“STARE BENE A SCUOLA” Dal disagio al successo scolastico di Sara Maestrini Istituto Comprensivo di Mozzo Scuola Secondaria di 1°grado “Pietro Brolis” Anno scolastico 2008 / 2009 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 INDICE PREMESSA ............................................................................................ 4 PRIMA PARTE ........................................................................................ 5 1. Definizione di disagio scolastico .................................................... 6 2. Le cause del disagio scolastico ..................................................... 9 2.a. Il rapporto con gli insegnanti ................................................ 9 2.b. Il rapporto con i compagni ................................................. 11 2.c. Le difficoltà di apprendimento ............................................ 12 3. Strategie di intervento .................................................................. 14 3.a. Strategie motivazionali....................................................... 14 3.b. Strategie comunicative ...................................................... 20 SECONDA PARTE................................................................................ 25 1. Il questionario motivazionale ....................................................... 26 1.a. Risultati questionario ......................................................... 30 1 b. Conclusioni ........................................................................ 42 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 43 SITOGRAFIA ......................................................................................... 44 2 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 “Ogni bambino l’ha dentro di sé: è la gioia della scoperta, la spinta che lo fa giocare, chiedere, toccare e guardare ogni cosa. Compito dell’insegnante è trasformare questa “luce” nel piacere di imparare. `tÜ|É _Éw| 3 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 PREMESSA Questo lavoro è stato realizzato, prendendo spunto da un corso di aggiornamento che ho frequentato durante quest’anno scolastico: “Stare bene a scuola, l’importanza dell’inclusività per gli alunni diversamente abili”. Partendo da questo tema ho quindi ampliato il concetto dello star bene a scuola estendendolo a tutti gli alunni, partendo dall’analisi di un fenomeno ormai diffuso, quello del disagio scolastico; ho analizzato le sue possibili cause e le diverse strategie da attuare per evitare la sofferenza scolastica. L’intento di questo lavoro è soprattutto quello di riflettere sull’importanza della motivazione, affinché ogni alunno possa raggiungere un proprio successo scolastico, secondo un proprio percorso personale che gli permetta di diventare un uomo sicuro e realizzato. 4 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 PRIMA PARTE 5 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 1. Definizione di disagio scolastico L’esperienza scolastica riveste un ruolo importante per il processo di crescita della persona e nella maggior parte dei casi la accompagna dall’infanzia alla tarda adolescenza, richiedendo un investimento emotivo e un dispendio di energie continuato nel tempo. La scuola pone, prima al bambino e poi all’adolescente, una serie di compiti di sviluppo, il cui superamento positivo viene considerato importante sul piano individuale e sociale. L’acquisizione delle competenze scolastiche rappresenta una sfida cognitiva e motivazionale impegnativa che la persona si trova ad affrontare nel proprio processo di crescita. Infatti per la maggior parte degli adolescenti, la scuola si configura come un contesto importante, in cui esperire il successo, cogliere diverse opportunità di crescita e vivere esperienze soddisfacenti. Gli anni della piena adolescenza si dimostrano in realtà cruciali per l’esperienza scolastica, profondamente sul la quale processo di è in grado costruzione di incidere dell’identità dell’individuo. Per gli adolescenti costruire un’immagine positiva di se stessi, intesa come insieme di informazioni significative, ricevute dagli altri e contemporaneamente costruite da se stesso, rappresenta un obiettivo importante. Solo in questo modo la persona si convince di poter interagire positivamente con l’ambiente sociale in cui vive e riconosce di possedere delle qualità socialmente valorizzate, che gli permettono di intervenire nei rapporti con le persone e con gli eventi. 6 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 In questi ultimi anni è emerso con sempre maggiore evidenza un fenomeno diffuso di disagio che attraversa la scuola di ogni ordine e grado. La letteratura scientifica, sia di tipo pedagogico che psicologico, dimostra come il concetto ricorrente di “disagio scolastico” sia estremamente complesso e ricco di sfumature: esso si riferisce ad una vasta gamma di problematiche. Per non confonderlo quindi con altri fenomeni ad esso strettamente correlati, quali quelli del “disadattamento” e della “devianza”, è necessario ricavarne una definizione precisa. Questi tre concetti “disagio”, “disadattamento” e “devianza” spesso vengono impiegati come sinonimi, tuttavia dovrebbero essere interpretati ed utilizzati secondo una successione di crescente problematicità, da un più o meno accentuato malessere dell’individuo, ad un dichiarato conflitto sociale. La nozione di disagio