Lin Comunicação
DRENAGGIO LINFATICO
MANUALE
Un Nuovo Approccio
José Maria Pereira de Godoy
Maria de Fátima Guerreiro Godoy
1
UN NUOVO APPROCCIO AL
DRENAGGIO LINFATICO MANUALE
José Maria Pereira de Godoy
Maria de Fátima Guerreiro Godoy
“ Translated from the original Brazil “ Drenagem Linfática Manual. Uma Nova Abordagem.”
1 th. Edition
By
* Adolfo Max Rothschild
* David Andrew Hewitt
LIN COMUNICAÇAO
Printing history: 1 th. Brazil edition 1999
Copyright Brazil edition: 1999 by Lin Comunicação.
São José do Rio Preto - São Paulo - Brazil.
All rights reserved of Brazilian language are the Authors.
Regitred in:
Brazilian Camara of Book, São Paulo-Brazil
Bibliografic.
ISBN: 85-87.384-02-3
CDD-616.42062 NLM-WH 700
2
Dedichiamo quest’opera
ai nostri figli
Ana Carolina, Lívia Maria e Henrique José
e ai nostri genitori
Perceu e Olivia, Manoel (in memoria) e Aparecida
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4
Ringraziamenti
Ai colleghi Dr. Mauro Figueiredo, professore di Linfologia della
Facoltà di Medicina dell’USP di San Paolo, e Dr. Daniel Vogelfang,
linfologo in Madrid (Spagna), per lo stimolo allo studio dei vasi linfatici.
Al collega Dr. Fernando Batigaglia, per la collaborazione per la
conclusione di questo studio.
Ai Dr. Moacir Fernandes de Godoy e Domingo Marcolino Braile,
che ci stimolarono alla realizzazione delle ricerche.
Alla D.ssa Tânia Cristina Lários, per l’appoggio al fine della
realizzazione di questo lavoro.
Ai colleghi ed agli specializzandi che hanno contribuito con il proprio
lavoro.
Alla D.ssa Maria Regina Pereira de Godoy, che ha contribuito alla
realizzazione e presentazione di questo lavoro.
Alla D.ssa Dorotéia Silva Souza, per i suggerimenti dati durante
l’elaborazione di questo materiale.
Ringraziamo tutti i pazienti che hanno partecipato direttamente o
indirettamente a questa ricerca rendendo possibile lo sviluppo di questa
tecnica di drenaggio linfatico.
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INDICE
1. Introduzione
2. Nozioni pratiche di anatomia del sistema linfatico
3. Fisiologia del sistema linfatico
4. Fisiopatologia del sistema linfatico
5. Drenaggio linfatico manuale
6. Nuova tecnica di drenaggio linfatico manuale
7. Auto-tecnica di drenaggio linfatico
8. Dimostrazione basica tecnica
9. Riferimenti bibliografici
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PRESENTAZIONE
In Brasile il drenaggio linfatico manuale è poco conosciuto dagli angiologi
e dai chirurghi vascolari e di conseguenza non viene quasi per niente utilizzato.
Sono pochi coloro che si interessano al trattamento del linfedema lasciando
così i pazienti senza un trattamento adeguato.
Personalmente ho incontrato molte difficoltà nel tentare di dominare la
tecnica. Nel frattempo, colleghi come il Dr. Mauro Figueireido ed il Dr. Daniel
Vogelfan mi hanno spinto allo studio dei vasi linfatici.
Questa motivazione mi portò a seguire dei corsi fuori dal paese, dove
ho avuto l’opportunità di conoscere il lavoro dei dottori Földi , Casley Smith,
Blanc, Leduc ed altri che hanno contribuito alla mia formazione. Dopo aver
conosciuto i tipi di approccio di varie scuole di linfologia, li ho associati alle
idee di mia moglie Fatima, che è terapeuta occupazionale, ed insieme abbiamo
sviluppato una nuova tecnica di drenaggio linfatico che è stata riconosciuta
durante gli ultimi due anni.
Il drenaggio linfatico è praticato da medici, fisioterapisti, terapeuti
occupazionali, infermiere ed estetiste sia in Brasile che in tutto il mondo.
Professionisti delle aree correlate menzionate, a volte, utilizzano questa modalità
di trattamento con la supervisione di un medico specialista. È importante che
questi professionisti conoscano l’anatomia umana e la fisiologa, studiate
all’università, perché possano apprendere meglio la tecnica. In ogni caso,
tutto l’approccio al trattamento, così come la responsabilità, spetta al medico,
il quale deve seguirne l’esecuzione passo dopo passo. È risaputo che il
drenaggio linfatico realizzato in modo inadeguato può provocare complicazioni
al paziente, diventando, in questo caso, più nocivo che se non fosse per
niente effettuato.
Lo scopo di questo libro è divulgare una nuova tecnica di drenaggio
linfatico di facile comprensione ed esecuzione, fornendo sicurezza di
applicazione e benefici ai pazienti portatori di linfedema.
La tecnica che descriviamo qui può addirittura venire messa in pratica
dal paziente stesso, su consiglio del medico, in quanto si tratta di una tecnica
di auto-drenaggio linfatico.
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ANATOMIA DEL
SISTEMA LINFATICO
Il sistema linfatico è una parte del sistema circolatorio ed è costituito
da una estesa rete di capillari, vasi, tronchi, dotti, oltre che da altre strutture
aggregate come i linfonodi, la milza ed il timo.
Si tratta di un sistema di drenaggio a bassa pressione, simile a quello
venoso, il quale svolge due importanti funzioni: la conduzione della linfa
come parte del sistema circolatorio ed una funzione immunologica.
Il sistema linfatico si estende per tutto l’organismo sotto forma di rete,
a partire dai capillari linfatici che confluiscono per formare i collettori prenodali. Molti di questi collettori (vasi afferenti) camminano per i linfonodi e
quando li abbandonano (post-nodali) vengono denominati collettori efferenti.
Normalmente sono in numero minore rispetto a quando giungono ai linfonodi.
Questi collettori efferenti formano i tronchi linfatici, i quali andranno a formare
i dotti linfatici. I dotti linfatici sono i vasi della parte finale del drenaggio
linfatico, i quali sfociano nel sistema venoso a livello della confluenza succlaviagiugulare.
Le anastomosi sono frequenti in prossimità delle origini di questi vasi,
formando vere e proprie reti. Diventano scarse a mano a mano che aumenta
la dimensione dei vasi.
Capillari linfatici
I capillari linfatici vengono anche chiamati linfatici iniziali. Si formano
in fondi ciechi, con 9una forma che ricorda le dita di un guanto, e si
uniscono per formare i collettori afferenti o pre-nodali. Presentano
diametri dai 15 ai 75 micron e lunghezza di 0,5 mm. Sono formati da un
unico strato di cellule endoteliali e presentano una membrana basale
discontinua. Le cellule rimangono unite al tessuto connettivo per mezzo
di piccole fibre, che sembrano prolungamenti delle proteine plasmatiche,
e permettono l’apertura di questi vasi facilitando lo scambio di liquidi e
proteine.
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Collettori linfatici
I capillari linfatici confluiscono formando vasi maggiori denominati
collettori, i quali inizialmente presentano pareti più strutturate, membrana
basale più sviluppata e valvole linfatiche bicuspidi. Le prime valvole sono
localizzate all’inizio dei collettori. Le unioni intercellulari sono più unite,
essendo impermeabili all’acqua e alle molecole di piccole dimensioni, le
quali diventando impermeabili si trasformano in molecole di grandi
dimensioni. La direzione del flusso linfatico è ascendente, passa attraverso
i sinusoidi corticali e midollari dei linfonodi e sale verso i collettori efferenti,
che costituiscono i linfatici postlinfonodali. Come regola generale, la linfa
attraversa uno o più linfonodi prima di entrare nel flusso sanguigno, tendendo
a seguire il deflusso del drenaggio venoso.
Rispetto alle vene i vasi linfatici presentano numero maggiore, maggior
quantità di anastomosi, ma dimensioni molto minori. I vasi linfatici perforanti
comunicano con questi due sistemi a livello del derma. Le valvole del sistema
linfatico presentano forma semicircolare, con il bordo concavo libero diretto
verso il senso del flusso e sono più numerose in prossimità dei linfonodi,
principalmente negli arti e nel collo, in modo da evitare riflussi di linfa.
Tronchi linfatici
I tronchi linfatici sono formati da vasi linfatici che escono da gruppi
specifici di linfonodi per formare i tronchi corrispondenti. Sono in numero
di undici ed ogni tronco drena una regione corrispondente dell’organismo.
