno liturgico e
della vita della Chiesa,
questa è sicuramente
l’Avvento. Tenuto conto
della riforma liturgica del
Vaticano II e soprattutto
dei testi biblici, esso si
presenta come il periodo
più curato e riuscito di
tutto il ciclo delle celebrazioni della chiesa.
Dalle origini incerte e discusse, sicuramente tardive (dal IV al VI secolo),
l’Avvento risplende come
tempo-modello di tutta
l’esistenza cristiana che
viene messa sotto il segno dell’attesa nel clima
della speranza. Il suo inizio per noi cristiani è come Capodanno. C’è l’entusiasmo dell’avvio, lo
slancio di ogni impresa
che comincia, il misto di
curiosità, timore, spirito
di avventura che accompagna ogni partenza.
C’è, soprattutto, la sicurezza e la gioia di ritrovare il Natale. L’Avvento,
come ci ricorda la parola
stessa (“Adventus” =
venuta) mette a tema
tutto il mistero della venuta del Signore nella
storia fino al suo concludersi nel compimento.
Storicamente il termine
“Avvento” fu riferito,
dapprima, alla venuta di
Gesù nella carne. Quasi
subito lo stesso termine
passò ad indicare anche il
tempo della preparazione al Natale, il tempo
dell’attesa.
Qui è necessario un rapido chiarimento sulla concezione di liturgia, che
non è solo memoria soggettiva di fatti accaduti,
ma celebrazione attuale
del mistero pasquale di
Cristo e della nostra salvezza. La liturgia è me-
DEL VESCOVO
AVVENTO:
Dio viene
e si fa presente!
E noi?
moria, presenza del mistero, attesa del compimento. Celebrare significa vivere il mistero e vivere un momento attuale della sua efficacia salvifica. Avvento significa,
allora, non soltanto ricordare la venuta di Gesù
nella storia a Natale e
l’attesa che l’ha preceduta, ma vivere continuamente l’attesa vigilante
di fronte alla sua venuta
attuale, nella prospettiva
dell’incontro ultimo con
Lui alla fine della storia e
al termine della nostra
esistenza. L’attesa nostra,
dunque, non si nutre di
ricordi, ma è atteggiamento che ci rende presenti e accorti alla logica
di senso, di grazia e di
misericordia seminata sui
nostri passi all’interno
3
dei giorni che ci vengono
donati. L’Avvento, allora,
è tempo-modello dell’esistenza cristiana come attesa operosa e vigilante
…
Un maestro della fede
come S. Bernardo afferma: “Conosciamo una triplice venuta del Signore.
Una venuta occulta si colloca, infatti, tra le altre
due che sono manifeste
… Nella prima venuta
egli venne nella debolezza della carne, in questa
intermedia viene nella
potenza dello Spirito,
nell’ultima verrà nella
maestà della gloria.
Quindi questa venuta intermedia è, per così dire,
una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu la nostra redenzione, nell’ultima si
manifesterà come nostra
vita, in questa è nostro
riparo e consolazione”
(S. Bernardo, Sermo V De
Adventu, 1-3).
L’Avvento ricorda la dimensione storica della
salvezza che ha avuto la
chiave di volta nell’Incarnazione (Avvento natalizio). L’Avvento è anche il
tempo in cui viene fortemente evidenziata la dimensione escatologica
del mistero cristiano.
Chiediamo sempre nel
“Padre nostro” che venga il Regno di Dio. La nostra esistenza è sospesa
tra le due grandi venute
di Cristo: siamo protesi
verso il compimento e il
“Giorno del Signore”
(Avvento escatologico).
Ecco perché tanti testi
della liturgia (cfr ad
esempio la messa della I^
domenica di Avvento)
gettano uno sguardo sulla fine della storia. Potremmo dire: si comincia
continua a pag. 4
4
LA CATTEDRA
DEL VESCOVO
Dicembre
2013
continua da pag. 3
dalla fine!
L’Avvento inoltre ha
una forte connotazione missionaria. La salvezza di Dio in Gesù Cristo è a disposizione di
tutti gli uomini. Cristo è
venuto per venire nel
cuore di ognuno! E ogni
uomo davanti al Dio che
viene - che spiana le
montagne, colma le valli,
fa fiorire il deserto, trasforma le armi in strumenti pacifici (cfr le visioni di Isaia nella prima
lettura della domenica) –
è auspicabile che garantisca apertura e disponibilità con la conversione.
La spiritualità dell’Avvento, che si nutre di un’attesa vigilante e gioiosa e
si sostanzia di speranza
forte e paziente anche e
soprattutto nell’ora della
prova, trova nella conversione continua la strada maestra della giustizia e della gioia perché
procura l’incontro con il
Signore. La stagione dell’Avvento educa la nostra
speranza in un periodo
in cui la geografia della
disperazione si fa sempre
più vasta per i problemi
che conosciamo e, soprattutto, per la crisi, il
cui lato più evidente è
quello economico, ma
che è di ordine soprattutto morale, spirituale,
culturale.
