ALIIS TRADERE
Quadrimestrale della Fraternita Laica Domenicana
“ S. Pietro Martire”
Mortegliano
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Bologna—Arca del S. P. Domenico
° 2
Maggio – Agosto 2010
IDICE
S. Domenico nostro contemporaneo ( Guy Bedouelle)…………………...pag. 3
Origini della Fraternita……………………………………………………pag. 6
Vita nostra………………………………………………………………….pag. 7
La preghiera domenicana ( P. Angelo Piagno OP)……………………….pag. 9
Piccola testimonianza ( M. )……………………………………………...pag. 12
Il primo incontro con S. Domenico ( Diacono don Ivano Pacco)………...pag. 13
I laici domenicani (P. Angelo Piagno OP)………………………………...pag. 14
Santi Domenicani - S. Pietro da Verona…………………………………pag. 16
Relazione sul martirio di S. Pietro da Verona…………………………..pag. 17
Domenico predicatore itinerante………………………………………...pag. 18
SAN DOMENICO
NOSTRO CONTEMPORANEO
Di Guy Bedouelle OP
SAN DOMENICO, CONTEMPORANEO DEL SUO TEMPO
Il XIII secolo è un periodo in cui la popolazione europea è in crescita; ciò comporta uno sviluppo economico ma anche molte difficoltà: non solo le campagne non si spopolano, ma il loro affollamento alimenta le città che si sviluppano con i propri bisogni e con le
proprie rivendicazioni in rapporto al sistema feudale. I comuni italiani, le corporazioni dei
mestieri, le università con le loro libertà sono i segni di questa emancipazione. Domenico ne
terrà conto non solo perché comprende la necessità di evangelizzare questi nuovi centri urbani, simboleggiati dalla costruzione di cattedrali, ma anche perché egli invierà i suoi frati
nelle università e incorporerà nell’Ordine che fonda le nuove aspirazioni del suo tempo,
mediante l’elezione dei superiori per esempio, integrandole nella più pura tradizione della
vita religiosa.
Questa ondata demografica provoca anche un ritorno della povertà in Occidente, dato
che lo sviluppo economico favorisce soprattutto poche persone. Questa povertà, più dolorosa
in città che in campagna, sarà accompagnata da una contestazione: si sopporterà male il
fatto che i membri della Chiesa, che fanno professione di seguire il Vangelo, non manchino di niente e godano della loro situazione confortevole. San Domenico e san Francesco istituiranno degli Ordini in cui i frati vivranno realmente in povertà ma in una
stretta fedeltà alla fede cattolica.
Il XIII secolo è anche quello dell’emergere delle nazioni. S. Domenico si preoccuperà
di suddividere il più presto possibile i suoi frati nei vari centri della cristianità: a Parigi,
capitale dell’insegnamento della teologia; a Bologna, capitale del diritto; a Oxford; in Europa occidentale ed evidentemente anche a Roma.
Poiché se il XIII secolo è proprio un apogeo della cristianità, il suo centro è a Roma,
dove il Papa, sovrano temporale degli Stati della Chiesa ma anche guida spirituale del mondo, gioca un ruolo determinante, soprattutto quando la cattedra di Pietro è occupata da personalità altrettanto forti come Innocenzo III (Papa dal 1198 al 1216) o Onorio III ( dal 1216 al
1227). Il papato conserva un ruolo di arbitrato politico, d’impulso per una riforma sempre da
riprendere nella Chiesa. Per questo esso incoraggia i vescovi più zelanti come, per esempio,
Diego d’Osma e Folco di Tolosa che sostennero Domenico nella sua opera. Ma esso desidera
anche arginare i movimenti che, un po’ dappertutto, rivendicano un ritorno radicale alla povertà evangelica, a volte però in maniera eccessiva, anarchica e contestataria. Per ristabilire
nella Chiesa il fervore evangelico senza lasciar corrompersi la fede, il papato accoglie
con favore i programmi di vita di san Francesco e di san Domenico la cui fedeltà alla
Chiesa non toglie niente al desiderio di un ritorno al fervore dei primi cristiani.
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DOMENICO, CONTEMPORANEO DEL VANGELO
La vita di san Domenico è marcata dal suo proposito di conformazione al Vangelo
nella Chiesa. Così l’intuizione fondatrice è nata da un duplice choc: il Vangelo è falsificato;
il Vangelo non è ancora annunciato! Diego, il vescovo di Osma, di cui Domenico era sottopriore del capitolo, era un personaggio importante della corte del re di Castiglia. Gli si affida
l’incarico di concordare il matrimonio del principe erede con una giovane del nord Europa.
