12 giugno 2007
Tipi Braidesi
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Una passione (che continua) lo fece
restare per circa tre anni alla guida
della Pro loco, con idee da precursore
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Faceva parte di un gruppo di preparati
cultori di storia, tradizioni e prodotti
locali. Così nacquero Roero e Arneis...
Livio Bramardi traccia il bilancio, fra soddisfazioni e... incomprensioni, della promozione della città ______
Innamorato (un po’ deluso) di Bra
Siamo nel settembre del 1971. Il ministro del bilancio, Antonio Giolitti, visita gli “stand” (in primo piano si
nota quello dedicato alla salsiccia di Bra) del “Carosello dei Roeri” accompagnato (a sinistra) da Livio Bramardi,
allora presidente della Pro loco cittadina, e dal sindaco della città della Zizzola, Pietro Fraire (a destra).
I
mmaginare l’incontro con
una persona che sta per
parlarti di sé e della sua vita rievoca vecchi ricordi legati alla Pasqua, a quando
da bambini si rompeva, impazienti ed emozionati, il
sottile guscio dell’uovo di
cioccolato alla ricerca della
sorpresa.
Ogni storia di vita è unica
e nasconde un particolare
elemento di fascino.
A volte, poi, il passato del
nostro interlocutore si mescola alla storia della città
in cui si è nati. In questi casi ci si lascia trasportare dal
flusso dei ricordi di chi si ha
di fronte, in silenzio, intercalando ogni tanto con
espressioni stupite e incalzando, sempre più incuriositi, il racconto.
O almeno, così si è svolta
la mia lunga chiacchierata
con Livio Bramardi, classe
1936, braidese dal 1941, anno in cui alla madre venne
assegnata l’edicola della stazione di Bra e la famiglia, da
Cuneo, si trasferì sotto la
Zizzola.
Il “tipo braidese” che ospitiamo questa settimana si è
impegnato nel corso degli
anni in attività lavorative diverse, ha coltivato numerosi interessi e si è tuffato a
capofitto nelle sue passioni:
i suoi ricordi, quindi, sono
come un fiume in piena.
Purtroppo i confini della pagina a lui dedicata ci hanno
imposto di farne una selezione, ma abbiamo promesso di riservare in futuro altri
spazi a queste memorie.
Ci soffermiamo qui su un
breve lasso di tempo particolarmente significativo per
il nostro interlocutore, ma
anche per la storia stessa di
Bra, e che comprende i primi anni Settanta.
Questa scelta nasce anche
dal desiderio di riportare in
luce fatti di cui si è persa la
memoria.
Seguendo le orme materne Livio si è dedicato per
molti anni all’attività di edicolante, gestendo, per un
lungo periodo, l’edicola di
via Cavour, nel fulcro vitale
della città.
In breve il suo chiosco divenne il ritrovo dei personaggi più noti e dei protagonisti della pubblica Amministrazione.
Non a caso, quindi, in anni ancora ben lontani da
Cheese e dalle altre manifestazioni proposte oggi sotto
la Zizzola, egli divenne l’anima della Pro loco muovendo, accanto agli altri
componenti del sodalizio, i
primi passi nell’organizzazione di eventi che riuscivano a regalare alla città un
po’ di notorietà.
