30 Gennaio 2012
DANIELA MUSINI VINCE A LECCE
IL PREMIO NABOKOV PER LA SAGGISTICA
LECCE – Non ci si riesce ancora a riprendere dallo stupore dell’incontro con una delle
città più straordinarie della sorprendente e generosa provincia italiana. Il Salento pugliese,
estrema propaggine dello stivale che si protende nel Mediterraneo, l’Adriatico da un lato
e lo Jonio dall’altro, è terra ricca di bellezze artistiche e ambientali, specie lungo le sue
coste. Ma è al suo interno la più grande delle sorprese: la città di Lecce, risplendente
nelle sue architetture in pietra locale appena indorata dal tempo, nell’armoniosa fioritura
di palazzi, piazze e monumenti che ne fanno una delle capitali del barocco italiano. Per
questa sua caratteristica di città d’arte è definita la “Firenze del sud”. E infatti non manca
di stupire per i contesti urbani che offre alla vista del visitatore, illustrando magnifici
scenari dove l’arte barocca mostra il suo volto più raffinato e armonico, elevato a potenza
per un’espressione così copiosa e diffusa d’esempi, fino al compimento dell’intero centro
storico. Sicché il barocco leccese, come solo in rari altri casi (Noto, in Sicilia), si mostra
nella compiutezza delle sue declinazioni, in un singolare unicum che regala straordinarie
meraviglie. Come Piazza S. Oronzo, il salotto elegante di Lecce, dove in una parte pure
s’ammira l’Anfiteatro romano (I-II secolo d.C.) riportato alla luce all’inizio del Novecento.
Nella piazza s’innalza la colonna con la statua di S. Oronzo, il protettore della città.
Di fronte alla stele l’armonioso Palazzetto del Sedile, antica sede municipale. Accanto, la
chiesa di San Marco, importante testimonianza dell’esistenza d’una colonia di mercanti
veneziani giunti in città per praticare attività commerciali. Altra testimonianza artistica
che si affaccia sulla piazza, davanti all’anfiteatro, è la chiesa di Santa Maria delle Grazie.
O ancora come Piazza del Duomo. È sempre il barocco a dominare nella piazza centrale
del capoluogo salentino, una grande agorà, uno dei rari esempi di “piazza chiusa”. Un
tempo, al tramonto, le porte, delle quali ancor oggi sono visibili gli imponenti mozzi, venivano serrate. Chi entra in Piazza Duomo, si trova di fronte una facciata di chiesa che
solo ad una attenta osservazione si rileva posticcia. È sufficiente, infatti, varcare la soglia
del portale per ritrovarsi nella navata laterale della chiesa. La Cattedrale, dunque, non accoglie il visitatore di fronte, ma si trova collocata, rispetto all’ingresso della Piazza, in
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Il centro storico di Lecce e Daniela Musini.
modo parallelo. La soluzione scenografica venne adottata per evitare che ci si trovasse di
fronte ad un muro piatto e senza decori. L’architetto leccese, che si adoperò per armonizzare l’arredo urbano, realizzò, ai lati dei propilei, i palazzi gemelli che, entrambi al
pian terreno, rivelano arcature a bugne lisce, oggi in parte chiuse o trasformate in porte
e finestre. A sinistra della piazza s’erge imponente il campanile, opera di Giuseppe
Zimbalo, al centro è la Cattedrale e, in posizione più arretrata, l’episcopio, mentre sulla
destra si trova il palazzo del seminario. In pillole, questa è una parte della Lecce architettonica, città vivace anche nella vita culturale, con la sua università, le sue iniziative
artistiche e la vita intellettuale. Una città d’antiche origini messapiche, che la leggenda
vuole esistesse già prima della guerra di Troia, ma fu sotto la dominazione romana, con
l’elevazione a municipium (Lupiae e poi Licea), che ebbe il suo maggior sviluppo al tempo
dell’imperatore Marco Aurelio.
