UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL'AQUILA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Master biennale di I livello di osteopatia nella clinica odontoiatrica
Coordinatore del master prof. Giannoni
Tesi
PARALISI CEREBRALI INFANTILI
Perché l’osteopatia?
Relatori
candidati
Dott.ssa G. Barlafante
Dott. V. Cozzolino
Pietro La Macchia
Andrea Valente
Dott. R. Cattaneo
Anno Accademico 2008-2009 / 2009-2010
Indice
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INDICE
Ringraziamenti
1.
Prime e successive funzioni del sistema nervoso
01
2.
Embriologia del sistema nervoso centrale
08

Midollo spinale

Cellule nervose

Nervi spinali

Encefalo

Sistema nervoso autonomo
3.
Midollo spinale
27
4.
Tono muscolare
57
5.
Encefalopatie infantili
68
 Eziologia e anatomia patologica
 Sintomatologia e forme cliniche
6.
Perché l’osteopatia
77
7.
Come si verifica la disfunzione
83
8.
Parabola del buon samaritano
97
9.
Casi clinici
98
10.
Medicus
115
11.
Bibliografia
116
Prime e successive funzioni del sistema nervoso
___________________________________________________________________________
Prime e successive funzioni del sistema nervoso
Secondo la nostra teoria cinetica dello sviluppo, è lecito attendersi che anche il
sistema nervoso sia morfologicamente un’immagine istantanea di movimenti
metabolici biodinamici. Anche in questo caso, i dati ottenuti dalla cinetica di
sviluppo ci forniscono una migliore visione delle funzioni basilari delle vie
nervose, rispetto a quella offerta dall’accertamento di processi chimici o
elettrici. Parlando per immagini, non si può spiegare il corso di un fiume
partendo dallo sviluppo della navigazione, né partendo dalle sue sorgenti, dai
suoi affluenti o dai porti situati alla sua foce. Altrettanto poco, il corso dei flussi
di crescita (flussioni) — che portano alla formazione delle vie nervose — può
essere spiegato a partire dai percorsi degli impulsi o dal loro significato per i
diversi tipi di reazione. È più facile accostarsi ai principi dei centri nervosi — da
sempre cercati — ed alle loro vie, studiandone la differenziazione dal punto di
vista
della
cinetica
di
sviluppo
e
della
biodinamica,
ossia
studiando
l’architettura della loro crescita.
Il problema dello sviluppo funzionale dell’encefalo non consiste nell’accertare
quali possibili impulsi vengano prodotti, quando l’encefalo embrionale viene
stimolato
artificialmente,
ma
nel
trovare
cosa
accada
nelle
funzioni
preparatorie, prima che i successivi stimoli sensoriali naturali esercitino degli
stimoli sull’encefalo. Analogamente, ciò vale per lo sviluppo funzionale di tutti
gli organi.
Osservazioni nell’ambito dell’embriologia umana giustificano l’idea che anche la
nascita del sistema nervoso sia il frutto di una specifica funzione formativa,
priva di un rapporto diretto con conduttori di impulsi elettrici. Le regole
fondamentali
che
sono
emerse
sono
queste:
il
tubo
neurale
deriva
dall’ectoderma. Nel tubo neurale distinguiamo un lato esterno, un lato interno
e la cavità piena di liquido (neurocele).
II lato esterno (più grande) della parete è in contatto con il tessuto interno
circostante, il lato interno (più piccolo) con il liquido del neurocele. Lo strato
che è in contatto con il tessuto interno forma un campo metabolico
1
spazialmente delimitato (il cosiddetto velo marginale), nel quale si notano
numerose caratteristiche morfologiche di un’intensiva assunzione di cibo.
Questo strato svolge il maggior lavoro nell’accrescimento della superficie del
giovane tubo neurale.
Rispetto a questo, la superficie del tubo neurale che si trova in contatto con il
liquido del neurocele deve svolgere poco lavoro per il proprio accrescimento.
Qui troviamo (vicino al ventricolo) una intensa proliferazione (ventricolare) di
nuclei, ossia una vivace attività all’interno delle cellule, ma non troviamo
alcuna crescita e nessun rifornimento dei vasi. Alla luce del microscopio, lo
strato intermedio tra gli strati confinanti del tubo neurale non appare né bianco
come lo strato esterno, che consiste quasi esclusivamente di processi cellulari,
né nero come lo strato interno, che è ricco di nuclei e quindi può essere
colorato di scuro. Appare, bensì, grigio. Qui, tra numerosi processi di corpi
cellulari, ci sono molti nuclei cellulari in ampi corpi cellulari, distribuiti nello
spazio in modo abbastanza omogeneo. Ciò che appare bianco all’esterno, nero
all’interno e grigio in mezzo, sono zone con funzioni di crescita differenti. Nella
zona esterna si trovano i processi, originati nei corpi cellulari della zona nera. Il
gran numero di questi processi determina l’estensione del tubo neurale. I
processi sono associati in modo così denso che i nuclei cellulari qui non hanno
spazio. Soltanto in prossimità del ventricolo le cellule sono nella condizione di
proliferare e spingersi l’un l’altra senza lavoro esterno.
Solo
successivamente
troviamo
che
nell’encefalo,
tangenzialmente
alla
superficie, si formano delle ramificazioni in prossimità del letto vascolarizzato.
Tra le zone di crescita e di proliferazione, dove si è ora creato sufficiente spazio
per i processi, troviamo nuclei cellulari che migrano dalla zona di proliferazione
e diventano nuclei di cellule gangliari: dallo strato interno, vanno a sistemarsi
nel più spazioso strato intermedio. Verso la fine del secondo mese, a causa
dell’allargamento del tubo neurale, trovano nel cervello l’opportunità e la
motivazione per formare in più direzioni i processi che costituiscono gli impianti
iniziali delle vie nervose (si tratta di una specifica caratteristica delle cellule
gangliari; al contrario, le cellule ependimali e gliali sviluppano solo processi
brevi). Normalmente, la zona grigia — e solo questa — costituisce lo spazio
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Prime e successive funzioni del sistema nervoso
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assegnato alle cellule gangliari dalle aggregazioni cellulari già sviluppate che
confinano
sui
due
lati.
Ancora
una
volta,
quindi,
troviamo
che
le
differenziazioni esterne precedono quelle interne, ossia che le condizioni
generali si creano prima dei relativi processi differenziati.
Dopo la formazione dei neuroni, le cellule immediatamente confinanti appaiono
come cellule di sostegno. Chiamiamo queste cellule “gliari”. Probabilmente
portano il nutrimento dai vasi sanguigni alle cellule nervose e possono
eliminare i prodotti di decomposizione del metabolismo dei neuroni.
Come avviene però, da un punto di vista biocinetico, che alcune vie diventano
vie centripete, che vanno cioè dalla periferia al centro, mentre altre diventano
vie centrifughe, che dal tubo neurale vanno alla periferia? In breve: come
fanno i nervi a trovare la loro strada? Per chiarire questa questione, la cinetica
di sviluppo può dare qualche contributo.
Da una più precisa analisi morfologica, appare come la formazione delle vie,
presenti due diversi tipi: la formazione di dendriti e la formazione di neuriti.
Entrambi sono posizionati in modo topograficamente caratteristico. Gli uni
connessi con l’epidermide, che è biodinamicamente ispessita dall’impedimento
della crescita della superficie; gli altri connessi con i muscoli, che crescono in
campi di distensione.
Più precisamente, se si parte da una prospettiva di cinetica di sviluppo, si può
osservare da un lato un movimento fluidico (flussione), diretto verso il nucleo
delle cellule gangliari, mentre dall’altro un movimento metabolico, simile a un
flusso, che si allontana dal nucleo. Tutte le vie utilizzano sempre strutture
guida preesistenti. Anche qui dunque lo sviluppo posizionale e già evidente,
ancor prima che lo sviluppo della forma e della struttura delle vie siano
riconoscibili.
Secondo le nostre osservazioni, la prima direzione di flussione è una direzione
di crescita, che deve essere intesa come un segno caratteristico di gradiente di
concentrazione. Soprattutto nel campo metabolico della sostanza intercellulare,
che è molto scarsa nell’area delle terminazioni nervose dell’embrione precoce,
bisogna sempre supporre simili gradienti di concentrazione. Essi stanno a
significare una polarizzazione delle cellule nervose embrionali, che è decisiva
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dal punto di vista cinetico e topografico per i successivi “circuiti” sinaptici del
sistema nervoso.
Per il nostro discorso, ciò che ci interessa è che, di norma, le prime aree
“sensibilmente” innervate sono zone di cute ispessita. Non possiamo escludere
che qui, nel campo metabolico delle cellule dell’epidermide, attraverso la
continua trasformazione delle membrane plasmatiche, vi sia una secrezione di
particelle che vengono assunte dalle cellule gangliari più vicine, causandone
l’ampliamento di superficie, che riconosciamo come dendriti emergenti. Ci sono
buoni motivi per supporre che un dendrite in via di formazione, attraverso
l’assunzione di sostanze e l’ampliamento della sua membrana periferica di
superficie, risucchi la sua area di innervazione, dando così inizio a ciò che
gradualmente diventerà l’impulso centripeto. L’inversione di direzione di tali
movimenti, lascia pensare alla nascita dei muscoli. I muscoli non sono
innervati in vista del mantenimento della specie o perché si presume che
l’innervazione sia necessaria per potersi muovere con l’aiuto di impulsi nervosi,
ma perché ai nervi dell’embrione si offrono la possibilità spaziale e un
immediato motivo dinamico per l’innervazione dei muscoli. Osservazioni al
microscopio elettronico di stadi successivi di sviluppo hanno provato che
sostanze di trasmissione passano dalle estremità motrici dei neuriti alle fibre
muscolari. Probabilmente le fibre muscolari primordiali — in conformità con le
regole generali di permeabilità delle membrane sottili — già assumono delle
sostanze, fornite dai neuriti, che rivestono un ruolo importante per lo sviluppo
dei muscoli. È possibile che le fibre muscolari in crescita — la cui superficie, a
causa del loro affusolarsi, aumenta più del loro volume — abbiano una
necessita cosi grande di sostanze utili alla formazione delle membrane, che i
neuriti vengono quasi risucchiati e quindi allungati. In effetti, troviamo che la
distensione di crescita delle cellule muscolari embrionali, superando delle
resistenze, tira con sé i nervi.
Le estremità dei neuriti embrionali si fissano sempre su una vasta area
ventrale delle fibre che si dilatano, formando connessioni membranose. A
causa dei movimenti di crescita dei dendriti e dei neuriti embrionali — simili a
flussi e orientati verso differenti direzioni (direzioni di flussione) — le zone dei
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Prime e successive funzioni del sistema nervoso
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riflessi, che sono embriologicamente evidenti, potrebbero addirittura essere già
delle differenziazioni che agiscono a livello submicroscopico, molto tempo
prima che si possano osservare le prime onde di impulsi elettrici.
In sintesi, la differenza tra l’individuazione delle vie sensitive e di quelle
motorie consisterebbe quindi, da un punto di vista cinetico, nel fatto che le vie
“sensitive” — attraverso la suzione — si indirizzano verso una fonte di
sostanze, utilizzando per la costruzione delle loro membrane delle molecole
esterne, mentre al contrario le estremità delle fibre delle vie “motorie” cedono
particelle formative alle fibre muscolari, da cui vengono quindi attratte
passivamente in modo biodinamico.
Le ricerche relative a questo ambito sono appena cominciate. Sin da ora però
risulta chiaro che anche il sistema nervoso non cresce dall’interno. Di norma, si
possono rilevare delle pre-differenziazioni periferiche. La crescita periferica —
tramite
movimenti
di
particelle
provenienti
dall’esterno
—
si
esprime
nell’aumento di volume, per esempio nella formazione del rilievo del cervello e
in particolare nell’intensa crescita delle membrane plasmatiche del sistema
nervoso in crescita. Una crescita dall’interno è contraddetta in primo luogo da
un’impossibilità spaziale: se prima non si produce un adeguato incremento
della superficie, lo spazio per la crescita all’interno non c’è.
Il particolare aumento di volume dell’encefalo umano, in particolare del suo
cervello,
accompagnato
dall’enorme
incremento
superficiale
delle
sue
membrane plasmatiche, costituisce a nostro parere un presupposto decisivo
per l’immensa capacità di memorizzare propria dell’encefalo. In seguito essa
rende possibile l’apprendimento, poiché le membrane, in stretto contatto tra
loro, influenzano il metabolismo dell’intero sistema nervoso a seconda dei
mutevoli modelli di stimolazione, provocando così modi sempre nuovi di
comportamento dell’intero organismo. A causa di ciò — a differenza di ciò che
conosciamo, per esempio, della cute o dei muscoli in crescita — l’encefalo, che
è costantemente attivo durante la crescita, si rinnova costantemente ad ogni
secondo che passa ed è, in un senso già morfologico, un organo sempre nuovo
e con nuovi impulsi. Definiamo schematicamente questa immagine delle
membrane dell’encefalo, considerate come aree di confine del suo intenso
5
metabolismo, “teoria membranosa dell’attività encefalica”, intendendo con ciò
che la memorizzazione di informazioni non avviene né nei nuclei cellulari, né
nel citoplasma, ma nelle membrane plasmatiche, preparate a questo compito
dalla crescita. Non esistono dubbi che nel corso dell’ontogenesi queste
membrane si sviluppino sistematicamente in modo biodinamico. Questa
affermazione si accorda con le ricerche neurofisiologiche sull’adulto. Fino ad
oggi, tuttavia, la questione del funzionamento della memoria non è stata
affatto chiarita.
L’anatomia cinetica è in grado di fornire un’immagine dello sviluppo dell’attività
dell’encefalo. In base ad essa, l’attività originaria dell’encefalo non consiste in
processi simili a quelli di un adulto, ma in funzioni molto più originarie, che in
nessun modo possono essere comprese attraverso le misurazioni di percorsi di
impulsi e la trasmissione di impulsi alle sinapsi. È possibile dimostrare invece,
per esempio, che l’attività della corteccia cerebrale, tipicamente umana,
comincia con funzioni di crescita morfologicamente comprensibili.
Alla fine del secondo mese gli emisferi cerebrali sono a contatto con una
membrana molto vascolarizzata (pia madre), che ad ogni pulsazione si
accresce, creando così spazio immediato per la crescita delle cellule cerebrali
superficiali (corteccia cerebrale). Le cellule superficiali, mentre assorbono
intensamente nutrimento dalla pia madre, acquisendo massa, si dispongono in
senso verticale rispetto alla pia madre e si spingono via reciprocamente,
facendo in modo che questo strato si sollevi dalla base e lasci spazio alle
appendici cellulari dello strato più interno. Durante la crescita superficiale del
cervello, c’è una continua migrazione di cellule, che con movimenti ameboidi
vanno dallo strato più interno ad alta attività mitotica, verso la zona
superficiale della corteccia. Secondo osservazioni di tipo morfologico, questi
movimenti vengono probabilmente generati dal fatto che il citoplasma forma
continuamente una nuova membrana sull’estremità sporgente della cellula,
mentre in prossimità del nucleo cellulare la membrana si scioglie nel
citoplasma. La cellula in questo modo quasi “rotola” verso la periferia.
Secondo questa interpretazione, la corteccia cerebrale è l’apparato principale
del dispiegamento encefalico.
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Prime e successive funzioni del sistema nervoso
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Riteniamo che il motivo per cui l’uomo, nel venire al mondo, sia così indifeso,
si possa spiegare cosi: il suo piccolo viso, il suo tronco e le sue estremità sono
completamente al servizio della crescita dell’encefalo. Come si può dimostrare,
tutto il sistema nervoso centrale, sin dalla nascita, è così strettamente
connesso con gli organi periferici del giovane organismo, che uno sviluppo
isolato non è pensabile. Attraverso dei preparati, si può facilmente dimostrare,
che la crescita dei centri dell’encefalo viene stimolata dalla crescita dei tratti
periferici. Solo in seguito l’encefalo può esercitare la sua attività sulla periferia,
invertendo la direzione dell’impulso.
Dopo la nascita, un pò alla volta, il neonato impara a far uso di ciò che ha
appreso a livello subconscio, per apprendere coscientemente. L’encefalo ora
cresce relativamente poco e dopo i primi anni d’infanzia non cresce più. Le
reazioni
diventano
meccaniche.
Solo
dopo
molti
anni,
con
la
piena
differenziazione del sistema membranoso dell’encefalo, viene fissata — dopo
continue ricostruzioni, aggiunte e perdite — anche l’entità dell’esperienza
accumulata. Anche in questa occasione non abbiamo motivo di pensare che
l’attività del cervello si sviluppi a partire dall’interno, seguendo un modello
fornito dal centro, e che l’accrescimento spaziale delle membrane non rivesta
un grande significato per lo sviluppo funzionale dell’encefalo.
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Embriologia del sistema nervoso centrale
Il sistema nervoso centrale (SNC) compare all’inizio della terza settimana come
ispessimento ectodermico a forma grosso modo di pantofola, la placca neurale.
Essa è localizzata nella regione dorsale mediana al davanti della fossetta
primitiva. I suoi margini laterali presto si sollevano per formare le pieghe
neurali.
Con l’ulteriore sviluppo, le pieghe neurali si sollevano di più e i loro margini si
avvicinano lungo la linea mediana e da ultimo si fondono dando così origine al
tubo neurale. La fusione inizia nella regione cervicale e procede in direzione
cefalica e caudale. Alle estremità craniale e caudale dell’embrione, comunque,
la fusione è ritardata, e i neuropori craniale e caudale, transitoriamente,
costituiscono comunicazioni libere tra il lume del tubo neurale e la cavità
amniotica. La chiusura del neuroporo craniale e bidirezionale, procedendo dalla
iniziale sede di chiusura nella regione cervicale, come anche da una sede di
chiusura successiva nell’encefalo anteriore, la quale egualmente procede in
direzione craniale e caudale. La chiusura definitiva del neuroporo craniale si
verifica allo stadio di 18-20 somiti (25° giorno); la chiusura del neoroporo
caudale si verifica circa due giorni più tardi.
L’estremità cefalica del tubo neurale presenta tre dilatazioni, le vescicole
encefaliche primarie: il prosencefalo o encefalo anteriore; il mesencefalo o
encefalo
medio;
e
il
rombencefalo
o
encefalo
posteriore.
Contemporaneamente, il tubo neurale forma due flessure: la flessura cervicale,
alla giunzione dell’encefalo posteriore con il midollo spinale; e la flessura
cefalica, localizzata nella regione del mesencefalo.
Quando l’embrione ha raggiunto le 5 settimane, il prosencefalo risulta formato
da due parti: il telencefalo, formato da una porzione mediana e da due
estroflessioni laterali, gli emisferi cerebrali primitivi; e il diencefalo, caratterizzato dall’evaginazione delle vescicole ottiche. Il mesencefalo è separato dal
rombencefalo da un profondo solco, l’istmo del rombencefalo.
Il rombencefalo a sua volta è formato da due parti: il metencefalo, che darà
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origine al ponte e al cervelletto, e il mielencefalo. II confine tra queste due
porzioni è segnato da una flessura nota come flessura pontina.
La cavità del midollo spinale, il canale centrale, comunica con quella delle
vescicole encefaliche. La cavità del rombencefalo è nota come quarto
ventricolo, quella del diencefalo come terzo ventricolo, e quelle degli emisferi
cerebrali come ventricoli laterali. Il 3° e il 4° ventricolo sono collegati tra di
loro attraverso il canale del mesencefalo.
Questo canale si restringe notevolmente ed è noto con il nome di acquedotto
di Silvio. I ventricoli laterali comunicano con il 3° ventricolo attraverso i forami
interventricolari di Monro.
Midollo spinale
STRATI NEUROEPITELIALE, MANTELLARE E MARGINALE
La parete del tubo neurale chiuso da poco tempo è costituita da cellule
neuroepiteliali. Esse si estendono per tutto lo spessore della parete e formano
un epitelio pseudostratificato spesso. Queste cellule sono collegate tra di loro
da complessi giunzionali a livello del lume del tubo. Durante lo stadio della
doccia neurale e immediatamente dopo la chiusura del tubo, le cellule si
dividono rapidamente, dando origine a un numero crescente di cellule
neuroepiteliali.
Globalmente,
esse
vengono
indicate
come
strato
neuroepiteliale o neuroepitelio.
Avvenuta la chiusura del tubo neurale, le cellule neuroepiteliali incominciano a
dare origine a un altro tipo cellulare, che è caratterizzato da un nucleo largo e
rotondo con nucleoplasma pallido e nucleolo scuro. Queste cellule sono le
cellule nervose primitive o neuroblasti. Esse formano una zona che circonda lo
strato neuroepiteliale, nota come strato mantellare. Lo strato mantellare darà
origine in seguito alla sostanza grigia del midollo spinale.
Lo strato più esterno del midollo spinale contiene fibre nervose che provengono dai neuroblasti dello strato mantellare, ed è noto come strato
marginale. In seguito alla mielinizzazione delle fibre nervose, questo strato
acquista un aspetto biancastro ed è pertanto indicato col nome di sostanza
bianca del midollo spinale.
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Embriologia del sistema nervoso centrale
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LAMINE BASALE, ALARE, DEL TETTO E DEL PAVIMENTO
Per effetto del continuo aggiungersi di neuroblasti nello strato del mantello, le
due pareti laterali del tubo neurale presentano un ispessimento ventrale e uno
dorsale. Gli ispessimenti ventrali, le lamine basali, contengono le cellule delle
corna ventrali motrici e formano le aree motorie del midollo spinale; gli
ispessimenti dorsali, le lamine alari, formano le aree sensoriali. Un solco
longitudinale, il solco limitante, segna il confine tra le due aree.
Le porzioni mediane dorsale e ventrale del tubo neurale, note come lamine del
tetto e del pavimento rispettivamente, non contengono neuroblasti e servono
principalmente da zone di passaggio per le fibre nervose che vanno da un lato
all’altro.
In aggiunta al corno ventrale motore e al corno dorsale sensoriale, un gruppo
di neuroni si accumula tra le due aree precedenti e determina la formazione di
un piccolo corno intermedio. Questo corno contiene neuroni della porzione
simpatica del sistema nervoso autonomo ed è presente solo ai livelli toracico e
lombare superiore (L2-L3) del midollo spinale.
DIFFERENZIAZIONE ISTOLOGICA
Cellule nervose
I neuroblasti o cellule nervose primitive originano esclusivamente dalla
divisione delle cellule neuroepiteliali. Inizialmente essi hanno un processo
centrale che si estende fino al lume (dendrite transitorio) ma quando migrano
nello strato del mantello, questo processo scompare, e i neuroblasti sono
temporaneamente rotondeggianti e apolari. Con l’ulteriore differenziazione,
compaiono due nuovi processi citoplasmatici, localizzati su versanti opposti del
corpo
cellulare,
formandosi
così
i
neuroblasti
bipolari.
Il
processo
un’estremità della cellula si allunga rapidamente per formare
a
l’assone
primitivo, mentre il processo localizzato al polo opposto presenta un certo
numero di ramificazioni citoplasmatiche, i dendriti primitivi. La cellula viene
adesso indicata come neuroblasto multipolare e con l’ulteriore sviluppo diverrà
la cellula nervosa matura o neurone. Una volta formatisi, i neuroblasti perdono
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la loro capacita di dividersi. Gli assoni dei neuroni della lamina basale si fanno
strada attraverso la zona marginale e diventano riconoscibili sulla superficie
ventrale del midollo. Essi vengono globalmente indicati col nome di radici
ventrali motorie del nervo spinale e conducono impulsi motori dal midollo
spinale ai muscoli. Gli assoni dei neuroni del corno dorsale sensitivo (lamina
alare) si comportano differentemente da quelli del corno ventrale. Essi
penetrano nello strato marginale del midollo, nel quale si portano a livelli
superiori o inferiori formando neuroni di associazione.
Cellule gliali
La maggioranza delle primitive cellule di supporto, i glioblasti, sono formate
dalle cellule neuroepiteliali dopo che la produzione dei neuroblasti è cessata.
Dallo strato neuroepiteliale, i glioblasti migrano negli strati mantellare e
marginale.
Nello
strato
mantellare,
essi
si
differenziano
in
astrociti
protoplasmatici e fibrillari.
Un altro tipo di cellule di supporto probabilmente derivate dai glioblasti sono le
cellule oligodendrogliali. Esse si trovano principalmente nello strato marginale
e formano le guaine mieliniche intorno agli assoni che salgono e discendono
nello strato marginale.
Nella seconda metà dello sviluppo, un terzo tipo di cellule di supporto, le
cellule microgliari, compare nel SNC. Questo tipo cellulare ha caratteristiche
fagocitarie ed è derivato dal mesenchima.
Quando le cellule neuroepiteliali cessano di produrre neuroblasti e glioblasti, si
differenziano da ultimo in cellule ependimali che rivestono il canale centrale del
midollo spinale.
Cellule della cresta neurale
Durante la fase di formazione delle pieghe neurali, lungo ciascun margine della
doccia neurale compare un gruppo di cellule. Esse, di origine ectodermica, note
come cellule della cresta neurale, formano temporaneamente una zona
intermedia fra il tubo e la superficie ectodermica. Questa zona si estende per
tutta la lunghezza del tubo neurale, e cellule della cresta migrano da questa
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Embriologia del sistema nervoso centrale
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regione in direzione laterale. Alcune di queste cellule danno origine ai gangli
sensitivi (gangli delle radici dorsali) dei nervi spinali.
Nell’ulteriore sviluppo, i neuroblasti dei gangli sensitivi danno origine a due
processi. I processi che crescono in direzione centripeta penetrano nella
porzione dorsale del tubo neurale. Nel midollo spinale essi o terminano nel
corno dorsale o ascendono lungo lo strato marginale fino a uno dei centri
encefalici superiori. Questi processi vengono indicati collettivamente col nome
di radice dorsale sensitiva del nervo spinale. I processi che crescono verso la
periferia si addossano alle fibre delle radici ventrali motrici e partecipano cosi
alla formazione del tronco del nervo spinale.
Da ultimo, questi processi terminano negli organuli recettoriali sensitivi.
Quindi, i neuroblasti dei gangli sensitivi danno origine ai neuroni della radice
dorsale.
Oltre a formare i neuroni dei gangli sensitivi, le cellule della cresta neurale si
differenziano nei neuroblasti del sistema simpatico, nelle cellule di Schwann,
nelle cellule pigmentate, negli odontoblasti, nelle meningi e nel mesenchima
degli archi faringei.
Nervi spinali
Fibre nervose motrici iniziano a comparire nella 4^ settimana di sviluppo,
originando da cellule nervose localizzate nelle lamine basali (corna ventrali) del
midollo spinale. Queste fibre si raccolgono in fasci noti come radici nervose
ventrali. Le radici nervose dorsali si formano come fasci di fibre che originano
da cellule presenti nei gangli delle radici dorsali (gangli spinali). I processi
centripeti provenienti da questi gangli formano fasci che penetrano nel midollo
spinale a livello delle corna dorsali. I processi periferici si uniscono alle radici
ventrali per formare il nervo spinale. Quasi subito, i nervi spinali si dividono in
rami primari dorsale e ventrale. I rami primari dorsali innervano la muscolatura
dorsale assiale, le articolazioni vertebrali e la cute del dorso. I rami primari
ventrali innervano gli arti e la parete ventrale del corpo e formano i principali
plessi nervosi (cervicale, brachiale e lombosacrale).
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Mielinizzazione
La mielinizzazione dei nervi periferici viene realizzata dalle cellule di Schwann.
Queste originano dalla cresta neurale, migrano alla periferia, e si avvolgono
intorno agli assoni formando in tal modo la guaina neurilemmatica.
A partire dal 4° mese di vita fetale, numerose fibre nervose acquistano un
aspetto biancastro per effetto della formazione dell’involucro mielinico, il quale
è formato da molteplici avvolgimenti della membrana della cellula di Schwann
intorno all’assone.
La guaina mielinica che circonda le fibre nervose del midollo spinale ha origine
completamente diversa, dal momento che è formata dagli oligodendrociti.
Benché la mielinizzazione delle fibre nervose del midollo spinale inizi all’incirca
al 4° mese di vita intrauterina, alcune fibre motrici che discendono da centri
encefalici superiori al midollo spinale, non vengono mielinizzate fino al primo
anno di vita postnatale. I fasci del sistema nervoso vengono mielinizzati
all’incirca all’epoca in cui iniziano a funzionare.
CAMBIAMENTI DI POSIZIONE DEL MIDOLLO
Al 3° mese di sviluppo, il midollo spinale si estende per tutta la lunghezza
dell’embrione e i nervi spinali passano attraverso i forami di coniugazione al
loro livello di origine. Comunque, con l’ulteriore sviluppo la colonna vertebrale
e la dura si allungano più rapidamente del tubo neurale, e l’estremità terminale
del midollo spinale gradualmente si sposta a un livello più alto. Alla nascita tale
estremità è localizzata a livello della 3^ vertebra lombare. Per effetto di questa
discrepanza nella crescita, i nervi spinali decorrono obliquamente dal loro
segmento di origine nel midollo spinale, fino al corrispondente livello della
colonna vertebrale. La dura rimane attaccata alla colonna vertebrale a livello
coccigeo.
Nell’adulto, il midollo spinale termina a livello di L2-L3. Al di sotto di queste
vertebre, un prolungamento filiforme di pia madre forma il filum terminale, che
indica il tratto regredito di midollo spinale ed è attaccato al periostio della 1^
vertebra coccigea. Le fibre nervose al di sotto dell’estremità terminale del
midollo vengono collettivamente indicate col nome di cauda equina. Quando si
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Embriologia del sistema nervoso centrale
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preleva il liquido cerebrospinale durante una puntura lombare, l’ago viene
inserito a livello lombare inferiore, evitando in tal modo l’estremità inferiore del
midollo.
Encefalo
Lamine basali e alari distinte, rappresentanti rispettivamente aree motorie e
sensitive, si ritrovano da ciascun lato della linea mediana nel rombencefalo e
nel mesencefalo. Nel prosencefalo, tuttavia, le lamine alari sono molto
sviluppate mentre le lamine basali sono ridotte.
ROMBENCEFALO
Il rombencefalo è costituito dal mielencefalo, la più caudale delle vescicole
encefaliche, e dal metencefalo, che si estende dalla flessura pontina all’istmo
rombencefalico.
