La costruzione dell’identità nazionale
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1. Tò ellenikòn
“Il timore degli Spartani che noi ci accordassimo col barbaro era certo umano. Ma ci sembra vergognoso che voi abbiate avuto questa paura dal
momento che sapete benissimo come la pensano gli Ateniesi: che al mondo non esiste tanto oro né paese tanto superiore agli altri per bellezza e
fertilità che noi saremmo disposti ad accettare per passare dalla parte dei Medi e rendere schiava la Grecia. Molti e gravi sono i motivi che ci
impedirebbero di farlo, anche se lo volessimo: il primo e il più importante sono le statue e le dimore degli dei incendiate e abbattute, che noi siamo
tenuti a vendicare il più duramente possibile, guardandoci bene dal venire a patti con chi ne è responsabile. In secondo luogo vi è l’essere Greci (tò
Hellenikón), la comunanza di sangue e di lingua, i santuari e i sacrifici comuni, gli usi e costumi simili: tradire tutto ciò sarebbe disdicevole per gli
Ateniesi”.
Erodoto VIII, 144 (traduzione di F. Bevilacqua)
2. Valore civile delle tombe
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A egregie cose il forte animo accendono
L’urne de’ forti o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. […]
180
Ma più beata (1) ché in un tempio (2) accolte
Serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’invadevan ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
U. Foscolo, Dei Sepolcri
(1) Firenze; (2) Chiesa di S. Croce
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3. Marzo 1821
1.
Soffermati sull’arida sponda
vòlti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel novo destino,
certi in cor dell’antica virtù,
han giurato: non fia che quest’onda
scorra più tra due rive straniere;
non fia loco ove sorgan barriere
tra l’Italia e l’Italia, mai più!
[…]
29
Una gente che libera tutta
o fia serva tra l’Alpe ed il mare;
una d’arme, di lingua, d’altare,
di memorie, di sangue e di cor.
[…]
41
O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote,
dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
sotto il peso de’ barbari piè?
[…]
97
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui,
come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
dovrà dir sospirando: «io non c’era»;
che la santa vittrice bandiera
salutata quel dì non avrà.
A. Manzoni
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4. Il volgo disperso
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Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
dai boschi, dall'arse fucine stridenti,
dai solchi bagnati di servo sudor,
un volgo disperso repente si desta;
intende l'orecchio, solleva la testa
percosso da novo crescente romor.
[…]
58
Tornate alle vostre superbe ruine,
all'opere imbelli dell'arse officine,
ai solchi bagnati di servo sudor.
[…]
61
Il forte si mesce col vinto nemico,
col novo signore rimane l'antico;
l'un popolo e l'altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
si posano insieme sui campi cruenti
d'un volgo disperso che nome non ha.
A. Manzoni, Adelchi, coro atto III
5. Il popolo: il grande assente del Risorgimento
Oggi sappiamo che il “popolo” non ha voluto e tanto meno ha direttamente partecipato al processo economico-politico-militare che si è convenuto
chiamare il “Risorgimento”. Salvo che in aree geografiche e in fasi delimitate (Milano nel 1848, la Sicilia nel 1860) la mobilitazione patriottica ha
investito frazioni dell’aristocrazia illuminata, consistenti fasce del ceto medio, in particolare intellettuale, gruppi di artigiani, non gli operai, del resto rari
in un’Italia ancora in buona parte preindustriale, e tanto meno contadini – la maggioranza della “Nazione” – murati nell’indifferenza e nel rancore
sedimentati da secoli di estraneità e di separazione tra le classi […]
E’ evidente che questo dato di fatto urta con tutta una tradizione agiografica nella ricostruzione del risorgimento nazionale, che era però solo una
volgare mistificazione di Stato. […] La presentazione del processo di unificazione politica della penisola come il frutto d’una possente e umanistica
spinta del popolo non è solo un mito postumo, […] il tentativo di dare un retroterra storico comune ,[…] ma un tentativo dei ceti colti di operare
finalmente una sutura con i ceti subalterni, imponendo loro la propria egemonia ideologica. […] La quasi totale assenza del “popolo” al moto
risorgimentale può essere spiegata non solo con la troppo netta e profonda separazione delle “classi” allora esistenti, ma anche con l’enorme difficoltà
incontrata dagli intellettuali di far giungere il messaggio dell’unità e dell’indipendenza politica fino alle masse.
