Ricordando i “bambini
nascosti” della Shoah
Approfondimento della classe
III D di Anticoli Corrado
RICORDANDO I “BAMBINI NASCOSTI” DELLA SHOAH.
Si indica con Shoah il progetto messo in atto dal regime nazionalsocialista
tedesco di sterminare nella sua totalità il popolo ebraico.
Più di cinque milioni di Ebrei europei vennero assassinati dai nazisti perché
considerati una massa pericolosa, ammorbata da tare ‘genetiche’.
Gli Ebrei furono tutti arrestati con l’accusa di alto tradimento per essere
stati nemici del popolo tedesco e per aver mandato in rovina l’economia della
Germania. In realtà, dopo la sconfitta subita nella prima guerra mondiale, la
Germania era in gravissime difficoltà e Hitler aveva bisogno di un capro
espiatorio sul quale scaricare le responsabilità. La persecuzione degli Ebrei
era iniziata fin dai giorni successivi alla presa del potere da parte di Hitler,
poi aveva subito un’accelerazione dopo la promulgazione delle Leggi di
Norimberga che prevedevano numerose restrizioni di carattere sociale e
civile.
Dopo la “notte dei cristalli” (9-10 novembre 1938) le restrizioni si ampliarono
e successivamente cominciarono le deportazioni, ma i sentimenti degli Ebrei
erano ancora di speranza perché essi continuavano a pensare che Hitler
sarebbe durato poco.
Molte famiglie nascosero i propri figli sotto falsa identità nella speranza di
salvarli: li portarono in conventi cattolici, li affidarono a famiglie “ariane”
disposte ad aiutarli, li fecero espatriare in Paesi alleati o neutrali.
Ricordando i bambini nascosti
Questa settimana abbiamo sospeso tutti i
programmi che stavamo svolgendo per occuparci
esclusivamente del tema della Shoah.
La professoressa di Lettere ci ha proposto di
partecipare al concorso “i giovani ricordano la
Shoah” indetto dal Ministero della Pubblica
Istruzione e noi abbiamo subito deciso di aderire
perché l’argomento ci aveva molto coinvolto già lo
scorso anno quando avevamo commemorato le
vittime dell’Olocausto il 27 gennaio.
In quell’occasione la prof ci aveva introdotto
l’argomento raccontandoci ciò che era successo e
poi ci aveva fatto vedere il film “Jona che visse
nella balena”.
La visione del film ci ha “presi” molto, tanto che
successivamente abbiamo letto dei libri sull’argomento, in particolare “Un bambino nei lager”, di
Jona Objerschi.
Le nostre fonti
Joseph Joffo, “Un sacchetto di biglie”
Maurice e Joseph Joffo sono due fratelli che vivono in Francia in una famiglia
numerosa; il padre, ebreo di origini russe, è fermamente convinto che la
Francia sia un paese nel quale trionferanno sempre le parole Libertà,
Uguaglianza, Fratellanza.
Ma inevitabilmente la guerra giunge nel loro paese e Maurice e Joseph sono
costretti a scappare, a nascondersi in diversi luoghi, a negare la loro identità,
ad arrangiarsi per guadagnarsi il pane e mettere da parte qualche spicciolo.
Trascorreranno gli anni dell’occupazione tedesca tra il timore di essere
scoperti, l’ansia per la sorte dei familiari lontani, la speranza della libertà
vicina, la convinzione di poterne uscire vivi.
Fred Hulman, “L’amico ritrovato”
Due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L’uno è figlio di
un medico ebreo, l’altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un’amicizia del cuore, un’intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è
spezzato. Questo accadde in Germania nel 1933...
Racconto di straordinaria finezza e suggestione, “l’amico ritrovato” è apparso
nel 1971 negli USA e in altri Paesi. Ovunque lo stesso entusiasmo della critica.
Tra i romanzi più belli che si possano raccomandare ai lettori dai 12 in su.
Luigi Fleishmann, “Un ragazzo nelle retrovie”
Luigi, quindicenne nato nel 1928 internato con la famiglia in Abruzzo,
nascosto sotto falsa identità. Dopo l’8-9-1943 l’arrivo in paese dei Tedeschi
comporta in Luigi una brusca comprensione del pericolo che sta correndo e
del significato di essere ebrei.
Lui prova un senso di impotenza e ha paura di essere tradito da quanti hanno
scoperto la sua vera identità.