Esistono i tronchi lombari, il tronco intestinale, tronchi broncomediastinali,
tronchi succlavi, tronchi giugulari e tronchi discendenti intercostali. Per
esempio, i tronchi lombari sono responsabili del drenaggio degli arti inferiori
e di altre regioni. Questi tronchi drenano per mezzo di vasi di maggior
diametro denominati dotto linfatico destro e dotto toracico.
Dotti linfatici
I dotti linfatici sono due: dotto linfatico destro che drena parte del
lato destro del corpo e dotto toracico che drena il lato sinistro ed il restante
del lato destro.
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Aree del drenaggio linfatico dei dotti linfatici, lato destro puntinato
in azzurro e toracico tratteggiato in verde.
Questi dotti rappresentano i vasi linfatici di maggior calibro e sfociano
nel sistema venoso portando la linfa di tutto il corpo attraverso i vasi
sanguigni, generalmente nella congiunzione della vena succlavia con la vena
giugulare di ogni lato. In questo modo, si completa tutto il sistema di
drenaggio (ritorno sanguigno e linfatico del cuore) di tutti i fluidi e sostanze
mobilitate dal sistema circolatorio. I dotti hanno un diametro di circa 2mm
e possiedono da tre a quattro valvole.
Linfangioma
Viene denominato “linfangioma” la parte di un vaso compresa tra
due valvole. Una caratteristica importante è la sua contrattilità, ossia esso
è capace di pompare linfa come se fosse un “piccolo cuore”. La propulsione
linfatica avviene a partire dalle contrazioni quasi ritmate, controllate dalle
terminazioni nervose dello strato avventizio dei linfangiomi e dalla distensione
delle sue pareti.
Linfonodi
I linfonodi sono strutture ovoidali o reniformi con circa 25mm di
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lunghezza. Sono formati da un agglomerato di tessuto reticoloendoteliale avvolto da una capsula di tessuto connettivo.
Nel nostro corpo esistono circa 600/700 linfonodi. Il tessuto linfoide
rappresenta dal 2 al 3% del peso corporeo.
La linfa arriva ai linfonodi attraverso i collettori afferenti, passando
per i follicoli linfatici, dove viene filtrata e dove eventualmente vengo eliminate
delle particelle. Durante questo passaggio la linfa riceve cellule linfoidi prima
di raggiungere i vasi efferenti.
Come si può osservare, i linfonodi svolgono due funzioni importanti:
filtrazione e produzione di cellule di difesa.
Quindi, per mezzo del sistema linfatico si eliminano i fluidi e le
sostanze che non riuscirebbero a tornare indietro attraverso il sistema
venoso per mezzo dei vasi linfatici; questo avviene grazie ai linfonodi, i
quali svolgono una funzione di filtrazione e produzione di cellule di difesa.
In entrambe le metà del corpo esistono tre grandi gruppi di linfonodi
attraverso i quali avvengono i drenaggi di tre grandi territori: linfonodi
inguinali, ascellari e cervicali.
Ai linfonodi inguinali giungono i vasi linfatici degli arti inferiori, del
perineo, dei genitali esterni e della parte infraombelicale del tronco. Ai
linfonodi ascellari convergono i vasi linfatici dell’arto superiore, della zona
addominale sopraombelicale e del tronco fino a metà della nuca e dei
linfonodi cervicali, i quali ricevono i vasi linfatici della testa e del collo.
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Topografia delle correnti linfatiche
Linfatici della testa
Tutti i vasi linfatici della testa e del collo drenano, in ultima analisi,
attraverso i linfonodi cervicali profondi, per mezzo di gruppi di nodi linfatici
che, a livello della giuntura della testa con il collo, costituiscono il cosiddetto
collare pericervicale, come mostra la figura.
Il drenaggio linfatico della testa (figura 02) avviene attraverso quattro
correnti principali: anteriore, parotidea, occipitale e retroauricolare o
A – Linfonodo infra-orbitale o mascellare
B – Linfonodi boccali
C- Linfonodi submentali o sopraioidei
D- Linfonodi parotidei
E – Llinfonodi mandibolari
F – Linfonodi retroauricolari o mastoidei
G – Linfonodi occipitali
H – Linfonodi submandibolari.
Linfonodi superficiali e profondi della regione della testa (le frecce
indicano la direzione delle correnti linfatiche). Notare la confluenza
del drenaggio della linfa a livello dei linfonodi submandibolari.
mastoidea. La via linfatica anteriore o dei vasi facciali comprende tre gruppi
di nodi linfatici: infra-orbitale o mascellare, localizzati nel naso, guance e
archi zigomatici, boccale superficialmente al muscolo bucinatore e
mandibolare a livello della parte esterna della mandibola anteriormente al
muscolo massetere. La corrente linfatica anteriore riceve le afferenze
linfatiche dalle aeree frontale e facciale anteriori, le quali drenano attraverso
i linfonodi submandibolari, eccetto le regioni del mento e del labbro inferiore,
che sfociano nei nodi linfatici submentali. La corrente linfatica parotidea
drena la porzione laterale della guancia includendo le palpebre, la radice
del naso e l’area anteriore del meato acustico esterno, sfociando nei
linfonodi parotidei superficiali o pre-auricolari, i quali, a loro volta, drenano
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attraverso i linfonodi parotidei profondi e proseguono verso i nodi cervicali
profondi. La corrente retroarticolare, a sua volta, contiene la linfa della
regione posteriore del meato acustico esterno e della regione tempoparietale, drenata attraverso due nodi linfatici mastoidei o retroarticolari
localizzati sopra l’intersezione del muscolo esternocleidomastoideo ed a
livello profondo nel muscolo auricolare posteriore. La via linfatica occipitale
riceve il drenaggio dell’area occipitale e sfocia nei medesimi linfonodi,
presenti in numero da uno a tre in prossimità del bordo postero-superiore
del muscolo trapezio a livello dell’intersezione del muscolo semi-spinale
della testa.
L’orecchio presenta un drenaggio linfatico misto attraverso i linfonodi
retroauricolari, cervicali profondi superiori e parotidei, mentre il cuoio
capelluto drena in direzione di vari nodi linfatici del collare pericervicale. I
linfonodi facciali profondi, situati in profondità rispetto al ramo della
mandibola, nella faccia esterna del muscolo pterigideo laterale ed in intima
relazione con l’arteria mascellare, drenano le fosse temporale ed
infratemporale e la porzione nasale anteriore della faringe. I linfatici del
labbro superiore (e le parti laterali del labbro inferiore) drenano verso i
linfonodi submandibolari, mentre la linfa del mento e dell’area centrale del
labbro inferiore sfocia nei nodi linfatici submentali, che derivano dai linfonodi
giugulo-omo-ioidei. Due o tre nodi linfatici linguali si trovano sopra il muscolo
ioglosso ed in profondità rispetto al muscolo genioglosso. Si tratta di
substazioni linfatiche in direzione dei linfonodi submandibolari e cervicali
profondi. I linfonodi retrofaringei (in numero da uno a tre), situati
anteriormente all’arco dell’atlante e posteriormente al muscolo lungo della
testa, sono responsabili del drenaggio linfatico delle cavità nasali, della
parte nasale posteriore della faringe e delle tube auditive. Sfociano nei
linfonodi cervicali profondi.
Linfatici del collo
I linfonodi cervicali superficiali, situati lungo la vena giugulare esterna
nel trigono posteriore del collo, superficialmente rispetto al muscolo
esternocleidomastoideo, e lungo il deflusso della vena giugulare anteriore
nel trigono cervicale anteriore, dirigono i propri efferenti linfatici verso i
nodi linfatici profondi. Didatticamente vengono divisi in un gruppo superiore,
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Nodi linfatici superficiali e profondi del collo.
A – Linfonodi submentali o sopra-ioidei.
B – Linfonodi submandibolari.
C – Linfonodo giugulo digastrico.
D – Linfonodi cervicali profondi superiori.
E – Linfonodi giugulo-omo-ioidei.
F – Linfonodi cervicali profondi inferiori.
I tessuti superficiali del collo drenano attraverso i nodi linfatici
submandibolari, in numero da tre a sei, submentale ed occipitale, e attraverso
i linfonodi cervicali superficiali e profondi.
I linfonodi profondi del collo, situati in prossimità della vena giugulare
interna, in profondità rispetto al muscolo esternocleidomastoideo,
presentano una direzione posteriore al percorso del nervo accessorio ed
inferiore, e accompagnano i vasi succlavi. Il linfonodo giugulo-digastrico,
che si trova inferiormente al ventre posteriore del muscolo digastrico ed a
livello del corno maggiore dell’osso ioide, riceve numerosi affluenti linfatici
dal terzo posteriore della lingua e della tonsilla palatina.