MIELENCEFALO
Il mielencefalo è una vescicola encefalica che da origine al midollo allungato e
differisce dal midollo spinale per il fatto che le sue pareti laterali sono spostate
all’infuori. Lamine alari e basali separate dal solco limitante sono chiaramente
distinguibili. La lamina basale, similmente a quella del midollo spinale contiene
nuclei motori. Questi nuclei sono divisi in tre gruppi: un gruppo mediale
efferente somatico; un gruppo intermedio efferente viscerale speciale; e un
gruppo laterale efferente viscerale generale.
Il primo gruppo contiene neuroni motori, che formano la continuazione cefalica
delle cellule del corno anteriore. Dal momento che questo gruppo efferente
somatico continua rostralmente nel mesencefalo, esso viene indicato come la
colonna motoria efferente somatica. Nel mielencefalo, essa comprende i
neuroni del nervo ipoglosso che innerva la muscolatura linguale. Nel
metencefalo e nel mesencefalo, la colonna è costituita da neuroni dei nervi
abducente, trocleare e oculomotore comune, rispettivamente. Questi nervi si
distribuiscono alla muscolatura oculare.
Il gruppo efferente viscerale speciale si estende nel metencefalo, formando la
colonna motrice efferente viscerale speciale. I suoi neuroni motori innervano la
muscolatura striata degli archi faringei. Nel mielencefalo, la colonna è
14
rappresentata da neuroni dei nervi accessorio, vago e glossofaringeo.
Il gruppo efferente generale viscerale contiene neuroni motori che innervano la
muscolatura involontaria del tratto respiratorio, del tratto intestinale e del
cuore.
La lamina alare contiene tre gruppi di nuclei di relais sensoriali. Quello più
laterale di essi, gruppo somatico afferente (sensoriale) riceve afferenze
dall’orecchio e dalla superficie del capo attraverso i nervi vestibolococleare e
trigemino. Il gruppo intermedio o afferente viscerale speciale riceve afferenze
dai calici gustativi della lingua e dal palato, orofaringe ed epiglottide. Il gruppo
mediale o afferente viscerale generale riceve informazioni interocettive dal
tratto gastrointestinale e dal cuore.
La lamina del tetto del mielencefalo è costituita da un singolo strato di cellule
ependimali rivestito da mesenchima vascolare, la pia madre. Le due strutture
costituiscono
insieme
la
tela
corioidea.
Per
l’attiva
proliferazione
del
mesenchima vascolare, un certo numero di invaginazioni sacciformi sporge
nella cavità ventricolare sottostante. Queste invaginazioni a ciuffo formano il
plesso corioideo che produce il liquido cerebrospinale.
METENCEFALO
Il metencefalo, come il mielencefalo, è caratterizzato dalle lamine basale e
alare. Comunque, si formano due nuove componenti: il cervelletto, che
funziona come centro di coordinazione per la postura e il movimento; e il
ponte, attraverso il quale passano le fibre nervose che collegano il midollo
spinale con la corteccia cerebrale e cerebellare.
Ciascuna lamina basale del metencefalo contiene tre gruppi di neuroni motori:
il gruppo mediale efferente somatico, che dà origine al nucleo del nervo
abducente; il gruppo efferente viscerale speciale, che contiene i nuclei dei
nervi trigemino e facciale, i quali innervano la muscolatura del I e II arco
faringeo; e il gruppo efferente viscerale generale, i cui assoni innervano le
ghiandole sottomandibolare e sottolinguale.
Lo strato marginale delle lamine basali del metencefalo si espande e dà
passaggio alle fibre nervose che collegano la corteccia cerebrale e quella
cerebellare con il midollo spinale. Per tale motivo, questa porzione del
15
Embriologia del sistema nervoso centrale
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metencefalo e chiamata ponte. Oltre alle fibre nervose, il ponte contiene i
nuclei pontini, che originano nelle lamine alari del metencefalo e del
mielencefalo.
Le lamine alari del metencefalo contengono tre gruppi di nuclei sensitivi: un
gruppo laterale afferente somatico, che contiene i neuroni del nervo trigemino
e una piccola porzione del complesso vestibolococleare; il gruppo afferente
viscerale speciale; e il gruppo afferente viscerale generale.
CERVELLETTO
Le parti dorsolaterali delle lamine alari si incurvano medialmente e formano i
labbri romboidali. Nella porzione caudale del metencefalo i labbri romboidali
sono ampiamente separati, ma immediatamente al di sotto del mesencefalo
essi si riavvicinano tra di loro sulla linea mediana. Per effetto di un’ulteriore
accentuazione della flessura pontina, i labbri romboidali vengono compressi in
direzione cefalocaudale e formano la lamina cerebellare. Nell’embrione di 12
settimane questa lamina mostra una piccola porzione mediana, il verme, e due
porzioni laterali, gli emisferi. Una fessura trasversa separa precocemente il
nodulo
dal
verme
e
il
flocculo
laterale,
dagli
emisferi.
Questo
lobo
flocculonodulare e filogeneticamente la parte più primitiva del cervelletto.
Da principio, la lamina cerebellare consiste degli strati neuroepiteliale,
mantellare
e
marginale.
Nell’ulteriore
sviluppo,
cellule
formate
dal
neuroepitelio migrano alla superficie del cervelletto per formare lo strato
granulare esterno. Cellule di questo strato conservano la loro capacità di
dividersi e formano una zona di proliferazione sulla superficie del cervelletto.
Nel 6° mese di sviluppo, lo strato granulare esterno dà origine a vari tipi
cellulari. Queste cellule migrano verso le cellule di Purkinje che si stanno
differenziando e danno origine alle cellule dei granuli, dei canestri e alle cellule
stellate. La corteccia del cervelletto, costituita da cellule di Purkinje, neuroni
del II tipo di Golgi, e neuroni prodotti dallo strato granulare esterno, raggiunge
la sua morfologia definitiva dopo la nascita. I nuclei cerebellari profondi, quali il
nucleo dentato, raggiungono la loro posizione definitiva prima della nascita.
MESENCEFALO
II mesencefalo è morfologicamente la prima delle vescicole encefaliche a
16
comparire. Ciascuna lamina basale contiene due gruppi di nuclei motori: un
gruppo mediale efferente somatico, rappresentato dai nervi oculomotore
comune e trocleare, che innervano la muscolatura oculare; e un piccolo gruppo
efferente viscerale generale, rappresentato dal nucleo di Edinger-Westphal,
che innerva il muscolo sfintere della pupilla. Lo strato marginale di ciascuna
lamina basale si allarga e forma la crus cerebri. Queste crura danno passaggio
alle fibre nervose che discendono dalla corteccia cerebrale verso i centri
inferiori del ponte e del midollo spinale. Inizialmente, le lamine alari del
mesencefalo appaiono sotto forma di due rilievi longitudinali separati da una
lieve depressione mediana. Nell’ulteriore sviluppo, una doccia trasversale
divide ciascun rilievo in un collicolo anteriore (superiore) e uno posteriore
(inferiore).
Il collicolo posteriore serve da stazione di relais sinaptica per i riflessi uditivi; i
collicoli anteriori funzionano da centri di correlazione e riflesso per gli impulsi
visivi.
I collicoli sono formati da ondate successive di neuroblasti che migrano nella
sovrastante zona marginale, dove si dispongono in strati.
DIENCEFALO
Lamina del tetto ed epifisi
Il diencefalo si sviluppa dalla porzione mediana del prosencefalo e si ritiene che
consista di una lamina del tetto e di due lamine alari, ma che manchi della
lamina del pavimento e delle lamine basali. La lamina del
tetto del diencefalo è formata da un singolo strato di cellule ependimali
rivestito da mesenchima vascolare. Questi due componenti danno origine
insieme al plesso corioideo del III ventricolo. La porzione più caudale della
lamina del tetto dà origine alla ghiandola pineale o epifisi. Questa formazione
inizialmente appare sotto forma di ispessimento epiteliale sulla linea mediana,
ma dalla 7^ settimana inizia a evaginarsi. Da ultimo, essa diventa un organo
solido localizzato al di sopra del tetto del mesencefalo e funziona da canale
attraverso il quale la luce e l’oscurità influenzano i ritmi endocrini e
comportamentali. Nell’adulto, nell’epifisi frequentemente si formano piccole
calcificazioni, ed essa serve, pertanto, da riferimento nelle radiografie del
17
Embriologia del sistema nervoso centrale
___________________________________________________________________________
cranio.
Lamina alare, talamo e ipotalamo
Le lamine alari formano le pareti laterali del diencefalo. Una doccia, il solco
ipotalamico, divide ciascuna lamina in una regione dorsale e una ventrale, il
talamo e l’ipotalamo, rispettivamente.
Per effetto dell’attività proliferativa, il talamo gradualmente si proietta nella
cavità compresa nel diencefalo. Frequentemente, tale espansione è così
rilevante che le regioni talamiche del lato destro e sinistro si fondono sulla
linea mediana, formando così la massa intermedia o connessione intertalamica.
L’ipotalamo, che deriva dalla porzione inferiore della lamina alare, si differenzia
in un certo numero di aree nucleari, che servono da centri regolatori delle
funzioni viscerali quali il sonno, la digestione, la temperatura corporea, e il
comportamento emozionale. Uno di questi gruppi, il corpo mammillare, forma
una distinta protuberanza sulla superficie ventrale dell’ipotalamo, su ciascun
lato della linea mediana.
Ipofisi o ghiandola pituitaria
L’ipofisi o ghiandola pituitaria si sviluppa da due parti completamente
differenti:
un’evaginazione
ectodermica
dello
stomodeo
davanti alla membrana buccofaringea, nota come
immediatamente
tasca di Rathke; e
un’evaginazione discendente del diencefalo, l’infundibolo.
Nell’embrione di circa 3 settimane, la tasca di Rathke si presenta come
un’evaginazione della cavità orale e, successivamente, si accresce in direzione
dorsale verso l’infundibolo. Dalla fine del 2° mese, essa perde la connessione
con la cavità orale e si pone in stretto contatto con l’infundibolo.
Nell’ulteriore sviluppo, cellule della parete anteriore della tasca di Rathke, si
moltiplicano rapidamente e formano il lobo anteriore dell’ipofisi o adenoipofisi.
Una piccola propaggine di questo lobo, la pars tuberalis, si accresce lungo il
peduncolo infundibolare e da ultimo lo circonda. La parete posteriore della
tasca di Rathke dà origine alla pars intermedia, che nell’uomo sembra avere
scarsa importanza.
L’infundibolo dà origine al peduncolo e alla pars nervosa o lobo posteriore
18
dell’ipofisi (neuroipofisi). Essa è costituita da cellule neurogliari. Inoltre,
contiene un certo numero di fibre nervose che provengono da neuroni dell’area
ipotalamica.
TELENCEFALO
Il telencefalo, la più rostrale delle vescicole encefaliche, consiste di due
evaginazioni laterali, gli emisferi cerebrali, e di una porzione mediana, la
lamina terminale. Le cavità degli emisferi, i ventricoli laterali, comunicano con
la cavità del diencefalo attraverso i forami interventricolari di Monro.
Emisferi cerebrali
Gli emisferi cerebrali originano all’inizio della 5^ settimana di sviluppo come
evaginazioni bilaterali delle pareti laterali del prosencefalo. Dalla metà del 2°
mese, la parte basale degli emisferi (cioè la parte che inizialmente formava
l’estensione ventrale del talamo) inizia ad accrescersi. Come conseguenza
quest’area sporge nella cavità del ventricolo laterale così come nel pavimento
del forame di Monro. Nelle sezioni trasverse, questa regione in rapido
accrescimento, presenta un aspetto striato e, per tale motivo, e indicata come
corpo striato.
Nella regione in cui la parete dell’emisfero è attaccata al tetto del diencefalo,
non si sviluppano neuroblasti e tale zona rimane molto sottile. A tale livello la
parete dell’emisfero è formata da un singolo strato di cellule ependimali
rivestito da mesenchima vascolare che insieme formano il plesso corioideo.
Quest’ultimo avrebbe dovuto costituire il tetto dell’emisfero, ma per effetto
della crescita disomogenea delle varie parti dell’emisfero, esso sporge nel
ventricolo laterale lungo una linea nota come fessura corioidea. Subito al di
sopra di questa fessura, la parete dell’emisfero si ispessisce formando
l’ippocampo. Questa struttura, che ha principalmente una funzione olfattiva,
progressivamente sporge nel ventricolo laterale.
Con l’ulteriore espansione, gli emisferi ricoprono la superficie laterale del
diencefalo, il mesencefalo e la porzione cefalica del metencefalo. Il corpo
striato, essendo una parte della parete dell’emisfero, si espande egualmente in
direzione posteriore e si divide in due parti: una porzione dorsomediale, il
nucleo caudato, e una porzione ventrolaterale, il nucleo lenticolare. Tale
19
Embriologia del sistema nervoso centrale
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divisione e realizzata da assoni diretti alla corteccia dell’emisfero o da essa
provenienti che attraversano la massa nucleare del corpo striato. Il fascio di
fibre così formato è noto come capsula interna.
Nello stesso tempo, la parete mediale dell’emisfero e la parete laterale del
diencefalo si fondono, e il nucleo caudato e il talamo si pongono in stretto
contatto.
Il continuo accrescimento degli emisferi cerebrali in direzione anteriore, dorsale
e inferiore comporta la formazione dei lobi frontale, temporale e occipitale,
rispettivamente. Con il rallentamento della crescita nella regione che riveste il
corpo striato, l’area tra i lobi frontale e temporale si infossa e viene detta
insula. Questa regione viene successivamente sopravanzata dai lobi adiacenti,
e all’epoca della nascita, è pressocché completamente nascosta. Durante la
parte finale della vita fetale, la superficie degli emisferi cerebrali cresce così
rapidamente e forma un gran numero di circonvoluzioni (giri) separati da
fessure e solchi.
Sviluppo della corteccia
La corteccia cerebrale si sviluppa dal pallio, che si può dividere in due regioni:
il paleopallio e l’archipallio, aree localizzate immediatamente a lato del corpo
striato e il neopallio, posto tra l’ip-pocampo (archipallio) e il paleopallio.
Nel neopallio, ondate di neuroblasti migrano in sede subpiale e qui si
differenziano in neuroni completamente maturi. Quando giunge l’ondata
seguente di neuroblasti, questi ultimi migrano attraverso gli strati cellulari
precedentemente formati, fino a giungere in posizione subpiale. Quindi, i
neuroblasti formatisi per primi occupano una posizione profonda nella
corteccia, mentre quelli formatisi successivamente acquistano una posizione
più superficiale.
Alla nascita, la corteccia ha un aspetto stratificato per la differenziazione delle
cellule in strati differenti. La corteccia motoria contiene un gran numero di
cellule piramidali, mentre le aree sensoriali sono caratterizzate da cellule
granulari.
Commissure
Nell’adulto, l’emisfero destro e il sinistro sono collegati da numerosi fasci di
20
fibre, le commissure, che attraversano la linea mediana. I fasci di fibre più
importanti passano attraverso la
lamina terminate. Il primo fascio di
connessione che compare è la commissura anteriore. Essa è costituita da fibre
che collegano il bulbo olfattivo e le aree cerebrali correlate di un emisfero a
quelle del lato opposto.
La seconda ad apparire è la commissura dell’ippocampo o fornice. Le sue fibre
originano nell’ippocampo e convergono sulla lamina terminale in stretta
vicinanza della lamina del tetto del diencefalo. Da qui, le fibre continuano il
loro decorso formando un sistema che si incurva immediatamente all’esterno
della fessura corioidea, fino al corpo mammillare e all’ipotalamo.
La commissura più importante è il corpo calloso. Esso compare dalla 10^
settimana di sviluppo e collega le aree non olfattorie della corteccia cerebrale
di destra e di sinistra. Inizialmente, esso forma un piccolo fascio della lamina
terminale. Per effetto della continua espansione del neopallio, comunque, esso
si estende dapprima in avanti e quindi indietro, disponendosi pertanto ad arco
al di sopra del sottile tetto del diencefalo.
In aggiunta alle tre commessure che si sviluppano nella lamina terminale, ne
compaiono altre tre. Due di esse, le commessure posteriore e abenulare, sono
localizzate subito al di sotto e rostralmente al peduncolo della ghiandola
pineale. La terza, il chiasma ottico, compare nella parete rostrale del diencefalo
e contiene fibre delle meta mediali della retina.
NERVI CRANICI
Dalla 4^ settimana di sviluppo, sono presenti i nuclei per tutti e 12 i nervi
cranici. Tutti, eccetto il nervo olfattivo (I) e quello ottico (II) derivano dal
tronco cerebrale, e di questi solo l’oculomotore (III) origina fuori della regione
del
rombencefalo.
In
quest’ultimo,
centri
proliferativi
nel
neuroepitelio
costituiscono otto distinti segmenti noti come rombomeri. Alcuni rombomeri
danno origine ai nuclei motori dei nervi cranici IV, V, VI, VII, IX, X, XI e XII. La
formazione
di
questo
schema
segmentale
sembra
essere
diretto
dal
mesoderma situato nei somitomeri posti al di sotto del neuroepitelio.
I neuroni motori per i nuclei dei nervi cranici sono localizzati all’interno del
tronco cerebrale, mentre i gangli sensoriali sono posti fuori dall’encefalo.
21
Embriologia del sistema nervoso centrale
___________________________________________________________________________
Perciò, l’organizzazione dei nervi cranici è omologa a quella dei nervi spinali,
benché non tutti i nervi cranici contengano fibre sia motrici sia sensitive (Tab.
20.1).
L’origine dei gangli sensoriali dei nervi cranici è dai placodi ectodermici e dalle
cellule della cresta neurale. I placodi ectodermici comprendono quello nasale,
otico, e quattro placodi epibranchiali rappresentati da ispessimenti ectodermici
dorsali agli archi faringei (branchiali). I placodi epibranchiali contribuiscono alla
formazione dei gangli per i nervi degli archi faringei (V, VII, IX e X). I gangli
parasimpatici (efferenti viscerali) sono derivati dalle cellule della cresta
neurale, e le loro fibre sono veicolate dai nervi cranici III, VII, IX e X (vedi Tab.
20.1).
Sistema nervoso autonomo
Funzionalmente, il sistema nervoso autonomo può essere diviso in due unita:
una componente simpatica, che è localizzata nella regione toracolombare, e
una componente parasimpatica, posta nelle regioni cefalica e sacrale.
SISTEMA NERVOSO SIMPATICO
Nella 5^ settimana di sviluppo, cellule originate nella cresta neurale della
regione toracica migrano ai lati del midollo spinale verso la regione posta
subito al di sotto dell’aorta dorsale. Qui, esse formano una catena bilaterale di
gangli simpatici disposti in modo segmentale e interconnessi da fibre nervose
longitudinali. Insieme, essi formano le catene simpatiche poste da ciascun lato
della colonna vertebrale. Dalla loro posizione nel torace, i neuroblasti migrano
verso le regioni cervicale e lombosacrale, portando così le catene simpatiche
alla loro lunghezza definitiva. Benché, inizialmente, i gangli siano disposti
segmentalmente, questa disposizione in seguito viene persa, in particolar
modo nella regione cervicale, per la fusione dei gangli.
Alcuni neuroblasti simpatici migrano al davanti dell’aorta per formare i gangli
preaortici, come il celiaco e il mesenterico. Altre cellule simpatiche migrano
verso il cuore, i polmoni e il tratto gastrointestinale, dove danno origine ai
plessi simpatici degli organi.
Una volta che le catene simpatiche si sono costituite, le fibre nervose originate
nella colonna visceroeffettrice (corno intermedio) dei mielomeri toracolombari
22
penetrano nei gangli della catena. Alcune di queste fibre nervose contraggono
sinapsi allo stesso livello nelle catene simpatiche o passano attraverso le
catene per raggiungere i gangli preaortici o collaterali. Esse sono chiamate
fibre pregangliari, sono mielinizzate, e stimolano le cellule dei gangli simpatici.
Passando dai nervi spinali ai gangli simpatici, esse formano i cosiddetti rami
comunicanti bianchi. Poiché la colonna visceroeffettrice si estende solo dal I
segmento toracico al II o III segmento lombare del midollo spinale, i rami
bianchi si trovano solo a questi livelli.
Gli assoni delle cellule gangliari simpatiche vengono detti fibre postgangliari e
non sono mielinizzati. Essi passano o agli altri livelli della catena simpatica o si
portano al cuore, ai polmoni, e al tratto intestinale. Altre fibre, note come rami
comunicanti grigi, passano dalla catena simpatica ai nervi spinali e da essi ai
vasi sanguigni periferici, ai peli, e alle ghiandole sudoripare. I rami comunicanti
grigi si trovano a tutti i livelli del midollo spinale.
Ghiandola surrenale
La ghiandola surrenale si sviluppa da due componenti: una parte mesodermica,
che forma la corticale, e una parte ectodermica, che forma la midollare.
Durante la 5^ settimana di sviluppo, cellule mesoteliali situate tra la radice del
mesentere e le gonadi in sviluppo iniziano a proliferare e penetrano nel
mesenchima sottostante. Qui, esse si differenziano in grandi organi acidofili,
che formano la corticale primitiva o fetale delle ghiandole surrenali. Subito
dopo, una seconda ondata di cellule mesoteliali penetra nel mesenchima e
circonda la primitiva massa cellulare acidofila. Queste cellule, più piccole della
prima ondata, più tardi formano la corticale definitiva della ghiandola. Dopo la
nascita, la corticale fetale regredisce rapidamente eccetto che nel suo strato
più esterno, che si differenzia nella zona reticolare. La struttura definitiva della
corticale non viene raggiunta fino alla pubertà.
Mentre la corticale fetale si sta formando, cellule originate nel sistema
simpatico (cellule della cresta neurale) invadono il suo versante mediale, dove
si dispongono in cordoni e isolotti. Queste cellule danno origine alla midollare
della ghiandola surrenale. Esse si colorano in giallo-bruno con i sali di cromo e,
perciò, sono dette cromaffini. Durante la vita embrionale, le cellule cromaffini
23
Embriologia del sistema nervoso centrale
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si sparpagliano ampiamente nell’embrione, ma nell’adulto le uniche che
rimangono raggruppate si trovano nella midollare delle ghiandole surrenali.
SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO
I neuroni localizzati nel tronco cerebrale e nella regione sacrale del midollo
spinale danno origine a fibre parasimpatiche pregangliari. Le fibre che
originano
dai
nuclei
del
tronco
cerebrale
sono
incorporate
nei
nervi
oculomotore (III), facciale (VII), glossofaringeo (IX) e vago (X). Le fibre
postgangliari originano dai neuroni gangliari derivati dalle cellule della cresta
neurale e si portano alle strutture da innervare (muscolo sfintere della pupilla,
ghiandole salivari, visceri, ecc).
RIEPILOGO
Il SNC è di origine ectodermica e appare come placca neurale alla metà della
3^ settimana. Dopo che i margini della placca si sono piegati, le pieghe neurali
si avvicinano lungo la linea mediana e si fondono nel tubo neurale.
L’estremità craniale si chiude circa al 25° giorno, mentre quella caudale si
chiude al 27° giorno. Il SNC forma quindi una struttura tubulare con
un’estremità cefalica allargata, l’encefalo, e una lunga porzione caudale, il
midollo spinale. La mancata chiusura del tubo neurale produce difetti quali la
spina bifida e anencefalia.
Il midollo spinale forma l’estremità caudale del SNC ed è caratterizzato dalla
lamina basale contenente i neuroni motori, dalla lamina alare per i neuroni
sensoriali, e le lamine del pavimento e del tetto come lamine di connessione
tra i due lati. Queste identiche strutture di base si possono riconoscere lungo la
maggior parte delle vescicole encefaliche. L’encefalo forma la porzione craniale
del SNC e consiste inizialmente di tre vescicole: il rombencefalo (encefalo
posteriore), il mesencefalo (ence-falo medio), e il prosencefalo (encefalo
anteriore).
Il rombencefalo è diviso in mielencefalo, che forma il midollo allungato - questa
regione ha una lamina basale per i neuroni afferenti somatici e viscerali - e
24
metencefalo con le sue caratteristiche lamine basale (efferente) e alare
(afferente).
Questa
formazione del
vescicola
encefalica
è,
inoltre,
caratterizzata
dalla
cervelletto, un centro di coordinazione posturale
e di
movimento, e del ponte, la via percorsa dalle fibre nervose tra il midollo
spinale e la corteccia cerebrale e cerebellare.
Il mesencefalo è la prima vescicola encefalica che si forma e assomiglia
moltissimo al midollo spinale con le sue lamine basale efferente e alare
afferente. Le sue lamine alari formano i collicoli inferiori e posteriori che sono
stazioni di relais per i riflessi uditivi e visivi.
Il diencefalo, la porzione posteriore del prosencefalo, consiste di una sottile
lamina del tetto e di una spessa lamina alare, nella quale si sviluppano il
talamo e l’ipotalamo. Esso partecipa alla formazione della ghiandola pituitaria,
che si sviluppa anche dalla tasca di Rathke. Mentre la tasca di Rathke forma
l’adenoipofisi, il lobo intermedio, e la pars tuberalis, il diencefalo forma il lobo
posteriore, la neuroipofisi, che contiene neuroglia e riceve fibre nervose
dall’ipotalamo.
Il telencefalo, la più rostrale delle vescicole encefaliche, consiste di due
estroflessioni laterali, gli emisferi cerebrali, e di una porzione mediana, la
lamina terminale. La lamina terminale è usata dalle commessure come via di
collegamento per i fasci di fibre tra gli emisferi destro e sinistro. Gli emisferi
cerebrali, all’inizio due piccole estroflessioni, si espandono e ricoprono la
superficie laterale del diencefalo, mesencefalo e metencefalo. Alla fine, le
regioni nucleari del telencefalo si portano in intimo contatto con quelle del
diencefalo.
Il sistema ventricolare, contenente liquido cerbrospinale, si estende dal lume
del midollo spinale al IV ventricolo nel rombencefalo, e attraverso lo stretto
condotto mesencefalico susseguentemente nel III ventricolo nel diencefalo.
Attraverso i forami di Monro, il sistema ventricolare si estende dal III ventricolo
nei ventricoli laterali degli emisferi cerebrali. Il liquido cerebrospinale viene
prodotto nei plessi corioidei del III, IV e dei ventricoli laterali. Un blocco del
liquido cerebrospinale nel sistema ventricolare o nello spazio subaracnoideo
può produrre idrocefalo.
25
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
Midollo spinale
Il midollo spinale è simile ad un lungo stelo pressoché cilindrico,
solamente un poco appiattito in senso antero-posteriore. Esso è posto nel
canale vertebrale, estendendosi da subito sotto il foro occipitale fino a livello
del corpo della II vertebra lombare.
Il midollo spinale misura in lunghezza circa 44 cm. Superiormente, il midollo
spinale si continua con il midollo allungato, il confine con il quale è dato da un
piano orizzontale che passa ad uguale distanza tra l’emergenza dell’ultimo paio
dei nervi encefalici (nervo ipoglosso) e quella del I paio dei nervi spinali (nervo
I cervicale). Inferiormente, il midollo spinale termina assottigliandosi nel cono
midollare, dal cui apice ha origine il filo terminale. Questo è un esile filamento,
lungo circa 25 cm e con un diametro all’incirca di 2 mm, che va a fissarsi sulla
faccia posteriore del coccige mediante il legamento coccigeo, formatogli
attorno dalle tre meningi spinali fuse in un’unica guaina.
Il midollo spinale ha un diametro medio che, misurato nella zona di mezzo
della sua parte toracica, risulta essere all’incirca di 10 mm. Il midollo spinale
non ha però calibro uniforme; presenta infatti due rigonfiamenti fusiformi nei
suoi tratti che corrispondono alle emergenze dei nervi spinali più voluminosi,
ossia quelli deputati all’innervazione rispettivamente degli arti superiori e degli
arti inferiori. Tali due rigonfiamenti sono rispettivamente il rigonfiamento
cervicale
(o
entumescenza
cervicale)
ed
il
rigonfiamento
lombare
(o
entumescenza lombare). Il rigonfiamento cervicale comincia all’estremità
superiore del midollo spinale e si estingue a livello della II vertebra toracica,
avendo nella sua parte media, più espansa, un diametro frontale di 14 mm. Il
rigonfiamento lombare inizia a livello della IX vertebra toracica e termina alla I
vertebra lombare, mostrando, nel suo punto di massima espansione, un
diametro frontale di 12 mm.
Il midollo spinale ha un peso di circa 28 gr.
Il midollo spinale non è rettilineo, ma mostra curvature analoghe a quelle della
colonna vertebrale che l’accoglie; è pertanto convesso in avanti entro la parte
27
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
cervicale della colonna vertebrale, è invece concavo anteriormente entro la
parte toracica, torna infine a farsi convesso verso l’avanti entro quella lombare.
Il midollo spinale non riempie interamente la cavità del canale vertebrale, ma
ne occupa la sola parte centrale, rimanendo separato dalle pareti del canale
medesimo per l’interposizione dello spazio perimidollare, che contiene le
meningi spinali e, esternamente a queste, il tessuto adiposo peridurale nel
quale decorrono abbondanti vasi sanguiferi, soprattutto venosi. Il midollo
spinale è mantenuto in tale sua normale posizione centrale da diversi mezzi di
fissità; questi sono: la sua continuità con il midollo allungato, l’impianto del
suo filo terminale sul coccige, le aderenze che i nervi spinali da esso emergenti
contraggono, tramite le loro guaine durali, con i fori intervertebrali della
colonna verterale, infine la presenza ai suoi due lati dei legamenti denticolati
che dalla pia madre spinale vanno all’aracnoide e alla dura madre. Immerso
nel liquido cefalo-rachidiano dello spazio sottoaracnoidale, il midollo spinale
può poi agevolmente seguire i movimenti della colonna vertebrale, sempre
però conservando la sua posizione centrale entro il canale vertebrale.
In superficie, il midollo spinale presenta anteriormente un solco che lo percorre
per tutta la lunghezza lungo la linea mediana ed i cui labbri sono facilmente
divaricabili: è la fessura mediana anteriore; mostra posteriormente, lungo la
linea mediana, un altro solco longitudinale che lo percorre interamente, ma i
cui labbri sono saldati: è il solco mediano posteriore. Il piano sagittale mediano
passante per la fessura mediana anteriore e per il solco mediano posteriore
divide il midollo spinale in due metà simmetriche, destra e sinistra.
In ciascuna metà del midollo spinale si vedono, verso l’avanti e verso l’indietro,
rispettivamente le origini apparenti delle radici anteriori e quelle delle radici
posteriori dei nervi spinali; ciascuna di tali radici fa emergenza scomposta in un
gruppetto di radicole, che sono allineate verticalmente. Se le radicole delle
radici anteriori vengono strappate, compare sulla superficie del midollo spinale
una serie filare di piccole depressioni, che costituisce il solco laterale anteriore;
analogamente, se vengono strappate le radicole delle radici posteriori, si
manifesta sulla superficie del midollo spinale un’altra serie verticale di piccole
fossette, che è il solco laterale posteriore.
