SOCIAL NETWORK: CRESCITA O REGRESSIONE?
D.ssa Noadia Lorusso (CTA) – D.ssa Roberta Paradisi (CTA)
Oggi ho sentito Nora dire ai suoi amici davanti a scuola “ci vediamo su Face” e
“tranqui che ti taggo”.
“Ti taggo”, “Mi piace”, “Ci vediamo su face” sono solo alcuni modi di dire entrati nel
gergo corrente (Boyd, 2007).
Si riferiscono al mondo del social network, dove fa da capofila il famoso Facebook
seguito da Myspace e Twitter (Van Belleghem, 2010).
Il social network di cui fa parte Nora è una struttura sociale fatta di individui chiamati
“NODI”, i quali sono connessi tra loro da una o più specifiche forme di
interdipendenza, quali amicizia, consanguineità, interessi comuni, scambi finanziari,
relazioni sessuali, cultura, giochi . Si ha la nascita di uno spazio costituito da legami
virtuali e reali, uno spazio simbolico di espressione del Sé in una relazione sociale
mediata.
Nora narra la sua vita attraverso Facebook, un museo dinamico che contiene la vita
online di 721 milioni di persone in tutto il mondo.
Nora ha 16 anni ed è italiana, fa parte della generazione digitale che si connette dalla
cameretta con il tablet e con lo smartphone da scuola (Livingstone et al., 2011). Ha
un’amica in Grecia, Zoe, che ha raggiunto attraverso 4,74 amici (Backstrom et al.,
2011) sorpassando i 6 passaggi di Milgram (1967; Travers e Milgram, 1969), con cui
condivide la passione per Farmville. Zoe in chat confida a Nora di avere 12 anni e di
essersi iscritta a Facebook modificando l’età come il 38% dei suoi coetanei
(Livingstone et al., 2011). Nora ha 205 amici e Zoe 338 come la maggior parte dei
suoi pari (ibidem; Lenhart et al., 2011). Nora racconta che suo fratello, Marco di 6
anni, si è iscritto a My page, un nuovissimo social network per bambini e si diverte
tanto con i giochi che ci sono ma niente a che vedere con Face dove puoi fare nuovi
amici.
Nora, Zoe e Marco sono in una fase evolutiva molto importante, come influisce
questo loro mondo virtuale nella formazione del loro Sé?
L’inquadramento teorico utilizzato per analizzare l’impatto del social network sulla
costruzione ed evoluzione del Sé nei nostri protagonisti è l’Interazionismo (Mead,
1934).
In particolare, la cornice teorica scelta agevola una lettura del fenomeno social
network nell’accezione di “comunità di significato”. Saranno, altresì, valutate le
transazioni che nell’interazione e nella relazione web mediata l’adolescente mette in
atto.
La lettura del social network, di Facebook nello specifico, quale contesto e comunità
facilita l’analisi del ruolo del linguaggio nonché dell’assenza di differenziazione nei
simboli che divengono unici ed univoci inducendo una potenziale cristallizzazione
del Sé in un individuo, quale è l’adolescente, la cui identità è in evoluzione.
Nora, assunta nel presente elaborato quale esemplificazione prototipica
dell’adolescente, manifesta attraverso l’utilizzo e, assai spesso, sovrautilizzo di
Facebook il bisogno di relazione con una tensione ad interagire. In tale comunità
mediata non si può non trascurare elementi fondamentali della relazione quali
l’espressione emotiva e il linguaggio non verbale e paraverbale, il linguaggio del
corpo, elementi fondamentali per la costruzione ed evoluzione del Sé.
La teoria interazionista è finalizzata a cogliere la natura dualistica, soggettiva ed
oggettiva, individuale e sociale, dei processi che portano alla plastica configurazione
dell’identità. La natura di tali processi risiede nell’agire sociale, nella sua
appartenenza ad un gruppo sociale (Backstron et al., 2006).
Il social network è un gruppo sociale, una rete all’interno della quale prende vita un
sistema di relazione gestiti dagli iscritti. Infatti, è attraverso un processo di
interazione sociale che l’individuo cresce e si sviluppa acquisendo così la capacità di
interpretare i gesti che mette in atto e di anticipare le conseguenze delle proprie
azioni sulla base di significati condivisi. E’ quanto si verifica in Facebook: esistono
un insieme di regole condivise sulla base delle quali Nora condivide il proprio status
anche rispetto ai significati che gli altri “amici” attribuiranno ad essi (Back et al.,
2010).
Nell’ottica interazionista, l’uomo osservato attraverso le sue azioni, può essere
compreso solamente in termini di “significato”, non occorre cercare le cause
dell’azione, ma il significato dell’azione compiuta, ciò che assume rilevanza è il
senso che un certo tipo di gesto ha per l’individuo.
E’ in questo modo che l’evocazione della stessa risposta tanto nel Sé quanto nell’altro
fornisce il contenuto necessario per garantire la “comunità di significato”. In
Facebook ogni atto è suscettibile di una risposta prevedibile da parte degli altri,
dettata dalla regole e opzioni che il social network prevede, si crea e si costituisce la
“comunità di significato”.
Si è fatto riferimento al ruolo del linguaggio nella creazione di uno specifico e
precipuo significato. Esso crea la realtà attraverso la formazione e la definizione di
termini nuovi. L’uso metaforico del linguaggio, ovvero l’impiego di parole consuete
in modi “strani”, è uno dei mezzi principali per creare nuovi significati e immaginare
nuove relazioni tra vecchi oggetti (Denzin et al., 2010). In tale accezione risulta
immediato il riferimento allo slang utilizzato dagli adolescenti. In Facebook, parole
consuete quali “mi piace”, “condividi”, “commenta” assumono un significato dettato
dal contesto che trasforma tali termini creando nuovi significati.
La facoltà di assumere la prospettiva e gli atteggiamenti dell’altro innesca una serie di
processi regolati dall’acquisizione della funzione simbolica (ibidem). Esso favorisce
il dialogo interiore (self - interaction) permettendo all’individuo di acquisire la
conoscenza di Sé stesso, in sintesi tale processo si configura quale responsabile dello
sviluppo della socializzazione umana. L’interazionismo tratteggia, quindi, una teoria
fondata sulla comunicazione simbolica in cui giocano un ruolo principale i processi
di configurazione della realtà e in cui il rapporto tra individuo e società sia di tipo
interattivo (Ferrante, 2010). In Facebook, si configura una realtà sperimentata dagli
utenti attraverso una continua interazione tra l’adolescente e quella società “mediata”