Il linfonodo giugulo-omo-ioideo, situato sopra la vena giugulare
interna e superiormente al tendine intermedio del muscolo omo-ioideo,
riceve afferenze linfatiche dalla lingua e dai linfonodi submandibolari,
submentali e cervicali profondi superiori. I nodi linfatici cervicali profondi,
localizzati superiormente alla vena giugulare interna, e soprattutto il nodo
linfatico giugulo-digastrico, rappresentano il punto di convergenza dei vasi
linfatici efferenti dei linfonodi parotidei, retromandibolari, occipitali,
submandibolari e submentali.
Un gruppo di linfonodi profondi, denominati sopraclavicolari e situati
nel trigono cervicale occipitale, accompagna il deflusso dell’arteria trasversa
del collo. Altri nodi linfatici del collo includono i linfonodi pre-laringei e
pre-tracheali (entrambi ricevono i vasi linfatici che attraversano il cono
elastico della laringe, paratracheali e retrofaringei). I vasi linfatici della
porzione superiore della faringe vanno ai linfonodi retrofaringei, mentre
quelli della regione inferiore sfociano nei nodi linfatici cervicali profondi.
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La ghiandola tiroide presenta un doppio drenaggio, attraverso i
linfonodi cervicali profondi superiori ed attraverso i linfonodi pretracheali e paratracheali. Il tronco collettore finale delle regioni della
testa e del collo viene denominato tronco linfatico giugulare e consiste
nell’unione dei vasi linfatici provenienti dai nodi cervicali profondi che
sfociano, nel lato o antimero destro, a livello del dotto linfatico destro,
e nel lato sinistro, nel dotto toracico, nonostante variazioni dello sbocco
dei tronchi linfatici a livello del collo siano frequenti.
Linfatici degli arti superiori
Il drenaggio linfatico degli arti superiori (figura 04) avviene
principalmente attraverso il sistema superficiale, per mezzo di dieci
correnti linfatiche. Tali correnti possono essere divise in sei gruppi,
localizzati nella regione prossimale dell’arto superiore (spalla e braccio),
ed in quattro gruppi che si trovano più distalmente nell’avambraccio
e nella mano. A loro volta, le sei correnti linfatiche della porzione
prossimale si suddividono in tre anteriori (basilica, cefalica e prebicipitale) e tre posteriori (posteriore, postero-laterale e posteromediale). Nella regione distale degli arti superiori, le quattro correnti
linfatiche si raggruppano in due versanti anteriori (correnti radiale
anteriore ed ulnare anteriore) e due posteriori (radiale posteriore ed
ulnare posteriore).
A – Linfonodi ulnari
B – Linfonodi radiali
C – Linfonodi interossei (anteriori e posteriori)
D – Linfonodi sopratracheali.
E – Linfonodi brachiali.
F – Linfonodi deltopettorali.
Vie linfatiche (superficiali e profonde) e linfonodi degli
arti superiori. Le frecce mostrano la direzione del
flusso della linfa verso la regione dell’ascella e della
spalla.
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Il drenaggio linfatico profondo presenta sei correnti: due nella
porzione prossimale brachiale e brachiale profonda e quattro versanti nella
regione prossimale ulnare profonda, radiale profonda, interossea anteriore
ed interossea posteriore.
I linfonodi superficiali degli arti superiori possono essere riscontrati
a livello del braccio (uno o due linfonodi sopratracheali) lungo la vena
basilica e nella spalla (uno o due linfonodi deltopettorali, adiacenti alla
vena cefalica, nel solco deltopettorale). I linfonodi superficiali giungono
all’ascella, dove perforano la fascia profonda; lo stesso avviene con la
catena profonda.
I nodi linfatici profondi si trovano nel braccio, a stretto contatto con
i vasi brachiali, venendo così denominati linfonodi brachiali e brachiali
profondi. Nell’avambraccio, 18anteriormente linfonodi radiali, ulnari ed
interossei posteriori e posteriormente linfonodi interossei posteriori. I nodi
linfatici della regione ascellare, in numero da 20 a 30, si trovano
principalmente contro la faccia laterale della parete toracica e si dividono
in cinque gruppi di drenaggio, responsabili dell’afferenza linfatica di tutto
l’arto superiore, della maggior parte della mammella, della pelle
dell’emitorace ipsilaterale, della porzione sopra-ombelicale dell’addome
e del dorso.
A – Gruppo anteriore o toracico laterale e
apicale.
B – Gruppo laterale
C – Gruppo posteriore o subscapolare.
D – Gruppo centrale o Intermedio.
E – Gruppo mediale o apicale
Gruppi di nodi linfatici dell’ascella. Si noti l’importanza
dell’affluenza linfatica terminale ai linfonodi ascellari centrali
ed apicali.
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Il gruppo linfonodale anteriore o toracico laterale o pettorale è situato
lungo il bordo laterale o inferiore del muscolo pettorale maggiore e delle
vene toraciche laterali. È costituito da tre a cinque linfonodi e riceve il
drenaggio linfatico della regione addominale sopra-ombelicale e della
maggior parte della mammella. Il gruppo posteriore o subscapolare, con
sei o sette linfonodi, è localizzato anteriormente al muscolo ed alla vena
subscapolari (a livello del bordo laterale della scapola) ed effettua il
drenaggio linfatico dei muscoli della nuca, della parte posteriore delle spalle
e del dorso.
Il gruppo linfonodale laterale, composto da quattro a sei linfonodi, è
situato posteriormente alla vena ascellare ed è responsabile del ricevimento
della linfa dell’arto superiore. Il gruppo intermedio o centrale, situato
medialmente rispetto al gruppo laterale, stabilisce connessioni con i gruppi
anteriore, posteriore e laterale, formando il più numeroso e più palpabile
gruppo di linfonodi ascellari. Infine, il gruppo mediale o apicale,
comprendente da sei fino a 12 linfonodi, situato superiormente al bordo
superiore del muscolo pettorale minore, medialmente alla vena ascellare e
posteriormente alla fascia clavipettorale, riceve i vasi linfatici di tutti gli altri
gruppi ed, eventualmente, della mammella. I nodi linfatici apicali si uniscono
per formare due o tre tronchi succlavi che sboccano, a destra, nel dotto
linfatico destro, ed a sinistra, nel dotto toracico o, eventualmente, in
linfonodi inferiori profondi. Genericamente, i gruppi laterale e centrale
presentano 10-14 linfonodi ciascuno, mentre gli altri gruppi sono composti
da uno a sette nodi linfatici ciascuno.
A livello degli arti superiori ed inferiori, esistono delle correnti linfatiche
che non sfociano nei linfonodi ascellari e quindi vengono denominate vie
derivative. Nell’arto superiore possono essere incontrate a livello della
vena cefalica, della corrente cefalica ed in direzione dei linfonodi
sopraclavicolari e scapolari posteriori o corrente posteriore. Un’altra via
derivativa consiste del gruppo linfonodale intraclavicolare, disposto sopra
la vena cefalica, ed occasionalmente può essere responsabile del drenaggio
linfatico della spalla o comunicare con i nodi linfatici cervicali profondi
inferiori. Le vie linfatiche della mammella a livello della pelle o della fascia
pettorale possono raggiungere l’ascella opposta attraverso i linfatici
paraesterni o stabilire connessioni con i plessi subperitonale e subfrenico,
con i linfatici della guaina del muscolo retto addominale, con i linfonodi
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apicali attraverso i muscoli pettorali e con i nodi linfatici toracici interni.
Linfatici degli arti inferiori
Essendoci quattro vene prossimali a livello della coscia (che si
suddividono in due anteriori, corrente della grande safena o antero-mediale
e corrente della safena accessoria anteriore o antero-laterale, quest’ultima
di origine esclusiva nella coscia, e due posteriori, corrente postero-mediale
e postero-laterale della coscia), il drenaggio linfatico superficiale degli arti
inferiori si dispone nella tela sottocutanea sotto forma di sei correnti. Le
due vie linfatiche superficiali distali lungo il piede e la gamba costituiscono
le correnti della grande safena della gamba e della piccola safena della
gamba, quest’ultima può presentare uno o due tronchi. La corrente della
grande safena o antero-mediale della gamba ascende medialmente,
ricevendo da tre a sette affluenti linfatici, inclusa la corrente postero-laterale
della gamba nella regione del condilo mediale del femore, dove prosegue
come corrente antero-mediale della coscia. A loro volta, le correnti linfatiche
profonde ascendono lungo i vasi sanguigni (in numero di due o tre vasi
linfatici per ogni arteria) e presentano per mezzo di due versanti prossimali
nella coscia e tre distali, una corrente anteriore o tibiale anteriore e due
posteriori o tibiale posteriore e fibulare, localizzate nel piede e nella gamba.
I linfonodi superficiali degli arti inferiori sono più numerosi rispetto
ai profondi, essendo composti da tre a 14 unità o addirittura fino a 20
nodi. Si situano a livello della tela sottocutanea, parallelamente e 1,00cm
distali al legamento inguinale e lungo la porzione prossimale della vena
grande safena, concatenandosi alle regioni inguinali e poplitee ed ai loro
rispettivi vasi.
