SOMMARIO
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Decadimenti radioattivi
1. Decadimento α
2. Decadimento β
3. Decadimento γ
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Reazioni nucleari
1. Fissione
2. Fusione
Perché alcuni nuclei sono stabili e altri
decadono radioattivamente ?
• La risposta sta nel principio di conservazione dell’energia.
• Un nucleo decadrà se esiste un insieme di particelle con
massa totale più bassa che può essere raggiunto da uno
qualunque dei tipi di decadimento possibili o
semplicemente per fissione, un processo in cui un nucleo
massiccio si divide in frammenti più leggeri
• La massa di un nucleo è determinata dalla somma delle
energie di tutti i suoi costituenti. Le energie dei costituenti
dipendono dalle loro masse, dal movimento e dalle loro
interazioni.
La legge del decadimento
radioattivo
Qualsiasi d.r. segue una legge che prevede una
diminuzione esponenziale nel tempo del numero di nuclei
non ancora decaduti, N (t), secondo la relazione
N (t) = N0 e-lt
dove N (t = 0) è il numero di nuclei iniziali e l è la
costante di decadimento caratteristica di ogni elemento
(indipendentemente dalla temperatura e dai legami
chimici), e che rappresenta la probabilità di decadimento di
un nucleo nell'unità di tempo; il suo inverso, t, viene detto
vita media del nucleo. Il tempo occorrente perché metà dei
radionuclei decada, perché cioè si abbia N(t) = N (t=0)/2 è
detto tempo di dimezzamento o periodo di
semitrasformazione.
Tempo di dimezzamento
E’ l’intervallo di tempo durante il quale il numero dei nuclei di
una sostanza radioattiva si riduce alla metà, quindi dimezza anche
la sua attività radioattiva. Il tempo di dimezzamento, T1/2 , è
legato alla costante l della legge di decadimento dalla relazione:
T1/2 = In2 / l
= 0,693 /l
DECADIMENTO α
Decadimento alfa
Forma di radioattività che consiste nell’emissione di una particella alfa da parte di
un nucleo instabile. Questa, costituita da due protoni e due neutroni, è
sostanzialmente un nucleo di elio. Il decadimento trasforma un nucleo padre, di
numero atomico Z e numero di massa A, in due frammenti, di cui uno, detto
nucleo figlio, con numero atomico Z-2 e numero di massa A-4, e l’altro, la
particella alfa, con numero atomico 2 e numero di massa 4. Ad esempio, il radio
226 decade producendo un nucleo di radon 222 e una particella alfa, secondo la
reazione:
226Ra → 222Rn + α
Il tempo di dimezzamento di questa reazione è di circa 1600 anni (dopo 1600 anni,
un campione di radio risulta decaduto per metà); l’energia liberata, di 4,8 MeV.
DECADIMENTO α
Gli emettitori alfa
Il decadimento alfa interessa numerosi nuclidi tra quelli più pesanti del piombo (Z >
82). Solo per nuclei così pesanti, infatti, la scissione è conveniente dal punto di vista
energetico. Più precisamente, la condizione necessaria perché il decadimento si
verifichi è che la somma delle masse dei prodotti sia minore della massa del nucleo
padre; la differenza tra le masse viene convertita in energia e liberata nel corso del
decadimento sotto forma di energia cinetica dei prodotti.
