Lavanda
(Lavandula officinalis Chaix )
sin. Lavandula angustifolia Miller o L. vera D.C.
Famiglia: Labiatae
Descrizione botanica
È una pianta suffrutice con altezza variabile da 20 a 60 cm. L’apparato radicale è costituito da
una radice principale legnosa, contorta e numerose radici secondarie superficiali. I fusti eretti,
legnosi e densamente ramificati, terminano con rami giovani erbacei i cui steli fioriferi, a
sezione quadrangolare, sono singoli e lunghi 20-40 cm. Le foglie sono sessili, lanceolate,
opposte, coriacee e ricoperte da una pubescenza grigia; i fiori presentano una corolla
purpureo-violacea, sono zigomorfi e riuniti in verticilli che formano spicastri. Il frutto è un
achenio ellittico marrone scuro-nero. Il peso di 1000 semi varia tra 0.80 e 1,2 g (Catizone P.,
Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986).
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Diffusione e mercato
Si trova allo stato spontaneo in tutto il bacino del Mediterraneo. Si adatta bene agli ambienti
montani della zona temperata; in Italia settentrionale si trova sopra i 750 m s.l.m., mentre al
sud ad altitudini sopra i 900 m. Al genere Lavandula appartengono numerose specie
attualmente coltivate ed impiegate per l’estrazione dell’olio essenziale ma la più pregiata è L.
officinalis. Attualmente è coltivato soprattutto il lavandino (L. ibrida Rev.) che è un ibrido
naturale (L. officinalis x L. spica) sterile. Si differenzia dalla lavanda per il maggior sviluppo
vegetativo, per la presenza di steli fioriferi più lunghi sui quali sono spesso inserite due o più
infiorescenze secondarie, assenza di seme e presenza di polline sterile (Catizone P., Marotti
M., Toderi G., Tètènyi P., 1986).
In Italia superfici di circa 150 ha sono destinati alla coltivazione, per lo più con metodi
biologici, di lavanda e lavandino soprattutto in Piemonte, Ligur ia, Emilia-Romagna e in
misura minore anche in altre regioni. La lavanda coltivata in Liguria è destinata ad alimentare
il settore vivaistico, mentre le produzioni delle altre regioni sono utilizzate prevalentemente
per l’estrazione dell’olio essenziale (ISAFA, 2001). La coltivazione della lavanda è collocata
in aziende agricole situate in zone declivi, viste le sue esigenze pedoclimatiche, quindi, come
anche altre specie officinali, oltre ad offrire un reddito alternativo nelle aree marginali svolge
altre importanti funzioni quali la valorizzazione del territorio e la conservazione della
biodiversità negli agroecosistemi (Leccese A. et al., 2007).
Esigenze pedoclimatiche
La lavanda è una pianta eliofila, predilige terreni assolati in quanto solo con un’elevata
illuminazione riesce a fornire un olio essenziale di buona qualità. Le condizioni ottimali per la
coltivazione sono i pendii collinari esposti a sud. È resistente alle basse temperature (fino a 20°C) durante il periodo di riposo vegetativo (inverno), ma teme le gelate tardive. È una
pianta rustica resistente alla siccità, preferisce terreni asciutti, leggeri e calcarei; non tollera
terreni acidi, soggetti a ristagni idrici.
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Tecnica colturale
Propagazione – Effettuata per seme e per talea.
La riproduzione per seme è poco diffusa in quanto i semi sono caratterizzati da un’accentuata
dormienza ed è necessario ricorrere a trattamenti ormonali (acido gibberellico) o termici (2°C
per una settimana); inoltre, è difficile reperire sementi geneticamente omogenee. In autunno o
primavera, i semi trattati possono essere posti in semenzai e quando le piantine avranno
sviluppato almeno 2 foglie vere verranno diradate e poste singolarmente in contenitori
alveolati. Il trapianto definitivo va eseguito quando le piantine hanno raggiunto un’altezza di
circa 10 cm.