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B – Linfonodo popliteo
C – Linfonodo grande safena
D – Linfonodo intersafenico
E – Linfonodo safena
accessoria laterale
F – Linfonodo circonflesso superficiale dell’ilio
G – Linfonodo epigastrico superficiale
H – Linfonodo pudendo esterno
I – Linfonodo di Cloquet
Drenaggio linfatico (superficiale e profondo) degli arti inferiori, vista
anteriore: A – linfonodo tibiale anteriore
Quindi, esistono i nodi linfatici intersafenico, della grande safena, della
safena accessoria laterale, della circonflessa superficiale dell’ilio, della
epigastrica superficiale e della pudenda esterna. Il drenaggio linfatico
superficiale si dirige, di preferenza, verso i linfonodi intersafenico e delle
safene grande ed accessoria laterale o linfonodi inferiori, normalmente unici.
I nodi linfatici superiori, di solito multipli, costituiti dalle stazioni circonflessa
superficiale dell’ilio, epigastrica superficiale e pudenda esterna, sono
responsabili del ricevimento del drenaggio linfatico della regione glutea, della
porzione infra-ombelicale della parete addominale, dell’ano e delle porzioni
anteriore e laterale dei genitali esterni. Nella fossa poplitea si trova il
linfonodo popliteo superficiale, frequentemente impari, il quale riceve
la linfa proveniente dalla corrente linfatica della piccola safena.
I nodi linfatici profondi degli arti inferiori (da uno a tre nodi) si
trovano nella gamba, nella fossa poplitea in profondità rispetto allo
sbocco della vena piccola safena e nella regione inguinale nella faccia
mediale della vena femorale, in profondità rispetto alla fascia ampia.
L’area inguinale profonda, dotata di pochi linfonodi, riceve la linfa
proveniente dai vasi linfatici efferenti adiacenti alle vene femorale e
poplitea e, lateralmente al legamento lacunare, nell’anello femorale,
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presenta un nodo linfatico profondo costante o linfonodo di Cloquet.
Nella gamba, i linfonodi sono localizzati giustapposti alle arterie. Quindi,
esistono i linfonodi tibiale anteriore piccolo ed incostante, tibiale
posteriore e fibulare, i quali ricevono la linfa profonda del piede e della
gamba. La regione poplitea presenta un numero di nodi linfatici profondi
che va da uno a cinque, o al massimo da sette a 10 unità, i quali sono
situati in profondità rispetto alla fascia poplitea e contengono la linfa
profonda proveniente dal piede, dalla gamba e dalla coscia.
Si distingue tra linfonodi retropoplitei posteriori alla vena
poplitea, presenti in numero di tre e localizzati inferiormente e
superiormente allo sbocco della vena piccola safena e un altro più
prossimalmente in relazione con la zona anteriore. Gli altri sei linfonodi
della fossa poplitea (tre laterali e tre mediali) accompagnano le arterie
geniculari e vengono chiamati nodi linfatici poplitei mediali e poplitei
laterali. Il linfonodo rimanente (unico) si dispone anteriormente
all’arteria poplitea, linfonodo popliteo anteriore o pre-arteriale. Tutti
gli efferenti linfatici poplitei accompagnano i vasi femorali e terminano
nei nodi linfatici inguinali profondi.
Vie comunicanti tra i drenaggi linfatici superficiale e profondo
degli arti inferiori si incontrano attraverso i rami linfatici perforanti,
nonostante l’esistenza di rami comunicanti tra i linfonodi inguinali
superficiali per il drenaggio linfatico della vulva. Circa 24 vasi linfatici
efferenti lasciano i nodi linfatici inguinali superficiali e profondi. I vasi
linfatici degli arti inferiori sfociano, in ultima analisi, nei linfonodi iliacoesterni e comuni e raggiungono i nodi linfatici aortico-lombari, i quali a
loro volta formano i tronchi lombari che sfociano nel dotto toracico.
Fernando Batigália
José Maria Pereira de Godoy
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24
FISIOLOGIA DEL SISTEMA
LINFATICO
Considerazioni generali
Per una migliore comprensione del sistema linfatico, faremo delle
brevi considerazioni sul sistema circolatorio.
Il sistema circolatorio è un circuito chiuso formato dal cuore, dalle
arterie, dalle vene e dai vasi linfatici che cambiano di dimensioni a seconda
della localizzazione e della funzione che svolgono.
Il sangue può essere considerato come un grande organo circolante,
il quale garantisce il supplemento di nutrienti a tutte le cellule del nostro
organismo. Quindi rimuove e fa circolare tutto quello che è stato prodotto
a livello locale, utilizzando il sistema circolatorio come condotto, e la sistole
ventricolare che permette il pompaggio del sangue.
Il cuore funziona come una “pompa” che ad ogni sistole
ventricolare crea una pressione di pulsione arteriosa, che spinge circa
70 ml di sangue dentro l’aorta ed un’onda di pulsione arteriosa che si
propaga in direzione della microcircolazione. Il ritorno del sangue
attraverso il cuore è reso possibile dal sistema venoso (vene) con
l’ausilio del sistema linfatico che, nonostante non trasporti sangue
ma linfa, attua un riassorbimento di liquidi e proteine, completando
così questo circuito.
Si osservano qui un sistema di irrigazione (sistema arteriosa) e due
sistemi di drenaggio rappresentati dai sistemi venoso e linfatico e due tipi
di fluidi circolanti, che sono il sangue e la linfa. Esiste inoltre l’interstizio
cellulare, il quale funziona come un’interfaccia per lo scambio di fluidi e
nutrienti tra le cellule e la corrente sanguigna. Tutto ciò che esce ed entra
nel vaso passa attraverso l’interstizio.
Il tessuto interstiziale è costituito da una struttura fibrillare composta
da fibre elastiche, reticolari e collagene. Tra di esse esiste una matrice
formata da una sostanza chiamata fondamentale, composta da una fase in
forma di “gel”, ricca di colloidi, e da un’altra in forma di “sole”, ricca di
acqua e di piccole molecole diluite. La sostanza fondamentale è costituita
25
principalmente da mucopolisaccaridi denominati glicosaminoglicani (acido
ialuronico, condroitin solfato, dermatan solfato e cheratosolfato). Il liquido
dell’interstizio proviene dai vasi sanguigni. Le molecole che escono dai
capillari sanguinei raggiungono il sistema linfatico dopo tre barriere: capillare
endoteliale, spazio interstiziale ed endotelio del capillare linfatico.
Nella sua porzione terminale la barriera endoteliale è molto sottile
ed essendo semipermeabile permette l’uscita dell’acqua e di piccole
molecole, principalmente di quelle liposolubili.
Nel 1978 Casley-Smith osservò la formazione di canali senza
endotelio nell’interstizio cellulare denominato pre-linfatico.
A componenti importanti presenti nell’interstizio sono i macrofagi, i
quali fagocitano l’eccedenza proteica. La pressione dell’interstizio dipende
dallo stato fisico-chimico, dal suo volume liquido e dal drenaggio linfatico
e venoso.
I vasi di maggior calibro svolgono principalmente una funzione di
trasporto in quanto la circolazione, il cui scopo è il ricambio metabolico,
avviene solo a livello della microcircolazione e più specificamente nei
capillari.
Il sistema circolatorio racchiude circa da cinque a sei litri di sangue:
l’80% di esso si trova nelle vene, il 15% nelle arterie ed il 5% nei capillari.
La termo microcircolazione riguarda i vasi che sono visibili al microscopio
e la cui funzione è la distribuzione del sangue ai tessuti secondo le necessità
metaboliche, così come l’autoregolazione del flusso locale. Rappresenta i
vasi terminali della parte arteriosa e quelli iniziali delle vene e dei linfatici.
La termo macrocircolazione riguarda i vasi di conduzione.
La principale funzione della microcircolazione è lo scambio di gas
(per diffusione) e dei fluidi (per filtrazione) e di tutti i nutrienti e metaboliti
necessari al metabolismo cellulare locale.
Perché avvengano gli scambi il sistema deve essere in movimento e
questo si ottiene grazie alle differenze di pressione tra il sistema circolatorio
e l’interstizio. Secondo Starling, nei capillari arteriosi esistono una pressione
positiva chiamata idrostatica, di circa 30 mm Hg, e due pressioni negative,
la pressione oncotica, data dalle proteine e pari a 20-25 mm Hg, e la
pressione dell’interstizio di 2-4 mm Hg.