M. Isneghi, in A.A. V.V., Tesi-antitesi, Romanticismo/futurismo, Firenze, D’Anna, 1975.
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6.
Una nazione è un'anima, un principio spirituale. […] La nazione, come l'individuo, è il punto di arrivo di un lungo passato di sforzi, di sacrifici e di
dedizione. […] Un passato eroico, grandi uomini, gloria (mi riferisco a quella vera), ecco il capitale sociale su cui poggia un'idea nazionale. Avere glorie
comuni nel passato, una volontà comune nel presente, aver compiuto grandi cose insieme, volerne fare altre ancora, ecco le condizioni essenziali per
essere un popolo. Si ama in proporzione ai sacrifici fatti, ai mali sofferti insieme. […] Nel passato, un'eredità di gloria e di rimpianti da condividere, per
l'avvenire uno stesso programma da realizzare; aver sofferto, gioito, sperato insieme, ecco ciò che vale più delle dogane in comune e più delle frontiere
[…]; ecco ciò che si comprende malgrado le diversità di razza e di lingua […] La nazione è dunque una grande solidarietà, costituita dal sentimento dei
sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme. Presuppone un passato, ma si riassume nel presente attraverso un fatto
tangibile: il consenso, il desiderio chiaramente espresso di continuare a vivere insieme. L'esistenza di una nazione è […] un plebiscito di tutti i giorni,
come l'esistenza dell'individuo è un’affermazione perpetua di vita.
E. Renan, Che cos'è una nazione?
7.
Nazione è la comunità politica che tramite apposite istituzioni organizza una popolazione insediata su un determinato territorio, tutelandola all'esterno e
rappresentandone la proiezione identitaria in senso forte.
S. Lanaro, Patria
8.
[...] le nazioni sono più spesso la conseguenza della creazione di uno Stato che non la causa della sua fondazione. […] Ciò detto, non dobbiamo mai
dimenticare che la semplice istituzione di uno Stato non è di per sé sufficiente a creare una nazione.
E. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismi dal 1870
9.
Il perdurare dei conflitti tribali dentro gli stati postcoloniali [...] ci insegna come le nazioni possano nascere solo dopo essersi lasciato alle spalle il
difficile percorso che dalla comunanza etnica di compagni [Genossen] personalmente conosciuti conduce alla solidarietà giuridica di cittadini
reciprocamente estranei.
J. Habermas, L'inclusione dell'altro
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10. Benigni e la «memorabile» Italia. C'è da cantare e da far festa
Bello, davvero. Bello e inusuale, oggi, sentire parlare d’Italia a quel modo: con memoria e gratitudine. Ci voleva un poeta per osare, in tempi avviliti e
rabbiosi, parlare così dell’Italia. Perché i poeti, come ha detto Benigni, sono spinti dal desiderio. E il desiderio è il motore grande che muove la storia e i
popoli: il desiderio di un bene comune, di continuare, e tramandare passioni e memoria ai figli. Ci voleva anche un po’ di coraggio, in questo febbraio
2011, per esortarci all’«allegro orgoglio» di appartenere al luogo in cui viviamo, al popolo da cui veniamo; per dirci che «occorre volere bene al Paese
in cui si è nati». Benigni ha avuto questo coraggio, in tempi in cui da tv e giornali ci si rovesciano addosso ogni giorno cronache di miserie e insulti. Ci
ha raccontato da quanto lontano viene la nostra storia, e quanta bellezza ha creato, e in quanti sono morti per raggiungere quell’unità d’Italia che oggi è
scontata o contestata. Da Balilla ai Carbonari, da Mazzini a Garibaldi a Pisacane, Benigni ha raccontato il Risorgimento come un’opera "visionaria e
carnale": la resurrezione del corpo dell’Italia dilaniato dai dominatori stranieri. […]
L’Italia si è commossa, l’altra sera. […] Qualcuno invece non ha apprezzato: chi soffia male sui
localismi, chi sogna nuovi confini e piccole Italie
privilegiate. Non ha apprezzato probabilmente anche chi nelle lacerazioni ha il suo pane. Non piace, quell’istante di timido incredulo orgoglio comune,
a chi ama disfare più che costruire. Ci ha ricordato in fondo, Roberto Benigni, ciò che spesso avvertiamo senza dircelo: la coscienza della cultura e
della ricchezza e della bellezza di questo Paese, di ciò che ha dato, di ciò che è.
