pedagogia libertaria
E ducare
alla/nella
di Giulio Spiazzi
libertà
Si è tenuta a Roma, a metà maggio, il terzo incontro
della Rete per l'Educazione Libertaria.
E per la terza volta proponiamo un dettagliato
resoconto di questi incontri.
Anche questa volta sono emerse realtà poco conosciute
e decisamente interessanti.
I
l clima è quello delle migliori occasioni.
A Roma, presso “La Villetta”, struttura accogliente, ove campeggia come
un cimelio d’altri tempi la targa in marmo
sbeccata del Partito Comunista Italiano, sezione “Giuseppe Cinelli”, soverchiata dalla paradossale architettura mussoliniana del
quartiere Garbatella, si è svolto, nelle giornate del 14 e 15 corrente mese, il terzo Incontro nazionale della Rete per l’Educazione Libertaria. L’evento, dopo i due precedenti di Verona, rispondeva, tra le sue intenzioni d’incontro e divulgazione di una
ricerca educativa libertaria, messa in opera sul suolo della penisola, a un obiettivo
ben preciso e dichiarato (sorto nel confronto operativo svoltosi a gennaio tra le
colline bolognesi di cui ‘A’ ha riportato
con precisione gli atti in un precedente articolo) ovvero quello, d’accogliere e dar
voce al fermento propositivo che si sta
manifestando nel Sud Italia e nelle aree
limitrofe del Centro del Paese. Un’ottima
occasione quindi, per “testare” l’organizzazione e la logistica della REL (Rete per l’Educazione Libertaria) e concretizzare, attraverso l’attuazione di non
La villetta sede del III incontro REL Roma.
sempre facili spostamenti anche fisici, di
oltre un centinaio di persone, la flessibilità dell’area di proposta. Le giornate,
suddivise in due grandi momenti di par-
tecipazione, si sono così articolate in occasioni di testimonianza e in elaborazioni di gruppi aperti di lavoro.
Le tematiche d’incontro sono state
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predisposte con cura dagli organizzatori,
su lavagne a foglio suddivise a soggetto
d’adesione. In particolare, esse riguardavano
i seguenti interventi:
e ascolto, per i laboratori, è andata al fornire dati concreti sulle esperienze in corso
nelle scuole libertarie, appartenenti a tessuti geografici e culturali allargati come
Ute Siess della Scuola Democratica Kapriole.
a) Ute Siess: “Educare nella Libertà” dalla Germania al Perù;
b) Intervista a Martina Mancini: una testimonianza “in presa diretta” dalla realtà libertaria di Albany, New York;
c) Ute Siess: “Dall’Italia all’Europa, introduzione all’European Democratic
Education Community (EUDEC)”;
d) Gabriella Prati e Collettivo di Studi kiskanu: “Le scuole autonome libertarie,
esperienze italiane, Verona, Bologna e
le altre”;
e) Silvia Bevilacqua: “Pratiche filosofiche
con bambini, esperienze e riflessioni”;
f) Simone Piazza e Francesco Giordano:
“Pratiche di democrazia diretta nella
Scuola Statale: la parola agli insegnanti”;
g) Irene Stella: “Immaginare una scuola Libertaria, come nasce una scuola democratica”;
h) Condivisione plenaria dei lavori di
gruppo;
I) Conclusioni a cura di Francesco Codello, dirigente scolastico di Treviso,
animatore per l’Italia della rete internazionale per l’educazione democratica (IDEN).
Sabato 14 e domenica 15, dopo le presentazioni di rito svolte dai generosi, ottimi ospitanti Giada e Filippo, del coordinamento romano per l’educazione libertaria,
sono stati meglio definiti e, in itinere “aggiustati”, i temi della due giorni di scambio
e di studio. La priorità generale di lavoro
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quello dell’Europa, del Nord America e, in
ultima analisi dell’Italia. A questo riguardo, si è svolto l’importante intervento di Ute
Siess, insegnante di lungo corso presso la
Scuola Democratica “Kapriole” di Friburgo (con alle spalle anche una trentennale carriera nelle scuole di stato della
Germania e fruitrice, tra i suoi incontri
“fatali” in ambito educativo, di un colloquio
diretto con Alexander Neill mente e cuore di Summerhill la “scuola seminale” britannica che proprio quest’anno festeggia i
novanta anni d’attività), cofondatrice di
una realtà educativa gemellata in Perù, la
Demokratische Schule Huamachuco, e l’intervista in presa diretta a Martina Mancini, tirocinante presso la Scuola Democratica di Albany, New York.
