Don Sturzo
e il popolarismo
Al giorno d’oggi, dobbiamo ammetterlo,
abbiamo perso l’abitudine di voltarci indietro per
imparare a conoscere noi stessi e gli altri. Certo
non è una realtà positiva, perché senza memoria
non guadagneremo il futuro. Proprio partendo da
questa riflessione il Centro De Gasperi ha dato
origine al programma 2010, improntato sui
personaggi della politica del passato. Il Centro ha
infatti scelto 6 figure che, dai primi anni del
Novecento ai giorni nostri, hanno fatto la storia
attraverso numerose e importanti vicende che le
hanno relazionate con il loro tempo: “Grazie al
loro impegno – ha spiegato il Presidente del
Centro De Gasperi, Franco Turelli -, proveremo a
guardarci
nuovamente
allo
specchio.
Cominceremo con Don Luigi Sturzo e con il suo
appello ai liberi e forti. È un messaggio attuale,
che può e deve essere rivolto ai giovani”.
“Uomo di pensiero e di azione, il sacerdote
siciliano è tra i personaggi più importanti delle
storia politica italiana - ha esordito Monsignor
Antonio Fappani, relatore della serata -. Nato il 26
novembre 1871 a Caltagirone, in provincia di
Catania, Luigi Sturzo discendeva da una famiglia
dell’aristocrazia agraria che, pur essendo molto
cattolica, viveva in una realtà ben distante dalla
vera povertà siciliana. Prima della conversione,
anche Luigi, innamorato della filosofia, sognava di
diventare un intellettuale distante dalla gente. Nel
1894 venne ordinato sacerdote e nel 1896 si
laureò in teologia all'Università Gregoriana di
Roma. Proprio mentre si trovava a Roma, durante
il Sabato Santo, andò a benedire un rione di
disperati e qui scoprì in maniera completamente
nuova la miseria: da questo momento in poi, Don
Sturzo consacrò tutta la sua vita a risolvere queste
tristi situazioni. Tornò quindi a Caltagirone per
dedicarsi al miglioramento della vita sociale della
Sicilia e provò ad attuare questo suo progetto
fondando
ad
esempio
un
giornale
di
orientamento politico/sociale –La Croce di
Costantino-,,
avviando
il
Circolo
Operai,
fondando
nel
1895
il
primo
Comitato
Parrocchiale,
una
sezione
operaia
nella
parrocchia di San Giorgio e dando vita alle prime
casse rurali e alle cooperative”.
Don Sturzo diventò, quindi, l’apostolo della
povera
gente:
il
sacerdote
siciliano
si
immedesimò nelle situazioni concrete lavorando
soprattutto
sul
piano
dell’amministrazione
comunale. La sua opera cominciò ad affermarsi
sul piano nazionale il 29 dicembre 1905, giorno in
cui Don Sturzo lanciò il “discorso di Caltagirone”,
che indicava ai cattolici il percorso lungo e
difficile che li avrebbe portati alla partecipazione
diretta alla politica: “Ora io stimo che sia giunto il
momento che i cattolici si mettano al paro degli
altri nella vita nazionale, non come unici
depositari della religione o come armata
permanente
delle
autorità
religiose
che
scendono in guerra guerreggiata, ma come
rappresentanti di una tendenza popolare e
nazionale nello sviluppo del vivere civile”.
Il discorso di Caltagirone ebbe una grande eco
anche fuori dalla Sicilia e Don Sturzo, proiettato su
un piano nazionale, cominciò a pensare ad un
partito che potesse rappresentare la sua filosofia,
un partito che percepì già laico, democratico,
costituzionale e di ispirazione cristiana. “Era il
partito dei cattolici, certo, ma anche di tutti gli
altri. Il PPI riuniva infatti precise istanze sociali che
potevano rappresentare tutta la società. Nel 1919
Sturzo fondò quindi il Partito Popolare - di cui sarà
segretario - come forza in antitesi sia al Liberalismo
individualista e centralizzatore sia al Socialismo
che si appella alla lotta di classe. Dall’albergo
Santa Chiara di Roma, Sturzo annuncerà la
nascita del PPI con il famoso appello “agli uomini
liberi e forti”: l’invito del sacerdote, all'insegna del
"programma
morale,
sociale
e
politico,
patrimonio delle genti cristiane", rappresenta un
metodo nuovo a fronte dell’antico “trasformismo”
italiano e fa meritare a Sturzo l’appellativo di
“messianico del riformismo”, come lo definisce
Piero Gobetti. Il Partito Popolare Italiano da subito
raccoglie molti consensi ma viene anche
osteggiato e criticato in campo cattolico
“perché non era un vero e proprio partito
cattolico. Don Sturzo difese questa sorta di laicità:
erano idee che valevano per tutti, e questo è uno
dei messaggi più importanti diffusi da Don Sturzo.