Nei capillari arteriosi la pressione idrostatica di 30mm Hg è maggiore
26
della pressione oncotica, che è negativa, e questo permette l’uscita di fluidi
e nutrienti attraverso lo spazio interstiziale. Per quanto riguarda le vene, la
pressione idrostatica positiva di 15mm Hg e la pressione oncotica negativa
di circa 20 mm Hg, permettono il riassorbimento dei fluidi e delle sostanze
dell’interstizio cellulare. Il riassorbimento realizzato dai capillari venosi
rappresenta circa il 90% di quello che viene filtrato, mentre il rimanente
10% viene realizzato dal sistema linfatico, che funziona come una valvola
di sicurezza, rimuovendo le macromolecole e l’eccesso di liquido. Il 5075% del sangue che passa per la microcircolazione non raggiunge i capillari,
i quali effettuano gli scambi metabolici, ma percorre le anastomosi
arteriovenose. Circa il 25% del sangue della microcircolazione rende
possibile lo scambio locale effettivo.
Riassumendo, il cuore ed i “linfangiomi” possono essere considerati
come strutture propulsive del sangue e della linfa; due tipi di fluidi circolanti
rappresentati dal sangue e dalla linfa; i circuiti conduttori formati dai vasi
arteriosi, venosi e linfatici; i vasi di maggior calibro con funzione di
conduzione (macrocircolazione) e quelli di minor calibro (microcircolazione)
con funzione nutritiva; l’interstizio cellulare che funziona come un’interfaccia
per lo scambio di nutrienti e caboliti tra il sangue e le cellule; le pressioni
idrostatica e colloidosmotica che permettono il trasferimento dei liquidi.
Sistema linfatico
La principale funzione del sistema linfatico è riassorbire le proteine
plasmatiche provenienti dalla filtrazione dei capillari arteriosi che non sono
riuscite a ritornare attraverso i capillari venosi. In questo modo, ripristina
la corrente sanguigna intorno ai 100 g al giorno delle proteine, denominate
carico proteico con funzione linfatica, che lasciano diariamente le arterie e
non ritornano attraverso le vene. Circa 2000 ml di linfa raggiungono
giornalmente il sistema venoso.
Un’altra funzione importante è quella immunologica, con la filtrazione
della linfa nei linfonodi, prima che essa giunga al sistema venoso. La linfa
iniziale è povera di cellule e durante i passaggi attraverso i linfonodi si
arricchisce di cellule con funzione immunologica (monociti, plasmociti).
Anche questo sistema funziona come una valvola di sicurezza,
evacuando l’eccesso di liquido che entra nell’interstizio.
27
La linfa è formata, a partire dai prodotti che sono stati filtrati dai
capillari arteriosi, dai prodotti delle cellule e dell’interstizio. Questo fluido,
dopo essere penetrato nei vasi linfatici, viene chiamato linfa, mentre quando
si trova negli spazi interstiziali viene chiamato liquido interstiziale.
Il plasma linfatico è più diluito rispetto a quello del sangue. Anch’esso
può coagulare, nonostante sia più difficile che non nel sangue. La sua
composizione varia a seconda del luogo nel quale si forma. Per esempio:
quello che drena l’intestino tenue presenta alte concentrazioni di acidi grassi,
mentre la linfa degli arti inferiori è povera.
È fondamentale che ci sia equilibrio tra ciò che esce (filtrazione) e
ciò che entra nei vasi (riassorbimento). L’eccesso di liquido o di proteine
può comportare uno squilibrio e causare l’edema dell’arto.
I principali fattori che influenzano il flusso linfatico sono le contrazioni
ritmiche dei vasi e le variazioni di pressione nelle loro pareti associate ai
battiti dei vasi, alla compressione muscolare ed alla variazione della
pressione toracica e addominale.
Linfangioma
La porzione di vaso linfatico localizzata tra due valvole è
denominata “linfangioma”, con capacità di contrazioni. È costituita
da un’unità funzionale dove le valvole, impedendo il riflusso,
permettono alla linfa di circolare in senso ascendente. I “linfangiomi”
funzionano come veri e propri microcuori, con da sei a 12 contrazioni
al minuto. Queste contrazioni sono indipendenti dagli altri
“linfangiomi”. Ogni “linfangioma” possiede un segna passo simile al cuore.
Lo stimolo più importante per la sua contrazione è l’aumento di
volume con distensione della sua parete. Anche altri stimoli, come gli
alfa-adrenergici, quelli delle prostaglandine, istamina e bradicinina
possono provocare delle contrazioni, le quali permettono di
raggiungere pressioni da 10 a 55 mmHg, che possono arrivare a 120
mmHg nelle estremità inferiori. Questa peculiarità è importante perché
il sistema stesso è in grado di dirigere il flusso e favorire lo spostamento
della linfa.
Riassumendo, il sistema linfatico è un sistema di drenaggio che aiuta
il sistema venoso con il ritorno dei componenti del sangue. Riassorbe i
28
liquidi interstiziali ed i prodotti che lasciano la corrente sanguigna e che
interagiscono con il mezzo locale, principalmente le cellule che non riescono
a tornare attraverso i capillari venosi. Questo fluido che viene assorbito è
denominato linfa. Passando per i linfonodi la linfa viene filtrata e riceve
cellule (monociti e plasmociti), comportandosi in questo modo come una
vera e propria “spazzina” dell’organismo. I prodotti che avanzano
nell’interstizio vengono rimossi, filtrati e restituiti al sangue, garantendo così
protezione immunologica all’individuo.
29
FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA
LINFATICO
Il termo linfedema si riferisce al tipo di edema derivante da un
accumulo anomalo di liquidi nei tessuti, risultante da una falla nel sistema
linfatico di drenaggio associata ad insufficienza di protolisi extra-linfatica
delle proteine dell’interstizio cellulare.
Földi paragonò il sistema linfatico al cuore. Fui egli a stabilire i concetti
di sufficienza ed insufficienza linfatica. È sufficiente quando la capacità di
trasporto è maggiore di quella richiesta. Questa capacità può essere definita
come la capacità che l’organismo ha di trasportare attivamente, che per
un individuo sano si aggira intorno ai 20 litri al giorno. Normalmente questo
volume va dai due ai quattro litri al giorno e la differenza è tenuta come
riserva funzionale.
Nell’insufficienza linfatica, identificata dalla presenza di edema, si
oltrepassa la capacità di drenaggio del sistema linfatico.
L’insufficienza dinamica viene riscontrata quando il sistema linfatico
è integro ed il volume che deve essere drenato eccede la sua capacità di
drenaggio. D’altra parte, nell’insufficienza meccanica del sistema linfatico
si verifica una riduzione della capacità dei vasi di attuare il drenaggio anche
se il volume da drenare è normale. Un esempio di insufficienza dinamica è
osservabile nell’ipoproteinemia, quando l’aumento del liquido interstiziale
è dovuto al mancato riassorbimento da parte del sistema venoso a causa
della diminuzione della pressione oncotica intravascolare. In altri esempi,
come la trombosi venosa profonda e l’insufficienza venosa cronica, l’edema
è causato dalla difficoltà da parte del sistema venoso a riassorbire questi
liquidi, a causa di alterazioni in questi vasi. In tutti e tre i casi si ha la
formazione di edema. Frattanto, il sistema linfatico rimane integro, anche
se è stata superata la sua capacità funzionale e nonostante stia lavorando
con ipermotilità del sistema. Questo edema è povero di proteine, con
concentrazione intorno allo 0,1-0,5g/dL. In compenso, anche se
nell’insufficienza linfatica meccanica il volume da drenare è normale, il sistema
linfatico non riesce a riassorbire il suddetto liquido e le macromolecole, i
quali rimangono, quindi, un fluido ad alta concentrazione proteica.
30
Forme di insufficienza dinamica e meccanica possono verificarsi in
uno stesso paziente.
Quando la capacità di drenaggio è inadeguata e in caso di ridotta
capacità di trasporto, l’edema può essere grave, con insufficienza nel
funzionamento delle valvole di sicurezza e può comportare necrosi del
tessuto.
In caso di ostruzione meccanica abbiamo le seguenti possibilità per
effettuare il drenaggio:
A – attraverso le vie collaterali, similmente a quello che si verifica
nel sistema arterioso e venoso;
B – attraverso le anastomosi linfovenose, che si formano nel tentativo
di facilitare lo scorrimento della linfa;
C – attraverso le anastomosi linfolinfatiche;
D – attraverso i canali perilinfatici, a livello dell’interstizio;
E – un’altra trasformazione è l’aumento del numero dei monociti
che si trasformano in macrofagi per assorbire le proteine.
L’accumulo di liquido nell’interstizio provoca un aumento della
pressione interstiziale sulle strutture adiacenti e nei capillari linfatici. Questo
causa l’allontanamento dei suoi filamenti di fissazione, allargando le cellule
endoteliali e aprendo gli spazi intercellulari. L’aumento della pressione sui
linfatici provoca un aumento della frequenza e del flusso linfatico. I collettori
finiscono per dilatarsi molto e le loro valvole perdono la capacità di impedire
il riflusso. Anche la funzione di pompaggio dei “linfangiomi” viene
compromessa, provocando la stasi ed il linfedema.