È crisi sulla visione dell’uomo, su chi sia l’uomo
e su che cosa significhi
essere uomo. È crisi perché, come ci ricorda Papa
Francesco, si sta facendo
strada la cultura dello
“scarto” e avanzano tanti nemici del vero umanesimo che, oltre ai valori della giustizia e della
libertà, è fondato su
un’esistenza filiale e,
dunque, fraterna!
In questo cammino di
educazione alla affidabile e paziente speranza
veniamo presi per mano
dai Maestri dell’attesa:
Isaia, Giovanni Battista,
Maria Santissima, S. Giuseppe. Le letture bibliche
della Domenica quest’anno ci aiutano in maniera
particolarmente efficace.
Nella seconda domenica
di Avvento c’è di confor-
se dalle sue attese. Rinuncia al suo programma di vita familiare per
accogliere il progetto e
la promessa di Dio. Rinuncia al suo futuro per
abbracciare l’avvento di
Dio e la imprevedibilità
dello Spirito.
Nel concludere queste
brevi note sull’Avvento,
non posso fare a meno di
sottolineare le prime let-
to l’Immacolata. Con il
suo silenzio luminoso, il
suo atteggiamento di disponibile ascolto, la sua
straordinaria capacità di
ricevere ci ricorda che
“niente è impossibile a
Dio” (Lc 1,37). Dio ha bisogno di creature come
Maria, non ingombrate
dalle cose né da sé stesse.
Nella quarta domenica
saremo presi per mano
da S. Giuseppe con la sua
sofferta e piena accoglienza di un Dio che sorprende e gli chiede di accogliere Maria e Gesù come persone molto diver-
ture della Domenica, con
i “sogni” di un altro
maestro della speranza
che è Isaia. “Camminiamo nella luce del
Signore” (Is 2,5): è il segnale della partenza che
ci invia il profeta per ritrovare la passione e lo
slancio nell’annuncio del
Vangelo e “sognare”
/realizzare una realtà diversa da quella che ci circonda (1^ domenica).
“Un germoglio spunterà
dal tronco di Iesse …” (Is
11,1): da un ceppo inaridito si fa una dichiarazione di speranza. C’è la
possibilità di progettare
un futuro diverso, sorprendente, garantito
dalla presenza di Dio.
Anche un ceppo, reso
arido da troppi peccati e
infedeltà, è percorso da
una linfa perenne: la
promessa di Dio (2^ domenica). “Si rallegrino il
deserto e la terra arida
…” (Is 35,1): l’inno alla
gioia per il ritorno degli
esuli in patria da Babilonia proclama che Dio è
fedele e mantiene la sua
promessa. La “gloria” del
Signore è presente anche
e soprattutto nel cammino tormentato e nelle
difficoltà in cui ci dibattiamo. La meta è lontana, ma il futuro è già iniziato (3^ domenica). “Il
Signore stesso vi darà un
segno” (Is 7,14): la promessa di Dio si realizza,
ma molto oltre le attese
immediate degli uomini.
Il progetto di Dio si realizza e viene incontro ai
nostri desideri e alle nostre speranze con l’Emanuele (4^ domenica).
L’Avvento di quest’anno,
soprattutto con i testi di
Isaia, ci aiuta a “sognare” e ci impone il sogno
come dovere. Qualcuno
potrebbe dire: “Troppo
bello per essere vero”.
Bisogna, però, subito aggiungere: “Troppo bello
per non essere vero”.
Molti di noi cristiani dormono per non affrontare
la realtà. Soltanto il sogno permette di immaginare una realtà
diversa e, con l’aiuto
di Dio, attuabile. Paradossalmente è il sogno
che ci sveglia e ci mette
in piedi!
Buon Avvento!
