1 COMPOSTI BIOATTIVI DELLA DIETA 2 3 INTRODUZIONE 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 La ricerca scientifica ha individuato una grande varietà di sostanze (quasi tutte di origine vegetale da cui deriva il nome inglese di phytochemicals, cioè fitocomposti), comunemente assunte con la dieta, che possono influenzare positivamente la salute e quindi contribuire alla prevenzione di malattie. Questi composti non sono dei nutrienti in senso classico, ossia atti a far sviluppare, crescere e mantenere un organismo umano, ma possono essere definiti come sostanze in grado di modulare numerose attività biologiche e importanti funzioni dell’organismo. Le attività da essi esercitate sono molteplici, tra le quali l’attività antiossidante e antinfiammatoria, la modulazione degli enzimi di detossificazione, la stimolazione del sistema immunitario, la modulazione del metabolismo ormonale, l’attività antibatterica e antivirale, l’attività antiproliferativa e proapoptotica, ecc., tuttavia gli studi che permettono di evidenziarne il ruolo sulla salute non sono ancora conclusivi e risultano generalmente focalizzati su composti specifici e sui loro effetti su un numero limitato di marcatori. Ancora da chiarire sono inoltre molti aspetti legati alla loro biodisponibilità, al metabolismo e all’escrezione, all’interazione con la matrice alimentare e con i nutrienti e altri componenti di interesse nutrizionale, ecc.. (Carratù B, Sanzini E. 2005) A ciò va aggiunto che alcune di queste sostanze possono avere effetti sia positivi sia negativi sulla salute (spesso in relazione alle quantità assunte) oppure essere presenti in alimenti il cui consumo non va promosso per altri motivi (bevande alcoliche). 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 Infine è importante ricordare che la risposta dei singoli individui alla loro assunzione può essere influenzata anche da fattori genetici (es. polimorfismi). Alla luce di quanto detto risulta pertanto difficile al momento formulare raccomandazioni nutrizionali per i fitocomposti. La loro assunzione nell’ambito di una dieta varia, ricca di alimenti di origine vegetale e ben equilibrata è ancora la strategia migliore per mantenere e promuovere la salute. Studi futuri, che si potranno anche avvalere di nuovi approcci sperimentali, quali la nutrigenomica, la metabolomica, la bioinformatica, potranno fornire ulteriori evidenze sulle loro funzioni e i meccanismi di azione in condizioni fisiologiche e/o patologiche e permettere, quindi, di suggerire i livelli di assunzione di riferimento per le diverse fasce di popolazione.. L’attenzione dimostrata dai ricercatori per questi composti e i dati interessanti e promettenti che emergono dalle ricerche effettuate, inducono a fare alcune brevi e sintetiche considerazioni sulle evidenze acquisite e sugli aspetti che meritano ancora approfondimento per poterne chiarire il ruolo sulla salute., Tutto ciò anche in relazione al fatto che l’interesse alla conoscenza delle funzioni specifiche di questi composti si accompagna allo sviluppo dei cosiddetti “alimenti funzionali”, per i quali i consumatori sembrano dimostrare grande interesse (Shibamoto et al, 2008). A livello europeo, come pure a livello nazionale, non esiste una definizione legale di alimento funzionale, tuttavia le indicazioni (claim) salutistiche che è possibile attribuire ai prodotti alimentari sono strettamente regolate da una normativa dell’Unione Europea (regolamento 1924/2006), che si avvale del parere tecnico dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) per esprimersi sui dossier scientifici presentati dalle aziende produttrici. L’evidenza delle funzioni biologiche di questi composti sarà quindi di grande importanza anche ai fini della valorizzazione di specifici alimenti. 45 46 Nel presente capitolo sono presentati, raggruppati per classi , i più noti composti bioattivi presenti negli alimenti: i carotenoidi, i polifenoli ed i glucosinolati. 1 CAROTENOIDI 2 3 4 5 I carotenoidi sono una classe di composti organici ampiamente presenti in piante e alghe. Sono stati identificati oltre 600 carotenoidi che vengono suddivisi in due classi: i caroteni idrocarburici, contenenti cioè solo carbonio e idrogeno, e le xantofille, che hanno anche atomi di ossigeno e sono per questo meno idrofobiche. 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 I carotenoidi costituiscono un’importante famiglia di composti antiossidanti con caratteristiche molto peculiari. Grazie alla loro struttura sono in grado di agire da spazzini dei radicali (radical scavenger) e ritornare in breve alla forma originaria: quindi non si consumano per esercitare l’attività antiossidante, come invece accade ai composti che funzionano da agenti riducenti. Sono le molecole più efficaci nell’eliminare l’ossigeno singoletto e per questo molto utili per proteggersi dalla radiazioni UV. Inoltre, mentre tutti gli altri antiossidanti esogeni vengono rapidamente metabolizzati ed escreti, i carotenoidi hanno un’emivita più lunga; la loro concentrazione nel plasma e nei tessuti è relativamente costante nel tempo ed è un buon indicatore delle abitudini alimentari. I caroteni più rilevanti dal punto di vista alimentare sono il carotene, che si può trovare nelle forme beta e alfa, e il licopene, mentre la luteina è la principale xantofilla. 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 Beta carotene Il beta carotene è una molecola terpenica costituita da 8 unità isopreniche. Può essere accumulato nel fegato e nel tessuto adiposo per generare vitamina A (retinolo); da ogni molecola di beta carotene, infatti, si producono due molecole di vitamina A secondo le necessità dell’organismo e senza rischio di ipervitaminosi A, perché la conversione a retinolo avviene in modo relativamente lento. 43 44 45 46 47 Attività biologiche Come gli altri carotenoidi il beta- carotene è un antiossidante che agisce come scavenger dell’ossigeno singoletto ed interagisce con il tocoferolo inibendo l’ossidazione lipidica particolarmente nelle lipoproteine LDL. Nonostante i moltissimi studi fatti in vitro ed in vivo non è stato possibile stabilire con certezza una correlazione tra beta carotene assunto con la Fonti alimentari e metabolismo Il beta carotene si trova nella frutta e verdura di colore arancione (melone, pesche, albicocche, zucca, loti, carote) e negli ortaggi di colore verde scuro (spinaci, bieta, lattuga). In generale più intenso è il colore arancione del vegetale maggiore la sua concentrazione. Il beta carotene di origine sintetica, inoltre, viene aggiunto come colorante in molti prodotti alimentari (E160a). Come per gli altri carotenoidi l’assorbimento è favorito dalla contemporanea assunzione di grassi e dalla cottura. Si accumula prevalentemente nelle lipoproteine LDL. Recenti studi hanno messo in evidenza che la concentrazione di beta carotene nel sangue non dipende solo dalla sua assunzione alimentare, ma è correlata alla assunzione totale di sostanze antiossidanti. Questo suggerisce che la sua concentrazione nel plasma possa essere considerata un indice della quantità totale di antiossidanti introdotti con la dieta. In USA l’assunzione stimata di beta carotene è di 5,4 mg/die mentre in Europa 1,5 - 5,0 mg/die con notevoli differenze tra i diversi Paesi (Ervin et al., 2004). Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-06 (Leclercq et al., 2009) utilizzando i dati di composizione della banca dati USDA (USDA, Release 24) integrati con dati di alimenti italiani, quando disponibili, i valori mediani di assunzione di beta-carotene stimati nella popolazione adulta italiana sono 2407 g/die nelle donne (media: 2991 g/die) e 2407 g/die negli uomini (media: 3032 g/die) (vedi anche capitolo vitamina A); le fonti principali sono rappresentate dai gruppi “Verdura e ortaggi” e “Frutta”. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 dieta e ossidabilità delle LDL, che risulta invece evidente quando si considera il consumo di frutta e verdura. 48 Attività biologiche Studi in vitro su cellule tumorali mostrano che il beta carotene ne inibisce la proliferazione cellulare e induce apoptosi. Ci sono evidenze epidemiologiche e sperimentali che hanno correlato il consumo di frutta e verdure ricche in beta carotene con un minore rischio di cancro soprattutto al polmone (IARC Working Group (1998) Carotenoids. Lyon: WHO International Agency for Research on Cancer). Tuttavia la maggior parte degli studi non trovano correlazioni significative tra assunzione di beta carotene e rischio di tumori e il rapporto del World Cancer Research Foundation (WCRF) del 2007 ha confermato che non ci sono evidenze per un effetto protettivo del beta carotene sul cancro. Sovradosaggi di beta carotene possono essere controproducenti come ha dimostrato un famoso studio del 1994 dove la supplementazione con beta carotene e vitamina E ad un gruppo di fumatori aumentava il rischio di tumore invece di ridurlo (The Alpha-Tocopherol, Beta Carotene Cancer Prevention Study Group, 1994; Goodman et al, 2004). Il beta carotene è in grado di stimolare la produzione di enzimi detossificanti (enzimi di fase II) del fegato. Le evidenze ottenute finora su animali devono essere ancora confermate sull’uomo. Ci sono evidenze epidemiologiche che associano l’elevato consumo di alimenti ricchi in carotenoidi con una riduzione delle malattie cardiovascolari. Tuttavia gli studi di intervento non hanno mai dimostrato un’associazione tra carotenoidi della dieta oppure concentrazione di carotenoidi nel sangue e minor rischio di malattie cardiovascolari. Nonostante le interessanti evidenze in vitro e su modelli animali i risultati degli studi di intervento sull’uomo sono stati costantemente deludenti e in nessun caso sono state ottenute evidenze convincenti che una somministrazione di beta carotene possa avere uno specifico beneficio su specifiche patologie o sulla loro prevenzione. Alfa carotene L’alfa carotene è la seconda forma più comune del carotene dopo quella beta da cui differisce per la configurazione relativa degli anelli beta alle due estremità. Proprio per questo motivo solo metà dell’alfa carotene viene convertito in Vitamina A. Fonti alimentari e metabolismo L’alfa carotene si trova in molti dei prodotti che contengono beta carotene, ma in quantità rilevanti soprattutto nella carota, da cui dipende l’80-90% dell’assunzione dietetica giornaliera stimata in diverse nazioni europee; la mediana dell’assunzione quotidiana risulta pari a 0,74 mg/die in Francia (rispetto a 5,84 mg/die di beta carotene) e 1,01 mg/die nel regno Unito (rispetto a 5,55 mg/die di beta carotene) (O’Neill et al.2001). Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-2006 (Leclercq et al,2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di alfa-carotene utilizzando i dati di composizione della banca dati USDA (USDA, Release 24) integrati con dati di alimenti italiani (Miglio et al, 2008; Pellegrini et al, 2010; Tonucci et al, 1995), quando disponibili. I valori mediani di assunzione di alfa-carotene stimati nella popolazione adulta italiana sono 180 g/die nelle donne (media: 608 g/die) e 149 g/die negli uomini (media: 576 g/die) e le principali fonti sono rappresentate dai gruppi “Verdura e Ortaggi” e “Acqua e bevande analcoliche” (succhi di frutta). 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 A parte la minore efficacia come pro-Vitamina A non ci sono studi che evidenzino differenze tra le proprietà biologiche dell’alfa e del beta carotene. 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 La biodisponibilità del licopene è influenzata da diversi fattori, inclusi la trasformazione tecnologica e la composizione della dieta. Normalmente il trattamento termico e l’omogeneizzazione ne aumentano la biodisponibilità poiché favoriscono la distruzione della matrice cellulare e il rilascio del licopene dai tessuti, come pure l’isomerizzazione a isomeri cis, più solubili e meglio assorbibili a livello intestinale. Tuttavia, trattamenti eccessivi o la conservazione in maniera inadeguata (esposizione alla luce e all’ossigeno) possono favorirne l’ossidazione o la degradazione. La composizione della dieta può influenzare la biodisponibilà soprattutto in relazione alla presenza di lipidi, essendo il licopene liposolubile. I dati presenti in letteratura relativi alla biodisponibilità del licopene sono generalmente bassi e, comunque, molto variabili in funzione della matrice alimentare e delle condizioni sperimentali adottate, per cui è impossibile riportare dei valori medi. La presenza contemporanea di altri carotenoidi può influenzarne l’assorbimento in seguito a fenomeni di competizione (Story et al, 2010). La quantità totale di licopene assorbibile non sembra variare notevolmente in funzione della quantità assunta. Il licopene assunto con la dieta viene metabolizzato nell’organismo e i metaboliti fino ad ora identificati e caratterizzati sono numerosi; per alcuni di essi sono state anche dimostrate specifiche bioattività (Lindshield BL et al. 2007; Ross AB et al. 2011). Come gli altri carotenoidi, il licopene non si accumula in concentrazioni elevate nel siero e nei tessuti, anche se è quello presente in quantitài più elevate. Mediamente la sua concentrazione nel siero non supera 0.14 micromol/dL, anche con una dieta ricca. Nel siero è presente prevalentemente in forma cis. I tessuti dove se ne trovano concentrazioni maggiori sono i testicoli, le ghiandole surrenali e il fegato (Stahl & Sies, 1996). Licopene Il licopene è un carotenoide idrocarburico di formula C 40H56. Non ha attività provitaminica A poiché non possiede l’anello beta iononico terminale. La presenza di 11 doppi legami coniugati e 2 non coniugati comporta un elevato livello di isomerizzazione, anche se pochi sono gli isomeri effettivamente presenti in natura, prevalentemente tutto-trans. Fonti alimentari e metabolismo Quantità significative di licopene sono presenti in un numero limitato di alimenti: pomodoro, anguria, guava e pompelmo rosa. In Italia la maggior parte del licopene deriva dal pomodoro e dai suoi derivati (passata, concentrato, salsa, ecc.). Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-2006 (Leclercq et al, 2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di licopene utilizzando i dati di composizione della banca dati USDA (USDA, Release 24) integrati con dati di alimenti italiani (Leonardi et al, 2000; Tonucci et al, 1995; Graziani et al, 2003), quando disponibili. I valori mediani di assunzione di licopene stimati nella popolazione adulta italiana sono 5125 g/die nelle donne (media: 5641 g/die) e 6535 g/die negli uomini (media: 7102 g/die) e la principale fonte è rappresentata dal gruppo “Verdura e ortaggi”. Attività biologiche E’ ampiamente dimostrato che il licopene è un eccellente antiossidante in vitro, uno dei principali antiossidanti dietetici, specialmente in qualità di scavenger dell’ossigeno singoletto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 (Di Mascio et al. 1989). A questo proposito il licopene presente nella pelle risulta particolarmente sensibile ai raggi UV, anche più del beta-carotene (Ribaya-Mercado JD et al, 1995), a conferma del suo ruolo protettivo nei confronti dell’esposizione alle radiazioni ultraviolette. E’ stato anche ipotizzato che abbia attività nei confronti dei radicali perossilici nelle LDL e nelle membrane cellulari. Tuttavia, anche se il licopene è 10 volte più efficiente dell’alfa-tocoferolo come scavenger dell’ossigeno singoletto, la sua bassa concentrazione nell’organismo fa pensare che difficilmente possa svolgere un ruolo significativo come antiossidante liposolubile nei confronti delle LDl e di altri lipidi plasmatici. (Erdman et al. 2009). Il licopene è stato ritrovato nel nucleo di cellule tumorali prostatiche e questo spiega la sua capacità di inibire in vivo il danno ossidativi al DNA (Liu A et al, 2006), come pure di contrastare lo stress ossidativi indirettamente attraverso la modulazione degli enzimi detossificanti di fase II (van Breemen & Pajkovic, 2008). Ci sono dati in vitro che suggeriscono che il licopene induce l’apoptosi nelle cellule cancerogene (Salman et al, 2007). Diversi studi in vitro dimostrano che il licopene è in grado di inibire la proliferazione di diversi tipi di cellule tumorali, comprese quelle del seno, polmone ed endometrio. Induce anche la differenziazione cellulare. Servono tuttavia più studi in vivo per verificare se il licopene altera la progressione del ciclo cellulare (Heber & Lu 2002; Kelkel M et al, 2011)). Alcuni studi epidemiologici hanno trovato una correlazione inversa tra IGF-1 e incidenza di tumore alla prostata, ma complessivamente le evidenze in vivo sull’impatto dell’assunzione di licopene sui livelli di IGF-1 non sono univoche (Erdman et al. 2009). Ci sono alcune evidenze in vivo che supportano una associazione positiva tra la comunicazione attraverso le giunzioni strette e l’assunzione di licopene (Wertz et al. 2004). L’assunzione di licopene sembra essere in grado di ridurre la concentrazione degli androgeni, fattore di rischio per il tumore alla prostata. Allo stesso modo, gli studi in vivo disponibili suggeriscono che il licopene può ridurre l’attività estrogenica (Cui et al. 2008). Numerosi studi epidemiologici e su modello animale suggeriscono che il licopene riduca i livelli di alcuni marker di infiammazione , tuttaviagli studi di intervento sono insufficienti per confermare il legame diretto tra assunzione di licopene /pomodoro e prevenzione dell’infiammazione. . I meccanismi proposti sono numerosi: oltre all’attività antiossidante, l’inibizione della sintesi e del rilascio di citochine pro-infiammatorie, cambiamenti nell’espressione delle ciclossigenasi e delle lipossigenasi, la modulazione della sintesi degli eicosanoidi e la modulazione delle vie di trasduzione del segnale (Palozza et al, 2010). Sono quindi necessari ulteriori studi e, specialmente, studi di intervento dietetici ben disegnati. E’ importante sottolineare che molti degli studi in vivo presenti in letteratura sull’attività del licopene, sono stati in effetti eseguiti con pomodoro o suoi derivati, e in questo caso non si può escludere un ruolo degli altri composti bioattivi presenti (altri carotenoidi, flavonoidi, vitamina C, ecc.). D’altra parte sono sempre più numerose le evidenze a sostegno del ruolo prevalente degli alimenti interi, rispetto ai singoli componenti, nel ridurre il rischio di numerose patologie. Per quanto riguarda la tossicità del licopene, utilizzato frequentemente come colorante, il panel dell’EFSA sugli additivi alimentari, aromatizzanti, coadiuvanti tecnologici e materiali a contatto con gli alimenti (AFC) nel 2008 ha stabilito una dose giornaliera accettabile (ADI, Acceptable Daily Intake) pari a 0,5 mg/kg peso corporeo/die da tutte le fonti, precisando che 1 2 3 4 5 6 7 per la maggior parte dei consumatori l’assunzione giornaliera di licopene rientra in questi valori. Tuttavia il panel fa presente che bambini in età scolare o pre-scolare che siano forti consumatori di alimenti che contengono licopene come colorante (es. bevande analcoliche) potrebbero superare questi livelli (http://www.efsa. europa.eu/en/press/news/ans080414.htm). 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 La luteina è una xantofilla di formula C40H56O2, spesso presente in forma di estere (mono o diestere), che non possiede attività pro-vitaminica A. 27 28 La cottura dei cibi può aumentarne la biodisponibilità grazie alla dissociazione dei complessi proteici in cui è incorporata. 