Nella maggior parte dei casi si ricorre alla propagazione per talea in quanto si ottengono
coltivazioni più omogenee, per il lavandino è l’unico metodo di propagazione. Si prelevano le
talee in autunno o inizio primavera da piante madri di 2-3 anni di vita e dopo aver radicato si
impiantano nel terreno.
Sesti d’impianto – La densità di impianto varia a seconda delle esigenze legate alla
meccanizzazione e in base allo sviluppo vegetativo delle piante. Per la lavanda si impiegano
distanze di circa 1,40-1,50 m tra le file e circa 0,30-0,50 m sulle file; per il lavandino che ha
maggior sviluppo vegetativo si adottano distanze di 1,80-2,00 m tra le file e 0,50-0,60 m sulle
file.
Preparazione del terreno – La coltura di lavanda può durare fino a 10 anni, quella di
lavandino dai 7 ai 9 anni.
Prima del trapianto bisogna eseguire un’aratura e un’erpicatura per preparare il terreno a
ricevere le piantine. Fino a quando le piante non chiudono le file bisogna eseguire delle
sarchiature per controllare le malerbe, ma spesso si può ricorrere alla pacciamatura con film
plastici. Il primo anno di impianto viene fatta una cimatura delle piantine, circa dopo 60
giorni dal trapianto, per rafforzare l’apparato radicale (Regione Liguria, 2008).
Irrigazione – La lavanda non necessita di irrigazione se si sceglie la varietà adeguata,
coerentemente con il terreno e al clima. Viene effettuata in fase di impianto per favorire
l’attecchimento delle piantine e, se necessario, in caso di forte siccità estiva.
Concimazione – Con l’aratura si interrano circa 35-50 t/ha di letame. All’impianto possono
essere impiegati 50-60 kg/ha di azoto, fosforo (P2O5) e potassio (K2O) seguiti da 60-70 kg/ha
di N e K2O da somministrare negli anni successivi durante le lavorazioni di fresatura
nell’interfila. Vi sono delle varietà che tendono a sviluppare eccessivamente l’apparato
fogliare bisogna quindi ridurre l’apporto di N e, se necessario, impiegare potassio che
favorisce la fioritura.
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Scelta varietale – Le rese e la qualità delle produzioni sono determinate dalla scelta delle
cultivar all’interno delle specie. Le varietà più diffuse di lavanda sono: Casola (Italia),
Maillette (Francia) e Galactica (Russia).
Per quanto riguarda il lavandino esistono numerose varietà selezionate per alcuni caratteri:
produzione di infiorescenza, resa e qualità dell’olio essenziale, portamento (importante per la
meccanizzazione) e rusticità delle piante.
Tra le più importanti si possono menzionare: Abrialis, Maime, R.C. e Super. Questi ibridi
selezionati assumono notevole importanza commerciale anche se le loro rese sono
qualitativamente più scadenti rispetto alla lavanda; esistono inoltre varietà che hanno
un’elevata rusticità ma anche una molteplicità di colori e profumi e si prestano bene all’uso
ornamentale (Ganzit G., 2006).
Avversità
I patogeni fungini maggiormente temibili per questa coltura sono: Armillaria mellea,
Rosellinia necatrix e Phytophthora nicotianae var. parasitica responsabili di marciumi
radicali, Alternaria sp. e Septoria sp. che danneggiano i giovani germogli; si possono avere
marciumi anche a carico della chioma causati da Botrytis cinerea.
Tra gli insetti è stata riscontrata la presenza di afidi (Myzus persicae, Aphis fabae), acari,
tripidi (Taeniothrips meridionalis ; Thrips major, Frankliniella occidentalis).e larve
defogliatrici di lepidotteri (Heliotis peltigera, Ephestia elutella) che possono danneggiare
infiorescenze e steli. È stata inoltre riscontrata la presenza di un virus (AMV) (Catizone P.,
Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986).
Se la coltura viene condotta con metodi biologici si possono utilizzare pacciamature che, oltre
ridurre le infestanti, riducono l’attacco di patogeni oppure formulati a base di microrganismi
antagonisti (Trichoderma viridae) (Regione Sicilia, 2008).