Ecco, appunto non si riesce ancora a riprendersi dallo stupore per le meraviglie della
città che già s’arriva a Novoli, un bel centro a 13 chilometri dal capoluogo, nel Parco del
Negroamaro. È qui, nel Teatro comunale, che si tiene (21 Gennaio) l’evento conclusivo
del concorso letterario nazionale Premio Nabokov 2011, promosso ed organizzato dall’Agenzia Letteraria Interrete, al quale hanno partecipato con i loro lavori più d’un centinaio d’autori. La serata ha già avuto il prologo con un trailer della trasmissione Book
Generation. È seguito l’incontro con il giornalista Damiano Celestini (Il Messaggero) che
ha presentato il suo saggio dal titolo Paese che vai giornalismo che trovi, moderato da Andrea
Giannasi. È seguito il monologo semiserio di Massimo Lerose, tratto dal suo romanzo Il
solitario, durante il quale Edoardo Scarpa, il protagonista della storia, rivela i misteri della
scrittura noir. Tocca ora agli autori selezionati dalla Giuria, con il conferimento dei riconoscimenti a tutti i finalisti nelle tre sezioni del Premio Nabokov, edizione 2011, e della
consegna delle targhe ai vincitori delle sezioni Narrativa, Poesia e Saggistica.
Il pubblico riempie il teatro in ogni ordine di posti, quando Piergiorgio Leaci,
presidente della Giuria composta da Damiano Celestini, Massimo Lerose e Gianluca
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DANIELA MUSINI VINCE A LECCE IL PREMIO NABOKOV PER LA SAGGISTICA
Pitari, chiama sul palco i finalisti di ogni sezione per il ritiro della pergamena. Ecco che
si arriva all’evento centrale della serata, la premiazione dei vincitori. Queste le decisioni
della Giuria: nella sezione Narrativa il vincitore è Osvaldo Piliego, giornalista leccese,
con il romanzo Fino alla fine del giorno, Lupo Editore. Nella sezione Poesia vince Cinthia
De Luca, di Roma, con la silloge Penombra d’oltre, Aletti Editore. Nella sezione Saggistica
trionfa la scrittrice pescarese Daniela Musini, con I 100 piaceri di d’Annunzio, Edizioni
Stampa Alternativa. La consegna del Premio ai vincitori segna un momento di forte
emotività, sottolineato infine dalla standing ovation del pubblico. Una bella e intensa
serata, a chiusura d’un evento che di anno in anno cresce in prestigio e consensi. Davvero
un Premio Letterario in grande smalto, il Nabokov, sicuro viatico per crescenti affermazioni nelle prossime edizioni.
Il 2012 comincia dunque all’insegna del successo per Daniela Musini. I 100 piaceri di
d’Annunzio è un intrigante ed avvincente excursus degli amori, dei fulgori, delle passioni
e delle voluttà del Vate, inanellati in ordine alfabetico: un malizioso glossario che parte
dalla A di Alcova e giunge fino alla Z di Elena Zancle, una delle ultime amanti del Vate.
Il Premio Nabokov è un’altra importante affermazione che s’aggiunge alla cornucopia
dei riconoscimenti prestigiosi alla Musini, tra i quali cui spiccano il Premio “Garcia
Lorca” conquistato a Torino per il suo testo teatrale Mia Divina Eleonora, il Premio Internazionale “Adelaide Ristori”, riservato ogni anno solo a 50 donne in tutto il mondo, a lei
tributato in Campidoglio, a Roma, in qualità di “Dannunziana”, infine il Premio Internazionale Donna dell’Anno per la Cultura, conferitole a Lugano. È una poliedrica artista
Daniela Musini, vincitrice del Premio Nabokov.
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abruzzese, Daniela Musini: scrittrice, pianista, autrice ed attrice teatrale, è conosciuta soprattutto quale interprete delle opere di Gabriele d’Annunzio e della figura di Eleonora
Duse. E proprio nelle vesti della Divina ha allestito i suoi recital-concerto, in cui si presenta nella triplice veste di autrice, attrice e pianista, in un intenso tour che ha toccato
l’Ambasciata d’Italia a Cuba, l’Accademia di Musica della Bielorussia a Minsk, il Teatro
dell’Opera a Varsavia e gli Istituti Italiani di Cultura di Berlino, Istanbul, Ankara, Kyoto,
Colonia, San Pietroburgo e Lione, ottenendo sempre entusiastici consensi.