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 Essendo, come il licopene, una molecola lipofila, il suo metabolismo è legato a quello dei grassi che, con la loro presenza nel duodeno, stimolano la produzione di sali biliari e di conseguenza la formazione di micelle, indispensabili per l’assorbimento. Il trasporto nei tessuti avviene ad opera delle lipoproteine plasmatiche (HDL, LDL). La luteina si accumula in molti organi (fegato, mammella, colon, cervice uterina) ed in particolare nell’occhio, a livello di retina, iride e cristallino. In particolare la luteina si concentra nella macula, una piccola area della retina responsabile della visione centrale e dell’acutezza visiva. Luteina Fonti alimentari e metabolismo La luteina è presente prevalentemente negli ortaggi a foglia verde con una concentrazione variabile dai 2 ai 20 mg per 100 g di prodotto (soprattutto spinaci, ma anche cavoli, zucchine, piselli, broccoli). Piccole quantità di luteina si ritrovano anche in alcuni frutti e nel tuorlo delle uova. I livelli di assunzione medi di luteina della popolazione occidentale si attestano intorno ai 2.0 mg/die (circa 1.7 mg per gli USA e 2.2 mg/die per la popolazione europea). Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-2006 (Leclercq et al,2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di luteina e zeaxatina utilizzando i dati di composizione della banca dati USDA (USDA, Release 24) integrati con dati di alimenti italiani (Calucci et al, 2003; Panfili et al, 2004; Granado et al, 1992; Hidalgo et al, 2010; Tonucci et al, 1995; Miglio et al, 2008; Pellegrini et al, 2010; Dias et al, 2009; Tlili et al, 2009; Ferracane et al, 2008; Muller et al, 1997; Daly et al 2010), quando disponibili. I valori mediani di assunzione di luteina e zeaxantina stimati nella popolazione adulta italiana sono 2207 g/die nelle donne (media: 3728 g/die) e 2270 g/die negli uomini (media: 3792 g/die) e la principale fonte è rappresentata dal gruppo “Verdura e ortaggi”. Attività biologiche La luteina esplica la sua funzione filtrando la luce blu ad alta energia dello spettro della luce visibile; inoltre svolge i) un’azione antiossidante a livello dei fotorecettori che sono particolarmente soggetti al danno ossidativo; ii) un’azione antinfiammatoria; iii) un’azione immunomodulante; iv) un’azione antitumorale. Diversi studi hanno correlato l’assunzione di luteina ad un miglioramento generale della salute dell’occhio, alla riduzione del rischio di degenerazione maculare senile e alla salute della pelle. Studi osservazionali hanno associato il consumo di almeno 6.0 mg/die ad una riduzione della degenerazione della macula (AMD) (Seddon, 1994) e dell’insorgenza di cataratta senile (Chassan Taber, 1999). Inoltre dati epidemiologici hanno messo in evidenza 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 una correlazione tra bassi livelli di assunzione di luteina con la dieta e un maggior rischio di insorgenza della AMD. D’altra parte gli studi di intervento condotti fornendo supplementi contenenti 10-20 mg/die di luteina hanno dato risultati non univoci su diverse patologie oculari (Trumbo & Ellwood, 2006). In particolare si è costantemente osservato un aumento della densità del pigmento maculare ma non è chiaramente riconosciuto che questo parametro sia sufficiente per determinare un effettiva riduzione del rischio di insorgenza di patologie dell’occhio. Proprio per questo motivo al momento attuale non ci sono evidenze sufficienti per stabilire una correlazione fra assunzione di luteina ed il minor rischio di incorrere nella AMD o nella cataratta. 13 14 15 16 I polifenoli sono un gruppo di sostanze chimiche di derivazione vegetale, ubiquitariamente diffusi e fondamentali nella fisiologia delle piante. Essi contribuiscono alla resistenza nei confronti di microrganismi, luce e insetti, alla pigmentazione fondamentale per la riproduzione e anche alle caratteristiche organolettiche dei prodotti vegetali. 17 18 19 20 21 22 23 I polifenoli si caratterizzano per possedere almeno un anello aromatico con legato uno o più gruppi ossidrilici. Nel regno vegetale sono state identificate oltre 8000 diverse strutture di polifenoli. Esse comprendono composti semplici, dal basso peso molecolare, con un solo anello aromatico, fino a complessi polimerici dal peso molecolare molto elevato. Possono essere classificati in due gruppi: flavonoidi e non flavonoidi (acidi fenolici, stilbeni, lignani) in funzione del numero degli anelli fenolici e degli elementi strutturali che legano tali anelli; in genere si trovano in forma coniugata con zuccheri o acidi organici. 24 25 26 27 A differenza delle vitamine, i polifenoli non sono necessari né per l’accrescimento e lo sviluppo, né per il mantenimento delle funzioni dell’organismo durante la vita. Tuttavia, esiste evidenza epidemiologica sul fatto che alimenti ricchi di polifenoli siano in grado di ridurre il rischio di alcune malattie croniche. 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 Nonostante alcune tra le proprietà nutraceutiche dei polifenoli siano degne di attenzione e promettenti, risulta molto complicato attribuire il merito ad una piuttosto che all’altra categoria di molecole. Salvo rare eccezioni, la presenza concomitante di tutti questi composti negli alimenti di origine vegetale ha reso impossibile una corretta interpretazione dei dati provenienti da studi di popolazione. In ogni caso, una dieta ricca e variata in frutta e verdura può da sola apportare quantità non trascurabili di polifenoli. Il tè, verde e nero, il cacao e il vino rosso contengono elevatissime quantità di questi composti. Tuttavia, visto il concomitante contenuto di alcool nel vino e di grassi nel cacao, queste ultime due fonti non possono essere promosse. Non a caso la legislazione prevede che nessuna bevanda alcolica possa riportare indicazioni nutrizionali o di salute (Regolamento CE n. 1924/2006). Ugualmente non sembra prevedibile questa possibilità per la cioccolata in quanto ricca di grassi e di zucchero. Il tè ed il caffé, con la dovuta attenzione alla caffeina, possono essere inclusi nel regime alimentare come potenziale fonte rispettivamente di flavan-3-oli a ridotto (verde) o elevato (nero) peso molecolare e di acidi idrossicinnamici. 42 43 44 45 46 Infine, l’effetto di queste sostanze sull’organismo è influenzato dalla loro biodisponibilità, ossia la loro capacità di essere efficacemente assorbiti dall’organismo. Studi recenti sull’assorbimento dei polifenoli nell’uomo, ed in particolare sui livelli raggiunti nel plasma dopo assunzione di alimenti che ne sono ricchi (vino, caffè, tè, cacao), dimostrano che la loro biodisponibilità varia a seconda della classe di molecole. In aggiunta, la letteratura scientifica POLIFENOLI 1 2 3 più recente dimostra che questi composti risultano altamente metabolizzati da parte dell’organismo, subendo reazioni che possono alterare drammaticamente le proprietà della molecola originariamente contenuta nell’alimento. 