+ Lorenzo, vescovo
Anno XIV
Numero 10
VITA DI
COMUNITA
Alatri - 10 Novembre
,
5
Anagni - 5 Novembre
Giornata del
In ricordo di
Ringraziamento Mons. Luigi Belolli
per i frutti della terra vescovo emerito
Presso la parrocchia Maria SS. Rosario
Un omaggio delle Confraternite della Diocesi
a cura di Patrizia, Giovanna, Nadia e Emanuela per il Gruppo di Animazione liturgica
di Giorgio Alessandro PACETTI
O
gni anno, quasi alla
conclusione del ciclo
liturgico la Chiesa celebra la “Giornata del Ringraziamento per i frutti
della Terra”. Iniziata nel
1951 per iniziativa della Coldiretti la giornata del Ringraziamento è un’occasione
di rendere lode al Padre fonte di ogni bene, per i doni
che ci offre. E’ inoltre un
momento di riflessione sull’importanza che ancora ha,
anche nella nostra società
oramai quasi post-industriale, il lavoro della terra. Il tema guida di quest’anno era
“Giovani protagonisti nell’agricoltura”, giovani che
“hanno scelto di restare nella loro terra per lavorare i
campi, con dignità e qualità,
per fare della loro campagna un vero giardino. Sentiamo che questa vocazione
rinnova l’intera società, perché il ritorno alla terra cambia radicalmente un paese e
produce benessere per tutti,
ravviva la luce negli occhi
degli anziani, che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle istituzioni”. (dal Messaggio dei
Vescovi). Viviamo in una parrocchia di campagna, dove
la coltivazione dei campi,
anche se non è più la principale fonte di reddito, è sentita come componente importante nella vita delle persone e come gruppo di animazione liturgica, insieme al
nostro parroco don Luca
Fanfarillo, abbiamo pensato
di valorizzare e recuperare
questa tradizione. Lo abbiamo fatto curando in modo
più attento due aspetti: la
decorazione dell’altare, cogliendo la ricchezza di colori
e frutti che la bella stagione
dell’autunno ci offre e la
processione dell’offertorio.
In questo momento abbiamo coinvolto quattro “anziani agricoltori” che hanno
portato in dono pane,
olio,vino e frutta .
M
emori dell’intenso e
proficuo Episcopato
di Mons. Luigi Belloli nella nostra Diocesi il
Coordinamento diocesano
delle Confraternite della
Diocesi Anagni-Alatri ha
programmato un omaggio e
un ricordo nella preghiera
per la ricorrenza del suo ritorno alla casa del Padre avvenuta due anni fa invitando tutte le consorelle e i
confratelli iscritti, insieme a
tutta la popolazione, a ricordare con affetto filiale Martedì 5 novembre Mons. Luigi
Belloli che nel volto di ogni
fedele “ha visto sempre il
volto di Cristo” e ha promulgato -prima del termine del
suo episcopato- il nuovo Statuto Quadro diocesano delle
Confraternite. Il vescovo
Luigi è stato il “padre” della
neonata chiesa di AnagniAlatri che era stata fondata,
dopo la morte di Mons. Florenzani, con un decreto di
unificazione del 30 Settembre 1986, emesso dalla San-
ta Sede con il quale veniva
privata alla popolazione alatrense la loro sede vescovile
secolare. Il primo obiettivo
di Mons. Belloli fu quello di
guidare la transizione, senza
danni, riconoscendo le peculiarità di ciascuna realtà,
spingendo verso una convergenza le trasformazioni sociali e culturali che incalzavano, che richiedevano risposte decise e non confuse.
Lungo gli undici anni del suo
intero episcopato (19881999) in terra ciociara, il vescovo Belloli, ambrosiano di
origine, fu sempre attento a
leggere i segni dei tempi, in
particolare a mostrare che lo
sviluppo richiede una nuova
e più profonda forma di
saggezza, di cui il Vangelo è
la strada da percorrere insieme. Non solo! Il Vescovo Belloli ogni anno nel giorno
della festa di San Francesco
di Sales, protettore dei giornalisti teneva il tradizionale
incontro con i giornalisti della Diocesi Anagni-Alatri.
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Special
Iniziare alla Fede: dono e compito di una comunità adulta
“La passione
per il Vangelo”
«C
arissimi, il Vangelo è nato da un’immensa passione ed è stato affidato a degli “appassionati” per
la causa del Regno. Qualunque sia il compito che
svolgiamo nella Chiesa, è indispensabile che abbiamo e manifestiamo una vera, straordinaria, incontestabile passione per
Dio e per gli uomini che Egli ama». Così comincia la lettera
pastorale 2013 di Mons. Lorenzo Loppa, intitolata “LA PASSIONE PER IL VANGELO. Iniziare alla Fede: dono e compito di
una comunità adulta”, di cui proponiamo ampi stralci.
Il progetto di Gesù
«Gesù si rivela come uno che annuncia un progetto alla luce
del quale agisce. Questo progetto è il Regno di Dio a cui Egli
consacra tutta la sua esistenza e il suo essere con vigore, costanza e senza ripensamenti. (…) Però, osservando attentamente quanto Gesù fece e insegnò, possiamo constatare come il Regno di Dio non sia qualcosa che riguardi Dio (…) è il
Regno di Dio per gli uomini, specialmente per i più bisognosi
e degni di attenzione, per un loro futuro di vita e di pienezza. Il Regno di Dio proclamato da Gesù come imminente consiste in una nuova situazione di vita e di felicità per tutti. (…)
Gesù ha affidato la responsabilità dell’annuncio della vita per
tutti e la missione di sconfiggere la morte ai suoi discepoli».