28
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
La porzione di superficie del midollo spinale compresa tra la fessura mediana
anteriore ed il solco laterale anteriore è il cordone anteriore; quella delimitata
dal solco laterale anteriore e dal solco laterale posteriore è il cordone laterale;
quella infine interposta tra il solco laterale posteriore ed il solco mediano
posteriore è il cordone posteriore. Quest’ultimo cordone, nella parte più alta
del midollo spinale, è percorso longitudinalmente dal solco
intermedio
posteriore.
Da ciascuna metà del midollo spinale fanno emergenza 33 radici anteriori e 33
radici posteriori dei nervi spinali. Poiché ogni radice anteriore si unisce poi con
la radice posteriore che emerge al suo stesso livello, si costituiscono 33 nervi
spinali per lato; ossia, dal midollo spinale emergono complessivamente 33 paia
di nervi spinali. Queste sono distinte in: 8 paia di nervi cervicali, 12 paia di
nervi toracici (o nervi dorsali), 5 paia di nervi lombari, 5 paia di nervi sacrali e
3 paia di nervi coccigei; di queste ultime paia, il II ed il III paio sono
rudimentali e sono contenuti nel legamento coccigeo, assieme al filo terminale.
Essendovi notevole discrepanza tra la lunghezza del midollo spinale e quella
della colonna vertebrale, solamente i nervi spinali più alti decorrono pressoché
orizzontalmente per portarsi al loro foro di uscita dal canale vertebrale; tutti gli
altri nervi spinali si inclinano invece verso il basso, e ciò in modo tanto più
manifesto quanto più emergono da parti inferiori del midollo spinale. Si ha di
conseguenza che gli ultimi nervi toracici ed i nervi lombari, sacrali e coccigei
scendono verticalmente per un tratto minore o maggiore entro il canale
vertebrale, prima di raggiungere il loro foro di uscita dal canale vertebrale
stesso; essi formano così, all’estremità inferiore del midollo spinale, un
voluminoso fascio nerveo che ingloba anche il filo terminale e che ha il nome di
coda equina.
Il midollo spinale viene diviso in 5 parti: cervicale, toracica (o dorsale),
lombare, sacrale e coccigea, le quali corrispondono alle parti del midollo
spinale donde emergono rispettivamente i nervi cervicali, i nervi toracici (o
nervi dorsali), i nervi lombari, i nervi sacrali ed i nervi coccigei; esse non hanno
quindi alcuna corrispondenza con le omonime parti della colonna vertebrale.
Ciascuna parte del midollo spinale viene poi suddivisa in altrettanti segmenti
29
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
spinali (o metameri spinali, o neuromeri) quante sono le paia dei nervi spinali
che vi originano.
Nervi spinali
Ogni nervo spinale risulta costituito dall’unione della radice anteriore con la
radice posteriore, unione che avviene poco prima dell’uscita del nervo spinale
stesso dal canale vertebrale. La radice anteriore è motrice (o effettrice) e la
radice posteriore è sensitiva (o afferente); ne consegue quindi che il nervo
spinale è un nervo misto.
1. La radice anteriore del nervo spinale ha la sua origine apparente, cioè la
sua emergenza dal nevrasse, in corrispondenza del solco laterale
anteriore del midollo spinale; ha la sua origine reale, ossia i neuroni che
ne danno le fibre, nel corno anteriore del midollo spinale.
Le fibre radicolari anteriori, che formano la radice anteriore del nervo
spinale, sono di due tipi: fibre motrici somatiche, le quali sono deputate
all’innervazione motrice dei muscoli scheletrici; fibre effettrici viscerali,
chiamate comunemente fibre pregangliari, le quali mettono capo ai
gangli
simpatici,
donde
nascono
poi
le
fibre
postgangliari
per
l’innervazione motrice della muscolatura involontaria ed eccitosecretrice
delle ghiandole.
2. La radice posteriore del nervo spinale ha la sua origine apparente, ossia
l’uscita dal nevrasse, nel solco laterale posteriore del midollo spinale; ha
la sua origine reale, cioè i neuroni che ne danno le fibre, nel ganglio
spinale.
Il ganglio spinale si presenta come un rigonfiamento posto lungo la
radice posteriore del nervo spinale. Esso è formato di neuroni sensitivi (o
protoneuroni sensitivi); questi sono detti comunemente neuroni a T
perché il loro neurite, divenuto una fibra mielinica, si divide a T dando
così luogo ad una fibra periferica e ad una fibra centrale. La fibra
periferica, uscita dal ganglio spinale, prosegue nel nervo spinale e va a
distribuirsi in un territorio periferico del corpo; la fibra centrale,
percorrendo la radice posteriore del nervo spinale, si porta dal ganglio
spinale al midollo spinale. La fibra periferica raccoglie gli impulsi
30
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
sensitivi, che poi la fibra centrale reca al midollo spinale.
Le fibre radicolari posteriori, che costituiscono la radice posteriore del
nervo spinale, sono fibre sensitive (o fibre afferenti) sia somatiche che
viscerali.
COSTITUZIONE INTERNA DEL MIDOLLO SPINALE
Il
midollo
spinale
è
costituito,
centralmente,
da
sostanza
grigia
e,
perifericamente, da sostanza bianca.
Il midollo spinale è percorso al centro, per tutta la sua lunghezza, da un
sottilissimo canale scavato entro la sostanza grigia: è il canale centrale del
midollo spinale (o canale dell’ependima).
Sostanza grigia del midollo spinale
La sostanza grigia del midollo spinale, osservata in una sezione trasversale del
midollo spinale, presenta grosso modo l’aspetto di una H. Essa forma al centro
un sepimento trasversale relativamente esile: la commessura grigia, dalle cui
estremità, destra e sinistra, si espandono due voluminose masse allungate
sagittalmente.
Un piano frontale immaginario passante per il canale centrale del midollo
spinale, il quale decorre nel mezzo della commessura grigia, divide la sostanza
grigia del midollo spinale in una metà anteriore ed in una posteriore. La
commessura
grigia
viene
pertanto
suddivisa
da
detto
piano
frontale
immaginario nella commessura grigia anteriore e nella commessura grigia
posteriore, mentre ognuna delle due masse grigie laterali viene scomposta
rispettivamente nel corno anteriore e nel corno posteriore. La zona di unione
del corno anteriore con quello posteriore, e che si continua medialmente con la
commessura grigia, è detta zona intermedia.
Il corno anteriore è diretto in avanti e un pò lateralmente, arrestandosi ad una
certa distanza dalla superficie del midollo spinale. Esso è tozzo e molto più
largo del corno posteriore; consta di una testa e di una base. La testa del
corno anteriore è la parte posta in avanti e maggiormente espansa; essa ha un
contorno festonato da cui fuoriescono fascetti di fibre nervose che si dirigono
verso il solco laterale anteriore del midollo spinale, donde poi emergono per
costituire le radici anteriori dei nervi spinali. La base del corno anteriore è la
31
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
parte più ristretta posta in addietro; essa si continua direttamente con la base
del corno posteriore, con cui forma la zona intermedia. Alla base del corno
anteriore, limitatamente al tratto del midollo spinale che è compreso fra l’VIII
segmento cervicale ed il II segmento lombare, è presente un’espansione di
sostanza grigia diretta lateralmente: è il corno laterale.
Il corno posteriore si dirige in addietro e lateralmente, giungendo fino in
vicinanza della superficie del midollo spinale; esso infatti è più lungo del corno
anteriore, rispetto al quale è però più sottile e ha un contorno regolare. Il
corno posteriore è costituito, in avanti, dalla base e, in addietro, dalla testa,
che sono congiunte fra loro da una parte ristretta, detta collo. La base del
corno posteriore è unita alla base del corno anteriore a costituire la zona
intermedia; lateralmente, essa si espande con trabecole di sostanza grigia
entro la sostanza bianca del contiguo cordone laterale, costituendo la
formazione reticolare del midollo spinale. La testa del corno posteriore, presso
la sua estremità, consta di una particolare sostanza grigia molliccia: la
sostanza gelatinosa (del Rolando), che a sua volta è incappucciata da uno
strato di cellule nervose sparse con fibre nervose, chiamato strato zonale (del
Waldeyer) (o zona spongiosa); quest’ultimo è separato dalla superficie del
midollo
spinale
da
uno
strato
di
fibre
nervose
mieliniche
a
decorso
longitudinale: la zona marginale (del Lissauer).
Tenuto presente che la sostanza grigia del midollo spinale, vista in sezione
trasversale, presenta due corna anteriori, due corna posteriori ed una
commessura grigia, viene facile comprendere come la sostanza grigia
medesima, nel suo insieme, formi quattro colonne, due anteriori e due
posteriori, le quali si estendono per tutta la lunghezza del midollo spinale,
congiunte tra loro da una lamina centrale. Dall’VIII segmento cervicale al II
segmento lombare del midollo spinale, la sostanza grigia forma inoltre due
colonne laterali, destra e sinistra, che si sollevano lateralmente dalle due
colonne anteriori; esse sono le corna laterali che si osservano nelle sezioni
orizzontali del midollo spinale.
La sostanza grigia del midollo spinale è maggiormente sviluppata a livello dei
rigonfiamenti cervicale e lombare del midollo spinale stesso; lo è meno nel
32
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
tratto interposto fra tali due rigonfiamenti. Essa termina all’estremità inferiore
del midollo spinale, assumendo l’aspetto di un anello che circonda la parte
terminale, dilatata, del canale centrale del midollo spinale.
Costituzione della sostanza grigia del midollo spinale
La sostanza grigia del midollo spinale è formata di cellule nervose e di fibre
nervose, nella maggior parte amieliniche, inoltre di cellule di nevroglia.
Le cellule nervose della sostanza grigia del midollo spinale sono: cellule del I
tipo del Golgi, le quali hanno un lungo neurite che, divenuto una fibra nervosa
mielinica, generalmente esce dalla sostanza grigia del midollo spinale; cellule
del II tipo del Golgi, le quali hanno un neurite che si ramifica entro la sostanza
grigia del midollo spinale, assolvendo pertanto a funzioni di collegamento a
breve distanza.
Le cellule del I tipo del Golgi presenti nella sostanza grigia del midollo spinale,
sulla base del comportamento del loro neurite, sono distinte in cellule
radicolari e cellule funicolari. I neuriti delle prime diventano le fibre nervose
che costituiscono le radici anteriori dei nervi spinali; i neuriti delle seconde
diventano fibre nervose che formano fasci entro i cordoni (o funicoli) della
sostanza bianca del midollo spinale.
Cellule radicolari. Le cellule radicolari hanno i loro neuriti che diventano fibre
mieliniche: le fibre radicolari anteriori, che escono dal midollo spinale
costituendo le radici anteriori dei nervi spinali; sono pertanto esclusive del
corno anteriore del midollo spinale, compreso il corno laterale che ne è una
dipendenza. Esse sono distinte in cellule motrici somatiche e cellule effettrici
viscerali.
1. Le cellule motrici somatiche, dette anche neuroni somatomotori o più
comunemente motoneuroni, sono proprie della testa del corno anteriore
del midollo spinale.
Esse danno luogo alle fibre motrici somatiche delle radici anteriori dei
nervi spinali. Sì considerano i motoneuroni α, che innervano le fibre
muscolari striate dei muscoli scheletrici, ed i motoneuroni µ, che
innervano le fibre muscolari striate accolte nei fusi neuro-muscolari dei
muscoli scheletrici medesimi.
33
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
I motoneuroni α sono in numero di circa 100.000 per ciascun antimero
del midollo spinale. Sono neuroni di forma variabile, ma sempre molto
voluminosi, che sono provvisti di grossi dendriti abbondantemente
ramificati, i quali possono spingersi anche nell’antimero opposto del
midollo spinale. Hanno ciascuno un neurite che assume la guaina
mielinica ancora nell’ambito della sostanza grigia del midollo spinale,
divenendo così una fibra motrice somatica; questa passa nella radice
anteriore di un nervo spinale e, seguendo il nervo spinale medesimo,
giunge al muscolo cui è destinata; quivi si ramifica ripetutamente e
ciascuna sua ramificazione terminale va a costituire una placca motrice a
ridosso
di
una
fibra
muscolare
striata
scheletrica.
Un
singolo
motoneurone α innerva molte fibre muscolari striate scheletriche, il cui
numero può variare da 25 in alcuni muscoli fino a 1900 in altri; un
motoneurone α con tutte le fibre muscolari striate scheletriche da esso
innervate costituisce un’unità motrice.
I neuriti dei motoneuroni α, poco dopo la loro origine, emettono rami
collaterali ricorrenti che contraggono sinapsi con particolari cellule
funicolari: le cellule del Renshaw, le quali riverberano impulsi inibitori
sugli stessi motoneuroni α.
l motoneuroni α sono distinti in fasici e tonici; quelli fasici inviano alle
fibre muscolari striate scheletriche impulsi che ne determinano la
contrazione rapida fasica, quelli tonici trasmettono invece alle fibre
muscolari striate scheletriche impulsi prolungati che aumentano il tono
muscolare.
I motoneuroni µ sono frammisti ai motoneuroni α, rispetto ai quali sono
di minore grandezza e sono anche meno numerosi. Danno origine a fibre
motrici somatiche che pure entrano nella costituzione delle radici
anteriori dei nervi spinali e vanno ai muscoli, dove innervano le fibre
muscolari striate scheletriche che sono accolte entro i fusi neuromuscolari, organuli questi che hanno il compito di registrare lo stato di
tensione dei muscoli o tono muscolare.
Situati entro il perimisio dei muscoli e delimitati da un involucro fibroso, i
34
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
fusi neuro-muscolari sono costituiti da alcune fibre muscolari striate
scheletriche di piccole dimensioni che sono innervate, tramite placche
motrici, dalle fibre motrici somatiche originate dai motoneuroni µ, e che
inoltre sono circondate da avvolgimenti anulo-spirali formati attorno ad
esse da fibre periferiche dei neuroni a T dei gangli spinali. Tali fibre
muscolari intrafusali, contraendosi, stimolano le fibre sensitive degli
avvolgimenti anulo-spirali e gli eccitamenti, mediante le fibre centrali dei
neuroni a T dei gangli spinali, vengono trasmessi ai motoneuroni tonici
del midollo spinale i quali, così stimolati per via riflessa, danno luogo ad
impulsi che rafforzano il tono muscolare. Pertanto, tramite tale circuito
riflesso, che è chiamato circuito µ, i motoneuroni µ controllano il tono
muscolare.
2. Le cellule effettrici viscerali, dette anche neuroni visceroeffettori o
neuroni pregangliari, si trovano nella base del corno anteriore, incluso il
corno laterale. Più piccole delle cellule motrici somatiche, esse sono
deputate all’innervazione della muscolatura involontaria cui non inviano
però direttamente gli impulsi nervosi, ma li trasmettono tramite
l’interposizione dei neuroni dei gangli simpatici. Le cellule effettrici
viscerali danno infatti origine a fibre mieliniche: le fibre effettrici
viscerali, dette comunemente fibre pregangliari, che
fuoriescono dal
midollo spinale tramite le radici anteriori dei nervi spinali e che poi,
abbandonando i nervi spinali stessi con i rami comunicanti bianchi,
mettono capo ai gangli simpatici, in rapporto ai cui neuroni terminano.
Dai neuroni dei gangli simpatici originano infine le fibre postgangliari che
si recano ai rispettivi territori di innervazione.
Cellule funicolari. Le cellule funicolari danno origine a fibre mieliniche: le
fibre funicolari, che entrano nella costituzione dei cordoni della sostanza bianca
del midollo spinale. Possono essere distinte in cellule funicolari dell’apparato
intersegmentale, che sono quelle le cui fibre non sconfinano dal midollo spinale
e sono pertanto deputate a collegare tra loro i diversi segmenti spinali, ed in
cellule funicolari dell’apparato di connessione, che sono invece quelle le cui
fibre salgono all’encefalo e collegano così la sostanza grigia del midollo spinale
35
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
a quella dell’encefalo.
1. Le cellule funicolari dell’apparato intersegmentale sono presenti in tutta
la sostanza grigia del midollo spinale. Esse hanno un neurite che si
riveste della guaina mielinica e passa nella sostanza bianca di uno dei
cordoni del midollo spinale, dove si biforca dando luogo ad un ramo
ascendente e ad uno discendente.
Tali due rami, cammin facendo, staccano ad angolo retto molte
ramificazioni collaterali che vanno nella sostanza grigia del midollo
spinale; i due rami medesimi, dopo un decorso più o meno lungo,
entrano poi anch’essi nella sostanza grigia del midollo spinale, dove si
estinguono rispettivamente ad un livello più alto e ad uno più basso di
quello in cui è localizzata la loro cellula d’origine.
Alcune
cellule
funicolari
dell’apparato
intersegmentale
inviano
alle
commessure del midollo spinale, specie a quella bianca, il ramo
ascendente e quello discendente di divisione della propria fibra, oppure
anche uno solo dei due; tali rami mettono così capo alla sostanza grigia
della metà eterolaterale del midollo spinale. Le cellule in questione sono
dette pertanto cellule commessurali.
2. Le
cellule
funicolari
fondamentalmente
dell’apparato
nel
di
connessione
corno posteriore
sono
localizzate
del midollo spinale.
Esse
posseggono un neurite che, divenuto una fibra mielinica, passa nella
sostanza bianca di uno dei cordoni del midollo spinale e, ripiegando verso
l’alto, entra nella costituzione di uno dei fasci ascendenti che dal midollo
spinale si portano all’encefalo. Le fibre di tali cellule possono dare,
quando stanno piegando verso l’alto, un ramo discendente che entra poi
nella
sostanza
costantemente,
grigia
lungo
del
il
midollo
loro
spinale;
cammino
emettono
ascendente,
inoltre
ramificazioni
collaterali destinate alla sostanza grigia stessa del midollo spinale.
Organizzazione della sostanza grigia del midollo spinale
Entro la sostanza grigia del midollo spinale, le cellule nervose sono in parte
disseminate, ma nella maggior parte sono raggruppate in nuclei. Questi si
estendono in genere per più segmenti spinali oppure per tutta la lunghezza del
36
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
midollo spinale, per cui vengono detti anche colonne o lamine.
I nuclei della sostanza grigia del midollo spinale sono distinti in: nuclei
somatomotori, nuclei visceroeffettori, nuclei sensitivi.
I nuclei somatomotori, deputati all’innervazione della muscolatura volontaria,
si trovano nella testa del corno anteriore del midollo spinale. Essi sono
costituiti dai motoneuroni e danno luogo alle fibre motrici somatiche che si
distribuiscono ai muscoli scheletrici.
I
nuclei
visceroeffettori,
destinati
all’innervazione
della
muscolatura
involontaria, sono posti nella base del corno anteriore e particolarmente nel
corno laterale del midollo spinale. Essi sono formati delle cellule effettrici
viscerali e danno origine alle fibre pregangliari, che mettono capo ai gangli
simpatici.
I nuclei sensitivi sono costituiti da cellule funicolari e sono propri del corno
posteriore del midollo spinale; essi ricevono le fibre centrali dei neuroni a T dei
gangli spinali, che recano ad essi stimoli sensitivi, ed emettono fibre funicolari
che salgono a diversi territori dell’encefalo per recare a questi gli stimoli
sensitivi medesimi. I nuclei sensitivi sono distinti in nuclei somatosensitivi e
nuclei viscerosensitivi. I primi, che ricevono gli stimoli sensitivi dalla cute, dai
muscoli e dalle articolazioni, sono sparsi in tutto il corno posteriore del midollo
spinale; i secondi invece, che ricevono gli stimoli sensitivi dai visceri, si trovano
solo nella base del corno posteriore del midollo spinale.
Nuclei del corno anteriore. Il corno anteriore del midollo spinale, incluso il
corno laterale che ne è una dipendenza, ha fondamentalmente funzione motrice, ossia effettrice; da esso originano infatti le fibre motrici somatiche,
deputate all’innervazione dei muscoli scheletrici, e le fibre effettrici viscerali o
fibre pregangliari per l’innervazione della muscolatura involontaria. Il corno
anteriore del midollo spinale accoglie pertanto i nuclei somatomotori ed i nuclei
visceroeffettori.
1. I nuclei somatomotori (che formano nell’insieme la lamina IX) si trovano
nella testa del corno anteriore del midollo spinale. Essi formano un
gruppo mediale, che consta dei nuclei deputati all’innervazione dei
muscoli annessi alla colonna vertebrale, ed un gruppo laterale, che è
37
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
costituito dai nuclei destinati ad innervare i muscoli laterali e anteriori del
tronco e quelli degli arti.
Il gruppo
mediale
dei nuclei somatomotori è rappresentato dalla
colonna antero-mediale e dalla colonna postero-mediale; di esse, la
prima innerva i muscoli flessori della colonna vertebrale, la seconda
invece ne innerva gli estensori. Tali due colonne cellulari sono bene
evidenti in corrispondenza dei due rigonfiamenti, cervicale e lombare, del
midollo spinale; nel tratto compreso fra i due rigonfiamenti medesimi
sono invece sostituiti da una colonna cellulare singola.
Il gruppo laterale dei nuclei somatomotori è costituito da tre colonne
cellulari, le quali sono bene distinte in corrispondenza dei rigonfiamenti
cervicale e lombare del midollo spinale; esse sono: la colonna centrale, la
colonna antero-laterale
e la colonna postero-laterale.
La colonna
centrale, in corrispondenza del rigonfiamento cervicale, da luogo alle
fibre nervose che innervano il diaframma; a livello del rigonfiamento
lombare, dà le fibre nervose per i muscoli del perineo. La colonna
antero-laterale provvede, in corrispondenza del rigonfiamento cervicale,
all’innervazione dei muscoli della spalla e del braccio e, in corrispondenza
del rigonfiamento lombare, a quella dei muscoli dell’anca e della coscia.
La colonna postero-laterale, a livello del rigonfiamento cervicale, dà le
fibre
nervose
per
i
muscoli
dell’avambraccio
e
della
mano;
in
corrispondenza del rigonfiamento lombare, dà origine alle fibre nervose
per i muscoli della gamba e del piede. Nella parte toracica del midollo
spinale, compresa tra i rigonfiamenti cervicale e lombare, dette tre
colonne cellulari sono sostituite da un’unica colonna cellulare che
provvede all’innervazione dei muscoli intercostali e dei muscoli della
parete dell’addome.
La base del corno anteriore del midollo spinale, all’incirca dal V segmento
cervicale fino alla parte iniziale del midollo allungato, accoglie il nucleo
del nervo accessorio spinale, che è il nucleo somatomotore deputato
all’innervazione dei muscoli sterno-cleido-mastoideo e trapezio. Tale
nucleo dà origine a fibre motrici somatiche che attraversano il cordone
38
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
laterale del midollo spinale per fare emergenza, raggruppate in radicole,
tra le radici anteriori e quelle posteriori dei primi nervi spinali; dette
radicole si dirigono verso l’alto e, riunendosi poi tra loro, formano
appunto il nervo accessorio spinale.
2. I nuclei visceroeffettori (o nuclei mioleiotici) occupano la base del corno
anteriore del midollo spinale ed il corno laterale; si trovano pertanto nella
cosiddetta zona intermedia. Essi sono la colonna intermedia laterale e le
due colonne parasimpatiche sacrali.
La colonna intermedia laterale costituisce il corno laterale del midollo
spinale e si estende pertanto dall’VIII segmento cervicale al II segmento
lombare; essa dà origine alle fibre pregangliari dell’orto simpatico che,
uscendo dal midollo spinale con le radici anteriori dei nervi spinali,
mettono capo ai gangli latero-vertebrali (tronco del simpatico) e
prevertebrali
dell’ortosimpatico,
dai
quali
nascono
poi
le
fibre
postgangliari che si distribuiscono alla muscolatura involontaria con
funzione motrice. La colonna intermedia laterale è sede pertanto dei
centri ortosimpatici nevrassiali, che sono lungo essa così distribuiti: nella
parte superiore, in corrispondenza dell’VIII segmento cervicale e del I
segmento toracico del midollo spinale, trovasi il centro cilio-spinale (del
Budge) che presiede alla motilità del muscolo dilatatore della pupilla;
nella parte superiore vi è pure il centro cardio-acceleratore, che va
dall’VIII segmento cervicale al II segmento toracico; dal III al V
segmento toracico trovasi il centro polmonare; dal VI segmento toracico
al II segmento lombare si estendono infine i centri per i visceri
addomino-pelvici.
Le colonne parasimpatiche sacrali, laterale e mediale (o colonna ritorta
del Laruelle), sono localizzate nei segmenti sacrali del midollo spinale.
Esse danno luogo alle fibre pregangliari del parasimpatico sacrale, le
quali escono dal midollo spinale con le radici anteriori dei nervi spinali e
mettono capo ai gangli pelvici del parasimpatico; da questi gangli
prendono
poi
origine
le
fibre
postgangliari
che
provvedono
alla
innervazione motrice della muscolatura involontaria ed alla innervazione
39
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
eccitosecretrice delle ghiandole.
Nuclei del corno posteriore. Il corno posteriore del midollo spinale ha
funzione sensitiva; ad esso mettono infatti capo le fibre centrali dei neuroni a T
dei gangli spinali, o i loro rami collaterali, che recano impressioni della
sensibilità generale, sia somatica che viscerale, raccolte dai recettori che le
fibre periferiche dei neuroni a T dei gangli spinali stessi formano nei diversi
territori periferici del corpo. Si tratta di vari tipi di sensibilità generale, che
sono determinati da stimoli di differente natura.
1. Nell’ambito della sensibilità somatica sono da distinguersi la sensibilità
esterocettiva e la sensibilità propriocettiva.
La
sensibilità
esterocettiva
comprende
la
sensibilità
tattile
(sia
superficiale che profonda), la sensibilità termica e la sensibilità dolorifica.
Nella sensibilità esterocettiva sono poi da distinguersi: la sensibilità
esterocettiva
epicritica,
che
è
quella
bene
analizzabile
nelle
sue
caratteristiche e che è rappresentata dalla forma più fine e discriminativa
della sensibilità tattile, detta pertanto sensibilità tattile epicritica; la
sensibilità esterocettiva protopatica, che è quella ricca di contenuti
emozionali difficilmente analizzabili e che comprende sia la sensibilità
termica e quella dolorifica, sia la sensibilità tattile a carattere diffuso o
sensibilità tattile protopatica.
La sensibilità propriocettiva è data dagli stimoli provenienti dai muscoli,
dai tendini e dalle articolazioni; essa informa delle posizioni e degli
atteggiamenti delle varie parti del corpo, inoltre condiziona il tono
muscolare. La sensibilità propriocettiva viene distinta in cosciente ed
incosciente.
2. La sensibilità viscerale (o sensibilità enterocettiva) è raccolta dai recettori
che trovansi nei visceri, i quali sono in grado di captare le variazioni
dell’ambiente interno.
Il corno posteriore del midollo spinale accoglie pertanto i nuclei sensitivi,i quali
danno origine a fasci nervosi che si recano all’encefalo: sono i nuclei
viscerosensitivi, posti alla base del corno posteriore, e i nuclei somatosensitivi,
distribuiti in diverse parti del corno posteriore e rappresentati dalla colonna
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Midollo spinale
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intermedia mediale, dalla colonna del Clarke e dal nucleo della testa del corno
posteriore. Nel corno posteriore del midollo spinale si trovano poi altri nuclei
che hanno funzione associativa nell’ambito del midollo spinale stesso; essi
sono il nucleo reticolare spinale, il nucleo della sostanza gelatinosa (del
Rolando) e la colonna delle cellule postero-marginali.
I nuclei viscerosensitivi sono piccoli gruppi di cellule funicolari che sono sparsi
nella base del corno posteriore, ossia entro la zona intermedia subito dietro ai
nuclei visceroeffettori. Dai nuclei viscerosensitivi originano fibre nervose che,
sparse o riunite in piccoli fascetti, salgono nella sostanza bianca del midollo
spinale, specie entro il cordone laterale, e che costituiscono nell’insieme il
lemnisco viscerale; questo, che è pertanto deputato al trasporto degli stimoli
della sensibilità viscerale, si porta al talamo, dopo avere subito in parte
interruzioni sinaptiche nella formazione reticolare del tronco cerebrale.
La colonna intermedia mediale (che è parte della lamina VII) è situata nella
parte mediale della base del corno posteriore e si estende per tutta la
lunghezza del midollo spinale. Essa dà origine al fascio spino-cerebellare
ventrale (del Gowers), crociato, che decorre nel cordone laterale eterolaterale
del midollo spinale e si porta al paleocerebello, dove termina nella corteccia
cerebellare
cui
reca
stimoli
della
sensibilità
propriocettiva
incosciente
specialmente degli arti.
La colonna del Clarke (o nucleo dorsale) (che è parte della lamina VII) è posta
medialmente tra la base ed il collo del corno posteriore, subito dietro alla
colonna intermedia mediale; essa si estende dall’VIII segmento cervicale al III
segmento lombare del midollo spinale. Vi prende origine il fascio spinocerebellare dorsale (del Flechsig), diretto, che sale nel cordone laterale
omolaterale del midollo spinale e si porta alla corteccia cerebellare del
paleocerebello, recando stimoli della sensibilità propriocettiva incosciente
soprattutto del tronco.
Il nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo proprio del corno posteriore,
o lamine III e IV) occupa la parte centrale della testa del corno posteriore per
tutta la lunghezza del midollo spinale. Vi originano i fasci spino-talamici
anteriore e laterale, crociati, che decorrono nei cordoni rispettivamente
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Midollo spinale
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anteriore e laterale eterolaterali del midollo spinale e mettono capo al nucleo
ventrale posteriore del talamo, il primo recando impulsi della sensibilità tattile
protopatica ed il secondo impulsi della sensibilità termica e di quella dolorifica;
ha inoltre origine il fascio spino-tettole, crociato, che sale nel cordone laterale
eterolaterale del midollo spinale e si porta alla lamina quadrigemina del
mesencefalo, portando impulsi della sensibilità esterocettiva protopatica. I fasci
spino-talamici
anteriore
e
laterale
ed
il
fascio
spino-tettale
formano
nell’insieme il lemnisco spinale.
Il nucleo reticolare spinale (o lamina V) corrisponde alla formazione reticolare
del midollo spinale. Consta di cellule funicolari che danno luogo a fibre nervose
che si portano nel cordone laterale dello stesso lato ed in quello anteriore del
lato opposto, esplicando una funzione associativa intersegmentale.
