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TORNATA DEL Io GIUGNO 1872
P R E S I D E N Z A DEL P R E S I D E N T E AVVOCATO G I U S E P P E B I A N C H E R L
SOMMARIO. Atti diversi. = Proposizione del deputato Del Giudice Giacomo circa Vorario delle sedute della
Camera, approvata. == Lettura di un disegno di legge del deputato Fambri per la rimessione in tempo per
godere dei vantaggi della legge 23 aprile 1865 degli ufficiali che ebbero interrotta la carriera per causa
politica. = Discussione generale del bilancio definitivo del Ministero della guerra pel 1872 — Discorso del
deputato La Marmora contro le riforme introdotte néWordinamento delVesercito, e proposta per la sospensione
del relativo progetto e della nomina di una Commissione incaricata dell'esame e del giudizio sui cambiamenti
introdotti e da introdurre — Risposte del ministro per la guerra in difesa del suo operato, e in opposizione di
quelle proposte — Dichiarazione del ministro per la marineria — Repliche — Risposta del deputato D'Ayala.
al deputato La Marmora, e considerazioni sulla compilazione elei bilanci — Il deputato La Marmora ritira
le sue proposte — Altre risposte dei deputati Corte e Farini, relatore, al deputato La Marmora — La
discussione generale è chiusa.
La seduta è aperta alle ore 2 1|2.
MASSARI, segretario, dà lettura del processo verbale
della tornata precedente, che viene approvato.
RGBECCHI, segretario, legge il sunto delle seguenti
petizioni :
380. Parecchi proprietari di sorgenti, serbatoi e
corsi d'acqua, rassegnano le ragioni per cui chiedono
che venga respinta la disposizione proposta all'articolo 4.1 del progetto di regolamento sui catasti del
compartimento ligure-piemontese, e si dichiari dovere
la rendita dell'acqua, nei casi ivi contemplati, soggiacere esclusivamente alla tassa di ricchezza mobile.
381.1 cittadini già componenti il Consiglio municipale di Terracina, in provincia di Roma, sciolto con
regio decreto 18 prossimo passato maggio, nel reclamare al Parlamento contro tale atto, fanno istanza
perchè si promuova un' inchiesta che investighi le vere
ragioni che lo determinarono, pronti a subire qualsiasi ammenda ove risulti in loro alcuna colpa.
382= La Giunta municipale di Atella, circondario di
Melfi, sottopone al giudizio della Camera, gli inconvenienti e i danni derivanti dalla deliberazione presa
dalla deputazione provinciale di inscrivere nelle liste
elettorali amministrative di quel comune, i molti contribuenti in fondiaria del vicino comune di Rionero in
Volture.
e?
di presentare una petizione al Parlamento. Con questa
petizione, registrata al n° 381, protestano contro l'operato del Governo che ha sciolto quel municipio con
regio decreto dello scorso mese. Essendo materia di
molta importanza, domanderei alla Camera che volesse
dichiarare questa petizione d'urgenza.
(È dichiarata d'urgenza.)
PRESIDENTE. L'onorevole Sandri scrive dómanrJando
un congedo di due mesi per ragioni di servizio.
(È accordato.)
LETTURA DI UN PROGETTO DI LEGGE.
PRESIDENTE. Il Comitato privato avendo ammesso
alla lettura un progetto di legge presentato dagli onorevoli Fambri, Ara e Varè, se ne dà comunicazione alla
Camera.
MASSARI, segretario. {Legge)
« Art. 1. Coloro i quali alla promulgazione della
legge 23 aprile 1865, n° 2247, facevano parte dell'esercito o dell'armata come ufficiali effettivi od assimilati
e si trovavano nelle condizioni stabilite dall'articolo 1
di essa legge, sono rimessi in tempo per invocarne i benefizi, purché la Commissione creata con regio decreto
I ottobre 1870 non siasi già pronunziata negativamente sui loro titoli.
« Art. 2. È stabilito il limite di sei mesi per la preAITI DIVERSI.
sentazione]delle domande e dei documenti giustificativi
PRESIDENTE. L'onorevole Caetani di Teano ha facoltà e ciò a datare dal giorno della promulgazione della
presente legge. »
di parlare sul sunto delle petizioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Fambri è presente ?
CAETAM DI TEANO. I cittadini che componevano la
Voci a destra» Non c'è.
Giunta municipale di Terracina mi hanno incaricato
o
3
-
2452.—
CAMEBA DEI DEPUTATI —
PRESIDENTE. Non essendo presente si determinerà più
tardi il giorno in cui avrà luogo lo svolgimento di questo progetto di legge.
PROPOSTA DEL DEPUTATO DEL GIUDICE 6.
•
PRESIDENTE. L'onorevole Del Giùdice ha facoltà di
parlare sull'ordine del giorno.
DEL GIUDICE G. Ho chiesto la parola per fare una proposta alla Camera, proposta che, a mio credere, stante
la sua ragionevolezza, non dovrà suscitare opposizione
da alcuna parte.
Questa mattina il Comitato ha esaurita la discussione dei diversi progetti di legge dichiarati urgenti
iscritti al suo ordine del giorno.
Ciò posto, io propongo alla Camera che in questi
giorni che avanzano non abbiano più luogo le adunanze del Comitato, e che si comincino le tornate pubbliche più di buon'ora, per esempio, a mezzodì.
Sono diverse le ragioni che mi hanno indotto a fare
questa proposta» La prima è che l'ordine del giorno
della Camera ha già stabilita la discussione di molti
progetti di legge più o meno importanti, taluno importantissimo, ed è utile che la discussione di questi progetti di legge si faccia con calma e con agio, senza essere spinti ed affrettati dal sopravanzare del caldo.
D'altra parte, la ragion d'essere del Comitato è certamente quella di preparare i progetti di legge che
debbono essere sottoposti alla discussione della Camera. Ora è evidente che, nel breve tempo che ci sta
dinanzi, la Camera non avrà modo di fermare la sua
attenzione sopra novelli argomenti, a prescindere, come
ho detto, dal fatto che la Camera ha già stabilito inalterabilmente il suo ordine del giorno.
Del resto, durante le vacanze parlamentari si è sempre visto, ed è notevole, che le Commissioni lavorano
poco, e possono fin difficilmente riunirsi : nell'estate,
qui, sarà dunque addirittura impossibile.
Infine, siccome nell'ordine del giorno del Comitato
ci sono progetti di legge assai importanti, che possono
interessare più specialmente molti deputati, sarebbe
dispiacevole che venissero in discussione proprio agli
estremi giorni, e quando si sarebbe, direi, incalzati
alle reni.
Per queste ragioni dunque propongo che si sopprimano le adunanze del Comitato in questi giorni che
restano, e che si comincino le sedute pubbliche a mezzodì.
PRESIDENTE. Dunque l'onorevole Del Giudice propone che d'ora in poi la Camera non si riunisca più in
Comitato privato, avendo il Comitato esaurito stamane la discussione di tutte le leggi che erano state
dichiarate d'urgenza, e che le sedute pubbliche comincino a mezzogiorno.
Daggio far conoscere alla Camera che una tale proposta aveva pure in animo di farla l'onorevole Peli&tis,
SESSIONE DEL
1871-72
che mi pare me ne abbia parlato poco fa, come di cosa
intesa con altri deputati, sicché credo che la Camera
si troverà d'accordo ; non potendo d'altronde dissimularci che il tempo stringe e che abbiamo ancora parecchi bilanci e molti progetti di legge da discutere.
Non ho certo osservazione a fare da parte mia intorno alla proposta dell'onorevole Del Giudice circa il
cambiamento di orario delle sedute, poiché io sarei
disposto a trovami al mio posto anche alle 11 ; solo
dirò che io sarei lietissimo se gli onorevoli deputati
volessero compiacersi di trovarsi qui al tocco preciso,
ma quando piacesse ai signori deputati di considerare
che il tocco non è le due (Ilarità), cioè si trovassero
qui al tocco preciso, si potrebbe ottenere lo stesso risultato continuando la seduta fino alle 6.
Ad ogni modo, porrò a partito la proposta dell'onorevole Del Giudice colla fiducia che i signori deputati
vorranno far sì che essa raggiunga il desiderabilissimo
suo scopo, che è quello di poter discutere e votare,
prima di separarci, tutte le leggi urgenti che ci sono
richieste.
SELLA, ministro per le finanze. Si sa che pur troppo
c'è sempre una distinzione fra il valore nominale e
l'effettivo delle cose; il mezzogiorno nominale potrebbe essere perciò il tocco effettivo che vuole il presidente. Per parte nostra almeno (Additando il banco
dei ministri) dobbiamo dichiarare che non ci opponiamo alla proposta dell'onorevole Del Giudice, salvo
il caso di dover presentare d'urgenza un qualche prò*
getto di legge, per cui fosse necessario di domandare,
rispetto alle sedute del Comitato, un'eccezione alla
proposta che fa l'onorevole Del Giudice ; ma, del resto,
la Camera, può sempre prendere una deliberazione
speciale.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta dell'onore«
vole Del Giudice.
(E approvata.)
DISCUSSIONE DEL BILANCIO DEFINITIVO DEL MINISTERO
DELLA GUERRA PER IL 1872.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione
del bilancio definitivo del Ministero della guerra
pel 1872. (V. Stampato n° 86, Allegato Q)
La discussione generale è aperta. La parola spetta
all'onorevole La Marmora.
LA MARMORA. Sarà già ognuno di voi persuaso, onorevoli deputati, che io non ho preso la parola per fare dei
complimenti all'onorevole ministro della guerra per
le sue riforme, io ben lo vorrei, perchè nessuno
più di me riconosce le eminenti qualità militari del
mio collega l'onorevole ministro della guerra, per averlo
veduto in tutte le circostanze della vita militare e
particolarmente in campagna, sia in Crimea che nel
1859.
-
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TORNATA DEL 1° GIUGNO 1872
Ma, mi è duro il dirlo, egli, come organizzatore, invaso oramai, anzi più che inai, da una vera manìa di
volgere, rivolgere e sconvolgere tutto e tutti, non ha
più ritegno.
All'interno egli non ascolta più nessuno degli uomini più competenti dell'esercito ; io credo non consulti nessuno. Che cosa si faccia all'estero, o lo ignora, o
fa come se io ignorasse ; ogni sua idea, dirò così, ogni
suo sogno bisogna che passi per legge e come legge
venga adottato.
L'anno passato, valendomi della lunga mia esperienza e di molti studi appositi, cominciati quarantanni fa e sempre proseguiti, sull'organizzazione dei
vari eserciti, io mi permetteva di presentare in otto
discorsi, quattro de' quali scritti, di cui perciò vi ho
risparmiata la dicitura mia abbastanza stentata, molte
osservazioni ed alcune raccomandazioni. Ma, anziché
farne il menomo caso, si direbbe che il ministro della
guerra abbia messo un impegno a fare precisamente
tutto il contrario. Non dico che ciò sia, ma il fatto sta
che ha fatto precisamente tutto il contrario di quanto
io mi permetteva di suggerire.
Vi rammenterete che io, accennando alle varie qualità del nostro esercito, molte delle quali ottime, accennassi pure ad aleuni difetti, e come fra questi avessi
dovuto constatare, massime dopo la campagna del 1866,
una mancanza di coesione. Questa mancanza di coesione è stata riconosciuta da tutti i generali; tutti
quelli con cui ho avuto occasione di parlare, l'hanno
riconosciuta.
Essa proveniva da ciò che le divisioni erano state
composte al momento della guerra. Si era lasciata andare quella formazione introdotta da noi fino dal 1859
di tenere in tempo di pace le divisioni formate come
devono essere in tempo di guerra.
Io diceva dunque di formare, come già si era fatto
nel 1859, e come tutti gli altri eserciti, ad eccezione
della Francia, avevano adottato, le divisioni permanenti. All'onorevole ministro io raccomandava poi particolarmente di non distruggere le brigate, le quali erano uno dei pochi vincoli che tenessero assieme i nostri reggimenti.
Ebbene l'onorevole ministro della guerra non forma
le divisioni, e distrugge immediatamente le brigate
(cioè tre mesi dopo).
Non sapendo come meglio esprimere il gran dispiacere che io provava per le riforme introdotte dal ministro nel corpo dei bersaglieri, e dolente più ancora
delle cose che egli aveva dette, che di quelle che aveva
fatte, poiché mi pareva che l'onorevole ministro della
guerra disconosceva l'importanza dei bersaglieri come
noi li avevamo, disconosceva i servizi che avevano resi
Q quelli che potevano rendere ancora, non sapendo,
dico, come meglio esprimere il dispiacere che io provava, ho avuto l'infelice, infelicissima idea di dire che
se avesse distrutte quelle batterie a cavallo per la cui
organizzazione io ho molto lavorato, e nelle quali
ho servito per ben 18 anni, non mi avrebbe fatto maggior dispiacere. Ecco l'onorevole ministro della guerra
che fa sparire immediatamente le batterie a cavallo (Si
ride) ; e per ciò fare egli rimpasta quella stessa sua organizzazione fatta pochi mesi prima.
È bensì vero, e giustizia vuole che io lo dica, che
l'onorevole ministro non ha neppure risparmiato un
corpo speciale, nel quale egli stesso ha servito, e che
credo abbia molto contribuito a rendere uno dei
corpi pjù distinti del nostro esercito, intendo parlare
dei pontieri. Gli infelici pontieri infatti, trascinati anche essi dalla corrente, già si trovano in sì cattive
acque, che davvero non so se, anziché arrivare all'altra
sponda, non saranno per affogare, o se pure non affo«
gheranno, sono sicuro che arriveranno all'altra sponda
assai malconci !
L'anno passato si era incominciato il cambiamento
degli uniformi ; ed io mi permisi di osservare all'onorevole ministro, che quantunque l'uniforme non sia
una cosa della massima importanza, ha pure la sua
parte d'importanza ; e che in conseguenza, prima di
venire a qualche cambiamento, bisogna essere intimamente, profondamente convinti che quello che si adotta
sia realmente migliore.
L'onorevole ministro, chiunque può averlo veduto,
ha cambiati tutti gli uniformi ; non c'è più un bottone
di quelli che c'erano prima, Dal generale (non si può
più dire al tamburo perchè più non esiste) lino all'ultimo trombettiere, tutto è cambiato, in tutti i gradi, in
tutte le armi.
Di più rammenterà la Camera come io accennassi
ad una misura che credeva molto ingiusta, stata prò »
posta, credo, non dal ministro, però dal ministro presentata, quella cioè di obbligare gli uffiziali arrivati
ad una certa età, qualunque fosse la loro posizione, di
uscire dalle file dell'esercito, coll'obbligo poi di ritornarvi per parecchi altri anni, se conveniva al Governo
di richiamarli. Io ho trovata la cosa molto ingiusta, e
non era il solo a trovarla, perchè il Senato l'ha immediatamente eliminata.
Ora, l'onorevole ministro ci presenta qualche cosa
che è ancora più ingiusto. Egli ci propone adesso, nei
suo progetto di ordinamento, che tutti gli uffiziali pensionati, dimissionari eriformatisiano obbligati a ritornare sotto le armi, quando il ministro ne abbia bisogno,
Vi rammenterete poi che sulla cavalleria io poco
dissi l'anno passato, perchè non si conoscevano ancora
bene le intenzioni del signor ministro. Mi limitava perciò a raccomandare che non si commettesse l'errore altre volte commesso nel Piemonte, di formare una sola
cavalleria, di confondere insieme la cavalleria di linea
e la cavalleria leggera.
L'onorevole ministro non solo fuse e confuse le due
specie di cavalleria, la cavalleria leggera eia cavalleria
di linea, ma si scagliò sopra quei poveri reggimenti e
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È454 —
CAMBRA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL
a furia di sciabolate me li stramazzò esanimi, strappando a ognuno di loro la propria specialità, la propria divisa, il proprio nome, la propria storia, la propria bandiera.
Permetterà poi la Camera che io ritorni su queste
riforme ; l'assicuro però che nulla dirò di quello che
ho già detto nell'anno passato ; non toccherò nè le
cose nè gli argomenti dell'anno passato ; pur troppo ci
Sjono delle cose nuove da dire !
-Ma intanto mi preme di dichiarare che, non aVéndo nessuna speranza che venga cambiato il ministro
della guerra, avendo io stesso raccomandato ai ministri di tenerlo il maggior tempo possibile, e non
avendo nessuna speranza che l'onorevole ministro della
guerra cambi modo di vedere e di procedere, mi rimane però un dovere da adempiere, e questo dovere è
di avvertire il paese per mezzo dei suoi rappresentanti
di non farsi troppe illusioni sulle nostre forze, perchè
10 credo che, dietro a quella gran fantasmagoria di
cifre, che suole abbagliare, massime coloro che sono
poco pratici di cose militari, io credo che il nostro
esercito sia già più debole di quello che era prima, e
temo pur troppo che, andando di questo passo, lo
sarà sempre di più.
Io credo, signori, quest'avvertimento tanto più necessario, in quanto che vedo pur troppo l'opinione pubblica abbastanza fuorviata, ed una parte della stampa
intenta a guastare ed a compromettere i nostri rapporti con una gran nazione a noi vicina, colla quale
noi abbiamo un grande e reciproco interesse a stare
buoni amici. Infatti vedo che alcuni giornali vanno cercando nei fogli esteri, ed i più anche nella loro immaginazione, progetti ostili alla nostra unità; vanno cercando degli insulti, delle recriminazioni e delle provocazioni, senza neppure accorgersi che in tal modo si
fanno essi stessi provocatori ; e altri ve ne sono i quali
dichiarano senz'altro la guerra non già possibile, non
già probabile, ma inevitabile, ed essere solo una questione di tempo.
Ma vi ha di più. In un recente opuscolo, di cui tutta
la stampa si è occupata, e di cui si fa salire la paternità legittima o illegittima fino al Ministero, non si
suppone più la guerra probabile, la guerra inevitabile,
ma si parla senz'altro della guerra che già ha avuto
luogo, e niente meno si suppone che, noi essendo stati
battuti, l'Italia è stata occupata ed in parte smembrata.
Io deploro ciò grandemente, e lo deploro non solo
perchè l'autore ha voluto copiare assai inopportunamente uno spiritoso romanziere che ha fatto molto rumore in Inghilterra, ma ha pur anche voluto copiare
una frase infelicissima di una celebrità francese più
poetica che politica, che un giorno si permise di dire
Che il Mediterraneo era un lago francese ; a sua volta
11 nostro romanziere italiano dice che il Mediterraneo
è un lago italiano.