In cammino con le Chiese che sono in Italia
È importante collocare il «nostro cammino di Chiesa all’interno del comune itinerario che stanno percorrendo tutte le
Diocesi italiane nel Decennio di “Educare alla vita nuova del
Vangelo”. Nel primo segmento del Decennio abbiamo fati
convergere la nostra attenzione su “la cura delle radici”, con
un impegno più deciso e puntuale sulla pastorale battesimale».
Educare alla vita buona del Vangelo: seconda tappa
«Il Convegno di Fiuggi del giugno scorso (“Iniziare in parrocchia” 27/29 giugno) ha aperto la seconda tappa del nostro
itinerario decennale: quella che riguarda il cammino di fede
dei ragazzi (7-14 anni) e il completamento della Iniziazione
cristiana in parrocchia. (…) Già ne Il sogno del discepolo
(2004) potevo constatare come i segni della crisi del modello
di comunicazione della fede - soprattutto a ragazzi, adolescenti e giovani - stessero, e al presente, stiano, sotto gli occhi di tutti. (…) La situazione impone un ripensamento e un
cambiamento nella prassi ordinaria di trasmissione della fede».
Iniziare alla fede, missione di una comunità adulta
«Due realtà sarà soprattutto urgente ripensare e riprogettare: i cammini di formazione alla fede di ragazzi/adolescenti e
gli itinerari di formazione degli Animatori, soprattutto dei
Catechisti. Un passo importante da compiere, allora, sarà
quello di ispirare sempre di più il processo di Iniziazione alla
fede ad una logica catecumenale, con il primato dell’evangelizzazione e del primo annuncio, con il coinvolgimento delle
famiglie, degli adulti e d tutta la comunità cristiana, con
un’apertura a tutte le dimensioni della vita di fede, che deve
essere non soltanto annunciata e accolta, ma anche celebrata
e vissuta. Mi affretto ad aggiungere che anche un cammino
perfetto di iniziazione, secondo il modello descritto, non può
garantire in alcun modo l’efficacia e l’autenticità del “divenire cristiani” se gli adulti, gli Animatori e i Catechisti non cambiano mentalità mediante una formazione adeguata e se, soprattutto, continua a non essere coinvolta la famiglia e l’intera comunità cristiana. Siamo davanti, allora, ad un nuovo
triennio con un primo fondamentale passo da compiere: far
crescere la maturità di fede delle nostre comunità».
badisco, la Lectio sulla Parola della Domenica. L’Anno liturgico è un itinerario di fede e di vita. Con sapienza la Chiesa ci
prende per mano e, nell’arco di tre anni, ci mette davanti, alla Domenica, una parte congrua, sostanzialmente completa,
altamente significativa delle S. Scritture. La Lectio Divina non
può essere assente da nessuna comunità cristiana».
La Mistagogia: introduzione al Mistero
«La Mistagogia ci introduce al Mistero. (…) Un altro spazio di
crescita per una fede adulta è la Mistagogia, cioè l’essere introdotti al Mistero celebrandolo in modo tale che poi si viva.
“Mystagoghein” in greco greco significa “guidare al Mistero”».
Vivere le Domeniche “insieme”
«Un terzo fattore di crescita e di maturazione per la fede di
tutti è la custodia e la valorizzazione della Domenica. (…) Riscopriamo “le Domeniche insieme”, con più coraggio, osando di più, reagendo a mille obiezioni, magari attuando delle
sinergie con le parrocchie vicine o con le comunità religiose
che abbiamo la fortuna di avere sul territorio».
Il Consiglio pastorale, luogo di incontro e di crescita
«Un ulteriore e decisivo spazio di crescita per una fede che
vuol diventare adulta è il Consiglio pastorale parrocchiale o
interparrocchiale». È «un segno espressivo della comunione
ecclesiale, un luogo di incontro e di crescita che rappresenta
l’intera comunità. (…) Il Consiglio pastorale è un’esperienza
che dà forma concreta alla comunione. È un luogo in cui ci si
allena e si cresce nel discernimento, nell’ascolto, nel confronto».
La comunità cristiana, terra di fraternità e di relazione
«Prima, comunque, di tutto ciò esiste l’esigenza che la Chiesa, la comunità cristiana concretamente, oltre che Sposa, sia
veramente Madre, una comunità adulta generante».