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Infatti, una volta ingeriti, i composti polifenolici subiscono drastiche modifiche strutturali in due tratti successivi dell’apparato gastrointestinale. Nell’intestino tenue e, dopo un parziale assorbimento, nel fegato, queste molecole vanno invariabilmente incontro ad una serie di reazioni che vengono generalmente denominate “coniugazioni” ad opera di enzimi abitualmente associati alla detossificazione. In pratica, si tratta di reazioni di trasformazione simili a quelle cui vanno incontro i farmaci: i composti fenolici vengono metilati, associati ad acido glucuronico e a gruppi solfato, divenendo più idrofili e, di conseguenza più facilmente eliminabili per via urinaria. Questo tipo di “detossificazione”, tuttavia, alterando la struttura dei composti originali, ne può alterare la bioattività ed esistono numerosi lavori in letteratura che dimostrano come a tali modifiche strutturali possano corrispondere, a seconda dei casi, un aumento o una riduzione delle specifiche attività biologiche all’interno dell’organismo. 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Il secondo livello di modifiche strutturali a carico dei composti fenolici avviene nell’intestino crasso, dove la residente flora microbica esercita profonde trasformazioni chimiche nei confronti della frazione di composti non assorbita (che costituisce sempre almeno il 90% della quantità ingerita). Tali ulteriori modifiche sono chimicamente più drastiche e vanno dalla semplice “riduzione” alla frammentazione delle strutture flavonoidiche in molecole più piccole (in particolare acidi fenolici). A complicare ulteriormente il modello, i prodotti della degradazione microbica possono poi essere assorbiti e trasportati al fegato, dove, invariabilmente, subiscono reazioni di coniugazione del tutto simili a quelle descritte nel paragrafo precedente. 24 25 26 27 28 29 30 In conclusione, uno dei principali motivi per cui non si possono fornire indicazioni precise sull’effetto dei composti polifenolici sulla salute dell’uomo è legato proprio alla complicata serie di reazioni cataboliche a cui sono esposti dopo il consumo. Per individuare un possibile meccanismo d’azione, fondamentale per chiarire qualunque effetto biologico, si dovrà aspettare che la scienza individui le principali forme “circolanti” dei polifenoli introdotti con la dieta e che ne descriva le attività rilevanti sulla fisiologia umana. Il processo è già cominciato, ma non ci è dato sapere quando si concluderà. 31 Le principali famiglie di polifenoli considerate sono flavonoidi, flavonoli, antocianine ed 32 isoflavoni 33 Flavonoidi 34 35 36 Dal punto di vista strutturale, i flavonoidi presentano due anelli aromatici, A e B, collegati da una catena a 3 atomi di carbonio, formando un anello ossigenato eterociclico, anello C. Sono presenti in elevate concentrazioni nell’epidermide foliare, nella buccia e nella polpa dei frutti. 37 38 39 Questa classe di molecole ha suscitato l’interesse del mondo scientifico dopo che il loro apporto con la dieta è stato messo in relazione con una significativa riduzione di rischio di alcune malattie cronico degenerative. 40 41 Le principali classi di flavonoidi sono i flavonoli, i flavan-3-oli (catechine e proantocianidine), gli isoflavoni, i flavanoni e le antocianidine . 1 Flavan- 3- oli 2 3 4 5 6 7 I flavan-3-oli o “catechine” sono la classe di polifenoli più complessa, che va dal semplice monomero di catechina e il suo epimero epicatechina, fino a strutture di grandi dimensioni (proantocianidine oligomeriche o polimeriche). Possono inoltre trovarsi in forma esterificata con acido gallico, come nel caso di epicatechina gallato ed epigallocatechina gallato. Le proantocianidine, note anche come tannini condensati, sono ampiamente diffuse nel regno vegetale. 8 Fonti alimentari 9 10 11 12 13 Le catechine si ritrovano in molti tipi di frutta, nell’uva rossa (e di conseguenza nel vino rosso) e specialmente nel tè verde e nel cacao. Le proantocianidine sono abbondanti negli alimenti vegetali in genere, ma, come per i flavan-3-oli, ne sono ricchi l’uva (e di conseguenza il vino), dove inducono il sapore amaro, la sensazione di astringenza ed esercitano una significativa influenza sull’alterazione del colore, e il cacao. 14 Attività biologiche 15 16 17 18 19 20 21 22 Le attività attribuite ai flavan-3-oli nei confronti della salute sono svariate e molto spesso poco sostanziate da evidenze indiscutibili. Tra le molte attività biologiche riportate, le più degne di nota sono l’effetto sulla funzione endoteliale (ossia la capacità di mantenere le arterie più dinamiche nei confronti delle modificazioni di pressione) e sulla prevenzione del carcinoma prostatico. Tuttavia, allo stato attuale, nessuna delle azioni benefiche di questa classe di molecole è stata dimostrata con un sufficiente livello di certezza. Inoltre, il vino, così come in tutte le bevande alcoliche, sono classificate cancerogene dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC), indipendentemente dalla presenza di sostanze bioattive. 23 Flavonoli 24 25 26 I flavonoli costituiscono la sottoclasse di polifenoli più diffusa in assoluto. I principali rappresentanti di questa sottoclasse sono quercetina, kaempferolo, miricetina e isoramnetina e si ritrovano in maniera quasi ubiquitaria nel regno vegetale sotto forma di glicosidi. 27 Fonti alimentari 28 29 30 31 Gli alimenti che ne contengono in maggior quantità sono cipolla, cavolo riccio, porri, broccoli, mirtilli, uva rossa e tè. I flavonoli sono presenti negli alimenti in forma glicosilata. La molecola di zucchero che legano è generalmente glucosio o ramnosio, ma anche altri zuccheri possono essere presenti (galattosio, arabinosio, xylosio e acido glucuronico). 32 33 Queste molecole sono presenti soprattutto nei tessuti più esterni (buccia e foglie) dal momento che la loro biosintesi è stimolata dalla luce. 34 Attività biologiche 35 36 Un consumo elevato di composti appartenenti a questa subclasse nel contesto di una dieta equilibrata è stato associato ad un ridotto rischio di malattie cardiovascolari. 37 38 Antocianine 39 40 Le antocianine sono la versione coniugata con vari tipi di zuccheri delle antocianidine, flavonoidi responsabili della colorazione rossa, blu e porpora di molte strutture vegetali 1 2 3 4 (foglie, petali, bacche e radici). Le principali molecole appartenenti a questa sottoclasse sono pelargonidina, cianidina, delfinidina, peonidina, petunidina e malvidina. La funzione di questa sottoclasse di flavonoidi è principalmente legata alla protezione delle piante dalla luce e all’attrazione degli insetti per l’impollinazione. 