1871-72
Ora io non esito a dichiarare che, se era assurdo il
dire che il Mediterraneo era un lago francese, non è
meno assurdo il dire che il Mediterraneo è un lago italiano, perchè ritengo che i mari sono di tutti e sono
di nessuno.
È in tal modo, o signori, che si vanno poi eccitando
nelle nazioni che hanno interesse a stare in pace, si
vanno eccitando le diffidenze, i sospetti e quel rancore
che va poi mano mano creando quelle situazioni che
in politica si sogliono chiamare tese, e che io non esiterei a chiamare malintese, in quanto che si riesce a
imbrogliare talmente le cose che non si sa poi o non
si vuol più tornare indietro, ovvero l'onore è talmente
compromesso che non si può più retrocedere.
Io vorrei che questi scrittori, che chiamerei imprudenti, meditassero quello che mi pare di aver già detto
una volta, quanto, cioè, sia facile provocare le guerre,
e quanto sia difficile il condurle, e quanto sia poi incerto l'esito delle medesime; vorrei poi che meditassero più particolarmente ancora quello che avvenne
nel 1870 a proposito della guerra franco-prussiana e
nel 1866 a noi.
Nel 1870, quando tutte le difficoltà sembravano appianate, la causa determinante della rottura delle trattative fu una notizia falsa, la notizia d'un preteso sfregio fatto ad un ambasciatore. Di questa falsa notizia
s'impadronirono immediatamente i giornali e ne seguì
la dichiarazione di guerra. Si riconobbe tosto la falsità
della notizia, ma intanto la guerra era dichiarata ed
ebbe il risultato che tutti conoscono.
Presso di noi nel 1866 per una notizia non falsa, ma
vera, che però non si osava pubblicare, tanto era eccitata l'opinione pubblica, poco mancò che il nostro
esercito venisse a trovarsi in una posizione non molto
dissimile da quella in cui si trovò l'esercito francese a
Sedan, e che quindi fossero compromesse le sorti della
Venezia che era già nostra.
Non ho alcun timore, lo confesso, che ci sia qualche
potenza che pensi a disfare l'Italia, che pensi ad attaccarci, che voglia esserci nemica per la nostra attuale situazione politica. Ho l'intima convinzione che
anche da quelli i quali erano a noi più avversi è stato
riconosciuto il diritto nostro di costituirci in nazione.
Di più, si è riconosciuto che l'Italia è necessaria a
mantenere e consolidare l'equilibrio europeo.
Questo risultato, signori, lo dobbiamo a varie cause.
Lo dobbiamo primieramente al fatto, meglio conosciuto all'estero che nel paese, che il nostro risorgimento non è dovuto soltanto alle rivoluzioni ed alle
macchinazioni di alcuni, ma è dovuto alle aspirazioni
di tutti ed alla cooperazione di molti e molti italiani^
i quali contribuirono più o meno a formare l'Italia.
Abbiamo avuta la singolare fortuna, appena costituiti, di trovarci con tali elementi ed in tali condizioni
che poche altre nazioni possono vantare le eguali.
Noi, appena cadute le barriere che ci tenevano di-
TORNATA DEL 1° GIUGNO 1 8 7 2
visi, a parte la configurazione alquanto bizzarra del
nostro paese, ci siamo trovati naturalmente unificati,
con una lingua sola, con una sola religione, con parrocchie e comuni perfettamente identici dappertutto ;
noi ci siamo trovati con popolazioni buonissime, che
non- domandavano altro che di stare unite, come lo
hanno provato immediatamente, massime coloro che
erano entrati nell'esercito. Checché se ne dica, malgrado i tanti analfabeti che pur troppo sono nel nostro paese, si trovano ancora nelle nostre popolazioni
molti uomini di senno e molti uomini di cuore. Di più,
noi abbiamo avuta la fortuna di trovarci con una quantità di città rimarchevoli, distribuite in modo da poter
facilmente irradiare e il progresso materiale e il progresso intellettuale, e nessuna di queste è abbastanza
potente da soverchiare le altre siffattamente da accentrare in se stessa tutti quegli inconvenienti che si sono
verificati in altri luoghi.
Di modo che, quel dicentramento di cui tanto si
parla, che ha dato da pensare, e da pensare seriamente,
per tutti gli inconvenienti che son nati dall'opposto
sistema di voler troppo accentrare, quel dicentramento
noi l'abbiamo di già ; le nostre città sono distribuite in
modo che il dicentramento amministrativo è bell'e
fatto. Noi abbiamo poi una quantità di altri pregi
(tutti li conoscono, ed io non starò qui ad enumerarli),
per cui non esito'a dichiarare che l'Italia nostra è oggi
più bella di quel che sia mai stata in nessun'epoca.
Credo anche che si trovi in tali condizioni da assicurare
non solo la sua prosperità, ma la sua vera grandezza.
Di ciò io mi convinco, sia che rilegga la storia antica,
sia che io mi rechi all'estero, come fo qualche volta, e
faccia dei confronti.
Così però non la pensano tutti gli Italiani. È bensì
vero che nessuno accenna di far ritorno al mediò evo,
quando gli Italiani o non si conoscevano tra di loro o
solo sì conoscevano per odiarsi e scannarsi, occorrendo ;
per trovarsi poi, vincitori o vinti, nelle stesse catene di
qualche estero dominatore, o fra le stesse reti di qualche interno protettore. (Benissimo ! a destra)
Io credo che nessuno pensi neppure a ritornare a
quei tempi più vicini a noi, che anzi noi stessi abbiamo
veduti, nei quali l'Italia era pure sempre divisa, malgrado che, bisogna confessarlo, molte delle sue Provincie fossero parzialmente e materialmente prospere
e felici, altre contassero secoli gloriosissimi con una
storia degna delle più grandi nazioni, e finalmente vi
fossero anche alcune provincie in un angolo più remoto d'Italia, le quali fino all'ultimo hanno saputa
mantenere la propria indipendenza, tanto più preziosa
in quanto che ha giovato non poco all'indipendenza di
tutte le altre.
%
io credo che a quei tempi nessuno voglia più ritornare, che ninno pensi a disfare quell'Italia che con
tanti stenti e con tanti sacrifizi si è potuta mettere assieme. Ma pur troppo vi è chi, fantasticando tempi più
s
remoti, vorrebbe far ritorno a un passato che credo
impossibile, e che, se fosse possibile, sarebbe la nostra
rovina.
Non è guari, i giornali erano pieni di discorsi più o
meno frementi, nei quali si accennava, non già a cambiamenti d'uomini, come è naturale nel regime costituzionale, ma si accennava eziandio a cambiare radicalmente la forma di Governo, a cambiare le basi, il
patto fondamentale della nostra costituzione, e collo
scopo naturalmente di portare poi in Campidoglio
quella forma di Governo, quella panacea buona per
tutti i mali, e imporla, non solo all'Italia, ma al mondo
intiero.
So bene che di questi discorsi, per lo più tenuti in
piazza, esposti perciò ai quattro venti, non se ne
deve fare un gran caso, ma dacché ho visto nella gazzetta ufficiale farsi le congratulazioni, non già di ciò
che Roma sia stata restituita all'Italia, ma l'Italia sia
stata restituita a Roma, mi permetteranno i signori ministri, responsabili di tutto ciò che si stampa nella gazzetta ufficiale, che io osservi loro che l'Italia attuale non
ha a che fare coll'Italia antica ; l'Italia, quale esiste
adesso, ha nulla a che fare, sia riguardo alle nostre
condizioni interne, sia riguardo alle nostre condizioni
estere, cioè ai nostri rapporti coll'estero, chè tut£o
è completamente cambiato.
Anche io soleva nella mia gioventù entusiasmarmi
grandemente per le grandi gesta dei nostri maggiori,
massime per quegli eroi che montavano trionfando al
Campidoglio ; ma, quando con una buona dose d'esperienza ho meglio esaminato le cose passate, confesso
sinceramente che sento più ripugnanza che invidia per
gli uomini e per gli eventi di quelle epoche.
Io credo che, se ben si esamina la storia, non sui
monumenti, che troppo parlano all'immaginazione, ma
sui fatti quali gli storici ce li hanno trasmessi, noi
dobbiamo pur dire che le condizioni, sia della repubblica che dell'impero romano, erano, a fronte delle
nostre, il più sovente assai tristi, e talvolta anche tristissime. Diffatti all'interno era un avvicendarsi continuo di macchinazioni, cospirazioni e rivoluzioni, ora
riescite, ora soffocate nel sangue di migliaia di vittime.
All'estero erano guerre incessanti, nelle quali sicuramente le vittorie superavano di gran lunga le sconfitte.
Ma, se ben si osserva, tutte quelle grandezze erano
quasi sempre preparate od accompagnate da violenze,
da prepotenze, talvolta anche da qualche scelleratezza.
La smania di dominio dei nostri maggiori era tale che
essi si credevano permesso e lecito ogni cosa per poter ingannare, spogliare e calpestare gli altri popoli
ed ogni loro diritto.
Notisi che anche allora, senza l'arte raffinata della
moderna diplomazia, si sapeva colorire il pretesto della
guerra. Agli uni si faceva la guerra perchè erano barbari, si voleva portare loro la civiltà, e per questo si
bruciavano le città e si distruggevano intere popola«?
SESSIONE DEL 1871-72
zioni. Si racconta che uno dei più grandi eroi dell'an*
tichità facesse perire, nei dieci anni che rimase nelle
Galìie, un milione di creature, ed un altro milione ne
portasse schiave per meglio assicurare il suo trionfo.
Ai non barbari poi si faceva guerra perchè della civiltà avevano abusato e si erano corrotti, e per ciò si
spogliavano dei loro monumenti, delle loro statue,
delle loro biblioteche e perfino della loro libertà e della
loro indipendenza. Per cui io ritengo che, comunque
sia, la nostra posizione in Italia è assai migliore di
quella che sia stata mai, sia per la sua prosperità, sia
per la sua grandezza.
Quanto alla sua prosperità, io non intendo soltanto
quella prosperità più apparente, quel progresso grandissimo che si vede in tutte le nostre città, che tutte
si abbelliscono, tutte si perfezionano in modo straordinario, da maravigliare particolarmente i molti forestieri che vengono a vederle; ma io credo che dobbiamo congratularci anche più per quell'altra prosperità che si estende al di là delle grandi città, quella
che si estende in tutte le campagne, per cui si moltiplicano le strade, le scuole. Nè meno che dei tanti forestieri che vengono a visitarci, dobbiamo rallegrarci
di vedere nascere l'agiatezza e il benessere in tutte le
classi e decrescere anche la miseria in quella infima,
condannata pur troppo ad essere sempre povera.
Questa prosperità nostra è incontestabile, ma dovremo noi essere di questa sola soddisfatti ? Basta questo a contentare una nazione ? Io non lo credo. Come
non è lecito ad un individuo, qualunque sia la sua condizione, di vivere solo e vegetare per godere nella sua
breve esistenza, così non è lecito ad una nazione,, la
quale se è ben conscia de' suoi diritti e de' suoi doveri,
non dovrebbe perir mai. Perciò io credo non sia lecito
di dormire, e tanto meno di sognare di essere divenuti
una grande nazione solo perchè abbiamo 25 milioni di
abitanti, nè fidarci sempre su quella stella che ci ha
favoriti senza ricorrere alla bussola della saviezza colla
quale solò si può navigare nelle presenti e future burrasche.
Se a salire in moralità e dignità ci vuol tempo ad
una nazione, a discendere si fa assai presto, e talvolta
quando uno si trova su certi pendii, basta qualche
volta un passo falso per precipitare.
Noi non dobbiamo dimenticare che, se le antiche
atrocità e crudeltà, collii moderna civiltà non sono più
possibili, però le passioni umane sono sempre le medesime e che precisamente, ia mezzo alla prosperità,
suole il più delle volte svilupparsi un lusso eccessivo e
con questo viene la corruzione, e colia corruzione si
soffocano ordinariamente le virtù e civili e militari, che
una nazione non può mai perdere senza riescire all'abbassamento morale.
Noi non dobbiamo dimenticare che anche i Governi
più forti, anche le potenze meglio armate sogliono talvolta essere sconvolte senza che si possa quindi nep-
pure sapere se, o per l'imprudenza di pochi, o per la
debolezza dei molti.
' Noi non dobbiamo dimenticare che le guerre civili
sono pur troppo ancora possibili : e ne abbiamo un
esempio nella Penisola che sta al di là del Mediterraneo. Non dobbiamo dimenticare che le guerre di conquista paiono ridivenute di moda senza riguardo alle
nazionalità, senza che neppure si consulti il voto dei
popoli.
. Finalmente noi dobbiamo pensare che, se nella nostra posizione attuale, coi nostri 25 milioni d'abitanti,
abbiamo il diritto di sedere nel consorzio delle grandi
potenze, abbiamo pure dei grandi doveri da adempiere.
E, secondo me, questi doveri non sono già di mostrarci
più furbi degli altri nel patrocinare i nostri propri interessi, ma nel sostenere grandi princlpii sociali e umanitari, non per provocare guerre, o per aiutare nelle
guerre gli altri, ma anzi per prevenirle, per quanto è
possibile.
E qui mi sia lecito di dire quanto sarebbe stato glorioso per l'Italia se nel 1870 avesse potuto mettersi in
mezzo a quelle grandi potenze che stavano per lanciarsi nella guerra ; se avesse potuto cooperare ad impedire una guerra che si annunziava fin d'allora come
•una specie di nuova guerra punica, una guerra cioè
che si faceva, non nell'interesse dei popoli, una guerra,
bisogna pur confessarlo, che da una parte e dall'altra
si desiderava più per smania di dominio e di primato
militare, che nell'interesse della nazione. Se l'Italia
avesse potuto in quell'occasione impedire che la passione d'una malintesa supremazia soffocasse la ragione
politica e la umanitaria, essa si sarebbe rialzata al disopra di qualunque altra nazione. Se quest'occasione
è mancata all'Italia, io credo sia dovere di tutti, non
solo degli uomini di Stato in Italia, ma di tutto il
mondo civile, di preparare il modo di evitare un'altra
guerra ; che se un'altra guerra di questo genere si acce*: desse, ia parola d'ordine dei due eserciti non potrebbe essere altro che il dolendo, Carthago e da qualunque parte avvenisse la tremenda catastrofe ne nascerebbe un tale spaventevole squilibrio, che comprometterebbe non solo innumerevoli interessi, ma comprometterebbe molti diritti acquisiti, e quello più
prezioso per noi, della nazionalità. .
Egli è a fronte di questa minaccia, che io vorrei vedere la nostra Italia forte, non solo con gli armamenti di terra e di mare, che pur sono indispensabili
(non per provocar guerre, ma per prevenirle per quanto
è possibile), ma forte ancor di più per la saviezza del
suo Governo, e tale da ispirare fiducia a tutte le altre
nazioni.
Dì più vorrei che avesse saputo mantenere fino all'ultimo la sua piena libertà di azione. Questa piena
libertà d'azione l'abbiamo noi saputo mantenere?
I soli mioistri possono saperlo ; ed io non mi farò a
domandarlo loro, ben sapendo la risposta che mi da-
Í457
TORNATA DEL I
rebbero ; sola mi limiterò a dire, che se mai l'avessero
compromessa in un modo o nell'altro, avrebbero commesso un gravissimo errore.
Passerò ora ad esaminare le nostre condizioni militari.
(Voratore riposa per pochi minuti) •
Verrò senz'altro, se la Camera me lo permette, ad
esaminare le riforme introdotte, l'anno passato, dall'onorevole ministro della guerra.
Quali sono i motivi addotti dall'onorevole ministro
della guerra per distruggere le brigate ?
I motivi ce li porge nella relazione a Sua Maestà :
« Com'è noto a V. M. l'attuale ordinamento della
fanteria in brigate permanenti procede da ciò che in
Piemonte, prima del 1848, le brigate si reclutavano
quasi per intero nelle provincie dalle quali generalmente avevano il nome. Ma dopo che anche in Piemonte prevalse il sistema, che solo può per ora convenire all'Italia, di formare cioè i corpi promiscuamente con reclute di varie provincie, la conservazione
delle brigate permanenti in tempo di pace non era più
giustificata, e lo è tanto meno in oggi, quando per le
condizioni del servizio cui le truppe devono attendere,
è quasi impossibile di tener unite le brigate.
« E non solo allo stato attuale delle cose non può
giustificarsi la conservazione delle brigate permanenti,
ma ne è consigliata la soppressione da importanti considerazioni, le quali inducevano la Commissione che
nel 1866 e 1867 divisava le basi per il riordinamento
dell'esercito a proporla : proposta che fu accettata dai
vari ministri della guerra che d'allora in poi succedettero, e che doveva tradursi in atto insieme alle altre
disposizioni per il riorganamento dell'esercito.
« L'accoppiamento prestabilito e invariabile dei reggimenti della fanteria di linea è evidentemente un incaglio alla dislocazione generale di essi reggimenti, ed
all'equo riparto delle buone e delle msn buone guarnigioni, avvegnaché bisogna sacrificare questo riguardo
a quello di tenere riuniti o quanto meno vicini i reggimenti della stessa brigata ; e l'incaglio torna anche
maggiore per la mobilizzazione dell'esercito, quando
invece di poter formare in brigata i reggimenti più vicini di stanze, è mestieri invece di perder tempo per
congiungere quelli appartenenti a ciascuna brigata permanente, che per necessità della dislocazione di pace
si trovino separati. »
Queste sonò le ragioni che l'onorevole ministro della
guerra addusse per sopprimere le brigate permanenti.
Mi permetterà l'onorevole ministro che io dica francamente che queste sono ragioni non nuove, sono le
cagioni antiche, antichissime, le ragioni principalmente
che in tutti i paesi si àdducevano prima, e sono state
tutte messe in disparte. E queste ragioni, lo creda il
*gnor ministro, le ho sentite addurre ancora saranno
&eci o dodici anni fa in Francia, quando quello era il
solo paese che non avesse ancora formato le divisioni.
SESSIONE 1871-72 - CAMERA BEI DEPUTATI « Discussioni. 308
a
o
GIUGNO
1872
Perocché, deye sapere la Camera che tutti i paesi, ad
eccezione della Francia, tutti i grandi eserciti continentali avevano già formate non solo le brigate, ma le
divisioni; la sola Francia non le aveva, e per non adottarle, adduceva appunto la difficoltà di tener riunite le
brigate, e la difficoltà di poterle riunire.