Su I 100 piaceri di d’Annunzio ha vergato un’interessante recensione Yamina Oudai
Celso. Così vi annota:
«Scrive (Gabriele d’Annunzio) nel Libro Segreto – Il piacere fa infinita la mia carne. Trovo
negli eccessi del piacere la mia più vasta spiritualità –. Già, il Piacere: non solo il titolo di uno dei
suoi più noti romanzi, ma, senza le virgolette, la cifra emblematica di un’intera esistenza. Non uno
o più piaceri, in realtà, ma addirittura cento, per dirla con la dannunziofila Daniela Musini,
autrice di un glossario alfabetico semiserio (I 100 piaceri di d’Annunzio, Stampa Alternativa,
2004, 20 euro) in cui, sul filo del gossip piccante e della curiosità aneddotica, con tanto di cd rom
accluso, si cerca di restituire l’immagine a tutto tondo di uno dei più discussi protagonisti del Novecento
europeo. Dalla A di “alcova” alla D di “duelli”, dalla N di “natiche” alla V di “Vittoriale”,
si snoda uno scorrevole e circostanziato itinerario che, se non è quello della biografia impegnata, non
si esaurisce neppure nel banale divertissement divulgativo, giacché la Musini abbina al tocco ironico
una rilevante capacità di immedesimazione descrittiva e linguistica con il lessico baroccheggiante e ricercato del Vate, che riesce in qualche modo a fare proprio. O come “orgia”: – Orgia? No. Metafisica –, dichiarerà sprezzantemente il Nostro. E poi D come “debiti”, tantissimi; E come “eleganza”,
raffinata o sgargiante ma sempre opulentissima nel guardaroba personale come negli arredi delle sue
magioni; ma anche A come Aélis, N come Nike, Nontivoglio, Ghisola, Melitta, Corè, Smikra e
non solo: altrettante voci del dizionario modellate sugli epiteti con i quali l’Imaginifico, seducente e
infedelissimo, ribattezzò le innumerevoli e spesso anche celebri protagoniste dei suoi instancabili
rituali erotici. [...] Ma il suo era un eros troppo prepotente ed onnipervasivo per potersi circoscrivere
all’ambito, sia pure elettivo, delle relazioni amorose. In realtà quello dannunziano è un entusiasmo
vitale inarrestabile che si declina anche come immersione panica nella natura, nel paesaggio, nelle
meraviglie del mondo animale [...], come esaltazione futurista per il progresso tecnologico di aerei ed
automobili, e in generale come costante fascinazione verso tutta quella girandola di colori, sapori e
immagini di mondi reali che, dagli scenari primitivi dell’Abruzzo rurale a quelli altolocati della
mondanità romana o parigina, diventano subito letteratura. Perché per d’Annunzio la scrittura è
proprio questo: un appassionato, viscerale, polisensoriale atto d’amore nei confronti della vita. Un
amore che si declina virtuosisticamente in una pluralità di forme espressive generi letterari: teatro,
poesia, giornalismo, romanzo, libello politico e addirittura anche pubblicità ante litteram [...]».
Donna dal multiforme ingegno, Daniela Musini in ogni circostanza si supera sempre
e sperimenta continuamente. Ella va oltre la scrittrice, la studiosa, la musicista, l’attrice,
fino a diventare l’interprete sensibile, palpitante, sensuale, raffinata e vitale dei suoi personaggi. Di Gabriele d’Annunzio, in particolare, con cui condivide l’Abruzzo come terra
natale – Daniela Musini è nata a Roseto degli Abruzzi e vive a Pescara – con un’affezione
profonda per la vita, le opere e l’estro straordinario del più fecondo scrittore del Nove96
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cento. Eccola dunque, in giro per il mondo, al pianoforte mentre suona musiche di Debussy, Chopin e Rachmaninov, e poi a declamare versi dannunziani tratti dal suo Omaggio
all’Imaginifico, uno dei suoi recital-concerto. Freme, la Musini, mentre recita le liriche di
d’Annunzio. Palpita, esprimendo il senso più profondo della poetica dannunziana,
vibrante e soffusa la voce dell’attrice mentre dispiega tutti i registri delle emozioni.