I due uomini arrivano nella Linguadoca e restano sconvolti dalle devastazioni
dell’eresia catara, di cui trovano un esempio presso l’uomo che li riceve per la notte. Giunti
quasi al termine del loro viaggio, in Prussia, essi scoprono anche che popolazioni intere
non sono ancora battezzate dato che non è stato annunciato loro il Cristo.
Alquanto impressionati da questi due eventi, Diego e Domenico sono disponibili a ripartire lontano per predicare la fede ma vogliono far benedire il loro progetto dal grande Papa Innocenzo III ( dal 1198 al 1216). Quest’ultimo indica loro come l’urgenza consista
piuttosto nel frenare la propaganda catara e nel predicare nelle regioni in cui essa
trionfa sulla vera dottrina cattolica. Ritornando in Linguadoca, Diego, seguito da Domenico, decide, riuscendo a convincere i legati cistercensi già inviati dal Papa, di ricorrere ai soli
mezzi che prevede il Vangelo: una predicazione itinerante di villaggio in villaggio, la povertà e la stessa mendicità per annunciare il Regno. Nel 1206, il Papa li incoraggia ben indicando ciò che egli si aspetta da parte loro: “ Imitate la povertà del Cristo povero; avvicinatevi
agli umili con umiltà, ma nell’ardore dello Spirito Santo”.
Rimasto solo, Domenico predica, poi comincia ad organizzare una nuova famiglia
religiosa che si dedicherà alla predicazione del Vangelo. Egli insiste incessantemente
presso i suoi frati affinché non transigano con le esigenze del Vangelo: chiede loro, come fa
san Francesco suo contemporaneo, che ha d’altronde incontrato, di non vergognarsi di mendicare il loro pane come testimonianza di dipendenza e di obbedienza alla Provvidenza.
Domenico ha voluto istituire un Ordine di Predicatori. I primi conventi domenicani
sono denominati Santa predicazione. Non si trattava affatto di monopolizzare tutta l’attività
di predicazione nella Chiesa, dove d’altro canto essa spettava in pienezza al vescovo, ma di
creare un corpo specializzato di religiosi la cui vita sarebbe stata orientata verso la predicazione evangelica in senso largo.
ATTUALITÀ DI SAN DOMENICO
Tale attualità è assicurata dal carisma della famiglia che egli ha istituito. Come nel
passato, ma in modo adattato, esso si definisce mediante la predicazione.
Attualmente infatti, questa nozione di predicazione riveste la maggior estensione:
certo, i Domenicani predicano nelle chiese, fanno delle omelie, dei ritiri, ma essi gestiscono
anche case editrici, pubblicano libri e articoli, insegnano. Ad ogni generazione non manca
l’immaginazione per rispondere ad esigenze sempre nuove.
Le monache assicurano il compito fondamentale di una predicazione della preghiera e
della vita nascosta e aiutano così la parola dei loro fratelli, celebrando anche la
proclamazione del Vangelo nella liturgia, Le suore apostoliche si sono consacrate ai
molteplici doveri della carità: insegnamento, ospedali, case di riposo, case di accoglienza,
mentre i laici testimoniano mediante il loro impegno cristiano nelle varie professioni e
nei vari ambienti.
Ma la predicazione ha valore in quanto presuppone una sempre rinnovata intelligenza
dei misteri cristiani. San Domenico ha voluto che i suoi frati studiassero, che cercassero Dio
nel silenzio prima di annunciarlo con la parola e che lo celebrassero nella liturgia.
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“ Chi è Dio?” : interrogativo che formulava già, ci viene raccontato, il bambino Tommaso
d’Aquino, ma anche: “ Chi sono, io che sono creato da Dio; come aderire, come credere, cosa significano il male e la sofferenza?…”. A queste domande inesauribili, san Domenico
ha voluto che i suoi frati e le sue suore rispondessero personalmente mediante una conoscenza della Bibbia, della tradizione ( la fondazione dell’Ecole biblique di Gerusalemme del XIX secolo va del tutto in questo senso) ma anche mediante una vita di meditazione della Parola di Dio e una vita di carità manifestata da quella misericordia di
cui parlava così spesso.
Infine, ed è questo uno dei tratti sempre più attuali, se così si può dire, il terzo termine
è quello della libertà spirituale. Santa Caterina da Siena esaltava già, alla fine del XIV secolo, la “larghezza” dello spirito di san Domenico. Certo, tale libertà può essere tirata dalla
parte della facilità, ma non può non essere tuttavia l’espressione della grandezza del cristianesimo. Dio ci ha creati liberamente affinché liberamente ci legassimo a lui. Ciò che, al
tempo di san Domenico, significava anche indipendenza dei Predicatori nei confronti dei poteri politici per una migliore fedeltà alla Chiesa, un miglior servizio, imprime alla sua opera
un carattere di libertà spirituale, fatto di fiducia reciproca, simboleggiata dalle elezioni dei
superiori a tutti i livelli, in un clima di franchezza ed un rispetto dei talenti di ciascuno per la
costruzione del Regno.