Ma, mi permetta l'onorevole ministro, le sue ragioni
non reggono all'esame.
Dal 1849 al 1859 abbiamo tenuto sempre le brigate
formate, quantunque fossero composte di soldati di
provincie diverse, senza che ne derivasse alcun inconveniente.* Tutti gli altri paesi, poiché anche adesso la Francia le ha adottate, tutti gli altri paesi, è bene che si sappia, hanno le divisioni permanenti ; perchè l'Italia sola
non le dovrà tenere? Forse che l'Italia si adatta poco
a questo concentramento delle divisioni in tempo di
pace ?
Io potrei qui citare 25 o 30 città in cui si potrebbero facilmente concentrare tutte, e non credo che ci
sia paese che si presti più dell'Italia a questo concentramento.
L'onorevole ministro usa il ripiego di tenere tre o
quattro divisioni attive in tempo di pace. Ma a che
giovano quelle tre o quattro divisioni attive in tempo
di pace? A nulla.
Ora questo è un pessimo sistema ; la Francia Faveva
introdotto per disposizione di sicurezza pubblica, non
per ragioni militari ; ma la Francia che sola aveva
questo sistema finì coll'abbandonarlo. Nessuno ha il
sistema di tenere in tal modo tre o quattro divisioni,
poiché ne deriva un inganno. Tutti credono.che le altre
divisioni profittino di quest'istruzione, ma nessuno ne
profitta e la cosa torna in danno delle stesse divisioni.
Credo che l'onorevole ministro non abbia pensato
abbastanza a questo. A che serve aver formato quei
distretti e distrutti 80 battaglioni per portare le reclute di prima e seconda categoria nei distretti ed
istruirle in furia ed in fretta e mandarle alle divisioni
che non sono formate ?
Se l'onorevole ministro si fosse trovato nelle condizioni in cui mi sono trovato io, condizioni nelle quali
si troverà egli stesso, se mai sorgerà qualche probabilità di guerra, non avrà più campo di formare le divisioni, poiché ne sarà distolto dalle influenze politiche.
A questo credo che non abbia badato l'onorevole ministro. Egli non si potrebbe fare un'idea dell'insistenza
che i diplomatici ponevano nel 1859 per sapere il motivo delle disposizioni militari che si prendevano. Per
formare le divisioni ci vorranno otto o dieci giorni, e
quando si saprà che il ministro della guerra forma le divisioni, si saprà abbastanza per dire che si vuol dichiarare la guerra. Nel 1859 il conte di Cavour, ministro
per gli affari esteri, mandava da me i diplomatici in
guisa che mi toccava far la politica con essi, e cercar
mille ripieghi per non compromettere la nostra situazione, Non credo che il far ciò sia un atto di debolezza»
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL
Le maggiori potenze sono soggette a queste esigenze (
della diplomazia. Tutti i diplomatici vogliono sapere il
perchè di quel che si fa. Ora, se avremo le divisioni
formate, i diplomatici non potranno così facilmente
conoscere la nostra intenzione ; ma se le divisioni si
dovranno formare per far fronte ad una guerra, alle
minime disposizioni che il ministro darà per formarle
avrà subito la diplomazia alle spalle che gli dirà che
si vuol fare la guerra; e se si troverà di fronte ad un
paese che abbia le divisioni formate, l'esercito di questo sarà più presto mobilizzato del suo.
~ Dunque il tenere le divisioni formate è di un'assoluta necessità. E non solo per il guadagno del tempo,
ma per l'altro grandissimo vantaggio della convivenza.
A provare che questa convivenza dà alle truppe un
grandissimo vantaggio, io ricorderò che nel 1848 noi
avevamo delle brigate le quali, sebbene provenissero
da provincie affatto vicine, quali erano le brigate Piemonte e Pinerolo, pure per la convivenza di ciascun
reggimento, le brigate stesse presentavano un carattere
loro proprio, talmente spiccato, che parevano uscite
da due eserciti diversi. È questa una prova che adduco per dimostrare la forza che si acquista per mezzo
della convivenza.
L'onorevole ministro della guerra poi ammette le
brigate di tre, di due e persino di un reggimento. Ma
dove mai, presso quale nazione mi potrebbe egli trovare un simile esempio, cioè un esercito così formato ? Il signor ministro dice che i generali avranno
le stesse attribuzioni che avevano in passato. Ma io
gli assicuro che, quando i generali hanno dei reggimenti che non sono sicuri se saranno gli stessi che
dovranno condurre in campo, non avranno più il medesimo interessamento per la loro istruzione. Sarà
impossibile che l'abbiano. Il generale Ricotti è molto
attivo senza dubbio ; egli ha occhi che vedono, e sono
sicuro che saprà provvedere a molte cose e prevenire
molti inconvenienti, ma non tutti avranno quella stessa
oculatezza sua. Coma mai pretendere che tutti i generali si attacchino ai loro reggimenti e possano farli
progredire nell'istruzione e mantenere la disciplina
quando sanno che a loro non appartengono ! Accadrà
poi, col tempo che diventeranno tanti comandanti di
piazza, come precisamente è accaduto in Francia. Questo
è il sistema francese. Pare che si voglia far tutto alla
prussiana e poi si viene ad imitare tutte le cose vecchie della Francia ! Io ho sentito dire più e più volte
in Francia che i generali di brigata non erano altro che
dei comandanti di piazza. Passavano naturalmente ai
reggimenti che stavano sotto i loro ordini, facevano
anno per anno la loro rivista, ma non avevano quelPattaccamento che uno può avere quando possiede la
truppa che ha da condurre in campagna.
Mi permetterà l'onorevole ministro della guerra che
io citi una cosa che egli stesso mi ha detta? Era il
1859 ; poco dopo la famosa battaglia di Solferino, l'o-
1871-72
norevole ministro della guerra, in un momento di
espansione mi disse (egli se ne rammenterà) : vedo
proprio che, per ottenere la vittoria in campagna,
la prima di tutte le necessità è la risoluzione nei
capi e la solidità nelle truppe. Ma come mai con
quelle idee egli si è lasciato rimorchiare a queste
altre diametralmente opposte ? (Movimenti) Della solidità nelle truppe non ne fa quasi più calcolo. Io ho
paura, mi permetta l'onorevole ministro, lo dico perchè vi ponga mente, ho paura che, lasciando infiltrare
certe idee nella scuola di guerra, non si venga ad avere
per risultato di allontanare dall'esercito tutti gli uomini di guerra.
Passo agli uniformi.
Già dissi come l'onorevole ministro ha cambiati
tutti gli uniformi, tutti, senza distinzione. Lo sfido a
citarmene uno che abbia conservato. Che prima non
ci fosse proprio nulla, nulla di buono ? È per imitare i
Prussiani ? Ma io i Prussiani li ho veduti l'anno passato ; hanno precisamente tutto il vestiario che avevano 25 anni fa, che è precisamente quello che avevamo noi, meno l'elmo ; il resto è tutto tale e quale.
Eppure hanno fatto la guerra, ed in che modo !
Poi permetterà il signor ministro che io dica che
adesso non si distinguono più nè i reggimenti, nè i
gradi ; non si capisce più niente. Non mi farò ad enumerare tutti gli inconvenienti che da ciò derivano,
inconvenienti che erano già stati molte volte prima
riconosciuti, motivo per cui queste innovazioni erano
sempre state abbandonate. Questi inconvenienti io li
vedo tutti apparire adesso. Ora esiste una grande confusione, confusione tale che, se si domanda il perchè di
una cosa, il perchè certamente non si sa, ed io credo
che quella confusione la quale esiste negli uniformi sia
pur troppo la rappresentanza fedele della confusione
che regna in alcune parti del Ministero della guerra.
Una cosa sola io credo abbia di buono l'uniforme
che vedo addosso alla fanteria, se non sì muterà, ed è
la grandissima facilità di applicare a quegli uniformi
alcuni distintivi per divisione e per reggimento. Se l'onorevole ministro vorrà adottarlo, io gli perdonerò
molte cose, perchè credo che noi abbiamo stimolata
troppo l'emulazione individuale, in troppi modi, colle
decorazioni, cogli ordini del giorno, coi complimenti,
persino i giornali se ne occupano. E ciò, me lo permetta, non è sempre a beneficio della disciplina.
L'emulazione di corpo invece è completamente morta;
se non la farete risorgere, non si saprà neanco più
che abbia esistito. Non si sente mai a dire che un reggimento ha fatto meglio di un altro, che uno ha fatto
più di un altro ; mai: non si parla che d'individui. Ora,
ci badi l'onorevole ministro, l'emulazione individuale
genera l'ambizione e l'egoismo, mentre l'emulazione di
corpo porta all'abnegazione ed al patriottismo. (Bravo!
Benissimo ! a destra)
Passo ai nomi. Anche i nomi ha voluto fare sparire
sasaga»ae3aaaeiBB a a — il
2459 —
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TORNATA DEL 1° GIUGNO 1 8 7 2
l'onorevole ministro : le brigate avevano dei nomi, i
reggimenti di cavalleria avevano dei nomi ai quali tenevano moltissimo. Ma non ha pensato l'onorevole ministro che i nomi elevano, soddisfano e facilitano la
memoria. I numeri invece non hanno nessuno di questi
pregi. Ma chi di noi vorrebbe cambiare il suo nome
con un numero ? (Ilarità) Io conosco molti che, non
contenti del loro nome, ne vogliono due ; altri, non
contenti del loro proprio, ne vogliono un altro, e vi
sono poi di quelli nella Camera che, forse per essere i
primi nell'appello nominale, si aggiungono al nome
una piccola particella. (Si ride) Tutti insomma cercano un nome più o meno sonoro, e non un numero,
anche quelli che devono la loro fortuna alle cifre.
Persino agli animali si dà un nome, e si cerca di dare
loro un bel nome, e non mai un numero. Se poi dalle
cose animate passiamo alle inanimate, voi vedete che
in tutte le città le piazze, le contrade portano un
nome ; non vi sono che le porte e le botteghe che
hanno dei numeri.
Voi sapete pure che importanza enorme si dà al
nome pei bastimenti, non solo ai bastimenti da guerra,
ma anche a quelli mercantili.
Il nome poi facilita grandemente la memoria, il numero invece imbroglia. Io so ancora adesso tutti i
nomi dei cannonieri e dei cavalli della mia batteria,
ma dei numeri non mi ricordo di alcuno. E, sfido io,
sono pochissimi che abbiano la memoria dei numeri,
invece i nomi, mi ammetterà l'onorevole ministro, è
importante che si ritengano ; e poi sa che non si può
attaccare un amor proprio al numero, mentre al nome
si attacca un amor proprio grandissimo. E non creda
che queste sieno piccole cose pel militare; creda pure
l'onorevole ministro che se toglie tutti quégli stimoli,
tutti quei sentimenti d'amor proprio nel militare, ci
rimane assai poco.
Ora vengo alle riforme dell'artiglieria.
È una vera fatalità che l'onorevole ministro della
guerra, così distinto ufficiale d'artiglieria, i maggiori
errori, come organizzatore, li abbia proprio commessi
nell'artiglieria.
Io non ritornerò di nuovo sull'idea infelicissima di
fondere insieme l'artiglieria da piazza e l'artiglieria da
campagna. Non so se l'onorevole ministro sappia che
negli altri paesi si va assai più in là e si vuole separata più radicalmente l'artiglieria. La Prussia precisamente dopo la passata splendida campagna, propone
nientemeno che di separare intieramente l'artiglieria
ila piazza dall'artiglieria da campagna, cioè che gli
officiali non passino più dall'una all'altra ; e noi le
abbiamo fuse insieme! Insomma di questo non ne
parlo perchè ne ho già detto abbastanza l'anno passato.
Ha quali sono le ragioni per cui l'onorevole ministro ha distrutto quella poca artiglieria a cavallo
be avevamo? Io sarò molto soddisfatto se me le
c
dirà, perchè tutti i paesi, ad eccezione dell'Austria,
hanno proprio l'artiglieria a cavallo ; ma l'Austria, che
non ha l'artiglieria a cavallo, ha delle batterie speciali
che chiama di cavalleria, che sono destinate alla cavalleria, ed a queste batterie si danno dei cavalli e
un materiale più leggiero, affinchè possano seguitare
i movimenti della cavalleria.
Saprà poi l'onorevole ministro che l'idea di mettere
l'artiglieria e la cavalleria insieme guadagna molto
terreno, e sa che io me ne sono anche prima occupato.
I Prussiani più d'una volta nell'ultima campagna
hanno messo l'artiglieria a disposizione della cavalleria, massime nei movimenti giranti. Ora crede egli che
tutta l'artiglieria sia capace di far questo ? Io non lo
credo. Egli può migliorare fin che vuole il materiale di
artiglieria, ma è impossibile nella mobilizzazione, se
non ha già la separazione fatta, che possa fare la distinzione tra i cavalli migliori e gli altri.
Ora che cosa distingue particolarmente l'artiglieria
che è destinata a servire colla cavalleria? È precisamente Pavere degli attelages, delle mute per poter andare còlla maggiore celerità.
L'onorevole ministro mi dirà: avevamo tanto poca
artiglieria a cavallo che non ne valeva la pena. Era il
caso di vedere se non conveniva meglio di accrescerla,
tanto più ora che è provato che le operazioni della
cavalleria colla artiglieria si fanno nelle guerre moderne ancora più frequentemente di quello che si facevano prima quando già c'era l'artiglieria a cavallo.
Ripeto che non vi è che l'Austria che non abbia
l'artiglieria a cavallo, ma ha delle batterie speciali ; noi
non abbiamo più nessuna specialità.
Passo ora ai pontieri.
L'onorevole ministro della guerra ha creduto di proporre (a meno che ne sia pentito e che ciò non avvenga
più) di fondere i pontieri nel Genio. Io non sono mai
stato nei pontieri, ma sono sicuro che ne sono malcontenti, e a me fa tanto pena questa disposizione quanto
quella dell'artiglieria a cavallo.
Io sono il primo a riconoscere che, se fosse a caso
vergine, se vi fosse cioè un'armata interamente nuova
da comporre, ci sarebbero delle buone ragioni per mettere i pontieri nel Genio piuttosto che nell'artiglieria;
ma ce ne sono molte e molte ragioni in favore dell'artiglieria, e ne citerò una sola, che credo l'onorevole
ministro non vorrà rifiutare, ed è quella che tutta la
loro forza, la loro abilità si ottiene per mezzo di molte
e molte istruzioni pratiche.
Ora, le istruzioni pratiche, il ministro lo sa più di
me, possono essere meglio date dall'artiglieria che dal
Genio, per la ragione semplicissima che i tre quarti
degli ufficiali d'artiglieria sono a contatto dei soldati,
mentre i tre quarti degli ufficiali del Genio non lo
sono.
Di più, il materiale da ponti si assomiglia assai più
al materiale d'artiglieria che a quello del Genio. In
2460 - CAMERA DÈI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1871-72
quanto al condurre le vetture, gli ufficiali del Genio,
a meno facciano uno studio speciale della condotta di
esse, non hanno alcuna pratica, mentre tutti gli ufficiali d'artiglieria sanno condurre le vetture.
Ma con tutto ciò, ripeto, se fossimo s caso vergine,
vi sarebbero delle ragioni che militerebbero perchè i
pontieri facessero parte del corpo del Genio ; ma cambiare d'un tratto un corpo che da quarant'anni era
un vero modello, che tutti apprezzavano e per disciplina e per istruzione (e questo viene anche ad onore
dell'onorevole Ricotti, il quale ha servito tre o quattro
anni nei pontieri; anzi, se non erro, la prima volta
che ebbi il piacere di vederlo, era nei pontieri), questo
non so capire. Egli non potrà fare che d'un tratto
tutti quegli ufficiali d'artiglieria diventino ufficiali
del Genio ; e poi credo che nessuno vi si adatterebbe.
Mi rammento che nei tempi andati, massime durante il regno di Carlo Alberto, quando veniva a visitarci un qualche forestiero, un generale distinto, dopo
la solita rivista, vi erano tre cose che si facevano particolarmente vedere, perchè si era certi che, se non le
trovavano superiori, certo non le riconoscevano inferiori a quelle degli altri paesi : ed erano i bersaglieri ;
poi si faceva manovrare l'artiglieria a cavallo, e si facevano vedere i pontieri, perchè tutti e tre questi
corpi erano forse superiori a quelli degli altri paesi.
E sono precisamente quei tre che l'onorevole ministro
ha riformati, ha cambiati. (Movimenti diversi)
E adesso che cosa avete potuto mostrare a quel
principe, a quel gran capitano che venne a trovarci
non ha guari ? Niente. Avrà significato che nulla voleva vedere, ma potrebbe anche darsi che avesse saputo che non c'era niente che valesse la pena d'esser
visto ; perchè naturalmente si fa vedere quello in cui
siamo superiori agli altri ; e creda pure il ministro che
ciò soddisfa non solo l'amor proprio di quei corpi, ma
quello di tutto l'esercito.
. Quanto alla cavalleria, l'onorevole ministro, come
già dissi, ha creduto di dover confondere la cavalleria
di linea e la cavalleria leggiera. Quali sono i motivi
che adduce per questo ? Eccoli, io li ho copiati : (Legge)
« Si è visto nell'ultima guerra quali importantissimi
servizi possa e debba rendere la cavalleria per le ricognizioni, per rischiarare le marcie, per soprassalti e
per altri simili uffici nella guerra minuta. »
E poi : « Noi non abbiamo tanta cavalleria da poterci ripromettere di impiegarne una parte soltanto
nelle operazioni della piccola guerra, e serbare l'altra per agire in massa, ma tutti i nostri reggimenti
dovranno essere nel caso di servire or nell'una or nell'altra maniera, conforme le eventualità, e quindi la
necessità di togliere tutti gli stendardi. »
Davvero io confesso, onorevole ministro, che queste
ragioni non mi soddisfano nè punto nè poco. Io vedo
che tutti gli eserciti, ninno eccettuato, hanno almeno
due specie di cavalleria, La Prussia ha corazzieri, dra-
goni, lancieri (che chiamano «Zani) ed ussari. L'Austria
ha corazzieri, dragoni, anche lì vi sono gli ulani e gli
ussari; il Belgio ne ha ire specie, e noi abbiamo
provato nel 1848 ad averne una sola ed abbiamo veduto che non poteva andare. Una delle prime riforme
di cui mi sono occupato, dopo il 1849, fu di stabilire
cinque reggimenti di cavalleria leggiera, perchè potessero fare tutti i servizi di riconoscenze, di esplorazioni, ecc., mantenendo quattro reggimenti di cavalle«
ria di linea per formarne una divisione.