Renzo Modiano, “Di razza ebraica”
A sette anni scopre i pericoli che corrono gli Ebrei. Nascosto presso
conoscenti, trascorre con il fratello un autunno relativamente sereno turbato
dalla mancanza di notizie dei genitori. In seguito è costretto a cambiare
continuamente nascondiglio, perde compagni di gioco ed è costretto a
rimanere sempre in casa. Percepisce un forte senso di ingiustizia per non
poter vivere insieme alla madre e al padre e prova una forte gelosia nei
confronti del fratello perché era nascosto con i genitori.
Donatella Levi, “Vuole sapere il nome vero, o il nome falso?”
L’autrice si immedesima in sé stessa bambina per suggerire meglio il senso di
straniamento e di incapacità dell’infanzia della piena comprensione razionale dei
fatti visti o raccontati, che non sempre appaiono credibili. Nel libro si percepisce
l’angoscia di dover nascondersi in una nuova casa sconosciuta e con grandi spazi
vuoti. Lei ha paura di rimanere sola e lontana dai suoi genitori, che l’avevano
battezzata alla nascita e le facevano frequentare la chiesa. Lei evita di fare
domande, ma la sua origine ebraica si scontra inevitabilmente con le tesi cattoliche.
Donatella non comprende la necessità della sua falsa identità, si trova con un nome
nuovo, ha paura di sbagliarlo o di dimenticarlo, si convince che ci sono nomi pericolosi
(quelli veri) e che per uscire di casa è assolutamente necessario avere un nome
adatto.
Emanuele Pacifici, “Non ti voltare”
Scrive le sue memorie sia per onorare le vittime della Shoah sia perchè i
giovani facciano tesoro delle vicende narrate e se ne tramandino il
ricordo.
Egli viene nascosto in un convento e sopravvive alla guerra. E’ nascosto
sotto falsa identità, ma la sua fede lo aiuta sia a mantenere segreta la
sua origine ebraica, sia a non lasciarsi attrarre dal cattolicesimo per
riconoscenza o desiderio di appartenenza.
Edith Velmans, “Il libro di Edith”
Edith, una ragazzina olandese di tredici anni,
cominciò a scrivere il suo diario nel 1938.
Come tutte le adolescenti della buona
borghesia ebrea conduce una vita spensierata
e felice, fatta di amici, gite in barca e in
bicicletta, delle prime infatuazioni e di
qualche preoccupazione per gli esami
scolastici. Ma la Storia entra nella storia di
Edith, dapprima in sordina, poi di prepotenza.
Edith si preoccupa quando i trasporti pubblici,
la spiaggia e persino la scuola vengono preclusi
agli Ebrei, ma nell’estate del 1942 appare
chiaro che sono tutti in pericolo.
Una mattina Edith stacca con cura la stella
gialla dai vestiti e lascia la sua casa per
andare a vivere presso una famiglia cristiana
in una cittadina dell’Olanda del sud.
Porta con sé dei documenti falsi con la sua
nuova identità: Nettie Shierboom, di
professione domestica. Iniziano mesi di paura
e di silenzio, interrotto solo dalle lettere dei
genitori che le infondono forza e speranza.
“La fuga degli angeli”, vincitore dell’Oscar come migliore documentario del 2000
Poco prima della Seconda Guerra Mondiale una straordinaria operazione di
salvataggio soccorse le vittime più giovani del terrore nazista. Diecimila bambini
ebrei, insieme ad altri, furono trasportati dai paesi occupati dalla Germania in rifugi
e case d’accoglienza in Gran Bretagna. Alcuni strinsero nuovi legami familiari. Altri
dovettero soffrire il Blitz. Altri ancora trovarono modi incredibili per salvare i
propri genitori dalla tirannia di Hitler. E tutti hanno storie indimenticabili. Mark
Jonatahn “Long Way Home”, insieme alla produttrice Deborah Oppenheimer (la cui
madre fu una dei 10.000 bambini) sono gli ideatori di questo eccezionale
documentario vincitore dell’Oscar 2000, ricco di immagini d’archivio e testimonianza
avvincente dell’esperienza dei bambini sopravvissuti, dei loro salvatori e dei genitori
dell’eroico Kindertrasport.
Narrato da Judi Dench(nella versione originale).
Il diario di Anne Frank
Durante l’occupazione nazista dell’Olanda, mentre la guerra divampava in tutto il suo
furore, due famiglie ebree, i Frank e i Van Daan, si rifugiano in un nascondiglio nella
vana speranza di sfuggire alla Gestapo. Braccati dalle SS, murati vivi in pochi metri
quadrati. In questo clima nascono i singolari appunti di Anna, una bambina di tredici
anni che giorno per giorno, dal 12 giugno 1942 al 1 agosto 1944, trascrive in un
grosso diario la sua scoperta del mondo: angosce, sogni e speranze rivelate a
un’immaginaria amica di nome Kitty. “Non ho affatto intenzione di far leggere ad
altri questo quaderno rilegato di cartone,” scrisse Anna all’inizio del diario: non
poteva certo immaginare, allora, che quelle pagine non solo sarebbero scampate al
saccheggio della Feld-Polizei, ma avrebbero costituito un documento impressionante
e vivo, una pura voce di poesia nella tremenda realtà di un odio implacabile.