Mettere in gioco la vivacità della nostra fede e la nostra capacità di sperare
«È necessaria una ripresa di slancio dell’evangelizzazione. È
come se fossimo la generazione dei primi cristiani. Siamo i
primi cristiani del nostro tempo. La spinta missionaria delle
nostre comunità deve esser più libera, più gratuita, più motivata che nel passato, più gioiosa. (…) Certamente, dalla preparazione dei fidanzati al matrimonio (…) ad una pastorale
familiare incisiva e costante prima, durante e, soprattutto,
dopo il Battesimo potremo avere il dono di nuclei familiari
più attenti, disponibili e responsabili nella trasmissione della
fede». Così il vescovo sottolinea «alcuni fattori e spazi di crescita a disposizione di tutti, per un una formazione permanente in vista della maturità della fede».
La Lectio Divina
Il primo fattore di crescita è la Lectio Divina, cioè la lettura
della Bibbia nello Spirito di Dio. Dopo la celebrazione eucaristica domenicale, il punto più alto di incontro con il Mistero
per ogni adulto è il confronto, la riflessione e la preghiera
sulle S. Scritture, in modo particolare sulle pagine bibliche
della Domenica. È questo l’impegno più importante di un
parroco (o altro sacerdote che lavora in parrocchia) con gli
Animatori parrocchiali (e con gli adulti in genere) dopo la
presidenza della eucaristia domenicale. Lo “spazio” della
Lectio Divina non può mancare in nessuna parrocchia; e, ri-
Chi è adulto nella fede?
«È opinione comune che la persona adulta sia uno che pensi
con la sua testa e faccia delle scelte motivate. L’adulto nella
fede è uno che vive di Gesù Cristo (Gal 2,2), che sa guardare
alla vita dalla parte del Mistero che l’attraversa. È una persona che non si considera arrivata. In possesso di un forte senso
di appartenenza alla Chiesa, dimostra anche una buona capacità di costruire relazioni positive con gli altri, rispettando
tutti e dialogando costruttivamente con ciascuno. È sempre
disponibile a curare la propria formazione e a collaborare
con le altre figure educative della comunità cristiana. La maturità di fede, inoltre, presuppone la responsabilità e la capacità di discernimento, cioè l’attitudine a decifrare l’appello
che emerge da ogni situazione.
L’adulto “significativo”, capace di essere un punto di riferimento per ragazzi, adolescenti e giovani è uno che sa accogliere il loro grido (la loro richiesta di aiuto, spesso silenziosa
o “scomposta”), e sa trasformarlo in “invocazione” perché si
aprano al Mistero di cui sono seminati i nostri passi. L’adulto
che può prendere per mano ragazzi e giovani è uno che annuncia il Vangelo come gesto d’amore, regalando loro parte
congrua del proprio tempo e una dose più che discreta di attenzione. È soprattutto una persona che comunica un’esperienza personale in maniera coinvolgente: “Vieni e vedi!”
(Gv 1,46)».
8
VITA DI
COMUNITA
,
Dicembre
2013
Torre Cajetani - 12 Ottobre
Grande festa
per don Pierluigi
Nardi
Nuovo parroco di S. Maria Assunta
di Pierino GIACOMI
È
stata davvero una bella
festa quella che ha accompagnato l’ingresso
del nuovo Parroco, don Pierluigi Nardi nella Parrocchia
di S. Maria Assunta in Torre
Cajetani, sabato 12 ottobre.
La Banda di Torre Cajetani
ha creato un clima di gioia,
di festa e di solennità.
Molti sacerdoti si sono avvicendati, infatti, dopo il periodo di permanenza stabile
di diversi anni di don Bruno
Veglianti e di don Marcello
Coretti. Nel novembre del
2007, dopo don Cristoforo
D’Amico, Parroco dell’Immacolata Concezione in località
Collelavena (Alatri) e di Torre Cajetani, il Vescovo Lorenzo Loppa mi volle affidare la
direzione dell’Ufficio Catechistico Diocesano e la cura
pastorale delle Parrocchie di
Torre Cajetani, di Trivigliano
oltre quella di S. Maria del
Colle in Fiuggi, affiancandomi due Padri della Congregazione di S. Vincenzo de’
Paoli, entrambi operanti nella Comunità in Dialogo di
Trivigliano: padre Roberto e
padre Onofrio, rispettivamente per Torre e per Trivigliano. Dopo un anno e
mezzo, però, padre Roberto
è dovuto rientrare in Messico, mentre padre Onofrio è
stato richiamato dal suo Provinciale, dopo circa tre anni
del suo prezioso servizio pastorale, per una nuova e urgente attività ministeriale in
Puglia. La gente, di tanto in
tanto mi chiedeva: “Eh, don
Pierì, ma noi, un prete tutto
nostro, non ce lo meritiamo? Siamo proprio così cattivi?”. Allora li rassicuravo
dicendo di pregare ancora
di più per le vocazioni sacerdotali, perché così anche
Torre avrebbe avuto un Parroco tutto suo, a tempo pieno. Devo dire che a Torre ho
trovato una bellissima tradizione di preghiera quotidiana in particolare per le vocazioni e, nella recita quotidiana del Rosario, aggiungono
sempre: “Dona santi sacerdoti, ferventi religiosi e sante famiglie alla tua Chiesa!”.