appare come un concetto estremamente ampio, a cui si associa una vasta gamma di comportamenti d gravità variabile. Stabilire quale sia il confine tra normalità e patologia nei vissuti di disagio è un compito estremamente difficile. Spesso per gli studenti i disagio equivale ad una spirale progressiva, che va da un malessere psicologico nei confronti della propria esperienza scolastica, ad una difficoltà evidente nel realizzare i propri obiettivi formativi, alla bocciatura, fino all’abbandono ed alla dispersione. Volendo definire il disagio, si può affermare, seguendo Petruccelli, che “il disagio scolastico è uno stato emotivo non correlato significativamente a disturbi di tipo psicopatologico, linguistico o cognitivo, ma che si manifesta attraverso una serie di comportamenti di rifiuto delle attività scolastiche, tali da impedire l’utilizzo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali”. 7 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 Secondo Baldaro Verde il disagio scolastico va considerato come un fenomeno specifico, che nasce dall’incontro del ragazzo con la scuola, dal processo dialettico fra le richieste dell’istituzione scolastica e la risposta dell’alunno. La scuola nella sua proposta educativa presenta progressivamente degli ostacoli agli alunni, il cui superamento rappresenta un fattore di crescita, definito “frustrazione ottimale”. Quando però gli alunni non riescono a superare gli ostacoli che la vita mette loro davanti, per cause intrinseche (incerto senso di autostima, mancanza di volontà, scarso interesse etc.) o estrinseche (contesto socioculturale, contesto scolastico etc.), si assiste al fenomeno dell’insuccesso: ciò comporta il rifiuto di contenuti e modalità delle proposte didattiche ed educative e spesso la scuola diventa luogo di esperienze cariche di pesanti tensioni. 8 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 2. Le cause del disagio scolastico I fattori che determinano il disagio sono diversi e tutti mutuamente dipendenti: essi investono le dinamiche individuali, il contesto scolastico ed anche il contesto e le dinamiche familiari. In questo lavoro verranno approfondite le cause strettamente collegate all’ambiente scolastico, quindi: Rapporto con gli insegnanti Rapporto con i compagni Difficoltà di apprendimento 2.a. Il rapporto con gli insegnanti Il rapporto che l’adolescente stabilisce con i propri insegnanti è fra le variabili che hanno più peso all’interno della scuola. In genere il rapporto con loro è piuttosto ambivalente: può accadere che l’alunno viva momenti di ribellione, per cui determinati suggerimenti, offerti da un referente considerato negativamente, possono suscitare il desiderio di sfida e quindi indurre a comportamenti che realizzano bisogni di protagonismo che non trovano possibilità di essere tradotti in comportamenti pro – sociali (Masoni,1998). In tal caso la figura del docente viene vissuta come rigida e persecutoria, che non consente un’apertura relazionale in nessun senso. Le difficoltà personali, dello studente, non suscitano reazioni empatiche, comprensione e capacità di identificazione, ma spesso antipatia, almeno in base a quelli che sono i vissuti degli alunni, cioè una contrapposizione che irrigidisce le reciproche posizioni in una stereotipia di ruoli (Maggiolini, 1994). 9 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 La figura autoritaria del docente è vissuta come indiscussa e indiscutibile ed è legata all’interpretazione rigida del ruolo, che ovviamente non permette alcuna apertura al rapporto. Vi è una lotta contro una tendenza interiore ad attribuire all’insegnante un potere affettivo, il potere del genitore, che esprime un modello interno autoritario, forse modellato sulla figura dei genitori dell’infanzia, o del loro comportamento attuale e trasferito sugli insegnanti. Nell’infanzia l’attribuzione di valore affettivo, di autorità e di potere agli adulti deriva dalla relazione di subordinazione che accompagna il rapporto tra bambini e adulti. Vi è una sorta di transfer naturale di valore affettivo e di funzioni di tipo genitoriale dall’allievo-bambino all’insegnante. Durante l’adolescenza non sembra andare nello stesso modo; i ragazzi tendono infatti a mettere in discussione il ruolo dell’autorità: non basta più essere adulti per avere carisma. Centrale è la personalità del docente, le sue effettive capacità, la sua preparazione, ma anche le sue doti umane ed etiche (Triani P.) La relazione educativa a scuola richiede all’insegnante un “esserci”, per chiarificare, sostenere, spronare, per far sentire una vicinanza. Esserci stando attenti allo stile educativo, che se troppo autoritario o svalutante porta l’alunno ad avere un atteggiamento di opposizione, di chiusura, di difesa. L’educatore attraverso relazioni dovrebbe che agire creino in un modo incoraggiante, clima positivo per l’apprendimento. Un altro aspetto importante è la capacità di empatia del docente, che deve provare a mettersi nei panni dell’alunno, senza aggredirlo o offenderlo. Laura Boella in “Sentire l’altro” dice che senza empatia non c’è rapporto e spesso non c’è motivazione; nell’apprendimento incide molto la dimensione emotiva oltre che quella cognitiva ed è per questo che si deve aver cura dell’umano che c’è negli alunni. Stigmatizzare il 10 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 comportamento di un allievo davanti al gruppo classe vuol dire attribuirgli un ruolo negativo, svalutarlo in pubblico, metterlo al centro di un’attenzione non piacevole. Quando un allievo sente un giudizio non tanto sul suo comportamento, ma sulla sua persona può portarsi dentro a lungo una sensazione di sofferenza legata alla scuola. Non ascoltare, svalutare, deridere, aggredire, umiliare, non aiuta, anzi fa soffrire; l’insegnante deve essere incoraggiante, attraverso un ascolto efficace, un’accettazione, uno stimolo, una valorizzazione delle risorse di ogni singolo alunno. 