Parte del liquido può essere drenato dalle vene. Nel frattempo, le
proteine, specialmente quelle con maggior peso molecolare, non riescono
a ritornare attraverso i vasi e si accumulano nell’interstizio, stimolando
l’attività dei macrofagi che cercano di eliminarle. L’eccesso di proteine
nell’interstizio stimola anche i fibroblasti e può determinare la formazione
di fibrosi. La persistenza del linfedema aiuta la degenerazione della parete
dei collettori linfatici, provocando una perdita di motilità ed aggravando
ancor più la linfostasi.
Il linfangiosarcoma, infermità di Stewart Treves, può verificarsi nei
linfedemi persistenti.
Secondo Casley-Smith, le principali cause strutturali osservate nei
31
linfedemi sono derivanti da:
a – canali tessutali stretti o stranamente inadeguati;
b – linfatici iniziali stranamente inadeguati;
c – rigidezza del sistema valvolare iniziale;
d – scioglimento delle bande di fissaggio dei linfatici;
e – ipoplasia e ostruzione dei collettori.
Le cause funzionali sono in relazione alla mancanza di variazione
della pressione tessutale, poiché diminuisce il flusso nei canali tessutali e si
riduce il meccanismo di pompaggio nei linfatici iniziali. Altre cause sono la
paralisi e lo spasmo dei vasi che rendono difficile la contrazione dei collettori.
Queste variazioni si verificano nel linfedema primario. Nel linfedema
secondario, il sistema linfatico precedentemente integro è distrutto, come
per esempio in seguito a chirurgie (svuotamento linfonodale), filariasi e
traumi. In questi casi il linfedema è di tipo meccanico.
Questi tessuti dolenti, ricchi di proteine, sono propizi all’insediamento
di infezioni, come gli streptococchi che danneggiano maggiormente i suddetti
vasi e ne diminuiscono la riserva funzionale.
Questi pazienti devono essere seguiti da uno specialista, il quale
identificherà il tipo di lesione e l’approccio terapeutico più indicato. Il
drenaggio linfatico è uno dei mezzi terapeutici più importanti ed è compito
dello specialista orientare e seguire tutta l’evoluzione di questo trattamento.
Le avvertenze igieniche, la prevenzione ed il trattamento di infezioni, l’uso
di farmaci come le benzopirene e gli esercizi linfocinetici fanno parte
dell’approccio terapeutico di questi pazienti.
Trattamento del linfedema
Nel trattamento del linfedema le misure profilattiche come le
avvertenze igieniche, la prevenzione di infezioni e gli esercizi linfocinetici
contribuiscono ad un risultato migliore. Il drenaggio linfatico, i bendaggi le
calze elastiche ed i farmaci costituiscono i principali metodi di approccio
nel trattamento di questi pazienti. Oltre a questi tipi di approccio, i consigli
riguardanti le avvertenze quotidiane devono essere enfatizzati in caso i
pazienti manifestino molti dubbi. Alcuni di questi possono essere chiariti
32
comportando dei benefici nella vita quotidiana.
I rimedi farmacologici fanno parte del contesto generale del
trattamento del linfedema. La terapia antibiotica profilattica e terapeutica
è indicata in caso di infezioni. Le benzopirene sono sostanze che possono
ridurre l’edema ricco di proteine aumentando l’attività proteolitica tessutale.
I flavonoidi come la diosmina, la rutina, l’esperidina sono esempi di questo
tipo di sostanze.
Il drenaggio linfatico è indicato in quasi tutti i tipi di linfedema.
Riassumendo, la combinazione di questi rimedi favorisce un miglior risultato
nel trattamento di questi pazienti.
33
DRENAGGIO LINFATICO
MANUALE
Il drenaggio linfatico manuale costituisce uno dei pilastri della terapia
fisica complessa proposta da Földi, conosciuta come metodo di Földi. Si
tratta di un trattamento medico indicato per qualsiasi tipo e grado di
linfedema. L’obiettivo finale è rimuovere l’eccesso di proteina plasmatica
dall’interstizio cellulare, ripristinando l’equilibrio tra il carico proteico linfatico
e la capacità di trasporto del sistema linfatico.
La tecnica di drenaggio linfatico manuale è stata pubblicata a Parigi
nel 1936 dal Dr. Vodder e durante le ultime sei decadi sono stati aggiunti
vari contributi.
Fu a partire dalla sua esperienza in massaggi che Vodder osservò il
miglioramento clinico dei linfonodi della regione cervicale in seguito alla
stimolazione manuale. Tali scoperte rappresentarono l’inizio di un lavoro
che portò alla sistematizzazione di una tecnica che venne denominata
drenaggio linfatico manuale.
È importante specificare che il termine massaggio deriva dal greco
(impastare) e significa pressare con le mani, impastare le diverse parti del
corpo per rilassare i muscoli. Drenaggio è una parola di origine inglese ed
appartiene al lessico dell’idrologia: consiste nell’evacuare una palude
dall’eccesso di acqua per mezzo di canaletti che sfociano in un collettore
maggiore, che a sua volta sfocia in un pozzo o in un corso d’acqua.
L’analogia è chiara. Nel drenaggio linfatico manuale, non essendo
necessario comprimere i muscoli, le manovre sono dolci e superficiali al
fine di mobilitare una corrente di liquido che sta dentro un vaso linfatico a
livello superficiale e sopra l’aponeurosi. Riguardo alla pressione della mano
sul corpo, è universalmente riconosciuto che essa debba essere lieve in
modo da non causare collasso linfatico. Il valore suggerito si aggira intorno
ai 30-40 mmHg.
Come possiamo osservare il drenaggio linfatico manuale ed i massaggi
sono due cose diverse. Quindi, per realizzare il drenaggio linfatico manuale
bisogna essere coscienti di cosa si sta drenando: è per questo che non
sono necessari movimenti che producano una forte compressione.
34
Molti studi dimostrano che utilizzando una tecnica inadeguata si
possono arrecare danni al paziente. Casley-Smith sottolinea il fatto che un
drenaggio mal fatto è peggiore di nessun drenaggio. Varie tecniche di
massaggio vengono denominate drenaggio linfatico ed utilizzate in modo
inadeguato, causando pregiudizi nel paziente. È importante che il
professionista sia cosciente di questo fatto e che domini la tecnica in modo
da non provocare lesioni.
Il drenaggio linfatico manuale consiste in movimenti di scivolamento
lungo il percorso dei vasi linfatici e di compressione nelle regioni dei linfonodi.
Si tratta di una tecnica sistematica i cui movimenti devono seguire una
sequenza corretta, con direzione e strategia ben definite. È universalmente
riconosciuto che bisogna sbloccare il sistema linfatico a livello centrale e,
in ultima istanza, nell’arto interessato. Generalmente si inizia dalla regione
cervicale, ascella, regione toracica, addome, radice dell’arto sano. Si
continua distalmente e solo in seguito si tratta l’arto colpito. Questo sistema
crea serbatoi vuoti attraverso i quali i linfatici periferici possono drenare.
In questo modo la linfa raggiunge i versanti linfatici attraverso i quali viene
drenata. Per questo motivo è necessario conoscere tutta l’anatomia delle
vie linfatiche.
I professionisti della salute svolgono una funzione estremamente
importante presso i pazienti affetti da problemi linfatici. Qualsiasi azione
indipendente del professionista deve essere considerata illegittima poiché
è il medico l’unico responsabile di tutti e di ciascun passo terapeutico
compiuto.
Altri effetti secondari derivanti dal drenaggio sono:
a – azione sul sistema nervoso vegetativo provocando stimoli
parasimpatici e causando rilassamento;
b – azione sedativa dei riflessi algici;
c – azione sui gangli con effetto immunologico.
Riassumendo, il drenaggio linfatico manuale rappresenta un
importante strumento terapeutico del linfedema. Deve, quindi, essere
eseguito in modo adeguato da professionisti capaci.
35
NUOVA TECNICA DI
DRENAGGIO LINFATICO
MANUALE
Tra i componenti del sistema linfatico troviamo i vasi linfatici, che
non sono altro che condotti che trasportano fluidi e presentano alcune
peculiarità. Il percorso di questi vasi è ben definito e normalmente passa
attraverso i linfonodi di una determinata regione. Tenendo presente questo
sistema di condotti abbiamo sviluppato una nuova tecnica di drenaggio
linfatico.