Il Signore ha ascoltato davvero la loro preghiera! Ed
ecco dopo sei anni un prete,
tutto per la Comunità di Torre: don Pierluigi, solo dopo
due anni dalla sua Ordinazione presbiterale, inviato
dal nostro Vescovo Lorenzo
come pastore per servire
questa Comunità Parrocchiale.
Il nostro Vescovo Lorenzo,
insieme a diversi sacerdoti
ha accolto don Pierluigi all’ingresso del paese, insieme
alla sua famiglia e alle tante
persone presenti. Il corteo si
è così diretto verso la chiesa
parrocchiale dove il Sindaco
Letizia Elementi ha rivolto
parole di grande stima nei
confronti del Vescovo per
questo dono fatto alla cittadinanza, di benvenuto e di
incoraggiamento per don
Pierluigi e di ringraziamento
per don Pierino, offrendo a
nome del paese una pisside
a don Pierluigi e a don Pierino una pergamena. La Comunità ha accolto il nuovo
Parroco con le parole di benvenuto della rappresentante
la Signora Aurora cui è seguita l’offerta di un dono.
La chiesa parrocchiale di S.
Maria Assunta gremita di fedeli: oltre la famiglia e i parenti di don Pierluigi, una
nutrita rappresentanza di
fedeli e amici provenienti da
Trevi nel Lazio, paese di origine di don Pierluigi e da
Alatri, dove ha prestato il
suo primo ministero sacerdotale e la presenza massiccia della popolazione di Torre Cajetani.
Il Vescovo Lorenzo nel chiedere a don Pierluigi di professare la fede, lo ha incoraggiato ad essere vicino alle persone, a cominciare dai
ragazzi, e ad essere forte e
perseverante nella testimonianza di fede, coraggioso
nel portare avanti questo
ministero pastorale affidatogli, sicuro di esserne certamente, con l’aiuto del Signore, all’altezza!
FIUGGI, 16 ottobre: LA R.S.A. “NUOVA S. ELISABETTA”
all’udienza del mercoledì. A tu per tu con il Santo Padre
È
stata una giornata davvero straordinaria quella di mercoledì 16 ottobre 2013, il bel gruppo di anziani e non, ospiti
della R.S.A. ”Nuova S. Elisabetta“ di Fiuggi, ha approdato
in Piazza S. Pietro per l’attesissimo incontro con il Santo Padre.
Il tempo all’inizio non proprio clemente ha ceduto alle preghiere insistenti... e si è lasciato commuovere per aprirsi ad
una giornata serena e soleggiata. L’ottima e strategica posizione in cui i nostri amici sono
stati sistemati ha permesso di essere a tu per tu con il Santo Padre: il Papa si è fermato con
ognuno di loro, come si può vedere dalla foto, per uno scambio affabile e cordiale di breve
colloquio, godendo dello sguardo intenso e interessato, di commovente intesa, ricevendo
amabilmente una carezza e la benedizione sulla fronte da parte del Santo Padre e, come
dono, ciascuno, la corona del Santo Rosario. È stata una esperienza indimenticabile per i nostri amici, anche se, come si può immaginare, faticosa sia per la preparazione, la sveglia, il
viaggio, sia per le cose da preparare, da portare... ma ne è valsa la pena, perché la gioia di
questo incontro “ravvicinato” con il Papa, ha messo nel cuore una emozione e una contentezza incontenibile e una soddisfazione grandissima. Non si sapeva peraltro se fossero più
commossi gli ospiti o i loro accompagnatori e dirigenti e medici.
Pierino Giacomi
Anno XIV
Numero 10
VITA DI
COMUNITA
,
9
Vico nel Lazio
Festa del ciao:
un inizio per
riflettere
Essere catechisti: un impegno per la vita
di Chiara CAMPOLI
L’
inizio dell’anno catechistico apre le porte
alle attività che si
svolgeranno in parrocchia
durante il nuovo anno pastorale. Non poteva che
iniziare con l’ormai immancabile “Festa del
ciao”, dove catechisti,
bambini, ragazzi, e perché
no genitori, sono pronti a
giocare; e il pomeriggio
trascorre all’insegna di
giochi, balli e ovviamente
la merenda che conclude il
dolce pomeriggio.
Alla conclusione di tutto,
quando i bambini ci salutano e si inizia a mettere
in ordine, la nostra riflessione va alle nostre tre comunità, ci si rende conto
che il senso di essere “Comunità” è ancora lontano,
il senso di “essere Chiesa”
è un futuro, ma non il presente. A questo punto verrebbe quasi voglia di buttarsi giù, ma è questo che
dovrebbe spingerci ad ini-
ziare il nuovo anno catechistico con un obiettivo:
mettere nel cuore di ognuno un po’ di Chiesa, dell’
“essere Chiesa”.