Mi perdoni l'onorevole ministro della guerra, pretendere che la nostra cavalleria possa fare quello che
nessun'altra cavalleria si crede capace di fare, me lo
perdoni, ma mi pare che è una presunzione assai
spinta.
Io sono il primo a convenire, onorevole ministro,
che sono troppe le specialità che hanno gli altri paesi,
ma appunto per questo, l'essere gli altri paesi andati
oltre in queste specialità, è una prova, mi pare, della
necessità di avere più di una specie di cavalleria.
Sino dai tempi più remoti, sino da Senofonte, che
credo sia il più antico storico che ci sia, venendo agli
antichi Romani, tutti hanno creduto necessario di avere
due specie eli cavalleria. Tutti hanno una cavalleria
speciale per le ricognizioni, per percorrere i paesi, e,
se voi sciupate tutta la cavalleria in questi servizi, non
l'avrete più nel momento dell'attacco.
Mi pare che quel fatto solo avrebbe dovuto trattenerlo.
RICOTTI, ministr&per la guerra. Ma se ce ne sono
due. Finora non ho cambiato niente, ci sono 10 reggimenti di cavalleria leggera e 10 di cavalleria di linea.
LA MARiORA. Scusi, ma allora ha cambiato idea ; ripeterò le parole della sua relazione :
« Noi non abbiamo tanta cavalleria da poterci ripromettere d'impiegarne una parte soltanto nelle operazioni della piccola guerra, e serbare l'altra per agire
in massa, ma tutti i nostri reggimenti dovranno essere
nel caso di servire or nell'una or nell'altra maniera,
conforme le eventualità. »
T anto è che hanno preso un numero progressivo dall' 1 al 20. Oggi non ci sono più nè Savoia, nè Milano,
nè MontebelJo, non c'è più niente; 1, 2, 3, 4 e via.
Osservo di più : se l'onorevole ministro riflette al
personale in generale, deve confessare che su dieci ufficiali ne troverà forse due che abbiano l'attitudine per
l'uno e per l'altro servizio ; gli altri otto sono tutti
più o meno appropriati o all'uno o all'altro, e l'intelligenza degli ufficiali di cavalleria leggera non si trova
in tutti. Vi sono di quelli che sono eccellenti per faat»
tersi ma che non hanno sufficiente intelligenza per
quel servizio : ed è per questo che negli specchi caratteristici, quando mi occupava molto dettagliatamente di
ogni cosa, io diceva : buono per la cavalleria di linea,
buono per la cavalleria leggera, oppure buono per entrambe, Però questi ultimi erano pochissimi.
i
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TORNATA DEL I GIUGNO 1 8 7 2
o
Mi permetta poi l'onorevole ministro che, oltre il
non ammettere queste idee che egli ha esposte nella
sua relazione, io gli osservi che ve ne sono delle erronee, e fra queste vi è quella che il compito della cavalleria consiste nel correre e volteggiare in tutte le direzioni. Ma quest'idea è falsissìma. In questo modo si
rovinano i cavalli in due settimane di campagna. Una
tale idea è nata dai rapporti francesi, i quali dicevano :
sono arrivati 15, 20 ulani ; ma non sapevano che questi ulani avevano dietro delie divisioni ben formate.
Mi rincresce poi di avere veduta enunzlata l'idea dei
soprassalti. In questo modo, invece ài risparmiare gli
allarmi, che sono uno degli uffici della cavalleria che
è sempre in giro, metterà continuamente in allarme la
fanteria che fa tranquillamente il suo cammino per recarsi da una posizione ad un'altra. Queste sono cose
note ; è sempre avvenuto così.
In quanto alla parola soprassalti, confesso che io
non la capisco ; è un nome nuovo introdotto in questa
relazione. Forse vorrà dire sorprendere. Ma, se si tratta
di sorprendere, mi permetta il ministro di osservargli
che non si sorprende cogli uomini sparpagliati. Quando
si sorprende, si deve essere forti, si deve essere serrati
per combattere, e non sparpagliati.
io confesso la verità che non vedo più un concetto
nel suo organamento della cavalleria.
Ne ll'armata piemontese, e poi anche nell'armata italiana dopo l'annessone della Lombardia nel 1859, si
aveva un concetto, ed era che ogni divisione avesse un
reggimento di cavalleria leggera, e vi fosse poi una
divisione di cavalleria di linea riunita.
Questo riparto è necessario che prima si conosca,
che ognuno sappia anche prima qual è l'ufficio che
dovrà adempiere. Bisogna che ci sia un concetto.
Intanto, per tutte queste riforme, dirò all'onorevole
ministro che io deploro, e deploro grandemente, divedere la mancanza che c'è adesso negli ufficiali di cavalleria.
C'è una vera mancanza, e non posso a meno di attribuirla un po' a questo sistema che fa sì che non c'è
più quell'amore che c'era pel servizio.
Io mi rammento che in Piemonte era tale la voglia
che c'era nella gioventù di entrare nella cavalleria che
si adattavano a stare due o tre anni nella fanteria colla
promessa di esser passati nella cavalleria, ovvero si
adattavano a stare a metà paga in cavalleria e in soprannumero, tanti erano coloro che volevano entrare
in quell'arma.
Io non so come farà l'onorevole ministro per avere
i necessari ufficiali.
Egli mi dirà che ci sono i volontari, ma io auguro
che i volontari, coll'&truzione che hanno, possano corrispondere all'aspettativa, ma ne dubito assai, e temo
che prima di farli ufficiali bisognerà mandarli a scuola.
Vengo all'ultima riforma, a quella degli stendardi ;
che, di tutte le riforme, quella che mi ha più addolo-
rato è di vedere togliere gli stendardi alla cavalleria,
perchè, togliendo gli stendardi alla cavalleria, egli ha
tolto il prestigio anche agli stendardi delle altre armi.
Mi permetterà l'onorevole ministro che io gli rammenti che, come rammentano le storie, in tutte le epoche, anche nelle più remote, ritroviamo la insegne. Chi
guarda i quadri ed i mosaici vede bandiere da tutte le
parti, vede più bandiere che armi. In questa parte certo
si manifesta la solita esagerazione dei pittori, ma è
pur questa una prova che si usavano le insegne, come
appare dalle descrizioni dei combattimenti.
Ho letto, non so più dove, che nei tempi in cui si
combatteva corpo a corpo, vi furono generali che pigliavano le insegne e le gettavano frammezzo le schiere
nemiche per obbligare i propri soldati ad andarle a
prendere. Ora non si combatte guari corpo a corpo ; ma,
ciò non ostante, l'importanza delle insegne è enorme.
A questo proposito è da notare che siffatta importanza è ora di molto cresciuta. Allora le insegne erano
esclusivamente insegne di corpi; ora sono diventate emblemi nazionali, poiché vi si sono aggiunti i colori della
nazione. Ora come si può privare un reggimento di cosa
che ha tanto valore? Si dice che è meno opportuno lo
stendardo ora che i reggimenti si sparpagliano. Questo
è un errore che ho già segnalato. Se si deve sparpagliare qualche reggimento, è pur necessario tenere alcuni squadroni uniti per poterlo sostenere. Ora la bandiera sta con questi squadroni. Si è sempre dato una
grande importanza alle bandiere; una volta si chiamavano sacre e si benedivano. Anche gli operai, quando
si radunano, innalzano una bandiera al punto di convegno. Tutti vogliono una bandiera per riunirsi ; la
bandiera è un segno di riunione. Non capisco l'idea
dell'onorevole ministro che le tolse alla cavalleria.
Quando io era nell'Accademia, non so se quando vi era
l'onorevole ministro si tenesse ancora quest'uso, ma
ricordo che ai miei tempi si facevano talora delle finte
battaglie, dividendosi i giovani in due corpi e ritenendo ciascuno dei corpi uno stendardo, il quale ordinariamente era il manico della granata. {Ilarità)
Prima di lasciarcelo strappare di mano questo stendardo, ci facevamo pestare e talvolta strascinare, e d'or dinario bisognava che intervenissero gli aiutanti.
In tutte le guerre lo stendardo ha sempre avuto una
immensa importanza. Io mi rammento di aver trovato
una volta, nella campagna del 1848, un reggimento
scompigliato. Era difficile raccozzarlo insieme ; ma essendovi ancora il porta-bandiera, il quale, sebbene ferito, aveva conservata la sua bandiera, io lo pregai di
fermarsi, e per mezzo suo siamo allora riusciti a rite»
nere tutto il reggimento. Se non avevamo quella bandiera, noi non l'avremmo più ritenuto.
Del resto è noto a tutti che la bandiera è una cosa
importante. I Turchi, per esempio, i quali non conosceranno forse l'arte della guerra come altre nazioni,
ma che per ardore nel battersi non sono secondi a nes«
2462
CAMERA DEI DEPUTATI —
suno, annettono un grande prestigio alla bandiera, ed '
a questo proposito mi rammento una loro cerimonia militare che voglio raccontare. Prima della guerra di Crimea, trovandomi a Costantinopoli, io vidi questa funzione clie molto mi commosse. Erano soldati che avevano
finito il loro tempo, e tutti, come là si usa, ricevevano
indistintamente il loro congedo. Tutti venivano passati in rivista colla musica in testa, e quelli che volevano riprendere il servizio deponevano il loro congedo
sotto la bandiera. Questo vuol dire che nella bandiera
vedono proprio un simbolo del reggimento.
Mi permettano poi, prima di finire questo grave argomento, che io citi qui alcune parole che dimostrano
come la pensino in altri paesi sull'affare della bandiera.
In uno dei migliori scritti pubblicati recentemente intorno all'ultima guerra io ho trovato questo sfogo di
dolore: « Livrer ses armes à l'ennemi, se livrer soimême c'était une véritable humiliation, mais lui remettre ces symboles de l'honneur militaire, ces emblèmes que les régiments saluent et respectent parce qu'ils
les suivent au milieu du feu, et les defendent au prix de
leur sang parce qu'ils sont la consécration de leur histoire, c'était un affront, on peut le dire, une honte de
plus infligée à l'armée. »
Così la pensano sulle bandiere negli altri paesi, ma
pel nostro ministro sono un impaccio.
Prima di finire, mi permetto di presentare un ordine
del giorno. In 23 anni di vita politica è il primo che
presento ; chi sa che non sia anche l'ultimo. Ecco il
mio ordine del giorno :
« La Camera invita il Ministero a far esaminare da
una Commissione di generali se non sia il caso :
1° Ricostituire il nostro esercito attivo in divisioni
permanenti, come già erano state da noi formate nel
1859, e come sono ora introdotte, senza eccezione,
in tutti gli eserciti delle grandi potenze continentali
d'Europa ;
2° Separare di nuovo l'artiglieria di piazza, di battaglia e il treno, come tutti dopo di noi gli altri eserciti hanno separato in appositi reggimenti queste tre
distinte specialità ;
3° Distinguere di nuovo sostanzialmente la cavalleria leggera dalla cavalleria di linea, non essendovi un
solo esercito, nè grande nè piccolo, allïnfuori di noi
ora, che abbia una specie unica di cavalleria ;
4° Finalmente verificare se non vi sono altri cambiamenti recentemente introdotti che, comunque di
minore importanza, possano compromettere la forza e
la coesione dell'esercito italiano.
« La Camera non intraprenderebbe la discussione
del progetto di legge sull'ordinamento dell'esercito,
presentato dal ministro della guerra il 15 gennaio
1872, finché non le fosse comunicato il rapporto della
proposta Commissione di generali, che il ministro della
guerra s'impegnerebbe di nominare il più presto possibile. »
SESSIONE DEL
1871-72
D'AYALA. Chiedo di parlare.
MINISTRO PER LA GUERRA. L'onorevole La Marmora
nel suo discorso ha trattato due questioni fra di loro
distinte, militare l'una, politica l'altra ; quest'ultima
riguardante le nostre relazioni politiche e diplomatiche
colla Francia. Su questa seconda parte lascio che i
miei colleghi, molto di me più competenti, diano
quelle spiegazioni che desidera l'onorevole La Marmora {Interruzione del deputato La Marmora), benché talune potrei anche darle io stesso ; e così potrei
osservare come, fra le altre cose, l'onorevole La Marmora abbia quasi lasciato credere che siano stati
ispirati dal Ministero certi opuscoli recentemente venuti alla luce, nei quali si dimostrava, non solo come
possibile, ma quasi come inevitabile una guerra colla
Francia. (Segni negativi del deputato La Marmora)
Ora io, senza che voglia assumermi di rappresentare la parte politica del Gabinetto, tuttavia dichiaro
che il Governo ha sempre veduto con grande suo
rammarico tutte le intemperanze a cui si abbandonava
tanto una parte della stampa italiana quanto una parte
di quella francese, le quali, anziché assumersi la lodevole missione di cercare di togliere quelle cause di attrito che potevano esistere fra le due nazioni, pareva
si studiassero invece di fomentarle e di tenerle vive.
Ma di ciò, come ripeto, lascierò che dieno, ove occorra,
quelle spiegazioni che crederanno il presidente del
Consiglio ed il ministro degli affari esteri.
Io verrò dunque senz'altro alla parte militare del
discorso dell'onorevole La Marmora. E qui debbo cominciare col fare i miei ringraziamenti a lui, che, malgrado i molti appunti che mi ha mossi, tuttavia ha nel
suo dire usato verso la mia persona non solo dei riguardi, ma volle anche attribuirmi dei meriti che riconosco di non avere interamente.
Anzitutto, è dover mio di cercare senz'altro di to-j
gliere di mezzo un equivoco.
Al dire dell'onorevole La Marmora, tutto quello che
ho fatto e sto facendo non sarebbe che un parto della
mia fantasia, che ideo e metto in opera senza che
venga da me consultato alcuno degli uomini pratici
e competenti nella materia. Ma stanno poi elleno
veramente le cose in questi termini ? Ho già dichiarato altra volta alla Camera, e di questa mia dichiarazione pare non abbia l'onorevole La Marmora
creduto di tener conto, come tutto quello che ho fatto
finora altro non sia che l'attuazione del progetto e
delle idee che furono manifestate e svolte in seno alla
Commissione appositamente istituita dopo la guerra
del 1866 dal compianto nostro collega il generale Gugia, allora ministro della guerra. Quella Commissione,
come ho già avuto l'onore di dire, era composta di
tredici o quattordici generali d'ogni arma, che avevano
preso parte a quasi tutte le battaglie combattute per
l'indipendenza italiana. Ebbene, tutte le riforme che
ho introdotte e quelle che sto effettuando, compresa
— 2463 TORNATA DEL I GIUGNO 1 8 7 2
o
in esse anche la soppressione delle batterie a cavallo,
e meno soltanto il ritirò delie bandiere ai reggimenti
di cavalleria ; tutto, ripeto, è stato esaminato, discusso
ed approvato da quella Commissione. Ben lungi adunque dall'avere operato di mio arbitrio e senza consultare alcuno, si persuada l'onorevole La Marmora, io
non sono stato nelle mie innovazioni che il puro esecutore delle idee degli altri e con esse però anche delle
mie, perchè io pure faceva parte di quella Commissione.
Per le modificazioni introdotte nell'artiglieria, l'onorevole La Marmora è stato forse indotto nel suo
giudizio dalle informazioni che gli avrà fornito qualche persona, che pure ha molti meriti, ma che non
essendo allora stato chiamato a far parte di quella
Commissione, neppure io ho creduto di doverlo interrogare, visto anche che le sue idee non s'accordano con
quelle che oggi prevalgono, e quindi non possono certamente essere favorevoli alle innovazioni introdotte
nell'ordinamento dell'esercito.
Posto adunque ben in sodo, come io tenga continuamente per norma del mio operare le proposte della
più volte rammentata Commissione, passerò ad altro
appunto che mi è stato mosso dall'onorevole La Marmora.
Egli mi ha accusato di non conoscere e di noñ procurarmi informazioni su quanto si fa all'estero, e lo
prova, secondo lui, il fatto che io opero in opposizione
precisa a tutto quello che si pratica dalle altre potenze.
Dirò più in là, e farò vedere alla Camera che
quest'appunto non è conforme alla verità delle cose,
dappoiché sia mia cura continua di fare io stesso e di
fare eseguire studi attenti su tutto quello che avviene
presso le altre potenze in fatto di cose militari.
Entrando ora qui nel merito delle varie critiche che
mi sono state mosse dall'onorevole La Marmora ed incominciando dalle brigate permanenti che sono state
da me sciolte, osserverò che la cosa non è del tutto
nuova, avendo avuto occasione di fare presentire alla
Camera questo mio divisamente fin dallo scorso anno,
ed allora appunto, se non vado errato, che ebbe luogo
la discussione a proposito dei quattro discorsi stampati dallo stesso generale.
Ma anche su questo argomento delle brigate, il disparere tra me e l'onorevole La Marmora, credo derivi piuttosto da un equivoco che da una disparità di
vedute.
Io credo che l'edificio del nostro ordinamento minare sarà coronato quando, non solo le brigate,
^a anche le divisioni ed i corpi d'esercito saranno
permanentemente costituiti; ma come ognuno facilmente intende, a questo risultato non si potrà giungere
non quando possa anche presso di noi adottarsi in
tutta la sua estensione il sistema territoriale di reclutamento come si pratica in Prussia, quando cioè ciascun corpo d'esercito si recluti nel territorio che occupa.
Se
Certamente prendendo dei mezzi termini si hanno gli
inconvenienti senza alcuno dei vantaggi che da un dato
sistema derivano, e qui sta appunto la differenza fra
l'onorevole La Marmora e me. Quando un deputato mi
venisse a dire, noi siamo al punto di potere introdurre
il sistema del reclutamento territoriale, costituire le
divisioni per provincie, e i corpi d'esercito per regioni :
allora non vi sarebbe più nessuna difficoltà e non vi
sarebbero che vanteggi a costituire permanentemente
in tempo di pace le divisioni e i còrpi d'esercito come
devono essere in tempo di guerra, ma fino a che necessità politiche, necessità d'istruzione e d'ordine sociale obbligano l'Italia a non adottare completamente
il sistema territoriale, io credo che sarebbe un errore,
un vero danno, il voler tenere una parte di queste formazioni permanenti.