DECADIMENTO α
La teoria quantistica del decadimento alfa
Il decadimento alfa si può considerare un tipico esempio di effetto tunnel
quantistico. La teoria che ne spiega il meccanismo fu formulata nel 1928 da George
Gamow e discende dall’ipotesi che la particella alfa esista preformata nel nucleo
padre ancora prima del decadimento.Secondo la teoria, la particella, all’interno del
nucleo, si trova in quella che viene definita una buca di potenziale, una sorta di
trappola energetica delimitata da una parete altissima che si innalza in
corrispondenza della superficie del nucleo. Questa parete, definita “barriera di
potenziale”, corrisponde fisicamente all’attrazione esercitata sulla particella dagli
altri costituenti del nucleo, attrazione che impedisce la fuoriuscita dal nucleo. Al di là
della barriera agisce la forza di repulsione coulombiana, che di per sé tenderebbe a
favorire l’allontanamento della particella alfa dal nucleo; ma bisogna prima superare
la barriera. L’unico meccanismo capace di spiegare il superamento della barriera di
potenziale da parte della particella alfa è, appunto, l’effetto tunnel. Se analizzato dal
punto di vista classico, il decadimento alfa non trova invece alcuna spiegazione:
secondo le leggi della meccanica newtoniana, infatti, se una particella non ha energia
sufficiente, non è possibile che vinca le forze di attrazione nucleare esercitate su di
essa dagli altri nucleoni.
DECADIMENTO α
Particelle alfa
Una particella alfa è costituita da due protoni e due neutroni, esattamente come un
nucleo di elio. Viene emessa in un processo radioattivo, detto decadimento alfa, da
nuclei atomici instabili relativamente pesanti. In seguito al decadimento, questi
ultimi cambiano natura chimica riducendo il proprio numero atomico di due unità.
DECADIMENTO β
Decadimento beta
Forma di radioattività che comporta la trasformazione di un nucleo padre instabile in
un nucleo figlio di numero atomico maggiore o minore di un’unità, attraverso
l’emissione di un elettrone (o di un positrone) e di un antineutrino (o di un neutrino).
Esistono infatti due forme di decadimento beta, chiamate rispettivamente beta meno e
beta più. Entrambi i processi sono regolati dall’interazione debole, una delle quattro
forze fondamentali della natura. La teoria del decadimento beta si deve a Enrico
Fermi e risale al 1934.
DECADIMENTO β
DECADIMENTO BETA MENO
Il decadimento beta meno consiste di fatto nella trasformazione di un neutrone in un
protone, secondo la reazione:
n → p + e- + ν’
Quindi, poiché l’antineutrino (l’antiparticella del neutrino) è privo di carica elettrica,
un nucleo di numero di massa A e numero atomico Z si trasforma in un nucleo figlio
che ha lo stesso numero di massa A e numero atomico Z + 1. Un tipico esempio di
decadimento beta meno è quello che trasforma il carbonio 14 in azoto 14:
14C → 14N + e- + ν’
Questa forma di radioattività spiega il fatto che non si trovino nell’universo neutroni
liberi, ossia slegati da altri nucleoni: qualunque neutrone, infatti, se emesso nel corso
di qualche processo nucleare, decade spontaneamente dopo circa 12 minuti.
DECADIMENTO β
DECADIMENTO BETA PIU’
Il decadimento beta più consiste nella trasformazione di un protone di un nucleo
instabile in un neutrone, con emissione di un positrone e di un neutrino elettronico:
p → n + e+ + ν
Poiché anche il neutrino, come l’antineutrino, è elettricamente neutro, attraverso
questo tipo di decadimento un nucleo di numero di massa A e numero atomico Z si
trasforma in un nucleo figlio che ha lo stesso numero di massa A, e numero atomico Z
– 1. Un esempio di decadimento beta più è quello che trasforma il carbonio 11 in boro
11:
11C → 11B + e+ + ν
Il decadimento beta più interessa solo protoni legati all’interno di nuclei, e non
protoni liberi; come si è detto, infatti, il protone, a differenza del neutrone, è una
particella stabile: è sostanzialmente il nucleo dell’idrogeno, l’elemento più
abbondante nell’universo.