Passando per il nostro piccolo paese i discorsi che si
sentono, spesso sono un
“far rimbalzare la palla”,
la chiesa è compito del
prete, dei catechisti, dei
genitori; ma spesso siamo
noi cristiani i primi a non
comprendere che la chiesa
è compito di ognuno, con
il battesimo tutti siamo
chiamati ad essere testimoni. Essere catechisti è
testimoniare con la nostra
persona l’essere chiesa,
l’immagine che mi viene
alla mente è quella della
vite e dei tralci, solo seguendo Cristo ci incorporiamo alla Chiesa, diventiamo un tutt’uno.
Papa Francesco in occasione del Congresso Internazionale sulla catechesi ha
detto ai catechisti: “Essere
catechisti, non ho detto
‘fare i catechisti’, ma ‘es-
serlo’, è un impegno che
coinvolge la vita.[…] Si
guida all’incontro Gesù
con le parole e con la vita,
con la testimonianza. ‘Essere’ catechisti chiede
amore, amore sempre più
forte a Cristo, amore al
suo popolo santo. E questo amore, necessariamente, parte da Cristo”.
Il catechista necessita di
una preparazione, di un
cammino di fede per svolgere al meglio il compito a
cui è stato chiamato. Esse-
re catechista è un servizio
alla comunità, ed è attraverso di essa e con l’aiuto
di ogni singolo membro
che si può crescere insieme. Iniziamo il cammino di
questo anno con la consapevolezza di far parte di
una grande famiglia che
tra alti e bassi ci chiede di
essere testimoni autentici
e credibili. E allora …
pronti a mettersi in gioco?
Dicembre
10
2013
Cult
Attualità
L
I
B
R
I
P
LA VITA
DI WILHELM BRASSE,
IL FOTOGRAFO
DI AUSCHWITZ
ome il Crematorium, anche lo studio
fotografico di Auschwitz era organizzato per smaltire con rapidità ed efficienza un numero elevatissimo di corpi di untermensch. Lo sgabello per la posa, un
cubo di legno, veniva fatto girare su se
stesso da un pedale azionato dal fotografo che così, senza allontanarsi dalla
fotocamera, in pochi secondi impressionava le tre “viste” d’ordinanza: fronte,
profilo e trequarti. Ma il kapò Maltz ne
approfittava per un suo divertimento extra: quando l’internato accennava faticosamente ad alzarsi, con un colpo al pedale lo proiettava a terra violentemente, tra
le risate degli aguzzini annoiati. Non rideva Wilhelm Brasse, il fotografo di Auschwitz. Confusamente, forse, intuiva che
quello scherzo crudele, in fondo insignificante rispetto al resto, svelava la natura
del compito a cui era stato assegnato: il
prelievo forzoso dell’identità, tappa della
degradazione che era premessa all’eliminazione. La camera oscura come anticamera della camera a gas. Brasse era un
internato: polacco, non ebreo, anzi ariano, ma renitente all’arruolamento nella
Wehrmacht, gli si era aperto davanti il
cancello fatale, ma per lui la scritta che vi
campeggiava sopra, “il lavoro rende liberi”, per una volta diceva la verità. Il suo
mestiere lo salvò. In cambio lui, rischiando la vita, salvò dalla distruzione e preservò per i nostri occhi allucinati i documenti del “male assoluto”, oltre cinquantamila ritratti di sterminandi, e visioni di
altri orrori. La vita di Wilhelm Brasse, il fotografo di Auschwitz, è ora narrata da Luca Crippa e Maurizio Onnis (Piemme, 336
pagine, 14,90 euro) Wilhelm Brasse, il fotografo del lager. L’uomo che documentò
il male. Internato nel 1941 col numero
3444, Brasse è un privilegiato, e ne è consapevole. Per cinque anni si vede sfilare
davanti i volti e i corpi dei morituri. Sa cosa succede fuori dalla baracca-studio del
blocco 26 da cui evita più che può di uscire. Se non lo sapesse, glielo direbbero i
volti che il suo obiettivo cattura: ebrei
emaciati, prigionieri russi, zingari pesti,
ragazzine quasi bambine.
