La lingua della politica
in Italia
2. Varietà diamesiche e diafasiche
dell’italiano contemporaneo
Le varietà diamesiche

Le varietà linguistiche che si producono
nell’italiano contemporaneo al variare del
canale di comunicazione scelto sono
numerose. Possiamo però raggrupparle
in due tipologie principali (alle quali
aggiungeremo poi una terza categoria):
1.
parlato
scritto
2.
Le differenze tra scritto e parlato
1.
La comunicazione orale può contare su tre linguaggi ausiliari che
mancano nella comunicazione scritta:
a.
il linguaggio mimico (le espressioni facciali e lo sguardo possono
essere usati per esprimere uno stato d’animo generale:
scetticismo, approvazione, disappunto e così via);
b.
il linguaggio gestuale (i movimenti delle mani e della testa
possono significare molte cose, anche se la loro funzione
principale è quella di affermare o negare);
c.
il linguaggio prossemico (la distanza fisica che poniamo tra noi
stessi e il nostro interlocutore è un indicatore anche del grado di
familiarità o confidenza che ci lega).
Le differenze tra scritto e parlato
2.

Un’altra peculiarità del parlato rispetto allo
scritto è il rapporto con il destinatario del
messaggio.
Il parlato esaurisce la sua funzione
nell’immediatezza della comunicazione, esige
la presenza di uno o più interlocutori e
coinvolge un numero limitato di persone. Chi
scrive può rivolgersi, invece, a un pubblico
indifferenziato che può essere lontano
temporalmente (i posteri) o psicologicamente
(destinatari imprevisti) e potenzialmente più
vasto.
Le differenze tra scritto e parlato:
progettazione e spontaneità
3.
In generale, il parlato è più libero e spontaneo dello scritto che
richiede invece una più attenta progettazione.
a.
Nello scritto si esercita un maggiore controllo delle scelte
linguistiche. Il parlato, invece, può ammettere voci gergali (fino al
turpiloquio), tratti grammaticali assenti o marginali nello scritto
(come il pronome te usato in funzione di soggetto e le
dislocazioni) e ripetizioni.
Lo scritto ha una maggiore pianificazione che si riflette sulla
sintassi caratterizzata da periodi estesi e dalla subordinazione. Il
parlato mostra invece una sintassi organizzata mediante la
coordinazione di frasi brevi.
Lo scritto deve esplicitare le circostanze della comunicazione
mentre il parlato può permettersi di essere implicito e di fare
riferimento al contesto in cui si svolge la comunicazione; nel
parlato si possono cioè sfruttare due meccanismi particolari:
presupposizione e deissi.
b.
c.
Due meccanismi del parlato:
presupposizione e deissi


La presupposizione consiste nel dare per scontati
elementi non esplicitati nel discorso perché ricavabili
dalle conoscenze dell’interlocutore. In una conversazione
tra amici una frase come Ce l’ho fatta, 28! presuppone
che l’interlocutore sappia che chi parla doveva sostenere
un esame universitario.
La deissi consiste nel far riferimento al contesto in
relazione al tempo, allo spazio e alle persone implicate
mediante elementi chiamati, appunto, deittici. Alcuni
esempi: Lui è arrivato ieri; siediti qui; quello è matto (le
informazioni contenute in lui, ieri, qui, quello dovrebbero
essere invece esplicitate nello scritto: chi è arrivato? ieri
rispetto a quando? qui dove? e così via).
Altre differenze tra parlato e scritto

Rispetto allo scritto, il parlato presenta altre tre peculiarità:
1.
possibilità di retroazione (o feed-back), ovvero di aggiustare
il tiro del discorso in base alle reazioni dell’interlocutore (è
uno dei motivi della ridondanza del discorso orale);
2.
obbligo di svolgimento lineare della sequenza verbale che
deve essere organizzata in modo progressivo (un testo
scritto si può invece leggere in modo libero, cominciando da
un punto qualsiasi o scorrendolo rapidamente alla ricerca
delle informazioni essenziali);
3.
limitazione alla sfera uditiva (il testo scritto coinvolge anche
quella visiva – di qui il ricorso alla punteggiatura – e può
essere letto sia ad alta voce, sia in modo endofasico, come
avviene nella lettura mentale).
Una varietà di parlato: il trasmesso

Un discorso orale può essere trasmesso alla radio o in
televisione (parlato-trasmesso) e presentare un diverso
grado di progettazione o di spontaneità.