Raccolta, resa e utilizzazione
La prima raccolta si esegue il secondo anno d’impianto. L’epoca ottimale per raccogliere il
prodotto da distillare è l’inizio della sfioritura in quanto la percentuale di essenza ed i suoi
componenti principali non variano dopo l’avvizzimento dei fiori ed, in ogni caso, quando le
piante non sono più bottinate dalle api; per il prodotto erboristico è l’inizio della fioritura. La
raccolta può essere meccanizzata e deve essere eseguita in giornate asciutte per evitare
fermentazioni che potrebbero danneggiare il prodotto (Catizone P., Marotti M., Toderi G.,
Tètènyi P., 1986).
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Generalmente, dal punto di vista produttivo, da un ettaro di terreno si ottengono dalla lavanda
circa 800 kg/ha di prodotto essiccato, dagli ibridi (lavandino) circa 1200 kg/ha di prodotto
essiccato; se si esegue una coltivazione biologica gli ibridi comportano maggiori costi di
produzione (Scaltriti B., Nigro G., 2008).
Le piante possono essere utilizzate a scopo ornamentale in quanto si prestano bene alla
realizzazione di bordure e aiuole; laddove si eseguono coltivazioni biologiche, un altro
prodotto che il lavandeto è in grado di fornire è il miele visto che per tale produzione non sono
richiesti particolari accorgimenti.
Le parti della pianta che si utilizzano sono le infiorescenze dato che nel calice dei fiori sono
localizzati i peli ghiandolari che contengono l’olio essenziale. L’essenza trova impiego
soprattutto in cosmetica e profumeria (saponi, creme, oli per il corpo) talvolta associata ad
essenze di altre piante officinali (Pieroni A., et al., 2004),
Può essere utilizzata per preparare estratti ad azione sedativa e riequilibrante del sistema
nervoso centrale, antinfiammatoria (Hajhashemi V., et al., 2003), antisettica, balsamica
nonché rilassante (Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L., 1997).
Inoltre, da recenti studi è emerso che l’olio essenziale, per la sua composizione, è un
potenziale antitumorale (Upur H:, et al, 2008).
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Bibliografia
Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P. (1986) – Coltivazione delle piante
medicinali e aromatiche. Patron Editore; pag. 199 – 209.
Ganzit G. (2006) – La lavanda biologica: opportunità e prospettive. Notiziario ERSA 2/2006;
pag. 53 – 56.
Hajhashemi V, Ghannadi A, Sharif B. (2003) - Anti-infiammatory and analgesic proprietis
of the leaf extracts and essential oil of Lavandula angustifolia Mill.. Journal of
Ethnopharmacology 89 (2003); pag. 67–71.
ISAFA (2001) – Indagine sulla consistenza e le caratteristiche della produzione di piante
officinali in Italia. Comunicazioni di ricerca 2001/3.
Leccese A., Pinnola I. M., Lorenzetti M. C. (2007) – La lavanda diventa un’opportunità per
i suoli marginali di collina. Terra e Vita n. 27/2007; pag. 60 – 62.
Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. (1997) – Testo-atlante di anatomia vegetale e delle
piante officinali. Piccin Editore; pag. 126 – 127.
Pieroni A., et al. (2004) – Ethnopharmacognostic survey on the natural ingredients used in
folk cosmetics, cosmeceuticals and remedies for healing skin diseases in the inland Marches,
Central-Eastern Italy. Journal of Ethnopharmacology 91 (2004); pag. 331–344.
Regione Liguria (2008) – Lavanda da taglio per uso erboristico. Disciplinare di produzione
Scaltriti B., Nigro G. (2008) – Lavanda, coltivazione alternativa a basso impatto ambientale.
Terra e Vita n. 9/2008; pag. 72 – 73.
Upur H., et al. (2008) - Inhibition of cell growth and cellular protein, DNA and RNA
synthesis in human hepatoma (HepG2) cells by ethanol extract of abnormal Savda Munziq of
traditional Uighur medicine. eCAM Advance Access published 2008.
Siti internet consultati:
www.pianteofficinali.org
www.ilgiardinodelleerbe.it
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