«Nel gennaio del 1970 succedetti al geometra Pierino
Baldi, morto prematuramente l’anno prima, nella
direzione della Pro Bra. In
quel periodo perseguivo con
i miei amici lo stesso obiettivo: mostrare a tutti le ricchezze nascoste nelle nostre
terre. Oggi voglio ricordare
chi condivideva con me quel
sogno: il professor Edoardo
Mosca, noto per le ricerche
storiche e le iniziative culturali da lui promosse per le
quali ritengo non sia stato
appoggiato a sufficienza dalle istituzioni; Giuseppe Mondino, un sognatore che in
anni in cui gli spostamenti
non erano così semplici riuscì a organizzare per diverse edizioni il campionato
mondiale di motocross, facendo arrivare all’America
dei boschi squadre motociclistiche da ogni dove; i fratelli Eugenio e Vittorio Lorenzon, titolari di un’azienda che produceva cotillon
distribuiti in tutto il mondo;
i fratelli Franco e Ettore Lottario, proprietari del ristorante “Castello di Verduno”,
uno dei primi locali in Piemonte a servire il vino bianco con gli antipasti e a proporre menu ricercati; padre
Ettore Molinaro, grazie alla
cui testardaggine ancora oggi possiamo godere delle
tante iniziative proposte dal
museo “Craveri”; il ragionier Sergio Pagliaccino, il
primo a battersi affinché il
formaggio Bra ottenesse la
Denominazione di origine
protetta (Dop); infine, altre
persone speciali quali Antonio Botta, Evaldo Porro, Luigi Purcaro, Franco Albri,
Giacomo Ascheri, Attilio
Bravi, Osvaldo Figurelli e
Cesare Sartori».
Quale fu la prima manifestazione di rilievo alla
quale vi dedicaste?
«Il “Carosello del Roeri”,
evento che varammo nel
settembre del 1970. Volevamo costruire una manifestazione che avesse per protagonisti i prodotti enogastronomici di questo territo-
rio. Avevamo i peperoni degli orti braidesi, la salsiccia
e tanta fantasia. Il nostro
suggeritore era Pietro Fraire
e, insieme, ci inventammo
questa rassegna che durava
una settimana e conteneva
tutti quegli ingredienti che
sono ancora alla base delle
manifestazioni promosse oggi. Anche se allora non si poteva parlare di una cultura
costruita sulle tradizioni gastronomiche e sulla produzione del vino, allestimmo
all’interno del mercato coperto alcuni stand dedicati
a questi prodotti tipici e mettemmo in piedi una serie di
spettacoli che dal punto di
vista economico furono un
grandissimo fallimento, ma
dal punto di vista comico potrebbero essere paragonati
a uno Zelig organizzato in
provincia. Facemmo arrivare ad esibirsi ai giardini della Rocca l’orchestra di musica leggera della Rai e l’orchestra jazz di Engel Gualdi
e riuscimmo ad avere ospiti
famosi quali Gianfranco Funari e Fabrizio De Andrè. Ci
ingegnavamo con lo scopo
di far crescere il nome di Bra
e del Roero e adombrare un
po’ la fama di Alba e delle
Langhe».
Contrapponevate al tartufo la salsiccia e al Barolo
l’Arneis?
«Puntavamo a valorizzare
i nostri prodotti. Ma, in quegli anni, non si sentiva parlare di Roero e tanto meno di
Arneis. Ci si esprimeva ancora definendo queste colline come basso Monferrato.
Il vero inventore del Roero
fu Riccardo Baggini, geometra dell’Acquedotto di Torino in pensione, residente a
Sommariva Perno. Ecco un
altro straordinario personaggio che desidero ricordare. Baggini pubblicava appassionati articoli sui settimanali locali, nel tentativo
di costruire quell’immagine
di Roero che si sarebbe consolidata solo negli anni 80
con l’inizio della vinificazione dell’Arneis “secco”. Allora il più famoso tra i nostri
Il nostro “tipo braidese” con alcuni colleghi a uno dei tanti eventi che vedono protagonista la Confraternita della nocciola “Tonda gentile delle Langhe” di Cortemilia, in perfetta “divisa d’ordinanza”.
C
arta d’identità
DATI
ANAGRAFICI
Livio Bramardi è nato a
Savigliano il 15
aprile 1936 da papà Felice e mamma Caterina Bobbio. Si è trasferito da Cuneo sotto la Zizzola nel
1941. Qui, nel 1958, si è sposato
con Caterina Negro. Da quest’unione sono nati Luisa, erborista a
Savigliano, e Luca, insegnante.