Questa tecnica consiste nell’utilizzo di bastoncini flessibili e delicati
che facciamo rotolare lungo il percorso dei vasi linfatici, ottenendo un
drenaggio efficiente. Lo scopo è esercitare una pressione esterna continua,
sfruttando la compressione di questi bastoncini sulla regione di deflusso
dei vasi in direzione ascendente, al fine di stimolare la mobilità della linfa.
Le illustrazioni che seguono mostrano i meccanismi proposti e le avvertenze
alle quali attenersi.
Si osservi un modello idrostatico per l’illustrazione della tecnica.
In nero, un modello di bastoncino che verrà usato come strumento
di drenaggio e due tubicini, in bianco, pieni di liquido per simulare
un vaso linfatico.
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Linfografia che mostra dei vasi linfatici negli arti inferiori, i quali
non sono altro che conduttori che trasportano la linfa.
37
Trattandosi di un vaso comprimente, lo scivolamento per rotolio del
bastoncino permetterà di effettuare il drenaggio del suo contenuto.
Come si può osservare in questa illustrazione, lo scivolamento del
bastoncino ha permesso lo svuotamento del condotto.
38
In questa illustrazione si possono osservare due condotti: uno è pieno,
dilatato ed in una delle sue estremità si nota la presenza di una
dilatazione. Nell’altro vaso le pareti non sono dilatate e presentano
volume di pressione e liquido normali.
Queste illustrazioni ci danno un’idea del funzionamento del nuovo
metodo di drenaggio e delle avvertenze alle quali attenersi sia con questo
che con qualsiasi altro tipo di drenaggio linfatico.
Nell’esempio osserviamo un sistema occluso che simula un vaso
linfatico ostruito, come per esempio in seguito ad una mastectomia. Questo
dimostra che, quando utilizziamo manovre inadeguate durante il drenaggio
linfatico, possiamo ledere questo vaso. Un’altra conclusione riguarda il
fatto che un vaso in condizioni normali corre meno rischi di essere
danneggiato. Questa dimostrazione enfatizza l’importanza della diagnosi
della lesione linfatica in modo da adottare un approccio corretto al drenaggio
linfatico.
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Questa illustrazione dimostra come l’impiego della stessa pressione
abbia provocato nei vasi reazioni differenti.
In entrambi si è verificato un drenaggio, però per continuare a drenare
è necessario esercitare una pressione maggiore sul vaso in posizione
inferiore. Inoltre, se mantenessimo la stessa pressione in questo vaso, anche
la possibilità di riflusso sarebbe maggiore. Conseguentemente, se
insistessimo a continuare il drenaggio finiremmo per ledere il vaso.
Un altro concetto importante riguarda il fatto che i vasi linfatici
presentano valvole ed un flusso direzionato come indicato dalle
freccette.
40
L’ultima illustrazione suggerisce come la direzione del drenaggio
debba sempre essere in direzione del flusso. I movimenti circolari possono
andare contro la direzione del flusso forzando le valvole dei vasi linfatici.
Pertanto, questo tipo di movimento non è giustificato.
La pressione esercitata deve essere intorno ai 30-40 mmHg in modo
da non danneggiare i vasi ed i tessuti adiacenti. La velocità di scivolamento
del bastoncino deve essere lenta per non provocare un aumento brusco
della pressione all’interno del vaso ed evitare così possibili danni.
È unanimemente riconosciuto che le vie linfatiche debbano essere
sbloccate centralmente ed in seguito procedere drenando le regioni più
distali. Infine, procedere lungo l’arto dolente. Generalmente si inizia
drenando la regione cervicale, l’ascella, il torace, l’addome, la radice
dell’arto, per poi procedere con un drenaggio distale. Questo tipo di
approccio crea un serbatoio vuoto attraverso il quale possono drenare i
linfatici periferici. In questo modo la linfa raggiunge i versanti linfatici per
poi proseguire il proprio cammino. Questo è uno dei motivi che richiedono
una profonda conoscenza delle vie linfatiche e di come usare le vie alternative
di drenaggio in caso di blocchi linfatici.
Una diagnosi corretta è fondamentale perché si impieghi un approccio
adeguato.
La stimolazione del glomo carotideo può provocare una
41
42
AVVERTENZE
IL DRENAGGIO DELLA REGIONE CERVICALE
PRESENTA UN RISCHIO MAGGIORE A CAUSA DELLA
PRESENZA DEL GLOMO CAROTIDEO
aritmia cardiaca. Questa stimolazione può essere usata dal medico
per trattare alcuni tipi di aritmia cardiaca. Pertanto, il paziente deve essere
ricoverato in ospedale e monitorato.
Si sconsiglia di trattare questa regione con drenaggio linfatico e con
qualsiasi altro tipo di massaggio se non si è a conoscenza delle manovre e
dei rischi.
Altre avvertenze:
*Pressione esercitata sulla pelle.
*Cominciare il drenaggio dal luogo corretto.
*Osservare se il paziente riporta infezioni o neoplasia che sono da
considerarsi come controindicazioni.
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44
AUTO-TECNICA DI DRENAGGIO
LINFATICO
L’utilizzazione di “piccolo rulli” permette al paziente stesso di
esercitare questa tecnica, mettendo in pratica quella che possiamo chiamare
auto-tecnica di drenaggio linfatico.
Il medico o il professionista che realizzeranno il trattamento possono
evidenziare con una penna, sulla pelle del paziente, il percorso lungo il
quale i “piccoli rulli” devono essere fatti scorrere.
Si consiglia di allenare il paziente in clinica in modo da prepararlo
adeguatamente alla corretta applicazione dell’auto-tecnica. La supervisione
del medico è necessaria per avallare i risultati ed il corretto utilizzo della
tecnica.
I vantaggi stanno nell’offrire ai pazienti l’opportunità di usufruire del
trattamento a costi ridotti.
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46
DIMOSTRAZIONE DELLA
TECNICA PASSO DOPO PASSO
Osservare l’orientamento dei disegni nella prima figura. Nella
seconda, terza e quarta si possono vedere le principali stazioni linfonodali
che normalmente vengono drenate: ascellare, cervicale ed inguinale.
In questa illustrazione si osservino la rappresentazione schematica
dei vasi linfatici e la direzione del flusso. In verde il percorso dei vasi
che confluiscono ai gangli. Le freccette rosse indicano la direzione
del flusso linfatico.
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In questa illustrazione si osservino la direzione e la confluenza finale
dei vasi linfatici della testa e del collo verso la regione sopraclaveolare.
I vasi passano attraverso i linfonodi fino a raggiungere il tronco
cervicale e da lì il dotto toracico (lato sinistro) ed il dotto linfatico
destro (lato destro) di ogni lato del collo. I dotti sfociano nel sistema
venoso all’altezza della congiunzione tra la vena succlavia e la
giugulare.
In questa illustrazione si osservino la stazione ascellare e la direzione
di drenaggio delle correnti linfatiche provenienti dell’arto superiore;
toracica anteriore, laterale e posteriore ed addominale sopraombelicale.
48
In questa illustrazione si osservino la stazione linfonodale della regione
inguinale e la direzione di drenaggio. In azzurro è rappresentato il
deflusso della vena safena. La stazione inguinale riceve i vasi linfatici
dell’arto inferiore, della parete addominale infra-ombelicale, del
sistema genitale, del sistema urologico e della vena mesenterica
inferiore.
49
50
DRENAGGIO DELLA TESTA E
DEL COLLO
Il drenaggio linfatico della testa e del collo è realizzato lungo quattro
vie: anteriore o dei vasi facciali, parotidea, retroauricolare ed occipitale. In
questa regione è necessario fare molta attenzione durante il drenaggio
linfatico.
Essendo la fossa sopraclaveolare il punto più in prossimità del dotto
toracico e del dotto linfatico destro, generalmente essa costituisce il luogo
dal quale si deve cominciare il drenaggio in modo da evitare
controindicazioni.
Tutti i tronchi linfatici camminano lungo i dotti linfatici, i quali sfociano
nel sistema venoso all’altezza della congiunzione tra la vena succlavia e la
giugulare.
Nella regione cervicale, i linfonodi cervicali superficiali seguono il
deflusso della vena giugulare esterna lungo il muscolo
esternocleidomastoideo. I linfonodi superficiali drenano attraverso i linfonodi
della stazione cervicale profonda.
L’illustrazione evidenzia la direzione finale del drenaggio della testa
e del collo
51
L’illustrazione mostra la regione cervicale e l’utilizzo di un piccolo
rullo come strumento di drenaggio.
Vorrei richiamare l’attenzione sul posizionamento del “rullo”, in
quanto poco sopra questa regione si trova il glomo carotideo. Questa è la
regione nella quale si deve fare molta attenzione durante il drenaggio
linfatico.
Essendo la fossa sopraclaveolare il punto più in prossimità del dotto
toracico e del dotto linfatico destro, generalmente essa costituisce il luogo
dal quale si deve cominciare il drenaggio in modo da evitare
controindicazioni.