( Testo diffuso su Internet )
AOIMO BOLOGESE DEL ‘300. San Domenico
Capitolo del Convento di S. Domenico di Bologna.
È la più antica immagine del Fondatore dell’Ordine
Domenicano.
Il libro che S. Domenico tiene in mano è il Vangelo che egli
ha predicato per tutta la vita con grande passione. Questo libro
esprime anche la missione che S. Domenico affida ai suoi Frati: la
predicazione del Vangelo di Gesù Cristo.
( Tratto da: P. Pietro Lippini OP - San Domenico visto dai suoi contemporanei
5
ORIGINI DELLA FRATERNITA
Dalla cronaca delle origini della nostra Fraternita abbiamo visto, nel numero precedente, con
quanto zelo le prime consorelle e confratelli, abbiano iniziato a vivere la vita domenicana irradiando
l’ideale di S. Domenico al punto che la Fraternita, dopo solo un anno di vita, raggiungeva il numero di
70 iscritti al Terz’Ordine, come allora si chiamava. I confratelli e le consorelle provenivano da tutto il
Friuli. Così il 17 marzo 1921 venne eretta una Fraternita anche a Cividale del Friuli.
el giro di pochi anni la Fraternita di Udine arrivò a 174 membri!
Stimolati dal fondatore, don Luigi Pilosio, nominato anche assistente ( o Direttore come allora
veniva chiamato), i Laici Domenicani partecipavano attivamente alla vita delle Parrocchie
in cui avevano la residenza e in modo particolare, in Udine, alla Parrocchia del Duomo.
Rimane traccia, nei verbali degli incontri, del loro impegno in Ore di Adorazione, Processioni, preparazione di incontri predicati da Padri Domenicani provenienti dai Conventi di Firenze o di Bologna.
Semplice, ma molto significativa una pagina che voglio trascrivere:
“ 12 luglio 1921 - S. Ermacora e Fortunato
Venne scelto questo bel giorno di grandi feste della Metropolitana per far impartire la benedizione al nostro vessillo del Terz’Ordine Domenicano, dipinto dalla distinta signorina Berghinz
terziaria Francescana e ricamato dalla brava nostra consorella signorina Mattioni.
Tutti gli ascritti ai piedi dell’altar maggiore, erano convenuti col loro distintivo.
Dall’alto del suo trono tutto parato a festa, Monsignor l’Arcivescovo dapprima benedì il vessillo, poi aggiunse brevi parole d’incoraggiamento di lode; unì Ermacora e Fortunato a S. Domenico, disse inoltre: che è ben lieto di avere in Udine i figli di S. Francesco e i figli di S. Domenico,
che Egli ama di uguale affetto, e fa auguri fervidissimi perché il nostro Terz’Ordine si faccia
sempre più fiorente.
Poscia, in processione, si fece ritorno alla nostra sede attraverso le vie: Teatri, Paolo Canciani,
Piazza S. Giacomo, S. Pietro Martire. Qui giunti fu cantato il Te Deum, quindi il nostro buon Padre Direttore fece un bel discorsetto. A funzione finita, approfittando della bella giornata, quattro nuove consorelle fecero la vestizione.
La nostra santa festicciola fu davvero di piena riuscita, lasciando un grato ricordo negli animi
di noi tutti”.
A distanza di tanti anni, leggendo queste parole, si prova ancora una profonda emozione.
Talmente gioiosi di appartenere all’Ordine Domenicano che i nostri primi confratelli e consorelle si attivavano per diffonderne lo spirito. Ecco quanto si legge nel registro della cronaca il 31 luglio dello stesso anno:
“A questa conferenza (la riunione mensile), presente l’intero Consiglio e quasi tutti i Terziari.
Dopo fatta una breve preghiera, vennero fatte le richieste per chi desidera intervenire al congresso di Bologna, che risultarono di circa 1 dozzina.
Venne poi annunziato che l’egregio Dott. Selan, nostro confratello, terrà una conferenza sulla
storia del fondamento del Terz’Ordine Domenicano in Friuli, il giorno 4 agosto nel teatrino del
ricreatorio alle ore 8½.”.
( continua )
VITA NOSTRA
18 aprile: Padova - Incontro delle fraternite del Triveneto.