Il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando) (o lamina II) trovasi presso
l’estremità della testa del corno posteriore, corrispondendo alla sostanza
gelatinosa (del Rolando). Risulta costituito sia da cellule del II tipo del Golgi,
sia da cellule funicolari le cui fibre, biforcandosi, danno origine a rami
ascendenti e discendenti alquanto brevi che hanno funzione associativa
intersegmentale nell’ambito del corno posteriore del midollo spinale. Si ritiene
che
il
nucleo
della
sostanza
gelatinosa
(del
Rolando)
abbia
funzione
associativa, cioè sia interposto tra le terminazioni delle fibre centrali dei
neuroni a T dei gangli spinali accolte nella zona marginale (del Lissauer) e nello
strato zonale (del Waldeyer) ed i neuroni del nucleo della testa del corno
posteriore. Il nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando), a livello dei primi
segmenti cervicali del midollo spinale, si continua con il nucleo della radice
discendente del nervo trigemino.
La colonna delle cellule postero-marginali (o lamina I) incappuccia il nucleo
della sostanza gelatinosa (del Rolando), formando l’estremità apicale del corno
posteriore; corrisponde pertanto allo strato zonale (del Waldeyer) (o zona
spongiosa). E’ anch’essa formata di cellule funicolari, le cui fibre associano tra
loro segmenti diversi del corno posteriore del midollo spinale.
Archi riflessi spinali
Come si è detto, fibre centrali dei neuroni a T dei gangli spinali e loro rami
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Midollo spinale
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collaterali entrano in grande numero nel corno posteriore del midollo spinale.
Mentre la maggior parte di tali fibre centrali dei neuroni a T si estingue nel
corno posteriore stesso in rapporto con le cellule funicolari, altre invece si
portano nel corno anteriore, dove terminano in connessione con le cellule
radicolari, sia motrici somatiche che effettrici viscerali. Queste ultime fibre
danno luogo agli archi riflessi spinali; sono cioè fibre sensitive capaci di
influenzare direttamente sia le cellule motrici somatiche, causando movimenti
riflessi dei muscoli scheletrici, sia le cellule effettrici viscerali, provocando
contrazioni riflesse della muscolatura involontaria dei visceri.
Gli archi riflessi spinali sono pertanto costituiti ciascuno, essenzialmente, da un
neurone a T di un ganglio spinale e da una cellula radicolare del midollo spinale
in sinapsi tra di loro; quando sono così formati da due soli neuroni, essi sono
archi riflessi spinali semplici e si realizzano nell’ambito di un singolo segmento
del midollo spinale. Nella maggior parte degli archi riflessi spinali, tra il
neurone a T e la cellula radicolare sono interposti uno o più neuroni associativi
(o neuroni intercalari) della sostanza grigia del midollo spinale, i quali hanno il
compito di moderare l’intensità e di rallentare la velocità degli impulsi nervosi
che attraversano gli archi riflessi medesimi; questi archi riflessi spinali che
hanno anche neuroni associativi interessano frequentemente più segmenti del
midollo spinale.
Sostanza bianca del midollo spinale
La sostanza bianca del midollo spinale forma, in ciascun antimero del midollo
spinale, tre cordoni (o funicoli), che sono distinti in: anteriore, laterale e
posteriore. Forma poi, nella parte mediana anteriore del midollo spinale, la
commessura bianca.
Il cordone anteriore del midollo spinale è delimitato in superficie dalla fessura
mediana anteriore e dal solco laterale anteriore. E’ compreso in profondità tra
la fessura mediana anteriore ed il corno anteriore. Poiché il corno anteriore si
arresta ad una certa distanza dalla superficie del midollo spinale, il cordone
anteriore risulta delimitato in modo incompleto dal contiguo cordone laterale.
Il cordone laterale del midollo spinale si estende in superficie tra il solco
laterale anteriore ed il solco laterale posteriore. Profondamente risulta
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Midollo spinale
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interposto tra il corno anteriore, che lo delimita parzialmente dal cordone
anteriore, ed il corno posteriore che, giungendo fino quasi alla superficie del
midollo spinale, lo separa pressoché interamente dal cordone posteriore. Il
cordone laterale rimane collegato con il cordone posteriore solo da un sottile
strato di sostanza bianca che incappuccia l’estremità del corno posteriore e che
è la zona marginale (del Lissauer).
Il cordone posteriore del midollo spinale si estende in superficie tra il solco
laterale posteriore ed il solco mediano posteriore. In profondità, esso è
delimitato lateralmente dalla zona radicolare, costituita dalle fibre radicolari
posteriori che entrate nel midollo spinale si dispongono sul contorno mediale
del corno posteriore, e medialmente dal septum posterius, sepimento di fibre
gliali che si estende dalla commessura grigia posteriore al solco mediano
posteriore.
La commessura bianca del midollo spinale trovasi nel fondo della fessura
mediana anteriore del midollo spinale stesso, all’innanzi della commessura
grigia anteriore. Essa si estende tra i due cordoni anteriori del midollo spinale.
Costituzione della sostanza bianca del midollo spinale
La sostanza bianca del midollo spinale è costituita da fibre nervose mieliniche.
Nella grande maggioranza, le fibre nervose mieliniche della sostanza bianca del
midollo spinale decorrono verticalmente, con direzione ascendente oppure
discendente, entro i cordoni (o funicoli) del midollo spinale, formandone i fasci;
sono dette pertanto fibre funicolari. Esse possono essere fibre endogene, cioè
nate dalle cellule funicolari del midollo spinale stesso; oppure possono essere
fibre esogene, quali sono infatti le fibre nervose mieliniche che dall’encefalo
discendono nel midollo spinale, inoltre le fibre nervose mieliniche che
provengono dai gangli spinali e che assumono un andamento verticale entro il
midollo spinale.
Altre fibre nervose mieliniche della sostanza bianca del midollo spinale hanno
invece decorso grosso modo orizzontale: sono le fibre commessurali e le fibre
radicolari.
Le fibre commessurali sono proprie della commessura bianca del midollo
spinale. Esse sono fibre funicolari che, per passare nella metà eterolaterale del
44
Midollo spinale
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midollo
spinale,
entrano
nella
commessura
bianca
dove
decorrono
orizzontalmente.
Le fibre radicolari sono rappresentate dai tratti intramidollari delle radici
anteriori e delle radici posteriori dei nervi spinali. Si distinguono pertanto in
fibre radicolari anteriori ed in fibre radicolari posteriori.
Le fibre radicolari anteriori provengono dalle cellule radicolari del corno
anteriore del midollo spinale; sono quindi fibre motrici somatiche e fibre
pregangliari. Riunite in piccoli fascetti, esse attraversano obliquamente la
sostanza bianca al confine tra il cordone anteriore e quello laterale, dirigendosi
verso il solco laterale anteriore del midollo spinale, dove fuoriescono come
radici anteriori dei nervi spinali.
Le fibre radicolari posteriori, pertinenti alle radici posteriori dei nervi spinali,
provengono dai gangli spinali; sono infatti le fibre centrali dei neuroni a T
penetrate nel midollo spinale in corrispondenza del solco laterale posteriore;
sono pertanto fibre sensitive. Le fibre radicolari posteriori sono da distinguersi
in: fibre di grosso calibro, che sono quelle decorrenti nella parte posteromediale delle radici posteriori dei nervi spinali, e in fibre di piccolo calibro, che
sono quelle decorrenti nella parte antero-laterale delle radici posteriori dei
nervi spinali.
Le fibre radicolari posteriori di grosso calibro sono deputate al trasporto degli
impulsi della sensibilità tattile epicritica e della sensibilità propriocettiva
cosciente; esse si portano a ridosso del contorno mediale del corno posteriore,
costituendo la zona radicolare, dove si dividono in un ramo ascendente ed in
uno discendente. Di questi, il ramo ascendente, che è di diametro nettamente
maggiore rispetto a quello discendente, si porta nel cordone posteriore del
midollo spinale entro il fascicolo gracile (del Goll) o entro il fascicolo cuneato
(del Burdach) e si reca al midollo allungato, emettendo tuttavia lungo il suo
decorso numerosissimi rami collaterali che passano nel corno posteriore. Il
ramo discendente si immette invece nel fascio ovale (del Flechsig) o nel fascio
a virgola (dello Schultze) del cordone posteriore del midollo spinale e, dopo un
decorso più o meno lungo, va a terminare nel corno posteriore del midollo
spinale stesso.
45
Midollo spinale
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Le fibre radicolari posteriori di piccolo calibro provvedono al trasporto degli
impulsi delle sensibilità tattile protopatica, termica e dolorifica, inoltre della
sensibilità viscerale. Tali fibre entrano nel fascio dorso-laterale (del Lissauer),
corrispondente alla zona marginale (del Lissauer), o nel fascio longitudinale del
corno posteriore, accolto nello strato zonale (del Waldeyer) (o zona spongiosa)
dell’estremità della testa del corno posteriore; in seno a detti fasci, esse si
dividono in un ramo ascendente ed in uno discendente, che passano poi nel
corno posteriore del midollo spinale dove prendono rapporto soprattutto con i
neuroni del nucleo della testa del corno posteriore o direttamente, o tramite
l’interposizione del nucleo della sostanza gelatinosa (del Rolando).
Fasci dei cordoni del midollo spinale
I fasci di fibre nervose mieliniche che compongono i cordoni della sostanza
bianca del midollo spinale possono essere distinti in fasci del cordone anteriore,
fasci del cordone laterale e fasci del cordone posteriore.
Fasci del cordone anteriore. I fasci del cordone anteriore del midollo spinale
sono distinti in: fasci discendenti, che provengono dall’encefalo e vanno alle
corna anteriori del midollo spinale, avendo funzione motrice; fasci ascendenti,
che nascono dalle corna posteriori del midollo spinale e salgono all’encefalo,
essendo di natura sensitiva; fasci a funzione associativa intersegmentale,
formati di fibre nervose ascendenti e discendenti che, nate da cellule funicolari
della sostanza grigia del midollo spinale, mettono capo alla sostanza grigia di
segmenti spinali superiori od inferiori rispetto a quelli dove le fibre nervose
medesime sono nate. I fasci del cordone anteriore del midollo spinale sono i
seguenti.
1. Il fascio fondamentale anteriore è un fascio a funzione associativa
intersegmentale che, situato nella parte profonda del cordone anteriore
del midollo spinale, circonda medialmente ed in avanti il corno anteriore.
Il fascio fondamentale anteriore nasce nel corno anteriore del midollo
spinale
da
cellule
funicolari
dell’apparato
intersegmentale;
risulta
pertanto costituito da fibre ascendenti e da fibre discendenti le quali,
dopo un decorso più o meno breve dalla loro origine, rientrano nel corno
anteriore medesimo, dove si mettono in rapporto con le cellule radicolari.
46
Midollo spinale
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2. Il fascicolo longitudinale mediale è, nella parte cervicale del midollo
spinale, un fascio discendente; diviene poi un fascio a funzione
associativa intersegmentale nelle restanti parti del midollo spinale.
Trovasi nella profondità della zona mediale del cordone anteriore,
nell’angolo formato dal corno anteriore con la commessura grigia
anteriore.
Il fascicolo longitudinale mediale trae origine, all’estremità superiore
della callotta del mesencefalo, dal nucleo della commessura posteriore
(del Darkschewitsch) e dal nucleo interstiziale del fascicolo longitudinale
mediale (del Cajal). Discendendo verso il basso, nell’attraversare il ponte
ed il midollo allungato, si arricchisce di fibre nervose che gli vengono
date dalla formazione reticolare e dai nuclei vestibolari laterale (del
Deiters) e mediale. Tali sue fibre nervose di origine encefalica non
scendono oltre il tratto cervicale del midollo spinale, estinguendosi esse
in rapporto con i motoneuroni del corno anteriore, specie con quelli che
presiedono
all’innervazione
dei muscoli
deputati
ai movimenti di
rotazione della testa.
Il fascicolo longitudinale mediale è presente anche nelle restanti parti del
midollo spinale perché, a cominciare dalla parte toracica di questo, vi
arrivano dal corno anteriore fibre nervose delle cellule funicolari
dell’apparato intersegmentale. Queste fibre nervose si biforcano, entro il
fascicolo longitudinale mediale stesso, in un ramo ascendente ed in uno
discendente i quali, dopo un decorso più o meno lungo, entrano nel
corno anteriore assolvendo alla funzione associativa intersegmentale.
3. Il fascio piramidale diretto (o fascio cortico-spinale anteriore, o fascio del
Türck) è un fascio discendente che decorre nella parte mediale del
cordone anteriore del midollo spinale; è deputato alla motilità volontaria
e cosciente. Esso è la parte del fascio piramidale che non si è incrociata
nel midollo allungato; proviene pertanto dalla corteccia cerebrale della
circonvoluzione frontale ascendente dell’emisfero cerebrale omolaterale.
Il fascio piramidale diretto, nel suo cammino discendente entro il midollo
spinale, cede costantemente libre che passano nella commessura bianca
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Midollo spinale
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e mettono capo al corno anteriore eterolaterale, dove contraggono
sinapsi con i motoneuroni. Esso quindi, discendendo, va grado grado
diminuendo di volume, fino ad estinguersi interamente circa a metà della
parte toracica del midollo spinale.
4. Il fascio tetto-spinale anteriore, crociato, è un fascio discendente che
appartiene alle vie ottica ed acustica riflesse; esso reca infatti, ai
motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale, impulsi luminosi ed
impulsi uditivi capaci di determinare risposte motrici riflesse.
Il fascio tetto-spinale anteriore proviene dalla lamina quadrigemina del
mesencefalo ed è costituito da quelle fibre delle vie ottica ed acustica
riflesse che, entro il mesencefalo, si sono incrociate nella decussazione
fontaniforme (del Meynert). Discendendo, esso emette via via fibre che
entrano nel corno anteriore del midollo spinale. Si estingue nella parte
cervicale del midollo spinale.
5. Il fascio vestibolo-spinale anteriore, parzialmente crociato, è un fascio
discendente che non oltrepassa la parte cervicale del midollo spinale.
Esso è formato di fibre nervose, sia dirette che crociate, che provengono
dai nuclei vestibolari de midollo allungato. Mette capo al corno anteriore
del midollo spinale.
Il fascio vestibolo-spinale anteriore, che reca impulsi captati dai recettori
del senso statico dell’orecchio, provvede a determinare cambiamenti di
posizione della testa e degli arti superiori al fine del mantenimento
dell’equilibrio; esercita inoltre un controllo sul tono muscolare.
6. Il fascio
reticolo-spinale anteriore, diretto, è un fascio discendente a
funzione motrice, che appartiene al sistema delle vie extrapiramidali.
Il fascio reticolo-spinale anteriore è costituito da fibre nervose che
provengono dalla parte omolaterale della formazione reticolare del
mesencefalo e di quella del ponte. Tali sue fibre mettono capo al corno
anteriore del midollo spinale, dove esercitano un’azione sollecitatrice sui
motoneuroni, cedendo infatti impulsi facilitanti ai motoneuroni α ed
impulsi attivanti ai motoneuroni µ; danno inoltre impulsi ai neuroni
pregangliari.
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Midollo spinale
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7. Il fascio
rubro-spinale
anteriore,
crociato,
è
un piccolo fascio
discendente motore, pertinente al sistema delle vie extrapiramidali; esso
è limitato alla parte cervicale del midollo spinale. Le sue fibre, che sono
nate nella parte magnicellulare del nucleo rosso del mesencefalo e si
sono incrociate nella decussazione del Forel, terminano nel corno
anteriore del midollo spinale, dove hanno un’azione di controllo sul tono
muscolare e sull’attività motrice.
8. Il fascio olivo-spinale, parzialmente crociato, è un fascio discendente
che è posto presso la superficie, all’estremità laterale del cordone
anteriore del midollo spinale; esso è unito al fascio spino-olivare con il
quale forma il fascio triangolare (del Helweg). E’ un fascio motore che
appartiene al sistema delle vie extrapiramidali.
Il fascio olivo-spinale proviene dal nucleo olivare inferiore del midollo
allungato. Le sue fibre mettono capo via via al corno anteriore del
midollo spinale.
9. Il fascio spino-olivare, crociato, è un fascio ascendente, sensitivo, che
decorre confuso con il fascio olivo-spinale, unitamente al quale forma il
fascio triangolare (del Helweg). E’ costituito da fibre crociate che, nate
dal corno posteriore eterolaterale del midollo spinale, si portano al nucleo
olivare inferiore e alle paraolive del midollo allungato, donde la via
prosegue poi per il cervelletto tramite le fibre olivo-cerebellari. Il fascio
spino-olivare, dal punto di vista funzionale, viene ritenuto omologo dei
fasci spino-cerebellari dorsale (del Flechsig) e ventrale (del Gowers),
recando esso infatti stimoli della sensibilità propriocettiva incosciente del
tronco e degli arti.
10.Il fascio spino-talamico anteriore è un fascio ascendente, sensitivo; esso
è posto nella parte laterale del cordone anteriore del midollo spinale,
davanti ai fasci spino-talamico laterale e tetto-spinale del cordone
laterale, unitamente ai quali forma il lemnisco spinale. Il fascio spinotalamico anteriore reca gli impulsi della sensibilità tattile protopatica del
tronco e degli arti; fa parte pertanto del secondo tratto della via spinotalamo-corticale, deputata al trasporto di detta sensibilità.
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Midollo spinale
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Il fascio spino-talamico anteriore è crociato; le sue fibre originano infatti
dal nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo proprio del corno
posteriore) eterolaterale e, dopo essersi incrociate nella zona mediana
del
midollo
spinale,
si
fanno
ascendenti
entrando
appunto
nella
costituzione del fascio medesimo, il fascio spino-talamico anteriore, dopo
avere percorso il tronco cerebrale, rnette capo al nucleo ventrale
posteriore del talamo; molte sue fibre terminano invece nella formazione
reticolare del midollo allungato e in quella del ponte, donde poi partono
fibre sia per il talamo che per il cervelletto.
Fasci del cordone laterale. Anche i fasci del cordone laterale del midollo
spinale sono rappresentati da fasci discendenti e da fasci ascendenti, oltre che
da un fascio a funzione associativa intersegmentale. I fasci del cordone laterale
del midollo spinale sono i seguenti.
1. Il fascio fondamentale laterale è un fascio a funzione associativa
intersegmentale, che è posto nella profondità del cordone laterale del
midollo
spinale.
Origina
da
cellule
funicolari
dell’apparato
intersegmentale della sostanza grigia del midollo spinale, le cui fibre,
immessesi nel fascio medesimo, si dividono ciascuna in un ramo
ascendente ed in uno discendente. Tali rami, dopo avere percorso due o
tre segmenti spinali, abbandonano il fascio fondamentale laterale ed
entrano nella sostanza grigia del midollo spinale, associando così
segmenti spinali posti a diverse altezze.
2. Il fascio piramidale crociato (o fascio cortico-spinale laterale) è un grande
fascio discendente che occupa la parte intermedia del cordone laterale
del midollo spinale, spostato posteriormente. Esso rappresenta la parte
più cospicua del fascio piramidale, quella cioè che a livello del midollo
allungato si è incrociata nella decussazione delle piramidi; è pertanto il
fascio motore che reca gli impulsi per la motilità volontaria e cosciente.
Originato
dalla
corteccia
cerebrale
della
circonvoluzione
frontale
ascendente dell’emisfero cerebrale eterolaterale, il fascio piramidale
crociato percorre il midollo spinale per tutta la sua lunghezza e va grado
grado assottigliandosi perché continuamente cede fibre che passano nel
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Midollo spinale
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corno anteriore omolaterale del midollo spinale, dove si mettono in
rapporto sinaptico con i motoneuroni.
3. Il fascio reticolo-spinale laterale è un fascio discendente che è posto
subito all’innanzi del fascio piramidale crociato. Appartiene al sistema
motore delle vie extrapiramidali; esso eserciterebbe un’azione inibitrice
sull’attività dei motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale.
Il fascio reticolo-spinale laterale origina dalla formazione reticolare del
midollo allungato. Le sue fibre, che sono sia dirette che crociate,
terminano nel corno anteriore del midollo spinale.
4. Il fascio rubro-spinale laterale è un fascio discendente, motore, che si
trova all’innanzi del fascio piramidale crociato, di lato al fascio reticolospinale laterale. Fa parte del sistema delle vie extrapiramidali, recando
impulsi che controllano l’attività motrice ed il tono muscolare.
Il fascio rubro-spinale laterale, analogamente al fascio rubro-spinale
anteriore
del
quale
è
però
più
voluminoso,
prende
origine
nel
mesencefalo dalla parte magnicellulare del nucleo rosso e si incrocia
nella decussazione del Forel. Esso
percorre
il
cordone
laterale
del
midollo spinale, cedendo gradualmente fibre che entrano nel corno
anteriore.
5. Il fascio
tetto-spinale laterale è un fascio discendente che rappresenta
la parte diretta delle vie ottica ed acustica riflesse, deputate a causare
movimenti riflessi in seguito ad impulsi luminosi ed uditivi.
Il fascio tetto-spinale laterale origina, analogamente al fascio tettospinale anteriore, dalla lamina quadrigemina del mesencefalo, ma le sue
fibre
non
subiscono
alcun
incrociamento;
esse
discendono
infatti
omolaterali al corno anteriore del midollo spinale, dove contraggono
sinapsi con i motoneuroni.
6. Il fascio vestibolo-spinale laterale è un fascio discendente, diretto, che
nasce
dai nuclei
vestibolari
del
midollo
allungato.
Esso
percorre
longitudinalmente l’intero midollo spinale, emettendo via via fibre che
entrano nel corno anteriore del midollo spinale stesso.
Il fascio vestibolo-spinale laterale, che reca impulsi provenienti dai
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Midollo spinale
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recettori del senso statico dell’orecchio, determina movimenti riflessi del
corpo atti al mantenimento od alla ripresa dell’equilibrio, esplicando la
sua azione specie sui movimenti del tronco e degli arti inferiori.
7. Il fascio spino-talamico
laterale è un fascio ascendente, sensitivo, che
occupa la parte intermedia del cordone laterale del midollo spinale verso
l’avanti, contiguo al fascio spino-talamico anteriore. Fa parte del secondo
tratto della via spino-talamo-corticale e trasporta gli impulsi della
sensibilità termica e di quella dolorifica del tronco e degli arti.
Il fascio spino-talamico laterale, che unitamente al fascio spino-talamico
anteriore ed al fascio spino-tettale costituisce il cosiddetto lemnisco
spinale, è un fascio crociato. Le fibre del fascio spino-talamico laterale
originano infatti dal nucleo della testa del corno posteriore (o nucleo
proprio del corno posteriore) eterolaterale e, dopo essersi incrociate nella
parte mediana del midollo spinale, passano nel cordone laterale dove si
fanno ascendenti costituendo appunto il fascio medesimo. Il fascio spinotalamico laterale percorre il tronco cerebrale e mette capo al nucleo
ventrale posteriore del talamo; molte sue fibre si arrestano però nella
formazione reticolare del midollo allungato ed in quella del ponte, da cui
partono poi fibre che entrano nel fascio medesimo per raggiungere il
talamo, oppure che si portano al cervelletto.
8. Il fascio spino-tettale è un fascio ascendente che decorre addossato al
fascio spino-talamico laterale, analogamente al quale prende origine dal
nucleo della testa del corno posteriore del midollo spinale ed è crociato.
Esso mette capo alla lamina quadrigemina del mesencefalo e trasporta
impulsi della sensibilità esterocettiva protopatica, pare specialmente
dolorifica.
9. Il lemnisco viscerale è dato da un insieme di fascetti ascendenti, sparsi,
che prendono origine dai nuclei viscerosensitivi della base del corno
posteriore del midollo spinale e che sono pertanto deputati al trasporto
degli stimoli della sensibilità viscerale. Esso mette capo al talamo, oltre
che alla formazione reticolare del tronco cerebrale ed all’ipotalamo
periventricolare.
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Midollo spinale
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10.Il fascio spino-cerebellare dorsale (del Flechsig) è un fascio ascendente,
sensitivo, che occupa la parte posteriore della superficie del cordone
laterale del midollo spinale. Esso reca gli impulsi della sensibilità
propriocettiva incosciente, soprattutto quella del tronco, al cervelletto.
Il fascio spino-cerebellare dorsale (del Flechsig), che è diretto, prende
origine dalla colonna del Clarke del corno posteriore omolaterale del
midollo spinale.
Percorso il midollo spinale,
entra
nel peduncolo
cerebellare inferiore e giunge nel cervelletto, dove mette capo alla
corteccia cerebellare del paleocerebello.
11.Il fascio spino-cerebellare ventrale (del Gowers) è un fascio ascendente,
sensitivo, che trovasi nella parte anteriore della superficie del cordone
laterale del midollo spinale. Esso porta gli impulsi della sensibilità
propriocettiva incosciente, specialmente quella degli arti, al cervelletto.
Il fascio spino-cerebellare ventrale (del Gowers), che è crociato, nasce
dal nucleo intermedio mediale del corno posteriore eterolaterale del
midollo spinale. Giunto al mesencefalo, entra nel peduncolo cerebellare
superiore ed arriva così al cervelletto, dove termina nella corteccia
cerebellare del paleocerebello.
Fasci del cordone posteriore. I fasci del cordone posteriore del midollo
spinale (fìg. 14), fatta eccezione del fascio fondamentale posteriore che è un
fascio a funzione associativa intersegmentale, sono fasci sensitivi costituiti
dalle fibre radicolari posteriori di grosso calibro, nate dai neuroni a T dei gangli
spinali omolaterali. Tali fibre infatti, entrate nella zona radicolare del midollo
spinale si dividono ciascuna in un ramo ascendente ed uno discendente, che
passano poi nel cordone posteriore del midollo spinale. Quivi, i rami ascendenti
formano due grossi fasci: il fascicolo gracile (del Goll) ed il fascicolo cuneato
(del Burdach), che salgono all’encefalo recando gli impulsi della sensibilità
tattile epicritica e della sensibilità propriocettiva cosciente del tronco e degli
arti; i rami discendenti costituiscono due fasci di calibro minore: il fascio ovale
(del Flechsig) ed il fascio a virgola (dello Schultze), che sono destinati al corno
posteriore del midollo spinale.
1. Il fascio fondamentale posteriore è posto nella profondità del cordone
53
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
posteriore. Esso risulta formato di fibre che originano dalle cellule
funicolari dell’apparato intersegmentale del corno posteriore e che,
entrate nel fascio stesso, si dividono ciascuna in un ramo ascendente ed
in uno discendente; tali rami, dopo avere percorso due o tre segmenti
spinali, abbandonano il fascio medesimo e passano nel corno posteriore
del midollo spinale.
2. Il fascicolo gracile (del Goll) forma da solo la gran parte del cordone
posteriore nella metà inferiore del midollo spinale.
Il fascicolo gracile (del Goll) è costituito dai rami ascendenti che
originano dalla biforcazione, entro la zona radicolare del midollo spinale,
delle fibre radicolari posteriori dei nervi coccigeo, sacrali e lombari e dei
nervi toracici del XII al V incluso; esso inizia pertanto all’estremità
inferiore del midollo spinale e, salendo verso l’alto, va grado grado
ingrandendosi sino al V segmento toracico, donde prosegue verso l’alto
mantenendo immutata la propria dimensione. Il fascicolo gracile (del
Goll) si porta al midollo allungato, dove termina nel nucleo del fascicolo
gracile (o nucleo del Goll).
3. Il fascicolo cuneato (del Burdach) fa la sua comparsa nel cordone
posteriore, a lato del fascicolo gracile (del Goll), nella metà superiore del
midollo spinale. Andando verso l’alto, va sempre più ingrandendosi fino a
diventare più voluminoso del fascicolo gracile (del Goll) stesso, rispetto al
quale ha anche fibre nervose di calibro maggiore.
Il fascicolo cuneato (del Burdach) è formato dai rami ascendenti di
divisione delle fibre radicolari posteriori dei nervi toracici dal IV al I e di
quelli di tutti i nervi cervicali. Esso raggiunge il midollo allungato, dove
mette capo al nucleo del fascicolo cuneato (o nucleo del Burdach).
4. Il fascio ovale (del Flechsig) è un fascio relativamente esile, situato nella
parte più mediale del cordone posteriore del midollo spinale, dove è
compreso tra il fascicolo gracile (del Goll) ed il septum posterius. Si
estende dall'ultimo segmento cervicale all'estremità inferiore del midollo
spinale.
Il fascio ovale (del Flechsig) è costituito dai rami discendenti di divisione
54
Midollo spinale
___________________________________________________________________________
delle fibre radicolari posteriori, i rami ascendenti delle quali sono entrati
nel fascicolo gracile (del Goll) o nel fascicolo cuneato (del Burdach).
Esso, nel suo decorso verso il basso, cede costantemente fibre che si
addentrano nel corno posteriore del midollo spinale.
5. Il fascio a virgola (dello Schultze), in alto, è posto nella parte centrale del
cordone posteriore del midollo spinale, tra il fascicolo gracile (del Goll) ed
il fascicolo cuneato (del Burdach); in basso, trovasi lateralmente al
fascicolo
gracile (del
Goll).
Esso è particolarmente
sviluppato
in
corrispondenza del rigonfiamento cervicale e di quello lombare del
midollo spinale.
Il fascio a virgola (dello Schultze) è anch'esso formato, analogamente al
fascio ovale (del Flechsig), dai rami discendenti di divisione delle fibre
radicolari posteriori i cui rami ascendenti hanno costituito il fascicolo
gracile (del Goll) o il fascicolo cuneato (del Burdach). Lungo il suo
cammino discendente, esso cede via via fibre che passano nel corno
posteriore del midollo spinale.
Canale centrale del midollo spinale
Il midollo spinale ha come sua cavità il canale centrale del midollo spinale (o
canale dell’ependima) che, scavato al centro della commessura grigia, lo
percorre assialmente per tutta la lunghezza.
Il canale centrale del midollo spinale è sottilissimo, spesso in alcuni punti è
anche obliterato. Esso in alto si continua, per un certo tratto, entro il midollo
allungato e si apre poi nel IV ventricolo. Inferiormente termina a fondo cieco in
corrispondenza del cono midollare del midollo spinale, dove forma una
dilatazione, che è detta ventricolo terminale (del Krause). Contiene liquido
cefalo-rachidiano.
Il canale centrale del midollo spinale è rivestito dell’ependima, strato di cellule
cilindriche di natura gliale.