Nella regione cervicale, i linfonodi cervicali superficiali seguono il
deflusso della vena giugulare esterna lungo il muscolo
esternocleidomastoideo. I linfonodi superficiali drenano attraverso i linfonodi
della catena cervicale profonda.
52
Nell’illustrazione si osserva la stimolazione dei gangli della regione
submandibolare.
Osservare il drenaggio della parte anteriore della guancia attraverso
i linfonodi submandibolari. Da questi linfonodi escono i vasi che
raggiungono i linfonodi cervicali profondi.
53
La regione del mento e del labbro inferiore è drenata dai linfonodi
submentali. Da questi linfonodi escono vasi efferenti verso i linfonodi
cervicali profondi.
Nell’illustrazione si osservi il drenaggio della stazione cervicale in
direzione della fossa sopraclaveolare.
54
Nell’illustrazione si può osservare la stimolazione dei linfonodi della
regione parotidea. Da essi partono vasi efferenti verso la stazione
linfonodale cervicale profonda.
Nell’illustrazione, all’altezza della parte inferiore del bastoncino, si
osservi la linea di demarcazione di questa regione, la quale drena
verso i linfonodi della regione parotidea.
55
Nell’illustrazione, i linfonodi della regione retroauricolare ed occipitale
danno origine ai vasi referenti dei linfonodi della stazione cervicale
Con questa illustrazione si vuole sottolineare l’importanza dei
movimenti respiratori durante il drenaggio linfatico.
56
La stazione dei linfonodi ascellari drena circa 10 correnti linfatiche
appartenenti agli arti superiori, alla porzione sopraombelicale fino alla
clavicola ed alla regione del dorso.
Si osservi che la regione ascellare riceve i vasi dell’arto superiore e
della parete toracica anteriore. Fare attenzione al drenaggio delle
mammelle attraverso le ascelle.
Il drenaggio dell’arto superiore inizia nella regione prossimale del
braccio.
57
Nella regione anteriore possono essere drenate le correnti basilica,
pre-bicipitale e cefalica.
La transizione delle correnti dell’avambraccio e del braccio avviene
all’altezza della piega del gomito.
58
Proseguire il drenaggio dell’arto superiore drenando le correnti radiale
anteriore ed ulnare anteriore dell’avambraccio.
In questa illustrazione viene enfatizzato il drenaggio della corrente
cefalica, la quale può essere preservata durante la mastectomia. Con
questa manovra si possono drenare le correnti posteriore e posterolaterale.
59
Il drenaggio della mano e della parte dorsale dell’avambraccio
(correnti radiale ed ulnare posteriore) deve essere eseguito in senso
ascendente e nella parte anteriore.
Anche il drenaggio della regione dorsale deve essere eseguito
attraverso i linfonodi ascellari.
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La parete laterale del torace deve essere trattata attraverso i linfonodi
ascellari.
All’altezza della regione ombelicale il drenaggio deve avvenire in
direzione dei linfonodi ascellari.
61
All’altezza dell’ombelico si inverta la direzione del drenaggio, poiché
verso l’alto deve avvenire verso i linfonodi ascellari e verso il basso
in direzione di quelli inguinali.
Nella regione dell’addome abbiamo l’unione e la formazione dei
tronchi lombari, mesenterico e bronco mediastinale, i quali formano
l’inizio del dotto linfatico e si trovano a livello profondo.
62
Il drenaggio della parete addominale viene eseguito dai linfonodi
ascellari. Come possiamo osservare, il drenaggio superficiale e quello
profondo avvengono in direzioni diverse ma non opposte. In questo caso,
per quanto riguarda il drenaggio della regione addominale profonda
proponiamo di utilizzare in senso ascendente un piccolo “rullo” nella regione
dei muscoli retto-addominali, come mostrato dall’illustrazione. Questo tipo
di approccio permette di rispettare la direzione dei vasi della parete
addominale.
La parete addominale viene trattata in direzione dell’ascella.
Il drenaggio linfatico degli arti inferiori presenta sei correnti linfatiche,
delle quali due distali, chiamate corrente della grande safena e corrente
della piccola safena. Quattro correnti sono prossimali, due anteriori e due
posteriori.
63
Si osservi che la stazione inguinale riceve i vasi linfatici dell’arto
inferiore, della parete addominale infra-ombelicale, del sistema
genitale, del sistema urologico e della mesenterica inferiore.
64
In questa foto si osserva il drenaggio della parete addominale inferiore
verso la stazione linfonodale inguinale corrispondente.
Iniziare il drenaggio dell’arto inferiore dalla parte prossimale dell’arto.
In azzurro si nota il deflusso della vena safena, che è lo stesso di
quello dei vasi linfatici.
65
La foto mostra il drenaggio delle correnti postero-mediali e della
corrente antero-mediale della coscia (grande safena).
Nella foto si osserva il drenaggio della parte iniziale delle correnti
postero-mediali e della corrente antero-mediale della coscia (grande
safena).
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Le correnti antero-mediali della coscia ricevono i vasi delle correnti
postero-laterali della coscia. Le correnti antero-laterali della coscia o
della safena laterale hanno origine nella coscia stessa.
Si osservi la direzione di drenaggio delle natiche verso la regione
inguinale.
67
La corrente postero-laterale della coscia anastomizzando con quelle
della corrente antero-mediale.
68
La regione mediale delle natiche drena in direzione antero-mediale
verso la regione inguinale.
Le correnti postero-mediali camminano in direzione della regione
inguinale.
69
La corrente antero-mediale della gamba (grande safena) o della
grande safena si muove in direzione craniale e raggiunge la regione
mediale della coscia dove prosegue come corrente antero-mediale della
coscia. Nella gamba, la corrente della grande safena riceve i vasi
anastomotici della corrente postero-laterale della gamba (piccola
safena). Altri vasi della piccola safena si dirigono verso i linfonodi
della regione poplitea.
Si osservi l’inizio della corrente della grande safena.
70
I piedi drenano verso la corrente della grande safena.
Le correnti postero-laterali della gamba (piccola safena)
anastomizzano con la corrente della grande safena.
71
Il drenaggio della piccola safena si dirige verso i linfonodi poplitei e
verso la corrente della grande safena.
Drenaggio della corrente della piccola safena.
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RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
Riferimenti bibliografici:
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Gli autori
Il Dr. José Maria Pereira de Godoy è Professore Assistente nel
Dipartimento di Cardiologia e Chirurgia Cardiovascolare della Facoltà di
Medicina di São José do Rio Preto, FAMERP.
La Dott.ssa Maria Fátima Guerreiro Godoy è Terapeuta
Occupazionale, maestra dell’Università Cattolica Pontificia di Campinas.
Ha collaborato allo sviluppo di questa tecnica di drenaggio linfatico.
Attualmente esegue il trattamento nella clinica che possiede a Rio Preto.
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La Dott.ssa Maria Fátima Guerreiro Godoy è Terapeuta
Occupazionale, maestra dell’Università Cattolica Pontificia di Campinas.
Ha collaborato allo sviluppo di questa tecnica di drenaggio linfatico.
Attualmente esegue il trattamento nella sua clinica a S. J. do Rio Preto.
Il Dr. José Maria Pereira de Godoy è Professore Assistente nel
Dipartimento di Cardiologia e Chirurgia Cardiovascolare della Facoltà di
Medicina di São José do Rio Preto, FAMERP.
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“
Il drenaggio linfatico è praticato da medici, fisioterapisti,
terapeuti occupazionali, infermiere ed estetiste sia in Brasile che
in tutto il mondo.
Professionisti delle aree correlate menzionate, a volte, utilizzano
questa modalità di trattamento con la supervisione di un medico specialista.
È importante che questi professionisti conoscano l’anatomia umana e la
fisiologa, studiate all’università, perché possano apprendere meglio la
tecnica. In ogni caso, tutto l’approccio al trattamento, così come la
responsabilità, spetta al medico, il quale deve seguirne l’esecuzione passo
dopo passo. È risaputo che il drenaggio linfatico realizzato in modo
inadeguato può provocare complicazioni al paziente, diventando, in questo
caso, più nocivo che se non fosse per niente effettuato.
Lo scopo di questo libro è divulgare una nuova tecnica di drenaggio
linfatico di facile comprensione ed esecuzione, fornendo sicurezza
nell’applicazione e benefici ai pazienti portatori di linfedema.
La tecnica che descriviamo qui può addirittura venire messa in pratica
dal paziente stesso, su consiglio del medico, in quanto si tratta di una tecnica
di auto-drenaggio linfatico.”
José Maria Pereira de Godoy
Angiologo e Chirurgo Vascolare
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DRENAGGIO LINFATICO MANUALE Un Nuovo Approccio