“La donna dei fiori di carta”, l’ultimo libro “noir” di Donato Carrisi
di MICAELA RICCI
“La prima volta che ho sentito la storia di Otto Feüerstein mi sono detto che sarebbe stata
perfetta per un thriller. Mi sbagliavo. Perché questo è un noir”. Così viene presentato da Donato
Carrisi il suo ultimo lavoro nella “nota all’autore” di “La donna dei fiori di carta”, edito da
Longanesi.
Il carattere “noir” del romanzo sembra discostarsi alquanto dalle due precedenti pubblicazioni,
“Il suggeritore” e “Il tribunale delle anime”, nella direzione di un racconto giallo senza soluzione
in cui realtà e fantasia sembrano sovrapporsi e perdersi l’una nell’altra. Donato Carrisi, di
origine di Martina Franca e residente a Roma, dopo una laurea in Giurisprudenza e una
specializzazione in criminologia e scienza del comportamento, ha esordito come scrittore
teatrale e come sceneggiatore di serie televisive e per il cinema. Scrive oggi per il Corriere della
Sera e i suoi romanzi hanno vinto prestigiosi premi e riconoscimenti, diventando bestseller
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“La donna dei fiori di carta”, l’ultimo libro “noir” di Donato Carrisi
internazionali.
Il titolo, “La donna dei fiori di carta”, è spiegato dallo stesso scrittore: “La donna dei fiori di carta,
nel romanzo, è un personaggio secondario. Le donne di questa narrazione sembrano
personaggi in ombra, in secondo piano, in realtà sono il motore dell’universo”. In verità il fiore di
carta è quello trovato nella tasca del prigioniero italiano interrogato dal medico di guerra sul
monte Fumo durante la Prima Guerra Mondiale, nello scontro finale tra Italia e Austria. La vita
dell’interrogato e quella del medico sembrano essere legate e s’intrecciano in un racconto
degno dei cantastorie di una tradizione orale in cui verità e capacità affabulatoria si mescolano
e si confondono. Solo dopo aver sciolto i tre enigmi (chi è il prigioniero? Chi è Guzman? Chi era
l’uomo che fumava sul Titanic?) il lettore potrà comprendere il senso della narrazione che
partedall’interrogatorio che dovrebbe far confessare il prigioniero e rendergli in cambio la vita.
La storia di Guzman fa scomparire i due personaggi al fronte e apre uno scenario diverso,
quello delle vicende di Guzman e del suo amore per una donna. Appare anche il Titanic e la
figura misteriosa di un uomo che aspettava, fumando un sigaro, l’affondamento del
transatlantico, identificato dai passeggeri come Otto Feüerstein. L’autore specifica però che “a
nessuno di loro fu rivelata subito la particolare circostanza che Otto Feüerstein, in realtà, era
morto nel proprio letto, a casa sua, a Dresda due giorni prima che il Titanic salpasse”, aspetto,
questo, che intensifica l’atmosfera “noir” della narrazione.
Il narratore onnisciente racconta una storia reale e fantastica e si erge a voce extradiegetica
come uno spettatore esterno alle vicende descritte, in un incastro sapiente di vicende che
s’intrecciano e si sovrappongono, alla maniera di Calvino e della sua “Se una notte d’inverno un
viaggiatore”. L’atmosfera creata è di grande suspense sin dal momento dell’interrogatorio e il
lettore viene trasportato in un dialogo incalzante: “Il vostro nome in cambio della vostra vita, non
mi sembra così irragionevole come baratto. In fondo, si tratta di rispondere a una semplice
domanda”. Cercava di sembrare ironico, perché aveva capito che l’ironia poteva essere una
chiave. “Voi tornerete dai vostri commilitoni e a me conferiranno una medaglia. Avanti, su…Non
voglio ricordarmi di questo giorno in questo modo, ho già troppi brutti ricordi. Non vorrete morire
proprio qui, in cima al monte Fumo. E oggi è perfino il mio compleanno”. “Sono tre”. La frase lo
colse impreparato. Proprio non se lo aspettava. Il prigioniero aveva parlato. La voce, calda e
perentoria, era emersa dall’oscurità”. E da qui comincia il thriller, tra fantasia e storia.
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