Un’infanzia buia
Durante i terribili anni del regime nazista, milioni di persone, tra cui Ebrei, Zingari ed omosessuali, sono stati
sterminati perchè considerati di razza inferiore. L’artefice di tutto ciò non poteva essere altri che Hitler, l’uomo
più spregevole che abbia mai incontrato nei miei studi.
Migliaia di bambini sono stati costretti a fuggire e a nascondersi, o per lo meno hanno tentato di farlo, spesso
separandosi da genitori e parenti. Da un giorno all’altro hanno avuto la necessità di crescere, di diventare
improvvisamente adulti. È la fine dell’infanzia, di un’ epoca serena, con l’amore dei genitori e il divertimento che
lasciano il posto alla realtà più crudele e violenta, che secondo me i bambini non potevano neanche ben comprendere
in tutta la sua gravità.
Ho letto molti libri riguardanti questo tema, e spesso i protagonisti scrivono che da piccoli non sapevano neanche
cosa significasse la parola “Ebreo”, un termine così semplice che non poteva spiegare in alcun modo la tragedia a cui
sono andate incontro tantissime persone.
Non è possibile considerare una persona diversa, discriminarla e allontanarla perché ebrea. E il peggio è che anche i
bambini, gli unici su questo terra che non hanno nessuna colpa e che hanno la coscienza a posto, sono stati coinvolti.
Con i kindertransport molti di loro sono stati costretti ad abbandonare la propria famiglia, a vivere lontano da essa e
a dimenticarla, soffrendo di nostalgia e per la mancanza d’affetto. All’inizio solo con qualche lettera potevano
esprimere il loro amore per i genitori e i fratelli, poi neanche più quello! Bambini di pochissimi anni che hanno saputo
affrontare da soli la vita, scoprendone solo i lati più oscuri e terribili.
L’angoscia e la paura erano gli unici sentimenti che la maggior parte delle persone provava, ma attraverso delle foto
si può vedere nei volti dei bambini un’incredibile e inaspettata luce di speranza.
Gli Ebrei dovevano portare una stella gialla, e i bambini che andavano a scuola con questa cucita sul bavero del
cappotto, venivano allontanati e chiamati “bastardi ebrei”.
Un misto di incredulità e d’incomprensione per questi atti accomunava tutti. Perchè sterminarci? Perchè veniamo
considerati diversi? Domande a cui nessuno diede una risposta, e molte volte furono le ultime parole che un uomo
pronunciò nella sua vita prima di essere ucciso. Le poche persone che sopravvissero a questa strage o che riuscirono
a fuggire ebbero difficoltà a rifarsi una nuova vita, e tante volte ebbero un invincibile timore del futuro che li
attendeva.
Tante volte penso che i nazisti e tutte le persone che hanno contribuito a questo annientamento, dovessero essere
veramente dei malati per arrivare a questo livello di crudeltà.
‘I bambini sono la gioia di tutti perché portano serenità, e per questo sono sempre al centro dell’attenzione… Ma non
è stato sempre così, perché durante il periodo della dominazione di Adolf Hitler i bambini si nascondevano con il
terrore di essere maltrattati e uccisi, e la cosa peggiore era che spessissimo vivevano queste paure da soli, perché i
loro genitori erano già stati deportati’.
Molti dei bambini nascosti erano piccoli e ripensando a cosa era accaduto nelle città prima che i loro genitori
venissero catturati (distruzione dei loro negozi, divieto di entrare in luoghi pubblici, scritte ingiuriose sui muri) si
facevano mille domande, si chiedevano cosa ci fosse di strano ad essere ebrei, si sentivano diversi dai loro coetanei
che li maltrattavano, insultavano, li allontanavano, li disprezzavano… Pensate a bambini che si facevano queste
domande e che hanno vissuto questo periodo senza i genitori, chiedendosi in ogni istante se fossero vivi: questa era
la loro peggiore angoscia.