5 Fonti alimentari 6 7 Le principali fonti alimentari di anticianine e antocianidine sono i frutti di bosco, l’uva rossa (e di conseguenza il vino rosso), le rape rosse, le arance rosse. 8 Attività biologiche 9 10 11 Alle antocianine e antocianidine sono state attribuite numerose proprietà positive per la salute del consumatore. Tuttavia, nessuna delle suddette è mai stata confermata da evidenze scientifiche definitive. 12 Isoflavoni 13 14 15 16 Gli isoflavoni sono la sottoclasse dei flavonoidi più caratteristica. La loro struttura differisce chimicamente per il legame in posizione 3 anziché 2 dell'anello B sull'anello C. I principali composti appartenenti a questa sottoclasse sono Daizdeina e Genisteina e, a differenza di molti altri flavonoidi, sono praticamente incolori. 17 Fonti alimentari 18 19 Le principali fonti alimentari di isoflavoni sono i legumi, tra cui principalmente la soia, la frutta secca, qualche verdura (funghi) e qualche cereale integrale (orzo). 20 Attività biologiche 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 I benefici attribuibili al consumo di isoflavoni sono legati al loro effetto sulla densità ossea, specificamente nelle donne in menopausa. La caratteristica di queste molecole è, infatti, quella di mimare l’effetto degli ormoni estrogeni. Altre evidenze riguardano l’attenuazione dei sintomi della menopausa. Tuttavia, nessuna di queste ultime caratteristiche è stata dimostrata in maniera definitiva. Per quanto riguarda la relazione con i tumori i risultati sono contrastanti. Le proprietà di questi interferenti endocrini fanno si che abbiano anche effetti negativi sulla salute. In particolare, il consumo abituale di alimenti a base di soia, ricchi di isoflavoni ed in particolare di genisteina (ad esempio nei soggetti allergici al latte o nelle famiglie vegetariane) è stato correlato all’aumentato rischio di cancro mammario e ad effetti negativi sullo sviluppo nei neonati alimentati con formule lattee a base di soia. 31 32 Flavanoni 33 34 35 36 37 I flavanoni sono una sottoclasse di flavonoidi estremamente reattiva e si trovano quasi sempre in forma metilata, idrossilata o glicosilata. I principali rappresentanti di questa sottoclasse sono l’esperidina (esperetina rutinoside), insapore, la neoesperidina (esperetina neoesperidoside) e la narnigina (naringenina neoesperidoside) che sono organoletticamente caratterizzate da un forte sapore amaro. 38 Fonti alimentari 39 40 La principale fonte alimentare dei flavanoni sono gli agrumi, in particolare arancio e pompelmo. 1 Attività biologiche 2 3 Ad oggi, non esistono evidenze scientifiche relative all’effetto positivo di questa sottoclasse di polifenoli sulla salute. 4 Apporti con la dieta 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-2006 (Leclercq et al,2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di flavonoidi monomerici (antocianine, isoflavoni, lignani, flavoni, flavonoli, flavan-3-oli, diidrocalconi, flavononi) utilizzando i dati di composizione della banca dati phenolexplorer (Neveu et al, 2010) integrati con dati di alimenti italiani (Raffo et al, 2002; De Pascale et al, 2007; Miglio et al, 2008; Ferracane et al, 2008; Pellegrini et al, 2010), quando disponibili. I valori mediani di assunzione di flavonoidi monomerici stimati nella popolazione adulta italiana sono 87 mg/die nelle donne (media: 112 mg/die) e 99 mg/die negli uomini (media: 122 mg/die) e le principali fonti sono rappresentate da “Acqua e bevande analcoliche” (caffè e succhi di frutta), “Bevande alcoliche” e “Verdura e Ortaggi”. 14 15 16 17 18 19 20 21 Dai dati della stessa indagine (Leclercq et al, 2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di flavonoidi polimerici (procianidine a grado di polimerizzazione >1) utilizzando i dati di composizione della banca dati phenolexplorer (Neveu et al, 2010) integrati con quelli della banca dati USDA (USDA, 2004). I valori mediani di assunzione di flavonoidi polimerici (procianidine) stimati nella popolazione adulta italiana sono 97 mg/die nelle donne (media: 121 mg/die) e 92 mg/die negli uomini (media: 116 mg/die) e le principali fonti sono rappresentate dal gruppo “Frutta”, “Prodotti dolciari e sostituti” e “Bevande alcoliche”. 22 23 Non flavonoidi 24 Acidi fenolici 25 26 27 Gli acidi fenolici, derivati degli acidi idrossicinnamico e benzoico, metaboliti secondari delle piante, fanno parte dei fitochimici a struttura fenolica associati con l’effetto benefico della frutta e dei vegetali verso le patologie cronico-degenerative. 28 Fonti alimentari 29 30 31 32 33 34 Gli acidi idrossicinnamici (principalmente acido caffeico ed acido ferulico) sono i composti fenolici più abbondanti nella dieta, essendo presenti in tutto il mondo vegetale. Gli acidi fenolici si trovano negli alimenti prevalentemente in forma esterificata con acidi organici, zuccheri e lipidi. In letteratura (dati INRA http://www.phenol-explorer.eu/) sono riportati circa 120 derivati degli acidi fenolici tra forme libere e legate (glicosilate, glucuronidate, solfatate e metossilate). 35 36 37 38 39 La stima dell’apporto alimentare di acidi fenolici e del loro effetto biologico è complicata (come per altri fitocomposti) dalla non completezza sia dei dati sulla composizione degli alimenti che sull’assorbimento e biodisponibilità dei vari composti. Vino, caffé e té sono le maggiori fonti alimentari di acidi fenolici. Ad esempio, un bevitore di caffé può ingerire fino a 800 mg al giorno di acidi idrossicinnamici. 40 41 42 Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI 2005-2006 (Leclercq et al, 2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di acidi fenolici (come somma degli acidi idrossibenzoici e idrossicinnamici) utilizzando i dati di composizione della banca dati phenolexplorer (Neveu et 1 2 3 4 5 6 al, 2010) integrati con dati di alimenti italiani (Raffo et al, 2002; De Pascale et al, 2007; Miglio et al, 2008; Ferracane et al, 2008; Pellegrini et al, 2010), quando disponibili. I valori mediani di assunzione di acidi fenolici stimati nella popolazione adulta italiana sono 332 mg/die nelle donne (media: 377 mg/die) e 373 mg/die negli uomini (media: 426 mg/die) e le principali fonti sono rappresentate dal gruppo “Acqua e bevande analcoliche” (caffè e succhi di frutta), “Frutta” e “Verdura e Ortaggi”. 