Siamo partite in quattro: Ornella,Mariarosa, Marga e Adriana. A Padova l’incontro era al “Collegio Universitario Marianum”; il viaggio non ha riservato sorprese e l’accoglienza è stata ottima.
È stato bello conoscere tanti confratelli e consorelle delle varie fraternite e rivedere Irene Larcan, la
Presidente provinciale FLD e Lina Zanardo, Presidente della Fraternita di Ponte della Priula (TV) che
ha partecipato direttamente alla rinascita della nostra Fraternita.
Il Padre Raffaele Quilotti o.p. ha svolto l’istruzione :
DALL’INCONTRO CON DIO ALL’INCONTRO CON I FRATELLI Preghiera e vita.
Eccone una breve sintesi.
“ Preghiera e vita domenicana che è vita missionaria: senza la preghiera non saremmo domenicani.
La missione del domenicano deve scaturire dalla preghiera che ne è la fonte che prepara al servizio
profetico. Dobbiamo prima vivere noi la preghiera per poi testimoniare agli altri: non basta portare la
contemplazione, bisogna essere dei contemplativi.
L’Ordine è nato per la predicazione e la salvezza delle anime.
Domenico è segnato dall’esperienza della vita: Osma, predicazione, missione nel sud della Francia. In
seguito fonda l’Ordine.
►Preghiera segreta
La preghiera nell’Ordine è:
►Preghiera liturgica
Preghiera segreta: Lectio divina - devozioni - meditazione - devozione Mariana e al Nome di Gesù,
devozione alla Passione - a S. Domenico e ai santi domenicani.
Preghiera liturgica: S. Messa e Ufficio Divino.
La preghiera liturgica non esaurisce la preghiera della Chiesa e delle singole persone.
•
•
•
•
•
La Liturgia è azione comunitaria così come la vita domenicana.
Nella Liturgia sono coinvolti cuore e corpo.
La Liturgia comincia dai piedi per adunarsi con gli altri: in piedi - seduti - in ginocchio - inchino mani alzate. Ogni posizione ha un significato.
Pregare con la voce, ma anche silenzio (ascolto, interiorizzazione)
La preghiera Liturgica dovrebbe essere sempre cantata, canto del cuore.
Perché pregare?
1.
2.
3.
4.
Gesù ha pregato
Fare memoria di Gesù
Per entrare in comunione con Gesù
Per continuare la sua opera
7
Dimensioni derivate dalla preghiera
A)
B)
C)
La memoria di Gesù
Desiderio (supplica, invocazione, intercessione)
Gloria di Dio
Il senso della preghiera liturgica nella nostra vita domenicana
•
•
•
•
Immedesimarci a Cristo
Per costruire la comunità
Perché appartiene alla nostra missione
La Chiesa ci affida di essere l’anima orante della Chiesa e dell’umanità.
Richiamo al n° 10 degli Statuti
Richiamo ai numeri 18-23 del Direttorio
Padova - Breve pausa per il pranzo
Continuano, intanto, gli incontri mensili con P. Angelo Piagno O.P. e le sue istruzioni sulla preghiera.
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LA PREGHIERA DOMEICAA
1° - Espressioni di preghiera proprie di ogni spiritualità.
Gli Ordini religiosi e i movimenti hanno segnato il cammino della Chiesa nella storia, mettendo in
risalto l’opera dello Spirito Santo che suscita carismi diversi per l’edificazione comune.
Ogni Ordine ha avuto un suo proprio ruolo che ha segnato la vita dei suoi membri, anche attraverso espressioni particolari di preghiera, ma sempre ancorate all’unica preghiera suscitata dallo Spirito senza il cui intervento nessuno potrebbe dire “Abbà, Padre!” (Rm 8,15).
Da qui, pur nell’alveo della preghiera cristiana, presentata in un precedente incontro, alcune
accentuazioni proprie della preghiera domenicana.
2° - Impostazione intellettuale.
Quando nel XIII secolo l’Ordine dei Predicatori sviluppa una teologia della preghiera, essa
viene caratterizzata da una impostazione più intellettuale che affettiva, più dottrinale e teologica
che sperimentale. Questo modo di intendere la preghiera anche se manifesta una mentalità intellettuale e rivela una speculazione teologica costante, alimenta un atteggiamento immediato verso
Dio-Verità e di conseguenza sostiene una preghiera contenuta e controllata, chiara e luminosa, meditativa e contemplativa.
Queste modalità della preghiera domenicana appaiono già in germe nell’esperienza di S. Domenico e negli scritti della prima generazione dell’Ordine.
Iniziano a svilupparsi in S. Alberto Magno e trovano una sistematizzazione in S. Tommaso
d’Aquino, uno dei classici interpreti della preghiera cristiana.