[…] Poi, quando ha intonato l’inno di Mameli a bassa voce, immaginando il canto solitario e notturno di un soldato ragazzo, alla vigilia di un’epica
battaglia, quella marcia che cantavamo a scuola o allo stadio senza capire bene le parole, d’improvviso è sembrata una preghiera. Una sommessa
preghiera per l’Italia. E davanti allo schermo si è rimasti zitti. La mattina, alle sette meno un quarto, quel figlio quindicenne che dal bagno canta: fratelli
d’Italia... Un po’più contento, un po’ più grato di appartenere a un popolo; di essere nato in un memorabile Paese.
Marina Corradi, Avvenire, 19 febbraio 2011
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11. DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA E SOVRANITÀ' DELLA PADANIA - VENEZIA 15 settembre 1996
Noi, popoli della Padania convenuti sul grande fiume Po dall'Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte, dalla
Romagna, dal Sudtirol-Alto Adige, dalla Toscana, dal Trentino, dall'Umbria, dalla Valle d'Aosta, dal Veneto e dalla Venezia Giulia, riuniti oggi, 15
settembre 1996, in Assemblea Costituente affermiamo e dichiariamo:
Quando nel corso degli eventi umani diventa necessario per i Popoli sciogliere i vincoli che li legano ad altri, costituirsi in Nazione indipendente e
sovrana ed assumere tra le nazioni della Terra il ruolo assegnato loro dal Diritto Naturale di Autodeterminazione, il rispetto che si deve all'opinione
della Società Internazionale e dell'Umanità intera richiede che essi dichiarino le ragioni che li hanno costretti alla separazione.
Da tempo immemorabile abitiamo, dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed amiamo queste terre,
tramandateci dai nostri avi, attraversate e dissetate dalle acque dei nostri grandi fiumi;
Qui abbiamo inventato un modo originale di vivere, di sviluppare le arti e di lavorare;
La storia dello Stato italiano è diventata, al contrario, storia di oppressione coloniale, di sfruttamento economico e di violenza morale; […]
Lo Stato italiano ha sistematicamente occupato nel tempo, attraverso il suo apparato burocratico, il sistema economico e sociale della Padania;
Lo Stato italiano ha sistematicamente annullato ogni forma di autonomia e di autogoverno dei nostri Comuni, delle nostre Province e delle nostre
Regioni; […]
Lo Stato italiano ha costretto con l'inganno i Popoli della Padania a soggiacere al sistematico sfruttamento delle risorse economico finanziarie prodotte
dal lavoro quotidiano per sperperarle nei mille rivoli dell'assistenzialismo clientelare e mafioso del Mezzogiorno;
Lo Stato italiano ha deliberatamente tentato di sopprimere le lingue e le identità dei Popoli della Padania attraverso la colonizzazione del sistema
pubblico di istruzione;
Lo Stato italiano ha imposto ai Popoli della Padania l'applicazione delle sue leggi inique attraverso una magistratura selezionata con criteri razzisti;
Lo Stato italiano ha cercato di dominare i Popoli della Padania affidando compiti e funzioni di ordine pubblico e di sicurezza a prefetti e forze di polizia
garanti del più odioso centralismo coloniale;
Lo Stato italiano ha espropriato i popoli della Padania del loro potere costituente e si mostra sordo al grido di protesta che si alza sempre più alto;
Per queste ragioni Noi siamo intimamente convinti che ogni ulteriore permanenza della Padania all'interno dei confini dello Stato italiano
significherebbe lasciar spegnere lentamente ogni speranza di rinascita e annientare l'identità dei Popoli che la compongono[…]
NOI, POPOLI DELLA PADANIA
solennemente proclamiamo:
LA PADANIA È UNA REPUBBLICA FEDERALE INDIPENDENTE E SOVRANA
A sostegno di ciò noi ci offriamo gli uni agli altri, a scambievole pegno, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore
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Identità Nazionale - Grazia D`Auria