Bella, elegante e raffinata, ammalia sempre il pubblico, in un’apoteosi di bravura.
Davvero una grande artista, Daniela Musini. Due lauree, in Lingue e Letterature straniere
e in Lettere Moderne, musicista diplomata in pianoforte, alla verve creativa di scrittrice
(I cento piaceri di d’Annunzio; Lucrezia Borgia. Misteri, intrighi e delitti) e di autrice teatrale
(cinque i suoi testi per il teatro, tra cui Mia divina Eleonora pubblicato da Ianieri), Daniela
Musini associa un formidabile talento d’attrice, anzi d’interprete di rara sensibilità. Il
tema della donna è quello che più l’intriga, anche nella sua attività in incontri e conferenze
sulla poesia al femminile. Come pure sulla seduzione, con le donne più importanti nella
storia: Cleopatra, Messalina, Lucrezia Borgia, Madame de Pompadour e Mata Hari, per
citarne alcune.
Daniela Musini cura direttamente la programmazione, in Italia ed all’estero, dei propri
recital e degli spettacoli teatrali. Con tre di essi sta girando il mondo: Omaggio a l’Imaginifico,
dove l’attrice declama suggestivi brani tratti dalle più belle opere del Vate; Amori e fulgori
di Gabriele d’Annunzio, in cui dà corpo e voce a sette donne, le più amate dal Poeta; infine
Gabriele ed Eleonora. Una passione scarlatta, lacerti dell’appassionata e tormentata relazione
dello scrittore, drammaturgo e poeta con la Duse, la più grande attrice teatrale di tutti i
tempi. Recentemente la Fondazione “Mantova Capitale Europea dello Spettacolo” ha
inserito nella corrente stagione teatrale il recital concerto Gabriele ed Eleonora. Una passione
scarlatta, scritto, diretto e interpretato da Daniela Musini, già rappresentato a L’Avana,
Varsavia e San Pietroburgo.
Un traguardo, per l’artista abruzzese, che affianca il suo nome, nel ricco cartellone
della città di Virgilio, ad attori affermati quali Manuela Kustermann, Leo Gullotta, Gaia
De Laurentiis, Gianmarco Tognazzi e Monica Guerritore. Lo spettacolo della Musini, al
Teatro Bibiena di Mantova, si terrà il prossimo 1° Marzo, anniversario della morte di
Gabriele d’Annunzio. Vi assisterà lo scrittore e storico Giordano Bruno Guerri, presidente
del Vittoriale, che dopo il recital dell’artista abruzzese proporrà l’avvincente suo Notturno
d’Autore dedicato al Vate.
Il Premio Nabokov costituisce, per Daniela Musini, un’altra affermazione di prestigio
lungo il suo percorso artistico, meritata in una competizione letteraria dove numerosa
e consistente è stata la partecipazione degli autori in concorso. Nella stessa sezione
Saggistica, che ha visto Daniela Musini conquistare l’alloro della vittoria, tra i 10 finalisti
è giunto un altro abruzzese di vaglia, Angelo De Nicola, con l’opera Il mito di Celestino,
One Group Edizioni. Una pubblicazione di grande interesse sulla vita e l’opera profetica
di Papa Celestino V, l’unico Pontefice che rinunciò alla tiara dopo cinque mesi di
papato, non prima d’aver istituito all’Aquila con la sua Bolla del 29 Settembre 1294 la
Perdonanza, il primo giubileo della cristianità. La vittoria di Daniela Musini e la presenza
di Angelo De Nicola tra i finalisti affermano un Abruzzo tenace e competitivo anche
in campo letterario.
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L-Italia dei sogni di Goffredo Palmerini – Capitolo