costituita da simboli ben precisi. E’ ipotizzabile che la conoscenza di Sé che
l’individuo acquisisce attraverso tale tipo di interazione sia limitata.
Una lettura più propriamente analitico transazionale del fenomeno fa presupporre che
le transazioni che si mettono in atto in tale contesto siano di tipo ulteriore
caratterizzate da due strutture complementari simultanee che veicolano su un duplice
livello, uno sociale o superficiale, quello che Nora scrive o pubblica, e uno
psicologico, nascosto o ulteriore (Berne, 1972).
Il tempo trascorso da Nora su Facebook potrebbe rientrare nei passatempi che, oltre a
fornire strutturazione del tempo e a procurare riconoscimento reciproco, hanno la
funzione ulteriore come processi di selezione sociale per dar vita a rapporti più
complessi, consentono di raccogliere informazioni sulle idee e sugli interessi della
persona (Berne, 1964). Il vantaggio che se ne ricava è una conferma delle proprie
opinioni e convinzioni e un consolidamento dei ruoli assunti di preferenza, gli
atteggiamenti mentali e le posizioni esistenziali. Un vantaggio che potrebbe non
coincidere con il bisogno di differenziazione e crescita necessari all’adolescente.
Sulla base di quanto esposto, focalizziamo l’attenzione sulla costruzione dell’identità
e del senso del Sé attraverso il social network. Il Sé non esiste dalla nascita bensì
emerge nel corso dell’interazione sociale (Hewitt, 1996).
Il Sé si sviluppa come risultato delle relazioni che l’individuo ha con il linguaggio e
con gli altri individui. Esso non si manifesta nella sua totalità, ma si configura in
termini diversi a seconda degli altri con cui si trova, delle situazioni in cui è immerso
e dei ruoli che sta esercitando (Zhano, Grasmuck & Martin, 2008). I processi sociali
divengono responsabili della comparsa del Sé che non può esistere al di fuori di
questo tipo di esperienza. La struttura, quindi, sulla quale si crea un Sé consiste in
questa risposta comune a tutti, poiché l’individuo deve essere membro di una
comunità per costruire un Sé (Backstron et al., 2006).
In riferimento a tale concetto di comunità, Facebook si costituisce tale con la
connotazione di apertura per cui Nora può far entrare “accettando amicizie o
richiedendole” altre persone.
Ciò che perdura sono le risposte comuni, i significati condivisi che possono indurre la
persona a costruire un particolare e limitato Sé, quel particole Sé quale membro di
quella specifica comunità: Facebook.
E’ naturale chiedersi se nell’interazione diretta Nora sarà in grado di esprimere un
altro Sé sulla base dell’interazione con un’altra precipua comunità, ad esempio quella
della famiglia, della scuola o del gruppo sportivo.
In riferimento alla linea di pensiero esposta sorgono degli interrogativi a cui si
rendono necessarie delle idonee riflessioni. In particolare, se il Sé si sviluppa quale
risultato delle relazioni che l’individuo, nella fattispecie l’adolescente, ha con il
linguaggio e con gli altri individui configurandosi in termini diversi a seconda degli
altri con cui si relaziona, delle situazioni in cui è immerso, quale Sé si esprimerà nel
social network? Quale influenza avrà la mancanza di una visibilità fisica durante la
comunicazione? Se il tempo trascorso nell’interazione attraverso il social network
fosse l’unico o il prevalente, quali ripercussioni si avrebbero sullo sviluppo del Sé e
sulla sua espressione?
In Facebook il Sé potrebbe cristallizzarsi rispetto all’espressione di uno esclusivo
Stato dell’Io a scapito degli altri, soprattutto in strutture di personalità patologiche o
in via di definizione, quali quella dell’adolescente.
Il social network è uno strumento che consente di controllare e definire la propria
identità sociale e quella dei propri amici. Grazie a questo processo e alla fusione tra
mondo reale e virtuale si produce un'identità fluida, che è allo stesso tempo flessibile
ma precaria, mutevole ma incerta (Bauman, 2003).
Se un’identità fluida può essere un vantaggio per un adulto, può diventare un
problema per un adolescente che sta cercando di costruire la propria identità. In
particolare, può portare a un rallentamento del processo di costruzione dell’identità e
a sostituire la stabilità e il futuro con un eterno presente privo di certezze e di legami
(Riva, 2010).
Nora ha passato una bella giornata con i suoi amici e ora sta decidendo quali foto
mettere online, mentre ci pensa visita la bacheca di Zoe che ha appena scritto “senza
parole” e si interroga che cosa può significare e istintivamente clicca mi piace.
Quale emozione accompagna Zoe nella scrittura del suo status e quale Nora nel
cliccare?
Il social network priva il soggetto di un importante punto di riferimento nel processo
di apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui. Ci troviamo di
fronte all’insorgere di un analfabetismo emotivo (Riva, 2010) in cui manca il corpo
come veicolo di attivazione dei neuroni specchio in primis per la comprensione
dell’altrui status (Rizzolati e Sinigaglia, 2006; Gallese, 2009).
Se da una parte i social network e la Rete in generale possono arricchire la vita di
bambini e adolescenti, inducendoli a socializzare e a mantenere rapporti di amicizia
con altri ragazzi, dall’altra potrebbero rivelarsi un pericolo per la loro salute fisica e
mentale, soprattutto sui più fragili.
Gianni, amico scolastico di Nora, non ha partecipato alla pizzata della sua classe e
ora che vede tutte le foto taggate, pensa che domani non andrà a scuola per il forte
mal di pancia che gli è venuto.
Questo perché un giovane che tende ad isolarsi tende a deprimersi, infatti, ogni
qualvolta vede aggiornamenti di stato altrui entusiasmanti o foto che mostrano
momenti divertenti trascorsi dagli amici, ciò provoca quella che viene definita in
modo provocatorio come la depressione da Facebook (O’Keeffe et al. 2011).
Gianni e Zoe sono stati oggetto di cyberbullismo (Formella e Ricci, 2010) e
grooming (Ost, 2009), ma con l’aiuto dei propri genitori hanno affrontato il
problema, quando si è online è facile incorrere in questi problemi (Doxa e Save the
Children, 2008; Livingstone et al., 2011).
In conclusione possiamo affermare che il social network può rispondere ai seguenti
bisogni:

Bisogno di struttura: le persone sono libere di organizzare e strutturare il
tempo e le forme di relazione sociale.

Bisogno di sicurezza: le persone con cui comunico sono solo amici e non
estranei. Posso scegliere chi è un amico, controllare che cosa racconta di Sé e
commentarlo.

Bisogno associativo: con questi amici posso comunicare e scambiare
opinioni, risorse e applicazioni.

Bisogno di stima: io posso scegliere gli amici, ma anche gli altri possono
farlo.

Bisogno di autorealizzazione: posso raccontare me stesso come voglio e
sicuramente c’è qualcuno dei miei amici che mi ascolta.
Il social network può favorire i seguenti elementi di regressione:

Facilita l’emergere di comportamenti disfunzionali (dal cambiamento di
identità allo stalking, cyberbullismo, grooming fino alla violazione e all’abuso
dell’informazione) (Kim, LaRose, Peng, 2009).

Favorisce lo sviluppo di un’identità fluida potenzialmente destabilizzante
per i più giovani.

Facilita l’analfabetismo emotivo sostituendo la fisicità del corpo con
quello del medium.

Facilita l’insorgere di aspetti depressivi.

Può generare vere e proprie forme di dipendenza.

Può favorire la cristallizzazione di elementi psicopatologici pre-esistenti
(Buffardi e Campbell, 2008).
E Nora?
È passato un anno da quando Nora ha giocato a Farmville, la sua vita reale è
cambiata, quella online si è spenta cercando nella dimensione della follia un rifugio.
È stata violentata, ha rischiato di morire, poi è entrata in comunità dove tra
personaggi di follia si è stagliato sullo sfondo una persona reale che l’ha riportata alla
vita. È sopravvissuta e urla la sua rabbia nella bacheca di Facebook, tiene aperto il
suo profilo affinché tutti possano leggere.
A lei che è uscita dal tunnel e che ha affrontato i suoi carnefici denunciandoli, lei che
scrive ai suoi 558 amici “Io che non ho mai smesso di amare … Me!” e all’angelo
che l’ha aiutata a vivere dedichiamo questo lavoro.
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