S. Tommaso sottolinea il ruolo dell’intelletto nella preghiera più che il sentimento, per cui egli così
definisce la preghiera:
•
Oratio, (orazione) in quanto deve essere una elevazione della mente a Dio
•
Obsecratio, (supplica) perché stimola la fiducia nella misericordia divina
•
Gratiarum actio, in quanto ringrazia Dio per ciò che ha ricevuto e riceve
•
Petitio, (richiesta) forte degli atti precedenti innalza la domanda
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Possiamo cogliere le caratteristiche dei due modi di esprimersi nelle preghiere che due
santi, uno domenicano e l’altro francescano, compongono per prepararsi a ricevere Gesù
nell’Eucaristia: Tommaso e Bonaventura.
Preghiera di S. Bonaventura:
Signore mio, chi sei tu e chi sono io, che io presuma di metterti nel luogo immondo del mio corpo e della mia anima? O perché mi hai creato apposta, perché io ti facessi questo oltraggio esecrando? Mille anni di lacrime e di penitenza non basterebbero a ricevere degnamente una sola volta un
così nobile sacramento. Quanto più indegno sono dunque io, miserabile, che pecco ogni giorno, rimango incorreggibile, vengo a te impreparato. Ma...la tua misericordia supera infinitamente la mia miseria e perciò io ardisco riceverti, fidando nella tua pietà.
Preghiera di S. Tommaso:
Dio onnipotente ed eterno, mi accosto al Sacramento del tuo Unigenito Figlio, il Signore nostro
Gesù Cristo. Mi accosto come infermo al medico della vita; come immondo alla fonte della misericordia; come cieco alla luce dell’eterna chiarezza; come povero e miserabile al Signore del cielo e della
terra.
Imploro pertanto l’abbondanza della tua immensa larghezza perché tu voglia guarire la mia infermità, lavare le mie sozzure, illuminare la mia cecità, arricchire la mia povertà, coprire la mia nudità,
per cui riceva il Pane degli Angeli, il Re dei re, il Signore dei signori, con tale riverenza e umiltà, con
tale purezza e quale si richiede per la salvezza della mia anima.
Concedimi, ti prego, di ricevere non solo il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma
anche la realtà e la virtù di questo sacramento. Dolcissimo Dio, fa’ che io riceva il Corpo del tuo Unigenito Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, che egli prese nel seno della Vergine Maria, in modo da essere unito al suo corpo mistico e annoverato fra i suoi membri.
Concedimi, Padre amorosissimo, di contemplare infine apertamente e per sempre il Figlio tuo
diletto, che ora mi propongo di ricevere nascosto sotto i veli eucaristici. Tu che vivi e regni o Dio, insieme con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
3° - Contenuti della preghiera liturgica domenicana.
I particolari caratteri della preghiera domenicana trovano la loro radice nella sensibilità spirituale
ed azione del fondatore, S. Domenico, e nei santi che hanno vissuto esperienze profonde di determinati misteri cristiani.
a - Trinitaria
La preghiera cristiana viene rivolta a Dio, Uno nella natura e Trino nelle Persone. Il cri
stiano, innalzato alla dignità di figlio adottivo, intavola una relazione amichevole con la Trinità.
Per Domenico tutto quello che le tre Persone divine dicono al suo cuore, costituisce il tema della
meditazione e il contenuto della sua predicazione.
Oltre agli effetti interiori ( unione intima, aumento di grazia e partecipazione dell’amore
divino) il mistero della Trinità è il centro principale della contemplazione.
La dottrina della inabitazione della SS. Trinità è una realtà vissuta intensamente dai misti
ci domenicani che hanno rafforzato i rapporti di amicizia con le singole persone divine.
b - Cristologica
S. Domenico ha ricevuto da Onorio III la missione di propagare il nome di Gesù nel mon
do intero e ha fondato un Ordine religioso che svolga efficacemente nella storia della Chiesa
questo mandato. Ogni domenicano e domenicana invoca fervorosamente il nome di Gesù
quando si rivolge al Padre e, docile all’azione dello Spirito Santo, conosce tutta la verità
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sul Figlio. Così la preghiera concentrata sulla persona e sul nome di Gesù, trasforma ogni
discepolo in profeta fedele e coraggioso.
La devozione speciale alla Passione di Cristo di S. Domenico e dei suoi figli, che si
esprimeva in preghiere e penitenze fisiche, sono la testimonianza della solidarietà viva con Cristo
crocifisso e la collaborazione in favore della realizzazione del progetto salvifico.
c - Eucaristica
S. Domenico ha voluto che la preghiera liturgica, recitata in comune, acquisti toni di tale
intensità che si ripercuotono sulla missione della Chiesa. La celebrazione dell’Eucaristia, fulcro dell’azione liturgica, è il vincolo della carità fraterna e la fonte prima delle energie
apostoliche.