STUDI E PROFESSIONE
A Bra ha frequentato le scuole
elementari e medie. Ha seguito
quindi le orme della madre nella professione di edicolante, dedicandosi in seguito all’attività di barista e di ristoratore e, negli ultimi quindici anni, alla professione di grafico pubblicitario per un settimanale locale. Accanto a Piero Fraire, Domenico Dogliani e Bernardo Rolfo, diede vita,
nel 1964, a “Il nuovo braidese”. In questo spazio a lui dedicato ci racconta della sua attività come presidente della
Pro loco cittadina, ruolo che ha ricoperto dal 1970 al 1973.
HOBBY
La pesca e le attività legate alla montagna. È anche attivissimo, tra l’altro, nella Confraternita della nocciola “Ton●
da gentile delle Langhe” che ha sede a Cortemilia.
Un’altra foto storica: il senatore Paolo Desana, padre della Doc, interviene al primo convegno dedicato al “Nebbiolo dei Roeri” tenutosi a Bra
nell’ottobre del 1971. Bramardi è al centro; alla sua sinistra, Fraire.
vini bianchi era coltivato solo da alcuni viticoltori, che
ne piantavano qualche filare al fondo della vigna. Iniziarono a comperarlo per la
propria attività di ristorazione i proprietari dello Jose di
Monteu Roero e i Giacone
di Montaldo, spinti dal mercato che imponeva di offrire
anche un bianco per sentirsi più “alla moda”. Nel 1971,
al Circolo sociale di Bra, si
tenne il primo convegno dedicato al “Nebbiolo dei Roeri”, al quale prese parte anche il senatore Paolo Desana, padre della legge istitutiva delle Doc. In quell’occasione dell’Arneis non si
parlò. Il primo a scriverne
fu Flavio Russo, descrivendolo come il vino che si
somministrava alle puerpere. Nei primi anni Settanta
la “Tenuta Carretta” di Piobesi vendeva il “Bianco della Carretta”. Se si fosse usata la denominazione “Arneis” un enologo di grande
sensibilità, quale fu Luigi
Malò per questa azienda,
l’avrebbe mantenuta».
Cos’altro vi inventaste?
«Organizzammo per diverse edizioni una mostra
cinofila di livello internazionale, alla quale prese parte il gotha della nobiltà italiana con i propri cagnolini».
Come fu la risposta dei
braidesi al florilegio di queste iniziative?
«Non ottenemmo il successo sperato. Non riuscim-
mo neppure ad attirare l’attenzione dei giovani. Per
questo continuai la mia attività fino al 1973, poi mi scoraggiai e abbandonai. Questo tipo di iniziative non ha
mai goduto del giusto supporto delle istituzioni e questo è un ostacolo che frena
ancora oggi la crescita di
eventi importanti, uno per
tutti il Salone del libro per
ragazzi. Vorrei vedere premiato l’impegno di persone
quali Giuseppe Manassero,
sempre in primo piano in
qualsiasi manifestazione cittadina, o di Gianni Comoglio. Al Vicesindaco auguro
di vincere la battaglia da lui
portata avanti perché alla
salsiccia di Bra sia riconosciuta la sua unicità di prodotto».
In queste affermazioni si
coglie una nota amara. Però lei non ha smesso di lavorare alla promozione del
nostro territorio...
«Oggi sono felice di appartenere alla Confraternita
della nocciola di Cortemilia.
Ho lasciato da parte la salsiccia e i peperoni per dedicarmi alla “Tonda gentile
delle Langhe”».
A questo non credo del
tutto: so per certo che Bra
avrà sempre un posto speciale nel suo cuore...
«È vero. Continuerò ad infervorarmi fino a quando le
ricchezze nascoste della città non saranno pienamente
messe in risalto».
Elisa Sibona
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di Bra - Braoggi - Il settimanale del Martedì