DECADIMENTO β
GLI EMETTITORI BETA E L’EQUILIBRIO TRA I NUCLEONI
Il decadimento beta può essere visto come un sistema messo in atto da alcuni
nuclei instabili per trovare il giusto equilibrio tra numero di neutroni e numero di
protoni, quello che garantisce la stabilità. Per i nuclei leggeri (con A minore di 50)
tale equilibrio è dato da un ugual numero di protoni e di neutroni; per i nuclei più
pesanti, la stabilità è garantita invece da un piccolo eccesso di neutroni rispetto ai
protoni. Spesso, i nuclei figli prodotti da altre forme di decadimento radioattivo,
quali l’alfa e la fissione spontanea, vanno incontro a uno o più decadimenti beta
successivi appunto per assumere la configurazione più stabile in termini di numero
di nucleoni.
Mentre per il decadimento alfa l’energia cinetica dei prodotti è ben definita, per il
decadimento beta varia entro uno spettro continuo relativamente ampio. In altre
parole, il nucleo figlio, l’elettrone e il neutrino si allontanano dal nucleo padre con
energia cinetica variabile a seconda dei casi. Esistono infatti infiniti modi in cui
l’energia liberata dal processo può essere ripartita tra tre particelle.
DECADIMENTO β
CATTURA ELETTRONICA
Esiste un terzo tipo di decadimento radioattivo che segue le stesse leggi dei due
decadimenti beta descritti: la cattura elettronica. Si tratta di un processo nucleare
che vede il nucleo instabile catturare uno degli elettroni che occupano i livelli
energetici più interni dell’atomo; ne deriva un decadimento rappresentabile
mediante la relazione:
p + e- → n + ν
La cattura elettronica, quindi, trasforma un nucleo di numero di massa A e
numero atomico Z in un nucleo figlio dello stesso numero di massa A e numero
atomico pari a Z – 1. In seguito al decadimento, l’atomo emette raggi X; il livello
energetico lasciato vuoto dall’elettrone catturato, infatti, viene subito occupato da
un elettrone di livello energetico superiore; nella transizione, viene emessa
radiazione elettromagnetica di energia pari alla differenza tra i due livelli
energetici coinvolti, vale a dire, radiazione X. In alternativa, gli stessi raggi X
emessi dall’atomo possono liberare un altro elettrone dei livelli energetici
superiori. L’elettrone emesso con questo meccanismo prende il nome di elettrone
di Auger.
DECADIMENTO β
Il decadimento beta può avvenire in due forme distinte. A sinistra è rappresentato
il decadimento beta meno: un neutrone si trasforma in un protone, un elettrone
(particella beta meno) e un antineutrino. Nel decadimento beta più (a destra), un
protone decade in un neutrone, un positrone (particella beta più) e un neutrino.
Dunque, un nucleo che decade beta acquista o perde un protone, trasformandosi in
un elemento adiacente della tavola periodica
DECADIMENTO γ
Decadimento gamma
Forma di radioattività che consiste nell’emissione di radiazione elettromagnetica
ad alta energia da parte di un nucleo instabile. Si tratta di una transizione tra uno
stato energetico eccitato del nucleo e uno stato di energia minore o addirittura lo
stato fondamentale. A differenza delle altre forme di radioattività, quindi, quali il
decadimento alfa, il decadimento beta e la fissione spontanea, non altera né il
numero atomico Z, né il numero di massa A del nucleo interessato, ma solo il suo
stato energetico interno.
DECADIMENTO γ
La maggior parte dei nuclei prodotti dalle altre forme di decadimento radioattivo
sono anche emettitori gamma: questi nuclei, infatti, vengono lasciati dal primo
decadimento in uno stato energetico eccitato, che si trasforma in tempi rapidissimi
in uno stato energetico più stabile attraverso una o più emissioni di raggi gamma; i
tempi di dimezzamento in questo caso sono dell’ordine dei 10-15 o 10-13 s. In
alternativa, il decadimento gamma può interessare nuclei caratterizzati da stati
isomerici diversi, vale a dire che possono esistere in stati energetici alternativi; in
questo secondo caso, i tempi dell’emissione possono essere più lunghi, vale a dire
variabili tra 10-8 e 10-9 s.