2.b. Il rapporto con i compagni L’ambiente viene percepito, riconosciuto e ricordato come fonte di gratificazioni e nello stesso tempo come grosso ostacolo fra la propria persona e gli oggetti di soddisfazione. Nell’ambito scolastico, in particolare viene vissuto come limite dato dalla presenza di altri, i quali mentre da un lato soddisfano la motivazione alla socialità, dall’altro possono risultare frustranti, in quanto in competizione per il raggiungimento di oggetti di soddisfazione (Bonaiuto, 1976). La dipendenza dal gruppo e il bisogno di esservi accettato, l’identificazione con un gruppo o con un leader, l’assunzione di relative norme sono tratti tipici del fanciullo e tendono all’incremento fino alla preadolescenza; con l’inizio della quale, la motivazione alla socialità diventa più marcata. Da un punto di vista relazionale gli individui sentono la necessità di stare con gli altri fin dalla più tenera età: il bambino infatti sente la necessità di aggregarsi con altri bambini e ciò è ancora più visibile con bambini più grandi, adolescenti. 11 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 I rapporti con gli altri studenti appaiono complessivamente meno cruciali nella determinazione del disagio, anche perché vi è maggiore facoltà di scelta e di aggregazione rispetto ad un gruppo di coetanei. Diversi studi condotti su ragazzi adolescenti, a cui sono stati somministrati questionari sulle relazioni, indicano come la natura positiva dei rapporti con i coetanei aumenti l’autostima, contribuisca a sentirsi bene a livello sociale e aumenti l’ottimismo riguardo al futuro. I rapporti con gli amici proteggono dal senso di alienazione, dalla depressione e dalla tristezza. Sembra inoltre che chi tende ad avere molta amici, mostri più stabilità, sensibilità e sicurezza in se stessi, rispetto a coloro che hanno nessuno o pochi amici. 2.c. Le difficoltà di apprendimento Infine vanno tenute in conto le dinamiche psicologiche interne dei ragazzi. Molti studi hanno dimostrato come il disagio e l’abbandono siano molto frequenti nei bambini che nei primi anni di scuola elementare hanno manifestato un disturbo specifico di apprendimento. Difficoltà a volte molto specifiche (ad esempio alterazioni del linguaggio, della lettura, della scrittura o del calcolo) possono creare una serie di frustrazioni che modificano complessivamente il rendimento nei diversi ambiti dell’apprendimento, creando nel bambino profonda demotivazione e sfiducia globale nelle proprie capacità. La dinamica dell’autostima, determinata dal difficile equilibrio fra gratificazioni e frustrazioni, è fondamentale per tutti i ragazzi. Soprattutto in soggetti motivati al successo, le ferite inferte all’autostima da richieste superiori alle capacità personali caricano di ansia il vissuto scolastico e attivano un processo difensivo di disinvestimento, difficilmente reversibile. 12 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 Di fronte al superamento degli ostacoli che la scuola presenta loro, gli alunni si trovano spesso di fronte a frustrazioni che possono rappresentare un fattore di crescita, ma se la difficoltà del compito è superiore alle capacità individuali dell’alunno, ne risente il rendimento scolastico. Molti sono gli studi effettuati sull’effetto della frustrazione dovuta a compiti difficili sul rendimento e tutti hanno dimostrato che vi sono effetti negativi sul rendimento anche su prove successive e anche se di minore difficoltà (Baldaro Verde, 1989). Questo fenomeno si nota molto negli studenti meno brillanti e in quelli più motivati. Quando infatti la situazione viene percepita in termini di sfida, i soggetti motivati al successo tendono a riparare alla ferita inferta all’autostima, anche se questo bisogno è spesso caricato di ansia per un eventuale insuccesso ripetuto. Di qui la catena negativa che porta, in casi estremi, all’abbandono dello studio e alla rinuncia all’impegno. La demotivazione scolastica non è altro che il sintomo di un sé scoraggiato; sembra infatti che quanto più gli studenti sperimentano di poter gestire le situazioni scolastiche sentendosi in grado di relazionarsi ad esse con autodeterminazione e competenza, tanto meno si sviluppano forme di disaffezione e demotivazione. Gli studenti che considerano la scuola come una causa persa, si sentono incapaci di prendere parte costruttivamente alla vita scolastica ed essendo convinti della loro inadeguatezza, assumono, per lo più inconsapevolmente, dei comportamenti che producono insuccessi e che contribuiscono ad alimentare aspettative pessimistiche nei loro confronti, così da creare un circolo vizioso di negatività. Compito degli educatori è di non entrare in collisione con tali meccanismi disfunzionali, ma di 13 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 ricercare un approccio diverso, pianificando azioni formative più complesse e comprensive delle diverse dimensioni evolutive. Partendo dall’ipotesi che gli allievi demotivati sono innanzitutto ragazzi scoraggiati, che soffrono di bassa autostima, l’agire educativo degli insegnanti dovrà indirizzarsi, essenzialmente, al potenziamento delle funzioni di controllo, così da restituire loro la necessaria fiducia di cui hanno bisogno. 