Del resto la soppressione delle brigate non è quale
la intende il generale La Marmora ; si è stabilito bensì
che non è necessario che i reggimenti si succedano per
numero per costituire le brigate, come era dapprima
ordinato ; ma le brigate continuano a sussistere e ad
essere costituite anche in tempo di pace, ciò che forma
una bella differenza dal sistema francese accennato
dall'onorevole La Marmora. Secondo quel sistema non
esistevano le brigate, ma soltanto dei comandi territoriali ; invece da noi sussistono sempre le brigate, soltanto che invece di essere formati e trovarsi riuniti
nella stessa brigata, per esempio, il 39° e 40°, essa sarà
composta invece del 40° e del 5 I , come d'altronde si fa
anche in Prussia, e secondo il qual sistema si accoppiano insieme reggimenti qualunque siensi i loro numeri.
LA MARMORA. Sempre.
MINISTRO PER LA GUERRA. Non sempre, perchè alla battaglia di Sadowa del 1866 molte brigate erano divise.
LA MARMORA. Nel 1870.
MINISTRO PER LA GUERRA. Lo spiego subito perchè
hanno cambiato.
Io ritengo che, per quanto possibile, è meglio che
lo stesso generale il quale comanda una brigata in
tempo di pace possa pure averla sotto i suoi ordini in
tempo di guerra, ma non credo indispensabile che
siano eternamente gli stessi reggimenti che costituiscono la brigata.
Vi sono delle circostanze accidentali che obbligano
a separare i due reggimenti, ma quando questi due reggimenti sono separati vanno a formare un'altra brigata la quale può durare tre, quattro, dieci anni, e non
è così necessario riprendere quel tal reggimento per
formare, per esempio, la brigata Aosta, la brigata Piemonte, ecc. ; col quale sistema si evitano taluni inconvenienti che si sono verificati nella mobilizzazione del
1866, e fino ad un certo segno anche in quella del
1859, sebbene in quella prima occasione su scala minore, dacché fosse allora assai più facile di tenere insieme, o, se divisi, riunire prestamente in ogni eveo
EBSaaMggifflaiSKBB^
- 2464 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1871-72
nienza i reggimenti che componevano una brigata,
giacché la maggior distanza fosse fra Torino e Genova
o fra queste città ed AlessandriaLa cose cambiano però nelle nostre condizioni attuali, quando, per esempio, si dovesse far correre un
reggimento da un capo all'altro della penisola per andare a costituire la brigata, come, ripeto, è avvenuto nel 1866. Non è egli meglio adunque che la brigata già si trovi formata, sia pure dei 89° e del 51°, ma
die da qualche anno si trovi sotto il comando di uno
stesso generale che all'evenienza dovrebbe anche condurla così beli' e formata in guerra ?
Nel fondo della questione siamo adunque d'accor ìo
l'onorevole La Marmora ed io ; solo nel modo di raggiungere lo scopo noi divergiamo, entrambi seguendo
una via diversa, come sono venuto esponendo. Questo
però mi preme che si ritenga, che le brigate non sono
da me sciolte ma bensì conservate anche in tempo di
pace, soltanto che invece di essere costituite di reggimenti vicini di numero, possono esserlo anche di reggimenti qualsiensi.
Ma l'onorevole La Marmora ha fatto gran caso che
una brigata in tempo di pace possa essere formata anche di tre reggimenti o di un solo. E qui mi affretto a
dichiarare che questo non è che un temperamento eccezionale.
Ora noi abbiamo alcune divisioni territoriali che
hanno cinque reggimenti, altre che ne hanno tre soltanto, perchè necessità di servizio, circostanze di località ci obbligano a ciò. Certo sarebbe preferibile, e
desidererei poterlo fare, che ogni divisione territoriale
avesse i suoi quattro reggimenti : ma attualmente ciò
non si può ottenere. Epperciò là dove vi sono cinque
reggimenti si formano due brigate, una di tre regimenti
e l'altra di due. Succede invece che un'altra divisione,
lì vicina, abbia una brigata di un sol reggimento ? Ebbene in caso di mobilizzazione si prende un reggimento
dalla prima che ne ha tre, e le due brigate si trovano
così tosto regolarmente costituite»
Lo ammetto anch'io che l'inconveniente in parte
sussìste pur sempre; ma mi sembra che, così riparato,
possa riescire il meno dannoso nelle condizioni dell'esercito nostro.
L'onorevole La Marmora è passato poi a dire che
sarebbe molto meglio designare i reggimenti con un
nome, anziché indicarli con un numero. Io gli osservo
però che da noi i reggimenti sono stati sempre distinti
col numero : prima in Piemonte, poi in tutta Italia si
è sempre parlato del 1° reggimento, del 7°, del 10°, del
23°, cosa d'altronde che si hsa presso tutte le altre nazioni ; e tutti diffatti nel tener dietro all'ultima guerra
avranno letto e sentito a parlare del 50° reggimento
prussiano, del 2° reggimento della guardia...
LA IARM0RA. Non è che in Francia che non hanno
nome.
MINISTRO PER LA GUERRA. Dico che si nomina il 50°
reggimento prussiano, il quale è stato notato all'ordine
del giorno ; e così il 37° reggimento, ma io non so e
credo nessuno sappia che nomi portino.
LA MARMORA. Hanno tutti dei nomi.
VALERIO. Sono nomi di principi ad honorem,
MINISTRO PER LA GUERRA. Hanno dei nomi però che
non sono conosciuti, perchè nelle pubblicazioni ì reggimenti non sono ordinariamente notati che col numero.
Del resto da noi i reggimenti sono oggidì così denominati, per esempio, il 5° reggimento, 5° reggimento
Aosta; il 6°, 6° reggimento Aosta; il 13°, 18° reggimento Pinerolo, ecc.
L'onorevole La Marmora ha poi mostrato di preoccuparsi assai e di dare gran peso all'emulazione ed
allo spirito di corpo. In questo io non posso che associarmi interamente a lai, e l'assicuro che faccio e farò
quanto dipende da me perchè l'emulazione e lo spirito
di corpo, quest'ultimo specialmente, sia coltivato e
spinto più innanzi possibile, dappoiché da esso si
possano veramente attendere quei felici risultati, e
quegli atti di eroismo che sa compiere chi da, quello
spirito sia animato.
Un appunto più grave mi ha dopo ciò rivolto il generale La Marmora a proposito delle batterie a cavallo, riguardo alle quali non solo io non avrei tenuto
conto delle raccomandazioni sue, ma avrei precisamente
operato in opposizione alle raccomandazioni medesime. Qui mi occorre sottoporre alla Camera alcune
considerazioni. Come dissi più sopra, la Commissione
del 1866 ha pure esaminato e discussa questa questiona
della conservazione o meno di tali batterie, e devo aggiungere ad onor del vero come nella Commissione
stessa, essendo stato pari il numero dei voti, si fosse
conchiuso che quelle batteria dovevano essere conservate.
A fronte di questo verdetto della Commissione ed
anche per fare atto di deferenza verso il generale La
Marmora, m'ero a tutta prima deciso a conservare la
due batterie a cavallo; ma, considerando poi come non
fosse assolutamente giustificabile il mantenere due sole
di cotesto batterie, sono venuto nella determinazione
di sopprimerle. E diffatti, se due batterie a cavallo
stavano in giusta proporzione colle 18 o 20 batterie
di battaglia dell'esercito subalpino, noi starebbero menomamente con le 80 o 100 dell'esercito italiano, e ce
ne vorrebbero almeno 10 o 12.
Ed anche prescindendo da ciò che la necesità di
cotesta specialità d'artiglieria è da non pochi contetestata, v'era un'altra considerazione che ne sconsigliava la formazione per noi, voglio dire la difficoltà
dei cavalli. Ciascuna batteria a cavallo richiede quasi
il doppio dei cavalli che occorrono per una batteria
campale ordinaria, cioè di battaglia.
E chi non sa quante difficoltà già s'incontrano da
noi per aver cavalli a sufficienza per quest'ultima ? E
ciò essendo, non è egli meglio aver 20 batterie di bat-
TORNATA
DEL
taglia, che IO a cavallo ? Queste sono le ragioni clie
mi indussero a sopprimere le due batterie a cavallo, e
non altre ; e mi sembrano di sufficiente peso.
Dirò di più che questa questione di cui l'onorevole
La Marmora ha fatto cenno, è stata lungamente discussa in Prussia adesso, dopo la campagna del 1871 ;
la Commissione quindi incaricata di esaminare la questione del riordinamento dell'artiglieria è stata in perplessità anche essa tra la soppressione delle batterie
a cavallo o la loro conservazione. C'era chi voleva
mantenerle, ma c'era anche chi sosteneva la convenienza di sopprimerle per aumentare le batterie di
battaglia. E vi fu, per quanto mi risulta, uguaglianza
di voti fra le due parti. Per il momento furono conservate tali quali erano prima della, campagna del 1870,
ma non è questione ancora pienamente risolta.
Ed è bene da notarsi che in Prussia la difficoltà dei
cavalli è di gran lunga inferiore che da noi, perchè, in
proporzione dell'estensione del territorio, il numero dei
cavalli disponibili pel servizio militare è molto superiore che in Italia. Dunque se in Prussia la questione
della soppressione di esse batterie è discutibile, da noi
doveva essere risolta in modo affermativo.
Tra gli altri punti toccati dall'onorevole La Marmora nel suo ordine del giorno vi è pur quello se
convenga tenere fuse insieme come ora sono le due
specie di artiglieria da piazza e da campagna ed il
corpo del treno. A me sembra che una questione
simile sollevata ora, sia del tutto fuori dell'argomento
che ci occupa, e combatterò come meglio mi sappia
questa parte del suo ordine del giorno, se egli non crederà bene di ritirarlo.
Accennando a codesta questione, egli dice presso
tutte le altre potenze si cammina in senso opposto, ed
a modo d'esempio cita la Francia. Così sarà stato una
volta, mei consenta onorevole La Marmora, ma tutti
sanno che anche colà si fanno ora i reggimenti d'artiglieria composti di 10 batterie di cui due a cavallo
e 8 di battaglia, di due compagnie da piazza e due
di deposito.
L'esempio citato non regge adunque, e starebbe in
mio favore anziché provare contro.
Rettificato così questo errore di fatto in cui è incorso
l'onorevole La Marmora, vengo ora alla questione dei
pontieri che egli non vorrebbe fossero dall'artiglieria
passati a far parte dell'arma del genio. Ma qui si affaccia da sé una questione pregiudiziale. Ho appena bisogno
di rammentare che io ho presentato un progetto di ordinamento dell'esercito ; che quel progetto,dopo essere
stato discusso in Comitato, si trova sotto l'esame di
una Giunta della Camera. Quando quel progetto verrà
qui in discussione sarà allora il momento opportuno •
di esaminare se convenga mantenere i pontieri in reggimento isolato faciente parte dell'arma di artiglieria,
oppure se sia meglio aggregarli al genio.
Ed a proposito dei pontieri, l'onorevole La Marmora
SESSIONE 1 8 7 1 - 7 2 - CAMERA PEI DEPUTATI -
Discussioni.
300
1°
GIUGNO
1 8 7 2
ha pure parlato dei conducenti, ed ha detto che, siccome i ponti sono trasportati su carri, a suo avviso,
sono perciò meglio adatti a quest'ufficio gli ufficiali
di artiglieria che non quelli del genio. Ma io osservo
che i pontieri non hanno mai avuto conducenti propri ; anche quando facevano parte dell'artiglieria, essi
si servivano del treno per i trasporti. Quanto all'osservazione che il materiale dei ponti abbia più affinità
col materiale dell'artiglieria che con quello del genio,
veramente io non so se un barcone rassomigli più ad
un cannone, che, per esempio, al telegrafo od a qualche altro oggetto del genio. Un confronto mi pare
non si possa proprio istituire.
Ad ogni modo fa pena al generale La Marmora che
10 abbia in mente di togliere dall'arma d'artiglieria,
per passarlo al genio, questo servizio dei pontieri, nella
maniera stessa che gli ha fatto dispiacere che io abbia
sciolte le batterie a cavallo e toccato ai bersaglieri ; le
tre cose che, a suo dire, formavano l'ammirazione degli
illustri stranieri che venivano una volta a visitare il
Piemonte, e che loro si potevano far ve Sere con compiacenza ; le tre cose che, toccandole, io avrei appunto
guastate.
Mei perdoni però l'onorevole La Marmora ; ma, se
quelle piccole soddisfazioni poteva allora procurarsele
11 Piemonte, le cose hanno molto cambiato da allora
in poi e le idee fatta molta strada.
Del resto le compagnie dei pontieri le abbiamo bsn
sempre ancora poco mutate da quel chs erano allora,
e qui in Roma si trova appunto una di tali compagnie!
precisamente uguale a quella che si trovava in quei
tempi a Torino, quella a cui anche io aveva l'onore di
appartenere. Ebbene, vennero a Roma il principe ài
Prussia, il principe di Galles ed altri illustri forestieri,
ma nessuno si è curato di andare a vederla, come avrebbero potuto benissimo fare ; ma non vi sono andati,
essendovi tante altre cose da vedere ; sarà questa, se
vuole, una disgrazia per l'esercito, ma il fatto è così.
Ripeto adunque che certe piccole soddisfazioni che una
volta avevano un qualche valore, non lo hanno più
adesso, troppi essendo i cambiamenti avvenuti.
In quanto ai bersaglieri poi, mi rincresce che si voglia ritornare su questo argomento ; ms, poiché così è
piaciuto all'onorevole La Marmora, risponderò che i
bersaglieri non hanno punto cambiato da quel che
erano, giacché tutte le mutazioni che si sono introdotte in quell'arma hanno consistito nel mettere quattro battaglioni per reggimento invece di sei od otto
come erano prima, e questo cambiamento non credo
abbia alterato tutto l'ordinamento dei bersaglieri, in
modo che essi più non valgano nulla. Io invece penso
che, se i bersaglieri erano buoni prima, sono eccellenti
adesso, e lo saranno sempre più, se si presenterà l'occasione di farne prova.
Relativamente all'uniforme dirò poche parole, non
essendo questo un argomento che valga la pena di in-
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— 2466
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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1871-72
trattenere lungamente la Camera. Io mi limiterò
quindi ad osservare che il cambiamento dell'uniforme
è stata una conseguenza degli altri cambiamenti avvenuti, ed era esso domandato da quasi 10 anni da tutti
i corpi indistintamente. Perfino i veterani e gli invalidi,
ai quali questo cambiamento d'uniforme non è ancora
stato fatto, chiedono anch'essi che ciò avvenga quanto
prima; ed è naturale, dappoiché, vedendo che tutti portano il cinturino sotto e che ciò torna più comodo,
anch'essi domandano di poter godere di simile comodità. (Si ride)
Una volta poi cambiato un sistema, ne consegue
che debbano cambiare gli accessorii che ne dipendono.
Ora, se i bersaglieri dovevano portare il cinturino sotto,
non poteano più tenere la tunica lunga, dovendo la
sciabola uscir fuori. Il lieve cambiamento avvenuto
nell'uniforme non è dunque che la conseguenza d'un
principio che può essere giusto o no, ma che, una
volta adottato, vuol essere seguito in tutte le sue conseguenze. Tranne questo cambiamento, l'uniforme dei
bersaglieri è rimasto come era prima.
Ma dove si è più a lungo fermato l'onorevole La
Marmora è sulle riforme introdotte nella cavalleria.
Anche qui c'è di mezzo qualche equivoco. Non ho
ora ben presente di quale relazione o decreto abbia il
generale La Marmora inteso parlare ; comunque siasi,
la questione della cavalleria è a questo punto Sta infatti che il Comitato, interpellato in proposito, si sia
pronunciato a maggioranza di voti pel sistema d'una
sola cavalleria, la quale però fosse in parte armata
di lancia ed in parte armata di moschetto, in guisa
che uno stesso reggimento possa fare il doppio servizio di lancieri e di cavalleggeri. Quest'idea è talmente nuova, talmente diversa dal sistema seguito
negli altri eserciti, che è stata bensì esaminata dal
Ministero, ma non adottata da esso.
Attualmente vi sono dieci reggimenti di lancieri e
dieci di cavalleggieri armati diversamente, composti
di uomini di diversa statura e provvisti anche di cavalli di statura diversa, come sono anche posti in condizioni diverse per quello che riguarda le razioni dei
cavalli. Dunque la questione delle due cavallerie non
solamente non è compromessa, ma non è stata da me
neppure toccata. E ciò mi preme sia posto bene in
sodo, perchè sull'ipotesi di una sola cavalleria l'onorevole La Marmora ha fatto molte giustissime osservazioni, accennando a molti inconvenienti che ne potrebbero derivare... (Interruzione dell'onorevole La Marinora)
Le due cavallerie ci sono sempre egualmente.
Quanto al numero dei reggimenti l'onorevole La
Marmora fa un gran caso perchè non se ne è divisa la
numerazione; egli dice che si poteva benissimo numerare
i dieci primi reggimenti di lancieri e poi cominciare
una nuova numerazione per gli altri dieci reggimenti di
cavalleggeri. Ma io rispondo che anche nell'artiglieria
abbiamo sempre avuto dei reggimenti di piazza e reggimenti di campagna, i quali erano diversi tra loro, e
ciò nonostante erano tutti segnati con una sola numerazione progressiva. Dal sistema da me seguito non
mi pare adunque possa derivare confusione di sorta.
È stabilito, e si sa, che i dieci primi reggimenti sono di
lancieri e che gli ultimi dieci sono di cavalleggeri ; la
cosa mi pare così semplice da non ammettere ambiguità. Del resto, a tenere un'unica numerazione progressiva io sono stato anche indotto da ciò, che non è
ancora ben deciso se si abbia da mantenere la stessa
proporzione di cavalleggeri e di lancieri. Per lasciare
adunque piena libertà alle deliberazioni successive, si
è data una numerazione unica, e non si è poi toccato
il nome che i reggimenti di cavalleria portavano e che
è loro conservato.