PORTADINI
C
er chiunque voglia accostarsi alla storia della chiesa di Portadini è necessario partire dal famoso evento che segnò la
vita religiosa di Alatri nel XVII secolo: neanche Gino Maiello,
pittore e scrittore, si sottrae a questo passaggio obbligato nello scrivere la sua “Storia della venerabile confraternita
della Beata Vergine sotto il titolo della Resurrezione”,
stampato da Strambi editore. Un testo agile, quello di Maiello,
che ricostruisce la storia del luogo religioso: dalla primitiva còna all’odierna chiesa, attraverso le vicende legate al miracolo e
alla confraternita che ha sede nella chiesetta. Il tutto procedendo dal fatto prodigioso del maggio 1619, quando un giovane, mentre giocava a bocce con alcuni amici nei pressi dell’antica edicola, accecato dall’ira perché sempre sconfitto, lanciò per la rabbia un sasso sul volto della Madonna, imprecando
nei confronti di Maria. La tradizione vuole che la guancia della
Vergine si gonfiasse (“se gonfiò lo ciglio...”), come se il ragazzo avesse colpito la carne. Un gesto sciagurato che fu punito
con una morte repentina (qualcuno afferma che il giovane si
suicidò), con il ragazzo che, non potendo essere sepolto in terra consacrata, su sotterrato in un anfratto tra le mura ciclopiche che sono nei pressi della chiesa, a 75 passi dalla stessa risalendo verso Porta San Francesco.
S
CURARSI
CON I LIBRI
i può curare il cuore spezzato con Emily Brontë e il mal d’amore con Fenoglio, l’arroganza con Jane Austen e il mal di
testa con Hemingway, l’impotenza con Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati, i reumatismi con il Marcovaldo di Italo Calvino,
o invece ci si può concedere un massaggio con Murakami e
scoprire il romanzo perfetto per alleviare la solitudine o un
forte tonico letterario per rinvigorire lo spirito. Questo suggeriscono le ricette di un libro di medicina molto speciale, un vero e proprio breviario di terapie romanzesche, antibiotici narrativi, medicamenti di carta e inchiostro, ideato e scritto da
due argute e coltissime autrici inglesi e adattato per l’Italia da
Fabio Stassi, autore de L’ultimo ballo di Charlot. Se letto nel
momento giusto un romanzo può davvero cambiarci la vita.
Queste ricette per l’anima e il corpo, scritte con passione, autorevolezza ed elegante umorismo, propongono un libro e un
autore a rimedio di ogni nostro malanno, che si tratti di raffreddore o influenza, di un dito del piede annerito da un calcio maldestro o di un severo caso di malinconia. Le prescrizioni
raccontano le vicende e i personaggi di innumerevoli opere,
svelano aneddoti, tratteggiano biografie di scrittori illustri e
misconosciuti, in un invito ad amare la letteratura che ha la
convinzione di poter curare con efficacia ogni nostro acciacco.
C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro
Anno XIV
Numero 10
tur@
11
Attualità
PERCORSI
Formazione
all’impegno sociale
e politico.
Il lavoro che non c’è.
Il nostro territorio si
interroga: illusione,
speranza o realtà
l percorso vuole fornire spunti di riflessione su un fenomeno che ci colpisce
Imolto
da vicino e che viene comunemente definito come la mancanza di lavoro
soprattutto giovanile. La riflessione, aiutata da esperti, dovrebbe condurre alla
conclusione che il lavoro, oggi, anche
dalle nostre parti, è oggetto di una
profonda e rapida trasformazione, che
però non lo fa svanire nel nulla, ma lo fa
scomparire come un fiume carsico che
poi riappare altrove. Noi ci dobbiamo
mettere più vicino possibile al luogo dove è presumibile che il fiume carsico del
nuovo lavoro riappaia.
14 Dicembre 2013 ore 17.30
Il lavoro che non c’è...
Tavola rotonda - laboratorio
18 Gennaio 2014 ore 17.30
... Il lavoro che cambia. Potenzialità e rischi del web.
Mons. Domenico Pompili - Sottosegretario della CEI
15 Febbraio 2014 ore 17.30
Quali possibilità di sviluppo a livello locale
Tavola rotonda - laboratorio
22 Marzo 2014 ore 17.30
Non di solo pane.. per una nuova economia
Tavola rotonda - laboratorio
Le comunità cristiane sono attente
al sociale e al politico
Occorre essere cittadini consapevoli e attivi che sul territorio facciano la loro parte e non subiscano passivamente gli avvenimenti: la sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con sensibilità particolari, ma è compito di tutta
la Chiesa. Nella visione cristiana l’uomo
non si realizza da solo, ma grazie alla
collaborazione con gli altri e ricercando il
bene comune. Si propone un luogo dove
sia possibile informarsi e confrontarsi serenamente, dove sia possibile rendersi
conto delle problematiche che ci circondano, dove sia possibile imparare a leggere tali realtà nel confronto, nel dialogo
e nel rispetto reciproco alla luce degli insegnamenti della dottrina sociale della
Chiesa.
C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro
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x 10 dicembre 2013 - Diocesi di Anagni