3. Strategie di intervento Promuovere una formazione in cui l’alunno è protagonista significa eliminare o ridurre la componente di stress che si accompagna ai momenti di transizione da un grado di scuola ad un altro e che può costituire, per la grande quantità di compiti evolutivi che l’adolescente deve compiere, un fattore concorrente di rischio per l’autostima e la sicurezza (Maggiolini, 1994). Nell’insuccesso scolastico si intravede una delusione per il mancato rapporto fra aspirazioni personali e risultati, tra l’ideale sognato e la realtà dei fatti. Il termine insuccesso include difficoltà generiche con la scuola, perché coinvolge diversi soggetti, quali lo studente, la famiglia, la scuola e la società. Diverse sono le strategie d’intervento realizzate per combattere il fenomeno del disagio scolastico; la cosa migliore è dividerle in strategie motivazionali e strategie comunicative. 3.a. Strategie motivazionali Nel 1999 Pietro Romei, parlando di disagio scolastico, mise l’accento sul carattere scarsamente motivante della scuola odierna. L’esperienza scolastica, secondo Romei, per quanto abbia un ruolo centrale per la 14 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 crescita di ogni individuo, non è accompagnata da quella motivazione ad apprendere che spingerebbe gli adolescenti ad investire le loro energie intellettuali in un percorso formativo intenzionale. Per intervenire sul disagio scolastico, è quindi molto utile focalizzare la nostra attenzione sull’aspetto motivazionale. La motivazione può essere definita a partire dalla sua origine etimologica, la parola “motivazione” deriva dal latino motus, che significa movimento verso qualcosa, si potrebbe quindi spiegare come fattore dinamico del comportamento che attiva e dirige un organismo verso una meta. Tra i costrutti motivazionali occorre notare una prima distinzione, quella tra motivazioni primarie e secondarie: motivazioni quali la curiosità e l’autodeterminazione, emergono precocemente ed hanno origine interiore, sono intese come espressione di un bisogno; premi ed elogi invece sono motivazioni estrinseche, esterne rispetto all’attività oggetto di motivazione. Esistono poi motivazioni originate dalle credenze, dalle convinzioni, dalle esperienze pregresse del soggetto, dalla percezione della propria abilità, dall’interpretazione dei successi e degli insuccessi. Sostenere la motivazione rappresenta uno dei compiti fondamentali dell’attività di un docente, nonché una strategia di intervento per la prevenzione del disagio scolastico. Soltanto stimolando la motivazione all’apprendimento infatti, il docente può trasmettere le conoscenze, insegnare competenze e potenziare le capacità personali degli allievi. Una prospettiva educativa che si rapporti con la complessità dei fenomeni connessi al disagio e che ambisca dialogare con le giovani generazioni, deve agire sulla motivazione. Le strategie motivazionali sono molteplici e vanno dal rafforzamento della motivazione estrinseca, alla scelta di strategie didattiche personalizzate per rafforzare la motivazione intrinseca, all’intervento teso al rafforzamento del senso di auto-efficacia, in una prospettiva che si 15 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 focalizza “sull’intreccio di fattori cognitivi, affettivi e motivazionali che costituiscono l’orientamento motivazionale dell’individuo. Il progetto educativo, deve creare le condizioni affinché ogni soggetto possa esprimere la propria singolarità ed autonomia e possa attribuire significatività al proprio apprendimento. Vi sono tre bisogni innati: di competenza, di legame affettivo con gli altri, di autonomia. Questi bisogni specificano la condizioni contestuali che favoriscono la motivazione: cioè l’individuo è tanto più motivato quanto più il contesto sociale in cui si trova gli dà l’opportunità di soddisfare questi bisogni fondamentali” (Boscolo, 1997). Il docente deve perciò trasmettere allo studente che l’ambiente in cui sta lavorando è completamente sicuro, soprattutto dal punto di vista psicologico, deve far intuire allo studente, soprattutto quello che vive una condizione di svantaggio e/o disagio, che si ha una considerazione positiva verso la sua persona; deve quindi predisporre le esperienze in modo tale che gli alunni possano raggiungere un certo livello di autostima, necessario per far sviluppare loro delle aspirazioni conoscitive e formative. Questo approccio riflette la convinzione rogersiana che ogni soggetto abbia in sé delle qualità da valorizzare e stimolare e che ogni studente sia motivato ad apprendere e che è proprio la motivazione interiore che deve essere attentamente stimolata e coltivata, sul suo consolidamento il docente deve investire risorse culturali ed energie personali. Alcune metodologie didattiche che possono promuovere l’apprendimento basandosi su una incentivazione della motivazione interiore sono, ad esempio, la presentazione di argomenti che rispondano ai reali interessi degli alunni, come pure l’invito ad