Quanto poi al mettere un uniforme unico, bisogna
esser logici e conseguenti. Io non sarei alieno, quando
potessimo avere le nostre divisioni permanentemente
costituite, dall'adottare per ciascuna divisione uno speciale distintivo, un segno od un colore che le distinguesse l'ima dall'altra ; aia quando è ammesso il principio opposto, quando noi abbiamo 80 reggimenti di
fanteria tutti eguali, quando abbiamo undici reggimenti
di artiglieria tutti eguali, quando abbiamo dieci reggimenti di bersaglieri tutti eguali, meno il numero, io
non so comprendere come si voglia tenere una differenza di uniforme soltanto per la cavalleria. Se si ammettesse per tutti i corpi, l'intenderei ; ma fare una eccezione per la cavalleria soltanto, non mi pare cosa che
possa ammettersi. Non ci resterebbero così che gl'inconvenienti, senza alcuno dei vantaggi ; perchè non
conviene dimenticare che la diversità di uniforme tra i
reggimenti rende più difficile il mantenere sempre ben
forniti i magazzini e le provviste ; difficoltà che si incontrano poi in iscala ben maggiore in caso di guerra,
conoscendosi quanto sia facile in quéi momenti che
nascano confusioni, ed oggetti destinati in un luogo
vadano invece a far capo in un altro. Che se l'uniforme sia identico per tutti, l'inconveniente che da
ciò deriverebbe sarebbe minore, dappoiché le robe
spedite possono servire egualmente ad un altro reggimento ; mentre, trattandosi di speciali uniformi,
come sarebbero quegli degli ussari o delle guide, gli
altri reggimenti non saprebbero certamente che cosa
farne. Il desiderio di poter antivenire siffatti inconvenienti, ecco qual è dunque stata la ragione per cui
furono eguagliati tutti gii uniformi della cavalleria.
Il generale La Marmora ha poi chiesto come si
voglia ripartire la cavalleria nell'esercito.
Codesto riparto sarà naturalmente regolato e dipenderà dalle idee che il Governo o il comandante genenaie dell'esercito avranno a questo riguardo al momento del bisogno. Però, siccome noi abbiamo 20 reggimenti di cavalleria, cioè 10 di lancieri e 10 di cavalleggieri, ed il nostro esercito, secondo l'ordinamento
t
2467 TORNATA DEL 1° GIUGNO 1 8 7 2
che gli si vuol dare, sarebbe composto di 10 corpi
d'esercito ; ciascheduno di essi avrebbe una brigata di
cavalleria formata di un reggimento di lancieri ed uno
di cavalleggeri, il che non toglie però che si possa fare
quell'altro riparto che il comandante dell'esercito crederà di adottare. Del resto, noi abbiamo visto anche
nella guerra del 1870 come la cavalleria passasse facilmente da un corpo d'esercito all'altro e subisse nei
riparto tutte quelle variazioni che erano richieste dall'andamento della guerra.
La cavalleria presso di noi è in proporzione assai
piccola di fronte a tutti gli altri eserciti d'Europa, e,
paragonata a quella della Francia, della Prussia e dell'Austria, non sta che in ragione della metà in meno.
Sarebbe pertanto da studiare la questione se non convenga aumentare quest'arma ; ma qui ci troviamo tosto
di fronte alla difficoltà di procurarci i cavalli.
Oltre a che, sin quando in Italia si combatta particolarmente nella valle del Po, se la cavalleria può rendere grandi servìgi nelle perlustrazioni, nelle scorrerie
fatte specialmente a grandi distanze, volendo però
adoperarla come arma combattente in masse, non potrebbe prestare servizi grsn fatto utili, essendovi poco
adatto il terreno.
Ed una prova di ciò l'abbiamo avuta nelle divisioni
di cavalleria di linea che erano costituite nel 1859 e
nel 1866, le quali divisioni, comesi ricorderà benissimo
l'onorevole La Marniera, non hanno potuto essere menomamente adoperate. Ed invero nelle guerre modèrne
ben di rado si presenta il caso che la cavalleria possa
operare riunita in massa. Invece la. cavalleria può
rendere immensi servizi, quando sia ripartita tra le divisioni e fors'anche tra le frazioni minori degli altri
corpi combattenti.
Lo stesso dicasi per le batterie a cavallo. Se le batterie a cavallo hanno reso dei servizi, li hanno resi
come batterie di battaglia, ma non mai come batterie
a cavallo ; e anche questo lo sa meglio di me certamente l'onorevole La Marniera.
Egli ha trattata a lusgo la questione della bandiera
dei reggimenti di cavalleria, e anche qui, ripeto, bisogna essere logici. Noi abbiamo 80 reggimenti di fanteria, e questi sono la vera base della formazione dell'esercito. Essi hanno la loro bandiera, ed io rispetto
e rispetterò sempre religiosamente questo simbolo sacrosanto di gloria di un corpo e, direi, della forza.
Abbiamo dieci reggimenti di bersaglieri, non hanno
bandiera ; abbiamo undici reggimenti d'artiglieria, non
hanno bandiera. Ricorderò anzi che il corpo d'artiglieria sino al 1850 ebbe la sua bandiera; ma, essendo
ministro allora l'ontrevole La Marmerà, ed essendolo nelle stesse condizioni in cui mi trovo oggi ad
esserlo io, cioè ministro che deve riformare, che deve
cambiare intieramente l'esercito (ed egli lo ha fatto
e molto bene), ebbene allora, nel 1850, l'onorevole
La Marmora ha scomposto il corpo d'artiglieria in
tre reggimenti distinti, ed invece di dare a ciascuno
di essi una bandiera, l'ha tolta. Allora io era ancora piuttosto giovine ; era da poco tempo capitano ;
molti dei miei camerati più anziani deploravano la
perdita della bandiera dell'artiglieria, cui nel 1848 era
stata appesa la medaglia d'oro al valor militare ; ed io
che ero allora fra i progressisti e difendevo le opinioni
dell'onorevole La Marmora, naturalmente nei crocchi
e nei caffè ho sostenuto in quell'epoca che faceva
molto bene a togliere la bandiera all'artiglieria, perchè la bandiera ha un valore reale ed importante
sol quando possa essere portata in guerra, ma non
quando è un simbolo di pace.
Ora, l'artiglieria operando sciolta, non può portare
la bandiera; potrebbe portare un'insegna qualunque
per batteria, ma non usa bandiera per corpo.
Lo stesso dicasi dei bersaglieri che generalmente
combattono per battaglioni sciolti.
Ora io domando se ciò non sia pure per la cavalleria.
Da noi la cavalleria non può in guerra mantenersi
formata in reggimenti ; ne abbiamo troppo poca. Siamo
obbligati generalmente a spartirla a due squadroni per
divisione ; e così a sciogliere i reggimenti. E cosa ne
succede se ogni reggimento ha lo stendardo ?
Mi rincresce dover entrare in questi particolari ; ma
l'onorevole La Marmora ben deve pur ricordare a che
cosa hanno servito nel 1859 e nel 1866 le bandiere di
cavalleria..,
Noi non sismo abbastanza ricchi in cavallerìa, lo
ripeto, per poter mantenere gli stendardi ; quando il
reggimento combatte sciolto, la bandiera non può essere portata ai combattimento ; e allora bisogna lasciare ad essa almeno uno squadrone di scorta, e così
si perde uno squadrone pel combattimento.
Così è successo il giorno della battaglia di Custoza ;
salvo per alcuni reggimenti i colonnelli dei quali, piuttosto che perdere uno squadrone pel combattimento,
si indussero provvidamente a mettere lo stendardo nel
carro del vivandiere.
Questi sono i fatti reali, e non poesia ; la poesia è
molto bella e mi piace ; ma quando si viene al concreto, quando si riflette che non abbiamo che 120
squadroni, come è possibile risolversi a sacrificarne
20 di essi, a dir poco, per custodire 20 bandiere, che
non si mostrano nel combattimento? (Benissimo!
Bravo /) Non per questo mi si può accusare di volere
abbattere il s-ntimento, lo spirito morale dell'esercito.
Tutt'altro : io, quanto l'onorevole La Marmora, credo
che la parte morale dell'esercito sia la principile ;
senza dubbio il sentimento nell'ufficiale e nel soldato
deve essere rialzato.
Or bene, io domando all'onorevole La Marmora (e
questo non è certo merito mio, e se potessi domandarlo, lo domanderei ai comandanti di corpo), io gli
domando, ripeto, se egli non creda che lo spirito del-
CAMERA DEI DEPUTATI
— SESSIONE DEL 1871-72
l'esercito si sia grandemente rialzato dal 1870 a questa parte. Qualunque ufficiale si sente oggi in condizioni ben diversa da quelle in cui si trovava nel 1866,
e 1867. Questo, lo ripeto, non è merito mio, è merito
di tutti.
Vuole l'onorevole La Marmora che io faccia delle
circolari, per raccomandare che si rialzi il morale
dell'esercito ? Per me queste sono tutte nullità. La cosa
deve venir da sè. Ci vogliono degli anni ; ma io son
persuaso che si arriverà alla meta desiderata, poiché
da qualche anno a questa parte si sono verificati dei
progressi immensi; e sento di poterlo affermare.
Io accetto quindi le raccomandazioni in questo
senso fatte dall'onorevole La Marmora, e può essere
persuaso che quella è la via sulla quale cammino per
quanto so e posso.
Egli non lo crede ; ed anzi sostiene che io cammino
in senso opposto : secondo lui io non bado al morale;
io non sono che un materialista, che non bado che al
numero dei cannoni o dei kepi!... Questo non è vero ;
io sono perfettamente della sua idea, e credo di attuarla, non tanto in parole, quanto nei fatti.
Egli ha pure accennato alle insegne antiche, quando
si combatteva corpo a corpo. Ma io gli osserverò che
allora ce ne morivano pochi nei combattimenti ; c'erano molte insegne e pochi uccisi, mentre invece adesso
vi sono poche insegne e molti uccisi; perchè si uccide
di lontano, e bisogna agire in modo diverso. La bravata di gettare l'insegna in avanti per poi mandarla a
riprendere, poteva essere ottima cosa per le bande, per
le truppe raccogliticce del medio evo, quando si davano delle grandi battaglie in cui cadeva qualcheduno
da cavallo, ma pochi erano i morti. Ma oggi...! (Si ride)
Io credo così d'avere risposto più o meno bene, od
anche male, se credono (No! no! — Si ride), alla maggior parte degli appunti che mi ha rivolti l'onorevole La
Marmora, per la parte militare. In quanto alla questione politica, io mi rimetto agli onorevoli miei colle-
ghi. (Bravo !)
PRESIDENTE. Il signor ministro della marina ha facoltà di parlare.
RIBOTY, ministro per la marineria, lo non era presente alla Camera quando l'onorevole deputato La
Marmora cominciò a ragionare, ma mi viene riferito
' che, alludendo ad un opuscolo il quale ebbe molto eco
in paese e fuori e che fece molto parlare i giornali, egli
era in certo modo indotto a crederlo, se non inspirato,
almeno scritto sotto gli auspizi del mio Ministero ; e
siccome suppongo che Fcpuscolo al quale accenna l'onorevole La Marmora sia il Guardiano di spiaggia,
mi affretto a dire che, fintanto che ho letto una simile
supposizione sui giornali, certamente non ne ho fatto
caso ; ma, vedendola oggi portata in Parlamento, io
devo pregare l'onorevole generale La Marmora a volersi disingannare dietro la categorica mia smentita.
LA MEMORA. Io accetto prima di tutto molto vo-
lentieri la dichiarazione dell'onorevole ministro della
marina, che il Ministero non abbia nulla che vedere con
quell'opuscolo;sono stato ingannato e ne sono lieto.
Mi permetterà poi l'onorevole ministro della guerra
che io gli dica che sta di fatto l'osservazione da lui
espressa che nella campagna del 1870 le brigate prussiane erano formate con reggimenti diversi da quel
che erano nel 1866 ; ma deve sapere che questo cambiamento non è una prova che le brigate debbano essere altre volte cambiate. Quando la Prussia ha annesso l'Annover, Cassel ed altri piccoli Stati, allora
ha formato delle divisioni con reggimenti prussiani e nuovi reggimenti di altre provincie annesse;
in una parola, ha mischiato l'elemento antico col
nuovo per mezzo di reggimenti, ma col proposito di
non più cambiarli. Quando in Prussia una divisione è
formata, non si cambiano più i suoi reggimenti, quello
che io vorrei da noi.
Nè vale la ragione data dall'onorevole ministro, che
non si possono mantener le brigate formate, perchè
noi abbiamo, per esempio, un reggimento a Palermo
e l'altro a Udine.
Teneteli uniti i reggimenti, non mandatene uno a
Palermo, mentre tenete l'altro a Udine. Mandate piuttosto ad Udine un reggimento di una brigata che sta a
Vicenza e così avrete i reggimenti vicini. Mas se voi mi
mandate ai due punti estremi d'Italia due reggimenti
appartenenti alla stessa brigata, è naturale che per riunirli ci vorrà qualche tempo. L'essenziale è di fare
quello che si fa in tutti i paesi, che tengono le divisioni
formate.
La Francia si trova precisamente nel caso nostro ;
essa non ha introdotto il sistema territoriale ed ha
le divisioni formate ; è questa una discussione che si va
svolgendo adessOj perchè i Francesi si sono trovati nel
1870 come noi nel 1866 con reggimenti non conosciuti
dai generali, con superiori che non conoscevano gli inferiori e con inferiori che non conoscevano i loro superiori. A questo modo è impossibile che le cose possano andar bene.
L'onorevole ministro della guerra dice che si occupa
molto dello spirito di corpo.
Io non ne ho mai dubitato, ma quello che proponeva
Io era di stimolarlo questo spirito di corpo, e non c'è
cosa che maggiormente soddisfi l'amor proprio di un
reggimento che il distintivo per cui si riconosce che il
colonnello, che Puffiziale, che il sergente, che il soldato
appartiene a quel reggimento. Quando tutti si assomigliano, quando non si può più distinguere un reggimento dall'altro, allora, creda a me, lo spirito di
corpo non è soddisfatto.
L'onorevole ministro della guerra ha detto, riguardo
alle batterie a cavallo, che bisognava crearne dieci o
dodici. Io aveva detto sei, e credo che quattro avrebbero bastato, Invece adesso noi ci troviamo in condizione inferiore a tutti gli altri paesi.
—
2469
-
TOKNATÀ DEL 1° GIUGNO
11 ministro dice che le batterie a cavallo non hanno
mai fatto molto. Io posso assicurare che nella campagna del 1848 mi è accaduto più di una volta di andare
colle batterie a cavallo dove le batterie t,i battaglia
non avrebbero potuto seguitare la cavalleria.
MINISTRO PER LA GUERRA. Sì, a Pastrengo.
LA lARiORA. Doas&ndo scusa : appunto a Pastrengo
era impossibile che le batterie di battaglia potessero
seguire quel movimento. Egli poi dice che da noi la
cavalleria di linea non ha fatto niente nel 1859. Si è
perchè non l'hanno impiegata. Per la stessa ragione
anche nel 1866 non ha fatto gran cosa, laddove doveva
e poteva fare.
Io vedo con piacere che l'onorevole ministro non sia
ancora bene deciso relativamente ai pontieri ; io spero
che vorrà conservarli come sono, considerando che ci
vorranno anni ed anni prima che nel Genio possano
avere tutta quell'istruzione che hanno nell'artiglieria.
Riguardo ai bersaglieri, l'onorevole ministro disse :
non ho cambiato niente, essi sone tali e quali. Ma io
gli aveva appunto osservato che m'avevano colpito più
le idee che l'onorevole ministro aveva esternate, che
non le cose che aveva fatte. Ora pare che abbia cambiato modo di dire, se non modo di vedere, perchè
l'anno scorso ha detto positivamente che i bersaglieri,
come erano una volta, non erano più necessari.
MINISTRO PER LA GUERRA. Sì, precisamente.
LA MARIORA. Ma allora come fa a dire che non ha
cambiato niente, che sono tali e quali ? So anch'io che
faranno il loro dovere come truppa, ma è come specialità di bersaglieri che si dovevano tenere.
Parlando poi di uniformi, il ministro ha detto che
tutti dovettero essere cambiati per causa del cinturino ;
tutti volevano il cinturino sotto, ed egli fu obbligato
di cambiare a tutti l'uniforme. Ma come mai? Tutti i
cambiamenti che si introdussero nell'uniforme, derivarono dalla disposizione di portare il cinturino sotto ?
{Ilarità) Se la cosa fosse così, sarebbe un bell'imbroglio a sapere come lo dovranno mettere. {Mormorio a
sinistra)
Io non avrei parlato di cinturino ; ma, giacché ne
ha parlato l'onorevole ministro, osservo che ora il soldato si trova in questa difficoltà: il cinturino lo deve
mettere sotto a quella che chiamano tunica e lo deve
mettere sopra il cappotto ; ma il cappotto si mette sopra la tunica, ed allora io non so più come i soldati se
la caveranno.
Riguardo alla cavalleria, vedo che il ministro ritorna sempre all'idea che io credo erronea, che la cavalleria debba sempre correre sparpagliata. I Prussiani
nell'ultima guerra av^yano sempre le divisioni unite,
che poi mandavano dei distaccamenti, ma il grosso
della cavalleria stava sempre serrata.
L'onorevole ministro ha detto che ci sono dei progressi dal 1870 in poi; io sono molto soddisfatto di
questa sua dichiarazione, e me ne congratulo ; ma badi
1872
che so che alla cavalleria mancano molti ufficiali, e
vorrei su questo qualche spiegazione.
MINISTRO PER LA GUERRA. Aveva dimenticato di dare
questa spiegazione all'onorevole La Marmora. Il gran
segreto è questo. Essendo presidente del Consiglio dei
ministri l'onorevole La Marmora, nel 1865, furono ridotti i quadri delia cavalleria, artiglieria e fanteria a
due ufficiali e mezzo (così allora dicevasi) per compagnia dà fanteria e artiglieria, ed a tre e mezzo per squadrone nella cavalleria. Io invece gli ho restituiti a 3
per compagnia ed a 4 per squadrone, ed ho inoltre
aggiunto il deposito ad ogni reggimento. Gli ufficiali
d'ogni reggimento di cavalleria erano allora 37, ed oggi
sono 45, cioè 8 di più. Otto per 20 fanno 160. Se quindi
si ritornasse ora all'organico del 1865, avremmo 80 ufficiali in più, dacché per raggiungere il nuovo ne man«
cano 80.
La mancanza di ufficiali lamentata dall'onorevole
La Marmora, non è dunque che una naturalissima conseguenza di un aumento nel quadro organico. E si noti
anche che abbiamo oggi 20 reggimenti di cavalleria,
mentre nel 1865 non erano che 19.
Vi è poi un altro fatto, che credo avere già accennato alla Camera in altra occasione, ed è una conseguenza del 1866.
L'esuberanza di ufficiali che si ebbe dopo il 1866
fece sì che d'allora in qua si restrinsero considerevolmente le ammissioni negli istituti militari. Attuaimente abbiamo nel- terzo corso (quelli che devono
uscire quest'anno da Modena) 25 allievi ; per l'anno
venturo ne abbiamo 30. Ora di chi è la colpa? Mia
forse?