Le emissioni gamma, che hanno energie comprese tra 10 keV (chiloelettronvolt) e
100 MeV, rivelano una struttura nucleare analoga a quella atomica, organizzata
cioè in livelli energetici; il loro studio è di fondamentale importanza per la
conoscenza del nucleo atomico e dei suoi costituenti.
DECADIMENTO γ
Il decadimento gamma è una forma di radioattività che comporta l'emissione di
radiazione elettromagnetica ad alta energia da parte di un nucleo instabile. Le
frequenze tipiche dei raggi gamma sono in gran parte condivise dai raggi X, ma
mentre questi ultimi hanno origine nella regione elettronica dell'atomo, i raggi
gamma emergono dalle profondità del nucleo.
REAZIONI NUCLEARI
Fusione e fissione
La fissione e la fusione sono i due processi nucleari da cui si può ricavare energia.
La prima consiste nella scissione di un nucleo pesante in due nuclei leggeri, la
seconda nella combinazione di due nuclei leggeri in un nucleo più pesante. In
entrambi i casi, si sprigiona un'energia pari alla differenza tra l’energia di legame
dei nuclei prodotti e quella dei reagenti. La fusione è difficile da ottenere in
laboratorio a causa della repulsione elettrica che allontana i due nuclei interagenti,
ma a differenza della fissione non presenta il problema delle scorie radioattive.
FISSIONE
Fissione nucleare
Reazione nucleare che consiste nella scissione di un nucleo atomico pesante in due
nuclei più leggeri, con produzione di neutroni liberi ed energia. La reazione può
essere spontanea (e in tal caso viene classificata come una forma di radioattività) o
indotta dall’urto con protoni o neutroni.
La scoperta della fissione nucleare risale al 1939 e si deve a Otto Hahn e Fritz
Strassman. In quel periodo, i due scienziati stavano conducendo esperimenti
sull’uranio 238, bombardandolo con neutroni nel tentativo di sintetizzare elementi
transuranici. Tra i prodotti di reazione, Hahn e Strassman inaspettatamente
isolarono un gruppo di elementi con numero di massa A intorno a 140 (bario e
lantanio) e un altro gruppo con A intorno a 90 (stronzio, xeno, cripto): la cattura di
neutroni da parte dell’uranio 238 aveva portato alla formazione di nuclei pesanti
instabili, subito decaduti in frammenti più leggeri attraverso la reazione di
fissione.
FISSIONE
Caratteristiche generali
I nuclei che vanno incontro a fissione, spontanea o indotta, sono gli isotopi degli
elementi più pesanti della tavola periodica, come l’uranio, il torio e il plutonio. I
due frammenti di fissione possono avere masse variabili entro uno spettro
relativamente ampio: in genere è favorita la formazione di un nucleo più leggero,
di numero di massa A pari a circa 90, e di uno più pesante, con A vicino a 140.
Insieme ai due frammenti vengono emessi da 2 a 4 neutroni liberi, rilasciati
immediatamente (neutroni pronti) o dopo un intervallo di tempo dell’ordine dei
secondi (neutroni ritardati). L’emissione di neutroni liberi si deve al fatto che i
nuclei fissili, molto pesanti, sono caratterizzati da un numero medio di neutroni
proporzionalmente maggiore di quello dei nuclei più leggeri: quando un nucleo si
rompe in due frammenti, quindi, i neutroni in eccesso, che non trovano posto nella
composizione dei nuclei leggeri, vengono liberati. Una tipica reazione di fissione
indotta è:
235U + n → 93Rb + 141Cs + 2n,
dove un neutrone induce la fissione dell’uranio 235, che si spezza in due
frammenti – il rubidio 93 e il cesio 141 – e due neutroni liberi. La reazione di
fissione è sempre accompagnata dal rilascio di una notevole quantità di energia,
pari alla differenza tra le masse dei reagenti e le masse dei prodotti.