Una rete
tra le scuole
Apriva quindi la maratona degli interventi, Francesco Codello, (direttore didattico, ideatore della REL, studioso di
storia della libera educazione nonché “allievo” del compianto “maestro di pensiero” Colin Ward), mettendo in risalto i punti primi ed i principi condivisibili della
“Proposta di Manifesto per l’Educazione
Libertaria”, elaborato nei mesi precedenti dalla piattaforma operativa della REL
(Che cos’è l’Educazione Libertaria; l’affermazione educativa: bambini e bambine
come portatori di esperienze, competenze
e inclinazioni dotate di valore; la figura
dell’educatore-accompagnatore e il processo paritario di indagine/scoperta/creazione alla base del conoscere; il ruolo del
confronto e dell’autoanalisi nel processo di
valutazione; la scuola come spazio aperto
di democrazia partecipata; l’adulto-genitore
e l’elemento di continuità scuola-famiglia
nel supporto alla crescita del bambino;
principi di lotta al “mostro autoritario europeo e globale” della Pedagogia delle
competenze e della Meritocrazia d’eccellenza
ecc. ). Ute Siess, apre il terzo incontro della REL entrando subito nel vivo della discussione con la propria esperienza di vita. Afferma che dopo questa pratica decennale nelle realtà sia statali che democratiche della Germania, scopo primario della sua azione politica è quello di “creare una
rete tra le scuole che lavorano nella direzione dell’attuazione dei principi democratici/libertari (è ormai cosa nota che in Italia chi opera in ambito educativo ‘libero’
esprime la scelta col termine ‘libertario’, ciò
che nelle realtà internazionali rimane invece,
senza i fraintendimenti storico-culturali
della Penisola, come ‘democratico’ [n.d.a.])
e quelle che si muovono in ambito statale”.
Non esistendo attualmente una forte connessione tra questi differenti soggetti, se si
volesse realmente cambiare le cose come
esse stanno, insiste Ute, bisognerebbe formulare una vera e propria ragnatela di
confronto e condivisione in cui tutti lavorano assieme. Questo perché “noi”, colti nella totalità d’educatori comunque “pubblici” “abbiamo il medesimo scopo, ovvero
quello di facilitare la crescita dei bambini”.
L’intervento di Ute, scende subito sul terreno della pratica, terreno privilegiato dell’educazione libertaria. Consiglia dunque
la formazione immediata, durante la sua sessione d’esposizione, di gruppi di lavoro in
grado di riflettere e proporre una meditazione aggiornata sulle immagini affisse ai
muri de “La Villetta”, (una sorta di rielaborazione di un percorso esplicativo per
frammenti visibili informativi creata da Jacob Hirsch professore dell’istituto democratico all’università di Tel Aviv).
In sintesi, esse mettevano in mostra il
tratto di una grande nube e di un piccolo
quadrato. Il simbolo della nube esprime nelle intenzioni dell’autore l’immensità del
sapere, la vastità dello scibile a disposizione di ogni persona, piccola o grande che sia.
Quello del minuscolo (ma purtroppo potente) quadrato, rappresenta invece il curriculum delle scuole di stato di ogni dove,
un ambiente ben ristretto in confronto al-
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l’impalpabilità della nuvola, ma, definito e
circoscritto come ciò che il bambino “deve” sapere. Inoltre, nel quadrato, vige la concezione che il tempo che si svolge in esso,
sia “utile”, mentre quello presente nella gigantesca nube, viene identificato come
“sprecato”, in quanto troppo dilatato e
soggetto a “dispersione”, e perciò, secondo la visione del “pensiero lineare”, inefficace.