Si va dalla “presa diretta” (come nei commenti rilasciati a
caldo da un politico all’inviato del telegiornale o nella
telecronaca di un evento sportivo trasmesso in diretta) a
un grado minimo di progettazione (come nelle
trasmissioni che seguono una scaletta) fino a un
massimo di pianificazione (come nel caso della lettura di
un messaggio scritto in precedenza, ad esempio il
discorso di fine anno del Presidente della Repubblica).
Scritti parlati trasmessi

Naturalmente ogni varietà diamesica
assume caratteristiche diverse in relazione
alla situazione comunicativa (diafasia),
ovvero al contesto (formale, neutro,
informale o confidenziale), che dipende in
parte dal rapporto che intercorre tra chi
scrive o parla (emittente) e chi legge o
ascolta (destinatario).
Italiani scritti
1.
Il massimo di formalità nello scritto si ha,
per esempio, nella prosa scientifica o
argomentativa, nella prosa narrativa di
tono elevato, nel linguaggio poetico
aulico, nella comunicazione istituzionale
e amministrativa (burocratica) e, più in
generale, in ogni situazione in cui tra
emittente e destinatario non c’è un
rapporto confidenziale.
Italiani scritti
2.
Se tra emittente e destinatario c’è un
certo grado di confidenza e il contesto
comunicativo non è troppo formale, la
scrittura potrà atteggiarsi a un tono
neutro (un esempio potrebbe essere una
lettera indirizzata a un collega di lavoro
che non si frequenta al di fuori
dell’ambito lavorativo).
Italiani scritti
3.
Alcune comunicazioni di tipo privato,
come le mail che si scrivono a un amico
con cui si è in confidenza o i messaggini
sul cellulare, si situano in un contesto
informale e possono arrivare ad
accogliere tratti tipici del parlato come la
presupposizione e la deissi (Ci vediamo
al solito posto; Ci sarà anche Marco;
Passo a prenderti domani alle otto).
Italiani parlati

1.
2.
3.
Anche un discorso orale viene realizzato in forme
diverse in base al contesto in cui avviene la
comunicazione.
Il parlato più spontaneo e tipico è quello della
conversazione tra due o più persone in rapporto
confidenziale.
Nei dialoghi asimmetrici, in cui i due interlocutori non
sono sullo stesso piano di prestigio e quindi di
spontaneità di di lingua (un interrogatorio giudiziario o
un esame scolastico), il discorso orale sarà più
sorvegliato e formale.
Un caso di parlato programmato è rappresentato dai
monologhi, che non prevedono l’interazione con
l’interlocutore, in cui la spontaneità è ridotta.
Italiani trasmessi

Il parlato-trasmesso risponde alle stesse
regole formali che abbiamo indicato per il
parlato, con la differenza sostanziale che
in questo caso il destinatario del
messaggio è rappresentato da una platea
più ampia ed è generalmente
indifferenziato (ma esistono anche
trasmissioni pensate per un determinato
pubblico, come nel caso dei programmi di
approfondimento su singoli argomenti).
Italiani trasmessi

Con la nascita del sistema radiotelevisivo misto,
pubblico e privato (1976), si è passati da un italiano
controllato e neutro, immutabile in rapporto al genere
di trasmissione, a un italiano fluido e mutevole, che
viene adattato alla realtà variegata dei programmi
mandati in onda.

Possiamo individuare almeno quattro varietà di parlatotrasmesso legate al tipo di programma:
1.
2.
3.
4.
parlato
parlato
parlato
parlato
serio semplice
sciolto colloquiale
trascurato o sciatto
simulato
Italiani trasmessi
1.
2.
3.
Il parlato serio semplice è quello adottato nelle
trasmissioni di informazione e divulgazione
politica, culturale o scientifica medio-alta (Tv7,
Superquark, L’infedele).
Il parlato sciolto colloquiale è legato a
trasmissioni di intrattenimento, dal varietà al
quiz (Ballando con le stelle, Chi vuol essere
milionario).
Il parlato trascurato o sciatto si realizza in
trasmissioni di intrattenimento come il reality e
il talk show (L’isola dei famosi, Uomini e
donne).
Italiani trasmessi
4.
Il parlato simulato è usato nella fiction, dai
romanzi sceneggiati al teleteatro, dagli originali
televisivi alle produzioni seriali “all’italiana”
(Guerra e pace, Palcoscenico, I Cesaroni, Il
commissario Montalbano, Un posto al sole; gli
ultimi tre casi includono nella simulazione
anche l’italiano dialettale).

Va detto che nella comunicazione televisiva
esiste anche uno scritto-trasmesso, quello del
televideo o dei titoli dei telegiornali (TG2,
RaiNews).
L’italiano televisivo

L’italiano televisivo rientra quindi nella tipologia della lingua
trasmessa e combina tratti della lingua scritta e della lingua parlata
faccia a faccia:

mancata condivisione del contesto da parte di emittente e ricevente;
unidirezionalità dell’atto comunicativo;
Molteplicità degli emittenti (produzione collettiva del messaggio);
eterogeneità dei riceventi (destinazione di massa del messaggio);
distanza temporale tra il momento di preparazione del testo, il
momento della sua esecuzione e quello della sua ricezione;
ritmo eterotrainato di fruizione del messaggio (il palinsesto televisivo
regola la messa in onda dei programmi e le interruzioni pubblicitarie
condizionano il tempo della trasmissione e della ricezione del
messaggio da parte dei telespettatori);
simulazione del parlato spontaneo (la riproduzione fedele del parlato
spontaneo si ha solo nella “presa diretta”);
presenza di un apparato tecnico-economico per la preparazione e la
trasmissione del messaggio.
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Lo spazio linguistico italiano
Dal parlato allo scritto
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