Ecco l'autentica "rivoluzione" sturziana, il taglio
netto tra clericalismo e cattolicesimo sociale. Il PPI
si fa strada nel contesto nazionale, imponendosi
in Parlamento e combattendo grosse battaglie.
Giolitti capì subito il pericolo che rappresentava
questo partito, che combatteva appunto contro
il giolittismo, il liberalismo, le classi del potere e il
fascismo”.
Sturzo è tra gli oppositori più intransigenti verso il
fascismo: quando l’autoritarismo si impone, Sturzo
organizzò nell’aprile del 1923 il Congresso di Torino
del Partito Popolare, dal quale scaturì una
profonda critica nei confronti di Mussolini e
compagni. Il discorso fatto dal sacerdote verrà
definito dal Popolo d’Italia “discorso nemico del
fascismo”, e Don Sturzo è tratteggiato come un
uomo nefasto, che voleva mettere le forze rurali
cattoliche contro un macigno sulla via imperiale
sognata dall’Italia. “Questo macigno nato dalle
forze popolari, oggi purtroppo non troviamo più –
ha commentato Monsignor Antonio Fappani –.
Sopraggiunta la dittatura fascista, nel 1924 Don
Sturzo fu costretto ad un lungo esilio. Vennero
allora gli anni tristi, quelli che lui chiamò l' “inverno
politico” del PPI; si trasferì prima a Londra, poi
negli Stati Uniti, dove con i numerosi scritti e
pubblicazioni proseguì la sua lotta. All’estero,
Sturzo non si impegnò più nelle lotte quotidiane,
ma si dedicò all’elaborazione del pensiero
cattolico, cercando sempre di far capire agli
americani che il popolo italiano e il fascismo non
erano la stessa cosa”.
Quando rientrò in Italia, nel 1946, Sturzo
ufficialmente fu accolto come trionfatore con
tutti gli onori - anche se, in realtà, molti nutrivano
del sospetto nei suoi confronti -: “La situazione
che Don Sturzo trovò al suo rientro era ben diversa
da quella che aveva lasciato: il gioco politico era
condotto da De Gasperi, leader riconosciuto e
interlocutore della Curia Vaticana da una parte e
degli alleati dall’altra. La condizione era
drammatica: gli italiani devono dividersi tra i
problemi della guerra perduta, il Paese da
ricostruire materialmente e da ricomporre
moralmente, l'inflazione da combattere, il
Referendum e il Trattato di pace da affrontare e
lo stalinismo da allontanare. Dopo la seconda
guerra mondiale non svolse un ruolo dominante
nella scena politica italiana, ma il 17 dicembre
1952 fu nominato senatore a vita dal presidente
della Repubblica Luigi Einaudi. Malgrado la
riservatezza dei sui ultimi anni, fece comunque
sentire la sua voce e disse la sua in merito a "i mali
passi", come Sturzo li aveva chiamati (statalismo,
partitocrazia, aumento della pressione fiscale,
corruzione e immoralità ai vertici della società).
Queste battaglie durarono fino alla morte di
Sturzo, avvenuta a Roma l’8 agosto 1959”.
Quello della libertà rimane uno dei temi centrali di
Sturzo: “apostolo di Cristianesimo, ma anche di
libertà, secondo l'insegnamento inconfondibile
del nostro Ottocento”, scriveva il Senatore
Spadolini. Tutte le sue battaglie possono
ricollegarsi a quella della libertà, una concezione
della libertà in senso integrale con le radici in Dio
“che ama gli uomini liberi”. Anche la libertà
economica è importante, in quanto, se manca,
vengono meno le altre libertà. E a monte della
libertà, la fede, integrale e cristallina, filo
conduttore della vita, che anima il giovane
sacerdote calatino spingendolo prima a creare le
cooperative e a fare il pro sindaco della città di
Caltagirone e poi a fondare il Partito popolare;
che ispira le opere del pensatore nelle battaglie
dell'ultimo periodo di vita. La “ragione morale”
che deve prevalere sulla “ragione politica”,
quando fossero in contrasto, il primato assoluto
della coscienza: pensava che nelle coscienze,
innanzitutto, si operassero i mutamenti sociali:
credeva la rivoluzione sociale possibile solo con la
trasformazione degli spiriti. Anche la democrazia
non può essere fatta solo di maggioranze
numeriche ma anche di contenuti, di spirito, e in
ciò si richiamava alla famosa frase di Leone XIII:
“La democrazia sarà cristiana o non sarà”. Da
questo anche il dovere di educare alla politica
con una testimonianza alta di rigore morale e di
competenza.
Lorena Turelli
Don Luigi Sturzo
Scarica

Don Luigi Sturzo ed il popolarismo