FISSIONE
Bilancio energetico e barriera di potenziale
Dal punto di vista energetico, le reazioni di fissione sono
estremamente vantaggiose: trasformano infatti un sistema
relativamente poco legato, quale è il nucleo fissile, in due frammenti
più saldamente legati, e quindi più stabili.
Nonostante risulti così vantaggiosa dal punto di vista energetico, la
fissione non è tanto frequente quanto ci si potrebbe aspettare: nella
maggior parte dei casi non avviene spontaneamente e, se avviene, ha
tempi di dimezzamento estremamente lunghi. Tutto ciò dipende dal
fatto che la fissione, come il decadimento alfa, è ostacolata dalla
presenza di una barriera di potenziale: se si ipotizza che i due
frammenti di fissione siano già preformati nel nucleo padre prima
dell’emissione, risulta che la forza attrattiva con cui sono legati è
molto più alta dell’energia a disposizione per vincerla. Secondo la
teoria della fissione, due sono i modi per contrastare questa forza
attrattiva: penetrare la barriera attraverso il meccanismo quantistico
dell’effetto tunnel, o superarla grazie all’apporto di una quantità
opportuna di energia dall’esterno. Il primo è il meccanismo che
consente la fissione spontanea; il secondo, quello che sta alla base
della fissione indotta.
FISSIONE
Energia nucleare da fissione
L’enorme quantità di energia emessa nelle reazioni di fissione viene sfruttata per la
produzione di energia elettrica. Nei reattori nucleari vengono indotte, sostenute e
controllate reazioni di fissione in cui il materiale fissile può essere, a seconda dei
casi, uranio 235 o plutonio 239. La produzione di neutroni liberi favorisce il
sostentamento della reazione: tali particelle, infatti, fungono da proiettili per indurre
le reazioni successive e alimentare il processo a catena.
FUSIONE
Fusione nucleare
Processo nucleare che si ottiene quando, vincendo le forze
di repulsione elettrica fra cariche dello stesso segno, due
nuclei di elementi leggeri (ad esempio, gli isotopi
dell’idrogeno deuterio e trizio) vengono fatti avvicinare
sufficientemente da formare il nucleo di un elemento più
pesante.
Sono gli elementi leggeri ad essere coinvolti nel processo
di Fusione, dal quale si otterranno nuclei pesanti.
Il processo è analogo a quello che avviene nel Sole e nelle
stelle e potrebbe essere prodotto artificialmente anche
sulla Terra.
Oltre alla formazione di nuovi elementi, la fusione
nucleare comporta la formazione di una grandissima
quantità di energia. Basti pensare che, se si unissero due
protoni e due neutroni tanto da formare una particella alfa,
si libererebbero 26 MeV (1 eV = 1,60219 x 10-12 erg).
FUSIONE
Anche sulla Terra si è cercato di riprodurre artificialmente il processo di fusione,
anche se è molto complicato a causa delle elevate temperature che si dovrebbero
raggiungere e mantenere poi le stesse.
Bisognerebbe, infatti, produrre un plasma, cioè una miscela neutra di elettroni e
ioni, e mantenerlo ad un'alta temperatura di circa 10 eV, cioè 1,16 x 1080 °K.
Inoltre il plasma dovrebbe essere confinato da un campo magnetico con una data
pressione, ma ciò vale solo per un determinato tempo, perché poi il plasma
fuoriesce dalla regione nella quale è confinato. Bisognerebbe, pertanto,
somministrare dell’altro calore.
Possono avvenire i seguenti tipi di fusione utilizzando gli isotopi dell'idrogeno, il
Prozio (P), il Deuterio (D) e il Trizio (T):
FUSIONE
Caratteristiche
La reazione riesce a realizzarsi perché, a distanze estremamente ravvicinate,
diventa importante l’intensità della forza di attrazione nucleare (forza forte), che
provoca la fusione dei nuclei: conseguentemente, si ottiene un rilascio di energia,
corrispondente alla differenza fra i valori delle masse prima e dopo la reazione.