55
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
Tono muscolare
Per tono muscolare si intende quel certo grado di tensione in cui si trovano
normalmente i muscoli in condizione di riposo. I meccanismi che provvedono
all’innervazione tonica dei muscoli sono molto complessi e tutt’ora non del
tutto noti. La primitiva ipotesi che il tono fosse dovuto esclusivamente ad
un’attività automatica del midollo spinale è caduta in seguito all’osservazione di
numerosi dati della fisiologia sperimentale e dell’anatomia clinica, dai quali
risulta in modo indubbio la natura riflessa del tono muscolare.
Il midollo spinale rappresenta certamente uno degli organi più importanti in
cui vengono elaborati i meccanismi regolatori del tono muscolare; esiste, in
altri termini, un tono spinale il quale, come ho riferito altrove, è mantenuto da
quegli eccitamenti, lievi ma continui, che partendo dalla periferia e risalendo
lungo il neurone afferente, si trasmettono al neurone efferente percorrendo
tutto l’arco diastaltico.
Gli stimoli riflessogeni che provvedono al mantenimento del tono muscolare
prendono origine, in massima parte, nella muscolatura e nei tendini (i cui
recettori sono rappresentati dai fusi muscolari e dagli organi tendinei di Golgi),
cioè
nell’interno
L’anestesia
del
muscolare
corpo,
onde
mediante
vengono
iniezione
detti
di
stimoli
novocaina
propriocettivi.
nel
muscolo,
l’interruzione dell’arco diastaltico nella sua porzione afferente, mediante il
taglio sperimentale o per effetto di lesioni patologiche delle radici posteriori,
determinano una notevole diminuzione del tono muscolare.
Studi recenti di GRANIT e della sua scuola hanno dimostrato che nelle corna
anteriori del midollo spinale esistono cellule destinate all’innervazione fasica
dei muscoli, quindi alla funzione motoria, dette cellule alfa, e cellule più piccole
deputate all’innervazione tonica, dette cellule gamma. Le fibre che prendono
origine da queste ultime (fibre gamma) vanno ad innervare i fusi muscolari ai
quali inviano continuamente deboli impulsi, che dai fusi vengono poi trasmessi;
tramite le radici posteriori, ad altre cellule delle corna anteriori che innervano
le fibre muscolari contrattili. Il tono muscolare di riposo è dunque mantenuto
57
da questa circolazione continua di deboli impulsi che partendo dalle cellule
gamma delle corna anteriori raggiungono i fusi muscolari e attraverso le radici
posteriori ritornano alle corna anteriori e di qui ai muscoli.
Il tono di un muscolo non dipende però soltanto dai suoi stimoli propriocettivi
ma è influenzato altresì da impulsi che prendono origine in altre parti del
corpo. Fra questi hanno notevole importanza certi stimoli propriocettivi che,
come
ho
già
accennato,
provengono
dalla
muscolatura
del
collo.
In
determinate condizioni patologiche o sperimentali, infatti, - in modo particolare
negli animali decerebrati e, in patologia umana, nei malati affetti da lesioni che
realizzano, più o meno completamente, un quadro analogo a quello della
decerebrazione sperimentale - i cambiamenti di posizione della testa provocano
delle variazioni nella distribuzione del tono muscolare degli arti (riflessi tonici
del collo di MAGNUS e DE KLEYN). Il centro di questi riflessi tonici del collo è
situato nei primi due segmenti del midollo cervicale.
Altra sorgente di impulsi tonoregolatori è rappresentata dal labirinto, e
precisamente dal sistema degli otoliti. Gli spostamenti degli otiliti, provocati dai
mutamenti di posizione della testa nello spazio, danno luogo a reazioni riflesse
che si manifestano con variazioni nella distribuzione del tono fra i vari muscoli
del corpo. A questo gruppo di reazioni di origine labirintica appartengono i
riflessi tonici di posizione degli arti, i riflessi dì raddrizzamento che permettono
di correggere le posizioni abnormi del corpo, le posizioni di compenso degli
58
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
occhi.
Tutti questi meccanismi tonogenetici sono di natura riflessa. Nei vertebrati
inferiori tali meccanismi si svolgono quasi esclusivamente nel midollo spinale;
nei vertebrati superiori, e principalmente nell’uomo, acquistano importanza
prevalente altri meccanismi riflessi sopramidollari, i cui centri sono situati in
vari piani del tronco encefalico e dell’encefalo. Gli stimoli propriocettivi
destinati a raggiungere tali centri decorrono principalmente lungo i cordoni
posteriori del midollo spinale. L’interruzione, sperimentale o patologica, dei
cordoni posteriori determina, infatti, diminuzione del tono muscolare.
Uno dei meccanismi sopramidollari di maggiore importanza per il controllo del
tono
muscolare
è
attuato
dalla
formazione
probabilmente, anche dalle cellule delle olive
reticolare
bulbopontina,
e,
bulbari. È accertato che nella
formazione reticolare del tronco encefalico esistono neuroni ad azione
facilitante ed altri ad azione inibente sul tono muscolare, o, più esattamente,
sui neuroni alfa e gamma del midollo spinale.
Altri centri tono regolatori,
alcuni facilitatori altri inibitori, aventi la funzione di regolare la distribuzione del
tono tra i vari gruppi muscolari, sono variamente distribuiti nel tronco
encefalico,
particolarmente
nel
mesencefalo.
Molti
dati
della
fisiologia
sperimentale e della patologia portano ad attribuire al nucleo rosso ed alla
substantia nigra notevole importanza in questa funzione regolatrice del tono
muscolare. Nei quadrupedi, il nucleo rosso - e precisamente la sua porzione
magnocellulare - esplica un’azione inibitrice sull’innervazione statica, cioè
tonogena, del midollo spinale; nell’uomo - in cui la porzione magnocellulare del
nucleo
rosso
è
rudimentale,
mentre
è
molto
sviluppata
la
porzione
parvicellulare - l’azione tonoregolatrice del nucleo rosso è senza dubbio assai
differente, e probabilmente meno importante, che negli animali, funzione
tonoregolatrice, e precisamente inibitrice sull’innervazione statica, nell’uomo,
sembra doversi attribuire alla sostanza nera del mesencefalo.
Nelle malattie che colpiscono i nuclei del corpo striato (nucleo caudato,
putamen, soprattutto pallido) si osservano con
grandissima
frequenza
disturbi del tono muscolare, onde tali nuclei sono considerati come una delle
stazioni più alte del complesso sistema regolatore del tono. La fisiologia
59
sperimentale, che ci ha fornito tanti dati di fondamentale importanza per la
conoscenza dei meccanismi tonoregolatori del midollo spinale e del tronco
encefalico, è stata assai meno prodiga di notizie circa le funzioni del corpo
striato. Più utili, a questo riguardo, sono i documenti dell’anatomia clinica,
sebbene le lesioni patologiche ben di rado siano così rigorosamente elettive da
permetterci di trarre delle conclusioni sicure. Un’azione inibitoria sul tono
muscolare da parte del putamen si può ritenere dimostrata, fra l’altro, dalla
rigidità che si osserva nelle distruzioni di tale organo, per esempio nel morbo di
Wilson. Se, poi, al neostriato spetti una funzione puramente tonoinibitoria sul
pallido (FÖSTER) o se da esso giungano al pallido impulsi sia inibitori sia
eccitatori (C. e O. VOGT), è questione ancora controversa.
Azione regolatrice sul tono muscolare è esercitata, come abbiamo visto in altro
capitolo, anche dalla corteccia cerebrale, soprattutto nei primati e nell’uomo.
Le nostre conoscenze sui meccanismi tonoregolatori corticali si sono andate
modificando negli ultimi tempi soprattutto per opera delle ricerche sperimentali
di DUSSER DE BARENNE, HINES, TOWER e di altri neurofisiologi americani. Alla
tradizionale concezione che attribuiva al sistema piramidale una duplice azione,
eccitatoria sulla motilità volontaria e inibitoria sul tono muscolare e sui riflessi,
si è andato sostituendo un diverso modo di intendere la partecipazione della
corteccia
cerebrale
al
meccanismo
del
tono
muscolare
e
dei
riflessi.
L’esperimento ha dimostrato, infatti, che l’asportazione della sola area 4 della
corteccia frontale - che rappresenta, come è noto, la «zona motoria» in senso
stretto, e che contiene quelle cellule giganti di Betz che sono le cellule di
origine del fascio piramidale sensu stricto - produce paralisi senza aumento del
tono muscolare, anzi con una certa diminuzione del tono. Se, però, la
distruzione dell’area 4 è seguita, dopo un certo tempo, dalla demolizione
dell’area 6, situata anteriormente alla prima, la paralisi flaccida si trasforma
subito in paralisi spastica. La sola asportazione dell’area 6, d’altra parte,
produce una certa ipertonia, meno accentuata, però, di quella che segue
all’asportazione dell’area 6 e dell’area 4. Ora, mentre l’area 4 è, come si è
detto, l’area corticale dalla quale prende origine il fascio piramidale, l’area 6,
invece, appartiene al sistema extrapiramidale. L’aumento del tono muscolare
60
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
che accompagna le emiplegie sarebbe quindi dovuto ad un interessamento non
già del sistema piramidale, bensì di elementi extrapiramidali. Fra questi
elementi vanno probabilmente annoverati il fascio fronto-pontino, decorrente
nel braccio anteriore della capsula interna, ed il fascio temporo-pontino, oltre a
quel contingente di fibre che dalla corteccia frontale premotoria (area 6)
conduce impulsi al corpo striato ed è in rapporto con le varie formazioni
extrapiramidali del mesencefalo.
Il decorso delle vie extrapiramidali nel midollo spinale non è ben noto; è molto
probabile che, nell’uomo, esse decorrano affiancate e frammiste alle fibre
piramidali, per cui a queste ultime viene abitualmente attribuito anche ciò che
spetta alle fibre extrapiramidali. Da qui l’appellativo di «piramidale» a quella
spasticità con iperreflessia che segue alle lesioni di un fascio che contiene
anche fibre di origine diversa.
Assai discusso è il problema della funzione tonoregolatrice del cervelletto.
Secondo LUCIANI al cervelletto spetterebbe una funzione tonogena, negata
invece da MAGNUS e da RADEMAKER i quali sostengono che le lesioni
distruttive di questo organo sono seguite non già da ipotonia, bensì da una
particolare forma di ipertonia. Il problema è indubbiamente assai complesso, e
- come è esposto più diffusamente nel capitolo dedicato alla fisiologia
cerebellare - non si risolve con una formula semplicemente affermativa o
negativa. Nel meccanismo del tono muscolare il cervelletto interviene ora
facilitando, ora inibendo, secondo lo stato in cui si trovano i muscoli. Se certi
riflessi che comportano un aumento del tono in determinati gruppi di muscoli si
fanno più evidenti nelle lesioni del cervelletto, non è men vero che nei
cerebellari i muscoli in riposo si presentano ipotonici.
Quanto all’esistenza di una partecipazione del sistema nervoso vegetativo alla
regolazione del tono muscolare, ipotizzata da BOTTAZZI, oggi non è più
ammessa. Si può ritenere ormai accertato che ogni azione tonogena del
sistema autonomo si esplica esclusivamente attraverso un meccanismo
indiretto, vasomotorio.
61
Semeiologia del tono muscolare
Le modificazioni del tono muscolare si giudicano abitualmente, al letto del
malato, sia saggiando, mediante la palpazione, la compattezza delle masse
muscolari, sia valutando la resistenza che gli arti oppongono ai movimenti
passivi.
Per la valutazione quantitativa del tono muscolare sono stati escogitati vari
metodi strumentali, per lo più meccanici, quasi tutti di modesta utilità. Del
tutto diverso ed originale, e molto più esatto dei precedenti, è il metodo
matematico-elettromiografico di TOKIZANE, il quale si propone di studiare il
comportamento delle unità motorie durante diversi gradi di contrazione
muscolare. Con tale tecnica, servendosi di aghi-elettrodi coassiali per la
registrazione elettromiografica delle singole unità motorie e di un complesso
procedimento
matematico
per
l’elaborazione
dei
risultati
dell’indagine
elettromiografica, TOKIZANE ha potuto anzitutto confermare su moltissimi
muscoli dell’uomo i concetti espressi da GRANIT e coll. sull’esistenza, in ogni
singolo muscolo, di due tipi di unità motorie: le une di tipo fasico,
caratterizzate da una frequenza di scarica relativamente elevata e da una
fluttuazione dell’intervallo di scarica relativamente stabile, responsabile dei
movimenti rapidi, l’altra di tipo tonico caratterizzata da una frequenza di
scarica minore e da una minore stabilità della fluttuazione media, responsabile
delle contrazioni lente a lungo mantenute, pervenendo così al concetto che
nelle contrazioni rapide e più manifestamente volontarie interviene
in
prevalenza l’unità neuromotoria cinetica e fasica, mentre nelle contrazioni lente
e sostenute, con un più spiccato carattere di automaticità e quindi in chiaro
rapporto con lo stato tonico del muscolo, funziona prevalentemente l’unità
neuromotoria tonica. Inoltre l’intervallo di scarica di una unità motoria varia in
rapporto, fino ad un certo punto costante, con l’entità della contrazione; vale a
dire che anche per uno stato di contrazione relativamente stabile i singoli
intervalli di scarica non risultano mai perfettamente uguali pur essendo il
suddetto intervallo più lungo per deboli e sostenute contrazioni, e più breve
per contrazioni rapide. L’elaborazione matematica dei dati raccolti da punti
62
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
diversi del muscolo e durante diversi gradi di contrazione muscolare su un
elevato numero di unità motorie permette di stabilire un rapporto tra l’intensità
e la durata della contrazione. Da questo studio risulta che tutti i muscoli
posseggono elementi fasici ed elementi tonici con prevalenze distrettuali
dell’uno o dell’altro tipo di unità motorie strettamente legati alla precipua
funzione di ogni muscolo: massima fasicità dei piccoli muscoli più strettamente
deputati alle funzioni squisitamente volontarie, massima tonicità dei muscoli
preposti a funzioni automatizzate. L’applicazione del metodo alla patologia
permette di differenziare vari stati di ipertonia muscolare fin qui valutati
soltanto in base a criteri clinico-descrittivi.
L’interruzione delle vie afferenti attraverso cui passano gli impulsi propriocettivi
(radici posteriori, cordoni posteriori del midollo) produce diminuzione del tono
muscolare, cioè ipotonia: i muscoli appaiono meno compatti che di norma ed
oppongono una minima resistenza ai movimenti passivi, così da permettere ai
vari segmenti degli arti delle escursioni abnormemente ampie. Nelle lesioni del
neurone periferico di moto (corna anteriori del midollo, radici anteriori, nervi
motori) la flaccidità muscolare è ancora aggravata dalle atrofie, e l’ipotonia
raggiunge i gradi estremi. Si può parlare, in questi casi, di una vera atonia
muscolare.
In certe malattie del sistema extrapiramidale, in modo particolare nelle
sindromi coreiche, si osserva una ipotonia muscolare che, di solito, si traduce
con una eccessiva estensibilità dei muscoli ma senza modificazioni importanti
della compattezza delle masse muscolari.
Una forma particolare di ipotonia è quella che si osserva nelle lesioni del
cervelletto: le masse muscolari non presentano alcuna modificazione della loro
compattezza; la resistenza ai movimenti passivi è diminuita; gli scuotimenti
trasmessi da un segmento all’altro di un arto determinano oscillazioni
particolarmente ampie («passività cerebellare»); nell’esecuzione dei movimenti
è notevolmente diminuita la resistenza dei muscoli antagonisti. Per una più
completa descrizione della semeiotica dell’ipotonia cerebellare rimando al
capitolo sul cervelletto.
L’ipertonia,
cioè
l’aumento
del
tono
63
muscolare,
può
essere
dovuta
all’interruzione
delle
influenze
tonoinibitoria
normalmente
esercitate
dal
sistema di moto centrale comprendente, come si è detto, accanto alle cellule
giganti dell’area motoria ed alle fibre che ne derivano, quel complesso di centri
e di vie che costituiscono il cosiddetto sistema extrapiramidale. Nelle pagine
precedenti ho ricordato che le lesioni circoscritte dell’area 4 della corteccia
frontale, da cui partono le fibre che vanno a costituire il fascio piramidale in
senso stretto, non producono ipertonia, bensì ipotonia muscolare, e che si ha
ipertonia soltanto quando la lesione si estende all’area 6, situata anteriormente
alla precedente. Ma quando la lesione colpisce non già la corteccia, bensì le vie
di moto nel centro ovale, nella capsula interna, nel tronco dell’encefalo o nel
midollo, essa interrompe ad un tempo le fibre provenienti dall’area 4 e quelle
provenienti dall’area 6 e da tutti gli altri centri tonoregolatori soprastanti la
lesione: la sintomatologia clinica sarà quindi la conseguenza dell’interruzione di
una quantità di influenze in parte tonogene in parte tonoinibitorie, in parte
piramidali in parte extrapiramidali.
Ma poiché il massimo sistema della
motilità, la via comune attraverso cui scende la maggior parte degli impulsi
regolatori del tono, è costituito dalle piramidi e da quei due fasci di fibre
decorrenti nei cordoni anteriori e laterali del midollo designati tradizionalmente
come fasci piramidali, è valso l’uso di chiamare paralisi piramidale quella che
segue all’interruzione delle vie di moto che nell’encefalo e nel midollo formano
il fascio piramidale, anche se questo, come s’è ripetutamente detto, contiene
un abbondante
contingente
di
fibre
extrapiramidali.
Queste
paralisi
si
accompagnano abitualmente ad un particolare tipo di ipertonia muscolare. Le
lesioni
isolate
extrapiramidale
di
taluni
(pallido,
centri
locus
tonoregolatori
niger),
senza
appartenenti
partecipazione
al
del
sistema
fascio
piramidale, danno luogo anch’esse ad un aumento del tono muscolare, ma
avente caratteri diversi da quelli dell’ipertonia che accompagna le paralisi
piramidali.
L’ipertonia muscolare che segue alle lesioni «piramidali» (in senso lato) viene
detta comunemente spasticità o contrattura, di cui l’esempio più tipico è quello
dell’emiplegia capsulare, mentre a quella che si riscontra nelle lesioni dei centri
tonoregolatori extrapiramidali si riserva convenzionalmente il nome di rigidità.
64
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
Nella descrizione che segue prendiamo, a titolo di esempio, la spasticità che si
osserva negli emiplegici e la rigidità parkinsoniana, che rappresenta la forma
più comune e più tipica di ipertonia extrapiramidale.
La spasticità non è ugualmente distribuita in tutti i muscoli degli arti: di regola
essa prevale nei muscoli flessori agli arti superiori, negli estensori agli arti
inferiori. Negli emiplegici, quindi, gli arti presentano abitualmente un’attitudine
caratteristica: l’arto superiore è semiflesso in tutti i suoi segmenti e addotto al
tronco, l’inferiore esteso. Se si cerca di estendere passivamente l’avambraccio
o la mano, si incontra una resistenza assai maggiore che non ai tentativi di
flettere l’arto, e ben presto questo tende a riprendere l’attitudine primitiva.
Inoltre, tanto nell’arto superiore quanto in quello inferiore, la spasticità - come
pure la paralisi - è più accentuata nel segmento distale che in quello
prossimale.
Nell’ipertonia
parkinsoniana,
l’aumento del tono muscolare è
pressapoco uniformemente distribuito in tutti i segmenti dell’arto. Una certa
prevalenza in alcuni gruppi muscolari, in realtà, si osserva anche nelle
ipertonie extrapiramidali, ma, in generale, l’ipertonia è assai meno selettiva
che nelle sindromi piramidali. Gli arti, quindi, presentano una certa plasticità o
adattabilità ai cambiamenti di posizione che manca, o è assai minore, nelle
contratture.
Oltre a questi caratteri intrinseci, esistono altri caratteri estrinseci che
permettono,
generalmente,
di
differenziare
la
spasticità
dalla
rigidità
extrapiramidale. La prima è accompagnata quasi costantemente da paralisi più
o meno grave (ma non sempre proporzionale al grado della contrattura) e da
modificazioni dei riflessi tendineo-periostei e cutanei: esagerazione dei primi,
spesso abolizione dei secondi con inversione del riflesso plantare. Nelle
ipertonie extrapiramidali, al contrario, non vi sono, di regola, né paralisi né
modificazioni dei riflessi tendinei e cutanei; si riscontra, invece, l’accentuazione
dei cosiddetti riflessi di postura (o, più esattamente, riflessi di fissazione e di
opposizione): se si modifica passivamente la posizione di un segmento di un
arto si constata la comparsa di una contrazione attiva dei muscoli i cui capi
articolari sono stati, durante tale manovra, ravvicinati, contrazione attiva che
tende a fissare l’arto nella nuova posizione assunta (riflesso di fissazione); il
65
tentativo di ricondurre l’arto nella posizione primitiva provoca la comparsa di
una contrazione nei muscoli antagonisti (riflesso di opposizione). Infine, si può
mettere in evidenza il fenomeno della troclea o ruota dentata di C. NEGRO,
squisito
fenomeno
movimenti
rivelatore
passivi
di
un
delle
arto,
ipertonie
per
extrapiramidali:
esempio
durante
durante
i
l’estensione
dell’avambraccio sul braccio, il muscolo che, per effetto di tale manovra, viene
allungato (nel caso particolare il bicipite brachiale), non si decontrae in modo
uniforme, bensì a scatti, en saccade, come se i capi articolari fossero ingranati
in una ruota dentata.
Il fenomeno della troclea dentata è particolarmente evidente al gomito, al
polso (segno del polso di Froment), alla spalla, ma può essere provocabile
anche in altri distretti, per esempio nei muscoli oculari durante i movimenti di
lateralità degli occhi, nei muscoli toraco-addominali durante i movimenti
respiratori.
Vi sono,
poi,
delle forme di ipertonia,
dovute a lesioni del sistema
extrapiramidale, caratterizzate dal fatto che l’aumento del tono muscolare non
è costante, ma variabile in rapporto agli atteggiamenti del corpo o dei suoi
segmenti. Si tratta quindi, più che di vere ipertonie, di distonie. La forma più
tipica di queste distonie di attitudine è rappresentata dallo spasmo di torsione.
In condizione di riposo gli arti non presentano apprezzabili modificazioni del
tono
muscolare;
ma
non
appena
il
malato
assume
un
particolare
atteggiamento o compie un’azione, per esempio nella stazione eretta o durante
il cammino, insorgono degli spasmi in certi gruppi muscolari che determinano
degli atteggiamenti coatti tali da disturbare gravemente l’equilibrio statico della
muscolatura scheletrica e da ostacolare i movimenti. Una forma particolare di
distonia di attitudine è rappresentata dalle pose ginniche descritte da DE LISI
nel morbo di Wilson: nella stazione eretta la distribuzione del tono muscolare
del tronco e degli arti si modifica in tal modo da far assumere al malato
singolari atteggiamenti che ricordano quelli dei ginnasti.
Va ricordato, infine, che ipertonie localizzate a limitati gruppi di muscoli
possono essere dovute a fatti irritativi dei nervi periferici od alla rottura, in
seguito a paralisi, del normale equilibrio statico fra i muscoli di un arto. Queste
66
Tono muscolare
___________________________________________________________________________
forme di ipertonia sono designate anch’esse, come quelle piramidali, col nome
di contratture, sebbene il loro meccanismo fisiopatogenetico sia del tutto
diverso.
Alle
ipertonie
di
origine
irritativa
appartengono
le
cosiddette
contratture riflesse nevritiche, dovute a processi infiammatori dei nervi, e le
contratture antalgiche che si stabiliscono, nelle affezioni dolorose dei nervi o
delle articolazioni, con un meccanismo riflesso in modo da fissare l’arto in un
atteggiamento meno doloroso. Contratture antalgiche si osservano con una
certa
frequenza
nelle
nevralgie
sciatiche.
Le
contratture
paralitiche
si
manifestano in modo puramente passivo nei gruppi muscolari antagonisti ad
un muscolo da lungo tempo paralizzato, per esempio nel gastrocnemio nelle
paralisi di antica data del tibiale anteriore.
67
Encefalopatie infantili
___________________________________________________________________________
Encefalopatie infantili
Il gruppo delle encefalopatie infantili comprende forme assai diverse per
eziologia, per quadro anatomo-patologico e per sintomatologia clinica, aventi in
comune il fatto che si manifestano fin dall’infanzia e che lasciano degli esiti per
lo più permanenti. In certi casi esse sono l’espressione di un processo
patologico - infiammatorio, vasale o traumatico, - che ha colpito il cervello nel
periodo prenatale, durante il parto o dopo la nascita; altre volte di una
malformazione cerebrale congenita. A differenza delle cerebropatie degli adulti,
i danni recati dai processi morbosi che colpiscono il cervello infantile non si
limitano, per solito, alla regione distrutta, ma influiscono sullo sviluppo
ulteriore delle altre parti dell’encefalo; i disturbi psichici, dalla semplice
gracilità mentale all’idiozia grave, sono infatti assai più frequenti nelle
encefalopatie infantili che non in quelle che si producono quando il cervello ha
già raggiunto il suo pieno sviluppo.
EZIOLOGIA E ANATOMIA PATOLOGICA
Le cause delle encefalopatie infantili sono varie, esogene e endogene, e
differenti sono pure le alterazioni anatomiche; fra cause e lesioni anatomiche,
fra queste e sintomatologia clinica vi sono poi rapporti assai meno stretti di
quanto generalmente si osserva nella patologia cerebrale degli adulti. Le cause
più diverse possono determinare le medesime lesioni cerebrali, e la medesima
sintomatologia
può
dipendere
da
alterazioni
anatomiche
notevolmente
differenti.
Le cause esogene sono rappresentate dalle infezioni, dalle intossicazioni e dai
traumi; le une e gli altri possono agire prima della nascita, all’atto della
nascita o dopo di essa. Le cause che più spesso agiscono nel periodo prenatale
sono quelle di natura infettiva e tossica, con particolare frequenza la sifilide e
l’alcoolismo, per lo meno come fattori predisponenti.
Tra le malattie infettive e parassitane trasmissibili dalla madre al feto vanno
ricordate talune infezioni virali (rosolia) e la toxoplasmosi, causa di una
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Encefalopatie infantili
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particolare forma di encefalite congenita. Fra le intossicazioni, l’alcoolismo dei
genitori e l’intossicazione eclamptica occupano, per frequenza, i primi posti.
Per quanto riguarda l’alcoolismo, sembra che esso agisca specialmente come
intossicazione acuta paterna nel momento del concepimento, ma è probabile
che anche l’alcoolismo cronico materno debba avere un’importanza forse
altrettanto grande.
Un interesse particolare meritano i traumi che avvengono durante la nascita. I
parti distocici, l’applicazione del forcipe, l’asfissia dovuta a parti troppo
prolungati od a compressioni per avvolgimento del cordone ombelicale attorno
al collo (secondo SCHWÀRZ anche l’improvvisa differenza fra la pressione
endouterina e la pressione atmosferica) possono esser causa di emorragie o di
lesioni ischemiche cerebrali.
Fra le cause che agiscono dopo la nascita vanno ricordati, oltre i traumi cranici,
quasi tutte le malattie infettive dell’infanzia (scarlattina, morbillo, tifo,
pertosse, ecc.). Il loro meccanismo d’azione non è sempre lo stesso in tutti i
casi: a volte si tratta di encefaliti virali o metastatiche, cioè di processi
infiammatori dovuti alla metastasi cerebrale del medesimo agente infettivo
della malattia fondamentale, altre volte di processi tossici dovuti ai prodotti del
metabolismo dei germi infettivi od a complicazioni, soprattutto renali. Non di
rado, poi, la lesione cerebrale è secondaria ad alterazioni circolatorie (trombosi
dei seni, embolie da endocardite).
Le cause endogene sono anch’esse assai numerose e varie. A cause endogene
dobbiamo attribuire le malformazioni congenite, cioè le deviazioni dalla
normale morfologia dell’encefalo o di una sua parte, sebbene molte di queste
malformazioni congenite siano tali solo in apparenza, che in non pochi casi
esse possono dipendere da traumi subiti dall’utero materno durante la
gestazione. Particolare interesse ed importanza hanno assunto gli studi
sull’ittero nucleare dei neonati (particolare forma di ittero accompagnata a
gravi alterazioni istopatologiche dei nuclei della base) e sull’intervento del
fattore Rh nella patogensi di certe encefalopatie infantili. Ricordiamo che
l’incompatibilità Rh tra madre e feto (presenza di fattore Rh positivo, ereditato
dal padre, nel prodotto del concepimento di una donna con fattore Rh
69
Encefalopatie infantili
___________________________________________________________________________
negativo) può determinare, nel figlio, poco dopo la nascita, un grave ittero
emolitico con alterazioni cerebrali, particolarmente nei nuclei della base (donde
il nome di ittero nucleare), responsabili, quando il bambino sopravvive, di una
sindrome extrapiramidale per solito piuttosto grave.
Va poi ricordato un vasto gruppo di fattori patogenetici di sofferenze congenite
del sistema nervoso, particolarmente dell’encefalo, rappresentate dai diversi
disturbi
metabolici:
amaurotica,
del
dismetabolismo
gargoilismo,
della
lipidico
malattia
(responsabile
di
dell’idiozia
Niemann-Pick),
proteico
(oligofrenia fenil-piruvica), pigmentoso (malattia di Hallervorden-Spatz); e,
infine, il gruppo delle malformazioni neoplastiche o facomatosi (sclerosi
tuberosa, malattia di Sturge-Weber).
Dal punto di vista anatomo-patologico possiamo distinguere le seguenti forme
principali di encefalopatie infantili: le malformazioni, le encefaliti, le emorragie,
le sclerosi, gli idrocefali; si tenga presente, però, che non si tratta sempre di
processi patogeneticamente indipendenti.
Le malformazioni più gravi sono rappresentate dall’anencefalia totale o
parziale, spesso accompagnata dalla mancanza della volta cranica (acrania). Le
anencefalie non hanno generalmente interesse clinico perché il neonato
soccombe quasi sempre durante le prime ore o i primi giorni di vita.
Più importante è il cefalocele, cioè la protrusione di una parte dell’encefalo
attraverso un difetto congenito delle ossa craniche. Il cefalocele non è
incompatibile con la vita dell’individuo, ma spesso la pregiudica esponendolo
facilmente
ai traumi.
Meno
grave è
il
meningocele, consistente
nella
protrusione, attraverso un difetto osseo, di una vescica formata dalle meningi
e piena di liquido cefalo-rachidiano.