applicarsi in percorsi di ricerca che soddisfino le loro curiosità. Condurre l’insegnamento facendo riferimento alle motivazioni, permette che l’alunno si applichi con 16 Istituto Comprensivo - Mozzo interesse al lavoro Anno scolastico 2008/2009 scolastico, ottenendo maggiori successi nell’apprendimento. La partecipazione dell’alunno diventa in tal modo un elemento centrale nella costruzione del sapere, nella condivisione e nella trasmissione delle conoscenze. Tra le strategie motivazionali finalizzate alla prevenzione e alla risoluzione del disagio scolastico, un ruolo di primaria importanza ricoprono tutte quelle proposte operative di cui gli insegnanti si possono avvalere per migliorare negli studenti il senso di autoefficacia (selfefficacy); “esso è un costrutto cognitivo che rappresenta le convinzioni degli individui sulla loro capacità di eseguire compiti a un certo livello”; esso influenza la scelta delle attività, lo sforzo che l’allievo spende in un compito e la sua prestazione. Gli individui con alto senso di efficacia sono più disposti a partecipare alle iniziative, lavorano con più impegno, persistono più a lungo nei compiti e hanno meno reazioni negative quando incontrano difficoltà” (Boscolo, 2006). L’immagine che ognuno di noi ha di sé è estremamente importante ai fini della motivazione ad apprendere; la valutazione delle nostre capacità influenza lo svolgersi delle nostre azioni e delle nostre scelte future. Non è pertanto affatto secondario quale sia il livello di autoefficacia che accompagna le azioni degli studenti: più è basso, meno lo studente sarà stimolato ad affrontare compiti impegnativi e difficili, convinto di un sicuro fallimento. Dobbiamo tuttavia ricordare che il concetto di autoefficacia è intrinsecamente relazionale, ossia si costruisce sull’immagine di sé che dall’esterno viene rinviata al soggetto. L’immagine negativa offerta dall’esterno genera un profondo senso di insicurezza che paralizza tutte le qualità positive dell’alunno, impedendogli di mettersi alla prova. Lo sguardo altrui ricopre quindi dei significati fondamentali rispetto alla nostra progettualità esistenziale. Il 17 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 problema dell’altro che ci guarda, ci giudica e ci valuta, rinvia alla dimensione più originariamente relazionale del nostro essere e ci rende sempre bisognosi di un riconoscimento che ci gratifichi. Potenziamento delle funzioni di controllo Partendo dall’ipotesi che gli allievi demotivati sono innanzitutto ragazzi scoraggiati, che soffrono di bassa autostima, l’agire educativo degli insegnanti dovrà indirizzarsi, essenzialmente, al potenziamento delle funzioni di controllo, così da restituire loro la necessaria fiducia di cui hanno bisogno. Pertanto potenziare le funzioni di controllo negli allievi vuole dire curare le componenti personali e contestuali affinché questi possano sperimentare le situazioni della vita scolastica come superabili, o quanto meno gestibili, senza esserne sopraffatti. In tal senso l’incremento delle funzioni di controllo e conseguentemente il recupero della fiducia e dell’autostima dell’allievo demotivato, costituiscono le mete dell’agire educativo. Secondo la psicopedagogia dell’incoraggiamento i principi ispiratori dell’azione educativa sono fondamentalmente cinque: attivare, comprendere, sottolineare il positivo, ridimensionare e responsabilizzare. In base al principio dell’attivare l’insegnante dovrebbe promuovere le attività scolastiche facendo leva sulle motivazioni interne degli allievi (interesse curiosità etc.), limitando il ricorso a quelle esterne (ricompense sociali e materiali) e guidare gli allievi a sentirsi attivamente partecipi. Il principio del comprendere sta a sottolineare che l’attivazione delle risorse negli allievi non può prescindere da un’accurata lettura della situazione scolastica concreta alla quale questi devono fare fronte. Tale principio pone in luce l’importanza di considerare le situazioni scolastiche così come vissute dagli allievi per poi aiutare questi ultimi a guardarle 18 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 nella loro oggettività. Ciò al fine di renderli più capaci di controllare e gestire le situazioni stesse. Il principio del sottolineare il positivo evidenzia il valore, in educazione, di apprezzare gli elementi di positività, anziché combattere quelli di negatività. L’insegnante che segue tale principio preferisce riconoscere gli sforzi e i tentativi degli allievi nel conseguimento delle mete desiderate piuttosto che rilevare le loro manchevolezze o insuccessi. L’apprezzamento dello sforzo e dell’impegno posti incrementa la fiducia negli allievi circa la possibilità di controllare le situazioni scolastiche. Il principio del ridimensionare consiste nello sdrammatizzare esperienze di insuccesso e percezioni negative o persino catastrofiche di situazioni scolastiche sperimentate come ansiose. L’applicazione di tale principio si rivela particolarmente utile negli insuccessi ripetuti, che facilmente portano gli allievi a dubitare delle loro capacità di controllare le situazioni, inibendone ulteriori tentativi di superamento. In circostanze del genere l’insegnante può, tramite il suo supporto, far comprendere agli allievi le cause dell’insuccesso: interne (per es. concentrazione, impegno) ed esterne (struttura del compito, grado di difficoltà), aiutando loro a trovare elementi che inducano a sperare in nuovi tentativi. Il principio del responsabilizzare, infine, rivela l’importanza del rendere gli allievi artefici delle situazioni scolastiche che incontrano e di riconoscerli meritevoli dei loro successi. L’aiuto dell’insegnante in questa direzione si configura nel rendere gli alunni coscienti delle situazioni da affrontare, così che gli allievi possano valutarne il carattere di obbligo, di necessità, di opportunità e stimare le loro possibilità di gestione. 