Il ruolo delle infestanti in natura
Le erbe infestanti possono essere definite come “piante nate dove non sono desiderate”; esse,
infatti, rappresentano una delle più temibili avversità sia nei sistemi colturali convenzionali che in
quelli che si basano sui principi dell’agricoltura “integrata” e “biologica”. Molteplici sono i danni
che le erbe infestanti possono arrecare alle colture, ma la diminuzione della produttività è
sicuramente il problema più sentito. Le perdite di produzione, talvolta anche considerevoli, sono la
naturale conseguenza di fenomeni di tipo competitivo che si instaurano tra la coltura e la flora
spontanea. Le avventizie possiedono, infatti, una notevole capacità di sfruttare al meglio le risorse
ambientali disponibili (luce, acqua ed elementi nutritivi), impedendo spesso alla coltura di
svilupparsi in maniera conforme alle proprie potenzialità. D’altro canto è da sottolineare
l’importanza del ruolo ecologico che le infestanti presentano: mantengono, infatti, alti livelli di
biodiversità, (presenza sia di insetti pronubi che di predatori), creano barriere naturali allo
spostamento di insetti dannosi, hanno una funzione antierosiva di controllo del dilavamento di
elementi minerali e conservano l’umidità del terreno.
Convenzionalmente le infestanti vengono controllate con i diserbanti, ma l’impiego di questi deve
essere necessariamente limitato o addirittura azzerato nel caso in cui si decida di effettuare una
conversione ad un sistema colturale alternativo a basso impatto ambientale, nell’ottica di
conferire al prodotto un valore aggiunto legato ad una maggiore salubrità e qualità.
Gli erbicidi hanno senz’altro contribuito fattivamente all’evoluzione della “moderna agricoltura”,
grazie all’efficacia ed alla selettività di azione che li contraddistingue. Questa presenta però, allo
stesso tempo, alcuni limiti rilevanti, tra cui, i principali, riguardano senz’altro l’emissione
nell’ambiente di sostanze chimiche di sintesi (spesso molto persistenti), la potenziale presenza di
residui nei prodotti, la possibile azione fitotossica che possono esplicare sulle colture, l’induzione e
la selezione di specie e/o biotipi resistenti/tolleranti, la scarsa efficacia dell’intervento se a questo
fa seguito un fenomeno piovoso oppure se viene indotto su malerbe sviluppate e/o con macchine
inefficienti. Inoltre, per quanto concerne l’orticoltura, si somma anche un’ulteriore problematica,
legata alla scarsa disponibilità sul mercato di principi attivi efficaci. In quanto tutti gli ortaggi sono
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considerati “colture minori”, in quanto l’area di coltivazione risulta decisamente inferiore rispetto
a quella relativa alle cosiddette “coltivazioni maggiori” (frumento, mais, riso, soia, cotone).
Le strategie di controllo applicate in agricoltura biologica non mirano all’azzeramento delle
infestanti come avviene in convenzionale. Per impostare una corretta strategia di controllo è
quindi necessario utilizzare tecniche preventive, indirette e dirette di controllo fisico delle
infestanti. Tali tecniche sono assolutamente impiegabili anche in un sistema ti tipo
convenzionato/integrato. Nell’ambito del controllo diretto delle infestanti, attualmente sono
disponibili mezzi fisici molto efficaci che permettono di intervenire in pre-semina, pre-emergenza
e, nel caso di colture sarchiate, di controllare le malerbe sia tra le file che sulla fila stessa della
coltura, aspetto che ha rappresentato per molto tempo il grosso limite delle attrezzature di questo
tipo.
Il
PIRODISERBO
è una valida alternativa alle tradizionali tecniche agronomiche per una gestione
ottimale delle infestanti in agricoltura. Tale tecnica, infatti riesce a contenere le infestanti,
limitandone lo sviluppo e la diffusione. Il PIRODISERBO in agricoltura trova l’applicazione nella tecnica
della falsa semina (lavorazioni sequenziali di preparazione del terreno volte a stimolare la
germinazione delle infestanti che saranno poi devitalizzate con interventi meccanici o termici), nei
trattamenti di pre-emergenza e nell’intervento di post-emergenza/post-trapianto (sulla fila delle
colture). E’ inoltre possibile trattare alla base anche in modo “diretto”, senza arrecarne danni alle
piante, tutte le specie arboree della flora spontanea erbacea, anche un efficace effetto di
devitalizzazione di eventuali polloni. Il trattamento trova quindi applicazione nelle specie
caratterizzate da una tolleranza ai trattamenti termici: piante con un fusto significato (alberi,
arbusti etc.), piante con tessuti di accrescimento ben protetti (aglio, porro, cipolla, etc.).
Convinti della necessità di tutelare l’ambiente e la salute nella prospettiva delle generazioni future,
abbiamo creduto fin dall’inizio nella collaborazione con l’Università di Pisa impegnata da oltre 20
anni nella ricerca e nella sperimentazione del controllo termico delle infestanti. Questa sinergia ha
portato allo sviluppo di attrezzature per il pirodiserbo che impiegano il calore generato da appositi
bruciatori, per indurre un rapido innalzamento della temperatura delle parti verdi della pianta,
determinandone così il successivo disseccamento. L'effetto che i mezzi termici producono ai danni
della vegetazione è del tutto simile a quello di un erbicida chimico ad azione disseccante della
parte aerea. Intervenendo sulle infestanti all'inizio del loro sviluppo, è sufficiente il passaggio da
una parte del filare e si possono mantenere discrete velocità di avanzamento. L'efficacia del
trattamento aumenta negli anni grazie all'instaurarsi di un equilibrio vegetativo a seguito
dell'effetto sui semi delle infestanti e stressante sulle radici, specie nel caso di trattamenti
autunnali.
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