Spesso
queste
malformazioni
encefaliche
si
associano
a
malformazioni
vertebrali (spina bifida con o senza meningocele o mielocele) o midollari:
mancanza, totale o parziale, del midollo spinale (amielia) o sdoppiamento del
midollo (diplomielia).
La mancanza congenita dell’encefalo può essere parziale. La mancanza della
porzione olfattoria (arinencefalia) e del corpo calloso sono le più frequenti;
quest’ultima può essere clinicamente asintomatica e costituire un imprevisto
70
Encefalopatie infantili
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reperto di autopsia.
Vanno
ancora
ricordate,
fra
le
malformazioni,
le
microencefalie
e
le
megaloencefalie. Le microencefalie - che GIACOMINI distingueva in vere e
pseudomicroencefalie a seconda che sono dovute a vere malformazioni
congenite od a processi patologici prenatali - consistono in un arresto globale
di sviluppo, armonico o disarmonico, dell’encefalo; le megaloencefalie in un
eccessivo sviluppo di un emisfero o di tutto l’encefalo. Le poro-encefalie
consistono nella formazione, alla superficie degli emisferi cerebrali, di cavità
imbutiformi attorno alle quali le circonvoluzioni si presentano disposte a
raggiera; le cavità comunicano generalmente con i ventricoli cerebrali. È molto
probabile che queste malformazioni, o almeno la maggior parte di esse, siano
la conseguenza di processi patologici di natura vasale. Le microgirie (abnorme
sottigliezza delle circonvoluzioni cerebrali) e le agirie (mancanza di alcune
circonvoluzioni) sono malformazioni congenite dovute generalmente a difetti
evolutivi.
Le cause delle malformazioni congenite encefaliche sono varie: l’azione dei
raggi Roentgen sull’embrione per irradiazione dell’addome materno in casi di
malattie ginecologiche, causa di microcefalia; certe malattie infettive della
madre nel corso della gravidanza, specialmente la rosolia e la toxoplasmosi; la
sifilide nervosa congenita; l’incompatibilità del sangue materno e fetale in
rapporto al fattore Rh, causa dell’ittero dei neonati e di differenti malattie del
sistema nervoso; azioni di tossici e di squilibri ormonali della madre incinta
(particolarmente abuso di vitamina D 2, come è stato dimostrato da ricerche
sperimentali sugli animali); va infine ricordata l’azione di taluni farmaci,
particolarmente la talidomide, causa di gravi malformazioni congenite degli arti
(focomelia).
Le encefaliti dell’infanzia possono dipendere da cause infettive diverse che
colpiscono, di solito, l’encefalo e le meningi; è quindi più esatto parlare di
meningoencefaliti. Grande parte di quelle affezioni acute dell’infanzia che
vengono comunemente diagnosticate come meningiti sono in realtà delle
meningoencefaliti, la cui sintomatologia (convulsioni, paralisi) è dovuta più alla
lesione cerebrale che a quella delle meningi. Il processo infiammatorio può
71
Encefalopatie infantili
___________________________________________________________________________
essere diffuso, ma più spesso è limitato o più pronunciato in una parte
dell’encefalo, particolarmente nei lobi frontali. Questi processi portano spesso
all’atrofia e alla sclerosi di più o meno ampie porzioni dell’encefalo; atrofia e
sclerosi che possono rivestire aspetti diversi e che qualche volta sono
difficilmente
differenziabili
dalle
malformazioni
congenite:
microgirie,
poroencefalie. Ciò può essere spiegato (e questo vale anche per gli esiti di
processi emorragici o malarici del cervello infantile e soprattutto fetale) col
fatto,
su cui ha giustamente insistito HALLERVORDEN,
che una delle
particolarità delle lesioni cerebrali infantili è la scarsità della reazione
cicatriziale ai processi distruttivi degli emisferi - nei quali la capacità di
reazione nevroglica si sviluppa lentamente - e l’abbondanza di tale reazione nel
tronco encefalico e nel cervelletto - dove tale capacità si sviluppa più
precocemente -. Il tessuto sclerotico è costituito da una fitta cicatrice
nevroglica;
le
meningi,
notevolmente
ispessite
e
molto
vascolarizzate,
aderiscono tenacemente in più punti alla corteccia cerebrale. L’atrofia del
tessuto nervoso porta ad una dilatazione secondaria dei ventricoli cerebrali. Un
altro aspetto caratteristico di questi processi che conducono all’atrofia di una
porzione più o meno ampia di tessuto nervoso è l’ipertrofia vicaria di altre
formazioni encefaliche, per esempio, l’ipertrofia di un fascio piramidale in
seguito alla distruzione del fascio piramidale contro-laterale, l’ipertrofia di tutto
un emisfero in seguito all’atrofia dell’emisfero opposto.
Le emorragie cerebrali infantili possono essere dovute a processi infiammatori
o traumatici. A volte si tratta di emorragie piuttosto ampie che portano alla
formazione di un rammollimento, di una cisti o di una cicatrice gliale; altre
volte i focolai emorragici sono piccoli, puntiformi, numerosi. La cosiddetta
encefalite dei neonati di Virchow non è altro che un processo emorragico
dovuto al trauma del parto, nel quale il fatto infiammatorio non è primitivo (per
cui
il
termine
encefalite
è,
anatomicamente
parlando,
inesatto)
bensì
secondario alla presenza delle emorragie. In questa forma si trova un grande
numero di cellule granulo-adipose. Fra le alterazioni circolatorie vanno ancora
ricordati gli emboli dovuti ad endocardite e le trombosi delle vene cerebrali e
dei seni della dura madre.
72
Encefalopatie infantili
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Le sclerosi, conseguenze frequenti di processi encefalitici, possono interessare
un intero emisfero o limitarsi ad un lobo soltanto. Le circonvoluzioni cerebrali
sono assottigliate, tortuose, irregolari; il reperto istopatologico è rappresentato
da una intensa ipertrofia nevroglica e da una rarefazione, che può giungere alla
scomparsa completa delle cellule nervose. Una forma particolare di sclerosi
cerebrale è la sclerosi lobare circoscritta di Bielschowsky la quale colpisce
elettivamente gli strati esterni della corteccia ed i centri sottocorticali,
rispettando i neuroni del fascio piramidale.
Un aspetto anatomico particolare, che si riscontra quasi esclusivamente nella
patologia infantile è lo stato marmorato (état marbré) di C. VOGT: consiste in
una ipermielinizzazione irregolare del tessuto nervoso, particolarmente del
nucleo caudato e del putamen, più di rado del talamo. Un’alterazione analoga
sono le placche fibromieliniche della corteccia, che consistono in una
ipermielinizzazione di piccole aree atrofiche della corteccia cerebrale e che si
riscontrano per solito nei casi in cui esiste uno stato marmorato dello striato.
Del tutto opposto è lo stato demielinizzato dello striato: demielinizzazione più o
meno completa del putamen e del pallido. A questi quadri anatomici
corrisponde, come vedremo, una sintomatologia clinica caratteristica.
Le atrofie corticali portano spesso, come abbiamo detto, alla formazione di
dilatazioni secondarie dei ventricoli cerebrali (idrocefalo interno secondario)
queste
dilatazioni
ventricolari
possono
essere,
però,
primitive,
cioè
indipendenti dall’atrofia del mantello cerebrale, e si parla allora di idrocefalo
interno primitivo. L’idrocefalo interno primitivo può essere congenito o
insorgere durante la prima infanzia. La sifilide ereditaria ne è una causa assai
frequente, ma sicuramente non la sola. L’idrocefalo primitivo può essere
dovuto all’occlusione dei fori di Luschka e di Magendie e quindi alla mancanza
di comunicazione fra i ventricoli cerebrali e gli spazi subaracnoidei (idrocefalo
occlusivo), oppure ad una eccessiva produzione di liquido cefalorachidiano
(idrocefalo ipersecretivo). In seguito a questo ristagno di liquido l’encefalo può
assumere dimensioni enormi; il mantello cerebrale, compresso dal liquido
ventricolare, si assottiglia riducendosi, in qualche caso particolarmente grave,
ad una sottile lamina di sostanza nervosa. L’idrocefalo congenito è spesso
73
Encefalopatie infantili
___________________________________________________________________________
accompagnato da altre malformazioni, specialmente dalla spina bifida e dal
meningocele.
Alterazioni istopatologiche del tutto caratteristiche costituiscono il quadro
anatomico dell’idiozia amaurotica e della sclerosi tuberosa, di cui sarà detto in
seguito.
SINTOMATOLOGIA E FORME CLINICHE
La sintomatologia delle encefalopatie infantili è estremamente varia per
caratteri e per gravita dei sintomi. L’espressione “paralisi celebrale infantile”,
con la quale si designano molte di queste cerebropatie, deve essere riservata a
quelle forme nelle quali predominano i sintomi della serie piramidale; e queste
sono indubbiamente le più frequenti. Ma nel quadro clinico delle encefalopatie
dell’infanzia entrano sindromi molto diverse, nelle quali predominano ora i
sintomi piramidali, ora quelli della serie extrapiramidale, ora difetti di
evoluzione psichica, ora fenomeni convulsivi.
La descrizione che segue si riferisce ad alcune tra le più frequenti o
caratteristiche di queste sindromi tenendo presente che si possono osservare
anche forme nelle quali le diverse sindromi si trovano associate.
Emiplegia.- L’emiplegia infantile, dovuta generalmente a processi acuti,
encefalitici o emorragici, si manifesta dapprima con i caratteri della flaccidità,
ma in seguito diventa fortemente spastica. Il braccio è addotto al torace,
l’avambraccio fortemente flesso, la mano flessa con le dita chiuse a pugno od
iperestese; l’arto inferiore è esteso o leggermente flesso nell’articolazione del
ginocchio; il piede è spesso iperesteso e ruotato all’interno, con atteggiamento
varo-equino. I riflessi profondi sono notevolmente accentuati, gli addominali
indeboliti o aboliti, il fenomeno di Babinski è costante. La paralisi è
generalmente più grave all’arto superiore che a quello inferiore.
Uno dei caratteri che differenziano l’emiplegia infantile da quella che insorge
negli adulti è l’ipoplasia globale degli arti colpiti dalla paralisi, dovuta
all’insufficiente apporto di stimoli trofici dai centri cerebrali.
L’emiplegia
può
essere
parziale,
cioè
limitata
cioè
ad
un
solo
arto
(monoplegia): anche in questi casi, però, non è raro riscontrare una
74
Encefalopatie infantili
___________________________________________________________________________
accentuazione dei riflessi profondi anche nell’altro arto del medesimo lato.
I disturbi sensitivi sono rarissimi. Assai più rara che negli adulti è altresì
l’afasia nelle emiplegie destre, probabilmente per una supplenza funzionale
dell’emisfero destro. Relativamente frequente, invece, è l’associazione di
emiplegia ed epilessia. Questa può manifestarsi con i caratteri dell’epilessia
jacksoniana_o con convulsioni generalizzate. In questo secondo caso essa
differisce generalmente dall’epilessia cosiddetta essenziale, cioè non riferibile
ad alterazioni cerebrali grossolane, per l’asimmetria delle manifestazioni
motorie: molto più frequente è l’inizio della crisi convulsiva con deviazione
coniugata del capo e degli occhi, la prevalenza delle contrazioni muscolari da
un lato (talora dal lato emiplegico), la diversa distribuzione della fase tonica e
di quella clonica fra i due lati.
I disturbi psichici sono anch’essi molto frequenti, ma non costanti né
proporzionali, per intensità, alla gravita dei fatti paralitici. Essi consistono,
naturalmente, in un arresto od in un difetto di evoluzione, cioè in una
oligofrenia. Questa può essere più o meno grave, dalla semplice gracilità
mentale alla profonda idiozia.
Non
sono
infrequenti,
nelle
emiplegie
infantili,
sintomi
extrapiramidali,
soprattutto l’emicorea e l’emiatetosi; queste si manifestano però, di solito, in
quei casi nei quali la paralisi e la contrattura non sono molto accentuate.
Diplegia.- La diplegia, o doppia emiplegia, è molto più frequente nelle
cerebropatie infantili che in quelle degli adulti. Le paralisi hanno i medesimi
caratteri che si riscontrano nell’emiplegia: spasticità, esagerazione dei riflessi
tendinei, fenomeno di Babinski. La paralisi è quasi sempre più grave agli arti
superiori che a quelli inferiori, ed è accompagnata frequentemente da sintomi
dovuti all’interruzione delle fibre di proiezione corticale destinate ai nuclei
bulbari, i quali, come è noto, sono forniti di una innervazione corticale
bilaterale. Ne risulta una sindrome pseudobulbare che si manifesta con disturbi
della fonazione, dell’articolazione della parola, talvolta della deglutizione.
I disturbi psichici sono generalmente più gravi, comunque più frequenti, nelle
diplegie che nelle emiplegie. Altrettanto frequente è l’associazione di una
diplegia con epilessia o con sintomi extrapiramidali (corea, più spesso atetosi).
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Perché l’osteopatia
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Perché l’osteopatia
L’osteopatia perché è una medicina manuale che cura le DO (Disfunzioni
Ostopatiche). La DO si verifica per una perdita della capacità di movimento
che compromette l’omeostasi. Still (Kirksville, Virginia, dead 1917) fu il
fondatore dell’osteopatia e identificò i principi della metodica: autoguarigione,
relazione normale fra parti corporee, condizioni ambientali. L’OCF (O in campo
craniale = in cranial field) fu invece approfondita da Sutherland negli anni ‘40.
Il concetto fondamentale della osteopatia è l’UC (Unità Corporea) in cui diversi
sistemi si integrano in un tutto unico:
•
sistema muscoloscheletrico (SMS)
•
sistema nervoso (SN)
•
sistema autonomo (SA)
•
sistema fasciale (Sfa)
•
sistema fluidico (Sfl).
Dato che questi sistemi sono intimamente connessi e uniti, la disfunzione di
una componente del corpo può influenzare negativamente anche altre parti. La
chiave di accesso per la diagnosi e la terapia in ambito osteopatico è il sistema
muscoloscheletrico (SMS) perché comunica nei due sensi con tutti gli altri
sistemi. Attualmente si parla non più di disfunzione osteopatica, ma di
Disfunzione Somatica (DS): essa comprende le alterazioni funzionali dei
sistemi tra loro correlati (articolazioni, muscoli, nervi, vasi etc).
Alla DIAGNOSI di DS si arriva utilizzando i seguenti 4 criteri:
•
alterazione tissutale
•
alterazione del range of moviemnt (ROM)
•
asimmetria
•
iperalgesia
I test di posizionamento evidenziano le asimmetrie; i test di mobilità attivi e
passivi identificano le alterazioni del ROM; i test tissutali riconoscono le
alterazione delle qualità tissutali. I test più importanti sono comunque i test di
mobilità, che in osteopatia si basano sui concetti di BARRIERE e di PUNTO
77
Perché l’osteopatia
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NEUTRO.
BARRIERE - Quando il range di un movimento articolare attivo arriva ai suoi
estremi e si arresta si parla di barriera fisiologica. Oltre questo limite,
tuttavia, esiste una ulteriore possibilità di movimento, data dalle proprietà
elastiche dei tessuti, che consente di andare un pochino oltre ed è detta
barriera elastica. Essa è molto vicina alla barriera anatomica, che è il
limite estremo del range articolare. Lo spazio tra barriera elastica e anatomica
è quello che viene utilizzato per le tecniche ad alta velocità (trust). Quando il
ROM è ridotto rispetto alla normalità si parla di barriera patologica, detta anche
barriera di restrizione: la mancanza di movimento oltre la barriera
patologica costituisce la lesione osteopatica (disfunzione somatica). La barriera
di restrizione può trovarsi a livello di diversi tessuti: legamenti, capsula
articolare,
muscoli,
fasce,
superfici
articolari.
Il
concetto
di
"strain
legamentoso" di Sutherland viene attualmente esteso non più ai soli legamenti,
ma a tutti i tessuti periarticolari e perfino alla mobilità tra cellule del reticolo
fibroblastico e alla mobilità tra gli organi interni.
PUNTO NEUTRO - Mobilizzando passivamente un’articolazione la resistenza al
movimento aumenta mano a mano che ci si avvicina ai gradi estremi. Vi è un
punto tra i due estremi del ROM in cui si incontra la minima resistenza al
movimento passivo: il PUNTO NEUTRO. L’importanza del punto neutro è
estrema, perché è da esso che solitamente si inizia il trattamento osteopatico
della DS. Anche le parti in DS, infatti, hanno un punto neutro (in una posizione
diversa dal normale, data la riduzione del range articolare), detto punto
neutro patologico, in cui si incontra la minima resistenza al movimento
passivo.
METODO DI TRATTAMENTO OSTEOPATICO - E’ l’approccio di trattamento
rispetto
alla
barriera
motoria
rilevata.
Nel
metodo
diretto
la
forza
somministrata tenta di portare la barriera di restrizione il più possibile vicino
alla barriera fisiologica. Nel metodo diretto di esagerazione la forza viene
applicata alla barriera fisiologica residua, cioè nella direzione opposta al
movimento perduto. Nel metodo indiretto i segmenti vengono mossi lontano
dalle barriere, cioè a livello di punto neutro (ove riscontriamo la minore
78
Perché l’osteopatia
___________________________________________________________________________
resistenza e la massima libertà), allo scopo di sfruttare i meccanismi di
autoregolazione del paziente. Il trattamento osteopatico utilizza due tipi di
forze, dette forze attivanti: la forza ESTRINSECA applicata dall’esterno sul
corpo del paziente, oppure la forza INTRINSECA proveniente dal corpo del
paziente stesso (es. la respirazione o la sua forza muscolare).
Non è noto cosa determini la DS, ma se ne conoscono le seguenti
caratteristiche:
•
stato di facilitazione
•
interessamento muscolare
•
interessamento articolare
•
interessamento tissutale periferico
•
infiammazione neurogena
LE FASCE - Nel corpo umano ci sono 4 sistemi fasciali, la cui origine è
riconducibile allo sviluppo embrionale, molto ben studiata da F. Willard (College
Of Osteopathic Medicine — University of New England):
a) FASCIA
PANNICOLARE
(Fpan):
si
trova
nel
sottocute
e
comprende grasso e muscoli pellicciai;
b) FASCIA ASSIALE (Fass): si trova sotto alla Fpan, origina dalla
base cranica, contiene i muscoli assiali del corpo e si estende fino
al bacino. Gli arti
embriologicamente
non
si
sono
compresi
perché
sviluppano tardivamente e restano quindi
compresi nella Fpan (si dice che gli arti “sono appesi al tronco”). La
Fass, pur essendo un sistema continuo dalla base cranica al bacino,
ha due componenti ( 2 “tubi”) uno anteriore al rachide che
contiene i muscoli IPOMERICI (intercostali, prevertebrali del collo e
addominali) e uno posteriore che contiene i muscoli EPIMERICI
(spinali paravertebrali). Si parla quindi di fascia ipomerica e di
fascia epimerica, che costituiscono due differenti unità funzionali.
In queste fasce non sono compresi i muscoli joidei e scm, che
hanno una innervazione diversa (nervi cranici anziché nervi spinali)
e sono parte della regione craniale al di fuori della Fass;
c) FASCIA
MENINGEA
(Fmen):
79
comprende
la
dura
e
la
Perché l’osteopatia
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pioaracnoide;
d) FASCIA VISCERALE (Fvisc): pleure, pericardio e peritoneo
Al microscopio il tessuto fasciale appare costituito da elementi cellulari di forma
stellata, identificabili come FIBROBLASTI, e dalla matrice intercellulare. I
fibroblasti hanno prolungamenti citoplasmatici e giunzioni che li collegano e
cambiano a seconda dello stato di tensione del tessuto. Le sollecitazioni
meccaniche sono fondamentali nel determinare la formazione di giunzioni tra i
fibroblasti e la possibilità di variare le giunzioni facilita l’adattamento del
sistema sia in senso patologico che terapeutico: la risposta dinamica dei
fibroblasti alle sollecitazioni meccaniche. Insieme al colagene i fibroblasti
formano un RETICOLO esteso a tutto il corpo (“body-wide cellular network”)
che costituisce una unità funzionale corporea di tensione e sostegno. Le forze
applicate al network (sollecitazioni intra ed extracellulari) sono determinanti
per la forma e la funzione cellulare (comprese la trasduzione dei segnali e
l’espressione
genica).
Le
sollecitazioni
meccaniche
inducono
una
riorganizzazione anche microscopica e metabolica del network fibroblastico.
E’ verosimile ritenere che le fasce abbiano una capacità contrattile?
Ebbene, sì! I fibroblasti sono in grado di esprimere il gene ASMA (alfa-actina
del muscolo liscio), nel qual caso la cellula diviene un MIO-FIRROBLASTO, cioè
una cellula di transizione tra il firboblasto e una cellula muscolare liscia, dotato
di capacità contrattile. L’espressione genica di miofibroblasti è molto elevata
nei bambini, poi diminuisce progressivamente, ma può essere patologicamente
indotta da forti tensioni meccaniche.
LA COMPONENTE FLUIDICA (CF) - Tra le cellule del reticolo esiste uno
SPAZIO INTERCELLULARE (interstizio) che è di fondamentale importanza per
l’osteopatia. Le pressioni idrostatiche in questo spazio variano in base alle
tensioni meccaniche, con conseguente possibile induzione di flogosi, accumulo
di fluidi,
etc.
L’efficacia delle tecniche drenanti dipende da un’azione
sull’interstizio.
Per COMPONENTE FLUIDICA si intende soprattutto il fluido extracellulare e il
sistema linfatico che in esso si trova. La CF sta tra il sistema arterioso e il
sistema venoso. In essa avvengono gli scambi metabolici. Il normale
80
Perché l’osteopatia
___________________________________________________________________________
funzionamento della CF coincide con un normale stato metabolico tessutale. Il
fluido interstiziale ha una direzione, dal polo arterioso a quello venoso e dai
vasi più piccoli ai vasi più grandi (in senso disto-prossimale). Nel contesto di
questo sistema di TRASPORTO UNIDIREZIONALE dei fluidi dallo spazio
interstiziale al circolo sanguigno, è importante che nell’interstizio vi sia una
MOTILITÀ CAOTICA dei fluidi, che può essere palpata e distinta dalla
MOTILITÀ
DIREZIONALE.
L’equilibrio
fluidico
è
influenzato
dalla
composizione e organizzazione della Matrice Extra Cellulare (ECM), che si
mantiene ottimale grazie alla motilità caotica. Il variare delle proprietà
meccaniche, elastiche, di tensione, di idratazione, compromettono la motilità
caotica e determinano stasi fluidica. A sua volta, la stasi facilita l’instaurarsi di
un processo flogistico locale. Ogni volta che il SMS perde mobilità c’è anche un
rallentamento fluidico e la conseguente facilitazione del processo di flogosi.
Molto spesso i fenomeni di stasi si autorisolvono, ma se ciò non accade si
stabilisce una DS.
Entriamo quindi nel concetto di ALTERAZIONE TISSUTALE, definibile come
l’alterazione della ECM nei suoi rapporti con la componente fluidica e cellulare.
La ECM è una rete di fibre e polimeri solubili in grado di mantenere la forma
del tessuto e assorbire gli stress del movimento. L’ECM esiste in tutti i tessuti,
ma cambia composizione da un sistema all’altro. L’ECM sta fra le cellule
tessutali e i vasi ed è la sede degli scambi metabolici; contiene elastina
collagene e GAG (glucosaminoglicani). I vari tipi di collagene conosciuti
(sicuramente 4, ma verosimilmente moti di più) sono specifici per i diversi
tessuti; il più frequente nel SMS è il collagene di tipo 2 (cartilagine).
Naturalmente, se in un tessuto varia la tipologia del collagene assistiamo ad
un’alterazione patologica del tessuto stesso.
L’ELASTINA modifica le proprietà meccaniche del tessuto grazie alla formazione
di legami molecolari che si allungano e si accorciano. I GAG attirano acqua
nella ECM e influenzano la distruzione jonica e la P osmotica dei tessuti. Essi si
legano alle INTEGRINE, proteine di membrana che interagiscono esternamente
con i GAG e il collagene della matrice extracellulare e internamente alla cellula
con le proteine del citoscheletro. Ciò spiega perché alterazioni della matrice,
81
Perché l’osteopatia
___________________________________________________________________________
tramite le integrine, determinino anche modificazioni del citoscheletro e della
forma cellulare. Lo stress meccanico influenza la posizione delle integrine e di
conseguenza il citoscheletro cellulare; inoltre, modifica l’espressione genetiche
delle integrine stesse, della kinasi-focal-adhesion e della condrogenesi.
Alterazioni persistenti della ECM inducono processi riparativi che portano alla
cronicizzazione delle patologie.
Nel turnover della ECM non bisogna dimenticare le vie di segnalazione chimica
(i segnali fisici meccanici vengono tradotti in segnali chimici: citochine, grow
factors etc.) contribuiscono alla sintesi e al catabolismo della matrice
extracellulare, mentre i processi patologici coincidono con un disaccoppiamento
tra sintesi e catabolismo (perdita della omeostasi). Lo stretching è una
sollecitazione che tipicamente influenza in modo plastico la ECM attivando le
citochine e lo stress ossidativo.
82
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
Come si verifica la disfunzione
Qual’é
l’idea
di
fondo
dell’approccio
osteopatico?
E
quale
l’ambito
di
applicazione in Medicina? L’O si basa su concetti della medicina antica
(Esculapio) in cui la cura era purificazione e la salute purezza di origine divina.
A Kirksville nel Missouri viene fondata nel 1892 da Still la American School of
Osteopathy. Da quella scuola uscì Palmer fondando la chiropratica.
L’Osteopatia si basa su alcuni principi di fondo:
1. Il corpo è una unità
2. Il corpo è capace di autoregolazione
3. Struttura e funzione sono reciprocamente correlate
4. Il razionale del trattamento è basato sulla comprensione di questi principi
La DISFUNZIONE SOMATICA (DS) determina dolore, attivazione autonoma,
induzione delle disfunzioni viscerali e malattie. La DS si caratterizza per uno
STRAIN una tensione nel tessuto, che diventa diverso dal tessuto circostante
ed è qualcosa che frena il movimento. Denslow nel 1973 dice che la DS
include:
•
alterazioni della qualità tissutale o del tono dei tessuti molli
•
iperalgesia (con o senza dolore)
•
asimmetrie anatomiche
•
disturbo di ampiezza e libertà del movimento articolare
L’Osteopatia è una metodica basata sulla palpazione sia per la diagnosi che per
il trattamento. Denslow fece degli esperimenti con i primi apparecchi EMG e
registrò con ago-elettrodo dei “potenziali di inserzione” con caratteristiche
diverse nelle aree normali (brevi, a rapida estinzione) e nelle aree disfunzionali
(prolungati e persistenti). Un’ampia varietà di stimoli attiva questi potenziali
nelle aree in disfunzione e non nelle aree normali. Questo avviene in
conseguenza della innervazione spinale
segmentaria
e intersegmentaria
(riflessi spinali, soglie di eccitabilità, facilitazione dei motoneuroni). Nella DS i
motoneuroni sono in un costante stato di attivazione subliminale, che viene
definita STATO DI FACILITAZIONE (SDF). E per motoneuroni intendiamo
83
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
non solo gli alfa e gamma, ma anche i neuroni efferenti delle corna intermedie
del midollo che appartengono al sistema vegetativo simpatico e parasimpatico.
I. Korr si chiese: l’attività simpatica è anch’essa facilitata nei segmenti in
lesione? Gli impulsi che mantengono il segmento in SDF sono afferenze di
origine
endogena
che
entrano
nelle
radici
dorsali
corrispondenti.
Potenzialmente, tutte le strutture che ricevono fibre efferenti da quel segmento
sono esposte ad eccessiva eccitazione o inibizione. Su Acta Neuroveg. 1964
venne pubblicato lo studio dal titolo: “cutaneous patterns of sympatethic
activity in clinical abnormalities pf musculoskeletal system.”
La DS è quindi una disfunzione riflessa spinale. Una condizione di
iperattività autonoma sostenuta interessante tutto il territorio somitico, cioè
uno Stato di Facilitazione e l’attività autonoma solitamente alterata è di tipo
simpatico (iperattività ortosimpatica sostenuta).
La PALPAZIONE consente di distinguere le aree normali da quelle in
disfunzione, cioè in SDF, che presentano una qualità tissutale anormale,
iperalgesia e dolorabilità duratura a seguito di un trauma minore (fenomeni del
tutto assenti nelle aree norlai). Nel 2006 Longmair 8Pain Physician ha
pubblicato il titolo “Regional Sympatethic Dysfunction” sulle disfunzioni
simpatico-riflesse.
E parliamo ora di IPERALGESIA e di ANORMALITÀ DELLA QUALITÀ TISSUTALE
(AQT): sono alterazioni della omeostosi locale in cui i tessuti sono tutti alterati
dalla cute alperiostio: cute, fasce, muscoli, sistema linfatico, vasi, etc. L’AQT
equivale al “tono dei tessuti molli” ed è uno stravaso fluidico negli spazi
extracellulari per fenomeni sostanzialmente di flogosi, rilevabile con la
palpazione. E’ il concetto di INFIAMMAZIONE NEUROGENA, che possiamo
comprendere
grazie
alle
conoscenze
sulla
neurofisiologia
del
sistema
sensoriale.
Il sistema delle afferenze sensoriali si divide in due parti: una che definiremo
sistema A che comprende le fibre mieliniche di grosso calibro (tipo I o A-alfa e
tipo II o A-beta) e il sistema B che comprende le fibre di piccolo calibro e
amieliniche (tipo III e IV o A-delta e C).
Il sistema A ha recettori capsulati e le sue fibre sono di grosso calibro, a bassa
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Come si verifica la disfunzione
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soglia, dotate di capacità di adattamento (perdita di sensibilità dopo lo stimolo
iniziale) e precisa localizzazione dello stimolo (quella che si definisce sensibilità
epicritica). I recettori del sistema sono i Pacini, Meissner, Ruffini, Merkel, fusi
neuromuscolari, organi tendinei del Golgi, recettori articolari. Come è noto, il
recettore ha la funzione di selezionare il tipo di stimolo esterno (pressione,
vibrazione, movimento, etc.). Le informazioni viaggiano velocemente verso il
centro e arrivano alle aree somatosensoriali retrorolandiche (3,1,2) ove alla
nota
organizzazione
somatotopica
delle
parti
corporee
si
associa
una
organizzazione “per gruppi di recettori” in zone successive retrorolandiche. Il
sistema A è essenzialmente esterocettivo e propriocettivo.