19 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 Altro aspetto importante del principio di responsabilizzazione è quello di riconoscere agli allievi i meriti dei loro successi, riconoscimento che ne incrementa l’impegno e il senso di fiducia nei propri mezzi. I principi che qui sono stati analizzati rappresentano i criteri ispiratori dell’agire educativo dell’insegnante. Bisogna comunque ricordare che il recupero della motivazione in ragazzi scolasticamente in difficoltà si presenta come un compito estremamente complesso. La preparazione accademica, il buon senso e la propria stabilità emotiva si rivelano spesso insufficienti a garantire la possibilità di intervenire con successo nei confronti di quei ragazzi che perpetuano forme consistenti di disaffezione. La speranza comunque è che per molti ragazzi, a lungo termine l’esperienza di sentirsi valutati, incoraggiati, stimati e coinvolti da adulti che hanno comunicato fiducia e positività non resti priva di conseguenze. 3.b. Strategie comunicative La comunicazione è un fenomeno importantissimo, la conoscenza e padronanza di un o stile comunicativo efficace è essenziale per la creazione di rapporti di relazione e socializzazione e risulta indispensabile in un ambiente come quello scolastico. Lo stile comunicativo usato in ambito scolastico può facilitare o ostacolare il processo di insegnamentoapprendimento e si rivela quindi di estrema importanza per l’insegnante e i suoi rapporti con gli studenti. Molti studi in ambito psicologico e pedagogico hanno evidenziato che esistono molteplici fattori che possono agevolare o meno la relazione adulto-ragazzo, condizionando anche i processi di apprendimento. Petrucelli propone il counseling (rapporto di consulenza), come metodologia comunicativa in grado di stimolare lo studente e di 20 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 migliorarne il rendimento. Il counseling si basa su tre principi chiave dell’accettazione, dell’ascolto attivo e dell’empatia. Per accettazione Rogers intende la capacità di accettare i sentimenti dell’altro senza sentire il bisogno di valutarli; essa ha come finalità la facilitazione di una comunicazione spontanea, che può verificarsi solo a condizione che si abbandoni lo stile valutativo usando un ascolto attivo, realmente empatico; soltanto l’empatia permette una vera comprensione dell’altro. Spesso ascoltiamo gli altri pensando di comprendere ciò che viene detto, ma facilmente interpretiamo, proiettando i nostri significati sulla situazione e sulle parole dell’altro. La capacità di ascolto attivo, trasforma la figura del docente, che si pone come obiettivo quello di facilitare gli allievi a chiarirsi cognitivamente ed emotivamente, mettendoli in condizione di affrontare con più consapevolezza le diverse situazioni. La peer education (educazioni fra pari), è ben nota a livello internazionale nell’ambito educativo ed indica una comunicazione fra coetanei che instaurano un rapporto di educazione reciproca. Essa può quindi essere intesa come una strategia didattica, un metodo educativo: alcuni membri del gruppo classe, particolarmente motivati, vengono formati per svolgere il ruolo di tutor nei confronti degli altri compagni; questi studenti, dopo aver partecipato ad incontri tenuti da esperti, diverranno leader rispetto ad un certo compito o a certi argomenti e condivideranno le loro nuove conoscenze con il proprio gruppo di riferimento. L’educazione fra pari è un percorso formativo volto a fornire specifiche competenze e a produrre un patrimonio di conoscenze che viene poi condiviso nel gruppo dei pari. Questo metodo si basa sulla centralità della relazione con i compagni nello sviluppo psicosociale: tramite il gruppo dei pari l’alunno sperimenta nuovi ruoli sociali, acquisisce le norme e i valori di riferimento e trova un sostegno per rafforzare l’autostima. “E’ ormai pienamente riconosciuta l’importanza che 21 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 il gruppo dei pari riveste nella costruzione dell’identità degli adolescenti.” (Nocchi e Pecchioli, 2002), Se durante l’infanzia le relazioni più significative sono quelle di tipo “verticale”, intessute con le figure genitoriali, durante l’adolescenza aumenta il bisogno di relazioni “orizzontali”, che si esprimono con la nascita di legami di amicizia preferenziale con i coetanei, con la creazione di stretti contatti con il gruppo spontaneo degli amici o con quello istituzionale dei compagni di classe, di squadra etc. Il punto di partenza su cui si fonda la metodologia della peer education è la convinzione che il gruppo dei pari possa offrire un’educazione “dal basso” e debba quindi essere stimolato dalla scuola che lo accoglie, per utilizzarne al meglio la grande risorsa educativa. La peer education è quindi un progetto finalizzato a promuovere una relazione formativa tra gli studenti, una strategia