Tale energia solitamente è dell’ordine di alcuni MeV (milioni di elettronvolt). Se il
bilancio energetico fra l’energia ottenuta nella reazione e quella spesa per
avvicinare i nuclei è positivo, la fusione diventa un metodo estremamente
conveniente, non pericoloso e non inquinante per produrre energia elettrica. La
fusione dei nuclei di idrogeno all’interno della materia stellare, ad esempio, è il
processo che produce l’energia irradiata dalle stelle e dal Sole. Una reazione tipica
di fusione è quella in cui un nucleo di deuterio e uno di trizio si fondono per
formare un nucleo di elio, rilasciando 17,6 MeV di energia.
FUSIONE
La fusione in laboratorio
La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio degli anni Trenta,
mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad
alta energia accelerati da un ciclotrone; tuttavia il bilancio energetico della
reazione fu negativo, poiché doveva venire impiegata molta energia per accelerare
i nuclei. Un considerevole rilascio netto di energia per fusione fu ottenuto per la
prima volta negli anni Cinquanta, nell'ambito delle sperimentazioni sulle armi
nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In
questo caso il bilancio energetico fu positivo, ma il rilascio fu breve e
incontrollato, e pertanto non utilizzabile per la produzione di energia elettrica.
Il principale ostacolo alla realizzazione in laboratorio della fusione nucleare è
l’avvicinamento dei nuclei fino a distanze subatomiche. Attualmente, si
distinguono due modi per ottenere tale meccanismo, un metodo dinamico e un
metodo statico.
FUSIONE
Fusione fredda
Questo metodo sfrutta la proprietà di determinati metalli (in particolare palladio e
titanio) di accettare negli interstizi della loro struttura molecolare i nuclei di
deuterio e trizio, favorendone così la fusione. Il metodo viene appunto classificato
come “freddo” in quanto non ricorre all’impiego di grosse quantità di energia,
come quelle richieste nel riscaldamento ad altissime temperature degli elementi
reagenti o nell’accelerazione dei fasci di particelle.
Pur se situati nella struttura molecolare del metallo, la distanza fra i nuclei degli
isotopi dell’idrogeno non è sufficiente a scatenare la fusione: non è dunque chiaro
quale sia il meccanismo chimico-fisico microscopico che ingenera il processo.
Esistono alcune ipotesi: che si tratti di particolari condizioni di non equilibrio che
si creano durante il caricamento del metallo, o della complessa struttura di
interazioni sub-nucleari che si stabiliscono all’interno del reticolo metallico così
modificato.
FUSIONE
Fusione fredda
Nel 1989, i chimici Martin Fleishmann e Stanley Pons, dell’Università dello Utah,
annunciarono, contemporaneamente al fisico statunitense S.E.Jones, di avere
ottenuto il rilascio di una considerevole quantità di calore durante l’elettrolisi del
palladio caricato con deuterio. Numerosi laboratori hanno successivamente tentato
di ripetere l’esperimento, ottenendo per la maggior parte insuccessi. Quasi tutti i
gruppi sperimentali che si sono cimentati con la fusione fredda hanno dovuto
ripetere l’esperimento in diverse celle elettrolitiche, più volte, prima di ottenere la
produzione di calore: è evidente che agli scienziati sfugge qualche informazione a
riguardo della vera natura del fenomeno. La mancanza di riproducibilità
dell’esperimento è stato e rimane dunque il fattore che maggiormente motiva lo
scetticismo della comunità scientifica nei riguardi della correttezza dei risultati
riportati da Fleishmann e Pons.
BIBLIOGRAFIA
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www.geocities.com
www.internetscuola.net
www.mimir.it
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www.ips.it
www.educational.rai.it
www.bdp.it
www.quipo.it
www.linguaggioglobale.com
www.las.inpe.br
www.htmlweb.net
www.astrocosmo.cl
www.isiline.it
www.netscuola.it
www.freeweb.org
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