Il sistema B ha come recettori le terminazioni nervose libere, a soglia elevata
di attivazione, senza proprietà di adattamento, ridotta localizzazione lo stimolo
(quella che si definiva sensibilità protopatica). Le terminazioni libere sono
sensibili a tre tipi di energia: meccanica, termica e chimica. Il sistema B è
essenzialmente di tipo interocettivo e nocicettivo. Le vie centrali sono diverse
da quelle del sistema A e terminano nel lobo limbico. Le fibre nocicettive
funzionano con neurotrasmettitori peptidici particolari che vengono rilasciati
dalle terminazioni libere: sostanza P, CGRP e Somatostatina. Esse vengono
localmente liberate in maggiore quantità (secrezione paracrina) a seguito della
applicazione di uno stimolo nocivo. E’ importante osservare che la stimolazione
delle fibre nocicettive ha un duplice effetto, antidromico ed ortodromico.
L’effetto antidromico determina la degranulazione dei mastociti e il rilascio di
peptidi con vasodilatazione, leucocitosi etc.; insomma un circolo vizioso proinfiammatorio. Insomma, dai nervi del sistema B si può avere una flogosi
periferica. Il “dorsal root reflex” e l’efferenza delle fibre afferenti, cioè un
riflesso antidromico che dal ganglio dorsale va in periferia.
Ulteriori interessanti dati si desumono dalla organizzazione delle afferenze nel
corno posteriore del midollo spinale. A livello della lamina 1 di Rexed (il vecchio
fascio di Lissauer dell’anatomia) termina la maggior parte delle fibre A-delta e
C; a livello della lamina L2 di Rexed terminano le fibre A-delta e C provenienti
dalla cute. Le fibre di grosso calibro tipo I e II terminano invece nelle lamine 3
e 4 di Rexed, mentre a livello della lamina 5 si ha già una integrazione tra i
85
Come si verifica la disfunzione
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due sistemi intero ed esterocettivo.
Il sistema della lamina 1 appare di grande importanza per la medicina
osteopatica: la lamina 1 non si interrompe nel midollo spinale, ma si continua
nel nucleo del tratto spinale del trigemino creando un sistema unico trigeminospinale per il solo apparato sensoriale intero-nocicettivo.
La via centrale del sistema B è la via spino-reticolo-talamo-corticale.
Riguardo ad essa occorre precisare che il termine di “sostanza reticolare” è
oggi meglio definibile attraverso l’individuazione in essa di una serie di nuclei
con funzioni meglio definite (PAG= periacqueductal gray matter, nuclei A1-A2,
nuclei A5-A7, nucleo parabrachiale). Una seconda osservazione riguarda la
terminazione in corteccia, non nell’area sensoriale, ma in aree del lobo limbico
come l’INSULA temporale e il GYRUS CINGOLI, da cui partono efferenze verso
l’amigdala e da qui verso ipotalamo e ipofisi.
E’ noto che i tenitori derivanti dal sistema B vanno incontro ad atrofia. Ciò
indica che il sistema B oltre alla nocicezione, svolge anche un’azione vegetativa
di tipo trofico. Si può ritenere che l’azione dei peptidi liberati dalla terminazioni
libere sia di tipo trofico a basse dosi (il che accade normalmente) e di tipo proinfiammatorio ad alte dosi (come si verifica nella patologia).
L’azione periferica è strettamente correlata ad uno stato di facilitazione
midollare. Cominciano infatti a svilupparsi tecniche anestesiologiche finalizzate
a ridurre o eliminare tale attivazione, per evitare che essa produca nel decorso
dolore e flogosi: ad esempio, l’anestesia locale pre-intervento concomitante
all’anestesia generale riduce la flogosi post-chirurgica; le pompe di anestetico
locale sui nervi dei i monconi di amputazione riducono il fenomeno dell’arto
fantasma. Tutto questo perché i fenomeni di flogosi hanno una marcata
componente NEUROGENA. Un altro fenomeno interessante sono i trigger
points: si tratta di punti estremamente dolenti per fenomeni la liberazione
locale di sostanze pro-infiammatorie (esperimenti di lavaggio del trigger point)
verosimile depressione di flogosi neurogena secondaria ad uno stato di
facilitazione centrale.
Si è detto che le fibre C svolgono un’attività di secrezione paracrina con
il rilascio di sostanze ad azione trofica o flogistica a seconda dei casi. La
86
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
DISFUNZIONE SOMATICA si caratterizza per la IPERALGESIA. Per comprendere
questo fenomeno occorre precisare che l’attività dei neuroni del corno
midollare posteriore si suddivide in 4 stati o modi (parleremo di 3):
MODO 1: afferenza normale ed efferenza normale: è una condizione
normale di segnalazione per cui io somministro uno stimolo nocivo, il soggetto
lo percepisce, quando lo stimolo cessa non sente più dolore.
MODO 2: afferenza normale e efferenza soppressa: è una condizione che
si osserva, ad esempio, nei fratturati che per ore non sentono dolore dopo il
trauma a causa di una attivazione del PAG da parte del sistema ortosimpatico
(cessata l’azione ortosimpatica il dolore compare con tutta la sua intensità)
MODO 3: afferenza normale ed efferenza aumentata: la risposta allo
stimolo è iperalgesica per fenomeni di facilitazione spinale da glutammato
(fenomeno definito “sensitization”). La sensitization può riguardare non solo i
territori periferici innervati dalle terminazioni libere, ma anche le corna
posteriori del midollo. Pare che i fans siano particolarmente efficaci nella
sensitizzazione periferica, mentre gli inibitoli della cox2 siano più efficaci nella
sensitizzazione midollare.
La facilitazione spinale determina anche un’alterata efferenza da parte
delle radici anteriori: ciò determina uno stato ipertonico dei muscoli associati
a quei segmenti spinali e sono queste alterazioni distrettuali del tono
muscolare a determinare le asimmetrie posturali. Molto importante è anche il
riflesso somatoviscerale (Sato) per spiegare come le efferenze patologiche
si portino anche a strutture viscerali (ghiandole, muscoli lisci di vasi, fasce,
etc.) inducendo disfunzioni in tali sedi. Disfunzioni somatiche e disfunzioni
viscerali sono quindi l’epressione di uno stato di facilitazione che, originando da
segmenti che innervano visceri e soma, possono provocare problemi in
entrambe le strutture.
ADENOIPOFISI
Le cellule dell’ipofisi anteriore derivano da un unico citotipo che si
differenzia in 5 citotipi di cellule, acidofile o basofile. Il 50% delle cellule totali
sono SOMATOTROFE acidofile PAS- e producono GH; il 10% sono cellule
LATTOTROFE , acidofile, producono PRL; il 20% sono cellule CORTICOTROFE
87
Come si verifica la disfunzione
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per l’ACTH e la lipotropina (LPH); il 5% delle cellule sono TIROTROFE basofile
producono TSH; il 5% sono cellule GONADOTROPE basofile PAS+ producono
FSH e LH. Il circolo portale offre un’abbondante irrorazione sia per il feedback
ormonale che per il rilascio delle tropine.
L’ablazione totale dell’ipofisi non è fatale, ma rallenta gravemente la
velocità dei processi ghiandolari coinvolti; le tropine, infatti, non determinano
l’attività delle loro ghiandole bersaglio, ma si limitano a modularla. Un danno
dell’adenoipofisi con la distruzione fino al 70% delle cellule non comporta
alcuna patologia (ampia riserva funzionale); il 90% di distruzione provoca
ipogonadismo,
il
95%
ipotiroidismo,
il
100%
anche
insufficienza
corticosurrenale.
Il deficit di GH se si verifica in età prepuberale determina blocco della crescita,
nell’adulto si perde invece la capacità di mantenere la struttura e le dimensioni
corporee, cioè la composizione corporea acquisita nel tempo (es. alterazioni
della
massa
grassa
e
magra,
del
trofismo
osseo,
etc.).
Il
deficit
corticosurrenale (ACTH) altera la risposta allo stress e alterazione del
metabolismo; il deficit di TSH provoca ipotiroidismo; la carenza di LH e FSH
induce deficit sessuale; la carenza prolattina compromette l’allattamento. In
generale le tropine possono essere suddivise in ormoni ad attività TROFICA ed
ormoni ad attività METABOLICA.
SOMATOTROPINA (STH o GH) - Il GH (Growth Hormone) è un polipeptide di
191 aminoacidi, altamente specie-specifico. I valori sono molto elevati nel
neonato (200 ng\ml) e si portano ai bassi valori dell’adulto (10 ng\ml) entro la
fine del primo anno di vita. Viene metabolizzato nel fegato ed ha una emivita di
17-45 minuti. La maggior parte della secrezione (95%) si verifica durante i
primi 90’ del sonno notturno.
Fondamentalmente il GH è un sinergista biologico: esalta l’azione di altri
ormoni. In generale è implicato nella risposta allo stress, e interviene in varie
fasi delle vie del metabolismo lipidico, protidico e glucidico (infatti, è
diabetogeno). L’effetto più importante sulla crescita è la stimolazione delle
cartilagini epifisarie di accrescimento, ma anche nell’adulto agisce sulle ossa
deformandole (v.acromegalia). Anche sui tessuti molli induce modificazioni:
88
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
ipertrofizza la cute, il connettivo e la massa muscolare e ingrandisce gli organi
interni. Dato che potenzia l’azione della tiroxina, Gh e T4 hanno una evidente
sinergia durante l’accrescimento.
La iperproduzione patologica di GH (a livelli almeno 30 volte superiori al
normale) determina il gigantismo nel bambino e l’acromegalia nell’adulto;
inoltre provoca diabete, lattogenesi senza gravidanza, ipotiroidismo. La
iposecrezione induce nel bambino il nanismo armonico e nell’adulto la globale
insufficienza dell’ipofici (panipopituitarismo).
Il GH non è in grado di esercitare direttamente le sue azioni, ma lo fa mediante
le SOMATOMEDINE (SM), famiglia di piccoli pepdtidi prodotti nel fegato
strutturalmente simili alla proinsulina. Le SM agiscono sui tessuti corporei
facilitando la incorporazione di molecole nelle cellule e vengono inibite in
condizione di malnutrizione e digiuno dalla presenza di fattori circolanti
(attualmente ancora poco noti) prodotti in queste condizioni. Le SM agiscono
sulla
cartilagine
stimolando
l’incorporazione
dei
solfati
nei
polisaccaridi
solfonati, favoriscono le mitosi in tutti i tessuti stimolandone la crescita ed
hanno attività insulinosimile. Il fegato è l’organo fondamentale nel favorire o
inibire l’azione delle somatomedine: condizioni quali la presenza di GH, PRL e
insulina, di dieta iperproteica e di un buono stato generale di salute stimolano
il fegato ad attivare le SM. Al contrario, il release e la sintesi epatica di SM
vengono inibite da diabete, digiuno, dieta ipo-proteica, malnutrizione, malattie
sistemiche.
Sul metabolismo il GH ha un effetto adipocinetico determinato da una franca
azione lipolitica, attuata allo scopo di rendere disponibili maggiori quantità di
energia: aumento dei NEFA (acidi grassi plasmatici), facilitazione dell’acetilColina, ridotta conversione dei glucidi in lipidi, scarsa utilizzazione dei glucidi,
riduzione del Quoziente Respiratorio dovuto all’esaltato catabolismo degli acidi
grassi.
Il controllo della secrezione del GH avviene per la convergenza di input
attivanti colinergici, noradrenergici e dopaminergici sull’eminenza mediana
dell’ipotalamo a livello dei nuclei arcuato e ventromediale. Questi input
regolano la produzione di SOMATOLIBERINE o GHRH (GH Release Hormones)
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Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
che stimolano il GH e di SOMATOSTATINE che lo inibiscono. Le somatostatine
hanno anche un effetto diretto, mediato da stimoli colinergici post-sinaptici,
sulla motilità gastrointestinale e la secrezione di bilirubina e secreti pancreatici.
Come già accennato in precedenza, statine e liberine vengono influenzate dalla
riduzione
di
substrati
energetici
nell’organismo
(ipoglicemia,
digiuno,
malnutrizione), dall’aumento degli aminoacidi circolanti (es. pasti proteici
abbondanti) e dallo stress (sia lo stress emozionale, sia un’attività fisica
intensa).
PROLATTINA (PRL) - Ormone filogeneticamente molto antico nella scala
zoologica perché si correla all’attività riproduttiva alle cure parentali (effetti
assai scarsi nell’uomo). La struttura chimica ha 32 aminoacidi omologhi al GH.
PRL si trova in tutti i liquidi corporei (latte, plasma, mina, sperma, liquido
amniotico). I valori plasmatici normali sono 4-8 ng\ml nell’adulto e 200 ng\ml
nel neonato. La secrezione segue un ritmo circadiano con picco di produzione
durante il sonno notturno. A livello biochimico PRL agisce favorendo l’ingresso
di ioni Ca++ extracellulari nelle cellule e inducendo la sintesi di RNA mediata
da recettori di membrana; la catena di eventi comprende variazioni di Na e K
intracellulari,
aumento
del
cGMP
e
riduzione
del
cAMP,
biosintesi
di
prostaglandine e poliammine (potenti antiossidanti del latte).
Le
azioni
della
PRL
riguardano
mammogenesi
e
lattogenesi.
La
MAMMOGENESI è la maturazione della ghiandola mammaria: da una
struttura formata solo da lunghi dotti con un piccolo alveolo convergenti verso
l’areola mammaria, sotto l’azione degli estrogeni (EE) in pubertà si verifica una
proliferazione
dei dotti e uno sviluppo degli alveoli; in gravidanza il
progesterone (PGS) induce attività secretoria degli alveoli che si trasformano in
lobuli e, infine, si riempiono di goccioline di latte. Per la LATTOGENESI la PRL
è indispensabile (assieme ai corticosteroidi): la composizione del latte viene
modificata arricchendolo di lipidi, lattosio e caseina.
Durante la gravidanza gli elevati livelli di EE e PGS inibiscono PRL, ma la
brusca caduta ormonale in coincidenza del parto la libera e permette la
lattogenesi. Dopo il parto i livelli di PRL sono strettamente dipendenti dal
tempo di suzione del capezzolo, e il picco di PRL indotto stimola la lattazione
90
Come si verifica la disfunzione
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per la poppata successiva. Dopo un certo tempo di allattamento gli elevati
livelli di prolattina (che finirebbero col provocare dei disturbi) si abbassano
grazie ad un aumento dei recettori PRL mammari che rende la ghiandola
mammaria più sensibile all’ormone. Anche il maschio ha la PRL, ma a parte il
possibile ruolo di stimolare la produzione di testosterone e lo sviluppo
dell’apparato riproduttivo, gli effetti non sono noti. La iperprolatinemia nella
donna determina amenorrea per un effetto antigonadico.
Il controllo della produzione di PRL avviene mediante stimoli sulla
eminenza mediana dell’ipotalamo, da cui un’azione tonica di scarica di PRLS (prolatto-statina) che inibisce la produzione di PRL da parte delle cellule
dell’adenoipofisi. La liberazione di PRL-S è stimolata da vie dopaminergiche a
livello
della
eminenza
mediana.
Pertanto
l’attività
dopaminergica
dell’ipotalamo risulta prolattino-inibente. E’ probabile l’esistenza anche di
una PRL-liberina strutturalmente simile al VIP e alla tireoliberina. I livelli
plasmatici
di
PRL
non
variano
col
ciclo
mestruale,
ma
aumentano
progressivamente in gravidanza fino a 200 ng\ml per poi tornare a valori
normali (8ng) al momento del parto. Lo stress aumenta la prolattina; stress,
sonno e esercizio muscolare aumentano sia GH che PRL a causa del ridotto
release di prolattostatina. Anche i farmaci hanno un‘influenza: i neurolettici
aumentano la PRL e riducono il GH; la L-dopa abbassa la PRL e aumenta il GH;
la tiroxina abbassa la PRL.
GONADOTROPINE (FSH e LH) - La Follitropina (FSH) e la Lutropina (LH)
sono glicoproteine prodotte e depositate nelle cellule basofile dell’adeonoipofisi.
Non hanno un ritmo circadiano, ma vengono secrete “a ondate”. FSH (ormone
follicolo-stimolante) è costituito da due sub-unità alfa e beta, in età fertile si
aggira su valori plasmatici di 10 mUnità\ml e sale in post-menopausa (per
mancanza di feedback dall’organo bersaglio) fino a oltre 170 mU\ml. Circola
libero nel plasma e il 4% viene secreto immodificato nelle urine. La
maturazione del follicolo non si verifica se non è presente anche LH.
L’LH è strutturalmente molto simile a FSH (due catene alfa e beta). I livelli
plasmatici si aggirano su 32 mU\ml prima della menopausa e su 99 mU\ml in
post-menopausa. LH porta a maturazione il follicolo attivato da FSH, determina
91
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
l’ovulazione per rottura del follicolo stesso e lo conduce a maturazione come
corpo luteo (che produce PGS).
Nella femmina la carenza dei due ormoni determina infantilismo sessuale per
una mancata maturazione degli organi femminili; anche nel maschio la carenza
di FSH e LH impedisce la maturazione degli spermatozoi, ma non influenza il
testosterone. Le cellule bersaglio di FSH e LH si trovano nei tubuli seminiferi
del maschio e nelle cellule della granulosa della femmina. Il meccanismo
biochimico è cAMP
mediato e conduce alla maturazione dello sperma e
dell’uovo.
Il controllo della secrezione avviene mediante la liberazione di RH da parte
dei nuclei ipotalamici arcuato e ventromediale che inducono la produzione di
FSH e di LH nell’adenoipofisi. Il controllo avviene mediante una inibizione
dell’ipotalamo con feedback lungo da parte di estrogeni e progesterone:
l’aumento degli estrogeni nella eminenza mediana induce la secrezione di LH.
C’è anche un feedback corto con il quale i livelli di FSH e LH inibiscono
direttamente l’azione tonica dell’ipotalamo.
CORTECCIA SURRENALE - Il surrene si localizza sopra i poli renali superiori è
costituito per l’80% dalla corticale e per il 20% dalla midollare. La corticale è
suddivisa in tre zone specifiche: la zona glomerulosa che ha cellule a
morfologia glomerulare e produce i mineralcorticoidi, la zona mediana zona
fasciculata mediana che produce i glucocorticoidi e la zona reticolare con
cellule organizzate a rete che produce gli androgeni.
Gli ormoni corticosurrenali sono STEROIDI e derivano dal colesterolo; non
vengono stoccati nelle cellule, ma prodotti, direttamente secreti e utilizzati al
momento. Ciò spiega la grande quantità di reticoloendoplasmico presente nelle
cellule corticosurrenali, reticolo che contiene principalmente il precursore
colesterolo stoccato al suo interno per esser prontamente disponibile alla
sintesi ormonale. Nel corticosurrene sono state isolate 30-50 molecole
ormonosiminili prive di attività biologica invivo. Le uniche molecole dotate di
attività biologica sono il cortisolo, aldosterone e deidroepiandrosterone
(DEA o DHEA).
Cortisolo e Aldosterone hanno una struttura a 21 atomi di carbonio con un
92
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
gruppo aldeidico in posizione 18 sull’aldosterone e un gruppo OH in posizione
11 e 17 sul cortisolo. Gli androgeni hanno una struttura a 19 atomi di carbonio
con un gruppo CO in posizione 17 (17 chetosteroidi). Nel maschio la
produzione di androgeni surrenali ha scarsa importanza, mentre nella donna
spiega tutti gli effetti androgeni riscontrabili. Il seguente schema indica la
catena di sintesi degli steroidi nelle tre diverse zone del corticosurrene:
COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->PROGESTERONE-->CORTICOSTERONE-->ALDOSTERONE
COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->170H-PREGNENOLONE-->170H-PROGESTERONE-->CORTISOLO
COLESTEROLO-->PREGNENOLONE-->17OH-PREGNENOLONE-->DHEA
Le tre zone contengono enzimi specifici per la produzione dei diversi ormoni e
vi possono essere singoli difetti enzimatici che si traducono in malattie
congenite come ad esempio la ipoplasia surrenale lipoidea (incompatibile con la
vita) dovuta al blocco enzimatico nel passaggio colesterolo—>pregnenolone.
GLUCOCORTICOIDI — La concentrazione plasmatica del cortisolo segue un
ritmo circadiano abbinato al ritmo sonno-veglia con picco alle prime ore del
mattino, ritmo legato ad un meccanismo ipotalamo-ipofisi: i RH agiscono con
feedback corto sull’ipofisi (ACTH inibisce l’ipotalamo), stimolano la produzione
di ACTH che va ad agire sul surrene, che a sua volta ha una inibizione a
feedback lungo sull’ipotalamo. Il rilascio di CRH (corticoliberina) dipende da
stimoli che convergono sul tuber cinereum ipotalamico dall’ippocampo (azione
inibitoria) e dall’amigdala (azione eccitatoria). Impulsi tonici noradrenergici
inducono la secrezione di ACTH-cortisolo, impulsi colinergici determinano il
ritmo circadiano. Le emozioni, il ritmo sonno-veglia, i traumi e in generale
l’attivazione del sistema limbico (stress emozionali) portano alla liberazione di
cortisolo.
In assenza di stress la cortisolemia di notte si aggira su 2-10 microgr\ml e al
mattino arriva a 20-40 microgr\ml. Per l’80% il cortisolo è legato a globuline
(CBG), relegando al ruolo di parte attiva efficace solo il colesterolo libero (5%)
e quello legato all’albumina (15%). Stress fisici, traumi, freddo, ipoglicemia,
ansia, stress psicologici, aumentano la cortisolemia, ma soltanto se si
verificano in modo acuto. Le stesse condizioni agenti in modo cronico non
93
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
modificano la cortisolemia. Oltre alla sintesi di colesterolo, l’ACTH induce il
release di beta-endorfine, che spiega il noto fenomeno della analgesia da
stress acuto.
Il
cortisolo
serve
quindi
a
sopravvivere
alle
situazioni
di
emergenza
potenzialmente dannose. I target del cortisolo sono il fegato (aumento della
gluconeogenesi: da aminoacidi a glucosio), il tessuto adiposo (mobilizzazione
dei
lipidi
e
ridotto
immagazzinamento
del
glucosio)
e
il
tessuto
muscoloscheletrico (aumento della degradazione delle proteine muscolari e
ridotto immagazzinamento del glucosio). Lo stress acuto determina una
riduzione
della
massa
grassa
per
l’azione
permissiva
del
cortisolo
sull’adrenalina che demolisce i lipidi degli adipociti, (cellule perenni che variano
il loro volume accumulando o perdendo lipidi). Lo stress cronico esercita
l’effetto inverso sugli adipociti e la massa grassa aumenta: l’obesità da
cortisolo riguarda principalmente il tronco, mentre gli arti dimagriscono. Il
cortisolo aumenta anche la reattività vascolare garantendo una regolazione del
tono ortosimpatico noradrenergico a livello delle piccole arterie: la carenza di
cortisolo induce infatti grave ipotensione.
ALDOSTERONE - Viene prodotto nella zona glomerulosa; anche i suoi
immediati
precursori,
11-DOC
(desossicorticosterone)
e
18-ICS
(idrossicorticosterone) sono dotati di attività mineralcorticoide. L’aldosterone
ha tre funzioni:
1) riassorbimento del K a livello del tubulo prossimale: con la dieta
introduciamo più K del necessario, ma è possibile un controllo della
potassiemia grazie ad un riassorbimento del K nel tubulo prossimale del
nefrone, a seguito del quale diviene possibile la escrezione per
secrezione attiva del K (e di H+) nel tubulo distale.
2) secrezione degli H+ e conseguente contributo all’equilibro acido-base:
nel tubulo distale avviene la secrezione attiva di K e H+; essi competono
nel legame con i bicarbonati, ma la precedenza viene data all’escrezione
di H+ rispetto a quella del K
3) riassorbimento del 2% di Na: il 98% del Na viene riassorbito dal rene
indipendentemente
dall’aldosterone
94
(riassorbimento
obbligatorio
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
per trasporto massimo limitato per gradiente). L’aldosterno viene
prodotto nel surrene ad opera dell’angiotensina II e va ad agire
riassorbendo Na dal tubulo renale in scambio con il K che viene escreto.
L’angiotensina II si forma dall’angiotensina I per azione dell’ACE
(angiotensin converting enzyme). Ciò accade se la volemia o la pressione
si
abbassano
inducendo
l’angiotensiongeno
inattivo
il
rilascio
di
in
angiotensina
renina,
I.
Il
che
Na
converte
recuperato
dall’aldosterone consente di ripristinare il controllo della pressione
arteriosa e mantenere la perfusione renale.
DHEA (DEIDROEPIANDROSTERONE) - Potenzia la funzione anabolica del
muscolo a breve termine. A lungo termine determina solo danni epatici.
MIDOLLARE DEL SURRENE - Contiene le cellule cromaffini, che funzionano
come cellule neuroendocrine perché sono considerate fibre postgangliari del
sistema ortosimpatico. Le fibre pregangliari colinergiche del simpatico che
innervano le cellule e cromaffini stimolano il rilascio in circolo di adrenalina,
che agisce diffusamente in tutto l’organismo. La produzione di adrenalina
avviene con la seguente reazione:
La
•
TYR --irosina idrossilasi—
•
DOPA
•
DOPAMINA
•
NORADRENALINA --fenil etanol N metiltransferasi—
•
ADRENALINA
inattivazione
dell’adrenalina
avviene
ad
opera
delle
MAO
(monoaminosssidasi) e delle COMT (catecolortometiltransferasi). La secrezione
di adrenalina avviene in modo continuo. Adrenalina e Noradrenalina hanno il
significato di orientare i compensi dell’organismo nelle situazioni di emergenza,
in sinergia col sistema ortosimpatico noradrenergico. I diversi effetti delle
catecolamine dipendono dai recettori a cui si legano: i recettori alfa
funzionano con il cGMP e sono eccitatori, i recettori beta funzionano con il
cAMP ed hanno effetti metabolici e inibitori. L’adrenalina ha maggiore affinità
per i recettori beta-adrenergici, la noradrenalina per i recettori alfa. Effetti delle
catecolamine:
95
Come si verifica la disfunzione
___________________________________________________________________________
•
Gluconeogenesi
•
azione calorigena (aumento termogenesi in risposta al freddo)
•
vasocostrizione cutanea (con ridotta dispersione termica)
•
lipolisi con aumento dei NEFA e risparmio di glucosio
•
facilitazione dei riflessi posturali
•
tremore ansietà irrequietezza
•
rilassamento muscoli lisci (recettori beta bronchiolari)
•
contrazione
muscoli
lisci
(ree.
alfa
dei
vasi,
midriasi,
ghiandole
sudoripare)
•
aumento dei potenziali di attivazione muscolari
•
aumento di tensione nei muscoli rapidi
•
diminuzione della tensione nei muscoli lenti
•
vasocostrizione arteriosa (ad eccezione delle coronarie)
•
aumento della pressione arteriosa
Molto caratteristico è il fenomeno della redistribuzione del flusso ematico
per favorire l’azione degli apparati di risposta all’emergenza: la stimolazione di
recettori beta determina vasodilatazione nel cuore e nei muscoli; quella dei
recettori alfa vasocostrizione cutanea, renale e splancica. In questo modo la
gittata cardiaca viene redistribuita senza effetti sulla pressione arteriosa.
96
Parabola del buon samaritano
___________________________________________________________________________
Parabola del buon samaritano
Ille autem volens iustificare se ipsum dixit ad Iesum: Et quis est meus
proximus? Suscipiens autem Iesus dixit: Homo quidam descendebat ab
Hierusalem in Hiericho et incidit in latrones, qui etiam despoliaverunt eum et
plagis impositis, abierunt semvivo relicto. Acidit autem ut sacerdos quidam
descenderet eadem via et, viso illo, praeterivit. Simileter et Levita, cum esset
secus locum et, videret eum, pertransiit. Samaritanus autem quidam iter
faciens venit secus eum et videns eum, misericordia motus est. Et approprians
alligavit vulnera eius infundens oleum et vinum et imponens illum in iumentum
suum duxit in stabulum et curam elius egit. Et altera die protulit duos denarios
et dedit stabulario et ait: curam illius habe et quodcumque supererogaveris
ego ùcum rediero reddam tibi. Quis horum trium videtur tibi proximus fuisse
illi, qui incidit in latrones? Et ille dixit: qui fecit misericordiam. Et ait illi Iesus:
vade et tu fac similiter.
97
Casi clinici
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CASI CLINICI
PAZIENTE 1
Nome: P.R.
Data di nascita: 28.05.2005
Diagnosi: Cranio sinostosi, plagiocefalia
Quadro clinico: tetraparesi
La bimba fin da subito presenta dispepnia e rigidità degli arti con inclinazione
del capo verso destra. Sin dal primo giorno viene trasferita in terapia intensiva
pediatrica. La classificazione di gravità viene definita di medio grado anche se
poi viene confutata questa diagnosi perché la gravità è sicuramente molto più
disfunzionale. La bimba presenta anche una sordità dell’orecchio destro che
viene trattata dal reparto di O.R.L.
L’emilato disfunzionale più compromesso è quello destro tant’è che la bimba
non riesce ad aprire né la mano né muove il piede.
Anamnesi familiare: familiarità da parte paterno per diabete mellito; la
madre e la nonna sono state trattate chirurgicamente per un quadro di
ipertiroidismo.
Anamnesi fisiologica: nata a termine da parto naturale sviluppo regolare al
momento non riferite allergie.
Anamnesi patologica remota: non riferite patologie degne di nota (ad
eccezione della plagiocefalia e craniostenosi), né pregressi interventi chirurgici.
Anamnesi patologica prossima: aspetto plagiocefalico evidente alla nascita
con retrusione frontale e dell’orbita di destra; a questo si associa sin dai primi
giorni di vita deviazione della radice del naso e posizione preferenziale del collo
latero deviata a sinistra. Su consiglio pediatrico è stata eseguita rx cranio che
ha confermato il quadro descritto con aspetto “arlequin-like” dell’orbita destra.
Si ricovera per intervento chirurgico.
E.O.N.: deficit focali ai quattro arti esoforica dell’occhio destro, sviluppo
psicofisico nella norma per l’età, deviazione marcata del collo a sinistra.
98
Casi clinici
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Consigli: si informa i genitori sulla caratteristica della malformazione da
patologia neurologica e si consiglia fin da subito trattamento di fkt che viene
immediatamente effettuata.
LA PLAGIOCEFALIA
La plagiocefalia o testa deformata è una condizione priva di parametri chiari,
tuttavia questo termine viene spesso utilizzato come riferimento ad una
diagnosi
descrittiva
globale
di
rapporti
alterati
tra
le
ossa
craniche,
ufficialmente elencati nel codice HICDA.