Oggi sui diari scriviamo cosa abbiamo fatto durante la giornata, descriviamo gli amici nuovi che abbiamo, il ragazzo
carino che abbiamo incontrato… I bambini nascosti nei loro diari manifestavano le loro paure, i loro pensieri, il loro
stato d’animo, la loro vita che fino a qualche giorno prima era normalissima e ad un tratto è cambiata
completamente, si sono ritrovati in una realtà che non avrebbero potuto mai immaginare… Erano molto confusi, non
sapevano dove fossero i loro genitori, se fossero vivi o meno, se un giorno avrebbero potuto rivederli.
Se le SS avessero scoperto che erano nascosti, cosa gli avrebbero fatto?
Pensavano ai loro amici ebrei che erano stati catturati: li avrebbero incontrati di nuovo? Sarebbe mai finito
quell’incubo?
Un’altra domanda che si ponevano spesso era: ”Se mi dovessi salvare, con chi starò, se i miei genitori non ci saranno
più?
Alcuni erano oppressi dai sensi di colpa perché loro erano vivi mentre la loro famiglia era stata sterminata.
A questi bambini è stata negata una fase della loro vita, la più bella, quella nella quale non ti fai domande perché stai
semplicemente bene, sei spensierato e pensi solo a divertirti e a portare tanta gioia, tanta allegria, tanta
confusione, tanto amore, tanta dolcezza… L’infanzia… Quella che milioni di persone vorrebbero rivivere.
Molti bambini che si sono nascosti si sono salvati, sono cresciuti… Moltissimi di loro sono stati accolti da famiglie a
loro sconosciute che gli hanno dato tanto amore e tanto affetto… Ma nessuno potrà mai cancellare dalla loro
memoria quel periodo doloroso della loro vita. E anche se è stato per loro il più brutto, hanno conservato un
bellissimo ricordo dei loro veri genitori.
La loro testimonianza mi ha fatto capire che se nella vita si è forti, si può sopravvivere a tutto e a tutto e che la
vita va avanti nonostante tutto.
Bambini nella Shoah
Documentandomi con le memorie di queste persone e vedendo filmati, ho capito cosa significasse essere un bambino
ebreo in quel periodo: non poter uscire da casa, essere cacciato da scuola, discriminato e picchiato da coetanei che fino
a qualche tempo prima erano tuoi amici, passare compleanni aspettando che qualche amico partecipasse alla tua festa,
per poi rimanere molto deluso perché nessuno arrivava. Queste sono cose che rimarranno sempre impresse nella mente
delle persone, perché il dolore che hanno provato in quei momenti non potranno mai cancellarlo. Questi bambini furono
privati della loro infanzia e dell’affetto dei propri parenti, e tutto ciò venne sostituito con un periodo di paura, dolore e
angoscia.
Molte persone decisero di nascondere i loro figli, mandandoli in altri Paesi, come l’Inghilterra, dove avrebbero potuto
crearsi una nuova vita e una nuova famiglia.
Il governo inglese aveva deciso di accogliere i bambini per motivi umanitari ma anche perchè essi non avrebbero creato
problemi al mercato del lavoro.
I bambini potevano portare con sé una sola valigia, non potevano portare oggetti di valore e molti dovettero cambiare
identità. Venivano trasportati o con aerei o con i treni e tutti loro facevano la promessa di trovare in Inghilterra un
posto per i loro parenti in modo da farli scappare da quell’ inferno che era diventata la Germania sotto il governo di
Hitler. Tutti i genitori promettevano ai loro figli che un giorno li avrebbero raggiunti, ma molto spesso tutto questo
rimase solo un desiderio. Una volta arrivati, se non avevano già dei contatti con una famiglia che li avrebbe ospitati,
venivano mandati in ostelli dove vivevano in molti e dove il sabato arrivavano le famiglie che volevano adottare qualche
bambino.
Quando venivano adottati, potevano diventare parte della famiglia o potevano semplicemente diventare domestici, o
giardinieri di chi li aveva accolti.
Alcuni bambini però non ebbero scampo dalle grinfie del nazismo, e furono uccisi.
Altri bambini non poterono espatriare e si nascosero insieme al resto della famiglia nelle soffitte sperando che i nazisti
non li trovassero, ma la maggior parte delle volte questo non accadeva.
Nei periodi passati nei loro nascondigli a volte scrivevano dei diari in cui parlavano delle condizioni in cui vivevano: il più
famoso è quello di Anne Frank che, scrivendo il suo diario, ha fatto conoscere la verità a noi che non c’ eravamo in quel
periodo.
Molte altre persone, bambini ai tempi del nazismo, ricordano la loro infanzia scrivendo dei libri in cui raccontano le loro
memorie: tra questi anche un’Ebrea olandese scampata all’Olocausto, Edith Velmans.