La dottrina del Dottore Angelico sull’Eucaristia ha avuto risonanza universale nella Chiesa e
grande influsso sulla devozione e sulla preghiera dei domenicani verso questo sacramento
principale.
d - Mariana
Questa caratteristica proviene dai fatti storici che legano intimamente la Vergine Maria alla
nascita dell’Ordine dei Predicatori e alla protezione materna dei frati che propagano nel mondo
intero il nome del suo Figlio Gesù.
La devozione a Maria trova espressioni nell’Ordine in ogni tempo e in ogni
luogo. Come modello di vita consacrata, la Madre di Gesù forma i domenicani a diventare poveri,
casti e obbedienti sull’esempio di Gesù. Una manifestazione di amore filiale dei domenicani alla
Madonna è espressa con l’introduzione nella formula della professione, dell’obbedienza anche alla
Madre di Dio.
La struttura attuale del rosario non è attribuibile a S. Domenico, tuttavia la propagazione di
esso tra i fedeli si deve in gran parte ai domenicani. Preghiera innalzata a Maria nei momenti di
difficoltà e come strumento aggiunto alla predicazione della Parola di Dio.
e - Apostolica
La preghiera intima con Dio illumina e trasforma le opere apostoliche. La preghiera di
Domenico, non solo rinnova la comunione interiore ma anche la dimensione missionaria.
“ Pane quotidiano” di Domenico era la Parola di Dio che portava anche materialmente
sempre con sé, e il contenuto rivelato era il mezzo migliore per preparare la predicazione. Al dato
rivelato ricorreva quando era evidente la resistenza degli ascoltatori o in mezzo alle polemiche con
gli eretici. Su questa strada l’hanno seguito i suoi figli, piccoli o grandi apostoli.
f - Dalla contemplazione, l’apostolato
I figli di S. Domenico sono chiamati a integrare personalmente attività ben diverse, ma
complementari: studio assiduo della verità e predicazione del messaggio salvifico; assistenza
frequente agli atti della vita comune e disponibilità alle urgenze pastorali; contemplazione dei
misteri divini e comunicazione di tale esperienza agli altri.
Domenico è un esempio di integrazione armonica tra contemplazione dei miste
ri divini e attività apostolica. Secondo i testimoni contemporanei, “egli parlava sempre con
Dio o di Dio”.
Tale giudizio indica il senso di comunione profonda con Dio e allo stesso tempo, la forza di
intercessione per la salvezza di tutti: “ Cosa sarà dei poveri peccatori?”.
Quindi l’esperienza personale dei misteri contemplati diventa la fonte che irriga il campo
dell’apostolato.
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4° - Preghiera personale o di devozione
Le prime generazioni dell’Ordine, accanto alla preghiera liturgica, praticano altre due forme di preghiera che, pur essendo di origine monastica, le danno una impostazione propria: la preghiera segreta e quella furtiva o libera.
•
La prima di esse era intesa come una “exercitatio spiritualis”, in contatto con la liturgia, che prolunga e da cui trae motivazioni e tematiche. Ben presto assume carattere obbligatorio.
•
La seconda avveniva al di fuori di quelle obbligatorie e imposte dall’orario della vita comunitaria. Veniva praticata come più mentale che vocale. Si chiedeva la condizione di essere “devoti e
raccolti”.
•
Nella pratica, sia la preghiera segreta che quella libera, erano accompagnate da numerosi gesti
del corpo: lacrime, discipline, prostrazioni, come del resto si traeva ispirazione dall’esempio del
santo Fondatore, “homo orans”, tramandato nelle “nove maniere di pregare” di S. Domenico.
P. Angelo Piagno O.P.
(continua)
PICCOLA TESTIMOIAZA
Far parte dei Domenicani, per me, è una bellissima cosa: una
fortuna l’amicizia, l’approfondire la nostra vita, lo stare insieme
con persone (alcune conosciute altre nuove) nei nostri incontri che
sono davvero belli, interessanti ed istruttivi. Peccato solo che il tempo passa troppo veloce: da parte mia vorrei che si potesse prolungare la durata degli incontri: si sta così bene fra noi che vorrei che
il tempo non passasse mai.
P. Angelo, che ci segue ad ogni incontro, ci istruisce non solo
su S. Domenico. Ora stiamo approfondendo il significato della S.