Il termine disfunzione celebrale è anch’essa un’espressione vaga usata in
origine da Golden Estein (1936) e da Strass
e Wener (1943) i quali
ipotizzarono l’esistenza di una sindrome disfunzionale cerebrale che aveva le
sue manifestazioni sia in ambito neurologico che del comportamento. Essa non
implica una specifica eziologia né specifiche caratteristiche o entità cerebrale.
Come nel caso di questa bimba alla quale è stata a mio avviso eseguita una
diagnosi “superficiale”.
In questo caso l’osteopatia si è riferita in particolare alla valutazione ed alla
interpretazione
del
movimento
intrinseco
palpato
a
livello
dell’intero
meccanismo cranio muscolo scheletrico. In sostanza il trattamento osteopatico
si è basato su risposte ottenute dai test palpatori che evidenziano i movimenti
compromessi e distorti. Lo scopo è quello di elaborare e progettare
metodologie applicative che nel caso specifico o come in altri casi vengono
elaborati soggettivamente nella valutazione del soggetto da trattare e
successivamente si controllano i cambiamenti che avvengono grazie alle forze
terapeutiche intrinseche dell’organismo che ripristinano condizioni migliori.
Quindi in questo caso è anche stato difficile quantizzare la problematica e
quindi dimostrare scientificamente i miglioramenti avvenuti anche se i
miglioramenti sono sotto gli occhi di tutti. Di solito gli enti scientifici richiedono
di formulare una diagnosi e di stabilire una eziologia. Spesso un insieme di
sintomi in sostituzione di una vera diagnosi possono essere correlati a diversi
fattori eziologici o viceversa qualsiasi fattore eziologico può manifestarsi
99
Casi clinici
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sottoforma di un complesso di sintomi. D’altronde il fattore eziologico quale ad
esempio l’ipossia o l’
anossia in particolare area del cervello possono essere fattori che accomunano
molti di questi casi, anche un travaglio prolungato ad esempio può essere
responsabile di ritardo mentale, di difficoltà di apprendimento, di iperattività, di
spasticità, di problemi comportamentali, di disfunzioni percettive, di mancanza
di controllo morale e di altre patologie. Quindi possiamo dire che la gravità del
fattore eziologico non necessariamente è proporzionale alla gravità della
sintomatologia manifestata.
Introducendo la plagiocefalia in questa equazione non solo si fornisce l’anello
mancante tra il fattore eziologico e la sintomatologia, ma si rende anche
disponibile una dimensione accessibile che può essere utilizzata per apportare
cambiamenti.
La
pratica
della
scienza
osteopatica
è
fondata
sull’interrelazione
e
l’interdipendenza di struttura e funzione. La disfunzione somatica in un
determinata area può riflettersi in un disturbo a distanza dalla disfunzione ma
neurologicamente connessa ad essa. Ad esempio un’alterata mobilità articolare
nella regione parieto-temporale di sinistra potrebbe dare alterazione della
parola o una compressione nella regione toracica superiore predispone il
paziente ad una eventuale comparsa di disfunzione cardiaca. La mobilità
cranica non è meramente una funzione delle sue ossa articolate intimamente
ma è controllata ed anche influenzata dalle membrane durali che si inseriscono
sulle ossa craniche e sul sacro. Il movimento palpabile del cranio, definito
impulso ritmico craniale è la manifestazione della fluttuazione dinamica
cefalorachideo e della motività intrinseca del sistema nervoso centrale in esso
contenuto. Ciascun bambino ha un problema clinico diverso ed ha uno stato
funzionale strutturale unico perciò ha bisogno di un trattamento osteopatico
personalizzato
e
l’osteopatia
rappresenta
una
scienza
che
può
agire
direttamente sulla causa soggiacente in quanto “dovremmo” essere capaci di
riconoscere le disfunzioni celebrali; riconosciamo la plagiocefalia che è
accessibile alla diagnosi palpatoria che risponde al trattamento osteopatico;
essa rappresenta la dimensione strutturale di un binomio struttura / funzione.
100
Casi clinici
___________________________________________________________________________
In questo caso ho ripristinato il movimento fisiologico in tale struttura
ottenendo variazioni nella funzionalità del sistema nervoso centrale che è
altrimenti inaccessibile rendendo consapevole dell’unità dinamica dell’intero
corpo non solo la bambina ma anche erudendo i genitori. Il meccanismo di
respirazione primario non deve solo rappresentare un legame tra il cranio e la
pelvi attraverso connessioni scheletriche, legamentose e durali, ma coinvolge
l’intero sistema corpo perché non vi è cellula od organo che non faccia parte di
questo misterioso sistema corporeo.
A tal proposito non possiamo non riconoscere la straordinarietà della funzione
del liquido cefalorachideo così descritto da Still e Suntherland, pertanto
concentrare l’attenzione sulle limitazioni strutturali e funzionali che affliggono i
bambini con disfunzioni celebrali porterà la guarigione per qualcuno, servirà
come prevenzione per molti ma rappresenterà un miglioramento per tutti.
PAZIENTE 2
Nome: U.M.
Data di nascita: 13.11.2003
Diagnosi:
ipertono
generalizzato
con
atteggiamento
del
capo
in
opistotono ipereccitabile
Quadro clinico: ipertono marcato ingravescente
Potenziali evocati uditivi del tronco encefalo, soglia di evocazione nei limiti a
sinistra e aumentata a destra, esame condotto in stato di sonno spontaneo.
R.M.L. l’indagine è stata eseguita in narcosi. Non si rilevano modificazioni
strutturali né significative alterazioni di segnale a carico degli elementi
encefalici sia delle FCP che sovrasentoriali. Il complesso ventricolare è di
ampiezza nella norma in asse.
•
ETG addome inferiore
•
ETG addome superiore
•
ETG transfontanellare
Non alterazioni epatobiliari di rilievo ecografico ove si eccettui la presenza di
101
Casi clinici
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una calcificazione parentimale di 6 millimetri
nel contesto del lobo destro.
Pancreas, milza e reni senza particolari reperti. Vescica vuota. L’esame
ecografico transfontanellare ha mostrato regolare ampiezza delle cavità
ventricolari che sono in asse.
A seguito del trattamento osteopatico il bimbo con diagnosi di PCI perinatale
visti gli evidenti miglioramenti dal punto di vista neurologico i genitori decidono
di fargli praticare ippoterapia. La fisioterapista dopo valutazione descrive
quanto segue: presenta iperestensione agli arti inferiori a schema crociato, arti
superiori flessi con scarsa capacità prensile, raddrizzamento non mantenuto
per patologia neurologica. Il bambino alternava sbalzi emotivi con pianto e riso
non motivate, presenta gli occhi socchiusi e non interagisce con l’operatore. La
fisioterapista dice di aver proceduto seguendo un programma neuromotorio
volto a migliorare il controllo asse-capo-tronco, con esercizi posturali stimolanti
l’addrizzamento e l’allineamento, gli esercizi per lo schema motorio per la
presa di coscienza del proprio corpo de movimento, gli esercizi per la riduzione
della ipertonia, mobilizzazione passiva arti inferiori e arti superiori, esercizi
respiratori e di rilassamento. Dopo trattamento osteopatico a conclusione del
primo ciclo di ippoterapia la fisioterapista evidenzia un aumento dei tempi di
attenzione, riduzione e miglioramento generalizzato degli arti inferiori e
allungamento degli stessi. Il bambino mantiene la presa a grasp e controlla e la
cadute laterali con il raddrizzamento, ha ridotto l’iperestensione del capo
ovvero (opistotono) mantenendolo in asse per più di dieci minuti e se posto
supino si solleva sugli avambracci. Ha iniziato la deambulazione con sostegno
che fino a quel momento sarebbe stata impossibile anche se sulle punte dei
piedi e molto più attento presenta gli occhi sempre aperti durante tutta la
seduta ed interagisce con l’operatore eseguendo anche alcuni semplici
comandi. L’obiettivo a medio lungo termine prevede esercizi di raddrizzamento
del sistema cranio sacrale, miglioramento del quadro motorio, recupero del
linguaggio perché fino a quattro mesi fa il bambino non parlava con
conseguentemente miglioramento della qualità della vita.
102
Casi clinici
___________________________________________________________________________
Lettera dei genitori di A.U.
Nostro figlio Mario, 7 anni compiuti il 13 Novembre, è nato prematuro (30
settimane). È affetto da paralisi celebrale infantile da sofferenza perinatale.
Tale sofferenza gli ha provocato una tetraparesi spastica ed ipertono diffuso ai
quattro arti. Sin da piccolo ha frequentato i centri di riabilitazione, ottenendo
buoni risultati sia dal punto di vista posturale-motorio che intellettivocognitivo. Da Maggio 2010 ha cominciato un ciclo di osteoterapia, 2 volte al
mese, presso lo studio del
Dottor
La Macchia. Tale trattamento ci è stato
proposto come adiuvante della sua patologia. Dopo quattro, cinque sedute
abbiamo notato un netto miglioramento dal punto di vista posturale, presa
degli oggetti, coordinazione oculo-motoria. L’ipertono si è ridotto ai quattro
arti, accenna alla deambulazione se sostenuto; abbiamo notato, inoltre, un
buon controllo delle funzioni fisiologiche. Si rotola sul letto e sul tappeto; a
scuola ottiene buoni voti rispetto al primo anno; la capacità di relazionarsi con
il mondo esterno è nettamente migliorata; ha meno paura di spazi ampi, il
103
Casi clinici
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clono si è ridotto. Questo è quanto abbiamo osservato in nostro figlio da
quando ha cominciato il ciclo di osteoterapia.
Francesco e Loredana Urbano
San Giovanni Rotondo 28/11/2010
PAZIENTE 3
Nome: M.V.
Data di nascita: 22.06.2003
Diagnosi: tetraparesi spastica
Quadro clinico: all’arrivo si manifestava con deviazione del capo a
sinistra ed in opistotono, le mani completamente chiuse con pollici
addotti,
gli
arti
superiori
in
flessione
per
la
marcata
gravità
dell’ipertono, cingoli scapolari chiusi, medesima cosa vale per le anche
e gli arti inferiori, il piede è in equinismo, il bimbo non riesce a parlare
se non con piccoli fonemi tipo lallazione. A dieci ore di vita convulsioni
(scosse agli arti superiori ed inferiori, fissità dello sguardo, movimenti
di suzione). Alla registrazione elettroencefalografia si evidenziavano
diffuse anomalie aspecifiche tipo sindrome ipossico-ischemica.
RMN: cervello e tronco encefalitico (cranio)
L’esame acquisito con immagini pesate in t1, t2, dp, fleir secondo piani assiali
e t1 sagittali documentano la presenza di alterazioni di segnale localizzate
prevalentemente a carico della sostanza bianca dei centri semiovali e delle
corane radiate bilateralmente e che interessano sfumatamente anche i nuclei
della base prevalentemente a livello dei talami bilateralmente, le alterazioni
descritte non sono di univoca interpretazione potendosi riferire ad alterazioni
da sofferenza tissutale su base ipossico-ischemica e metabolica di verosimile
genesi perinatale regolarmente rappresentato il corpo calloso.
EEG durante il sonno
Tracciato registrato in sonno spontaneo scarsamente strutturato, attività
elettrica epilettiforme di piccola ampiezza in regione fronto-temporale sinistro.
104
Casi clinici
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Ritmo dominante theta/delta; figure ipniche poco rappresentate.
Dopo trattamento osteopatico il bimbo ottiene un ottimo risultato del tono
muscolare generalizzato ed evidenziato da tutti gli operatori sanitari che lo
seguono tanto da eliminare completamente le infiltrazioni di tossina botulinica.
Già dopo il quarto trattamento il bimbo riesce a controllare molto meglio la
mobilità degli arti superiori simmetrizzando anche il capo e riducendo la
posizione di opistotono. Riesce ad aprire le mani anche se non ancora
completamente. Migliora la funzionalità del sistema nervoso centrale da punto
di vista dinamico della fluttuazione liquorale. Con l’ausilio di un puntale fissato
sul suo osso frontale riesce a scrivere al computer e sotto mio insistente
consiglio mi scrive dei messaggi ogni qualvolta si sottopone a trattamento
osteopatico.
Evidenzieremo solo alcuni di questi messaggi:
Messaggio n. 1: Io mi sento bene le mani e gli arti inferiori ed anche gli arti
superiori, voglio camminare, parlerete con il prete. Gesù mi deve guarire e
voglio parlare. Mamma chiedi a Padre Pio che mi benedica. No, chiedi di
chiamare la Madonna.
Messaggio n. 2: ho avvertito le mani sudare e le anche tirare e non mi faceva
male
Messaggio n. 3: ai palmi ramificava il polso poi agli arti inferiori mi faceva
rilassare,ho sentito muovere le braccia, avevo sentito un profumo di Padre Pio.
Bilocazione.
Messaggio n. 4: Ho sentito cantare. A danno mio ce la lingua che non vuole
parlare. Devo dire che voglio molto bene a Lamacchia perché mi sento meglio.
Relazione dei genitori.
Siamo i genitori di Michele, un meraviglioso bambino normale ai nostri occhi
però affetto da tetraparesi spastica distonica, causata da asfissia post-parto. Il
problema è grande, ha compromesso tutto ciò che riguarda l’area motoria.
Nonostante ciò, non ci arrendiamo e non lo faremo mai. La forza ci è
trasmessa dalla grande voglia e volontà di Michele. Abbiamo dato tutto ciò che
è nelle nostre possibilità, affinché Michele riesca a raggiungere un minimo di
105
Casi clinici
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autonomia. Da giugno del 2010 sta frequentando lo studio del dott. Pietro La
Macchia per sedute di osteopatia. Da allora ad oggi abbiamo notato dei
miglioramenti, piccoli ma fondamentali per la sua situazione. Riesce ad
assumere una posizione seduta (per parecchio tempo) senza alcun appoggio
sotto i piedi. Le mani che tendono ad essere sempre chiuse sono più aperte.
Durante la giornata le mani riescono ad impugnare un colore o una posata
(durante i pasti) con molta facilità e soddisfazione di Michele. In posizione
supina riesce a sollevare il capo tanto da riuscire a far scorrere la mano sotto il
suo capo (fin ad oggi non è mai riuscito a farlo). All’inizio del trattamento il
bambino accusa crampi agli arti inferiori per alcuni giorni, successivamente è
subentrato un rilassamento tale da non riuscire a reggersi sulle proprie gambe.
Ora va molto meglio. Il pomeriggio, abbiamo notato che preferisce dormire in
posizione prona, posizione prima non gradita. Quando ci rechiamo dal dott. La
Macchia Michele è contento di sottoporsi ai suoi trattamenti. Lo capivamo dai
suoi occhi (che parlano tanto) e dai suoi pensieri scritti sul pc, soprattutto
perché vede che i suoi arti superiori sono molto rilassati e le sue mani aperte.
Confidiamo nell’operato del dottore, anche se i risultati che desideriamo vedere
nel nostro bambino sembrano che tardino ad arrivare. Apprezziamo il lavoro
amorevole nei confronti di Michele, che gli vuole molto bene.
I genitori di Michele Vaira. 07 dicembre 2010.
Lettera della Nonna Francesca e zia Nicoletta.
Salve dottore, sono la zia di Michele, per motivi di lavoro non vivo in Puglia e
quindi quando rientro riesco a percepire maggiormente i cambiamenti nella
patologia di Michele. Prima di tutto ho notato il miglioramento nell’andatura
sulla bici, infatti, prima Michele utilizzava solo una gamba per effettuare gli
spostamenti e difficilmente si avventurava in spazi più ristretti. Ora usa
entrambe le gambe per darsi la spinta ed effettuare manovre nuove come
ruotare a destra o sinistra la bici. Altro miglioramento nella postura quando è
seduto sulla sedia, prima spesso succedeva di ritrovarlo penzolante verso
destra o sinistra, ora se non è agitato o euforico riesce a stare dritto,
soprattutto quando fa una delle attività che più gli piace cioè colorare. In
106
Casi clinici
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merito a questo aggiungo un’altra cosa suggeritami da mia madre, quando è
calmo prende da solo il pennarello, cosa che solo la sua mamma riusciva a
sistemare nella sua manina. Più passa il tempo e più abbiamo notato che lo
stringere le mani a pugnetto è solo un ricordo, infatti le sue manine sono quasi
sempre aperte e le poche volte che succede basta dirgli di aprirle e lui che è un
furbetto ma anche tanto intelligente lo fa subito, mentre prima sembrasse
avesse difficoltà a farlo. Qualche giorno fa sono andata a trovarlo a scuola per
salutarlo prima della mia partenza, naturalmente quando mia ha visto
sprigionava tanta felicità e quando l’ho abbracciato per riempirlo di baci lui ha
fatto altrettanto, bene, è la prima volta che sentivo l’abbraccio di Michele, le
sue braccia che mi stringevano è stata una emozione grandissima. Siamo certi
che la sua terapia a differenza delle altre sta migliorando molto la vita di
Michele e la ringraziamo tanto per ciò che sta facendo.
Nonna Francesca e Zia Nicoletta. 05 dicembre 2010.
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Casi clinici
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PAZIENTE 4
Nome: P.A.
Data di nascita: 23.09.2006
Diagnosi: Sindrome atassica?
Quadro clinico: ritardo deambulazione e linguaggio
Il bimbo arriva nel mio studio con questa diagnosi che in seguito è risultata
108
Casi clinici
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anomala perché il bimbo presenta una tetraparesi con prevalenza degli arti
superiori
anche
se
quando
è
arrivato
non
presentava
la
possibilità
deambulativa.
Dopo il trattamento osteopatico il bimbo ha migliorato dal punto di vista
neuromotorio iniziando a deambulare ed ha ridotto sensibilmente l’ipertono
muscolare, migliorando l’equilibrio statico, dinamico e monopodalico. Ha
incentivato il cammino e migliorato lo sviluppo dalla funzione manipolatoria ed
in particolare la coordinazione oculo-manuale e l’organizzazione delle prassie
aumentando anche la sua autonomia. Riattivando la fluttuazione del MRP è
migliorato il carico sugli arti inferiori, il bilanciamento del tronco, si sono ridotte
le rotazioni tra i congoli scapolare e pellico. Dalla posizione seduta riesce a
trasferire il carico sugli arti inferiori (raccoglie piccoli oggetti da terra per
metterli in contenitori posti su piani di appoggio laterali o anteriori) in modo da
spostare il carico in avanti e di
conseguenza sugli arti inferiori. Riesce a
toccare con i piedi oggetti di consistenza e forma diversa tipo: palla, oggetti di
legno, oggetti morbidi ed è in grado di schiacciarli con i piedi. Con gli arti
superiori riesce a raccogliere oggetti grandi e piccoli da terra o da qualsiasi
piani a lui consoni. Riesce a traslare e ruotare i cingoli.
Lavorando
sull’asse
longitudinale
il
bimbo
è
riuscito
a
promuovere
manipolazione di vari oggetti che ha favorito la coordinazione oculo-manuale.
Inoltre ha incentivato l’uso funzionale degli oggetti. Con il fratellino più piccolo
di lui riesce a proporre giochi, esplora e attiva diverse modalità di attività tipo
suonare il tamburo e tastiera. Ha iniziato a sviluppare la motricità fine e ha
organizzato le azioni prassiche tipo aprire e chiudere scatole con aperture
diversificate. In stazione eretta il bimbo riesce a camminare anche senza
l’appoggio grazie al fatto che ruota sia i cingoli scapolari che pellici. È molto
migliorato l’equilibrio dinamico che lo stimola alla deambulazione autonoma.
109
Casi clinici
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PAZIENTE 5
Nome: F.C
Data di nascita: 09.05.2007
Diagnosi: Nata pretermine alla 29 settimana con parto spontaneo,
subendo un distress respiratorio causa di una paraparesi agli arti
inferiori che si manifesta con un eccessivo ipertono e che l’ha portata
ad un ritardo motorio.
Quadro clinico: Paraparesi agli arti inferiori con un elevato ipertono
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Casi clinici
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Lettera dei genitori di F.C.
Gentilissimi professori ed auditori,
siamo Luciano e Filomena, genitori della piccola F.C. Siamo oggi qui presenti
anche se non di persona, ma per il tramite di questa lettera, per raccontarvi
brevemente la storia della nostra piccola F.C. L’occasione di poter partecipare
a questa seduta ci è stata proposta dal dott. Pietro La Macchia, e non abbiamo
111
Casi clinici
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esitato a raccogliere l’invito in quanto riteniamo che, anche se non siamo
persone “addette ai lavori”, la nostra testimonianza possa essere comunque
utile sia a quei genitori che come noi lottano per il miglioramento della
disabilità dei propri figli, sia a voi medici che studiate ed operate nel settore in
generale ed in particolare in quello dell’osteopatia. Questa è la storia...:
F.C. è nata pretermine alla 29 settimana con parto spontaneo, subendo un
distress respiratorio causa di una paraparesi agli arti inferiori che si manifesta
con un eccessivo ipertono e che l’ha portata ad un ritardo motorio. Una
diagnosi più precisa le è stata fatta intorno all’undicesimo mese di vita ed il
neuropsichiatra dell’Ospedale presso cui è nata ci consigliò di iniziare subito dei
cicli di fisiokinesiterapia. Non abbiamo perso tempo, ed abbiamo iniziato il
prima possibile i trattamenti presso la nostra ASL ritornando periodicamente, a
distanza di 6 mesi ed 1 anno, presso l’Ospedale per visite di controllo e
verifica. Man mano che F.C. è cresciuta ha iniziato ad assumere la postura
eretta in modo non naturale, praticamente appoggiandosi sulle punte dei piedi
e flettendo le ginocchia. Tale modo di stare in piedi l’ha portata ad avere
grande difficoltà di equilibrio e di conseguenza l’incapacità di camminare da
sola; per F.C. il cammino era possibile solamente con l’aiuto di un adulto. Alle
varie visite di controllo i medici dicevano che dovevamo insistere con la
fisioterapia e così abbiamo fatto. F.C. cresceva ed il suo modo di camminare
anche se con lenta gradualità si modificava. Noi genitori non riuscivamo a
capire se il suo lieve progresso era dovuto alla sua naturale crescita ed
adattamento al problema, all’apporto della fisiokinesi o ad entrambe le cose.
Nel dubbio abbiamo scrupolosamente continuato ad eseguire la fisiokinesi.
Nell’estate del 2009 quando FC. aveva circa 2 anni abbiamo iniziato a notare
che nonostante il nostro impegno nel sottoporla alle 3 sedute settimanali di
fisiokinesi, non notavamo più alcun progresso, così abbiamo deciso di rivolgerci
alla dott.ssa Lucia Russi, neuropsichiatra infantile, che opera presso la
struttura Angeli di Padre Pio, la quale dopo aver visitato ed osservato FC. ci
diagnostica la chiusura dei cingoli e ci propone come soluzione di fare delle
sedute di osteopatia, oltre alla somministrazione di botulino seguita da un ciclo
intenso di fisiokinesi. Sinceramente fu la prima volta che sentivamo parlare di
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Casi clinici
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osteopatia, e non sapendo cosa fosse ci documentammo subito. Quello che
leggemmo sull’osteopatia ci riaccese una piccola speranza e chiedemmo subito
un appuntamento al dott. In osteopatia Pietro La Macchia che la stessa
dott.ssa Russi ci segnalò. Dopo i primi trattamenti iniziammo a notare dei
cambiamenti: a quel tempo FC. riusciva a camminare se tenuta per mano, in
pratica la dovevamo sostenere in tutto il suo peso, e solo così lei riusciva a
dare dei passi; ebbene dopo le prime 5 sedute FC. pur camminando sempre
sostenuta per mano da uno di noi, iniziava a sostenersi da sola in quanto era
diventata più leggera, in poche parole non si appendeva più alla mano di chi la
guidava; questa cosa non fu notata solo da noi, ma anche da altri in famiglia.
Il problema di F.C. ad oggi non è ancora completamente risolto, è però
migliorato di molto, ed a differenza di 1 anno fa oggi FC. seppur con una
postura non ancora completamente corretta (va in punta con i piedini ed ha le
ginocchia flesse) riesce comunque a camminare da sola appoggiandosi a
mobili, sedie e pareti ed ultimamente inizia a compiere brevi tratti senza
sostegni, lanciandosi nel vuoto, ad esempio quando deve attraversare il varco
di una porta, riesce a salire le scale anche se in una posizione intermedia fra
quadrupede ed eretta. E’ molto più sciolta nei movimenti e spesso tenta di
mettersi alla prova imitando i suoi coetanei o la sorellina minore da cui riceve
numerosi stimoli. Anche al parco giochi è in grado di salire i gradini dello
scivolo e di posizionarsi seduta per scivolare; il tutto da sola. Le prime volte
che saliva sull’altalena aveva paura e rimaneva seduta in una postura molto
chiusa anche a livello di spalle; ora invece è molto più sicura ed assume una
postura molto più morbida. E’ in grado di scendere da sola da una sedia da
tavolo e non vuole assolutamente essere aiutata. Riesce a mettere in atto
numerose strategie per sopperire alle sue difficoltà come quando per salire su
un divano un po’ più alto prende da sola la sua sediolina, la avvicina al divano,
vi sale sopra e di lì sale sul divano senza grosse difficoltà. Insomma F.C.
Riesce ad articolare le gambe ed a fare tutti i movimenti che una persona
normale farebbe, e giocando col suo piccolo carrozzino, quindi mantenendosi,
riesce anche a camminare all’indietro. L’ultimo scoglio che ci auguriamo di
superare attraverso le sedute di osteopatia che il dott. La Macchia esegue ogni
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Casi clinici
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2 settimane è quello di rompere la triplice flessione fra piedini, ginocchia e
schiena e restituire a FC. una postura corretta ed un cammino il più naturale
possibile. Il nostro racconto si ferma qui anche perché è difficile trasmettere
per iscritto quello che si è vissuto in oltre 3 anni. In conclusione però, ed in
base a questa nostra esperienza, ci preme rivolgere un appello soprattutto ai
medici, in particolare ai primari dei reparti di neonatologia e soprattutto di
patologia neonatale in quanto sia io che mia moglie, in base alla nostra
personalissima esperienza qui sommariamente raccontata, sentiamo con
certezza che se la nostra FC. avesse ricevuto trattamenti osteopatici dal giorno
della nascita oggi saremmo qui a raccontarvi questa storia in un modo diverso
in quanto certi che FC. avrebbe superato prima e meglio questa sua
problematica perché aiutata per tempo. A tal fine speriamo che i primari della
neonatologia e della patologia neonatale vogliano raccogliere questa nostra
testimonianza e fosse solo per un mero scrupolo li invitiamo con forza a
provare a trattare i bimbi prematuri con l’osteopatia; siamo certi che
noterebbero una forte riduzione delle patologie ed in alcuni casi anche la
completa guarigione, e se avremo avuto torto, comunque non avranno fatto
nulla di male a questi piccolissimi bimbi speciali. Chiudiamo ringraziando
doverosamente il dott. Pietro La Macchia che in circa 1 anno di trattamenti
osteopatici si è fatto carico della nostra piccola FC. a titolo completamente
gratuito arrivando così a sostenerci con un valido aiuto laddove il nostro
Servizio Sanitario Nazionale è veramente carente.
PAZIENTE 6
Nome: R.A.
Data di nascita: 10.10.2005
Diagnosi: Spina bifida con idrocefalo derivato. Micosi della regione
balano-prepuziale.
Quadro
clinico:
vista la gravità della patologia i clinici avevano
prospettato una eventuale non deambulazione del bimbo.
A mio modesto parere quando ho visitato questo bimbo credevo di non
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Casi clinici
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potergli dare alcun risultato, probabilmente grazie a delle forze
intrinseche del sistema nervoso centrale e dello “spirito santo” questo
bimbo ad oggi ha raggiunto la facoltà deambulativa.
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Medicus
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MEDICUS
MEDICUS CURAT
NATURA SANAT
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Bibliografia
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BIBLIOGRAFIA
Tesi di Laurea
1. TRATTATO DELLE MALATTIE NERVOSE. Settima edizione 1975.
Autore:
Mario
Gozzano
(Professore
Emerito
di
Clinica
Neuropsichiatria dell’Università di Roma).
2. COME INIZIA LA VITA UMANA - Dall’uovo all’embrione.
Prima
edizione
Traduttori:
italiana
Bindo
2009.
Cozzolino,
Autore:
Claudia
Erich
Blechschmidt.
Reimüller.
Consulenza
scientifica: Dott. Vincenzo Cozzolino, D.O.
3. Il Sistema Trigeminale: la Facilitazione. Prima edizione 2007.
Autori: Cattaneo Ruggero, Monaco Annalisa.
4. Le opere di Viola M. Frymann, DO. L’osteopatia rivolta ai
bambini. Prima edizione italiana 2009. Autore: M. Frymann, D.O.
(Presentato
dalla
American
Academy
of
Osteopathy
in
riconoscimento alla carriera ultracinquantennale della Dottoressa
Frymann nella professione osteopatia). Traduzione a cura di Silvia
Tuscano. Consulenza scientifica: Tiziana Patricelli, D.O. e Dott.
Vincenzo Cozzolino, D.O.
5. Anatomia del SISTEMA NERVOSO centrale e periferico
dell’uomo.
Seconda
edizione
1989.
Autore:
Luigi
Cattaneo
(Professore di Anatomia Umana Normale nell’Università di Pavia).
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Ringraziamenti
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Ringraziamenti
In primo luogo, esprimo riconoscenza alla Dott.ssa Lucia Russi, per aver subito
sposato questa nobile “causa” e per aver acconsentito la realizazione di questo
progetto anche se in parte e non di certo per sua colpa
Di questo progetto ne avevamo già parlato precedentemente ed informato gli
esponenti di “rilievo” della Fondazione San Pio di San Giovanni Rotondo.
Esprimo riconoscenza alla Università dell’Aquila nelle persone del Rettore,
Preside, Coordinatore e Docenti tutti per aver istituito un Master di Osteopatia.
Esprimo sinceri ringraziamenti al Dott. Pio Mischitelli e al Dott. Nicola Scarale
che per un breve periodo mi hanno dato la possibilità di frequentare il Centro
di Riabilitazione “Gli Angeli di Padre Pio”, per il loro sostegno nella raccolta dei
dati di questo lavoro.
Non posso non ringraziare in maniera particolare i genitori dei bimbi che hanno
creduto sia in me che nell’osteopatia, perché senza il loro contributo non
sarebbe stato possibile l’elaborazione di questo piccolo lavoro.
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL`AQUILA