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Attività biologiche Come detto, l’interesse verso tali composti dipende dal potenziale ruolo protettivo che si ottiene attraverso l’ingestione di frutta e vegetali. Inizialmente l’effetto protettivo è stato imputato alle proprietà antiossidanti di tali molecole, in grado di diminuire i livelli di radicali liberi nell’organismo. Attualmente, si sta consolidando l’ipotesi scientifica che siano i metaboliti degli acidi fenolici (come nel caso di altri composti bioattivi) ad avere sia la capacità di modulare processi cellulari (apoptosi, proliferazione, espressione genica) e che attività enzimatica. 16 17 Stilbeni (resveratrolo) 18 19 20 Il resveratrolo (3,5,4′-triidrossistilbene), è sintetizzato sulla buccia delle uve come risposta ad infezioni fungine e, una volta presente, agisce come fitoalesina, prevenendo la proliferazione dei patogeni. 21 Fonti alimentari 22 23 24 25 Numerose uve particolarmente utilizzate per vinificare vino rosso contengono alte concentrazioni di resveratrolo. La buccia ed i semi di queste uve ne possono contenere da 50 a 100 µg/g. L’uva ed il vino rosso sono quindi considerate le principali fonti di resveratrolo, insieme con bacche e frutti di bosco. 26 Attività biologiche 27 28 29 30 31 32 33 34 Il resveratrolo possiede numerose proprietà biochimiche e fisiologiche (attività estrogenica, antiaggregante, antiinfiammatoria, cardioprotettiva, anticarcinogenica), tuttavia la sua biodisponibilità è piuttosto bassa e le concentrazioni necessarie ad esercitare un effetto rilevabile sono decisamente superiori a quelle osservate in vivo. L’attività biologica dei suoi metaboliti ed il suo accumulo negli organi è in corso di studio. L’eventuale azione anticarcinogenica si potrebbe comunque espletare solo se la fonte di resveratrolo fosse la frutta e non il vino, poiché qualsiasi bevanda alcolica, vino rosso incluso, è considerata carcinogena (IARC, 2010). 35 36 Lignani 37 38 39 40 I lignani sono una classe di metaboliti secondari delle piante caratterizzati da una struttura costituita da dimeri di fenilpropanoidi. Sono presenti in natura principalmente in forma libera, mentre i glicosidi costituiscono solo una percentuale trascurabile di questa classe di polifenoli. 41 Fonti alimentari 1 2 3 4 I lignani sono distribuiti in maniera ubiquitaria nel mondo vegetale (radici, rizomi, foglie, semi e frutti). Le fonti alimentari preferenziali sono i cereali (frumento, orzo e avena in particolare), i legumi (fagioli, lenticchie e soia) e alcuni vegetali come l’aglio, gli asparagi, i broccoli e le carote. 5 Attività biologiche 6 7 8 9 10 Gli effetti biologici associati al consumo di lignani sono probabilmente legati alla loro attività estrogenica. Il consumo di lignani è stato messo in relazione ad un ridotto rischio di malattia cardiovascolare negli anziani e nelle donne in menopausa. Tuttavia, anche in questo caso, l’evidenza non è conclusiva e i potenziali effetti negativi caratteristici degli interferenti endocrini non possono essere esclusi. 11 12 13 14 GLUCOSINOLATI 15 16 17 18 19 20 I glucosinolati (GLS) sono un ampio gruppo di sostanze idrosolubili presenti nelle piante e da queste utilizzati come protezione verso i patogeni. Dal punto di vista chimico sono tioglucosidi N-idrossisolfati con una catena R e uno zolfo legato a un anello -Dglucopiranosico. In funzione della catena R, i GLS si dividono in alifatici, aromatici e indolici. Complessivamente ne sono stati identificati circa 120, anche se un numero limitato è presente nelle piante commestibili. 21 Fonti alimentari e metabolismo 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 I glucosinolati sono presenti in tutte le parti delle piante, anche se in diversa quantità, della famiglia delle Brassicaceae tra cui cavoli, broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, rape, rapanelli, rucola, rafano, crescione e mostarda. I glucosinolati sono molecole stabili, presenti nel citoplasma delle cellule vegetali, e privi di attività biologica per l’uomo. Sono però facilmente idrolizzati a composti odorosi e dal sapore pungente, alcuni con attività biologica, per azione di un enzima, la mirosinasi. Questo enzima è presente nella cellula vegetale, ma confinato in organelli, ed è rilasciato in seguito a rottura della cellula. Il contatto tra i GLS e la mirosinasi determina la formazione di prodotti d’idrolisi, tra cui isotiocianati, tiocianati, indoli e nitrili, e può avvenire durante i processi di preparazione e cottura a cui sottoponiamo questi vegetali o anche direttamente durante il consumo (ad esempio durante la masticazione). La struttura chimica dei prodotti d’idrolisi che si formano dipende dalla catena laterale del GLS, dall’attività della mirosinasi e dalle condizioni in cui avviene la reazione, ad esempio un pH neutro (tra 6 e 7) favorisce la formazione di isotiocianati (composti a cui si attribuisce la maggior attività biologica), mentre pH acidi e basici favoriscono la formazione di nitrili (Verkerk et al, 2009). Anche i processi di cottura hanno una complessa influenza sul contenuto di GLS e dei prodotti d’idrolisi nell’alimento poiché possono 1) inattivare l’enzima mirosinasi, anche se questo è piuttosto resistente al calore ma meno alle microonde, 2) determinare una parziale perdita di glucosinolati e prodotti di idrolisi per solubilità nel mezzo di cottura e per degradazione termica, 3) determinare una parziale perdita dei cofattori enzimatici (acido ascorbico e Fe) utili per l’attività della mirosinasi e 4) aumentare l’estraibilità chimica dei GLS (Verkerk et al, 2009). La migliore modalità di cottura per preservare il contenuto di GLS e dei loro prodotti d’idrolisi negli alimenti è quella effettuata con poca acqua e per tempi brevi (es. cottura al 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 vapore o nel microonde). Infatti, la bollitura determina perdite consistenti per solubilità dei GLS nell’acqua che dipendono dal tipo di verdura, dal tempo di cottura, dal rapporto acqua/alimento e dal tipo di GLS. La cottura a microonde porta in generale a piccole perdite che però aumentano in presenza di acqua e che dipendono molto dalla potenza utilizzata durante la cottura. La cottura a vapore determina perdite ridotte di glucosinolati, in qualche caso anche un aumento per maggiore estraibilità dall’alimento. Nel caso dei prodotti surgelati, qualunque modalità di cottura determina consistenti perdite di GLS (Pellegrini et al, 2010). Dopo l’ingestione di alimenti contenenti la mirosinasi in forma attiva, i GLS sono velocemente convertiti nel tratto