Messa in tutte le sue parti: è molto interessante e penso che la
maggior parte delle persone della comunità non lo conosce; sarebbe molto bello che tutti potessero scoprire qual è il vero significato
della S. Messa per poterla vivere di più nel suo vero senso e non
ridurla al solo fatto “di avere preso Messa”.
M.
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IL PRIMO INCONTRO CON
SAN DOMENICO
Nel lontano 1974 mi trovavo a fare il militare a Bologna e man mano che scoprivo
quella città mi veniva meno il desiderio di chiedere l’avvicinamento a Udine, perché trovavo
in Bologna diverse dimensioni che per me erano interessanti.
Una sera d’inverno, un sabato, mentre nevicava e la città acquistava una atmosfera medievale, profonda, con i suoi interminabili portici che sembrano accogliere chiunque, gratuitamente, capitai, rientrando in caserma, in una piazza tutta particolare, che non conoscevo
prima: un grande ciottolato conduceva verso una facciata dallo stile tipicamente romanico/
gotico con antistante delle colonne e altri monumenti che colpirono subito la mia attenzione.
Ripeto, il luogo non mi era noto.
Entrai in chiesa e sussultai quando vidi un interno dal colore biancastro, quasi color latte,
soffuso nelle poche luci accese che facevano risaltare meglio la sua ampiezza.
Ma qui c’è qualcosa di grande! Una chiesa conventuale? Una basilica? Era quello che pensavo nella mia fantastica ammirazione.
Mi sedetti trasognato in fondo e subito vidi percorrere la navata laterale ( dopo mi accorsi che era una chiesa a tre grandi navate) da un frate, così l’ho definito a prima vista, che
non avevo mai incontrato prima: era alto, vestito di bianco, con un mantello nero e risaliva
sicuro e frettoloso la navata.
Quello che mi colpì in modo unico fu il tintinnio che emanava da una grossa corona portata
al fianco. Per me non era “un frate” qualunque. Io, in quel momento, avvolto dalla penombra, percepii in quel religioso una pienezza che non era tracotanza, ma veniva da tutta la sua
persona. Vedevo in quel frate un nitore, una completezza, una riuscita, un irradiamento che
non riuscivo a cogliere subito, ma era quello che io da tempo, nella mia vita non esemplare
come cristiano di allora, cercavo, o meglio, intuivo nella mia coscienza.
Non avvenne una grande conversione, dopo questo incontro, ma dentro di me rimase
una nostalgia del fascino di quella persona che, nel tempo, mi provocò un’inquietudine che
spesso riaffiorava e mi riconduceva a quella atmosfera, a quella chiesa. E naturalmente io
non sapevo che avevo “incontrato” un domenicano e che ero nella casa di San Domenico.
Diacono don Ivano Pacco, simpatizzante domenicano
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SANTI DOMENICANI
S. Pietro da Verona
Sacerdote e martire († 1252)
Memoria 4 giugno
Una delle ultime e migliori conquiste dell’apostolato di Domenico era destinata nei
piani della Provvidenza a toccare l’ideale amorosamente vagheggiato dal Fondatore: il martirio.
Sceso da Verona - ove era nato da famiglia eretica verso il 1200 - all’università di Bologna,
Pietro fu affascinato dalla parola del Predicatore castigliano; ne chiese l’abito ed ereditò lo spirito: verginità liliale, austerità di vita, parola bruciante, come Domenico.
Innumerevoli le conversioni operate in un’attività instancabile. Nominato inquisitore per la
Lombardia (1242) vide concentrare su di sé l’odio implacabile degli eretici: un loro sicario
lo assassinò il 6 aprile 1252 sulla strada tra Como e Milano ( presso Seveso).
Innocenzo IV lo canonizzò undici mesi dopo il martirio.
Una preziosa arca marmorea conserva i resti del Martire in Sant’Eustorgio di Milano.
La recente riforma liturgica scelse, per festeggiarlo, il giorno anniversario della più solenne
traslazione delle sue reliquie avvenuta durante il Capitolo Generale del 1340 svoltosi a
Sant’Eustorgio di Milano.
( dal “Breviario Domenicano”)
MUSEO DI SAT’EUSTORGIO
Giovanni Balduccio
Arca di S. Pietro Martire 1335-1339
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Relazione sul martirio
di San Pietro da Verona
Dovendo fra Pietro recarsi da Como a Milano la domenica dopo Pasqua per promuovere la causa della fede, si mise in viaggio fin dal sabato precedente. Di buon mattino, dunque, accingendosi a partire, ricevette la benedizione dal suo superiore e stabilì di celebrare la
Messa della risurrezione.