Spero invece che quest'anno ne potranno entrare
300, e l'anno venturo 400 * cioè quanto occorre per
mantenere l'ufficialità dell'esercito in numero, e certamente in avvenire non succederanno più questi ineonvenienti, dei quali, lo ripeto, non veggo che mi si
possa addossare la colpa.
PRESIDENTE. La parola spetta all'onorevole D'Ayala,
D'AYALA. L'onorevole deputato La Marmora ha potuto convincersi, come credo che doveva essere convinto, che tale è la stima che egli gode tra i suoi colleghi, che tutti l'abbiamo ascoltato con attenzione e
con rispetto, ed ha potuto anche convincersi che il
medesimo ministro della guerra ha usato verso di lui
quella deferenza che gli è dovuta, sì per i suoi lunghi
e splendidi servizi al paese, sì ancora per avere egli
costituito quell'esercito da cui la nazione ha avuto i
suoi immensi vantaggi.
Ma, appunto per questo rispetto universale, non ho
veduto ancora in nessun punto della Camera sorgere
qualcuno che avesse invocata una mozione d'ordine,
perchè oggi noi siamo chiamati a discutere i 36 articoli del bilancio della guerra, e insino ad ora abbiamo
discusso tutt'altro argomento che il bilancio ed il
conto ; abbiamo fatto invece una diceria lunga sull'or«
— M70 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 7 1 - 7 2
dinamento militare, che non era ponto nel nostro ordine di discussione.
Io veramente non mi sento forte abbastanza per
Isyolgere le ragioni che militano a favore delle parole
così dottamente pronunziate dall'onorevole ministro ;
ma mi permetto di fare qualche osservazione per l'appunto sul significato e sulla espressione, che sempre
l'onorevole La Marniera ha fatto dominare nei suoi
discorsi, il grande affetto che porta all'esercito ed alla
-patria.
A proposito di quei nomi spariti, egli ha detto che
nessuno dì noi vorrebbe essere chiamato con un numero, invece che col suo proprio nome. Ebbene io
debbo dire che l'esercito italiano ha il suo bel nome,
ed è il soldato d'Italia (Bene /) ; il nome suo non è dunque il numero sterile. Ma appunto perchè soldato d'Italia è il nome santissimo che porta colui che veste la
divisa della nazione, non abbiamo più bisogno di nomi,
tanto più che quei nomi erano un'ingiustizia, tanto
più che quei nomi non sono più del tempo nostro, in
cui abbiamo fatta quest'ampia famiglia che si chiama
Italia.
E non creda l'onorevole La Marmora che il terzo e
quarto reggimento delle fanterie di Napoli, che era
il Farnese, il quinto ed il sesto, che si chiamava
Principessa, non avessero anch'essi una bella storia
militare. I primi si distinsero a Velletri nel 1744, e gli
altri hanno fatto le campagne di Spagna e di Russia.
E poi se dovete rispettare Casale, Cuneo, Pinerolo, dovete rispettare Principesse, Regina, Farnese, Sanniti e
Lucani. Tanto più che noi, essendoci così ampliati e
allargati, faremmo un'offesa alla città di Genova che
forse dava il nome ad un reggimento di cavalleria, faremmo un'offesa a Pistoia, offenderemmo Caserta, ovvero Lecce, ovvero Brindisi, ovvero Taranto ; e così
noi ci perderemmo in questi nomi ; tanto più che io
debbo rammentare all'onorevole La Marmora che certe
volte persino la politica è entrata per entro ai nomi ;
e non ho bisogno rammentare e lui che dopo il fatto
del 1821, dopo quella funesta prima battaglia di Novara, quando anche il Piemonte fu insanguinato dalle
due vittime di Garelli e di Laneri, come furono insanguinate le vie di Napoli dagli altri ufficiali Morelli a
Silvati, un decreto cancellava il nome di Saluzzo, poiché nel reggimento Saluzzo forse c'era stato un pensiero di costituzione e di libertà che oggi vogliamo e
godiamo : fu cancellato il reggimento Sai uzzo e fu battezzato il reggimento Pinerolo.
Dunque lasciamo pure da parte cotesti nomi, che
veramente non significano nulla, e mettiamo soltanto
l'augustissimo nome del soldato d'Italia s che è ben diverso oramai dal soldato di Napoli, dal soldato toscano, dal soldato del Piemonte.
Sono stato anch'io in mezzo alle batterie, in mezzo
ai miei giovani alunni, a cui ebbi l'onore di dettare la
balistica, e debbo dire francamente che le civiltà mili-
tari debbono camminare e camminano dì pari passo
colle civiltà civili ; la qual cosa non avveniva nei tempi
della tirannide, poiché la civiltà militare era cinquanta
anni per lo meno indietro dalia società civile ; ma oggi
cittadini e soldati sono tutti all'altezza della nazione,
sono tutti pronti a spargere il loro sangue per questa
patria, poiché non si tratta più di andare a combattere
per cause straniere, come abbiamo visto i nostri soldati pugnare sotto le aquile di Francia nei campi di
Bautzen e nei campi ili Lutzen, ovvero nei campi di
Spagna, del Tirolo e delia Russia. La civiltà militare
oggi non ammette più quel che una volta si cercava :
non si fa più spettacolo alle prone moltitudini. Di simile spettacolo non hanno oggi bisogno i cittadini italiani, poiché senza pompe e spettacoli s'inchinano innanzi al prode soldato italiano. Tutti s'inchinano, perchè vedono in quel braccio il braccio della patria, non
vedono più il braccio dello sgherro. In questa civiltà
credo che sia inutile lo spettacolo delle artiglierie a
cavallo, e tanto maggiormente lo credo, che le mille
volte mi sono trovato io stesso a vedere specialmente
i guarda-cavalli, i quali non sapevano essi stessi come
frenare ciascun di loro sette od otto cavalli imbizzarriti tra il rombo ed il fumo ; e mentre gli artiglieri
smontati da cavallo servivano i loro pezzi, i guarda*
cavalli erano essi soggetti a mille pericoli ; ed io ne
ho vedute le cento volte di queste disgrazie avvenute
a coloro che erano deputati a raccogliere e infrenare i
cavalli dei cannonieri smontati.
Aggiungasi di più che oggi abbiamo la carabina
Remington, la quale spara e colpisce ad un chilometro,
oggi che colla carabina Wetterly ci schieriamo a
grandi distanze, oggi con le artiglierie rigate e coi proietti nuovi che tutti noi conosciamo, non abbiamo
d'uopo di stracorrere e volare ; poiché i nostri affusti,
i nostri avantreni hanno tale leggerezza, ed i nostri
soldati tanta sveltezza, che è propria dell'artiglieria
italiana, che montano sopra i cassetti, e volano forse
quanto l'antica artiglieria a cavallo che si chiamò
anche artiglieria volante.
Oggi si vola con l'attitudine, oggi si vola con tanti
mezzi, che non è necessario di avere una speciale artiglieria spettacolosa : nói abbiamo bisogno nel tempo
di guerra di un'artiglieria pronta e rapida, non di
quella che poteva dirsi di parata, per quei colpi a
grande traiettoria, a cui oggi, mediante le spire ed i
proietti cuneiformi, si arriva. Così egualmente il nostro
onorevole La Marmora, con quelle veramente fini parole piene di arguzie voleva che i poveri pontieri avessero potuto forse correre il pericolo di essere travolti dal thalweg e non approdare all'altra sponda;
ma gli affaticati e provetti pontieri italiani approdarono e approderanno alla sponda desiderata, perocché
non abbiamo a guardare se i pontieri sieno sotto un
Carnet ovvero sotto un Gribeauval.
Poso importa sapere che cosa abbiano di som!-
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2471 —
TORNATA DEL 1° GIUGNO
glianza, purché facciano quel dovere che io sin dal
1846 li andai ad ammirare appunto sotto la direzione
del capitano Ricotti, quando andavo a presentare un
omaggio del Congresso di Genova al magnanimo Carlo
Alberto, iì quale poi volle fregiare me di quella medaglia d'oro che fu un baleno della nostra unità, e nella
quale era scritto a caratteri di metallo l'a?venire d'Italia J^attends mon astre. E l'astro venne, ed ora c'illumina e ci guida.
Io non seguirò l'onorevole deputato La Marmora
sul suo terreno per le benedizioni delle bandiere, poiché a questo mi pare abbia potentemente e sapientemente risposto il ministro della guerra quando gli ha
detto di guardare i mosaici e gli affreschi, dì cui deve
ricordarsi, ricordandogli io quel famoso mosaico di
Pompei della battaglia di Arbela fra Alessandro e
Dario.
Là, è vero, vi sono selve di lance iu mezzo alle bandiere. Ma allora erano tempi di aste e di guerrieri che
combattevano sulle bighe ; oggi è tutt'altra faccenda.
In questo tempo appunto vediamo quei Remington e
quei Wdterìy, che non hanno bisogno d'insegne moltiplicate. E poi l'insegna principale pel soldato italiano
sarà sempre il pensiero di difendere questa nuova potente patria, che si è gloriosamente formata.
Un altro pensiero ha manifestato l'onorevole La
Marmora, ha parlato di certe specialità, dei bersaglieri, dei pontieri, dell'artiglieria a cavallo, poiché,
secondo lui, erano queste le nostre gemme che presentavamo con fierezza ai principi che ci onoravano.
Oramai i principi che ci onorano non hanno desiderio
di ammirare, e noi non abbiamo bisogno di mostrare
loro queste specialità, quasi, dirò, ad abbaglio dei
nostri visitatori ; noi non vogliamo e non dobbiamo
abbagliare ; i principi che ci onorano, gli stranieri che
vengono nei nostri campi ad osservare le nostre manovre, non hanno bisogno di vedere dei corpi singolari, che tutto al più possono avere il pregio della singolarità.
Singolarità di questo genere più non esistono ; sono
spariti gli Ulani dei Prussiani, gli Ussari di Ungheria,
le fanterie russe, le artiglierie francesi ; oggi gli eserciti
vincono, e l'onorevole La Marmora lo sa meglio di me,
vìncono colle scuole, e ne abbiamo una prova troppo
evidente nelle grandi ultime battaglie.
Sono terminate le specialità e le vanità, che io chiamerei di teatro : tutto è mutato, ed anche la morale
del nuovo soldato, la quale deve essere ben diversa da
quella che una volta era.
Ma qui non vorrei più dilungarmi su queste considerazioni, e vorrei venire all'argomento del bilancio,
che è quello su cui dobbiamo intrattenerci.
Io sul bilancio, dico francamente la mia opinione,
Valga quel che può valere, vorrei vederci più chiara
J^nte, poiché a me piace, come a ciascuno di voi,
ri facile-difficile, in modo che si potesse dire ; questo
1872
10 saprei fare anch'io. Anzi vorrei che qui ci trovassimo come quando guardiamo i capolavori dei nostri
artisti sommi, il Raffaele ed il Bramante.
Io all'incontro in questo bilancio trovo il difficilefacile, cioè delle difficoltà, trovo tale una specie di
smania pel difficile, che quasi quasi bisognerebbe ricorrere a Champollion od a Rosellini.
Voi vedete infatti nella prima colonna del bilancio
questo titolo : Competenze del 1872. Né qui vo' fare
questione di lingua, perchè altrimenti il moi morio potrebbe echeggiarmi intorno ; ma io mi sento in debito
di dire che non so cosa significhi questa competenza
del povero anno 1872. Pure è intitolato così, e così
deve intitolarsi !
E non è questo che mi sorprende di più, quanto l'ultima colonna in cui è stanziata la cifra definitiva pel
1872; in guisa che se i miei colleghi, come sono sicuro
avranno fatto, hanno avuto un poco la pazienza di congiungero queste diverse colonne, avranno veduto che
si riesce a una, difficoltà immensa, tanto più in un bilancio che ci viene presentato con un lavoro pregevole
del relatore Farini, il quale non ha risparmiato né studio nè ponderazione, massime per i due articoli dello
stato maggiore e della reclusione, dove egli ha mostrato
davvero di volere la speditezza della contabilità ; poiché non si tratta soltanto di una spesa, ma si tratta
che questi due rami della reclusione e dello stato maggiore hanno un'entrata, la prima per i lavori dei reclusi, e il secondo per la vendita delle carte topografiche e per le foto-incisioni. (Conversazioni)
Compariamo poi questi bilanci colla situazione del Tesoro, ed allora le astruserie crescon di più, poiché nella
situazione del Tesoro voi trovate dei residui del 1871
tutti diversi dai residui che sono nella relazione; e i residui della posizione del Tesoro voi li trovate diversi dai
residui che mette il ministro nel suo primo bilancio di
previsione, anzi nel suo, meglio intitolato, stato di previsione, perchè l'ho detto in un altro discorso intorno
ai bilanci, io intendo il bilancio dell'entrata e delia
spesa dell'onorevole ministro delle finanze, ma non in^
tendo bilancio, quando non vi è l'attivo e vi è soltanto
11 passivo. I Ministeri che non hanno l'attivo, non possono intitolare bilancio il loro stato di previsione; ma
che bilancio, se non hanno di che bilanciare?
Onde il ministro della guerra nel suo stato giustamente così chiamato di previsione della spesa pel 1872
ha messo nella prima colonna la somma prevista.
Io lascio anche qui la questione che si può far sorgere di prima previsione e di previsione definitiva,
poiché non so se le previsioni possano mai essere definitive ; anzi voi lo sapete che, oltre le previsioni definitive, abbiamo tante maggiori spese.
Nella seconda colonna di questa prima previsione
delle spese, il ministro che cosa ha detto? Somme
trasportate dagli anni precedenti. E che cosa significa
somme trasportate dagli anni precedenti, se non i re-?
4:72
CAMERA DEI DEPUTATI —- SESSIONE DEL 1871-72
sìdui attivi? Ora i residui attivi di questa colonna del
Ministero della guerra non corrispondono ai residui
attivi della situazione del Tesoro.
Io davvero rimango trasecolato e confuso nello studio di questo bilancio, e quasi quasi mi confermerei
nella massima francese, che non è la mia : Il n'y a
rien de plus faux qiihm cMffre / Ma, se le cifre sono
false, che cosa mai ne rimane?
Io dunque vorrei che i bilanci fossero fatti in modo
- più chiaro, lasciando da parte le cose trascendenti che
~ forse sono nella mente feconda del ministro di finanze.
Siamo semplici : la semplicità ci condurrà a migliori risultati. Lo dice l'onorevole relatore nella sua breve, ma
veramente considerata relazione, in cui ha voluto compiere il suo lavoro. Tratta nella prima parte delle competenze del 1872; nella seconda parte, dei residui del
1871; nella terza, delle somme che si trasportano al
1873. Ed è qui, per non tornare a infastidire e noiare la Camera, che io debbo dire che nella relazione
trovo, a pagina 4, delle giuste osservazioni sull'ordinamento dei carabinieri, che mi propongo di trattare
quando verremo al rispettivo capitolo ; tanto più inquantochò l'onorevole relatore, con una specie di abbondanza da meravigliare, vi dice: « Reputiamo, non
solo si debbano restituire le 400 mila lire tolte allo
stato di prima previsione, ma anche concedere il leggero aumento (notate l'epiteto, leggero) di 100 mila
lire domandato. »
Pel nostro relatore, mi consolo della sua nobile e
bella generosità, 100 mila lire non sono niente. Ma di
questo parleremo ancora quando verremo a quel capitolo.
Si aggiungono altre Osservazioni sui cavalli, e l'onorevole relatore chiama su questa questione l'attenzione
del ministro. (Segni d'impazienza) Egli dice : « Non
possiamo ristarci dal richiamare l'attenzione del ministro della guerra sopra la necessità di studiare provvedimenti atti a diminuire gli aggravi dell'erario per
le variazioni e salti che peculiari circostanze richiedono nel numero dei cavalli. »
Io mi arresto qui perchè veggo che la Camera è
stanca, ed io non voglio abusare della sua cortesia e
della sua benevolenza. Mi riservo di parlare nella discussione parziale.
PRESIDENTE. Prima che la discussione proceda oltre,
mi corre obbligo di far osservare alla Camera che l'ordine del giorno presentato dall'onorevole La Marmora
si compone di due parti : nella prima egli propone la
nomina di una Commissione che debba essere incariCfitSi di riferire su diversi argomenti ; nella seconda
chiede che venga sospesa ogni discussione intorno al
progetto di legge sull'ordinamento militare finché la
Commissione suddetta non abbia riferito.
FARÌNI, relatore. Domando la parola.
PRESIDENTE, Ora questa seconda parte sarebbe intempestiva, perchè con essa si domanda la sospensione
di un progetto di legge che non è in discussione, e per
ciò non potrebbe ora essere sottomessa alia Camera.
Fatta quest'osservazione, e siccome io scopo che l'onorevole La Marmora si è prefìsso potrebbe essere raggiunto altrimenti, vorrei pregarlo a ritirare il suo ordine del giorno.
LA MARMORA. Dietro l'invito dell'onorevole presidente, e dietro i suggerimenti anche de' miei amici politici, non ho difficoltà di ritirare il mio ordina del
giorno, persuaso che l'onorevole ministro della guerra
vorrà tener conto delle osservazioni che in esso io
aveva concretate sulle cose più essenziali che credeva
dovesse fare il Governo, perchè l'esercito nostro non
rimanga inferiore agli altri.
PRESIDENTE. L'onorevole deputato La Marmora ritira
il suo ordine del giorno.
MINISTRO PER LA GUERRA. Ringrazio l'onorevole La
Marmora di aver ritirato il suo ordine del giorno che
evidentemente non poteva essere accettato dai Ministero, almeno in alcuni punti ; e dal canto mio dichiaro
che, se in alcune cose non posso trovami d'accordo
con lui, lo sono però perfettamente per ciò che riguarda
la parte morale, e la necessità di rinfrancare la disciplina e lo spirito di corpo, insomma sulle cose principali.
Forse non ci intendiamo abbastanza chiaramente ;
forse l'onorevole La Marmora crede che io voglia dare
alle cose militari, all'esercito un indirizzo tutto affatto
diverso da quello che io ho in animo di dare. Io non
mancherò sicuramente di aver presente quelle raccomandazioni fatte dall'onorevole La Marmora, le quali
non siano in opposizione con i concetti prestabiliti, e
farò di tutto per mettere d'accordo più che sia possibile l'antico col nuovo, il vecchio col moderno, e per
vedere di migliorare senza sconcertare il passato.