educativa volta ad attivare un processo di trasmissione di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri soggetti di pari status. Tra le metodologie di intervento volte a rafforzare la fiducia in se stessi e a prevenire forme più o meno accentuate di disagio, alcuni studiosi pongono le esperienze di Tutoring (insegnamento reciproco), che sostituiscono l’informale relazione educativa fra compagni, con interventi più formalizzati e strutturati; si intende un approccio più complesso e articolato che implica un’organizzazione precisa e strutturata del lavoro da svolgere, la definizione di un obiettivo ben delimitato, l’applicazione di un attento sistema di monitoraggio e, se necessario, di valutazione delle singole esperienze. Quando si parla di tutoring si fa riferimento ad una relazione privilegiata in cui sono coinvolti due o più compagni che si definiscono rispettivamente tutor (docente, didatta) che è la persona che insegna attivamente e tutee (discente, allievo) che è la persona che riceve l’insegnamento e attraverso 22 queste figure si realizza Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 l’insegnamento reciproco. Utilizzato fra ragazzi di età diversa è un ottimo mezzo per favorire lo scambio e la crescita tra gli studenti di una stessa scuola. Il tutoring è altamente gratificante, poiché da un lato, i tutor imparano ad essere formativi nei confronti dei loro tutee e sviluppano un senso di orgoglio e di autorealizzazione e acquistano fiducia e senso di responsabilità e dall’atro il tutee vede rafforzare a propria autostima grazie all’amicizia con un ragazzo più grande. Questo metodo attivo prevede la partecipazione diretta dei ragazzi che sono chiamati ad esprimersi, a confrontarsi con i coetanei e a discutere insieme i problemi. La durata del progetto di tutoring solitamente è a breve termine e va da sei settimane ad un massimo di dodici, con incontri della durata di circa 20 minuti ciascuno. Il mentoring (sostegno dell’educatore) è una strategia di intervento che nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta. Esso è un particolare tipo di relazione nella quale una persona, in genere adulta con abilità e competenze, il mentor, mette un ragazzo, il mentee, nelle condizioni di sviluppare le proprie abilità e competenze. Esso rappresenta una relazione personale stretta, è un’alleanza, un contratto speciale che richiede una partecipazione reciproca. I compiti del mentor sono quelli di consigliare, preparare, insegnare e dare esempi di comportamenti orientati al raggiungimento di un obiettivo. Egli aiuta il mentee a trasformare le proprie esperienze di vita in occasioni di apprendimento, ad incrementare le abilità richieste dalla scuola. La relazione del mentoring prevede una fase iniziale che ha l’obiettivo di costruire la fiducia, sviluppare le capacità comunicative; una fase di sedimentazione, in cui si avvertono sentimenti di amicizia reciproca, empatia e apertura di sé; una fase di cambiamento in cui il mentee 23 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 acquista autonomia ed indipendenza. Il mentoring, una volta instaurato, dura per l’intero l’anno e talvolta anche per quelli successi. Un’ulteriore metodologia di intervento, non ultima in ordine di importanza è rappresentata dall’orientamento formativo, il quale offre agli studenti gli strumenti necessari per muoversi dentro una rete complessa di relazioni e di esperienze, dando loro la possibilità di selezionare le informazioni per attuare processi di scelta e di decisione autonomi e consapevoli. Fare dell’orientamento una metodologia di intervento significa riconoscere la centralità del soggetto in apprendimento e lavorare per sostenere il soddisfacimento dei suoi bisogni, il raggiungimento del successo scolastico, l’inserimento nel mondo del lavoro. L’azione orientativa promuove l’abilità di scegliere in modo autonomo e responsabile, tenendo conto delle aspirazioni, delle opportunità di studio e formazione; punta sulla rimotivazione ad apprendere e sul reinserimento di studenti disagiati, nei contesti scolastici e lavorativi. 24 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 SECONDA PARTE 25 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 1. Il questionario motivazionale In questa parte pratica ho pensato di somministrare un questionario motivazionale sia ai miei alunni che frequentano la seconda media in questo istituto, che agli studenti delle altre due seconde, per avere un campione della stessa età e per poter rilevare un’ eventuale situazione di disagio presente negli allievi. Ho preso spunto da un questionario formulato dall’Istituto Comprensivo “Principe di Napoli” di Augusta (Sr) che lo ha rivolto agli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di 1° grado. I risultati di questo questionario potranno dare un’idea della qualità del vissuto scolastico da parte degli alunni e potrebbero servire a noi docenti per migliorare l’ambiente scolastico. 