Prostratosi quindi ai piedi di un confratello col quale si sarebbe accompagnato nel viaggio, fece secondo il solito una confessione, ma molto più prolungata e accurata, come a
viva voce attestò lo stesso religioso. Celebrata devotamente la Messa, si mise in cammino
con tre frati e durante il cammino, come essi stessi riferirono, non fece che raccontare con
entusiasmo l’eroismo di alcuni martiri.
Terminata quella lunga descrizione, contrariamente a ciò che abitualmente faceva, intonò ad alta voce la sequenza “Victimae paschali laudes”, e subito gli si unì fra Domenico, suo futuro compagno di martirio. Quando poi un altro confratello, di nome Corrado, tentò
di eseguire la stessa melodia alla quinta superiore, fra Pietro gli disse garbatamente: “ Vi prego: lasciate che cantiamo solamente fra Domenico ed io, perché non vi riesce di accordarvi!”. Smesso questi di cantare, gli altri due, a voce spiegata, portarono a termine tutta la sequenza.
Era ormai ora di pranzo e il gruppetto entrò in un paese chiamato Meda: per non
riuscire indiscreti verso gli abitanti, si divisero così: due si volsero in una direzione, mentre
fra Pietro e fra Domenico si diressero verso un monastero dove consumare alla svelta il
cibo loro offerto. Mandarono quindi ad avvertire gli altri due che loro sarebbero subito
ripartiti, mentre essi, terminato di mangiare, li avrebbero poi raggiunti.
Si avviarono dunque con sollecitudine verso la corona. Giunsero su di una collina, a
due miglia dal paese; qui si aggiravano due mercenari, cioè due ministri di Satana, che
scorgendo di lontano i due religiosi tramarono di ucciderli. Ma uno dei due, colto da pentimento e rifiutando di macchiarsi di un così enorme crimine, abbandonò il compagno e si
diresse di corsa verso il paese, incontro agli altri due che stavano sopraggiungendo e tra
i singhiozzi rivelò loro il nefasto progetto.
I due frati si precipitarono verso il luogo indicato con la speranza di riuscire a salvare
fra Pietro, ma quando giunsero quel diabolico assassino l’aveva efferatamente trucidato
con cinque colpi di roncola. E fra Domenico, che gli sarebbe sopravvissuto sei giorni, riuscì
a riferire che fra Pietro, sull’esempio del Salvatore, senza lamentarsi né difendersi né fuggire, ma accettando con fortezza l’aggressione, aveva perdonato l’assassino e pregando per lui,
con le braccia alzate verso il cielo aveva sussurrato: “ Nelle tue mani, Signore, affido il mio
spirito” (Lc 23,46) e con queste parole aveva reso l’anima immacolata al Cristo crocifisso e
risorto. Erano circa le tre pomeridiane.
( Lett. di fra Romeo di Atencia a S. Raimondo de Penyafort, magg. 1252 - Dal Breviario Domenicano pag
433-434)
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DOMEICO PREDICATORE ITIERATE
Domenico è ormai sacerdote di Cristo, e l’esercizio del suo sacerdozio è la
proiezione del suo cuore e della sua anima. Vive nel clima spirituale del Cenacolo,
della Pentecoste e, come gli Apostoli, in ascolto dello Spirito che gli indichi la rotta da seguire: Domenico sa leggere negli eventi, sa interpretare i segni dei tempi,
che sono la voce dello Spirito… Ieri nel silenzio e nella pace del “recinto” di Osma, oggi nelle lande roventi
della Provenza: ieri contemplativo, ora predicatore itinerante; ieri solo con il Solo, ora sempre con il Solo e,
solo, con gli uomini-fratelli da salvare. Domenico sa
che chi riporta le anime a Cristo è lo Spirito, che chiama, illumina e muove i cuori: per questo, prima di mettersi in cammino canta, per strada il Veni Creator: vieni, luce dei cuori.
Sa anche, Domenico, che il primo ostacolo per
l’efficacia della predicazione può essere lui, peccatore:
dovrà rendersi degno della parola di Dio per primo, lui,
S. Domenico predicatore
predicatore, purificandosi, convertendosi, perché solo
un predicatore convertito può convertire un altro
peccatore . Domenico va oltre: si sostituisce agli stessi
peccatori, si offre vittima di espiazione e di riparazione per la conversione dei
peccatori, perché solo allora troverà grazia presso Dio la sua predicazione.
Tratto da: Domenico M. Abbrescia O.P., Le parole di San Domenico, pag. 37, ESD 1986
Fraternita Laica Domenicana “S. Pietro Martire” - Ciclostilato in proprio
Sede: presso Canonica di Mortegliano - P.zza S. Paolo, 2
Referente: Adriana 3387369004
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Contemplata aliis tradere