FARINI, relatore. Mi spiace dover constatare che in
questa discussione non siasi proc duto con le norme
altre volte, anzi sempre, seguite. Yi erano degli iscritti
nella discussione generale ; l'onorevole La Marmora
prese per il primo a parlare, e, come conclusione del
suo discorso, presentò un ordine del giorno. Le norme,
le consuetudini, le prescrizioni del regolamento volevano che la discussione generale avesse il suo corso ;
e, questa finita, l'onorevole presidente si rivolgesse all'onorevole La Marmora chiedendogli se mantenesse o
no la sua proposta.
In questo modo le idee sviluppate dall'onorevole
La Marmora ed incluse nella risoluzione da lui presentata potevano essere da altri deputati combattute ;
imperocché, o signori, voi non dovete dimenticare che
noi discutiamo in quest'Aula, ma le nostre discussioni
hanno larga eco fuori della Camera; e che il dardo
lanciato dall'onorevole La Marmora ormai è partito,
nè vale il ritiro del suo ordine del giorno a fermarlo.
(Bravo ! Bene ! a sinistra)
| Io quindi, domandando che mi sia mantenuto il di-
TORNATA DEL 1° GIUGNO
ritto di parlare, chiedo di poter rispondere alle cose,
e più specialmente al concetto generale dell'ordine del
giórno ritirato or ora dall'onorevole La Marmora.
Voci a destra. È ritirato.
PRESIDENTE. Onorevole Farini, io non posso accettare i suoi rimproveri, che sono del tutto infondati ed
ingiusti.
In qualunque punto si tro?i la discussione, ho sempre
il diritto di fare rilevare come una proposta sia o no
intempestiva, come pure, dopo le osservazioni che mi
corre l'obbligo di sottomettere alla Camera, il proponente ha sempre il diritto di ritirare o mantenere la
sua proposta.
Io feci adunque in questa occasione quello che mi
incombeva di fare, e che ho fatto non una, ma parecchie volte, e mi duole che l'onorevole Farini non siasi
ricordato di fatti consimili avvenuti in altre circostanze,
e non abbia pensato che non si deve confondere la discussione generale sopra un bilancio con quella di un
ordine del giorno. Quest'ultima non può aver luogo se
non quando la Camera determini di aprire la discussione sull'ordine del giorno. Ciò premesso, dirò che se
la discussione generale sul bilancio non vien chiusa,
l'onorevole Farini può esercitare il suo diritto di parlare nella medesima.
FARINI, relatore. A me spiace di dover contraddire
l'onorevole presidente, e me ne spiace tanto più come
membro della Presidenza.
Io debbo ricordare all'onorevole presidente che nel
dicembre 1870 avendo io proposto un ordine del giorno,
il presidente lo mise ai voti appunto prima che la discussione complessiva fosse compiuta, e dopo egli ebbe
a dichiararmi di avere inavvertentemente trasgredito
le norme volute dalle consuetudini parlamentari.
Or bene, il presidente ha distinto nell'ordine del
giorno presentato dall'onorevole La Marmora una
parte da lui giudicata intempestiva. Concedo che egli
faccia subito invito al proponente di ritirarla. Ma la
parte non giudicata da lui intempestiva, cioè quella
concernente raccomandazioni dell'onorevole deputato
La Marmora rivolte al ministro della guerra, doveva
certo rimanere soggetta alla discussione ; era nostro
diritto e dovere di emettere il nostro avviso intorno
alia medesima.
Del rimanente, da sette anni che siedo in Parlamento,
io ho sempre veduto che prima che si chiuda la discussione generale, debbono essere presentati tutti gli ordini del giorno, che questi non si svolgono, nè tanto
meno si votano, nè tanto meno si domanda ai proponenti se li mantengono o se li ritirano, se non quando
la discussione generale sia chiusa.
PRESIDENTE. Permetta, onorevole Farini che io le osservi che il chiedere al proponente se mantiene le sue
proposte, è nel diritto, e spessissimo nel dovere del
presidente.
Ella ha pienamente ragione quando dice che la
SESSIONE 1 8 7 1 - 7 2 » CAMERA DEI DEPUTATI -
Discussioni.
310
1872
prima parte dell'ordine del giorno non era tanto in.
tempestiva quanto la seconda, ma siccome questa non
ha ragione di essere, io invitai l'onorevole La Marmora
a ritirare anche l'altra, la quale sarebbe stata frammezzata e incompleta.
Però prego nuovamente l'onorevole Farini di credere che ora, come prima, non ho mai mancato ¡il mio
dovere, e che, quanto alla certezza di avere eseguito il
regolamento, io ne rispondo dirimpetto alla Camera,
come ho sempre risposto di tutti gli altri miei atti.
CORTE. Io avrei fino ad un certo punto compreso che
l'onorevole nostro presidente avesse invitato l'onorevole generale La Marmora a ritirare il suo ordine del
giorno, se gli avesse rivolto quest'invito per un'altra
ragione, cioè per l'incostituzionalità assoluta della
cosa che il proponente chiedeva.
10 non posso comprendere come il generale La Marmora, che è vecchio uomo di Parlamento, venga a domandare che si nomini una Commissione di generali,
la quale sia incaricata di studiare un progetto che poi
deve venire innanzi alla Camera. La Camera conosce
un ministro responsabile, e non conosce nè può conoscere la Commissione di cui park il generale La Marmora. Questo del resto non è un fatto nuovo. Quando
era ministro della guerra il compianto generale Govone, venne presentato un progetto che si riferiva all'ordinamento dell'esercito. La Commissione, che venne
allora eletta per esaminarlo, aveva per suo presidente
l'onorevole generale La Marmora, e nessuna proposta
di quel genere venne allora fatta.
11 generale La Marmora ed i suoi colieghi erano
perfettamente competenti a studiare questa questione.
Pare che lo stesso concetto non abbia il generale La
Marmora della Commissione, che è stata incaricata di
studiare questo progetto di legge, e della quale io ho
l'onore di essere presidente.
Io non voglio adesso erigermi in giudice circa que»
sta competenza o non competenza, ma io so che la
Commissione, essendo composta di deputati, è perfettamente competente per istudiare una questione che
da un ministro della Corona è stata sottoposta al Parlamento. È stata questa per parte del generale La
Marmora una freccia di Parto, la quale però non ha
colpito nessuno.
Io posso assicurare che i lavori della Commissione
sono molto inoltrati e che fra alcuni giorni sarà nominato il relatore. Quando sarà presentata la rela*
zione e aperta la discussione, l'onorevole generale La
Marmora avrà largamente campo di fornire i suoi
lumi alla Camera su quell'argomento. E sia persuaso
che, se i membri della Commissione dissentiranno da
lui, essi sosterranno le loro opinioni con eguale coscienza colla quale egli sostiene le proprie.
Questo dardo, che è stato a noi tirato, cioè, questa
lezione che ci si è voluto dare, io, per conto mio, non
l'accetto.
— SESSIONE DEL 1 8 7 1 - 7 2
CAMERA DEI DEPUTATI
cresce in ragione dell'età ; ha confermato che è facile
raccomandare altrui la pazienza, quando si vedono le
proprie idee tradotte in atto dagli uomini che sono su
quel banco (Accennando al banco dei ministri) ; ha
scagionato noi, che sediamo da questa parte (Accennando a sinistra), dell'accusa d'impazienza o peggio,
che continuamente ci viene scagliata.
L'onorevole La Marmora ha una lunga vita parlamentare, una lunga vita politica, una lunga vita militare, e, sebbene gli sia avversario, io ho molto studiato la sua vita. Per questo studio ho potuto vedere
che l'onorevole La Marmora, ministro delia guerra, ha
fatto, disfatto, rifatto, nell'ordine delle istituzioni riformate dall'onorevole Ricotti, a suo talento, e non ha
mai ammesso il sindacato della Camera sopra questo
argomento. Allorquando, dopo lui, altri ministri hanno
voluto incarnare altre idee, l'onorevole La Marmora è
sorto come deputato, protestando e cercando sempre
di arrestare l'opera dei ministri che riordinavano l'esercito in modo diverso da quello che egli reputasse
conveniente.
Cito il 1861, allorquando l'onorevole Fanti, riordinato l'esercito completamente, ebbe a sostenere gli assalti dell'onorevole La Marmora. Cito il 1866, quando
l'onorevole La Marmora, tornato presidente del Consiglio, lanciava contro tutte le amministrazioni che
avevano preceduta la sua dal 1860 in poi, l'accusa di
avere speso 627 milioni di troppo negli anni precedenti
per l'esercito e per la marina, e di non avere speso 127
milioni per la difesa dello Stato. E ricordo che, quando
l'onorevole Ricotti, divenuto ministro, introdusse novità negli ordini militari, l'onoreyole La Marmora lo
assalì cogli otto discorsi, quattro stampati e quattro
pronunziati in quest'Aula.
Ma almeno fosse l'onorevole La Marmora conseguente! Ammettesse egli almeno la competenza del
Parlamento nello statuire su queste materie e nello
infrenare con apposite leggi l'arbitrio dei ministri della
guerra ! Ma egli, che mai volle riconoscere la competenza del Parlamento in queste materie, si contraddice,
non è logico, non è conseguente.
Nel 30 maggio 1870, presidente di quella Commissione alla quale or ora alludeva il mio amico Corte,
l'onorevole La Marmora diceva infatti alla Camera ;
« Ho sentito il bisogno di combattere con brevi osservazioni quelle idee la cui attuazione sarebbe, a mio
avviso, sommamente dannosa alle nostre istituzioni militari... non sono mai stato, nè dentro nè fuori, fautore
di quest'ordinamento generale dell'esercito.
« Parrebbe da quello che è stato detto che il nostro
esercito sia disorganizzato. Ma, signori, che cosa costituisce l'ordinamento dell'esercito? È il complesso
delle leggi organiche. Ebbene, non abbiamo noi un
Codice, una legge sul reclutamento, una sullo stato degli uffiziali; insomma un insieme dileggi e di istituzioni
così dette organiche ?
PRESIDENTE. Dunque in occasione della discussione
di quel progetto, si potranno fare quégli appunti, muovere quelle osservazioni che si crederà del caso.
Onorevole Farmi, insiste perchè le sia mantenuta
facoltà di parlare nella discussione generale ?
FMflVI, relatore. Se la Camera ha la sofferenza di
ascoltarmi oggi, intendo mantenere il mio turno d'iscrizione ; in caso contrario, non volendo aver l'aria di preparare un discorso pella questione sorta oggi, non
„parlerò altrimenti se non mi si concede ora la parola.
Molte voci. Parli! parli!
PRESIDENTE. Parli adunque sulla discussione generale.
FARM, relatore. Già l'onorevole D'Ayala notava,
come, a proposito di una discussione intorno al bilancio
definitivo, l'onorevole La Marmora avesse scorso in
lungo ed in largo il campo dell'organamento militare,
ed io non mi aspettava a siffatta scorreria. Che io non
dica questo perchè le proposte vennero dall'onorevole
La Marmora lo confermerà agevolmente chiunque abbia gettato gli occhi nella mia relazione, essendo in
quella detto chiaramente come ogni indagine e contro •
versia sugli organici sui quali è fondato un bilancio,
debba farsi nella discussione degli stati di prima previsione.
L'onorevole La Marmora mi ha posto in non lieve
imbarazzo ; imperocché, dovendo io parlare come relatore della Commissione del bilancio, e non potendo ad
un tempo dimenticarmi di essere membro della Giunta
eletta dal Parlamento per studiare l'ordinamento dell'esercito, sarà difficile che io possa seguire una via
ben diritta, e che non involga colle mie parole una solidarietà che certo non possano accettare tutti i membri della Commissione del bilancio.
Intendo adunque parlare per conto mio soltanto.
La maggior parte della gente, all'udire il discorso
del generale La Marmora, esclamerà : il ministro della
guerra ha fatto, disfatto, rifatto e manomesso l'esercito,
e si domanderà che ha fatto la Commissione del bilancio ? Gli ha forse tenuto il sacco ?
Or dunque, è bene che si abb'a la misura esatta
della nostra responsabilità ; è bene che non solo i deputati, ma il paese tutto sappia che quello che il ministro della guerra testé ha fatto, disfatto e rifatto, era
nel suo pien diritto di fare, disfare e rifare. Il ministro,
in vero, non ha modificato alcuna delle disposizioni
sancite dalle leggi militari ; egli non ha che imitato
tutti quanti i suoi predecessori mutando, come essi, con
decreti reali quello che con decreti reali era organato.
Se la Camera disconobbe sempre nelle Commissioni j
del bilancio la facoltà di fare, a proposito del bilancio,
innovazioni negli ordini militari, come potrebbe la
Commissione del bilancio essere ora accagionata d'avere seguito le norme dalla Camera stessa prescritte ?
L'onorevole La Marmora, venendo ora innanzi con
proposte intempestive, ha provato che la pazienza non |
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TORNATA DEL 1 ° GIUGNO 1 8 7 2
« Ora io domando: quando non solo noi abbiamo codeste leggi, ma quando esse non sono per nulla inferiori a quelle degli altri Stati, tanto è vero che in alcuni paesi molte cose da noi si copiarono, massime
per quanto concerne la legge del reclutamento, si può
egli dire che noi non abbiamo leggi organiche ? »
Queste parole dell'onorevole La Marmora provano
che egli non riconobbe conveniente, utile, necessaria
una legge sull'ordinamento tattico militare ; e che il
Parlamento non la potrebbe fare, perchè incompetente
a discutere quella legge, come suona del resto l'ordine
del giorno anche oggi proposto. Non vi ha che una
ria : o l'onorevole La Marmora ministro, o ministri
che seguano le sue idee ; sola legge necessaria la sua
volontà. (Benissimo S a sinistra)
Del resto, l'onorevole La Marmora ha profferito
cosa assai grave, asserendo che noi siamo deboli, e
che noi andremo indebolendo sempre più, proseguendo
nella via attuale.
Non so se veramente fosse opportuno asserire questo, mentre il Parlamento sempre, e specialmente dal
1870 in poi, ha dato prova di essere disposto a sopperire, fin dove la volontà dei ministri lo richiede, a
tutti i bisogni dell'esercito.
Per poco che io ricordi i bilanci passati e li metta a
confronto con quello d'oggi, io vedo aumentato il bilancio della guerra di 17 milioni, salito da 140 a 157.
lo vedo che colle leggi già votate in quest'anno, colla
legge sulla difesa dello Stato e che verrà discussa domani, si sono stanziati 84 milioni di spese straordinarie. Davvero saremmo ben sventurati se la pieghevolezza con cui il Parlamento asseconda, anzi previene,
affretta, sospinge l'opera dei ministri della guerra,
riuscisse al fine opposto di quello che Parlamento e
ministri si propongono.
Ma volgiamo gii occhi alla condizione dell'esercito.
Dove sono, onorevole La Marmora, i 6 mila ufficiali in aspettativa di qualche anno fa ? Quei 2 mila
circa ufficiali dichiarati non idonei al servizio militare
ingombrano ancora le file dell'esercito? È ancora arrestato da questa esuberanza di ufficiali non idonei
l'avanzamento? Il ministro della guerra asseriva con
ragione non potersi rifare in un sol giorno, non potersi
creare quasi di getto questa migliore condizione morale che si invoca. Egli aggiungeva che questo miglioro
spirito non può essere che la risultante di cure continue, costanti ; che esso è prodotto, quasi inavvertentemente, da molte cagioni. Ebbene non credete voi, o
signori, che i due provvedimenti da me accennati or
ora debbano avere grande e benefica influenza sullo
spirito dell'esercito ? ^
Ma, se ha discorso dello spirito dell'esercito, l'onorevole La Marmora, che pure è tanto addentro in ogni
particolare, dell'istruzione non ne fece motto.
Or bene, io spero che la Camera non mi accuserà di
piacenteria verso il ministro della guerra (piacenteria
che è aliena dal mio carattere e contraria a tutti i miei
precedenti), se io dico qui di avere letto con piacere
certe circolari del ministro della guerra, sull'istruzione
da impartirsi alla cavalleria, sull'autonomia disciplinare ed amministrativa da concedersi ai comandanti
delle varie unità tattiche, e se mi compiaccio di avere
vedute quelle circolari encomiate all'estero e proposte
a modello di eserciti forestieri.
Quando ricordo che il ministro della guerra ci ha
domandato di facilitare il riassoldamento dei sott'ufficiali ; quando lo vedo mettersi d'accordo coi suoi colleghi per procacciare impieghi civili ai sott'ufficiali che
si ritirano dopo 12 anni di servizio; quando lo veggo
creare battaglioni d'istruzione, io mi domando se tutti
questi non siano altrettanti elementi importantissimi i
quali tendono appunto a rialzare lo spirito dell'esercito. In caso diverso io non saprei che si voglia quando
si chiede di migliorare il morale dell'esercito S (Benissimo !)
L'onorevole La Marmora aveva presentato un ordine
del giorno. Egli stesso lo disse primo della sua vita
parlamentare. Anche senza la sua affermazione, tale
lo addimostrava l'infelice parto. Quell' ordine del
giorno è stato ritirato. Perdonerò al morto. Ma almeno lasci l'onorevole La Marmora che gli dica...
Voci a sinistra. Se ne è ito !
FAfUM, relatore. Se se ne è ito, tanto peggio per lui.
Lasci che gli dica che, se non il rispetto delle forme
parlamentari, deferenza verso colleghi, che no a hanno
mai demeritato della stima di nessuno, non doveva
consigliargli di proporre quell'ordine del giorno. (Bene !
Bravo ! a sinistra)
PRESIDENTE. La discussione generale sul bilancio della
guerra rimane così esaurita.
Lunedì seduta a mezzogiorno preciso.
La seduta è levata alle ore 6 e 20 minuti.
Ordine del giorno per la tornata di lunedì :
1® Seguito della discussione del bilancio definitivo
del Ministero della guerra pel 1872 ;
2° Discussione del progetto di legge per spese straordinarie occorrenti alla difesa dello Stato ;
3° Svolgimento della proposta del deputato Bertani
per un'inchiesta sopra le condizioni della classe agricola in Italia;
4° Discussione del bilancio definitivo del Ministero
di agricoltura e commercio pel 1872;
5° Discussione del bilancio definitivo del Ministero
delle finanze pel 1872 ;
6° Discussione del progetto di legge per modificazioni della legga postale.
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resoconto stenografico - Portale storico della Camera dei deputati