26 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 Questionario Motivazionale “Stare bene a scuola” 1. Come stai a scuola? a. Bene b. Abbastanza c. Poco bene bene 2. Se stai bene, cosa fai per stare bene a scuola? a. Curo i rapporti con i miei compagni b. Non mi lascio coinvolgere da comportamenti non corrispondenti alla convivenza scolastica c. Faccio il mio dovere di studente 3. Incontri qualche difficoltà a scuola? a. 4. a. Sì b. Se sì, quali? Scarso rendimento scolastico b. No Rapporti con un insegnante 27 c. Rapporti con più insegnanti d. Rapporti con un compagno e. Rapporti con più compagni Istituto Comprensivo - Mozzo 5. Anno scolastico 2008/2009 Nel caso incontri difficoltà nello studio pensi che le cause siano attribuibili a: a. Lacune nella preparazione di base b. Argomenti di studio troppo difficili c. Mancanza di un adeguato metodo f. insegnanti g. Scarso impegno e. Spiegazioni poco chiare 6. Altro (per es.:confusione in classe, problemi familiari, di studio d. Scarso dialogo con gli …) _____________________ Nel caso incontri difficoltà con i compagni pensi che le cause siano attribuibili a: a. Pochi momenti di socializzazione b. Rivalità e competizione eccessiva d. dei compagni e. c. Comportamenti aggressivi Comportamenti aggressivi da parte Comportamenti di chiusura dei compagni mia f. Comportamenti di chiusura da parte mia 28 Istituto Comprensivo - Mozzo 7. Anno scolastico 2008/2009 Nel caso incontri difficoltà con gli insegnanti pensi che le cause siano attribuibili a: a. Sono severi ed esigenti b. Danno troppi compiti d. chiare e. c. Alcuni non mi capiscono 8. Gli Le spiegazioni non sono insegnanti La maggior parte non mi capisce sono soddisfatti del tuo comportamento? a. 9. Sì b. No Gli insegnanti sono soddisfatti del tuo rendimento scolastico? a. 10. a. 12. b. No Frequenti o hai frequentato delle attività pomeridiane? a. 11. Sì Sì b. No Se sì, sei contento di quelle a cui hai partecipato? Molto b. c. Abbastanza Poco Complessivamente sei soddisfatto della scuola che stai frequentando? a. Sì b. 29 No 1.a. Risultati questionario 1. Come stai a scuola? 5% 40% Bene 55% Abbastanza bene Poco bene 30 2. Se stai bene, cosa fai per stare bene a scuola? 60% 50% 50% 40% 37% 30% 20% 13% 10% 0% Curo i rapporti con i miei compagni Non mi lascio coinvolgere da comportamenti non corrrispondenti alla convivenza scolastica 31 Faccio il mio dovere di studente 3. Incontri qualche difficoltà a scuola? 35% Sì 65% 32 No 4. Se si, quali? 40% 36% 35% 30% 29% 25% 20% 16% 15% 13% 10% 7% 5% 0% Scarso rendimento scolastico Rapporti con un insegnante Rapporti con più insegnanti 33 Rapporti con un compagno Rapporti con più compagni 5. Nel caso incontri difficoltà nello studio pensi che le cause siano attribuibili a: 30% 24% 25% 20% 19% 15% 15% 15% 13% 10% 8% 5% 5% 1% 0% Lacune nella preparazione di base Argomenti di studio troppo difficili Mancanza di un Scarso impegno adeguato metodo di studio Spiegazioni poco Scarso dialogo chiare con gli insegnanti 34 Altro (per es. confusione in classe, problemi familiari…) Non ha risposto 6. Nel caso incontri difficoltà con i compagni pensi che le cause siano attribuibili a: 35% 29% 30% 26% 25% 20% 16% 15% 12% 9% 10% 7% 5% 1% 0% Pochi momenti di socializzazione Rivalità e competizione Comportamenti eccessiva aggressivi da parte mia Comportamenti agggressivi dei compagni 35 Comportamenti di Comportamenti di chiusura dei compagni chiusura da parte mia Non ha risposto 7. Nel caso incontri difficoltà con gli insegnanti pensi che le cause siano attribuibili a: 45% 42% 40% 35% 30% 26% 25% 20% 16% 15% 10% 10% 6% 5% 0% 0% Sono severi ed esigenti Danno troppi compiti Alcuni non mi capiscono 36 Le spiegazioni non sono chiare La maggior parte non mi capisce Non ha risposto 8. Gli insegnanti sono soddisfatti del tuo comportamento? 25% Sì No 75% 37 9. Gli insegnati sono soddisfatti del tuo rendimento scolastico? 40% Sì 60% 38 No 10. Frequenti o hai frequentato delle attività pomeridiane? 6% Sì No 94% 39 11. Se si, sei contento di quelle a cui hai partecipato? 10% Molto 55% 35% Abbastanza Poco 40 12. Complessivamente sei soddisfatto della scuola che stai frequentando? 8% Sì No 92% 41 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 1 b. Conclusioni Dai risultati del questionario motivazionale è emerso che la quasi totalità degli alunni a scuola sta bene (55%) e abbastanza bene (40%). Il 65 % incontra alcune difficoltà dovute ad uno scarso rendimento scolastico (36%) e a rapporti difficili con gli insegnanti (36%) e con i compagni (29%). Il 92% degli studenti è comunque soddisfatto nel complesso della scuola che sta frequentando. La situazione nelle classi seconde risulta quindi piuttosto positiva e le difficoltà emerse verranno affrontate con strategie adeguate. Alla fine di quest’anno di formazione impegnativo ma stimolante, vorrei ringraziare il mio tutor, la prof.ssa Enza Di Natali ed i colleghi tutti per avermi affiancata con la loro professionalità e disponibilità, aiutandomi così ad inserirmi in una nuova realtà scolastica. 42 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 BIBLIOGRAFIA ♦ Petruccelli F. Psicologia del disagio scolastico, Franco-Angeli, Milano 2005. ♦ Masoni M. V. (a cura di) Ragazzi si cambia – Un progetto per la promozione del benessere nella scuola, Edizioni Unicopli, Milano 1999. ♦ Gius E. e Masoni M. V. (a cura di) Costruire il successo scolastico – Guida operativa per gli insegnanti, Utet, Torino 2000. ♦ Fontana D. Il controllo della classe – Come capire e orientare il comportamento degli alunni, Armando editore, Roma 1990. ♦ Rivista quindicinale “Scuola e didattica”, Editrice La Scuola 43 Istituto Comprensivo - Mozzo Anno scolastico 2008/2009 SITOGRAFIA ♦ www.istruzione.it ♦ www.educare.it ♦ www.psicolab.net ♦ www.lascuola.it ♦ http: // nuke.principedinapoli.it 44