digerente nei loro prodotti d’idrolisi e assorbiti. In seguito a consumo di alimenti cotti, nei quali la mirosinasi è stata parzialmente o totalmente inattivata, i GLS raggiungono il colon in forma intatta. Questa frazione è convertita in prodotti d’idrolisi dalla mirosinasi di origine batterica, anche se questo enzima ha una minore efficienza di conversione rispetto a quello presente nei vegetali. Nell’organismo la maggior parte dei prodotti d’idrolisi dei GLS viene velocemente metabolizzata tramite una serie di reazioni enzimatiche: questi composti sono inizialmente coniugati con il glutatione, con una reazione catalizzata dalla glutatione transferasi, e successivamente idrolizzati fino alla formazione di composti di escrezione urinaria detti acidi mercapturici (Herr & Büchler, 2010). Gli studi finora effettuati suggeriscono che la biodisponibilità dei prodotti d’idrolisi dei GLS è maggiore negli alimenti dove la mirosinasi non è inattivata, come quelli crudi e cotti con trattamenti blandi, rispetto a quelli contenenti l’enzima inattivato (Rungapamestry et al, 2007). Tuttavia, l’assorbimento di questi composti è influenzato da diversi fattori, tra cui principalmente la tipologia di verdura e la relativa modalità di consumo, ma anche la composizione del pasto, l'età e il genere dei soggetti possono contribuire. Nell'uomo le concentrazioni ematiche di questi composti sono molto basse, a causa della velocità con cui sono metabolizzati, e i metodi analitici disponibili non consentono di determinare tutti i prodotti di escrezione urinaria. Infine, gli enzimi coinvolti nella metabolizzazione di questi composti sono soggetti a diversi polimorfismi. Tutte queste variabili non permettono attualmente di fornire un dato di biodisponibilità e rendono quindi difficile la valutazione del loro potenziale effetto protettivo nell’uomo. A questo si aggiunge il fatto che gli alimenti contengono miscele complesse di GLS insieme ad altri fotocomposti, che probabilmente contribuiscono all’effetto protettivo suggerito per questi alimenti. Dai dati dell’indagine INRAN-SCAI2005-2006 (Leclercq et al, 2009) è stato possibile effettuare una stima dell’apporto di glucosinolati utilizzando dati di composizione disponibili in letteratura (Kim et al, 2006; Ciska et al, 2000; McNaughton and Marks, 2003; Fenwick et al, 1983; Barbieri et al, 2008; Miglio et al, 2008; Pellegrini et al, 2010; Song and Thornalley, 2007; Cieslik et al, 2007; Volden et al, 2009; Slominski and Campbell, 1989; Charron et al, 2005; Kushad et al, 1999; Wennberg et al, 2006; Verkerk and Dekker, 2004; Volden et al, 2008). I valori mediani di assunzione di glucosinolati stimati nella popolazione adulta italiana sono 0 mg/die nelle donne (media: 9 mg/die) e 0 mg/die negli uomini (media: 10 mg/die). Attività biologiche Modulazione degli enzimi detossificanti Numerosi studi in vitro e in modelli animali dimostrano che i prodotti d’idrolisi dei glucosinolati (principalmente isotiocianati e indoli) sono in grado di modulare gli enzimi, soprattutto quelli di fase II, deputati alla detossificazione di composti cancerogeni, rendendoli meno attivi e aumentandone l’escrezione (Steinkellner et al, 2001). Questa aumentata attività di detossificazione riguarderebbe soprattutto le nitrosammine, gli idrocarburi policiclici aromatici, le ammine eterocicliche e, nel caso degli indoli, anche gli estrogeni, e potrebbe in parte giustificare le evidenze epidemiologiche che suggeriscono che il consumo di alimenti 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 contenenti GLS può ridurre il rischio di insorgenza di alcune forme tumorali, tra cui soprattutto quelle del colon, del polmone, della prostata e del seno. Quest’attività biologica, pur essendo emersa anche in alcuni studi d’intervento nell’uomo dopo consumo di Brassicaceae, necessita ancora di conferma. Attività antiossidante In diversi studi in vitro e in vivo su animali è stato dimostrato che i prodotti d’idrolisi dei glucosinolati possono proteggere il DNA dal danno ossidativo (Jude et al, 2007). Preliminari evidenze emerse in alcuni recenti studi nell’uomo, effettuati somministrando in cronico alcuni tipi di Brassicaceae, sembrano supportare questa attività. Inoltre, anche se i prodotti d’idrolisi dei GLS non sono degli antiossidanti, studi in modelli cellulari hanno dimostrato che lo possono essere indirettamente poichè stimolano l’attività di enzimi coinvolti nelle difese antiossidanti cellulari o aumentando il contenuto cellulare di composti implicati nel mantenimento dello stato red-ox della cellula, tra cui il glutatione (Jude et al, 2007). Apoptosi In diversi studi condotti in modelli cellulari è emersa la capacità di indurre l’apoptosi cellulare attraverso diversi meccanismi da parte di prodotti d’idrolisi dei GLS tra cui principalmente il sulforafane il cui precursore, la glucorafanina, è presente principalmente nei broccoli (Jude et al, 2007). Attualmente non ci sono però studi nell’uomo a supporto di questa attività. Attività antiproliferativa e differenziazione cellulare Ci sono evidenze, ottenute soprattutto in vitro su cellule di colon, prostata, seno ecc, che suggeriscono che i prodotti d’idrolisi dei GLS agiscono come anticancerogeni arrestando il ciclo cellulare a differenti stadi della sua progressione. Quest’attività potrebbe essere svolta, secondo una recente scoperta, attraverso la capacità di questi composti di inibire le istone deacetilasi (Myzak et al, 2007), enzimi la cui aumentata attività è stata messa in relazione con l’insorgenza di cancro. Attività antiinfiammatoria Preliminari studi in modelli cellulari e animali sembrano suggerire un effetto antiinfiammatorio soprattutto del sulforafane attraverso la regolazione di geni implicati nei processi infiammatori (Jude et al, 2007). Attività antibatterica Alcuni studi epidemiologici caso-controllo hanno mostrato un effetto protettivo del consumo di Brassicaceae sul rischio di cancro dello stomaco. Questo effetto potrebbe essere in parte legato all’azione antibatterica di queste verdure e dei prodotti d’idrolisi dei GLS, tra cui soprattutto il sulforafane, nei confronti dell’Helicobacter pylori, un noto fattore di rischio del cancro gastrico. E’ quanto emerso recentemente in studi sperimentali e clinici (Herr & Büchler, 2010). BIBLIOGRAFIA 40 41 42 1. Carratù B, Sanzini E. Sostanze biologicamente attive presenti negli alimenti di origine vegetale. Ann Ist Super Sanità 2005;41(1):7-16. 43 44 2. Cederroth CR, Nef S. Soy, phytoestrogens and metabolism: A review. 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