Tutti questi bambini non credevano che “l’ inferno nazista” potesse durare molto, ma purtroppo si sbagliarono perché i
nazisti ebbero tutto il tempo per sterminare 6 milioni di persone da loro ritenute “diverse”, “indegne di vivere”, di
appartenere ad un popolo.
Io ritengo che questo sia stato il periodo più buio della storia mondiale perché caratterizzato dall’ uccisione di 6 milioni
di persone morte ingiustamente, che avevano il diritto di vivere tanto quanto ne avevano le persone definite di razza
“ariana”.
Ma c’ è una cosa che ancora non riesco a capire, come una razza si possa ritenere superiore ad un’ altra.
Riflessioni
Come si può godere e divertirsi vedendo uccidere persone, vedendo morire di dolore donne, anziani e bambini...? Se
allora avessero solamente provato a ragionare con la loro testa e non con quella dei capi più potenti, tutti gli
aderenti al Partito nazista avrebbero capito che il crimine che stavano compiendo senza nessuna ragione valida, non
era un bene per la comunità, non portava a cambiamenti positivi nella nazione. E anche se avessero avuto un buon
motivo per nutrire quell’odio profondo verso gli Ebrei, non credo che la soluzione migliore per manifestarlo sia
stata quella di sterminare senza pietà un popolo indifeso. I momenti di angoscia e di timore, la paura di morire, sono
sensazioni che tutti hanno provato in quel periodo buio. I bambini non esistevano più, neanche le donne, gli uomini e
gli anziani; esistevano solo i colpevoli (gli Ebrei in generale), che dovevano morire.
Ho due cuginetti, di due e cinque anni, e provo ad immaginarli in quel periodo, e penso con incredulità alle guardie
tedesche che non ebbero pietà di bambini piccoli che, mentre piangevano e urlavano, venivano condotti in camere a
gas.
Come si possono uccidere bambini innocenti, come si può riuscire ad assistere alla luce della vita che abbandona i
loro occhi senza replicare su questa terribile ingiustizia?
Oggi, in tutto il mondo, sappiamo cosa è stato l’Olocausto, ogni essere umano sa cosa è successo in quel periodo, ma
esistono ancora molte persone che sostengono i crimini imperdonabili di Hitler, che dicono che abbia fatto bene,
pur conoscendo la verità. Chiedo solo una cosa a tutti coloro che sanno: non dimenticate cos’è successo, non
modificate la passata realtà, parlate ai giovani di tutto il dolore e l’odio che nazisti e fascisti hanno seminato in
tutta Europa, facendo comprendere loro che è stata, e che lo sarà se si dovesse improbabilmente riverificare, una
cosa ingiusta; battetevi sempre per la libertà e la giustizia, diritti che ogni uomo sulla faccia della terra deve
avere, opponetevi a ciò che per voi non è veramente giusto, ovvero accettate anche ciò che non condividete se
ritenete che questo sia un bene per la comunità. Questa è, secondo me, l’unica via per un mondo migliore,
percorriamola insieme e tutto sarà più semplice.
P:S:
Abbiamo ricevuto solo da qualche giorno l’invito a partecipare al concorso, ma
quando l’ho proposto ai miei alunni della classe III D di Anticoli Corrado, essi,
pur sapendo che il limitato tempo a disposizione ci avrebbe costretti a
lavorare con ritmi intensi, hanno accettato con entusiasmo.
Abbiamo unito i banchi al centro della classe e vi abbiamo raccolto tutto il
materiale che avevamo a disposizione.
I ragazzi hanno cominciato a ricercare, leggere, sottolineare, commentare,
discutere; hanno proposto la tipologia testuale, organizzato i materiali e i
gruppi di lavoro, si sono riuniti a casa e hanno prodotto insieme ciò che avete
appena visto.
E’ stata per tutti un’esperienza coinvolgente, perché ognuno ha lavorato
mettendo a disposizione le proprie competenze, ma soprattutto perché la
riflessione ha fatto emergere “valori” che i ragazzi possedevano ma dei quali
non avevano consapevolezza.
Ora hanno maggior coscienza del valore della famiglia, dell’amicizia,
dell’essere parte di una comunità di uguali, della solidarietà e della giustizia.
Se riusciranno a serbare vivo ciò che hanno provato e compreso in questa
settimana, potranno essere certamente degli adulti migliori.
L’insegnante
STEFANO
GIANLUCA
ANDREA
LUIGI
ARIANNA
EMILIANO
FIORENZA
LARA
SILVIA
CAMILLA
MARTA
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