Senza l’intervento diretto
degli adulti
Questa visione d’autorità, certa dei propri quadrati confini, costringe i giovani ad
aderire, volente o nolente, ad uno “schema” ove chi riesce ad adattarsi o chi soffre
in silenzio viene accettato, mentre chi non
regge il peso della costrizione viene “espulso dagli orizzonti del sapere”. Il premio
finale di questa operazione “educativa” è
lo studente standardizzato, funzionale al-
Murales alla Garbatella.
le esigenze del potere. Le possibilità di risposta fuori da questo sistema del quadrato, sono labili e minime e molto spesso
totalmente non considerate. All’opposto,
con enormi difficoltà di sopravvivenza ma,
al contempo con estrema tenacia, (come testimoniano le esperienze italiane del kiskanu di Verona e dell’associazione “il volo” di Bologna) le scuole che coltivano la
libertà e riconoscono l’individualità degli
La nube del sapere REL Roma.
I gruppi si consultano sulle immagini proposte dalla Seiss.
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studenti, valorizzano la qualità, la molteplicità e le potenzialità che i bambini e i giovani esprimono nelle energie creative e
nelle peculiarità delle loro differenze. Sono queste dunque, vie educative sostenute da ragazzi in grado d’osservare la nuvola
del sapere e di fondersi in essa agendo in
libertà nel “tempo perso” della propria
auto-educazione e sperimentazione della vita. Il terzo appuntamento nazionale della
Rete per l’Educazione Libertaria, ha espresso chiaramente
nel corso dei
suoi approfondimenti in due
giorni di intensissimo confronto interregionale, (in graMartina Mancini e
do di dare voce,
F. Codello
e questo è certamente uno dei
notevoli risultati dell’evento, a tutte le differenze presenti nel contesto frastagliato del
territorio) un volume enorme di idee, teorie, suggerimenti, critiche e proposte difficilmente riassumibili in una sintesi di carattere informativo.
Vale su tutti i momenti, anche a livello di prospettiva futura, l’esperienza riportata da Martina Mancini, giovane ti-
rocinante presso la realtà libertaria di
Albany-New York, testimonianza icastica di cosa significhi attuare teorie e metodologie educative “libere” per lunghi periodi di tempo nei fertili terreni che vanno dalla prima infanzia fino all’adolescenza dei fanciulli: “Dopo aver trascorso un anno e tre mesi in Colorado, in un
camp-hill, struttura autonoma che fornisce alloggio ai diversamente abili e dove
ho insegnato arte e vissuto con loro, lavorando dalle tredici alla quattordici ore
al giorno, successivamente sono stata accettata come tirocinante presso la scuola democratica di Albany-NewYork. Albany, è stata fondata nel 1969, e negli anni ha acquistato prestigio per la sua longevità e incisività nell’ambito dell’educazione libera e alternativa. In Colorado
ero stata la prima ‘tirocinante’ di Sarah
Bennett e, quando ho fatto richiesta a
New York, sono stata inserita nei quattro
posti di tirocinio messi a disposizione dalla scuola di Albany. Nella loro struttura,
puoi esercitare un approccio libero all’insegnamento, puoi dunque far valere le
tue conoscenze, far giocare i ragazzi oppure semplicemente osservare, il tutto in
un clima di condivisione nato da scelte assembleari.
Ad Albany vengono seguiti anche mol-
Roma 14-15 maggio 2011, III° incontro della Rete per l’Educazione Libertaria. Dibattito tra i partecipanti.
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ti casi sociali, vi sono figli di rifugiati politici che non conoscono una parola d’Inglese oppure, che non possono ricevere un
regolare supporto da parte delle famiglie,
impegnate in massacranti turni di lavoro per
raggiungere almeno l’integrazione economica. Quel che è sano è che vi è una grande apertura di dialogo tra le parti. Una cosa che colpisce è che chi ha seguito un percorso educativo libertario per un arco di
tempo lungo, ad esempio otto anni, dimostra una grande empatia e sensibilità nei confronti dell’altro. I ragazzi hanno maturato
un’alta capacità di sostenere discorsi con gli
adulti e, questo fatto, non è scontato per una
fascia difficile come quella della preadolescenza. La disponibilità dei più grandi
ad aiutare i più piccoli a risolvere i loro problemi, senza l’intervento diretto degli adulti è il frutto della capacità di mediazione
messa in opera in anni di assemblee, e
‘council-meetings’ tra ragazzi, dove tutti
cercano di aiutare tutti”. Solo questo fa la
differenza con altri percorsi ritenuti ufficialmente “educativi”.
■ Giulio Spiazzi
[email protected]
www.liberAutonomia.org
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